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SETTIMA SERIE

AVVERTENZA

l. Questo volume, sesto della settima serie, inizia col primo gennaio e termina col 23 settembre 1928, giorno della firma del Trattato di amicizia con la Grecia.

2. Anche per questo volume la documentazione è tratta nella quasi totalità dall'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, e precisamente dalle serie che qui ricordiamo:

l'Ufficio della Cifra, articolato nelle sue due serie fondamentali di Registrazione e di Piccola Registrazione, e nelle altre due, che nel 1928 si fanno di proporzioni modeste, di Registrazione di Gabinetto e di Piccola Registrazione di Gabinetto;

il carteggio della serie di Gabinetto; il carteggio della serie Politica; l'Ufficio della Società delle Nazioni; la Segreteria Generale 1923-47; le Carte Lancellotti, articolate nel Libro Verde e nella Posizione 11-12.

Tre documenti -i numeri 109, 252, 305 -tutti attinenti alle relazioni con la Santa Sede, sono stati tratti dall'Archivio Centrale dello Stato, Segreteria Particolare del Duce, carteggio riservato.

3. Due di questi documenti tratti dall'Archivio Centrale dello Stato i numeri 252 e 305 -erano già stati editi, in tutto o in parte, da F. MARGIOTTA BROGLIO, Italia e Santa Sede dalla grande guerra alla Conciliazione. Aspetti politici e giuridici, Bari, 1966.

Così pure era già stata edita da G. VEDOVATO, Gli accordi itala-etiopici dell'agosto 1928, Firenze, 1956, la documentazione relativa alle trattative tra Roma e Addis Abeba che si conclusero con la stipulazione degli accordi di agosto. Anche per questo volume sesto, come per il precedente, i documenti, collazionati sugli originali, sono stati riprodotti dalla prima edizione dell'opera del Vedovato.

Infine, le clausole dell'accordo segreto itala-albanese del 23-26 agosto 1925, qui pubblicate in nota a pagina 457, sono state edite da P. PASTORELLI, Italia Albania 1924-1927. Origini diplomatiche del Trattato di Tirana del 22 novembre 1927, Firenze, 1967, pp. 180-181.

4. Le ricerche presso l'Archivio Centrale dello Stato mi sono state facilitate, come di consueto, dal Sovrintendente prof. Leopoldo Sandri e dai suoi collaboratori, in particolare dal dott. Costanzo Casucci e dal dott. Renato Grispo, ai quali rinnovo il mio vivo ringraziamento. Desidero inoltre ringraziare le dottoresse Emma !annetti ed Emma Ghisalberti che anche per questo volume mi hanno validamente aiutato nella compilazione degli indici e nella correzione delle bozze.

GIAMPIERO CAROCCI


DOCUMENTI
1
1

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

r. GAB. 23/2. Pera, 2 gennaio 1928, ore 22 (per. ore 2,20 del 3).

Le conversazioni di V. E. con ministri affari esteri greco e albanese (1), con

commenti del DaHy Telegraph e altri giornali inglesi :Erancesi, la campagna antiturca di alcuni giornali greci hanno messo di nuovo in agitazione questi circoli parlamentari e governativi preoccupati della visione di un equilibrio balcanico che si stabilisca all'infuori . . . (2) prevalenza della Turchia.

Articolo Popolo d'Italia sui rapporti italo-turchi largamente riportato da questa stampa giunto a buon punto, ma non è da sperare che esso possa riportare calma in questi circoli di Angora, nei quali persiste idea che l'Italia non pressi ma rimandi al momento opportuno, con o senza aiuto Grecia, sua azione contro la Tur,chia.

Contro quei circoli solo Gazi e Ismet pascià possono agire utilmente nell'interesse dei buoni rapporti tra i due paesi. Ma per ciò ottenere è necessario che io, nell'imminente mio viaggio ad Angora, possa affrontare conversazioni sulla situazione balcanica, che ,so vivamente desiderate da Tewfik Roussdi bey e sulle mal celate preoccupazioni in merito ai nostri rapporti con Grecia.

Sarei grato a V. E. se vorrà favorirmi utili elementi per quelle conversazioni. Partirò per Angora non appena in possesso dati per definitive ,conclusioni per scambio d'idee circa isolotti intorno Castelrosso.

2

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 46/5. Costantinopoli, 3 gennaio 1928, ore 16 (per. ore 3,55 del 4).

Al Milliet vengono telegrafate da Atene dichiarazioni fatte da Michalaoopoulos a corrispondente Ethnes suo compagno di viaggio a Roma, dalle quali risulterebbe che un accordo tra Francia Italia e Grecia, con consenso

l

1 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

Gran Bretagna sarebbe più v1cmo di quello che non si creda. Con questo accordo la Grecia senza allontanarsi dalle direttive della sua politica avrebbe voce in capitolo per le questioni Mediterraneo. Milliet osserva che questo accordo non può essere che diretto contro unica altra potenza mediterranea (Turchia) che ne rimarrebbe esclusa.

(l) -Non si sono trc,vati i verbali di queste conversazioni. Michalacopoulos era stato ricevuto da Mussolini il 21 dicembre 1927. Ilias bey Vrioni era stato ricevuto probabilmente il 23 dicembre in occasione dello scambio delle ratifiche del trattato di Tirana. (2) -Gruppo indecifrato.
3

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. 58. Roma, 4 gennaio 1928, ore 14.

(Per Colonie). Note di V. E. n. 6750 e n. 6982 (Dir. Gen. Afr. Or.) del 21 e 23 dicembre scorso. Ho telegrafato ad Addis Abeba quanto segue:

(Per tutti). Telegramma di V. S. n. 322 del 2 dicembre (1).

A Ras Tafari potrebbero essere ceduti seguenti materiali: 4000 fucili e 1000 moschetti Mannlicher debitamente rimessi in completa efficienza a lire centotrenta per arma. Cartucce relative centesimi 70 ciascuna. 24 mitragliatrici Colt con treppiede a lire 2500 per arma. Cartucce relative centesimi 20 ciascuna. 48 moschetti mitragliatrici Beretta-Ravelli a lire 100 per arma. Cartucce relative centesimi 12 ciascuna. 50 rivoltelle Beretta nuove a lire 160 per arma. Nel prezzo non (dico non) è compresa spesa imballaggio e spedizione. Questo ministero sarebbe disposto anche interessare ministero guerra per ottenere cessione predetti 5000 fucili e moschetti a prezzo inferiore aggirantesi sulle 70 lire per arma e provvedere altresì per spedizione materiale. Ma prima di comunicare a Ras Tafari che noi non abbiamo difficoltà aderire .sua richiesta, ritengo opportuno che V. S. vegga se sia possibile subordinare tale fornitura al previo preciso affidamento da parte del Ras di procedere senza ulteriore indugio firma nota convenzione stradale abbinando in tal modo due questioni. Attendo sue comunicazioni prima di darle definitive istruzioni.

4

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 97/14. Belgrado, 5 gennaio 1928, ore l (per. ore 2,40).

Mio telegramma 10 (2).

Nel colloquio avuto col Marinkovich, questi mi disse che il mio collega d'Inghilterra aveva sovente mostrato d'interessarsi alla situazione itala-jugoslava. Il signor Kennard non aveva nascosto una certa preoccupazione a tale

riguardo, esprimendo l'augurio che si potesse giungere presto ad una sincera chiarificazione. Marinkovich ha assicurato il signor Kennard su tale riguardo e, per meglio persuaderlo del suo .sincero proposito di ricondurre i rapporti con l'Italia all'antica cordialità, gli aveva dichiarato che egli, dal canto suo era disposto financo a proporre che tutte le questioni in sofferenza fra l'Italia e la Jugoslavia fossero sottoposte all'arbitrato dell'Inghilterra come sincera amica delle due parti e immutata per la sua tradizionale amicizia con l'Italia. Non ho naturalmente rilevato tale proposta, ma avendone chiesto a Kennard, questi me l'ha confermata aggiungendo che ne avrebbe riferito a Londra a semplice titolo informativo.

(l) -Cfr. serie VII, V, n. 641. (2) -T. 63/10 del 4 gennaio, che non si pubblica: buone disposizioni manifestate da. :\iarinkovié di iniziare trattative per risolvere le questioni pendenti con l'Italia.
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IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI,

T. PER CORRIERE 202/4. Vienna, 5 gennaio 1928 (per. l'B).

Mio telegramma per corriere n. 3 (1).

Questo ministro Ungheria, cui ho chiesto come mai relazioni fra Austria e suo paese, pur non essendo cattive, non siano quali potrebbero essere mi ha indidato due ordini di ragioni. La prima è ostilità verso Governo Horthy da parte socialisti viennesi, i quali formano numerosissimo ed importante gruppo nell'opinione pubblica Austria. La seconda è questione Burgenland, aggravata da qualche discorso uomini politici ungheresi i quali hanno, senza necessità, parlato contro antica Austria, con cui attuali classi dirigenti borghesi austriache si sentono malgrado tutto, solidali. Come esempio conte Ambrozy mi citava discorso del ministro istruzione pubblica ungherese Roma, il quale, forse per avere immediato e visibile successo con uditori italiani, aveva osservato, parlando dell'influenza sull'Ungheria della coltura italiana e austriaca, che mentre la prima era stata concessa liberamente la seconda aveva addotto l'oppressione di Vienna su Budapest. Quest'ultima affermazione, che non era esatta per tutti i tempi, mentre non era necessaria all'Ungheria per sue relazioni con Italia aveva danneggiato quelle con Austria.

Secondo Ambrozy, Ungheria ha utilità mantenere buoni rapporti con Austria e dovrebbe quindi evitare esasperarne senza ragione opinione pubblica. Benchè attuale situazione politica internazionale Ungheria e suo disarmo la obblighino tenere linguaggio pacifico, tutti sono colà convinti che solo con forza armi potranno a suo tempo essere fatte valere proprie rivendicazioni verso stati che la circondano. Ora, per rifornirsi armi, Ungheria non può fare uso Danubio, che è sotto sorveglianza cannoni cecoslovacchi. Deve quindi servirsi di altra via, ferroviaria austriaca, come del resto è provato da recente incidente doganale S. Gottardo. Ne deriva perciò necessità per essa mantenere buoni rapporti con Austria in considerazione suoi bisogni sia durante attuali tempi di pace sia durante quelli, futuri ma prevedibili, di guerra.

Anche perciò quindi Ambrozy non dà molta importanza questione Burgenland nella quale ungheresi rivendicano loro diritti piuttosto ideali che reali. Burgenland rappresenta per Ungheria piccoli interessi in paragone quelli che essa ha per territori già suoi passati agli altri stati vicini. Certe dichiarazioni di uomini politici ungheresi a tale riguardo valgono più per confermare posizione Ungheria ·contro trattati di pace e per appagare qualche esigenza di politica interna che non per affermare positivamente rivendicazioni effettive verso quella regione ungherese passata sotto sovranità austriaca.

(l) T. per corriere 198/3, del 5 gennaio, che non si pubblica.

6

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. GAB. 84/3. Roma, 6 gennaio 1928.

In relazione all'incidente di St. Gothard V. S. trovi modo di far rilevare al conte Bethlen e ai circoli politici influenti di costì la serena indifferenza con la quale il Governo italiano ha assistito ed assiste, senza la minima preoccupazione allo scatenarsi della stampa europea ma sopratutto francese, contro l'Italia accusata di violare i trattati ed attentare alla pace armando l'Ungheria ed incoraggiandola ad una politica di libertà e di dignità. Possibili .conseguenze dell'incidente di St. Gothard saranno infatti sopportate esclusivamente dall'Italia, sulla quale si :Eanno ricadere responsabilità. Ma tutto ciò non turba minimamente Governo fascista il quale al contrario è lieto di dare ancora una nuova sebbene superflua prova della solidarietà e dell'amicizia che lo hanno legato e lo legheranno al Governo e al popolo ungherese.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO

T. GAB. 87/8. Roma, 6 gennaio 1928, oTe 24.

Telegramma di V. E. senza numero del 3 corrente (l) relativo proposta patto franco-americano.

Nessuna comunicazione è stata fatta da questa ambasciata Stati Uniti poichè risulta che essa avrebbe ricevuto istruzioni comunicare controproposta Kellog soltanto alla stampa, il che ha fatto. Riassumo istruzioni che V. E. sollecita.

Quanto ad un trattato di arbitrato tra noi e gli Stati Uniti (2), coerenti alla nostra politica, siamo sempre disposti rinnovare, magari amplificandolo, trat

tato di arbitrato del 1908 fra Italia e Stati Uniti, identico, del resto, a quello franco-americano che oggi con qualche modifica si vuole rinnovare. Quanto alla dichiarazione grandi potenze di rinuncia alla guerra penso che tale proposta sia abile maniera per sfuggire alla proposta di Briand.

Conviene, del resto, non mostrare alcuna avversione da parte nostra anche in considerazione che da primi commenti rilevo che stampa francese s'incarica di dichiarare sostanzialmente l'inaccettabilità della controproposta americana.

Ho comunicato quanto precede ai RR. ambasciatori in Londra, Parigi e Berlino.

(l) -T. 61, che non si pubblica. (2) -Il trattato fu firmato il 19 aprile 1928. Testo. in Trattati e Convenzioni, XXXVIII (1928), pp. 71-76; e in Foreign Retations of the United States, 1928, III, pp. 102-104.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. 111/3. Roma, 7 gennaio 1928, ore 24.

Telegrammi V. S. del 25 dicembre (l) e del 4 gennaio (2).

Questo ministero in linea di massima concorda con il suggerimento dato da V. S. di esaminare se sia possibile cercare un terreno di intesa fra Inghilterra ed Etiopia circa questione lago Tzana e mi propongo di avere al più presto una conversazione al riguardo col R. ambasciatore a Londra ed incaricarlo di sondare disposizioni Governo britannico circa diverse complesse questioni abissine e sue attuali intenzioni riguardo quella lago Tzana. In attesa V. S. voglia, senza dare alcun preciso affidamento e senza sbilanciarsi nelle promesse e nei consigli, continuare ad esplicare tutta la sua opera perchè rapporti italoetiopici escano dallo stato di vaghe affermazioni di amicizia e si realizzino in concrete disposizioni e provvedimenti intesi a sviluppare rapporti nostre colonie con paesi confinanti.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. R. P. 121/6. Roma, 7 gennaio 1928, ore 24.

Richiamo attenzione di V. S. sulla circostanza che notizie tutti suoi colloqui col signor Marinkovich sono riportati da stampa italiana e internazionale a grossi titoli, facendo credere all'esistenza di trattative con carattere solenne.

Poichè tali colloqui tanto più saranno utili quanto più conserveranno caratteTe di conversazioni normali e discrete, sarebbe opportuno che fossero possibilmente evitati comunicati circa incontri di V. S. con Marinkovich.

(l) -Cfr. serie VII. V. n. 696. (2) -T. 98: Ras Tafari ha detto a Cora « di non sentirsi in grado di firmare nostra convenzione prima che tt·attative per il lago Tzana siano avviate verso una conclusione, temendo il risentimento dell'Inghilterra che attende soluzione da tanti anni... Ha fatto chiaramente intendere che gradirebbe molto da parte nostra qualche suggerimento ed appoggio per una soluzione della questione TzanH "·
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IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 185 (1). Atene, 7 gennaio 1928, ore 19 (per. ore 24).

Nell'ammasso delle immaginose deduzioni dei giornali di tutta l'Europa e particolarmente di quelli greci circa gli scopi ed i risultati del viaggio dì questo ministro degli affari esteri alla nostra capitale può esprimersi retrospettivamente il giudizio sintetico che mai come questa volta è stata in complesso più favorevolmente commentata da questa stampa la visita a Roma di Michalacopoulos.

Egli mi ha manifestato all'indirizzo dell'E. V. la maggiore gratitudine per la così cordiale accoglienza riservatagli, e si è riferito particolareggiatamente con marcata soddisfazione agli interessanti colloqui avuti con V. E. e con

S. E. Grandi.

Ha dichiarato a me, e sono lieto di averne ricevuto indirettamente precisa conferma dai ministri Metaxas, Papanastasiu e Mazarakis (i quali me ne hanno parlato dopo la relazione da lui fatta in consiglio dei ministri) nonchè da vari pubblicisti cui egli ne aveva discorso:

l) che considera la politica balcanica dell'Italia come chiara, precisa e rettilinea;

2) che è evidente non essere (ripeto non essere) V. E. alla ricerca di un pretesto per un intervento diretto o per un'occupazione in Albania, ma che era all'Italia indispensabile garantirsi da un ritorno per parte della nuova Jugoslavia al blocco Adriatico della vecchia Austria;

3) che dopo l'attuale esperienza, da lui fatta, egli non muterebbe in nulla l'atteggiamento assunto fin dal primo momento dalla Grecia di fronte al patto di Tirana ed alla nostra alleanza con l'Albania, se lo stesso caso si fosse oggi presentato come nuovo.

Per quanto concerne la recente stabilizzazione monetaria Michalacopoulos ha confermato qui la sua profonda ed entusiastica ammirazione parlandone largamente in tutti i circoli diplomatici, politici e di stampa i quali mi consta condividono pienamente tale modo di vedere ed apprezzamento.

Segue col numero successivo (2).

(l) -Manca il n. prot. particolare. Con ogni probabilità è il 4. (2) -Si tratta del t. rr. 189/5, del 7 gennaio, ore 17,45, per. ore 20: dichiarazioni di Michalaccpoulos sui rapporti greco-jugoslavi, greco-bulgari e greco-turchi.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 212/12. Costantinopoli, 8 gennaio 1928, ore 16 (per. ore 19,20).

Continuano a venire a questi giornali notizie da Atene e da Salonicco secondo cui V. E. avrebbe offerto a Michalacopoulos conclusione di un'alleanza difensiva-offensiva con scopi mediterranei. Offerta sarebbe stata rifiutata, in principio Michalacopoulos avrebbe dichiarato possibile un'allenza difensiva esclusivamente concernente Balcani ove Italia e Grecia hanno interessi comuni.

Ma Grecia in compenso avrebbe domandato un miglioramento della posizione degli epiroti del nord e riconoscimento da parte dell'Albania diritti minoranze nazionali.

V. E. avrebbe messo in contatto Michalacopoulos con Vrioni ma senza utili risultati. Quanto al Mediterraneo Michalacopoulos avrebbe dichiarato: l) fino a che questioni Cipro e Dodecanneso non saranno sistemate in favore Grecia, questa non può allontanarsi da politica sino ad ora seguita; 2) che situazione politica e attuale stato di rapporti tra Francia e Italia non permettono Grecia conclusione accordi scritti fra Italia e Grecia;

3) garanzia sufficiente per assicurare pace Balcani è costituita dal riconoscimento comune del mantenimento [assetto] politico territoriale quale consacrato dai trattati in vigore.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 141/8. Roma, 9 gennaio 1928, ore 23.

Non vedo perchè le visite che mi hanno fatto il ministro degli esteri d'Albania, dopo la firma di un trattato di alleanza come quello di Tirana, ed il ministro degli esteri di Grecia, di ritorno dallà recente sessione di Ginevra -avvenimenti la cui giustificazione e portata è stata resa di pubblica ragione abbiano potuto provocare costà agitazioni e nervosismi tali da indurre V. E. a ritenere di dover affrontare ad Angora una discussione sopra la nostra politica balcanica. Nei riguardi della politica dell'Italia verso la Turchia, se le preoccupazioni di codesti circoli governativi e politici non si sono definitivamente calmate dopo le categoriche, inequivocabili dichiarazioni contenute nell'articolo del Popolo d'Italia, non saprei davvero che cosa sarebbe possibile fare di più. Quanto alle direttive dell'azione italiana nei Balcani, non mi rendo conto quali titoli il Governo turco, fino a questo momento, potrebbe considerare acquisiti verso di noi per pretendere che di volta in volta siano concertate ad Angora tali direttive, le quali sono del resto facilmente intui

bili da chi si renda conto della situazione dell'Italia rispetto agli stati balcanici

e del suo chiaro interesse, che non può che coincidere con quello della Turchia,

ad un effettivo, sano e pacifico equilibrio fra gli stessi.

Col mio telegramma Gabinetto n. 1486 (1), e specialmente nell'ultima sua

parte, ho recentemente indicato a V. E. quali possano essere l'intonazione ed i

limiti delle conversazioni che ella avesse occasione di avere sull'argomento con

Tewfik Roussdi bey. Stimo perfino inutile aggiungere che le fantasie del Milliet

di cui al suo telegramma n. 5 (2) non meritano neppure di essere rilevate.

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 225/23. Belgmdo, 9 gennaio 1928, oTe 22 (pe1'. oTe l del 10).

Telegramma di V. E. n. 121/6 (3).

Sta bene. V. E. avrà certo rilevato come la stampa di Belgrado non abbia

dato soverchia pubblicità ai miei colloqui con Marinkovich e nessun comuni

cato venne fatto nè si farà finchè a V. E. piaccia ordinario.

La stampa locale sa però tutto quello che succede nel ministero affari esteri essendo Belgrado un piccolo centro ed essendo notorio che la stampa ha qui complici da per tutto anche negli uffici più riservati. Piuttosto è la stampa estera, cominciando dal Temps, che ha messo in grande evidenza i colloqui predetti.

Per quello che mi riguarda farò presente a Marinkovich il rilievo di cui all'ultima parte del telegramma di V. E. sopra citato e lo pregherò di cercare di evitare ancora di più se gli sarà possibile, che la stampa parli dei nostri colloqui.

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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 266/8. Budapest, 10 gennaio 1928, OTe 15,40 (pe1'. oTe 18,40).

Data assenza Bethlen e ministro degli esteri, feci dichiarazione di cui al telegramma di V. E. n. 84 ( 4) al segretario generale degli affari esteri. Questi pure abitualmente piuttosto freddo se ne mostrò estremamente compiaciuto e ne prese accurata nota. Mi disse che nessun altro Governo in uguale circo

stanza avrebbe fatto dichiarazione tanto leale e netta quanto quella di V. E. Ad ogni buon fine ne intratterrò, non appena possibile, anche presidente del consiglio.

Stampa ungherese si mostra in ispecial modo risentita contro contegno stampa czeca che attacca vivamente.

(l) -Cfr. serie VII, V, n. 543. (2) -Cfr. n. 2. (3) -Cfr. n. 9. (4) -Cfr. n. 6.
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L'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 51/31. Madrid, 11 gennaio 1928.

Credo utile attirare la personale attenzione di V. E. sul rapporto, di cui unisco copia, diretto il 10 corrente dal Comandante Gabetti, Addetto Navale presso questa R. Ambasciata, a S. E. il Capo di Stato Maggiore della Marina.

Il rapporto, che è frutto di intelligente osservazione e di approfondito studio d'ambiente, si raccomanda più particolarmente per gli interessanti apprezzamenti che, a modo di conclusione, sono affacciati sull'efficienza e sulle possibilità militari, sovratutto dal punto di vista navale, di questo Paese.

Nelle vedute del Comandante Gabetti concordo, per quanto da me dipende, intieramente.

Gli sviluppi peraltro delle • possibilità » preaccennate ed il coordinamento di esse coi fini superiori e generali della nostra azione politica, sfuggono naturalmente al mio campo di osservazione. E' nondimeno fuori di dubbio che, se non in un immediato presente, in un avvenire che si profila non lontano, tali possibilità richiedano di essere da noi seguite non solo con interesse, ma con profitto.

Epperciò sempre quando l'E. V. ne ravvedesse l'opportunità, per un complemento di informazione e per un chiarimento di direttive, il Comandante Gabetti potrebbe, con maggiore utilità, data la delicatezza della materia, essere chiamato a conferire verbalmente a Roma (1).

ALLEGATO (2).

GABETTI AD ACTON

R. R. P. 79 . Madrid, 10 gennaio 1928.

... Spagna Neutrale.

Per la Francia la neutralità spagnola importerebbe:

--il non aver preoccupazioni sulla frontiera dei Pirenei;

-il potersi avvalere delle acque territoriali spagnole per il traffieo marittimo. (Essa ha dato al Porto di Orano un notevole sviluppo, appunto per creare una base, da cui sia possibile ai suoi convogli africani di raggiungere, con una navigazione in mare aperto per quanto possibile breve, le acque spagnole, dalle

quali passerebbero direttamente in quelle francesi. Minore importanza avrebbe la cosa nei riguardi del traffico commerciale oceanico, poichè in qualunque ipotesi esso potrebbe essere sempre avviato ai porti dell'Atlantico);

-il rifornimento di materie prime sul mercato spagnolo.

Per l'Italia la neutralità spagnola significherebbe:

-l'avere di fronte tutto l'Esercito francese;

-il potersi avvalere delle acque territoriali spagnole per i suoi convogli da Gibilterra (sta il fatt·o che essi dovrebbero prima o poi abbandonarle ed affrontare un lungo percorso in mare aperto); -il rifornimento di materie prime sul mercato spagnolo.

Spagna belligerante alleata della Francia.

Per la Francia l'alleanza spagnola importerebbe:

-il concorso delle unità spagnole in Mediterraneo;

-la perdita della sicurezza delle acque territoriali spagnole (il traffico afri

cano potrebbe avvenire da Orano coi porti del Sud della Spagna e quindi per via di terra. Occorre però tenere presente che -a parte Barcellona troppo al Nord la Spagna non possiede porti adatti allo sbarco rapido di forti contingenti di truppe, che le linee ferroviarie spagnole sono per ora di capacità ridotta ed hanno uno scartamento diverso da quello francese);

-il potere sguarnire di truppe la sua frontiera dei Pirenei. (Lasciando da parte la possibilità di una cooperazione dell'Esercito spagnolo con quello francese).

Per l'Italia una alleanza franco-spagnola significherebbe:

-il trovarsi di fronte un maggior numero di unità navali e la totalità dell'Esercito francese; -il dovere far navigare i suoi convogli nel Mediterraneo occidentale sempre a mare largo; -il perdere ogni possibilità di rifornimento di materie prime sul mercato spagnolo.

Spagna belligerante alleata d'Italia.

Per la Francia una alleanza italo-spagnola importerebbe:

-il dovere tenere delle truppe sui Pirenei;

-la necessità di dovere dirigere in mare aperto tutti suoi convogli da e per l'Africa. Per l'Italia l'alleanza della Spagna significherebbe: -il potere contare su di una azione, magari solo di minaccia, dell'Esercito spagnolo sui Pirenei;

-l'acquistare l'appoggio delle Baleari;

-il precludere al traffico francese le acque territoriali spagnole, mantenendo forse pur sempre la possibilità di sfruttarle in parte con rotte radenti costiere;

-il concorso in Mediterraneo di una parte delle unità spagnole (l'altra parte di esse, ed in specie il naviglio sommergibile, la Spagna vorrebbe tenere in tali ipotesi, e per ovvie ragioni, sulle sue coste Atlantiche del Nord);

-il rifornimento di molte materie prime.

Ho esposto a V. E. le considerazioni di cui sopra, per quanto sommarie ed incomplete ed anche discutibili, poichè alcune di esse prospettano il pensiero francese e quello spagnolo, secondo quanto personalmente mi è risultato da conversazioni, sia pure frammentarie, avute qui. A questo proposito credo di poter affermare come la Francia in una guerra contro di noi consideri una Spagna neutrale più utile che una Spagna alleata, specialmente ai fini delle sue comunicazioni col Nord Africa, alle quali essa dà -come tutti sanno -una importanza capitale. Per finire, quello che la Francia teme è la eventualità di una stretta intesa italo-spagnola, e certamente farà sempre il possibile per ostacolarla.

Io non conosco quali siano, in così delicata materia, il giudizio di V. E. ed i propositi del R. Governo, ma se si contemplasse anche solo la possibilità di addivenire, in un'epoca più o meno lontana, se non ad un'alleanza, almeno ad un'intesa navale fra i due paesi, credo che sarebbe conveniente preparare, a poco a poco il terreno e soprattutto sarebbe utile cercare di indirizzare, verso quei principi che possiamo ritenere migliori, la dottrina navale di questa Marina rinascente, che ancora tentenna e che per trovare la sua via non ha l'ausilio di un complesso di studi e di esperienze, quali noi possediamo, in specie dopo la guerra. Io credo che, operando con molto tatto, non sarebbe difficile fare, in tale campo, utile lavoro.

Ed è in quest'ordine di idee che prego V. E. di volermi comunicare il Suo pensiero, inteso a definire se la mia opera qui debba essere quella di un semplice osservatore, oppure orientarsi nel senso di cui sopra e, nel caso, in quali limiti.

S. E. il R. Ambasciatore è a conoscenza del presente rapporto. Egli, che segue con costante e vivo interesse lo sviluppo di questo paese, anche dal punto di vista militare e navale, per parte Sua lo approva.

(l) -Annotazione marginale di pugno di Mussolini: « Interessante. Risposto: osservare attentamente per il momento •. (2) -Si pubblica solo una parte della relazione del Gabetti.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, E AL GOVERNATORE DI RODI, LAGO

T. 197. Roma, 12 gennaio 1928, ore 2.

(Per Rodi). R. ambasciatore a Costantinopoli telegrafa quanto segue:

• (come nel telegramma da Costantinopoli n. 272/17 di collez.) » (1). (Per Costantinopoli). Telegramma di V. E. n. 17. Ho telegrafato a Rodi quanto segue:

(Per tutti). Prego V. E. sospendere per il momento esteriori dimostrazioni nostra sovranità su isolotti dipendenti codeste isole di cui al mio telegramma

n. 142 (2) cortesemente assicurandomi.

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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 313/9. Addis Abeba, 12 gennaio 1928, ore 11 (per. ore 3 del 13).

Con riferimento al telegramma 3 (3) ritengo possano interessare alcuni particolari sullo stato attuale delle relazioni anglo-etiopiche. Circa trattative lago Tzana ho già riferito dettagliatamente. Non è questa la sola questione importante in corso fra i due paesi. In questi ultimi anni i rapporti angloetiopici sono sempre stati più o meno tesi per la causa apparente di vari inci

tatto esteriori dimostrazioni nostra sovranità su isolotti ». \3) Cfr. n. 8.

denti, malintesi ed affari in attesa di soluzione. Mentre ciò è dovuto in parte al carattere dell'Inghilterra ed alla sua incomprensione dell'ambiente ed al sistema ostruzionistico da parte dell'Abissinia, non escluderei da parte inglese vi sia stato anche un vero partito preso per procurarsi una documentazione del mal governo abissino da presentarsi eventualmente alla Società delle Nazioni nei rapporti giustificare uno di quei movimenti di opinione pubblica che opportunamente si producono sempre quando è necessario nell'impero britannico. Tale situazione è culminata in questi giorni con la risoluzione dell'incidente del segretario orientale di questa legazione britannica (mio telegramma 119 del 28 aprile scorso) (1). Troncando ogni tergiversazione per ordine Chamberlain ministro d'Inghilterra ha significato a ras Tafari di riconoscere come prima il signor Zaphiro nella sua qualità ufficiale. In caso diverso avere istruzioni di richiedere i suoi passaporti e di partire affidando legazione ad un semplice console. Il Governo abissino ha ceduto naturalmente ma aver dovuto ricorrere ai mezzi estremi per risolvere un incidente che aveva assunto tali proporzioni, soprattutto per mancanza eminente abilità, dimostra quale sia vera situazione fra i due paesi. Dato [carattere] suscettibile e vendicativo del reggente questo incidente non può non lasciare qualche strascico. È anccra pendente questione razzie abissine nel Kenya (mio telespresso... (2) del 10 agosto scorso). Commissione inchiesta è ritornata e si trovano qui da due mesi due funzionari del Kenya ma la vertenza non è risolta. Pure insoluta è questione doganale Cambela (mio telespresso 171). Inoltre Governo britannico ritiene incidente... (2) eccidio carovana Maharajaha (mio telespresso 216) sia stato risolto in modo poco soddisfacente per il prestigio britannico e di ciò in questo ambiente britannico si conserva vivo rancore. In riserva vi sono poi questioni nominate per cui Governo britannico proponeva passo collettivo protesta (telegramma di V. E. 290) (3) e quella dello schiavismo.

In conclusione parmi esservi materiale sufficiente da necessitare attenta sorveglianza politica inglese nei riguardi dell'Etiopia.

(l) -Del 10 gennaio, che non si pubblica: preghiera di rimandare le dimostrazioni di sovranità sugli isolotti del Dodecaneso a dopo le imminenti conversazioni fra Orsini Baroni e Russdi bey. (2) -Del 9 gennaio, col quale Mussc.Jini dava ordine « perchè possibilmente siano fatte con
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. PER CORRIERE 192. Roma, 13 gennaio 1928, o1·e 18.

Suoi telegrammi nn. 12 (4), 13 (5) e 14.

Le notizie di stampa che V. E. mi segnala col suo telegramma n. 12 sono non solo destituite di qualsiasi fondamento ma anche di qualsiasi verisimiglianza, tanto che sono indotto a ritenerle piuttosto che provenienti dalla Grecia, un prodotto locale della fervida fantasia dei giornali turchi. La visita

(21 Gruppo indecifrato. 131 Sull'argomento, cfr. serie VII, V, n. 700. 14) Cfr. n. 11. \5) 'l'. 223/13 del 10 gennaio, che non si pubblica.

che il signor Michalacopoulos mi ha fatto ultimamente è stata una semplice visita di cortesia e nessun argomento è stato trattato che implicasse un qualunque mutamento nelle amichevoli relazioni italo-greche da tempo stabilitesi. Le ripetute dichiarazioni pubbliche fatte dal signor Michalacopoulos di ritorno ad Atene non hanno certamente potuto dare l'impressione del contrario. Nè può essere in buona fede ritenuto possibile che Michalacopoulos -che si è dimostrato finora uomo politico accorto e che alle amichevoli relazioni con l'Italia ha fatto vedere di tenere in modo specialissimo, come V. E. rileverà dal mio telegramma n. 146 (l) non abbia avuto niente di meglio da dire in questo momento che accennare a questione come quella del Dodecanneso.

Quanto a ciò che stampa il Milliet a proposito di vigilanza turca verso l'Italia a difesa dell'Anatolia non posso che confermarle il mio telegramma

n. 141/8 (2).

E' ormai notissimo che intorno alla politica mediterranea e balcanica dell'Italia fascista si agitano informazioni e manovre di varia origine e con scopi i più subdoli. V. E. farà bene, presentandosene l'occasione, a fare in modo opportuno comprendere a codesti circoli politici e di .stampa come i giornali turchi, se desiderano realmente vedere chiaro ed utilmente per il loro paese, nella politica italiana verso la Turchia, non dovrebbero tessere i loro commenti unicamente sopra informazioni unilaterali e da fonti che sono interessate ad intorbidare qualsiasi acqua in cui si esplichi lealmente l'azione dell'Italia.

(l) T. 2780/119 del 29 aprile 1927.

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PROMEMORIA DEL CAPO DELL'UFFICIO II EUROPA E LEVANTE, DIANA, PER IL CAPO DELL'UFFICIO III EUROP A E LEVANTE, DE MARSANICH, E PER IL CAPO DELL'UFFICIO IV EUROPA E LEVANTE, INDELLI

Roma, 13 gennaio 1928.

Si è presentato a questo R. Ministero il suddito cecoslovacco dottor Alexis Gerowsky che ha sollecitato l'interessamento del R. Governo per la questione dell'autonomia della Russia Sub-carpatica, chiedendo specialmente qualche aiuto morale e materiale in favore della Chiesa ortodossa di quella regione, aiuti che finora erano stati concessi dal Governo e dal Patriarcato jugoslavi.

I RR. Ministri in Budapest e Praga, richiesti di informazioni sul conto del dottor Gerowsky, hanno comunicato essere persona dabbene e autorevole. Già uno dei capi del movimento autonomista russo-carpatico fin da prima della guerra, il Gerowsky era stato processato e condannato dal Governo austro-ungarico. Attualmente però, in odio al Governo di Praga, le simpatie del movimento autonomista si rivolgerebbero verso l'Ungheria.

Il R. Ministro in Belgrado, confermando quanto precede, ha aggiunto che il Gerowsky ha effettivamente avuto contatti con autorevoli uomini politici jugoslavi e che per la sua conoscenza del mondo politico jugoslavo egli potrebbe diventare per noi utile fonte di informazioni e di influenza.

L'opera del Gerowsky, molto influente presso il Clero ortodosso di Serbia, potrebbe riuscire utile nella lotta contro i circoli militari e la massoneria, cui egli è particolarmente ostile.

Il R. Ministro in Belgrado ha quindi proposto la concessione al Gerowsky di un sussidio mensile di circa 11.000 lire.

L'Ufficio E. L. II che ha finora provveduto alla raccolta degli elementi di cui sopra, dovendo ora presentare le sue conclusioni, gradirebbe conoscere l'avviso dell'Ufficio E. L. III sulla opportunità o meno di incoraggiare il movimento autonomista in questione e iniziare, attraverso il Gerowsky, sia pure in maniera limitata, un'azione disgregatrice della Cecoslovacchia e della Piccola Intesa in generale, e dell'Ufficio E. L. IV sulla convenienza di sussidiare il Gerowsky nella misura proposta dal R. Ministro in Belgrado, tenuto conto delle informazioni che egli potrebbe fornire e dell'opera favorevole ai nostri interessi che egli potrebbe svolgere in Jugoslavia.

(l) -Con cui veniva ritrasmesso il n. 10. (2) -Cfr. n. 12.
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IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI. PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 349/7. Ginevra, 14 gennaio 1928, ore 1,30 (per. ore 7).

Faccio seguito al mio telegramma n. 6 di ieri (l) su sequestro mitraglia

trici frontiera ungherese.

Avenol è venuto stamani comunicarmi l'esito di un colloquio con ministro cecoslovacco signor Veverka venuto a consultarlo sulla procedura da seguire per ottenere una investigazione da parte della Società delle Nazioni.

Mi ha comunicato che potenze Piccola Intesa si propongono agire concordi

ma separate. -Intenzione dette potenze -mi ha detto testualmente Avenol -

è di restringere l'inchiesta all'Ungheria senza occuparsi del paese da cui mi

tragliatrici provengono. Ho fatto osservare ad Avenol che dagli elementi in

mio possesso, che erano unicamente quelli risultanti dalla stampa, non vedevo

nella cosa che un semplice affare di contrabbando meritevole senza dubbio di

essere represso con severe sanzioni penali, ma che a meno di essere travisato

per fini particolari, non poteva essere considerato come una questione politica

talmente grave da interessarne il consiglio.

Recentemente, ad esempio, abusi in certa guisa analoghi, erano stati sco

perti in materia di riparazioni tedesche alla Francia e giustamente ogni cosa

era stata appianata con separata inchiesta nazionale e colla punizione dei colpevoli.

Applicando mezzi sproporzionati all'entità della cosa non solo si rischia di compromettere il prestigio della Società delle Nazioni ma si crea artificialmente un'atmosfera di sospetto, di risentimento e di agitazione che la Società delle Nazioni deve al contrario guardarsi attentamente dal provocare. Avenol ha cercato eludere mia argomentazione osservando che purtroppo non spettava a noi dare consigli in materia.

Gli risultava che Benès vedeva la cosa con calma e che personalmente desiderava appianare ogni difficoltà, ma purtroppo aveva da tener conto di una opinione pubblica allarmata. Ho fatto osservare ad Avenol che appunto per l'abituale nervosismo della opinione pubblica nell'Europa centrale e nei Balcani, era necessario dare consigli di tranquillità e non assecondare l'irrequietezza di quei paesi.

Occorreva in particolar modo non ripetere errori commessi con trattato franco-serbo che col pretesto di tranquillizzare la Jugoslavia aveva avuto per risultato di alimentare la sua megalomania. Tale mio punto di vista è pienamente condiviso dal collega giapponese Sugimura. Questi ha risposto a Veverka, venuto ad interessarlo della medesima questione, che personalmente non vedeva importanza che si vorrebbe dare ad un comune affare di contrabbando e, con grande disappunto di Veverka, gli ha fatto capire che la sezione politica si sarebbe opposta ad ogni manovra amplificatrice della Piccola Intesa.

Pur non avendo ricevuta fino ad ora alcuna informazione in merito da V.

E., ho ritenuto opportuno fare le dichiarazioni su riferite per paralizzare le

manovre di alcuni elementi del segretariato favorevoli ad assecondare tendenze

Piccola Intesa con specioso pretesto che sarebbe opportuno profittare occa

sione per constatare come funzioni praticamente meccanismo societario per in

vestigazioni nei paesi ex-nemici.

Sarei grato a V. E. farmi conoscere per mia norma di linguaggio quanto risulti R. Governo in merito contrabbando mitragliatrici come pure comunicarmi opportune istruzioni. In certi casi solo agendo tempestivamente si può influire in questi ambienti prima che sia accertata una determinata linea di condotta.

Mi permetto pregare V. E. di voler considerare opportunità che io sia tem

pestivamente tenuto al corrente delle quistioni che siano suscettibili di ripercus

sioni in questi ambienti.

La questione delle mitragliatrici, come telegrafato ieri, ha carattere ur

genza. Aggiungerò che se, com'è probabile, essa sarà presentata al consiglio,

questo per le norme vigenti in materia prenderà le .sue decisioni a sola mag

gioranza voti.

Faccio presente che se, come tutto lascia prevedere, Piccola Intesa seguirà

procedura predetta, questo segretariato non ha alcun mezzo per impedirlo.

Unico modo prevenire passo ufficiale Piccola Intesa sarebbe che paesi interes

sati effettuassero spontaneamente rapida inchiesta ed applicassero sanzioni ai

colpevoli del contrabbando.

(l) T. uu. r ..302i6, del 13 gennaio, ore 0,40, relativo all'atteggiamento della Piccola Intesa, che non si pubblica.

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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) R. S. 410/10. Addis Abeba, 15 gennaio 1928, ore 20 (per. ore 21).

Ritengo mio dovere segnalare a V. E. che sia nel colloquio di cui al mio telegramma... (l) che in successivi ho dovuto constatare che il dottore Martin ha riportato dal suo viaggio in Inghilterra ed agli Stati Uniti impressione che in quei due paesi politka italiana sia considerata pericolosa per la pace mondiale e si abbiano timori per l'avvenire. Ho controbattuto con la massima energia e con dati di fatto tale impressione che il dottore Martin si sarà formato chissà in quale ambiente e gli ho mostrato anche testo ultime dichiarazioni di V. E. al consiglio dei ministri sulla politica estera (2). Gli ho detto poi che per quanto riguarda Abissinia, Ras Tafari (al quale il Martin non avrà mancato comunicare sue impressioni) è più di ogni altro in grado di testimoniare sulle prove tangibili amicizia avute dal R. Governo.

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. n.) 445/9. Sofia, 16 gennaio 1928, ore 20 (per. 01·e 23).

Giornali non commentano ancora attentato compiuto contro giudice Prelic. Ne ho parlato con Liapceff che è stato anche più del solito reciso nell'escludere ogni possibilità di addossare Bulgaria anche minima indiretta responsabilità nella dolorosa questione degli attentati macedoni.

Mi ha soggiunto che fatto stesso che la autrice attentato si è fatta giustizia da sè mostra ancora una volta come sia vano e stolto da parte Serbia, insistere politica denazionalizzazione popolo macedone. Manabuneva era qui nota per suo ardente patriottismo sin da quando frequentava università Sofia. Moglie di un ufficiale bulgaro si separò dal marito qualche anno fa per tornare a vivere a Retowo in Macedonia, ove suo padre era sindaco. Liapceff mi ha dichiarato questa legazione serba non aver ancora fatto nessun passo a riguardo. Mi ha anche riservatamente informato che recentemente questa legazione inglese ha presentato al Governo bulgaro lista di individui invisi e sospetti ,con invito ad arrestarli. Da grafia dei nomi Governo bulgaro ha chiaramente compreso tali nomi essere forniti a questa legazione inglese dai serbi che poggiano ora principalmente su Inghilterra loro azione anti-bulgara. Liapceff mi ha infine confermato sua volontà non accettare eventuali richieste di qualsiasi genere da parte serba, ritenendo avere già passati limiti condiscendenza, mantenendo da

più di tre mesi stato d'assedio Kjustendil e Petric e non avendo preso misure di ritorsione contro la persistente chiusura frontiera serbo-bulgara e contro brutale espulsione dalla Serbia di tutti i sudditi bulgari. Ho parlato sull'argomento anche con generale Volkoff ministro della guerra. Pur ripetendomi stesse dichiarazioni Liapceff egli si è dimostrato più pessimista di fronte al • pericolo ' di colpi di testa di Belgrado.

(l) -Manca il numero. (2) -Allude alle dichiarazioni fatte da Mussolini nella riunione del Consiglio dei Ministri del 15 dicembre 1927. Cfr. Opera Omnia, XXIII, pp. 75-76.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE

T. (P. R.) RR. 428/14. Roma, 16 gennaio 1928, ore 24.

Suoi telegrammi n. 6 e 7 (1).

Governo italiano si considera estraneo all'incidente sollevato dal sequestro di armi alla frontiera austro-ungherese nel quale deve vedersi semplice affare di contrabbando. R. Governo intende non abbandonare Ungheria per sostenerla contro palese sfruttamento dell'incidente da parte della Piccola Intesa.

Approvo suo linguaggio. Mi riservo comunicarle a suo tempo ragguagli e direttive.

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IL MINISTRO A PRAGA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 449 (2). Praga, 16 gennaio 1928 (per. il 20).

Mio collega di Austria mi ha detto ieri sera che Benès, nel parlargli giorni fa dell'incidente del carico di armi alla frontiera di S. Gottardo, ebbe ad accennargli che quel carico, giusta sue informazioni, sarebbe stato l'ottavo a destinazione dell'Ungheria.

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IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 136/19. Bucarest, 16 gennaio 1928.

Nei due anni circa durante i quali sono stato a capo di questa Missione, ho sentito a più riprese la necessità di esporre compendiosamente a V. E. lo stato dei rapporti itala-romeni nelle successive fasi che essi hanno attraversato in questo spazio di tempo.

2 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

Se anche la prossima partenza per il nuovo posto che V.E. si è compiaciuta di affidarmi e la imminente visita del Ministro Titulescu a Roma non ne porgessero l'opportunità, avrei oggi ritenuto utile tornare ancora una volta sull'argomento per accennare all'ultima fase di tali rapporti svoltasi dalla caduta del Governo Averescu in poi. Ma poichè è questa l'ultima volta che mi sarà dato di sottoporre all'E. V. considerazioni generali sulle relazioni politiche fra i due Paesi, approfitterò dell'occasione per riassumere i risultati delle mie osservazioni ed esperienze durante la mia Missione in Romania e le conclusioni cui sono sino ad oggi pervenuto.

Colla inattesa e precipitosa caduta del Governo del Generale Averescu, nei primi giorni del giugno 1927, si è chiuso il secondo periodo in cui si può dividere lo sviluppo dei rapporti italo-romeni da quando io assunsi la direzione di questa Legazione (novembre 1925).

Il primo era stato il residuo periodo di Governo liberale sino all'aprile 1926 ed il terzo è stato il nuovo periodo del Governo liberale dal giugno scorso ad oggi.

Le recenti vicissitudini della politica interna romena ed i relativi avvicendamenti al potere sono stati utili anche perchè ci danno oggi modo di discernere spassionatamente e alla luce dei fatti quali sono le oscillazioni cui possiamo ancora attenderci in avvenire da Governi romeni più o meno favorevolmente disposti verso di noi; quali siano, d'altra parte, le direttive di politica estera più obbligate e permanenti alle quali, anche in avvenire, qualsiasi Governo romeno obbedirà, finchè almeno restino immutate le condizioni politiche generali basate sui trattati di pace, sui trattati di alleanza o d'amicizia che legano la Romania ad altri Stati, nonchè sugli interessi d'ordine politico ed economico considerati oggi come prevalenti nei circoli dirigenti della politica romena, tenuto pur conto delle gradazioni esistenti fra i varii partiti.

Tale disamina può giovare per fissare anche da parte nostra, nei riguardi della Romania, una linea di condotta indipendente dalle condizioni della politica interna le quali, a quanto è dato oggi di prevedere, saranno in un prossimo periodo assai più instabili e movimentate che nel recente passato.

Il fissare questa nostra linea di condotta sarà tanto più utile in quanto, dopo il periodo di Governo del Generale Averescu ed in seguito all'attitudine tenuta da quest'ultimo nonchè dalla stampa italiana, si è creata qui l'impressione tuttora predominante che noi leghiamo le sorti della nostra politica di amicizia colla Romania alle sorti di questo uomo politico; e ciò ne diminuisce di gran lunga gli effetti utili così quando egli è al potere come quando trovasi all'opposizione.

Quando io giunsi in questo posto, i nostri rapporti col Governo liberale presieduto da Jonel Bratianu erano tutt'altro che buoni. Le burrascose trattative per il pagamento dei Buoni del Tesoro romeni, concluse tardivamente con nostra relativa soddisfazione, avevano lasciato da una parte e dall'altra uno strascico di vivi risentimenti. A ciò si era aggiunta la rinviata visita dei Sovrani di Romania a Roma ,che aveva ferito sensibilmente l'amor proprio romeno ed il rinvio, ancora indefinito, della nostra ratifica dell'accordo sulla Bessarabia. Tutti gli affari d'interesse italiano erano già da alcuni mesi praticamente boicottati. Basti citare la gara per la fornitura dei sottomarini nella quale due nostre primarie Case di costruzioni navali erano state classificate vincenti ed alla quale, per ciò stesso, non era stato dato alcun seguito. Ciò aveva, negli ultimi tempi, fornito argomento ad aspre discussioni e passi alquanto perentorii del mio predecessore, assai male accolti dai Ministri competenti e dallo stesso Presidente del Consiglio.

Poco tempo dopo il mio arrivo ed in seguito ai primi colloqui da me avuti col Capo del Governo e con alcune delle personalità dirigenti, io mi persuasi (ed il mio rapporto del 13 dicembre 1925 N. 603 ne fa fede) (l) che non convenisse tendere troppo la corda e rimanere in attesa, come eravamo già rimasti molto ostensibilmente e da troppo tempo, di un avvento al potere del Generale Averescu. Tale avvento era facilmente prevedibile per la prossima fine della legislatura (primavera del '26); ma io stimai che sarebbe stato a noi nocivo se i liberali, il cui potere era sempre e avrebbe continuato ad essere di gran lunga prevalente, fossero essi o no al Governo, avessero lasciato il potere senza che certe loro animosità nei nostri riguardi fossero almeno attenuate. Occorreva anzi far sì che la responsabilità diretta dei liberali, prima di abbandonare il Governo, fosse implicata in qualche atto di adesione ad una politica di ravvicinamento coll'Italia senza di che una tale politica, praticata eventualmente dal Governo che sarebbe succeduto al loro, non avrebbe avuto un sufficiente consenso. Del resto gli stessi dirigenti liberali mi dimostrarono subito il desiderio di prendere occasione dal cambiamento della persona del Rappresentante di Sua Maestà per eliminare i dissapori esistenti. Confortato dall'approvazione di V. E., li incoraggiai su questa via e fu così che si giunse alla prima proposta del patto di amicizia italo-romeno, nel febbraio 1926; passo veramente notevole da parte di un Governo che era stato fino allora considerato come mal disposto nei rapporti coll'Italia. Ed i negoziati per la conclusione del patto erano in corso, parallelamente a quelli iniziati da molto più tempo per un consimile patto franco-romeno, ed erano anche già abbastanza avanzati quando, al principio dell'aprile '26, cadde il Governo liberale per far posto, grazie ad un tacito accordo fra i liberali stessi e la Corona, al Generale Averescu.

Bisogna riconoscere che il Generale Averescu non tardò a dare effettive prove della sua notoria • italofilia • : prima, colla missione di Manoilescu del maggio-giugno 1926 a Roma (durante la quale fu concluso il noto prestito, con annessi impegni da parte romena di ordinazioni industriali in Italia e di concessioni petrolifere), poi col patto d'amicizia firmato a Roma nel settembre successivo, infine coi negoziati commerciali già ben inoltrati quando nel giugno '27 Averescu fu bruscamente licenziato. Da parte nostra corrispondemmo prima col prestito già accennato e colla liquidazione assai generosa del residuo debito di guerra romeno; poi colla visita del Duca di Spoleto nel novembre; infine colla tanto invocata ratifica dell'accordo sulla Bessarabia; e la visita dei Sovrani romeni a Roma avrebbe certamente avuto luogo, nella primavera del 1927 se lo stato di salute di Re Ferdinando lo avesse permesso.

Ove si consideri che il Generale Averescu non restò al potere che poco più di un anno, è questo un rioco bilancio di dare ed avere, da una parte e dall'altra; e giova notare subito che gli impegni presi da parte romena furono

:!!ostanzialmente tenuti o dal Governo Averescu o dal Governo liberale che lo seguì, tranne la conclusione del trattato di commercio non omessa ma rinviata, come lo è tuttora, in attesa della nuova tariffa generale romena.

Una sorte meno favorevole ebbero, anche nel periodo del Governo Averescu, malgrado le continue pressioni di questa Legazione, parecchie pendenze d'indole economica e commerciale, alcune delle quali trascinano o trascinavano da anni pregiudicando notevoli interessi di Ditte o cittadini italiani. Tra queste, soltanto la pendenza per espropriazione delle terre del Principe Ruspoli fu transatta soddisfacentemente, nell'aprile 1927, con deliberazione del Consiglio dei Ministri, ma il Generale Averescu si sottrasse ostinatamente all'esecuzione di tale decisione, rimasta poi ineseguita sino ad oggi.

Nel trattare gli affari di nostro interesse, aventi un pratico contenuto, il Generale Averescu fu, soprattutto negli ultimi mesi di Governo, tutt'altro che accomodante, Fu anzi molto sfuggente ed evasivo e tale egli stava anche divenendo nei rapporti di politica generale. Ciò aveva creato una situazione difficile e quasi penosa, come riferii a suo tempo, per questa R. Rappresentanza; giacchè mentre era qui ed all'estero opinione diffusa che il Generale Averescu «fosse nelle nostre mani » e ciò provocava all'estero ed all'interno ripercussioni a noi nocive, in realtà egli, preoccupato da queste stesse ripercussioni, tendeva a riservarsi ognor più nei nostri riguardi una certa libertà di azione. A lui, sinceramente amico del nostro Paese, non si può certo muovere il rimprovero che tale sua riserva dovesse ascriversi al motivo di avere ormai ottenuto la tanto agognata ratifica dell'accordo bessarabico. Il motivo, oltrecchè nel nostro patto d'amicizia coll'Ungheria e nelle sue inevitabili ripercussioni, deve esserne piuttosto ricercato in ciò: che la politica estera romena, come io facevo rilevare nei rapporti in cui esaminavo le sperabili conseguenze del nostro atto di ratifica, non poteva e non può esorbitare dal quadro obbligato delle sue alleanze ed amicizie, Questo quadro non impedisce una politica di stretta amicizia coll'Italia la quale, con maggior o minor calore, è invocata da tutti i partiti politici romeni, purché questa a sua volta non sia spinta ad un punto tale da turbare o compromettere le garanzie e gli appoggi che la Romania crede di assicurarsi mantenendosi fedele agli impegni che la legano ad altre Potenze o gruppi di Potenze (Francia, Piccola Intesa, Polonia). Ricordo che lo stesso Generale Averescu quando, in ,conformità alle direttive datemi da V. E., venne da me messo più alle strette sull'argomento dei rapporti della Romania coll'Ungheria e colla Bulgaria, prima che si addivenisse al nostro atto di ratifica, fu piuttosto evasivo; e ciò, malgrado il suo vivo e sincero desiderio di sviluppare i rapporti di amicizia coll'Italia; malgrado la sua personale freddezza nei riguardi della Francia e malgrado una sua limitata fiducia nell'efficienza delle garanzie che in certe determinate eventualità la Piccola Intesa assicurerebbe alla Romania. Ho già accennato più sopra al danno a noi derivato dalla impressione che le sorti ed i progressi della politica d'amicizia italo-romena fossero strettamente e quasi esclusivamente legati alla persona del Generale Averescu. A creare ed a diffondere tale persuasione contribuì, in via principale, lo stesso Generale Averescu il quale troppo spesso, e specialmente in occasione della firma del patto di amicizia e poi della ratifica della Bessarabia, presentò troppo ostensibilmente questi atti diplomatici come un successo personale suo, credendo con

ciò giovare al consolidamento del suo Governo ed al prestigio politico del suo partito. Invece di adoperarsi per guadagnare alla politica di riavvicinamento coll'Italia i più larghi consensi egli prendeva piuttosto l'errata attitudine di chi ne volesse il monopolio. Ciò non giovò che a provocare aspre polemiche nelle quali gli avversari politici del Generale non seppero mantenersi, come spesso qui succede nella lotta politica tra i partiti, nei dovuti limiti; dimodochè il progresso dei rapporti italo-romeni divenne argomento di lotta pro e contro il Generale Averescu invece di apparire, come era, un avvenimento cui tutti i partiti avrebbero potuto e dovuto dare il loro pieno consenso.

Nello svolgersi di tali polemiche giunse a proposito per gli avversari politici del Generale, fra cui erano ormai anche i liberali che avevano pure favorito un anno prima, per ragioni contingenti il suo avvento al potere, la firma del nostro trattato di amicizia e di arbitrato coll'Ungheria. Questo raffreddò molti dei recenti entusiasmi bessarabici e segnò quello che è e probabilmente rimarrà il vero • punctum crucis • dei nostri rapporti colla Romania.

Si giunse così a quello che ho chiamato il terzo periodo dei rapporti italaromeni in questo ultimo biennio ed il cui inizio è segnato dall'avvento del nuovo Governo liberale nel giugno u. s. Per i motivi che riferii più ampiamente a suo tempo e che derivano anche da quanto ho esposto sin qui, la caduta di Averescu, avvenuta del resto per ragioni di politica interna, venne al momento giusto anche per noi. Avevamo ricavato dal periodo di Governo di questo amico del nostro Paese tutti i vantaggi che se ne potevano ragionevolmente ritrarre in così breve spazio di tempo e che egli era disposto a darci. Un prolungamento del suo periodo di Governo avrebbe potuto perpetuare equivoci dannosi per noi e per lui e neutralizzare le sue migliori intenzioni al punto da renderne l'attitudine nei nostri riguardi più circospetta di quella di uomini politici non legati a noi da così pronunciate simpatie.

Coi dirigenti liberali io avevo sempre avuto cura, anche durante il periodo di Governo Averescu, di continuare personalmente a intrattenere le cordiali relazioni iniziate nel loro precedente periodo di Governo. Per ciò stesso avevo tenuto a proporre all'E. V., in seguito alla firma del patto italo-romeno, il conferimento all'ex Ministro degli Esteri nel Gabinetto liberale, Signor Duca, del Gran Cordone dei SS. Maurizio e Lazzaro; e V. E., con atto che fu molto rilevato ed apprezzato, aveva accolto tale mia proposta quasi a significare che in Italia non si dimenticava chi del patto aveva preso la prima iniziativa e che la politica di amicizia della Romania verso l'Italia non poteva, a nostro modo di vedere, soffrire soluzioni di continuità subordinate a vicende di politica interna.

Quando dunque i liberali ripresero nel giugno scorso il potere io fui in grado di saggiarne subito le intenzioni ed anche prima dell'arrivo nel paese del nuovo Ministro degli Esteri, Titulescu, io ebbi la netta impressione che, data l'attitudine di violenta opposizione da essi seguita soprattutto negli ultimi tempi contro Averescu, tenevano a cancellare la persuasione che essi avversassero in sostanza la politica d'amicizia col nostro Paese. Sin dai primi colloqui che ebbi poi col nuovo Ministro degli Esteri tale mia impressione fu confermata ed accresciuta. E sulle disposizioni personali di S. E. Titulescu nei nostri riguardi ho potuto convincermi, allora ed in seguito, che sono buone; che egli non desidererebbe di meglio che di continuare, più discretamente ma forse anche più concretamente, la politica di Averescu verso l'Italia purchè da parte nostra lo secondassimo e gliene offrissimo l'opportunità; che infine egli, data la sua prontissima intelligenza, è anche di spirito abbastanza indipendente ed intraprendente per far volentieri a meno delle frasi fatte e delle tracce segnate, ciò che lo distingue, nei riguardi dei rapporti franco-romeni, da molti degli uomini politici di questo Paese.

Si noti che lo stesso Capo del Governo, Jonel Bratianu, nel mese precedente alla sua morte, ed il suo fratello Vintila, già Ministro delle Finanze ed ora anche Presidente del Consiglio (quest'ultimo subisce moltissimo l'influenza personale di Titulescu per il quale ha, come si suoi dire, un debole) diedero segni chiari e significativi del loro desiderio di dissipare le ombre di fredda diffidenza che, dopo la caduta di Averescu, essi avevano temuto di veder addensarsi sui rapporti italo-romeni. Del resto i due fratelli Bratianu avevano anche in passato cercato sempre di convincermi che certe loro attitudini verso di noi, lungi dall'essere provocate da prevenzioni ostili al nostro Paese, assomigliavano piuttosto alle amarezze di un amore respinto o deluso.

Sorse così sin dall'agosto scorso, per iniziativa di Titulescu, l'idea di cominciare da Roma il suo primo giro di visite ufficiali a varie capitali europee; idea su cui insistette anche dopo la nostra attitudine a Ginevra nella questione degli optanti e che egli era pronto a mettere in atto, se ragioni di salute non glielo avessero impedito, anche nel novembre scorso immediatamente dopo la tensione provocata dai trattati italo-albanese e franco-jugoslavo.

Nel frattempo io non mancai di saggiare praticamente le asserite disposizioni di Titulescu intraprendendo direttamente e personalmente con lui la trattazione delle numerose vertenze tuttora pendenti d'indole economica e commerciale. Mentre per le note ragioni, anche di momento e di opportunità, la questione Ruspoli ed alcune altre riferentisi ad espropriazioni agrarie rimasero a tutt'oggi insolute, la questione concernente la Società • Foresta • che fra tutte implicava certamente gli interessi di maggiore entità fu, per opera personale di Titulescu, risolta in un modo così favorevole da oltrepassare qualsiasi più ardita speranza degli stessi interessati (Banca Commerciale Italiana). Sono in via di soddisfacente soluzione le vertenze relative ad una partita di debito verso l'Amministrazione Postale Italiana; ad un credito commerciale delle • Cotoniere Meridionali •; e sulla questione relativa alla Società forestale Feltrinelli furono già ottenute tranquillanti assicurazioni.

Devo dunque in complesso dare atto al Signor Titulescu che il suo intervento personale per la soluzione delle pendenze in corso è stato finora assai più attivo ed efficace di quello che non fosse stato, da due anni a questa parte, l'intervento di tutte le altre Amministrazioni e persone colle quali condussi trattative al riguardo, ivi compreso il Signor Manoilescu, Sottosegretario alle Finanze del Gabinetto Averescu.

In questi ultimi tempi la stampa dei due Paesi agì ancora una volta, come

a più riprese già in passato, quale elemento disturbatore del miglioramento

dei rapporti fra i due Paesi. Invero le maggiori colpe sono indubbiamente della

stampa romena. Soprattutto nel periodo del Governo Averescu, quando l'azione

dell'Italia in Romania era in prima linea, i giornali delle variopinte opposizioni coalizzate contro il partito al potere condussero a più riprese campagne violente in cui la politica italiana era presa a mal partito e spesso in forme tutt'altro che riguardose. Ricordo fra l'altro la campagna contro la conclusione del prestito; quella contro le ordinazioni industriali ai cantieri italiani e contro le concessioni petrolifere AGIP; quella a proposito di un acquisto d'armi in Italia; quella contro il patto d'amicizia firmato prima della ratifica dell'accordo sulla Bessarabia; quella per le accoglienze fatte al Conte Bethlen a Roma in occasione della firma del nostro trattato con l'Ungheria. In queste campagne i giornali ebraico-massonici di parte democratica, avversi per principio al fascismo italiano, furono naturalmente i più ostinati ed anche violenti; ma ad essi fecero troppo spesso coro anche organi liberali, nazional-tzaranisti e certi giornali così detti indipendenti. Per essere giusti occorre però aggiungere che la stampa italiana, se ebbe qualche articolo più simpatico per la Romania, fu quasi esclusivamente all'indirizzo personale del Generale Averescu. Più spesso, o tacque sulle cose romene; o riportò notizie fantastiche e commenti di giornali ungheresi e viennesi quasi sempre inspirati al più catastrofico e malevolo pessimismo sulla situazione romena; ovvero (come in occasione, più recentemente, del processo Manoilescu, della morte di Bratianu, dei torbidi di Oradea-Mare) abbondò in commenti ostili, sprezzanti ed in ogni caso assai ostici per il partito che tiene attualmente il potere. Ciò è anche dovuto al fatto che tranne uno, il Corriere della Sera, nessuno dei primari giornali italiani dispone qui di corrispondenti capaci e bene ambientati; ed i corrispondenti straordinarii, inviati in Romania in momenti di maggiore interesse, hanno fatto spesso sfoggio di una superficialità di giudizio e di una leggerezza di tono che non recano troppo onore al giornalismo italiano.

Tracciati così obiettivamente, con tutte le loro ombre e le loro luci, i momenti principali delle relazioni italo-romene in questi ultimi due anni, mi sia lecito di sottoporre a V. E. un mio riassuntivo giudizio sul cammino percorso ed alcuni subordinati suggerimenti sui mezzi che io riterrei più atti a facilitare il cammino che rimane da percorrere.

Per il solo fatto che la ratifica italiana dell'accordo sulla Bessarabia è stata seguita, alla distanza di alcuni mesi, dalla caduta del Governo del Generale Averescu, vi fu chi disse e credette che la nostra ratifica abbia mancato gli effetti utili che noi eravamo in diritto di riprometterc'ene. Ciò non è esatto. Il Generale Averescu, come non mi stancherò di ripetere, cadde per la debolezza stessa insita nel modo del suo avvento al potere (connivenza coi liberali dalla cui tutela egli cercò poi invano di liberarsi) e per certe impreviste contingenze di politica interna connesse all'aggravamento dello stato di salute del Sovrano. Il nostro trattato coll'Ungheria -e ciò non era evitabile -neutralizzò in parte, sin dagli ultimi mesi del Governo Averescu, le ripercussioni utili della ratifica; ma in peggior postura ci saremmo trovati in Romania se il trattato italo-magiaro non fosse stato preceduto dalla ratifica. La ratifica dell'accordo bessarabico, senza procurarci alcun sensibile danno nei rapporti colla Russia, sciolse un nostro debito d'onore al quale non avremmo potuto in definitiva sottrarci e lo sciolse al momento utile togliendo di mezzo quello che era ormai divenuto un ostacolo insormontabile a qualsiasi riaffermazione della nostra opera di penetrazione politica ed economica in questo Paese. Tutti gli impegni d'ordine economico (forniture industriali, terreni petroliferi) presi con noi dal Governo Averescu furono mantenuti, tranne il trattato di commercio i cui negoziati, interrotti per ragioni puramente tecniche, dovranno essere ripresi immediatamente dopo l'entrata in vigore della nuova tariffa generale romena in corso di elaborazione.

Quanto ad impegni di politica generale, il Generale Averescu non ne aveva presi nè noi ne avevamo chiesto alcuno tranne quelli connessi al patto di amicizia italo-romeno. Sapevamo, prima della ratifica, come sappiamo ora che non era e non è il caso di contare sopra un cambiamento di fronte della Romania nel quadro delle sue attuali alleanze ed amicizie; sapevamo, come sappiamo ora, che l'abisso che la divide dall'Ungheria è quasi impossibile a colmare come non sarebbe possibile troncare, rebus sic stantibus, i suoi stretti vincoli colla Francia e colla Piccola Intesa. Ma colla politica di riavvicinamento italo-romeno, di cui il patto d'amicizia e la ratifica dell'accordo bessarabico sono stati i due atti iniziali, noi abbiamo innestato in questa apparente immobilità della politica estera romena un germe che ha già sufficientemente fruttificato e fruttificherà anche in avvenire sul terreno così dei sentimenti che dei positivi interessi. Lo stesso amletico dilemma che oggi la Romania ansiosamente si pone, desiderosa come è di conservare l'amicizia della Francia assicurandosi meglio anche quella dell'Italia; lo stesso appassionato augurio, formulato ogni giorno, che le divergenze italo-francesi siano appianate; la stessa patetica speranza di poter contribuire in qualche modo al ravvicinamento delle due grandi sorelle latine sono segni che il germe ha attecchito e che il germoglio è già abbastanza vigoroso per poterne attendere se non un attivo sostegno in certe eventualità almeno una neutralizzazione di tendenze a noi ostili in un campo che altrimenti poteva diventarci decisamente avverso. Ed è questo, a mio avviso, il massimo che potesse finora ottenersi, da un punto di vista di politica generale, dalla Romania.

Con ciò non voglio dire che i vantaggi già acquisiti non possano essere consolidati ed accresciuti. Per giovare, in quanto mi sia ancora possibile, a tale scopo, mi permetto, in conclusione, di riepilogare alcune indicazioni in parte

già accennate nel presente rapporto e che tutte derivano direttamente dalle mie personali osservazioni ed esperienze in quest'ultimo biennio.

l) Oggi la Romania, per la sua latente crisi dinastica e per la lotta interna contro il partito dominante che, col suo autorevole capo testè scomparso, assicurava sinora una certa stabilità, vede appesantirsi sulla situazione estera ed interna nuovi motivi di incertezza, di manchevole credito e prestigio. Ma non bisogna sopravalutare queste difficoltà come non si deve svalutare un certo progresso, soprattutto d'ordine finanziario, economico e sociale, da essa compiuto dopo il suo caotico dopoguerra.

Rimane mio convincimento che la Romania, se anche non può essere oggi fattore di prim'ordine nel quadro della politica estera italiana, è però elemento che non potrebbe essere negletto od alienato senza un nostro sensibile danno, nello scacchiere dei Balcani e dell'Europa Orientale. Per utilizzare questo elemento più a fondo, gioverà sempre, anche se non è vero, dare l'impressione a questi circoli politici dirigenti, di cui sono note le torbide suscettibilità e l'iperbolico amor proprio che l'importanza del fattore romeno è da noi tenuta in gran conto.

2) Da un punto di vista generale di « metodo " sarà utile tener presente che, per quanto i metodi romeni possano essere sfuggenti, procrastinatori, snervanti, irritanti, sarebbe un errore il credere che vi si possa opporre sistematicamente con profitto il così detto « metodo forte ». Il voler mettere i romeni, come si suol dire, al muro non serve che a farli impuntare e recalcitrare. Una strappata di redini può essere utile di quando in quando, per far comprendere che si è giunti al limite della più longanime sopportazione; ma occorre soprattutto saper pazientare, accarezzare il loro amor proprio, accattivarsi le simpatie con gesti simpatici anche se privi di contenuto, non aver l'aria di mercanteggiare, attendere e profittare del momento favorevole per concludere. Qui più che altrove e come in tutti i paesi orientali e semi-orientali, hanno grandissimo valore le relazioni personali; e la maggiore o minor fiducia che il Rappresentante estero sa accattivarsi personalmente da parte degli uomini dirigenti è un fattore decisivo.

3) Nessuno potrebbe oggi azzardare una fondata previsione su quanto resterà ancora al potere l'attuale Governo liberale o su qual partito o combinazione di partiti ad esso succederanno. Con le inevitabili gradazioni ma senza considerevoli differenze, Averescu o Maniu o Jorga o Titulescu od altri professeranno sentimenti di amicizia per il nostro Paese e potranno anche darcene, qual più qual meno, apprezzabili prove; ma non apporteranno radicali mutamenti alla linea generale di politica estera seguita in questi ultimi anni dalla Romania. Sarà quindi molto utile, oggi come sempre, nel fissare la linea della nostra politica romena, astrarre dalle vicissitudini della politica interna e, pur mostrando sempre una certa retrospettiva deferenza al Generale Averescu, far buon viso a chiunque dia prova, coi fatti, di voler fare nei nostri riguardi una politica di coerente e concreta amicizia. La stessa attitudine dovrebbe essere seguita d'ora innanzi dalla nostra stampa.

4) L'attuale ministro degli Esteri Titulescu, che sarà a Roma fra una diecina di giorni, oltre ad essere persona di brillante e duttile intelligenza e ad avere stretto cordiali e dirette relazioni con alte personalità a Londra e a Ginevra (p. es. col Signor Chamberlain), ha il grande vantaggio di godere di un innegabile prestigio nel suo paese, fra i maggiori uomini di tutti i partiti. Egli è uomo di sicuro avvenire. Sotto apparenze alquanto istrioniche e una certa esuberanza avvocatesca egli è, a differenza di moltissimi suoi connazionali, un realizzatore. Quali che siano le sue intime disposizioni nei nostri riguardi, egli ha già dimostrato di essere abbastanza intelligente per comprendere che il suo colpo di maestro sarebbe quello di assicurare al suo Paese, in modo più permanente e concreto, l'amicizia italiana senza alienare altri potenti appoggi. Egli non lascerà nulla di intentato a questo scopo, a meno che urtasse in qualche nostra recisa ripulsa o marcato indifferentismo. E' utile valercene e farcene un amico, anche più di quello che egli già sia, mostrando che anche da parte nostra noi facciamo un particolare assegnamento sopra di lui.

5) Sarebbe, ancor più che inutile, nocivo sospingere la Romania nel dilemma: Francia o Italia. Il dilemma sorge da sè via via che il prestigio italiano s'innalza mentre quello della Francia soffre qui, di quando in quando, qualche inconsueto abbassamento; il dilemma ingrandirà da sè via via che la nostra opera di penetrazione politico-economica in questo Paese farà ulteriori progressi. Più questo accadrà e più la Romania si chiederà, come già si chiede, se un suo troppo pedissequo ed esclusivo ossequio al verbo di Parigi corrisponda realmente alla difesa della sua integrità etnica e quindi anche territoriale, minacciata remotamente dall'incubo di un accerchiamento slavo. Per ora, conservatrice per necessità dopo i risultati insperati della guerra, essa è bensì legata alla politica dello stato quo e dei trattati ma vorrebbe trovare un suo più stabile equilibrio fra lo staticismo francese, che l'assicura, e il dinamismo italiano che la preoccupa.

6) Per attutire negli spiriti romeni le ripercussioni della nostra politica filo-magiara gioverebbe diminuirne, ogni qualvolta sia possibile, le manifestazioni esterne e usare, almeno apparentemente, della nostra influenza a Budapest per indurre quel Governo a tenere un'attitudine più riservata e circospetta 1n quanto riguarda la revisione dei trattati e l'irredentismo transilvano.

7) L'alleanza romeno-jugoslava, facente parte del nesso della Piccola Intesa, è alleanza di pura necessità politica cui anche gli stretti legami delle due Reali Famiglie non valgono ad aggiungere alcun calore comunicativo. Sono quindi persuaso che essa non indurrebbe, in alcun caso, la Romania a schierarsi a fianco della Jugoslavia in conflitti che oltrapassino gli scopi precisi della alleanza (difesa contro lo spirito di rivincita ungherese e bulgaro). Non deve però escludersi qualche manovra di previdente fiancheggiamento romeno per impedire che Ungheria e Bulgaria approfittino di un qualsiasi conflitto ai danni della Romania.

8) Commercialmente, l'Italia ha in Romania una discreta posizione, di gran lunga superiore a quella della Francia la quale, dati i suoi generi di esportazione su questo mercato (prevalentemente generi di lusso) non è neppure in grado di sviluppare considerevolmente i suoi traffici colla Romania. Le nostre importazioni in Romania, soprattutto tessuti e filati di qualità piuttosto media od ordinaria, trovano però una forte concorrenza nelle importazioni similari, oltrechè dall'Inghilterra, dalla Cecoslovacchia, dall'Austria, dalla Polonia : e fortissima sarà la concorrenza della similare produzione tedesca appena saranno riaperte le porte -ciò che non può tardare -al commercio ed in generale alle attività economiche tedesche in Romania. Urge dunque prevenire i nostri concorrenti assicurandoci, al più presto possibile, un buon trattato di commercio con tariffe di favore per gli articoli che più specialmente ci interessano.

9) Da un punto di vista economico finanziario (forniture industriali e militari, cointeressenze in produzioni di materie prime a noi utili, partecipazioni alle operazioni finanziarie dello Stato Romeno) occorre oggi più che mai tener presente che dette forniture e cointeressenze diventeranno quasi esclusivo privilegio dei Paesi che non solo saranno pronti a concedere le maggiori facilitazioni di pagamento e di credito ma che potranno contribuire, anche su vasta scala, a operazioni di prestito allo Stato Romeno cui dette forniture e cointeressenze saranno strettamente connesse. Trattative del genere sono attualmente in corso a Parigi e pare anche con un consorzio americano (Blair and Co.). Altre ne seguiranno prossimamente con Londra e con Berlino. Occorrerebbe dunque che la nostra alta finanza vigilasse per non rimanerne esclusa.

10) Il tono della stampa dei due Paesi, nei reciproci riguardi, dovrebbe essere da una parte e dall'altra assai più attentamente disciplinato e utilitariamente ispirato a sensi di reciproca comprensione e di riguardosa simpatia (1).

11) Un fondo diffuso di calda simpatia e di sentita affinità verso l'Italia esiste in larghi strati della popolazione romena a cominciare dalla gran massa dei contadini che ci chiamano fratelli. Non l'abbiamo sinora abbastanza coltivato mentre gioverebbe ed urgerebbe coltivarlo con un'azione di propaganda culturale larga, continuativa, complessa e con un'opera intensa ed illuminativa di valorizzazione dell'Italia fascista.

Sento infine il dovere di concludere questo sommario esame della mia Missione in Romania esprimendo a V. E. i sensi della mia viva gratitudine per avermi sempre confortato cvlle Sue esplicite direttive e colla Sua vigile quanto benevola approvazione.

(l) -Cfr. n. 20. (2) -Manca il n. prot. particolare.

(l) Cfr. serie VII, IV, n. 197.

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 396/11. Sofia, 17 gennaio 1928, ore 10,30 (per. ore 12,30).

Liapceff mi ha dichiarato Governo bulgaro non aver ricevuto nessuna diretta comunicazione circa questione sollevata da Briand relativa soppressione articolo 71 costituzione Bulgaria, concernente modo reclutamento esercito. Liapceff pure divergendo possibilità procedere nelle attuali condizioni della Bulgaria alle elezioni per assemblea costituente Tirnovo, cui secondo costituzione sono devoluti cambiamenti statutari si è con me mostrato sdegnato per questo passo di Briand, che secondo lui è un atto di condiscendenza verso Belgrado sia per mettere bastoni tra le ruote... (2) al Governo di lui Liapceff (per la cui caduta Serbia sta lavorando aspramente) sia per far comprendere alla Bulgaria che non deve pensare a possibilità di mutamenti nel reclutamento dell'esercito come previsto dal trattato di Neuilly. Liapceff mi ha inoltre informato che tesi Briand circa esercito bulgaro è che Francia non si oppone ordine ritorno servizio obbligatorio purché suoi alleati della Piccola Intesa fossero consenzienti. Stampa bulgara unanimemente deplora passo Briand.

ì~

(l) -Annotazione marginale: «Visto. Cicconardi >. (2) -Gruppo indecifrato.
27

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE S. 5/49. Parigi, 17 gennaio 1928 (per. il 20).

A quanto ho riferito col precedente telegramma per corriere di oggi,

n. 48 (1), devo aggiungere, in via confidenziale quanto segue.

Il signor Caillaux parlando dell'eventuale riavvicinamento italo-francese ha detto al signor Pomé che il signor Stresemann, che egli ha definito • nemico dell'Italia e del fascismo •, aveva fatto sapere di avere ricevuto, non molto tempo fa, una offerta del Governo italiano per una intesa italo-germanica.

28

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 432/49. Angora, 18 gennaio 1928, ore 13,45 (per. o1·e 5 del 19).

Tewfik Roussdi bey mi ha detto avere ricevuto signor Tadic, nuovo ministro di Serbia venuto Angora per presentazione sue credenziali. Gli ha rimesso copia del discorso che Tadic pronuncerà presentando lettere al Gazi.

Discorso molto caldo, pieno amichevoli propositi. Tadic poi a voce gli ha detto essere in possesso di necessari poteri per risolvere tutte le questioni pendenti fra Jugoslavia e Turchia compresa quella dei beni turchi caduti sotto l'impero della riforma agraria in Jugoslavia.

Per regolare definitivamente e presto tali questioni Governo S. H. S. è disposto a fare una eccezione a favore della Turchia e propone pagarli con una somma a forfait da concordarsi. Ministro affari esteri, nell'attesa Kemal fissi udienza, sta preparando risposta discorso. Agli amichevoli propositi, alle offerte di Tadic, mi ha detto avere risposto con riserva e di avere tanto a lui quanto ambasciatore di Francia consigliato non fare di Belgrado un cratere mediterraneo, da dove in un momento dato, esca scintilla per una seconda conflagrazione europea. Ministro affari esteri mi ha ripetuto ciò che ha detto al signor G. Clerk che cioè Jugoslavia pur facendo in questo momento mostra di una tendenza alla conciliazione continua intensivamente ad armare e preparare inevitabile conflitto con l'Italia.

Odierna crisi ministeriale è un nuovo capitolo della lotta fra re Alessandro e partito democratico, ma contro l'Italia tutti i partiti sono e saranno uniti nel momento che oligarchia militare crederà propizio.

Briand si illude se realmente crede di potere in quel momento arrestare la valanga con parole di moderazione. Ora da Parigi e da Belgrado si torna intensivamente e con un certo successo ad attirare Bulgaria dalla propria parte. Ciò impone alla Turchia

grande vigilanza e intensa azione a Sofia. Egli ha ben chiara la viswne della minaccia jugoslava su Trieste e su Costantinopoli contro la quale egli non vede difesa che nello spingere in Turchia armamenti terrestri e con riserva di una decisa collaborazione italo-turca. Alle sirene di Parigi e di Belgrado, ha concluso ministro degli affari esteri, Turchia non darebbe ascolto che il giorno in cui Italia si presentasse con manifeste intenzioni aggressive ad essa ostili. In quel giorno per necessità della propria conservazione, Turchia per non rimanere isolata ed esposta al colpo finale, sarebbe costretta a cercare rifugio in un'alleanza con la Jugoslavia.

(l) T. 456/48. sul colloquio tra Caillaux e il corrispondente parigino del Giornale d'Italia, Pomé.

29

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 447/20. Buca1·est, 19 gennaio 1928, ore 20 (per. ore 6,30 del 20).

Mio telegramma n. 16 (1).

Dalle mie riservate indagini risulterebbe che, nello scambio di idee tuttora in corso tra Governi Piccola Intesa circa contrabbando mitragliatrici Ungheria, i primi propositi, caldeggiati soprattutto a Praga e che altri parevano, in un primo momento, disposti a seguire, di elevare protesta a Budapest ovvero presso conferenza degli ambasciatori, sono stati raffreddati da un contegno molto più riservato da parte della Jugoslavia, e pare anche dal consiglio venuto da Parigi.

Verrà però quasi certamente deciso, d'accordo fra i tre Governi, un passo presso consiglio della Società delle Nazioni che, dopo abolizione commissione controllo militare in Ungheria, è vagamente incaricato invigilare sopra armamenti clandestini in Ungheria. Non mi risulta ancora se tale passo sarà fatto prima, o durante prossima sessione del consiglio della Società delle Nazioni.

30

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 523/22. Atene, 19 gennaio 1928 (per. il 24).

Coi miei telegrammi nn. 20 e 21 del 17 gennaio (2), ho ampiamente riferito all'E. V. circa l'impressione, direi di • ansiosa incertezza • qui prodotta dalle dichiarazioni di Marinkovich in risposta al recente discorso tenuto da

questo ministro degli affari esteri nella capitale macedone. Tale senso di aspet

tativa non scevra da qualche preoccupazione, trapelava chiaramente -oltre che

dai commenti della stampa ateniese in merito ai quali ho tenuto particolareggia

tamente ragguagliata V. E. -sia da quanto mi disse esplicitamente il signor

Michalacopoulos, sia da tutta l'intonazione delle sue parole, non smentitasi in

successivi colloqui che ho avuto occasione d'avere con lui.

In sostanza, il Michalacopoulos, dopo la energica affermazione che ha

creduto opportuno di dover fare a Salonicco, si è, come di consueto, trovato

un poco disorientato per effetto delle rimostranze che gli hanno subito fatte,

al suo ritorno in questa capitale, tutti i sostenitori di una politica diversa da

quella da lui seguita, e ciò tanto per ragioni di interessi esteriori, quanto di

opposizione personale di partito all'interno.

Mi risulta in modo sicuro che, a parte il malcontento semi minaccioso che non ha nascosto questo ministro di Jugoslavia, i due colleghi della Piccola Intesa, e più segnatamente il ministro di Romania (quantunque egli sia, personalmente, tutt'altro che filoserbo) si siano espressi con questo ministro degli affari esteri nel senso di considerare eccessivo e forse anche spavaldo quello che è stato qui insomma interpretato come un attacco diretto portato alla Jugoslavia.

A temperamento di quanto precede può tenersi forse in conto ciò che lo stesso signor Langa Rascano mi ha confidato, di avere egli cioè proposto al proprio Governo di esaminare la convenienza per la Romania d'essere la prima a stringere con la Grecia un patto che sotto la forma più opportuna da studiarsi, avesse potuto rincuorare questo paese dall'isolamento ( • isolamento balcanico • ha detto, forse con intenzione, il mio collega romeno) nel quale esso talvolta si sente, e permettergli così di rendersi più indipendente dalla Jugoslavia. Non ho creduto conveniente, pel momento almeno, accennare alla cosa parlandone con Michalacopoulos, perché Langa Rascano col quale sono in assai cordiali rapporti personali, mi ha pregato di considerare le sue parole come del tutto confidenziali. Egli ha aggiunto che aveva, nel corso del dicembre ultimo, quasi creduto di ottenere il consenso del proprio Governo ad intavolare trattative in tal senso; ma che poi, proprio di recente, Titulescu si era mostrato titubante al riguardo, osservando come nella sua qualità di membro della Piccola Intesa, sarebbe più corretto per la Romania l'astenersi da qualunque passo capace d'essere interpretato a Belgrado come ingerenza sia pure indiretta nella controversia in corso con Atene per la sistemazione delle questioni di Salonicco.

Per quanto può concernerei, esprimerei il subordinato parere che nei riguardi jugoslavi, un eventuale accordo in forma più concreta delle semplici amichevoli relazioni esistenti fra Grecia e Romania, non potrebbe arrecarci alcun danno, se non addirittura giovarci. Potrebbero invece meritare attenzione da parte nostra le particolari ripercussioni che la conclusione di un simile accordo potrebbe avere nei riguardi della Bulgaria, nel senso di spingerla a quel riavvicinamento colla Jugoslavia, com'è noto ora abbastanza intensamente caldeggiato dall'azione politica francese nella zona balcanica.

Azione che mi consta anche intesa negli ultimissimi giorni ad insinuare destramente in questa opinione pubblica e nell'animo di questi governanti -prendendo anche lo spunto dai dibattiti che se ne fanno sulla nostra stam

pa -che nelle conversazioni di cui si annuncia come imminente l'inizio per la sistemazione delle questioni pendenti tra Italia e Francia, verrebbe riconosciuta in forma definitiva ufficiale la predominanza degli interessi italiani su tutta la parte meridionale della costa orientale dell'Adriatico, alla condizione che la Jugoslavia intervenisse in tale specie di accordo.

Alla viva preoccupazione (che si vuole evidentemente ispirare a questo ministro degli affari esteri nell'intento di renderlo prontamente più arrendevole verso la Serbia nella questione di Salonicco) della condizione di palese inferiorità per rispetto alla Jugoslavia, in cui la Grecia verrebbe a trovarsi nell'eventuale verificarsi della situazione ora esposta che escludesse il Governo di Atene da possibili nostri accordi concernenti l'Albania (non con la Francia beninteso, o con un'altra grande potenza, ma con lo stato rivale balcanico), il signor Michalacopoulos mi ha fatto chiaramente cenno, pur dichiarandomi di parlarmi soltanto a titolo strettamente amichevole. Ha aggiunto di contare fermamente sulle così benevole dimostrazioni già dategli dall'Italia sotto il governo di V. E. perché non avesse comunque a paventare che, perseverando la Grecia nel suo atteggiamento di sincera amicizia per noi, potesse essere messa dall'Italia in manifesta seconda linea di fronte alla Serbia, in questioni per le quali la Grecia ha evidentemente interessi, come quella albanese.

Mentre mi sono espressamente studiato di evitare col Michalacopoulos di rilevare le sue parole in qualunque forma che avesse potuto da lui interpretarsi anche di lontano impegno, ho nel contempo avuto cura di lasciare l'impressione nel mio interlocutore che nulla di mutato vi fosse nella nostra politica balcanica, e che nulla dovesse indurre a ritenere che da nostri possibili negoziati colla Francia, potessimo far risultare alcunché di dannoso alla Grecia.

(l) -T. 293/16 del 12 gennaio, che non si pubblica. (2) -Si pubblica solo il seguente brano del t. 20 del 17 gennaio, che si riferisce a dichiarazioni fatte da Michalacopoulos ad Arlotta in merito al discorso, cui si accenna nel testo, da lui pronunciato a Salonicco: « Aggiunse di aver voluto in tale circostanza far comprendere chiaramente alla Serbia che per poterai eventualmente accordare colla Grecia nelle questionidi buon vicinato riguardanti Salonicco, dovesse non solo rispettarvi integralmente la sovranità ellenica, ma rinunziare a quelle aspirazioni egemoniche che rendono vuota di contenuto la vecchia formula tanto caldeggiata a Belgrado, dei ' Balcani ai balcanici '. Mi disse ancora di aver tenuto a confermare l'atteggiamento assunto di fronte ai nostri trattati con l'Albania. Osservò che ciò non potesse interpretarsi altrimenti che come la consacrazione della sua politica di assoluta e riconoscente amicizia verso il nostro paese •.
31

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. P. 161/45. Sofia, 19 gennaio 1928.

Mi onoro riferire personalmente a V. E. intorno a quanto mi risulta qui, sull'argomento del progettato matrimonio di S. M. il Re Boris.

l) Ricevuta -il 23 novembre u.s. -la lettera autografa di S. E. l'on. Grandi (l) contenente le istruzioni di • incoraggiare l'attuale desiderio di Re Boris, presentandosi l'occasione, ed in forma indiretta e lontana •, ho agito in conseguenza -nei limiti e modi prescrittimi -presso coloro che ritenevo più indicati allo scopo, e principalmente presso l'on. Liapceff e l'on. Molloff, e

presso alcuni influenti Capi dell'Esercito, e personaggi di Corte, amici e consiglieri del Re. Non ho creduto opportuno farne cenno all'on. Buroff.

2) Il 4 corrente ho trasmesso con mia lettera personale a S. M. il Re Boris -che era in quei giorni indisposto -il telegramma di V. E. di ringraziamenti, e di auguri per la • felicità personale di Sua Maestà e per la prosperità del popolo bulgaro , . Il giorno 7 il Re mi ha fatto chiamare alla Reggia e mi ha trattenuto a colloquio per più di un'ora e mezza, incaricandomi di esprimere a V. E. tutta la sua gratitudine e tutto il compiacimento da lui provato per i voti da V. E. fattigli pervenire. Durante il lungo colloquio il Re ha rievocato con accenti di vivissima riconoscente simpatia il suo viaggio e il suo soggiorno in Italia, e mi ha detto di esprimere a V. E. -perché voglia farsene interprete presso le Loro Maestà -i sentimenti del suo grato animo per le accoglienze fatte a S. A. il principe Cirillo in occasione della sua presenza a Napoli per le nozze di S. A. il Duca delle Puglie con S. A. la Principessa Anna di Francia. Dopo avermi intrattenuto con cordiale confidente franchezza sui principali problemi politici ed economici bulgari, Sua Maestà, nel congedarmi, mi ha pregato di far pervenire nuovamente i suoi più fervidi auguri e i suoi omaggi • a Sua Maestà il Re d'Italia, a Sua Maestà la Regina e alle Loro Altezze le Principesse "• dicendosi assai dolente di non aver potuto incontrarsi con S. A. R. il Principe di Piemonte, che nei giorni della visita del Re Boris a San Rossore si trovava a Venezia.

3) Il 12 corrente Monsignor Roncalli, Visitatore Apostolico in Bulgaria, durante una visita privata fattagli dal Conte Roncalli, primo Segretario di questa R. Legazione, omonimo e concittadino di Monsignore, gli faceva sull'argomento del matrimonio del Re Boris alcune interessanti dichiarazioni, che trasmetto nel qui unito Pro-Memoria, all'uopo redatto dallo stesso Conte Roncalli subito dopo il colloquio.

L'importanza delle dichiarazioni di Monsignor Roncalli, che sono state assolutamente spontanee, risiede principalmente nel punto ove si afferma che

• la Santa Sede è disposta a qualunque più larga concessione ... e potrebbe trovare una soluzione anche alla condizione che il primo figlio sia ortodosso , . Se tale è realmente il pensiero del Vaticano, non v'è dubbio che una seria difficoltà può considerarsi eliminata.

Le dichiarazioni di Monsignor Roncalli, tuttavia, nascondono -sotto la forma tortuosa e involuta che è tutta propria di questo Prelato -un certo pericolo, consistente nello • spirito , politico-religioso che domina le dichiarazioni stesse e che corrisponde al • programma » che il Visitatore Apostolico va qui svolgendo da circa due anni con sagace e circospetta attività. Onde nasce il fondato dubbio che l'intenso interessamento di Monsignor Roncalli per le progettate nozze di S. M. Re Boris con S. A. la Principessa Giovanna pur essendo certamente determinato da ragioni di sentimento e di italianità, come egli stesso afferma, trovi anche un notevole fondamento nel concetto che tali nozze costituirebbero un efficace elemento a vantaggio della tanto vagheggiata tesi del • ritorno della Chiesa bulgara a Roma , . Ora, è mio dovere avvertire

V. E., che la questione dei rapporti religiosi tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa ortodossa bulgara (su cui mi onorerò riferire non appena mi sarà possibile) non dovrebbe assolutamente venir presa in esame, o comunque -anche indirettamente -considerata, in relazione (non voglio neanche dire in connessione) con l'argomento del progettato matrimonio reale. Sarebbe un grave errore, e Monsignor Roncalli, che si mostra così bene informato, dovrebbe comprenderlo, tanto più che gli è ben nota la sospettosa ostilità con cui il Santo Sinodo bulgaro, come in genere tutto questo Clero, seguono e sorvegliano la sua attività politico-religiosa in Bulgaria.

Questo paese -è vero -è essenzialmente areligioso, la religione essendo qui piuttosto forma esteriore ed elemento direi quasi di ordine amministrativo (Stato Civile), anziché sostanza morale e spirituale. Ma la religione in Bulgaria ha anche -come è noto -carattere nazionale, nazionalista anzi, onde appare del tutto inesatto basarsi, come fa Monsignor Roncalli, sulla indifferenza religiosa dei Bulgari per sostenere la tesi che il progettato matrimonio • potrebbe portare in Bulgaria un diverso indirizzo anche nel campo religioso » e, facendo tornare la Chiesa bulgara a Roma, permetterebbe alla Bulgaria di dare • luminosa prova di spirito di indipendenza e di forza viva, a tutti gli altri Stati balcanici •. Qui il Visitatore Apostolico mi sembra completamente fuorviato dalla realtà positiva delle cose: uno Stato balcanico che -solo -tornasse alla Chiesa di Roma, non solo non darebbe prova di indipendenza di spirito e di forza viva, ma -al contrario -pregiudicherebbe serissimamente il suo prestigio e -per adoperar le stesse parole -il suo spirito di indipendenza e il giudizio sulla sua forza e vitalità, di fronte a tutti gli altri Stati della Penisola balcanica.

Altro errore contenuto nelle dichiarazioni di Monsignor Roncalli è quello di ritenere Liapceff • disposto a cedere nella questione religiosa •. Pe1·sonalmente, non v'ha dubbio che Liapceff, spirito sereno ed elevato, non sia superiore alle divisioni, oggi sostanzialmente povere ed anguste, tra i differenti culti del cristianesimo; ma politicamente, come meglio dirò in seguito, Liapceff non può cedere sulla questione religiosa, che-ripeto-è in Bulgaria questione politica e nazionale, e non questione spirituale e di coscienza, individuale o collettiva.

4) Colloqui con l'on. Liapceff. Dopo il primo colloquio da me avuto con Liapceff in seguito alla lettera autografa di S. E. l'on. Grandi, ho avuto .occasione di intrattenermi due volte col Presidente del Consiglio sull'argomento del matrimonio del Re.

La prima volta Liapceff mi ha dichiarato:

che egli aveva • incoraggiato » Sua Maestà;

-che il «sentimento • del Re era sempre forte e fermo;

-che egli, Liapceff, sapeva essere Re Boris in diretta corrispondenza con

S. M. il Re d'Italia;

-che S. A. R. la Duchessa d'Aosta non partecipava in alcun modo a questa corrispondenza, e che anzi era bene non vi partecipasse, data la possibilità di un'idea concernente un eventuale progetto di matrimonio con la Principessa di Francia, sorella della Duchessa Anna delle Puglie.

Nel secondo colloquio, Liapceff mi ha confermato la fermezza del sentimento e dei propositi del Re: • il est tout-à-fait décidé •. Mi ha però francamente dichiarato che il solo -ma grave -ostacolo è costituito dalla intran

3 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

sigenza del Santo Sinodo, che si oppone con tutto il peso della sua angusta mentalità (specie da parte dei vecchi Vescovi e a malgrado della opinione più conciliante dello stesso Patriarca Stefano) a una soluzione troppo limitatamente ortodossa della questione religiosa del matrimonio.

Il Clero, e principalmente i Vescovi, pur rappresentanti un culto che è qui -come si è visto -quasi per nulla sentito spiritualmente, esercitano tuttavia sul Paese un'influenza dalla quale il Re Boris esita a prescindere e contro la quale non pensa poter prendere una risoluta posizione.

Liapceff ha vivamente insistito perché io preghi V. E. • di fare la forza • (in questa occasione di capitale importanza per l'avvenire della Bulgaria, e che fortunatamente -• per quanto egli sa » -coincide con le ragioni del sentimento e del cuore) affinché sia eliminato questo ostacolo derivante dalla differenza religiosa; egli mi ha quindi precisato il suo pensiero (e questa precisazione era evidentemente autorizzata, nonché rispondente ai desiderata del Santo Sinodo) nella seguente formula: • Religione dei figli secondo il sesso: i figli maschi ortodossi; le femmine, cattoliche». Liapceff si è affrettato ad aggiungere • ortodossi bulgari •, raccomandandomi caldamente che Monsignor Roncalli (delle cui dichiarazioni io non gli avevo peranco fatto parola) si astenga in questo momento da qualsiasi proposta, o semplice allusione relativa all'unione delle Chiese, e specialmente non faccia alcun cenno alla eventualità di inserìvere il nascituro o i nascituri al rito Uniato: il che costituirebbe, secondo Liapceff, un male irreparabile.

Assicurando Liapceff che avrei comunicato personalmente a V. E. quanto da lui dichiaratomi, ho creduto soltanto osservargli, come mia impressione, che la richiesta del Santo Sinodo relativa alla divisione religiosa dei figli secondo il sesso potrebbe apparire eccessiva di fronte al lato fondamentale della questione, che dovrebbe restar circoscritta all'appartenenza all'ortodossia del solo p1·imogenito maschio, tale essendo l'obbligatoria prescrizione statutaria bulgara. Liapceff, pur riconoscendo francamente la grettezza del • punto di vista , del Santo Sinodo non mi ha nascosto la grave difficoltà di vincerne l'intransigenza.

Il Presidente del Consiglio mi ha anche confermato la generale vivissima attesa di tutta la Bulgaria per le auspicate nozze; mi ha esternato ancora il suo personale profondo desiderio di vederle effettuate, sia come bulgaro e come vecchio paterno amico del Re Boris, sia come Capo del Governo del suo Paese; mi ha soggiunto la conclusione essere urgente, perché più il tempo passa, più gli ostacoli che gli • interessati , cercano di frapporre possono divenire più forti e più difficili a sormontare. Per • interessati " Liapceff ha voluto alludere, oltre che al Santo Sinodo, anche a Governi stranieri, specialmente ai Governi Inglese e Francese. A tal riguardo mi ha apertamente detto essere stata assai opportuna ed utile la partenza dall'Europa per il Brasile dell'ex Tzar Ferdinando, padre di Re Boris, contro il cui proposito di dargli per isposa la figlia del Granduca Cirillo di Russia, il Re Boris ha dovuto fermamente ma inequivocabilmente lottare.

5) Colloquio con l'on. Molloff. Il Ministro delle Finanze, che, intimo amico personale e politico del Presidente del Consiglio, è con questi uno dei più ferventi assertori della felice opportunità delle nozze italo-bulgare, è venuto a vedermi in Legazione: ho avuto l'impressione che Liapceff fosse l'ispiratore di tale visita, o per lo meno ne fosse in antecedenza consapevole. Il Signor Molloff infatti mi ha tenuto all'incirca gli stessi propositi e fatto le stesse considerazioni del Presidente del Consiglio, insistendo principalmente su due punti:

-necessità di una relativa sollecitudine nella conclusione, tenendo anche presenti la situazione generale della Bulgaria e l'azione di enti e potenze ostili;

-silenzio e discrezione con tutti, in Italia e in Bulgaria; nel • tutti » va compreso, d'ordine di S. M. Re Boris, il Ministro Buroff. (Mi ero quindi ben apposto non agendo presso di lui in conformità della lettera autografa di

S. E. l'on. Grandi).

Parlando della questione religiosa e della richiesta del Santo Sinodo relativa alla differenziazione dei figli per sesso, Molloff ha espresso severi amari giudizi verso il Clero del suo Paese, dichiarandomi esplicitamente che gli spiriti più elevati della Bulgaria sono -nell'intimo dell'animo -di sentimento cattolico, come lo è, del resto, egli stesso. Quanto al Re Boris, il Ministro delle Finanze, pur confermandomi la difficilissima situazione in cui si trova il Sovrano di fronte alla intransigente linea di condotta del Santo Sinodo, mi ha assicurato essere il Re di sentimento prettamente cattolico, pur osservando lealmente nella forma il rito ortodosso. In ciò le dichiarazioni di Monsignor Roncalli coincidono con quelle del Signor Molloff.

6) S. A. il Principe Cirillo, fratello di Re Boris, è arrivato improvvisamente a Sofia il 15 corrente, via Bucarest. Liapceff mi ha chiamato per informarmi che scopo della venuta del Principe era quello di conferire col Fratello intorno al progettato matrimonio.

Un personaggio di Corte (uno di coloro su cui avevo agito nel senso

indicatomi da S. E. l'on. Grandi) che nutre per il nostro Paese la più profonda

e devota simpatia e che è con me in cordiale relazione d'amicizia, mi ha

informato che l'arrivo di S. A. il Principe Cirillo era stato tenuto celato dal

Re Boris persino alla sorella, Principessa Eudoxia, che, come è noto, vive col

Sovrano qui a Sofia.

La Principessa, natura mistica ed austera, schiva di ogni mondanità, spirito

profondamente religioso-cattolico, ,carattere rinchiuso in se stesso e gioventù

intristita, fortemente attaccata al Fratello, appare ai suoi intimi come disorien

tata da che si parla della necessità delle nozze del fratello, e quasi inconscia

mente sospettosa (in modo generico: non nei riguardi di una determinata

persona) per il pensiero di dover troncare l'intima vita, quieta e familiare,

che da otto anni essa conduce vicino a Re Boris.

Lo stesso personaggio di Corte mi ha anche confidato che spesso Sua Maestà

-con cui egli si intrattiene ogni giorno -gli domanda • se ha visto il

Ministro d'Italia e se questi gli ha detto qualche cosa ... ».

Aggiungerò infine -per fornire a V. E. anche i particola1'i della situazione quale risulta da Sofia -che il Re Boris sta pensando a vari progetti di modificazione e di abbellimento del Palazzo Reale.

P. S. -l) E' da rilevarsi che le annesse dichiarazioni di Monsignor Roncalli sono state fatte (ignoro se scientemente o casualmente) contemporaneamente alla pubblicazione dell'Enciclica di S. S. Pio XI " Mortalium animos " sull'Unione delle Chiese cristiane.

2) Il Conte Roncalli, l o Segretario di questa Legazione, in aggiunta al Pro-Memoria qui annesso, mi informa che durante la conversazione da lui avuta col Visitatore Apostolico, questi gli ha dichiarato che il Vaticano, rendendosi conto dello stato attuale della Chiesa bulgara, potrebbe arrivare sino a concedere • al popolo bulgaro i suoi Pope e le loro funzioni, e ai Pope di avere famiglia ,, pur di poter addivenire ad una unione dogmatica e spirituale delle due Chiese. Ciò conferma il mio apprezzamento (vedi pag. 3 del presente rapporto) (l) che Monsignor Roncalli nel suo pensiero e nei suoi giudizi relativi alla particolare questione del matrimonio di Re Boris non prescinda interamente dalla questione di carattere più generale concernente la situazione religiosa bulgara in confronto di Roma.

3) Monsignor Roncalli ha ripetutamente pregato il Conte Roncalli di ser-· bare alle sue dichiarazioni un carattere di assoluta segretezza pur facendogli chiaramente comprendere che esse dovevano essere portate a conoscenza di " chi di ragione ».

ALLEGATO.

PROMEMORIA DEL CONTE RONCALLI PER PIACENTINl

Sofia, 12 gennaio 1928.

Nel corso di una conversazione da me avuta con S. E. Monsignor Roncalli,

Visitatore Apostolico in Bulgaria, questi mi ha di sua iniziativa intrattenuto sul

l'argoment·o del matrimonio di Re Boris con S. A. R. la Principessa Giovanna di

Savoia.

Monsignore ha tenuto in primo luogo a dichiarare che la Santa Sede non era

stata interpellata; ciò nel senso che se, " cosa improbabile , , il matrimonio non si

facesse, nessuna influenza si potrebbe attribuire alla Santa Sede stessa. Monsignor

Roncalli, durante il suo recente soggiorno a Roma, ha saputo che alcune alte per

sonalità del Santo Uffizio si erano prospettate la possibilità che la Santa Sede venisse

interpellata in proposito: egli stesso riteneva di essere chiamato dal Cardinale

Merry del Val, Capo di tale Uffizio, ma nessun cenno gli venne invece fatto della

questione.

Monsignor R'Dncalli sa che la Santa Sede è disposta a tutte le più ampie con

cessioni, purchè restino salvi i principii del dogma. La Santa Sede si rende conto

dell'alto valore che potrebbe avere anche nel campo religioso, il matrimonio di

cui tanto si parla: esso potrebbe portare in Bulgaria un diverso indirizzo anche

nel camp'D religioso. Dalle frasi del Visitatore Apostolico, si può comprendere che

la S. Sede desidera il ritorno della Chiesa Bulgara a Roma: ritorno che la farebbe

uscire dall'isolamento in cui essa si trova, dopo la caduta della Russia nel campo

religioso; un tale ritorno darebbe inoltre una prova luminosa di spirito di indipen

denza e di forza viva a tutti gli altri Stati Balcanici.

Il Visitatore crede di sapere che lo stesso Presidente del Consigho Liapceff, pel vantaggio del paese, sarebbe disposto a cedere sulla questione religiosa (nei riguardi del matrimonio reale), dato che nè lui nè gli altri • non credono proprio a nulla », e che, del resto, alla massa del popolo bulgaro poco importa • se il segno della Croce sia fatto in un modo piuttosto che in un altro, purchè gli si lascino i suoi " pope " ed a questi si lasci la famiglia •.

Allo stato attuale delle cose, il Visitatore è convinto che la decisione dipende da S. M. il Re d'Italia (all'infuori, naturalmente del fattore principale, la volontà personale della Principessa italiana). Monsignor Roncalli ha confermato risultargli che Re Boris è decisamente stato preso da un forte sentimento per S. A. R. Giovanna di Savoia, mentre nessun interesse avrebbe suscitato in lui la principessa svedese.

A Monsignor Roncalli risulta che S. M. il Re d'Italia ha fatto presenti a Re Boris le Sue condizioni, anche d'indole religiosa, chiedendo alla Corte Bulgara le condizioni sue su tale punto.

AI momento delle informazioni di S. Em. (Il" quindicina di dicembre), risulterebbe che le condizioni bulgare al riguardo non sarebbero le più favorevoli: ciò sarebbe dovuto alle continue pressioni esercitate sulla persona del Re dal Santo Sinodo: il Re personalmente (so n parole del Visitatore) • apostata a due anni •, tornerebbe ben volentieri alla religione dei suoi padri, risolvendo così anche la questione religiosa generale del paese, il quale, in fondo, non verrebbe a risentirne una grande differenza, nè sostanziale nè formale: (da questi ripetuti accenni del Visitatore alla questione generale religiosa, agli effetti della risoluzione della questione particolare, del matrimonio reale, può trasparire l'interesse posto dalla Santa Sede ad un riavvicinamento da parte della Chiesa Bulgara alla Chiesa Romana, a cui il Visitatore stesso lavora, se pure in forma larvata, data la sua delicata posizione).

Monsignor Roncalli ha aggiunto che sarebbe deplorevole che, per miope intransigenza di pochi alti personaggi della Chiesa Bulgara, andasse perduta una occasione per l'Italia di aumentare indiscutibilmente il suo prestigio nei Balcani, per la Bulgaria di uscire dall'isolamento in cui due guerre l'hanno gettata.

Il Visitatore non mi ha nascosta l'opportunità che ciò sia fatto intendere qua,

in alto.

Egli ha aggiunto risultargli che la Corte Italiana ha fatto conoscere a quella

Bulgara le sue condizioni ed è, ora, in attesa della risposta di questa: egli ha lodato

altamente l'atteggiamento di Sua Maestà il Re d'Italia, il quale, anche all'infuori

dei Suoi sentimenti personali in fatto di pratica religiosa, memore delle alte tra

dizioni cattoliche di Casa Savoia, non intende concedere la mano di Sua figlia ad

un Sovrano di fede diversa, senza le debite garanzie.

Il Visitatore, come Italiano e come rappresentante del Papa, vedrà assai volen

tieri tali nozze, e (ha ripetuto) farà di tutto in favore di esse; come la Santa Sede

è disposta a qualunque concessione più larga: questo non solo per i possibili van

taggi che Le potrebbero venire da una tale unione, ma anche per la Sua innegabile

ed immutabile Italianità. Monsignor Roncalli ha soggiunto che la Santa Sede potrebbe

trovare una soluzione anche alla condizione che il primo figlio di tale unione sia

ortodosso. Egli è assolutamente persuaso che il matrimonio sia • cosa fatta •, qualora

Re Boris, si decidesse a far comprendere a chi esercita pressioni su di Lui (Santo

Sinodo), che ormai Egli intende, per il bene del Paese, ammogliarsi, e scegliere chi

gli pare ed alle condizi·oni che crederà opportune. Ma, all'atto delle informazioni di

Monsignor Roncalli, vi sarebbe da temere che Re Boris si lasci influenzare da dette

pressioni, mettendo così la Corte Italiana, e, specialmente S. M. Re Vittorio Ema

nuele, in condizione di non poter accettare.

Nè Re Boris, nè la Principessa Eudoxia non hanno mai fatto parola con Mon

signor Roncalli del possibile matrimonio.

" Ripeto, ha concluso Monsignore, che, in ogni caso, la Santa Sede non c'entra,

perchè nessuno Le ha chiesto di entrarci ».

(l) Non rinvenuta.

(l) Cfr. p. 32.

32

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON IL MINISTRO JUGOSLAVO A ROMA, RAKIÉ

Roma, 20 gennaio 1928, [ore 17].

-Vado a Belgrado chiamato da Marincovich il quale è nelle migliori disposizioni per giungere ad un accordo con l'Italia e sono venuto per conoscere le vostre opinioni e poterle riferire laggiù.

-La proroga della scadenza del patto del '24 -già decisa -è la dimostrazione delle mie opinioni. Abbiamo sei mesi di tempo innanzi per riprendere in esame tutta la situazione.

Verso la fine del colloquio Rakitch mi dice:

-Nel Patto del '24 è detto che l'Italia dovrebbe diplomaticamente e politicamente aiutare gli S. H. S. di fronte a incursioni di elementi stranieri nel territorio serbo.

Ora -continua Rakitch -se l'Italia facesse questo l'efficacia sarebbe immediata e l'impressione a Belgrado eccellente. (Questa proposizione di Rakitch mi dimostra che a Belgrado si è seriamente preoccupati dell'attività dei comitagi macedoni se si pensa a un intervento sedativo dell'Italia).

-Ricordo che nel patto del '24 un'azione del genere è precisamente stabilita. Ma io non prenderò iniziative del genere, se non verrò sollecitato ufficialmente da Belgrado.

Ci siamo lasciati dandoci appuntamento per quando il R.[akitch] sarà tornato da Belgrado.

33

IL MINISTRO A PRAGA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 463/15. Praga, 20 gennaio 1928, ore 18,30 (per. ore 21).

Miei telegrammi nn. 13 e 14 (1).

Svolgendo suo pensiero circa questione trattati di garanzia, Benès ha di tratto in tratto insinuato che proprio in occasione dei prossimi lavori di Praga e di Ginevra, si potrebbe insieme pensare ad un qualche sistema di sicurezza nei riguardi dell'Austria come prevenzione dell'Anschluss. Ad un punto Benès ha anzi, ed io mi sono fatto ripetere ... (2) dichiarato che fu solo per suo materiale malinteso che non gli riuscì di intrattenere su tale questione S. E. Grandi a Ginevra. Rilevo che Benès anche questa volta non ha chiarito sua idea circa esatta forma accordi da lui desiderati con Austria. Ha mostrato solo

di non avere speciali preferenze, tanto che ha detto essergli indifferente partecipazione o meno della Germania agli eventuali accordi. Ha insistito invece sull'opportunità del momento per una qualche iniziativa, aggiungendo che regime fascista si renderebbe sommamente benemerito all'estero col provvedere alla reale sicurezza dell'Europa ,centrale, non solo per quanto riguarda l'Austria ma anche l'Ungheria. Tale sua frase va messa in relazione con altre calorose aperture fattemi qualche giorno fa ad un ricevimento: e cioè che a suo tempo, egli si propone di intrattenermi: l) circa il rinnovamento ed un allargamento del patto di amicizia italo-cecoslovacco; 2) circa una visita ufficiale cecoslovacca a Roma; 3) circa grandiosi festeggiamenti che dovrebbero essere fin da ora organizzati pel 21 aprile in commemorazione fondazione legione cecoslovacca in Italia. Segnalo infine che Benès non ha fino ad oggi fatto a me cenno alcuno ad eventuali patti di garanzia nei riguardi stati balcanici.

(l) -T. 423/13 e 424/14 del 18 gennaio: dichiarazioni di Benes sulla prossima conferenza di Praga per la sicurezza e l'arbitrato. (2) -Gruppo indecifrato.
34

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. 329/21. Roma, 20 gennaio 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 11 (1).

R. ambasciatore a Parigi ha direttamente comunicato a V. S. con telespresso in data 7 corrente testo lettera a firma Briand colla quale conferenza ambasciatori ha trasmesso al segretario generale della Società delle Nazioni rapporto finale dell'organo di liquidazione controllo militare in Bulgaria.

Comunicazioni precedenti di questo ministero hanno messo V. S. al corrente dell'azione spiegata dal R. Governo per indurre Governo britannico ad aderire suo punto di vista e rendere rapporto finale il meno gravoso possibile per la Bulgaria.

Stampa italiana si occuperà in questi giorni della questione sostenendo legittime aspirazioni bulgare. Mi tenga informato.

35

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 481/63. Angora, 20 gennaio 1928, m·e 12,16 (per. o1·e 24).

Tewfik Roussdi bey mi ha detto ieri sera che avendo mostrato a Ismet pascià nota da me rimessagli per deferire al tribunale dell'Aja questione appartenenza isolotti intorno Castelrosso, Ismet pascià mi pregava esprimere a V. E. suo compiacimento per decisione da lei presa e di assicurarla che nel

corso dei prossimi negoziati commerciali Governo turco porterà tutta sua benevola attenzione ai progetti del Governo italiano a favore scambi e rapporti tra costa Anatolia Dodecanneso, e cercherà, per quanto è possibile, realizzarli. Domandava però che da parte nostra si tenesse conto della necessità nella quale si trova Governo turco, di venire in aiuto di quelle popolazioni litoranee, oggi in grande crisi economica, sviluppando industria della pesca e concedendo alla medesima una certa protezione.

Tewfik Roussdi bey mi ha poi assicurato che dai turchi nessun fatto nuovo verrà a turbare statu qua tranquillità in quelle acque e che si eviterà con somma cura di dare motivo a incidenti.

Egli mi ha pregato infine di affrettare per quanto è possibile preparazione compromesso onde poter al più presto rimettere questione tribunale Aja. Desidererebbe ciò avvenisse dentro il mese di marzo.

Questo suo desiderio è determinato (me l'ha detto chiaramente) dalla volontà di Ismet pascià e sua di iniziare conversazioni « più utili e vantaggiose , per i due paesi.

Liberato da quelle questioni che in una parte della opinione pubblica turca ed in certi circoli direttivi costituivano un impedimento allo sviluppo ulteriore dei cordiali rapporti con Governo italiano, egli intende darsi a quell'opera di riavvicinamento politico all'Italia, che sta tuttora in cima ai suoi pensieri e che dalle contingenze della situazione internazionale, sempre più gli appare indicata.

Egli mi ripeteva che Roma, Sofia, Budapest, sono, secondo pensiero del gazi di Ismet pascià e suo, le posizioni di difesa diplomatica della Turchia contro tendenze egemoniche di Belgrado e della pace balcanica e per riflesso mediterranea. Comunicato Rodi (1).

« Nel campo delle relazioni internazionali ho potuto constatare ad Angora come l'attenzione del Governo turco rimanga fissa nel Mediterraneo e per riflesso nella Penisola Balcanica. E sempre più chiaro mi si è presentato un fenomeno di polarizzazione: che cioè nella mente dei dirigenti di Angora, di Ismet Pascià e di Tefik Russdi bey, i due punti cardinali sono costituiti dalla Russia e dall'Italia. L'attenzione che si tiene fissa costantemente su questi due puntiha per comune denominatore, sarebbe illudersi il non constatarlo, il timore, associato, per quanto riguarda Mosca, al desiderio di tenersi il più possibile lontani dalla stretta comunista sia pur sotto parvenze amichevoli; per quanto riguarda Roma, a simpatie tradizionali e di regime, al grande rispetto per V. E., all'intima convinzione che la Turchia potrà sentirsi realmente tranquilla e sicura del suo avvenire soltanto il giorno in cui l'Italia questa esistenza avrà voluto solennemente garantire con la Sua parola.

Ad Angora si sente che, data la po.!itica conservatrice della Gran Bretagna, il progressivo indebolimento organico della Francia, il prestigio della quale in Levante va offuscandosi, solo da Mosca o da Roma può scoccare la folgc.re capace di rimettere in forse l'esistenza della Repubblica turca. La convenzione di Parigi, le condizioni militari del regime che, come mi diceva Tefik Russdi bey. rendono la U.R.S.S. capace alla difesa. incapace all'attacco, sono sufficienti garanzie per Angora. Ma da parte dell'Italia regna tuttora l'incertezza. Il sospetto sulle nostre intenzioni, fortissimo fino a poco tempo fa si è venuto calmando e si è accantonato in alcune poche teste, disgraziatamente però in quelle degli ufficiali di Stato Maggiore. Ma l'incertezza viene non solo da quel sospetto, ma anche da un altro fatto. Al Governo turco è riuscito in questi ultimi anni di concludere trattati di amicizia, di neutralità, di non aggressione con tutti gli Stati confinanti, meno che con l'Italia. La grande frontiera costiera che la Turchia ha con no.i non è garantita da alcun accordo del genere. Questa è per i reggitori di Angora la massima preoccupazione. L'accordo con Roma vivamente desiderato da Ismet e dal Gazi mentre infonderebbe l'assoluta tranquillità e serenità per quanto concerne la temuta minaccia d'espansione italiana, consentirebbe alla Turchia maggiore libertà d'azione diplomatica sul fronte balcanico e mediterraneo.

Il destino politico di questo paese è precisamente questo: di dovere orientare la sua politica estera per ragioni di equilibrio, di indipendenza, verso i due paesi che per regime sociale-politico-economico-morale rappresentano oggi gli elementi antinomici della intera umanità.

Nelle recenti conversazioni per la definizione della questione degli isolotti intorno a Castelrosso, Tefik Russdi bey più di una volta mi ha mostrato tutta la fretta che ha nel

(l) T. 396!11 del 17 gennaio, che non si pubblica.

(l) Cfr. anche il seguente brano del rapp. 503/79, inviato da Orsini Baroni in data Costantinopoli 28 gennaio 1928, per. 1'8 febbraio, in margine al quale Mussolini ha annotato: ({ Interessante » :

36

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROGERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 467/30. Londra, 20 gennaio 1928, ore 20,40 (per. ore 24).

Vengo informato da buona fonte che Foreign Office ha avuto in questi giorni scambi di idee col Governo francese circa attitudine assunta da Piccola Intesa verso l'Ungheria in seguito scoperta materiale di guerra frontiera austroungarica. Chamberlain avrebbe consigliato a Briand chiudere incidente facendo rimostranze a Budapest e consigliando in pari tempo moderazione nelle capitali Piccola Intesa. Briand invece si sarebbe dichiarato favorevole desiderio Piccola Intesa portare affare dinanzi Società delle Nazioni.

37

L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 569/46. Mosca, 20 gennaio 1928 (per. il 27).

Telegramma di V. E. n. 7446/366 del 30 dicembre scorso (1).

Conferii 16 corrente con Litvinoff circa contatti che consolato ed agenti sovietici a Gedda ebbero con l'ex Senusso e con i suoi emissari e gli chiesi che fossero impartiti ordini solleciti e categorici perché tale attività cessasse al più presto. Gli ricordai che l'U.R.S.S. non aveva alcun interesse proprio nell'Africa settentrionale, cosicchè le sue mene a nostro danno non potevano da noi essere giudicate che come una prova di inimicizia ed avere quindi conseguenze dannose per i buoni rapporti fra i due paesi.

Litvinoff mi rispose che nulla gli risultava di specifico al riguardo. Sapeva bensì che l'U.R.S.S. era considerata dai popoli oppressi come la sola potenza loro amica e che essa era quindi frequentemente richiesta di consiglio da parte di coloro che avevano ragione di lagnarsi della politica imperialista degli stati

rimettere la questione nelle mani della Corte dell'Aja per potere cominciare con me conversazioni più utili e più larghe, come egli diceva.

Non è difficile prevedere fin da ora la direzione di queste conversazioni, sebbene esse pure dovranno risentire della situazione balcanica quale in realtà si presenterà nella prossimaprimavera e dello stato dei rapporti fra l'Italia e la Jugoslavia. Ad Angora, come ho telegrafato a V. E. si continua a ritenere come inevitabile l'urto fra questi due paesi: non perchè si mettano in dubbio le pacifiche direttive politiche di V. E. e l'amore di Lei per la pace, ma perchè la torcia che può accendere il fuo.co nei Balcani è nelle mani di un gruppo di militari, irresponsabili e violenti.

Ritengo superfluo di appesantire questo mio rapporto, già abbastanza lungo, con considerazioni su quelli che potranno essere i suggerimenti che ci prepara Tefik Russdi bey. Avremo tempo di esaminarli.

L'importante è il registrare quello che affermavami il Ministro d'Albania, per averlo appreso dalla bocca dello stesso Tefik Russdi, che cic.è: il Governo di Angora avrebbe rifiutato di firmare con la Jugoslavia quell'accordo di neutralità e di non aggressione la cui conclusione con l'Italia, ,sta in cima ai suoi desideri»,

a regime capitalista. Noi non potevamo certo impedire all'U.R.S.S. di essere fiera della fiducia che aveva saputo ispirare nei popoli oppressi. Mi chiese d'altra parte quali prove avessimo che gli agenti dell'U.R.S.S. avessero promesso o dato aiuti all'ex Senusso o che essi lo avessero in qualsiasi modo incoraggiato nel suo atteggiamento ostile all'Italia.

Risposi che non eravamo soverchiamente preoccupati dei contatti segnalatigli. Vedevamo però sopratutto in queste mene bolsceviche a nostro danno una nuova prova che il Governo dell'U.R.S.S. perseverava nella sua azione deleteria consistente a seminare ovunque passioni e rivolte. Lo avvertivamo lealmente che eravamo al corrente della sua attività e lo invitavamo a porvi termine nel suo stesso interesse. Occorreva infatti che il Governo sovietico cessasse il doppio gioco che oramai non ingannava più alcuno consistente nel

dichiarare, da un lato, di voler mantenere amichevoli relazioni con gli stati borghesi e nel cercare, dall'altro, di creare loro difficoltà col seminare zizzania ovunque.

Dopo di che cambiai discorso.

(l) Cfr. serie VII, V, n. 699.

38

IL MINISTRO A PRAGA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 567/25. Praga, 20 gennaio 1928 (per. il 27).

Mio telegramma n. 463/15 (1).

Ad ogni buon fine desidero segnalare che, nell'ultimo mio colloquio con questo ministro degli affari esteri, non mi è sfuggita una sua frase giusta la quale egli terrebbe pronta una politica speciale pel caso che l'Anschluss si avverasse, ed un'altra per il caso contrario.

Avendogli osservato che era invero da chiedersi quale fosse allora la sua politica attuale, Benès mi ha risposto che egli rimane contrario all'Anschluss e che sua frase voleva semplicemente corrispondere al seguente concetto: che cioè la Cecoslovacchia, nel caso si avverasse l'Anschluss e, quindi un incamminamento della Germania verso l'oriente attraverso l'Austria e la Jugoslavia, avrebbe usufruito del vantaggio di una effettiva collaborazione delle grandi potenze • che avrebbero allora decisamente accerchiata la Germania ».

Mi è sembrato che la frase di Benès era stata usata sovratutto per dimostrare il suo desiderio di una maggiore generale collaborazione per quanto concerne la questione dell'Anschluss, e forse anche per gettare un argomento ritenuto adatto a sollecitare una qualche intesa nei riguardi dell'Austria nel senso da lui accennato.

(l) Cfr. n. 3.3.

39

IL CAPO DELLA POLIZIA, BOCCHINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI

N. 500/1014 R. Roma, 20 gennaio 1928.

In relazione a precedente corrispondenza, si trasmettono a codesto On. Ministero le unite copie di informazioni pervenute da fonte confidenziale circa l'attività dei fuorusciti albanesi a Parigi ed i loro rapporti con i nostri fuorusciti ed in special modo con gli esponenti dei comunisti italiani in Bruxelles (1).

ALLEGATO I.

Il rappresentante dei profughi albanesi a Parigi è partito ieri sera per destinazione ignota. Mastoray Kemal (così egli si chiama), aveva già da tempo annunciato la sua partenza, ma forse per sfuggire ad ogni possibile controllo, aveva assicurato che egli sarebbe partito il giorno sette gennaio.

Questa sua partenza improvvisa deve dipendere o da qualche ordine di FanNoli, oppure da qualche riunione del comitato misto tra profughi albanesi ed italiani che adesso ha sede a Bruxelles, dopo le note espulsioni di fuorusciti di tutti i paesi dalla Francia.

Dopo un periodo di inattività e di attesa, questo comitato sembra aver ripreso ad agire ed operare. Questo improvviso dileguarsi di Mastoray Kemal, è certo da mettersi in relazione con la ripresa del comitato.

ALLEGATO II.

Una attività veramente impressionante e meritevole di segnalazione stanno svolgendo, con rinnovato ardore, i profughi albanesi e in genere tutti gli emissari di Fan-Noli. La cosa può apparire strana in un primo momento anche perchè una recente notizia, ritengo poco nota, sembrerebbe contrastare con la suddetta rinnovata attività.

Infatti in un primo tempo, e precisamente allorchè si sparsero le prime voci di un possibile riavvicinamento fra l'Italia e la Francia giunse anche notizia che l'emissario jugoslavo, il quale trattava con gli albanesi e con alcuni italiani, si era dileguato.

La verità era invece che la Jugoslavia, o meglio l'Ambasciata Jugoslava, aveva dato ordine di sospendere ogni trattativa, pur non rompendo del tutto le relazioni ma cercando soltanto un periodo di sosta.

Infatti il rappresentante, o meglio l'emissario jugoslavo fu costretto a dichiarare tanto a Mastoray Kemal, quanto agli italiani, che il momento non sembrava più propizio per l'organizzazione di una insurrezione in Albania con il concorso più

o meno diretto della Jugoslavia, mentre essa era costretta a secondare tutti gli sforzi di pacificazione, specialmente quelli fra la Francia e l'Italia.

(l Annotazione marginale: « Atti. Per la parte che riguarda l'azione del Pacciardi copia del rapporto è stata passata al Comm. De Rossi ».

Queste dichiarazioni apparvero troppo riservate e troppo diplomatiche contrastanti soprattutto con gli impegni formali che l'emissario jugoslavo aveva preso all'inizio delle trattative. Gli italiani e gli albanesi protestarono vivacemente e l'Avv. Pacciardi, che era venuto appositamente a Parigi, dichiarò recisamente che se l'emissario jugoslavo si riteneva sciolto da ogni impegno con il comitato misto, anche gli altri componenti si sarebbero sentiti sciolti da ogni impegno compreso quello del segreto.

Noi non siamo disposti a !asciarci giuocare, dichiarò il Pacciardi, o a servire di pedina alla politica jugoslava o francese seguendo la politica estera in tutti i voltafaccia che il loro interesse momentaneo rendesse necessari. Se adesso ci si butta a mare, perchè si pensa di non aver più bisogno di noi, noi faremo altrettanto. Ritengo che una pubblicazione su quanto è avvenuto tra noi non può facilitare gli ultimi scopi della politica jugoslava.

Questa pubblicazione noi siamo disposti a farla anche se dovessimo poi subirne le conseguenze. Noi metteremo in guardia gli antifascisti affinchè essi non prestino più fiducia agli eventuali emissari che, cambiato il vento, la Jugoslavia potesse mandare in circolazione. L'Ambasciatore Jugoslavo, avvisato, il giorno dopo fece cercare affannosamente il Pacciardi, ma questi era già ripartito per la Svizzera e le ulteriori discussioni si svolsero per lettera. Si venne così a sapere che il governo francese, al giorno di tutto e da molto tempo, cosa del resto assai naturale, aveva pregato l'Ambasciatore jugoslavo di troncare ogni giuoco così pericoloso. Si doveva dunque comprendere che la Francia aveva bisogno di non dare a Mussolini un'arma di quest·o genere durante le trattative e che logicamente il lavoro doveva, per il momento, battere il passo. Nessuno del comitato ha creduto a queste spiegazioni, ma ha riconosciuto che bisogna contentarsi che la Jugoslavia non ritirasse del tutto i suoi impegni, compatibilmente con la mutata situazione che del resto si ritiene non possa andare molto lontano nel senso pacificatore.

Così venne stabilito, ma è proprio questo fatto che ha provocato la febbrile attività di questi giorni. Infatti Fan-Noli si è deciso a secondare in tutto e per tutto il desiderio della III Internazionale e si è anche recato a Mosca.

Egli era a Mosca durante lo stesso periodo in cui vi si trovava l'On. Di Vittorio e in quel periodo si devono avere presi gli accordi che hanno provocato tutti i contatti e i colloqui di questi giorni tra albanesi e comunisti. Mastoray Kemal si è recato anche nel Belgio e a Berlino.

Adesso è a Parigi di nuovo e ha fatto chiamare telegraficamente l'Avv. Pacciardi il quale tuttavia ha fatto sapere di non potersi muovere perchè i suoi viaggi sono stati notati e teme di venire espulso dalla Svizzera, tanto più che egli dice che il Governo Italiano ha scoperto la sua attività e metterà in opera tutti i mezzi per recargli disturbo.

Pare anzi che egli sia stato benevolmente • ammonito • direttamente da Roma, dove ha qualche amico anche tra i fascisti. Cosicchè Mastoray Kemal si recherà tra qualche giorno in Svizzera per ratificare, diciamo così, gli accordi ormai ufficiali presi con la III Internazionale.

Perchè bisogna notare che fino ad oggi l'Avv. Pacciardi aveva visto con una certa mal celata ostilità i contatti con i comunisti, ma certo, dopo la sosta con la Jugoslavia, le sue opinioni si saranno raddolcite. Identico lavoro, attraverso FanNoli vorrebbero fare i comunisti con i tedeschi e pensano che necessiti stabilire un decisivo e completo accordo con l'On. Nicolussi che già è stato avvicinato.

Senonchè è molto difficile convincere un uomo come il Nicolussi a compiere un lavoro politico insieme ai comunisti, apponendovisi e la sua mentalità e il suo passato. Per conseguenza i comunisti avrebbero pensato a creare, per accordi con i tedeschi, un comitato a parte dove i comunisti non figurerebbero ufficialmente ma avrebbero soltant·o persone di loro fiducia.

Secondo informazioni giunte loro, il Nicolussi in questi giorni si troverebbe a Vienna ed essi hanno preso i provvedimenti necessari per avvicinarlo. Ritengo, ma non ne sono certo, che l'incaricato per la bisogna, sarà il giornalista Calligaris.

40

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 492/71. Belgmdo, 21 gennaio 1928, ore 21 (per. ore 24).

Mio telegramma n. 69 (1).

Giornali locali odierni pubblicano notizia confermatami da Kennard che signor Markovich, ministro delle finanze S. H. S. sarebbe partito per Londra sempre in relazione al progettato prestito alla Jugoslavia. Kennard insiste nell'affermare che missione ministro delle finanze non potrà sperare successo.

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IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE S. 631/44. Durazzo, 22 gennaio 1928 (per. il 29).

Ministro di Gran Bretagna, signor Seeds, col quale mi sono incontrato in casa di comuni amici, mi ha preannunziato una sua visita per sentire il mio avviso sulla situazione generale politica dell'Albania, come si è profilata dopo il trattato di alleanza, e per sottopormi alcune sue osservazioni. Senza mostrare di voler comunque sottrarmi a tale incontro o dilazionarlo, ho indotto il signor Seeds a darmi qualche cenno su quanto desiderava intrattenermi. Il signor Seeds è scivolato a poco a poco in argomento, facendomi le seguenti dichiarazioni che mi affretto a portare a conoscenza di V. E. :

l) Egli doveva anzitutto lealmente riconoscere che la politica di V. E. verso l'Albania, che tanti sospetti aveva suscitato in varie capitali, e che anche in Inghilterra aveva destato qualche apprensione, aveva invece mostrato di obbedire a direttive profondamente oneste e sinceramente ispirate al bene dell'Albania.

2) Per quanto mi riguardava personalmente, egli si compiaceva di riconoscere che tutto quanto da undici mesi io andavo ripetendogli circa la situazione generale politica, e circa i nostri rapporti con l'Albania, aveva sempre trovato ampia conferma e riprova negli avvenimenti via via maturatisi, e teneva quindi a significarmi che egli aveva sempre prospettato a Londra la mia opera come ispirata a profondo senso di responsabilità, e diretta ad interpretare, con onestà di metodi, una politica giusta e leale.

3) Era lieto di constatare che le apprensioni inglesi circa il trattato di alleanza si erano fortunatamente dimostrate infondate; che di questa nostra presa di posizione di fronte alla storia tutti dovevano ormai tenere conto,

Inghilterra e Jugoslavia comprese, e che da essa molto bene, in via diretta, poteva derivare all'Albania, come molto bene poteva derivare anche a noi se la conclusione del trattato avesse potuto indirettamente portare ad un'utile chiarificazione dei nostri rapporti con la Francia (e con la Jugoslavia, io ho interrotto a questo punto).

Tali dichiarazioni, così ampie e precise, non potevano essere che un preambolo ai punti fondamentali cui il signor Seeds voleva arrivare. Egli difatti ha continuato:

• Tutto quanto avete finora fatto potrebbe essere sottoscritto anche dall'Inghilterra. Ma il signor Mussolini si fermerà qui? Non ha egli in animo ulteriori sviluppi? E' questo il punto che a noi preoccupa. Ora io devo dichiararvi che ogni ulteriore spinta alla vostra azione politica in Albania sarebbe da noi guardata con la più grave ansietà perché diventerebbe fatalmente disturbatrice della pace nei Balcani, e condurrebbe alla guerra. Ora la pace sta a cuore all'Inghilterra più che a qualunque altra nazione in Europa ».

Memore del telegramma di V. E. del 17 novembre u.s. n. 719 (1), ho anzitutto replicato che agli italiani la pace stava altrettanto a cuore, e forse anche più, che alla stessa Inghilterra, e ho aggiunto poi che non potevo lasciare passare la sua osservazione senza invitarlo a precisare che cosa egli intendesse per « ulteriori sviluppi •.

Signor Seeds mi ha risposto che il problema che attirava l'attenzione e l'ansia del Foreign Office era quello della • grande Albania •. Questo problema non doveva essere posto. Egli riconosceva nella maniera più esplicita che i confini dell'Albania erano stati tracciati in maniera ingiusta per questo paese, e che era stato un gravissimo errore lasciare al di là della frontiera un nucleo così importante e compatto di albanesi. Ma sarebbe stato fatale per la pace dei Balcani e dell'Europa se l'Italia, forte delle posizioni assicuratesi in Albania, avesse incoraggiato l'irredentismo di questo popolo ed avesse agitato in Albania e nel resto dell'Europa la causa della • grande Albania •.

Su questo punto, egli era ansioso di conoscere il mio pensiero, non nascon

dendomi che in alcuni circoli, non inglesi, si era persino temuto che in occasione

del trattato di alleanza l'Italia avesse assunto in proposito qualche impegno.

Ho risposto al signor Seeds che io potevo tranquillizzarlo in maniera precisa.

Gli impegni dell'Italia verso l'Albania non andavano al di là di quelli consacrati

nei due patti di Tirana, e cioè: garanzia dell'attuale statu quo giuridico,

politico e territoriale dell'Albania; e nostra difesa, anche militare, in caso di

attacco esterno non provocato.

Detto questo per quanto riguardava la politica di V. E., ho aggiunto che a mio avviso Ahmed bey Zogu era uomo troppo prudente per lanciarsi in una così incerta avventura, e che egli era inoltre troppo interessato a rafforzare il suo regime all'interno per sentirsi tentato, oggi e per lunghi anni avvenire, ad affrontare un problema così poderoso. E che se qualche gesto di questo Governo lasciava di tanto in tanto credere che esso non era del tutto insensibile alla questione del Kossovese, ciò doveva interpretarsi come un artificio diretto

a sopire le impazienze di quei pochissimi gruppi irredentisti che pur esistevano in Albania, e non già come un mezzo inteso ad eccitare la passione nazionale. Ho poi detto al signor Seeds che da mia parte dovevo registrare le osservazioni da lui espostemi circa l'ingiusto trattamento fatto dalla conferenza di Londra all'Albania, e senza volere per ora anticipare quali sarebbero stati gli sviluppi della storia, che forse avrebbero riunito un giorno le due Albanie, dovevo però lealmente riconoscere con lui che non era né possibile né opportuno impostare tale problema, che poteva effettivamente riuscire fatale alla pace nei Balcani. Ma il profilarsi, sia pure su un lontano orizzonte, di un così grave problema doveva costituire per la Jugoslavia un motivo di più per rinunciare ai suoi intrighi ai danni di questo paese, mentre doveva costituire per tutte le potenze responsabili e segnatamente per l'Inghilterra un motivo di più per spendere un'opera moderatrice a Belgrado, intesa a distogliere definitivamente quel Governo da una politica ai danni dell'Albania.

Prima di continuare ad esporre le confidenze del signor Seeds mi permetto ricordare a V. E., perché si attaglia all'argomento, quanto ebbi occasione di riferirle verbalmente a Roma, e cioè che uno dei redattori del Times (il signor Poliakoff), accennandomi alla possibilità che Zogu avesse a proclamarsi re, ebbe a dirmi che il Foreign Office non si mostrava preoccupato della cosa, purché Ahmed Zogu si fosse proclamato re d'Albania e non re degli albanesi.

Il signor Seeds dopo essersi dichiarato soddisfatto delle mie assicurazioni ha continuato dicendo che su un altro punto importante egli voleva intrattenermi. Egli era cioè desideroso di sapere se noi ci eravamo posto il quesito di una improvvisa sparizione di Ahmed Zogu dalla scena politica, vittima di attentato o di malattia. Quali provvedimenti noi avremmo adottati in una simile evenienza?

Ho creduto rispondere che noi non avevamo affrontato il problema in tutti i suoi aspetti. Trattavasi del resto di eventualità piuttosto difficile a verificarsi. Ahmed Zogu era ben guardato. In quanto alla sua salute, essa era perfetta. Con ciò non volevo naturalmente escludere la grande importanza del problema. Secondo le mie vedute, nell'eventualità di una improvvisa sparizione di Ahmed bey Zogu, incombeva al rappresentante di S. M. il re d'Italia in Albania l'obbligo di impiegare tutta l'autorità che a noi deriva dalla nostra speciale posizione in Albania, dai nostri interessi, dai nostri trattati per incoraggiare e se del caso provocare quella soluzione che sembrasse più confacente alla situazione del momento.

Questa mia risposta è sembrata meno soddisfacente al signor Seeds. Egli

mi ha domandato se non era il caso che entrambi sottomettessimo la questione

ad un più approfondito esame. Approfittando dell'avvicinarsi di altre persone

ho trovato il modo di non rispondere e di porre fine al colloquio, dopo avere

estratto da esso tutto quanto poteva interessarci, e prima che esso, rimanendo

su un terreno meno sicuro, mi costringesse a lavorare su ipotesi.

Le anticipazioni datemi dal signor Seeds e le mie risposte hanno finito per

rendere inutile l'intervista che egli si proponeva avere con me e difatti, pur

essendo egli venuto più volte in legazione, non ha mai toccato l'argomento.

Mi sono qui limitato a riferire. Rimando ad un altro mio scritto qualche

commento e qualche osservazione.

(l) T. 479/69 del 20 gennaio, che non si pubblica.

(l) T. gab. 1588/719, in realtà del 26 novembre, col quale veniva ritrasmesso a Durazzo il te!. ed. in serie VII, V, n, 612,

42

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A PRAGA, PREZIOSI

T. 385/8. Roma, 23 gennaio 1928, o1·e 22.

Suoi telegrammi nn. 13, 14 e 15 (1).

Ho letto i resoconti delle solite chiacchierate di Benès. Siccome Benès continuerà certamente ad intrattenerla dell'argomento, colga l'occasione per richiamare sua attenzione sopra una circostanza ben più importante nei riguardi dell'Anschluss di tutti i suoi progetti più o meno fantastici. L'Anschluss sembra già accettato come fatto compiuto dal Governo jugoslavo e dai circoli dirigenti la politica di Belgrado. L'accenno contenuto nel discorso pronunciato recentemente da Marinkovich dinanzi alla commissione finanziaria della camera dei deputati a Belgrado circa i buoni rapporti fra Germania e Jugoslavia, favoriti da mancanza interessi contrastanti e da comunanza idee ed intenzioni mi sembra costituisca una chiara conferma delle direttive in cui si è messo il Governo jugoslavo e che la stampa autorevole appoggia.

Le segnalo il Berliner Tageblatt del 22 corrente. Il riavvicinamento fra tedeschi e jugoslavi ha evidentemente per prezzo l'appoggio della Jugoslavia alla tesi anschlussista.

Benès invece di pensare a combinazioni difficilmente realizzabili farebbe bene a guardarsi un poco di più dal suo vicino alleato. Mi pare che Benès dovrebbe avere già nella situazione prospettata largo campo di utile meditazione. Poi riferisca (2).

43

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, E A PARIGI, MANZONI

T. 386. Roma, 23 gennaio 1928, ore 24.

(Solo per Parigi). Suo telegramma n. 49 (3) segnalato Berlino aggiungendo quanto segue:

(Solo per Berlino). R. ambasciatore Parigi in data 17 corrente telegrafa (3).

(Per tutti). È già la seconda volta che da Berlino si mettono in circolazione simili panzane. Ciò non mi garba affatto. Ne parli allo stesso Stresemann o Schubert e faccia loro presente necessità tagliar corto tali dicerie. Io non ho mai proposto patti di alcun genere alla Germania nè intendo proporne.

(l) -Cfr. n. 33. (2) -Cfr. t. 30, Praga 29 gennaio, con cui Preziosi riferiva in merito alla comunicazione fatta a Benes, il quale «è rimasto impressionato». Ma cfr. anche t. (p. r.) 2921/458 del 15 marzo, col quale Bodrero comunicava non risultare che Marinkovié avesse accennato all'Anschluss nel discorso pronunciato dinanzi alla Commissione finanziaria della Skupcina il 2 gennaio. (3) -Cfr. n. 27.
44

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. 426/40. Roma, 24 gennaio 1928, ore 24.

Ella è tenuta costantemente al corrente di quanto possa avere interesse alle relazioni itala-jugoslave. Sta di fatto che fra pochi giorni sarà firmato un protocollo col quale Governo italiano e jugoslavo dichiarano di rimandare a 6 mesi (27 luglio p.v.) la facoltà di denunciare il patto di Roma. In conclusione il Governo di Roma e il Governo di Belgrado si sono presi sei mesi di tempo [per] esaminare la situazione e per decidere se patto di Roma ancora esistente debba essere rinnovato o no.

Faccia opportunamente comprendere a Ahmed Zogu che tutto ciò si risolverà in un suo evidente vantaggio in quanto che è cosa assolutamente certa che almeno per sei mesi egli potrà dormire tranquillo. Giammai gli jugoslavi faranno in questi sei mesi cosa che possa dispiacere al Governo italiano e mettere in pericolo l'eventuale rinnovo del patto di Roma.

Desidero anche informazioni sulle cerimonie e manifestazioni di omaggio alla squadra inglese.

45

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 7/55. Berlino, 24 gennaio 1928, ore 22,20

(per. ore 0,10 del 25).

Telegramma V. E. n. 28 (1).

Mi esprimerò personalmente con Stresemann se possibile, altrimenti con Schubert, in conformità istruzioni di V. E. esser falso che il Governo italiano abbia fatto, non molto tempo fa, una offerta per una intesa itala-tedesca. Ricordo tuttavia istruzioni contenute nel telegramma di V. E. del 24 settembre scorso (2), in conformità delle quali io dissi a Stresemann, nell'imminenza del trattato arbitrato itala-tedesco che V. E. • non sarebbe aliena dal parlare sin d'allora della possibilità di stringere qualche più stretto legame di carattere politico ed economico •. Ricordo inoltre e più specialmente passo fatto da Bosdari nel 1923 circa il quale non è stata potuta rinvenire completa

documentazione in questo archivio. Ma dal telegramma di Bosdari 298 del 17 set

4 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

tembre 1923 (l) risulta che dopo avere ascoltato comunicazione Bosdari, Stresemann aveva detto di avere seriamente riflettuto agli svolgimenti che situazione europea avrebbe potuto subire nell'eventualità di un conflitto fra l'Italia e Jugoslavia, e che il risultato delle sue riflessioni era che la Germania, necessitata consacrarsi interamente al suo ristabilimento economico e alla soluzione del problema delle riparazioni, non avrebbe veduto possibilità prendere posizione in un simile conflitto. E soprattutto ricordo missione del generale Capello. Di questo caso si è sovente parlato in Germania anche nella stampa ed anche nel pubblico, come ha riferito recentemente anche R. incaricato d'affari (telespresso 25 in data 17). Non conosco termini precisi della conversazione Caillaux-Pomé nè da chi Caillaux abbia assunto informazioni che egli attribuisce a Stresemann, ed in quanta parte queste possano essere tendenziose; ma non mi pare improbabile che più che di fonte diretta, ovvero fiduciaria, Caillaux si sia valso, nella sua dichiarazione giornalista Pomé, di tale esteriorizzazione (sic) tedesca, tra cui recente articolo di Breitscheid sul Vorwiirts, segnalato da questo ufficio stampa col telegramma 790 del 23 dicembre. Tanto più ciò è probabile in quanto, come risulta dal telegramma 384 di ,cotesto ministero, tale articolo del Vorwiirts fu riassunto dal Quotidien di Parigi coll'affermazione che « Italia cercato proposito alleanza Germania offrendo concorso armi Reichswehr contro la Francia ».

(l) -Cfr. n. 43, che evidentemente venne trasmesso a Berlino con il numero di protocollo particolare 28. (2) -Sic, in realtà del 20 settembre 1926. (Cfr. serie VII, IV, n. 436).
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APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI ROMENO, TITULESCU

[Roma], 25 gennaio 1928, [ore 18].

TITULEscu -Intendo parlarvi a cuore aperto, con assoluta franchezza, poichè il miglior sistema per chiarire le cose è quello di porle nettamente sul tappeto. Nel quadro della Romania attuale, ci sono delle ombre e delle luci. Ombre sono la lotta politica fra i partiti, la crisi economica, la crisi finanziaria. La Romania non ha soltanto subito i danni della guerra, colla invasione e la emissione di due miliardi oro tedeschi, ma --sollecitata dagli alleati -ha consegnato alla Russia le riserve metalliche della sua Banca d'Emissione. La crisi trova le sue cause anche negli incendi delle regioni petrolifere, nell'anno 1919 e nei raccolti mediocri di cereali. Ma la minore esportazione è dovuta non tanto alla riforma agraria, quanto al fatto che i contadini consumano più pane. Realizzandosi la piena efficienza agricola, la Romania potrà produrre 11 milioni di tonnellate di grano. Altra ombra sul quadro, è il travaglio di unificazione politica, amministrativa, fiscale della più grande Romania che si è formata aggregando al vecchio regno, territori appartenenti alla Russia, alla Bulgaria, all'Ungheria. Accanto a queste ombre, sono le luci rappresentate dalla classe diri-

gente la quale pure divisa fra diversi partiti è unanime quando si tratti degli interessi del paese e lo dimostra la disinvoltura con cui i proprietari di terre hanno accolta la riforma agraria che ha spezzato in piccole proprietà ben 10 milioni di ettari; un'altra luce di speranza è la solidità e la laboriosità della popolazione rurale, nonchè la enorme ricchezza del suolo e del sottosuolo rumeno.

Tracciato il quadro, vengo a precisare la posizione della Romania, di fronte ai suoi alleati, ai suoi amici, ai suoi ex-nemici.

PICCOLA INTESA

TITULEscu -Bisogna ricordare che la Piccola Intesa è nata all'indomani dei Trattati di pace che determinavano la nuova carta politica dell'Europa Centrale. E' l'unione degli Stati successori, che montano la guardia ai Trattati. Fu errore dei dirigenti la politica estera italiana del tempo, di non aver messo l'Italia alla testa di questi Stati successori dell'impero austro-ungarico. I membri della Piccola Intesa, sono uniti quando si tratta di difendere i trattati di pace. Ma, ciò stabilito, non vi è fra loro una permanente identità di interessi. Qui, gli interessi sono divergenti, se non contrastanti. Praga, guarda Mosca e fa una politica panslava. La Jugoslavia tende a realizzare una politica di egemonia nei Balcani e tratta inumanamente le minoranze romene. I rapporti fra Bukarest e Belgrado non sono mai stati eccessivamente intimi. Marinkowich -che è l'uomo più calmo fra i dirigenti di Belgrado -sa che non può contare sull'aiuto romeno, nel caso che egli facesse un colpo di testa e mettesse in pericolo la pace, della quale la Romania ha estrema necessità. Questo aiuto, poi, gli mancherebbe totalmente, se l'aggressione avvenisse contro l'Italia. Ho riconosciuto i preminenti interessi dell'Italia nella penisola balcanica e in Albania e ho, fra l'altro, smorzato l'incendio che Benès avrebbe voluto appiccare prendendo a motivo i cinque famosi vagoni di San Gottardo. Ho insistito perchè l'episodio fosse semplicemente segnalato a Ginevra, senza fare richieste formali di indagini che non essendo accettate -come non lo sarebbero -dal Consiglio della Lega provocherebbero un clamoroso insuccesso della Piccola Intesa. Questo è quanto io ho telegrafato da San Remo, soprattutto a Benès che sembrava il più eccitato, mentre Marincowitch è stato più riservato.

FRANCIA

TITULESCU -Se vi si dicesse che la Romania può inaugu.-are una politica antifrancese o di distacco dalla Francia, vi si direbbe una menzogna. Ragioni storiche, politiche, militari, psicologiche stanno alla base della Alleanza colla Francia. Nella graduatoria delle alleanze, la Romania, viene terza, dopo la Polonia e la Cecoslovacchia, le quali servono alla Francia soprattutto per il suo gioco anti-germanico. Alleanza, dunque, sincera amicizia, ma non sudditanza o schiavitù. La Romania, sa che oltre la Francia, vi è un'altra grande nazione latina: l'Italia, la quale, per l'immediatezza geografica, è destinata ad esercitare una sempre maggiore influenza sull'Europa danubiana. Stringere rapporti di amicizia coll'Italia è quindi nel supremo interesse della Romania.

ALTRI VICINI

TITULEscu -La Russia è in via di trasformazione e tornerà di nuovo a pesare sul destino del mondo. Ho proposto un patto di non aggressione, ma non mi faccio soverchie illusioni che sia accettato. Colla Bulgaria i rapporti sono buoni e un recente accordo che sarà firmato in questi giorni (1), li migliorerà ancora notevolmente. Attraverso la Bulgaria, la Romania spera di arrivare all'Egeo, onde evitare di essere chiusa nel Mar Nero, quando i Dardanelli fossero ostruiti. L'ac,cordo che si firmerà colla Bulgaria è di natura economica. ma avrà felici ripercussioni di ordine politico.

Colla Grecia i rapporti sono eccellenti. E' in corso di negoziazione un trattato greco-romeno di non aggressione e di arbitrato, destinato a rinfrancare la Grecia e a toglier[la] dall'isolamento nel quale è venuta a trovarsi. Coll'Ungheria i rapporti sono più delicati. Vi è sul tappeto la questione degli optanti. Tale questione è rimasta allo stato in cui fu lasciata a Ginevra, nel dicembre scorso e cioè una raccomandazione del Consiglio della Lega di addivenire ad un accordo fra gli interessati. Sono stato ammalato 33 giorni e da quando sono convalescente a San Remo, sto affannosamente rompendomi la testa per trovare una formula d'accordo. La soluzione non è facile anche per ragioni d'ordine interno. I romeni non comprenderebbero che si dessero dei milioni agli ungheresi, i quali non hanno ancora versato un soldo di riparazioni. Nè posso proporre agli ungheresi di pagare i loro optanti col denaro delle riparazioni, perchè potrebbe apparire uno scherzo di cattivo gusto. Debbo anche evitare che una concessione fatta agli ungheresi, sia invocata da moltissimi altri stranieri di tutti i paesi, ai quali furono espropriate le terre. Comunque, trattandosi ormai di una questione che pesa sui rapporti fra Romania e Ungheria, farò tutto il possibile, per arrivare a una definitiva soluzione. Io so che voi, come Alleati dell'Ungheria, vi interessate a tale questione e anche per questo sono ansioso di arrivare all'accordo. Qui a Roma ho interpellato Villegas sulla questione e mi riprometto di consultare Scialoja.

ITALIA

TITULEscu -Anche i motivi sentimentali hanno il loro peso nella vita dei popoli, ma non bastano a determinare la loro politica. Occorre basarsi sugli interessi economici, politici, culturali. Per quanto riguarda la economia ho dichiarato e ripeto che -determinata la nuova tariffa doganale -la prima negoziazione per un trattato di commercio avrà luogo coll'Italia. La Romania con l'accordo firmato colla Banca Commerciale, ha aperto la strada a una penetrazione bancaria italiana. Vi sono anche possibilità per lo sfruttamento delle zone petrolifere. E' poi necessario che gli studenti romeni, si volgano all'Italia e non soltanto a Parigi. La necessità di una politica di ferma amicizia coll'Italia, fu proclamata da Vintila [sic] Bratianu, due giorni prima di morire, quando nella imminenza del mio viaggio in Italia, mi consegnò il seguente messaggio (2) da leggere a V. E. Nel messaggio, scritto parte in francese e parte in italiano,

V. -Bratianu, si duole che Sonnino non volesse trattare per una entrata simultanea dell'Italia e della Romania, nella guerra mondiale; riconosce il previo d.iritto dell'Italia per quanto concerne l'Albania; è pieno di punte contro la Serbia; afferma che i romeni non si batteranno mai contro gli italiani. La mia visita a Roma è destinata a risollevare molti entusiasmi in tutta la Romania, dove gli italiani, sino nei più remoti villaggi, sono conosciuti e apprezzati.

MussoLINI -Vi ringrazio per la chiara ed esauriente esposizione. Sarò altrettanto chiaro e aperto. La situazione è interessante in tutta l'Europa danubiana e si può dire che il 1928 sarà, forse, decisivo. La situazione è dominata dai rapporti Roma-Belgrado. La storia di questi rapporti è nota. Giunto al potere, io dichiarai nel mio primo discorso alla Camera che una volta firmati, i trattati vanno osservati. Così applicai nei termini prescritti il Trattato di Rapallo. E poichè con uno Stato confinante non ci possono essere relazioni di indifferenza, ma relazioni di amicizia o di ostilità, scelsi la via dell'amicizia, perchè anche l'Italia vuole la pace e ha bisogno della pace. Si venne così al trattato di amicizia del gennaio 1924. Sulla via della pacifica collaborazione, l'Italia fece un altro passo, colle convenzioni di Nettuno. Ma Belgrado non si mosse. A un certo momento constatai: a) che il trattato di amicizia del '24 era rimasto lettera morta, inquantochè l'amicizia non si era radicata fra i popoli; b) che la Jugoslavia aveva finanziato e armato Ahmed Zogu, colla speranza di convertire l'Albania in un feudo serbo, magari prendendosi anche Scutari; c) che la unanimità della opinione pubblica S. H. S. era contraria alle convenzioni di Nettuno; d) che tuttavia l'amicizia anche soltanto formale coll'Italia, aveva permesso alla Jugoslavia di fare una politica di baldanzosa pressione nei Balcani, colla formula: i Balcani ai popoli balcanici, cioè ai serbi, i quali sono ancora quelli del... (l) di Salonicco. Fatte queste constatazioni, la politica italiana mutò direzione. Quando Ahmed Zogu si convinse che l'Italia non aveva mire che attentassero alla integrità e alla indipendenza dell'Albania, mi fu facile condurlo sul terreno delle intese formali. Ecco il primo Trattato di Tirana. Poichè -fedele alla mia formula che è poi quella di Socrate (il massimo del bene agli amici, il massimo del male ai nemici) io ho dato prove continue, tangibili, serie, disinteressate della mia amicizia all'Albania, e poichè -viceversa -la Jugoslavia ha continuato ad insidiare il regime di Zogu, dal primo trattato si è venuti al secondo: cioè al Trattato di alleanza difensiva, stipulato in perfetta parità di condizioni fra l'Italia e l'Albania, della durata di venti anni. Con questo Trattato, l'Italia è diventata una nazione anche balcanica.

TrTULEscu -Noi, in Romania, ne siamo lietissimi.

MussoLINI -Di ciò bisogna tener conto: cioè che l'Italia è in Albania e vi resta, senza beninteso, attentare anche nella forma più indiretta alla indipendenza politica dell'Albania. L'interesse dell'Italia è in tale materia, fondamentale. Noi non possiamo permettere e non permetteremo mai, che qualcuno ci faccia prigionieri nell'Adriatico, occupando la riva opposta del Canale di Otranto. Si tratta della vitale sicurezza dell'Italia. Ora dal giorno del trattato di Tirana, la Jugoslavia ha del piombo nell'ala. E' necessario che i serbi turbolenti e megalomani siano ridotti alle loro esatte proporzioni.

TrTULEscu -C'è un proverbio romeno che dice: come non c'è un cavallo verde, così non c'è un serbo saggio.

MussoLrNr -Questo è il momento in cui il centro politico di gravità dei Balcani, può spostarsi da Belgrado a Bucarest. La Jugoslavia si trova di fronte a una grave crisi interna e una grave crisi estera. La crisi interna è denunciata dai disordini di Macedonia e dalle rinnovate manifestazioni separatistiche dei partiti di Croazia e dalla instabilità dei Ministeri; la crisi estera dalla mancata definizione dei rapporti coll'Italia. E' vero che è stato firmato un protocollo che proroga a sei mesi la scadenza della denuncia del Trattato, ma questa non è che una parentesi. Se allo scadere dei sei mesi il trattato sarà denunciato, ed è possibile, tutta la politica dei Balcani ne risentirà un contraccolpo. Poichè trovo urgente di ridurre i serbi alle loro proporzioni, approvo le vostre iniziative concernenti i rapporti colla Bulgaria e colla Grecia. Ma è necessario risolvere anche la questione degli optanti ungheresi. Io sono officiato di pregarvi di sollecitare una definizione della vertenza. Mi dicono che dovete incontrarvi con un esperto magiaro, tale Hagry. Affrettate l'incontro. L'accordo coi Magiari, permetterà all'Italia di agire in veste di moderatrice a Budapest. Voi intendete che l'alleanza italiana coll'Ungheria è da mettersi in relazione colla nuova situazione determinatasi in seguito al cambiamento dei rapporti italo

S.H.S. TrTULESCU -Ho già fissato per il 14 febbraio un incontro col Signor Hagry

e farò tutto il possibile per superare ogni difficoltà.

MussoLINI -Ne prendo atto con piacere.

TITULESCU -Posso domandarvi quali sono i vostri rapporti colla Francia?

MussoLINI -Discreti. La possibilità di un accordo esiste purchè non vi siano interferenze di ideologie di politica interna.

TrTULEscu -È tempo che i francesi si convincano che l'Italia è diventata

una Grande Potenza e che non si può contestare la preminenza dei suoi inte

ressi nel bacino danubiano e nei Balcani.

Questo è il nocciolo della conversazione durata due ore. Da notare: un senso di noia e sfiducia nei confronti di Benès; una discreta stima di Marinkowich; un senso di calda amicizia personale per Mikalakopoulos; una definizione di Briand • uomo dall'ottimismo molle • ; un'apologia di Chamberlain, che ha creato Locarno, anche per la grande amicizia che ha per Briand; un accenno al prezzo del trattato franco-jugoslavo cioè il pagamento in oro dei debiti prebellici, il che avrà conseguenze poco piacevoli per la Romania stessa; un accenno all'andata di Corradini a Bukarest e al fascino di Roma e infine una dichiarazione di • profondo rispetto • per il generale Averescu.

P. S. -Malgrado la sua faccia spiccatamente mongola, il T.[itulescu] finisce per essere simpatico anche dal punto di vista personale. Ciò si deve alla sua intelligenza superiore e al suo eloquio, così brillante, da rasentare l'artificio del rètore che ricerca gli effetti. Abbondante, se non prolisso, T.[itulescu] dà la impres:;,ione di promettere molto e di mantenere meno. La sua latinità è di marca completamente parigina. È un latino di Parigi. Come molti uomini politici di carriera, il • carattere » non dev'essere la sua qualità fondamentale.

(l) Cfr. serie VII, II, n. 373.

(l) -Sui beni bulgari in Dobrugia. (2) -Cfr. n. 6:1.

(l) Il testo ha una lacuna.

47

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON IL CAPO DELLA SEZIONE ACCORDI COMMERCIALI DEL MINISTERO DEGLI ESTERI AUSTRIACO, SCHOLLER

Roma, 25 gennaio 1928, [ore 19].

E' venuto per portarmi i saluti di monsignor Seipel e per ringraziarmi dell'appoggio dato dall'Italia nelle due questioni del prestito a Londra e della cessazione del controllo militare. Ha quindi accennato alle voci di un trasloco della sede della Società delle Nazioni a Vienna. Ciò -egli ha detto -sarebbe interpretato come la tomba dell'Anschluss per il quale sono favorevoli almeno tre quarti degli austriaci. L'ho interrotto per dirgli: a) che hanno torto di sperare nell'Anschluss; b) e torto ancora di credere che per il fatto solo della sede del Volkerbund a Vienna, sia irrevocabilmente compromesso l'Anschluss. Mi ha domandato quale atteggiamento assumerebbe l'Italia, davanti a tale prospettata eventualità. Gli ho detto che l'Italia non assume iniziative di traslochi societari, che se domani ci fosse un accordo internazionale per siffatto trasloco, l'Italia non si opporrebbe e che infine se tale eventualità si verificasse monsignor Seipel non dovrebbe respingerla, ma considerarla -fra l'altro come un segno dei voleri della divina provvidenza. Gli ho domandato notizie dei fumosi progetti interdanubiani di Benès e mi ha risposto che non si è

avanzato di un passo anche per via della similarità della costituzione indu

striale dei due paesi.

Gli ho domandato com'erano i rapporti coll'Ungheria e mi ha detto che

erano ottimi, per quanto i magiari non corrispondano all'amore dei viennesi.

Ha aggiunto che tutti gli austriaci hanno un debole antico per l'Italia.

E nell'accomiatarsi mi ha ricordato le vecchie iniziative itala-austriache di

intesa industriale, che adesso potrebbero svolgersi con maggiore sicurezza, data

la stabiliz[zazione] della lira.

L'Austria ha sempre 250 mila disoccupati.

48

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AI MINISTRI A VIENNA, AURITI, E A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. 439. Roma, 25 gennaio 1928, ore 24.

Mi interessa molto di conoscere stato dei rapporti austro-ungarici. Mi informano che tendono a diventare intimi.

49

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

[Roma], 25 gennaio 1928.

Al Grand Hotel, dopo il pranzo, T.[itulescu] mi ha riferito di aver parlato con Radeff bulgaro, al quale ha comunicato la notizia della imminente firma di un accordo, sui beni bulgari di Dobrugia e con Rakich, al quale avrebbe fatto esortazioni di saggezza nei confronti dell'Italia. Il T.[itulescu] ha detto che parlerà anche con Re Alessandro. Quanto alle mitragliatrici T.[itulescu] mi ha detto che non intende uscire dalla procedura della semplice • segnalazione » senza reclamare inchieste formali. Scarsa stima di Buroff, uomo « che si pittura le unghie • e moltissima stima di Kalfoff.

50

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE FINANZE, VOLPI, E AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, E A WASHINGTON, DE MARTINO

T. PER CORRIERE 434. Roma, 25 gennaio 1928, o1·e 24.

R. ministro a Belgrado telegrafa in data 21 corrente (2) che giornali di quella capitale annunciano partenza per Londra del ministro delle finanze

S. H. S. signor Markovich per trattare questione progettato prestito alla Jugoslavia. Notizia è stata confermata a Bodrero da quel suo collega inglese il quale peraltro si è mostrato assai scettico sopra esito viaggio Markovich. Risulterebbe ad ogni modo che Governo jugoslavo fa grande assegnamento, nell'attuale momento in cui i mercati di New York e di Parigi sono per varie ragioni difficilmente abbordabili da parte sua, sulla finanza inglese e che una realizzazione del prestito sarebbe considerata un grande successo non soltanto finanziario.

V. E. è stata posta di volta in volta al corrente delle notizie che sono giunte a questo ministero sopra le gravi difficoltà della situazione finanziaria della Jugoslavia. V. E. è d'altra parte a conoscenza della limitata portata delle conversazioni in corso a Belgrado che non possono essere considerate, come forse si cercherà di far credere dai negoziatori jugoslavi del prestito, sufficienti a dare un nuovo assetto, almeno allo stato attuale delle cose, alle relazioni italo-jugoslave.

Occorrerà quindi che l'E. V. si valga di tali elementi per esercitare una azione prudente ma efficace presso codesti ambienti finanziari in senso con

forme ai nostri interessi. È evidente che un successo politico e finanziario della Jugoslavia a Londra varrebbe indubbiamente ad accrescerne la resistenza nei nostri riguardi e quindi avrebbe effetto contrario alle aspettative di quegli stessi che auspicano anche nell'interesse di una pacificazione balcanica un miglioramento delle relazioni fra Italia e Jugoslavia.

(l) -L'appunto ha come titolo: • Postille al colloquio con Titulescu •. (2) -Cfr. n. 40.
51

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI

T. 440/30. Roma, 26 gennaio 1928, ore 2.

Domando se le risulta che associazione industriali tedeschi avrebbe dira

mato suoi membri una circolare colla quale si domanda • se di fronte alle con

tinue offese dei sentimenti della nazione tedesca per opera del regime fascista

non sia opportuno organizzare un'azione di boicottaggio contro le industrie e

commerci italiani •.

Se tale circolare esiste provi a sentire cose ne pensano gli ambienti responsabili della politica estera tedesca. Accenni di questo boicottaggio sarebbero contenuti in un recente numero della Deutsche Zeitung (1).

52

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. 448/13. Roma, 26 gennaio 1928, oTe 22.

Ho avuto una conversazione di due ore con Titulescu. Le cose che riguardano Ungheria e che V. S. porterà ad immediata conoscenza del conte Bethlen sono le seguenti:

l) Titulescu ha gettato da San Remo dei secchi d'acqua -testuale sulle bellicosità di Benès che voleva montare una grossa macchina societaria a proposito delle mitragliatrici di San Gottardo. Il tutto si ridurrà ad una semplice segnalazione al segretariato della lega. Non sarà domandata una inchiesta perchè il consiglio non l'avrebbe approvata. È chiaro che -aggiungo io -l'Italia avrebbe votato contro. Mi sembra quindi venuto il momento per consigliare al Governo ungherese di non più preoccuparsi della sorte dei cinque vagoni. Indagini non ce ne saranno perchè l'Italia vi si opporrà e Titulescu ha avuto il buon senso di comprenderlo. Quanto agli optanti il Titulescu mi ha reiterato che egli ha tutte le buone intenzioni per realizzare un accordo.

Che a San Remo sta rompendosi la testa -testuale! -per trovare una formula che accontenti gli optanti romeni e non lo impegni verso terzi. Che ha fissato un incontro per il 14 febbraio al signor Hagry per escogitare la suddetta formula. Che ha interpellato qui in Roma a tale scopo il Villegas e Scialoja. È inutile aggiungere che io ho energicamente insistito perchè questi ottimi propositi si realizzino sollecitamente. Insista presso codesti circoli perchè non siano portati ad esagerare importanza visita Titulescu a Roma (1).

(l) La minuta è di pugno di Mussolini.

53

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. 449/28. Roma, 26 gennaio 1928, ore 22.

Decifri da sè.

Titulescu mi ha comunicato che sarebbe imminente firma di un accordo romeno-bulgaro sulla questione dei beni bulgari in Dobrugia. Titulescu ha aggiunto che questo era primo passo verso una intesa più ampia di natura politica che dovrebbe permettere ai romeni di avere uno sbocco nell'Egeo onde evitare in caso di guerra la prigionia del mar Nero. Ho detto che io approvavo tale politica e quindi V. S. ne tenga conto. Attendo informazioni (1).

54

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 580/60. Berlino, 26 gennaio 1928, ore 21,30 (per. ore 23,30).

Telegramma di V. E. n. 440/30 (2).

Circolare accennata da V. E. è stata recentemente ricordata da un depu

tato a Monaco di Baviera come risulta da notiziario di quell'ufficio stampa in

data 25 corrente. Essa non è ancora nota a questo consigliere commerciale.

Invio per corriere un rapporto di quest'ultimo in data oggi che illustra cre

scente movimento antitaliano negli ambienti commerciali tedeschi, motivato

da risentimento industriali per diminuzione loro vendite in Italia attribuita

pressione esercitata su compratori italiani da organi semi-governativi. A tale

risentimento si è venuto ad aggiungere quello per gli ultimi incidenti Milano

Colonia. Dottor Willeke parlò esplicitamente durante ultime trattative itala

tedesche, e direttore ministeriale Ritter ha avvertito 19 corrente Ricciardi che

Governo tedesco stenta impedire apertamente dichiarazione boicottaggio contro

prodotti italiani. In una riunione congresso internazionale orto-frutticolo di Elberfeld del ... (l) segretario generale associazione grossisti ha dichiarato che movimento boicottaggio dei prodotti italiani va sempre più allargandosi, e vi è tema che essi possano essere espulsi da un momento all'altro con grave danno nostro commercio.

Non mi risulta che Deutsche Allgemeine Zeitung abbia fatto sino ad ora accenni boicottaggio contro Italia. Ne fece cenno Deutsche Tageszeitung come riferii con telegramma n. 32 del 18 corrente (2). Circa atteggiamento di questo Governo mi riservo telegrafare domani dopo averne parlato con Schubert.

(l) -La minuta è di pugno di Mussolini. (2) -Cfr. n. 51.
55

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 447/21. Roma, 26 gennaio 1928, ore 24.

Titulescu mi ha detto che è quasi certa se anche non imminente la firma di un patto di non aggressione e di arbitrato fra Grecia e Romania. Ho approvato tali direttive e V. S. se interessata è quindi autorizzata a dichiarare che Italia vede con simpatia tale riavvicinamento fra greci e romeni.

Mi informi (3).

56

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 578/43. Vienna, 26 gennaio 1928, ore 22 (per. ore 5,50 del 27).

Telegramma di V. E. n. 26 (4).

Non ho notato nulla, dopo quanto ho riferito con mio telegramma per corriere n. 4 in data 5 gennaio (5), che mi faccia considerare rapporti austroungheresi diventati intimi. Invece direi che essi, senza essere mai stati caldi,

si sono in quest'ultimo periodo alquanto raffreddati. Vi hanno contribuito dichiarazioni circa Burgenland, fatte camera dei deputati austriaca da Seipel e nella camera ungherese da Walko (mio telegramma per corriere n. 3 del 5 gennaio) (1). Vi ha altresì contribuito recente incidente S. Gottardo e specialmente rifiuto austriaco riprendere vagoni che sembra abbia parecchio scontentato Budapest. Tutto ciò, lasciando da parte continui discorsi questi deputati socialisti e articoli loro giornali contro Ungheria, illustra rapporti fra i due paesi rimangono corretti ma piuttosto freddi. Questo non toglie che segretario generale Peter sia in amichevoli relazioni personali con ministro d'Ungheria Ambrozy, già suo collega nel ministero degli affari esteri al tempo dell'impero. Giacchè questione rapporti fra i due paesi interessa molto V. E. la seguirò con particolare attenzione e riferirò nuovamente tosto che mi appaia qualche indizio mutamento presente situazione.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Non rinvenuto. (3) -La minuta è di pugno di Mussolini. (4) -Si riferisce evidentemente al n. 48. Anche Durini di Monza, con t. 22, Budapest l febbraio, riferiva nello stesso senso di Auriti: • Questo Governo ha naturalmente interesse, come riferii a suo tempo, a che relazioni con Austria siano buone e non solo per ragionicommerciali ma perchè quel paese è unica porta aperta dell'Ungheria verso l'Euro.pa, come Governo di Vienna, se abbisogna aiuto ungherese, vede pure nell'Ungheria uno stato ordinato e relativamente forte che può imporre rispetto e tema di intervento ai partiti estremi austriaci in caso di sommossa; ed infatti Bethlen mi disse se disordini di Vienna nella scorsa estate si fossero prolungati, non sarebbe stato da escludere la presa in esame di un intervento ungherese di 10 mila uomini, ma Bethlen, pur stimando Seipel, ha poca fiducia nel suo debole Governo che vede asservito ai socialisti ed anche a Benes ». (5) -Cfr. n. 5.
57

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 607/17. Budapest, 27 gennaio 1928, ore 20,30 (per. ore 24).

Ho avuto occasione incontrarmi oggi col governatore. Ne approfittai per intrattenerlo su disposizioni date da V. E. (2). Se ne mostrò tanto entusiasta che mi dichiarò con enfasi che « è un gran peccato che V. E. non possa governare l'Europa intera •.

Bethlen ha dovuto assentarsi da Budapest. Già ottenni però appuntamento per lunedì mattina.

58

APPUNTO DEL CAPO DELL'UFFICIO III EUROP A E LEVANTE, DE MARSANICH, PER IL CAPO DELL'UFFICIO II EUROPA E LEVANTE, DIANA

RISERVATISSIMO. Roma, 27 gennaio 1928.

Il problema della Russia Subcarpatica, alla quale i trattati garentirebbero una certa autonomia sinora in realtà non accordata, interessa naturalmente in primo luogo la compagine statale della Cecoslovacchia; e può essere bensì agi

tato a favore dell'Ungheria, in quanto il disgregamento eventuale della Ceco

slovacchia potrebbe agevolare le aspirazioni magiare nella Slovacchia (Russia subcarpatica ivi compresa) ma anche a favore della Romania della Polonia o della Russia (in relazione altresì alla cosiddetta azione ukraina).

L'azione del Gerowsky, ove si limitasse alla semplice attuazione dei trattati, potrebbe per ora considerarsi con un certo interesse, attesochè un migliore equilibrio tra le varie razze in Cecoslovacchia frenerebbe forse talune tendenze a noi poco favorevoli della razza ora al potere. Forse, perchè è difficile valutare sin d'ora quale potrebbe risultare il vero orientamento dei russi subcarpatici, una volta ammessi a partecipare con efficacia alle direttive generali dello Stato. Comunque, la cosa meriterebbe di essere considerata dall'alto, nel quadro della nostra politica di grande Potenza e del nostro interesse o meno a farci paladini della osservanza rigorosa di tali trattati.

Se poi il Gerowsky, come è lecito supporre, si proponesse invece procedere per il disgregamento della Cecoslovacchia, bisognerebbe accertare bene anzitutto per conto di chi agisca. Tale disgregamento, quali che siano taluni orientamenti della Cecoslovacchia nei nostri riguardi, solleverebbe gravi problemi che converrebbe esaminare con ogni matura ponderazione prima di pronunciarsi. Esso potrebbe essere incoraggiato non già soltanto per scompaginare la Piccola Intesa, bensì come mezzo di diretta ostilità contro la Cecoslovacchia e nella previsione immediata di un conflitto cui quello Stato, in funzione di

• Piccola Intesa •, partecipasse a sua volta ostilmente nei nostri riguardi. Solo in questa ipotesi potrebbe infatti esaminarsi la questione di una spartizione eventuale della Cecoslovacchia e della relativa successione, per la quale saremmo apparentemente interessati a favorire l'Ungheria. Ma su tale terreno di una estrema delicatezza, l'Ufficio scrivente non ha davvero elementi per potersi inoltrare con sicurezza.

Resta da considerarsi l'opportunità di creare semplici imbarazzi interni alla Cecoslovacchia, per indebolirne l'efficienza in seno alla Piccola Intesa. Il giuoco però sembra pericoloso, mentre neppure si posseggono dati sicuri per apprezzare quanto il Gerowsky meriti fiducia e quale effettiva influenza egli goda.

Se il Gerowsky come non è improbabile, mirasse a compromettere il R. Governo funzionando da agente provocatore, unico risultato sarebbe quello di attirarci diffidenze nell'ambiente internazionale e di rafforzare sia i vincoli della Cecoslovacchia con la Piccola Intesa, sia talune tendenze antitaliane della sua politica. È intanto singolare il fatto che detto Signore, pure agitandosi per una propaganda non solo contraria alla migliore alleata della Jugoslavia ma intesa a scopi che non sembrano coincidere con i diretti interessi di questo ultimo Stato, mantenga invece cordiali rapporti con le sfere dirigenti Jugoslave.

In conclusione, l'Ufficio III ritiene che giovi trattenere il Gerowsky con parole vaghe, per ogni possibile eventualità, ma senza incoraggiarlo per ora direttamente e tanto meno poi sussidiario nella sua propaganda contro la Cecoslovacchia e pro Russia Subcarpatica (1).

Circa la convenienza o meno di sussidiario, invece, solo per la sua possibile utilità ai fini della nostra politica in Jugoslavia, potrà meglio pronunciarsi il competente Ufficio IV E. L.

(l) -T. 198/3. che non si pubblica. (2) -Si riferisce con ogni probabilità ai nn. 6, 52.

(l) Forse in realtà è in definitiva • pro Russia • semplicemente. [Nota del documento].

59

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI

TELESPR. 204565/63. Roma, 27 gennaio 1928.

Telegramma-posta di V. E. n. 6671 del 16 dicembre u.s.

Nel ringraziare l'E. V. delle comunicazioni fatte con il telegramma-posta suindicato, relativo alla missione a Sanaa di due ingegneri americani, questo Ministero si dichiara perfettamente d'accordo con quanto V. E. ha fatto presente, che cioè sia necessario difendere le nostre posizioni privilegiate che con tanto sforzo si sono raggiunte nello Yemen, con una azione economica positiva, e non cercando di premere ed influire sull'Imam perchè impedisca ad altri ciò che non siamo in grado di fare.

Una tale politica negativa non può evidentemente avere risultato alcuno, anzi, alla fine, non potrebbe che riuscire dannosa nel campo politico.

Perfettamente conscio di ciò, questo ministero sempre ha improntata in tal senso la sua azione. E nonostante le difficoltà sempre opposte alle richieste di fondi, per un allargamento della nostra penetrazione economica in Mar Rosso ed in Africa, da parte del Ministero delle Finanze, giustamente preoccupato di non gravare il Bilancio dello Stato durante l'assestamento economico del Paese, questo Ministero, dopo perseveranti sforzi, è riuscito ad ottenere che sia stanziata una somma di l milione annuo a disposizione del Governatore dell'Eritrea per le spese di questa azione. Tale somma non è certo adeguata ai bisogni, ma rappresenta almeno qualche cosa di iniziale che è da augurarsi possa essere in seguito aumentata.

Circa l'uso migliore di tali fondi per la nostra penetrazione economica nello

Yemen, questo Ministero graàirà pertanto ricevere al più presto concrete pro

poste dal Governo dell'Eritrea, tanto più che proprio ora ha appreso con rin

crescimento che alla Società Italo-Araba, sia pure per inconvenienti a cui

questa avrebbe dato luogo, non è stato rinnovato il monopolio per l'impor

tazione del petrolio nello Yemen.

È stato sempre avviso di questo Ministero che la nostra azione economica

nel Mar Rosso dovrebbe essere assunta da una Società privata, ove Io Stato

fosse in parte interessato, ed alla quale dovrebbero anche far capo tutte le

richieste di materiale bellico che l'Imam ora rivolge direttamente al Governa

tore dell'Eritrea. Anzi tali forniture di armi dovrebbero appunto costituire

per la Società la ragione per domandare agevolazioni e concessioni nel campo economico. Resta a vedere se la Società Italo-Araba, sia pure rinforzata economicamente e modificata nella costituzione, possa vantaggiosamente rispondere a tale scopo, ovvero sia necessario dare vita a nuovo Ente.

Questo Ministero resta in attesa di cortesi urgenti comunicazioni in proposito.

60

L'INCARICATO DEGLI AFFARI D'ALBANIA, LOJACONO, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

TELESPR. 204695/63. Roma, 27 gennaio 1928.

Suo telegramma n. 17 del 17 corrente (1).

Prego comunicare a Mazzotti quanto segue:

• Ho ripreso in complessiva considerazione le diverse proposte e le notizie che la S. V. mi ha trasmesso (2), dopo il mio telegramma 123/5 (3), col quale si stabilivano i criteri definitivi per la corresponsione dei sussidi ai profughi albanesi e mi sembra opportuno riassumere le direttive a cui Ella deve attenersi, e stabilire definitivamente le pratiche di cui Ella deve personalmente occuparsi, e quelle invece di cui, per maggior rapidità d'azione, si occuperà l'Ufficio scrivente a mezzo delle R. Rappresentanze.

l) È inderogabilmente stabilito che le sovvenzioni mensili che corrispon

diamo o corrisponderemo non devono uscire dai limiti tracciati al telegramma

123/5. Abbiamo diviso i profughi in 5 gruppi (Vienna, Belgrado, Atene, Zara,

Hassan bey Prishtina): le erogazioni ai singoli profughi debbono essere cari

cate su uno dei cinque gruppi predetti. Ella ha creduto di sussidiare Gevard

Koscia a Graz valendosi della differenza fra la somma accreditata in ottobre

e quella effettivamente riscossa in novembre da Prishtina; sta bene, ma s'in

tende che si tratta di un caso speciale, dovuto ad una casuale eccedenza di

fondi già stanziati.

2) La S. V. deve in linea di massima occuparsi personalmente -o serven

dosi dei mezzi e delle persone che più crede confacenti -dell'assegnazione

dei sussidi e della loro erogazione. Perciò l'autorizzai a recarsi a Belgrado,

e l'autorizzo ad altri movimenti che riterrà necessari.

3) Lo scrivente Ufficio crede utile quindi di occuparsi soltanto dei seguenti

individui o gruppi per ragione della loro eccentricità:

a) Zoi Hoxa, a Bucarest, a mezzo di quella R. Legazione. Appena sarà pervenuta la risposta della S. V. al telegramma che in proposito le dirigo in data ... (4) Gennaio, darò alla detta Legazione le istruzioni in proposito. Salvo

avviso contrario, le somme corrisposte a Zoi Hoxa saranno addebitate al conto del gruppo Kruia (Zara). b) Koço Tasin in Atene. Farò comunicare a questo che scriva ai suoi amici di Giacova persuadendoli a rientrare in Albania.

4) Desidero che la S. V. provveda a tutti gli altri (Austria e Jugoslavia). Nulla vieta ch'Ella si valga dell'opera di Sceldia a Belgrado o del R. Consolato di Scutari per coloro che si trovano nel Montenegro. Ma è indispensabile che ciò avvenga per accordi diretti fra Lei, Sceldia ed il cav. Faralli; in caso diverso difficilmente si potrà mantenere unità d'indirizzo in materia così sfuggevole. Sceldia, poi, non travasi ora Belgrado, ma a Durazzo, trattenutovi da quel R. Ministro: tanto più è desiderabile che la S. V. possa recarsi a Belgrado, dove, anche in assenza di Sceldia, potrebbe combinare di massima l'elargizione dei sussidii con quella Legazione. Credo del resto che a giorni Sceldia rientrerà in sede.

5) I pagamenti a Vienna saranno effettuati dalla R. Legazione a mezzo tratta su questo ministero. Pregola riscontrare.

(l) -Numero e data errati. Si tratta probabilmente del t. per corriere 205/7 del 5 gennaioche non si pubblica. ' (2) -Con t. 255/20, del 9 gennaio, che non si pubblica. (3) -È la ritrasmissione del t. 86 inviato il 6 gennaio a Mazzotti a Zara, che non si pubblica. (4) -Manca.
61

MESSAGGIO DI I. BRATIANU (l)

Roma, 27 gennaio 1928.

l) Ho fermo desiderio di risolvere tutte le pratiche pendenti coll'Italia. Bisogna risolverle. Del resto l'esistenza di tali pendenze significa come stretti sono i rapporti e importanti gli interessi fra i nostri due Paesi (! ?).

2) Bisogna che fra Italia e Romania si crei uno stato d'animo di maggiore reciproca confidenza e fiducia. L'Italia è necessaria alla Rumenia. La Rumenia è utile all'Italia.

3) La nostra politica d'amicizia deve basarsi sulla fedeltà ai trattati. Anche la Rumenia è scontenta (? !) dei Trattati. La questione del Banato è viva nel nostro cuore, e non intendiamo darla vinta perennemente ai serbi. Ma la fedeltà ai trattati è una garanzia di pace generale per tutti.

4) Non esiste per l'Italia un problema slavo. La Serbia non rappresenta un problema per l'Italia. Mentre la Rumenia è circondata quasi dappertutto da slavi. Io (Bratianu) intendo fare coi serbi la stessa politica che Bismark fece colla Danimarca. E' la politica d'aujourd'hui. Mentre coll'Italia la mia politica è aujourd'hui et toujours. Il panslavismo non è un problema dell'oggi, ma lo sarà di domani. L'avvenire ci legherà ancora maggiormente all'Italia, la quale sta diventando giorno per giorno più forte.

5) La Rumenia vuole un'Albania indipendente. E nel suo interesse. Sarò grato a Mus9olini se farà leva anche sugli stessi elementi rumeni sparsi fra le popolazioni serbe.

6) Non sono italofobo. Mio padre, Bratianu ecc. ecc. (precedenti storici relativi alleanza cogli Imperi Centrali -trattative entrata in guerra -ecc. ecc. -letteratura di cornice, ecc. ecc.).

(l) Annotazione marginale: • Letto dal Signor Titulesco e S. E. il Capo del Governo. È il messaggio che Bratiano prima di morire voleva che Titulesco portasse a Roma. 28-I-28 Guariglia». Si tratta evidentemente di un riassunto del messaggio, fatto dagli uffici del ministero.

62

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 600/65. Berlino, 28 gennaio 1928, ore 0,10 (per. ore 2,40).

Mio telegramma n. 55 (1). Ho parlato con Schubert in conformità istruzioni di V. E. telegramma

n. 28 (2) e cioè che Stresemann avrebbe fatto sapere alla Francia di avere ricevuto recentemente un'offerta dal Governo italiano per una intesa italo-tedesca.

Ho soggiunto che Governo germanico doveva ben sapere da Neurath, e che io potevo dire, che ciò non sussisteva menomamente. Schubert mi ha detto che effettivamente per quanto egli ne sapeva si trattava puramente e semplicemente di una sciocca bétise. Ho soggiunto ironicamente che chi divulgava consimili panzane doveva al più desumerle dal recente romanzo del signor . . . (3):

Il trattato segreto rubato.

63

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 625/70. Berlino, 28 gennaio 1928, ore 15,10 (per ore 18).

Mio telegramma n. 65 (4).

Schubert mi ha detto avere informato Stresemann delle comunicazioni di

ieri circa voci provenienti da Parigi che questo ministero degli affari esteri

fatto sapere alla Francia aver ricevuto recentemente una proposta dal Governo

italiano per un'intesa italo-tedesca. Stresemann ha ringraziato per tale comu

nicazione; ha dichiarato che non vi è nulla di vero in quanto gli si attribuisce;

ha fatto sua definizione bétise pronunziata a proposito da Schubert. Vedrà V. E.

se sia il caso appurare con più precisione il colloquio Caillaux-Pomé. Io ritengo

sempre più probabile che Caillaux abbia parlato solo in base al noto articolo

di Breitscheidt pubblicato Vorwaerts e riprodotto giornali francesi.

5 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

(l) -Non rinvenuto. (2) -Cfr. n. 43. (3) -Gruppo indecifrato. (4) -Cfr. n. 62.
64

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GABRIELE CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. (P. R.) 5. Roma, 28 gennaio 1928, ore 21.

Decifri da sè.

Da fonte attendibile mi informano che conte Sforza ex ambasciatore farebbe

opera di anti-fascismo presso la famiglia reale belga della quale sarebbe di

frequente ospite. Indaghi con tutta la discrezione possibile e riferisca (1).

65

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. 480/31. Roma, 29 gennaio 1928, ore 24.

Bisogna sfruttare intelligentemente in tutti gli ambienti le rivelazioni sul manuale di guerra dell'esercito serbo (2).

66

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. PER CORRIERE 470/24. Roma, 29 gennaio 1928.

Mi riferisco all'ultima parte suo telegramma per corriere n. 354/22 (3)

Ho messo V. S. al corrente della limitatissima portata delle conversazioni in corso con Belgrado in occasione della proroga a sei mesi della decisione circa futura sorte del nostro patto di amicizia colla Jugoslavia. Ella è perciò in grado di rassicurare il signor Michalacopoulos a proposito delle apprensioni che egli le ha manifestato. La posizione assunta dall'Italia nei riguardi dell'Albania è fondamentale per la politica italiana nè potrebbe essere in alcun modo oggetto dei patteggiamenti dai quali il signor Michalacopoulos temerebbe di poter essere escluso. Tale posizione contribuisce a dare a codesto ministro degli esteri quella completa tranquillità di spirito che gli occorre allo scopo

di tutelare l'indipendenza e l'efficienza della sua politica verso Belgrado. Finchè egli continuerà lealmente in una direttiva di stretto contatto e di leale amicizia verso di noi, non potrà avere ragioni di preoccupazioni e di timori.

(l) -Non si è rinvenuta la risposta. (2) -La minuta è di pugno di Mussolini. Per quanto riguarda le • rivelazioni •• cfr. lL Giornale d'Italia del 28 gennaio. (3) -Cfr. n. 30.
67

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI ROMENO, TITULESCU

Roma, 30 gennaio 1928, [ore 16,30].

Titulescu dopo essersi seduto mi dice che sarà breve. Estrae dalla tasca una voluminosa busta di ritagli di giornali francesi che lo attaccano e lo accusano di aver agevolato la montatura delle mitragliatrici (inesistenti, interrompo io) sotto la pressione del governo italiano. Titulescu mi sembra indignato e attribuisce questa montatura al Benès, che gli inglesi chiamano the Zittle man. Sull'affare delle mitragliatrici il Benès voleva in un primo tempo domandare un intervento formale della S. d. N. in base all'articolo 11 del Covenant. Netto rifiuto di Titulescu. Allora il B[enès] ripiegò sulla semplice • segnalazione •. Il T[itulescu] pur prevedendo anche per questa subordinata uno scacco aveva aderito. Ora il B[enès] torna alla prima posizione e questo è inammissibile. Il T[itulescu] mi legge una dichiarazione che prima di pal'tire consegnerà alla Agenzia Stefani e dove c'è una stoccata per Benès. Mi dice che non sa se recarsi prima a Parigi o a Berlino. Io gli consiglio amichevolmente Parigi allo scopo di evitare ulteriori isterismi francesi che potrebbero far considerare il T[itulescu] una specie di traditore.

Il T[itulescu] passa quindi alla questione degli optanti. Mi dice che ha avuto un lungo colloquio di due ore e mezzo con Hory e altro colloquio con Scialoja. Avrà un appuntamento con Hiigry a Parigi.

La soluzione T[itulescu] per il problema degli optanti consisterebbe in questo: in una rinuncia a un'aliquota delle riparazioni ungheresi che il Governo ungherese potrebbe assegnare agli optanti. Le riparazioni ungheresi dovrebbero cominciare ad essere pagate con un primo versamento di lire 800.000 oro, nel 1930. Il T[itulescu] mi ripete che egli vuole assolutamente dare una soluzione a questo problema trasportandolo dal piano giuridico a quello politico. Mi è sembrato, però, che il T[itulescu] non sia molto convinto di riuscirvi.

Da ultimo il T[itulescu] mi ha riferito di un suo colloquio con Rakich. Il T[itulescu] avrebbe detto al R[akich] che è necessario per fare l'accordo coll'Italia ratificare le convenzioni di Nettuno e che non poteva esserci una questione albanese fra Belgrado e Roma, poiché l'Albania è una nazione indipendente. Il T[itulescu] ha detto che nel marzo si riprometteva di parlare direttamente con re Alessandro della questione.

Colla Bulgaria mi ha detto essere imminente la firma degli accordi.

Andandosene mi ha ringraziato delle accoglienze e mi ha manifestato la speranza di tornare presto e di frequente a Roma, come membro dell'Istituto Internazionale di Diritto Privato.

68

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON L'AMBASCIATORE FRANCESE A ROMA, BEAUMARCHAIS

Roma, 30 gennaio 1928, [ore 18].

De Beaumarchais -Dopo i convenevoli d'uso, si dice lieto di constatare nella stampa dei due paesi una détente psicologica. Ammette che in Italia non esiste la censura preventiva. Lo interrompo per dirgli che se io dovessi leggere

o far leggere preventivamente gli articoli dei giornali, sarei l'uomo più infelice del mondo e non resisterei alla noia. Gli spiego ancora una volta e non sarà l'ultima il meccanismo della nostra legge sulla stampa.

Il De Beaumarchais mi dice che l'impressione sollevata in taluni giornali

italiani dagli articoli albanesi del Signor Jacques Lion, pubblicati recente

mente sul Temps, è ingiustificata. Il Beaumarchais non sa chi sia questo signo

re. Ad ogni modo la fama di • ufficioso • che si attribuisce al Temps o che

il Temps attribuisce a se stesso è del tutto ·abusiva. Spesse volte il Temps ha

respinto delle suggestioni del Quai d'Orsay. Comunque è da augurarsi che

questa migliorata atmosfera psicologica continui, com'è nel desiderio del Go

verno e del popolo francese.

Dalla stampa il discorso scivola sulla recente riforma monetaria italiana.

Il De Beaumarchais mi dice di essere stato incaricato da Poincaré di seguire

attentamente le conseguenze di questa riforma. Qui incomincia una divaga

zione a base di prezzi, costi, salari, disoccupati, interessi dei risparmiatori,

quota di stabilizzazione etc.

Finita questa seconda divagazione, il De Beaumarchais resta lungamente silenzioso. Io, altrettanto. Questa pausa è imbarazzante. Finalmente il De Beaumarchais riattacca ricordando i precedenti di Romano Avezzana il quale aveva fatto sperare che l'Italia avrebbe preso l'iniziativa delle conversazioni. Partito Avezzana, si attese dal nuovo Ambasciatore Manzoni l'inizio di queste conversazioni, che poi non si ebbero affatto. Probabilmente non si ritenne il momento opportuno. • Appunto, ribatto io, forse le conversazioni non erano sufficientemente preparate •. Si ebbe l'impressione che nessuno dei due volesse attaccare per primo. La questione di sapere a chi spetti l'iniziativa è ridicola, soggiunge De Beaumarchais.

Siamo oramai ai margini del terreno scottante. Il De Beaumarchais dice che l'opinione francese è rimasta un po' sorpresa e commossa per certe rivendicazioni avanzate dalla stampa italiana, ,come quella del mandato sulla Siria.

Mi pare che sia venuto il momento di cessare le schermaglie preliminari e di entrare nel vivo della questione. • Esaminando la questione dei rapporti fra i due paesi, bisogna sapere da dove si parte, ma soprattutto bisogna stabilire dove si vuole arrivare. Si tratta di esaminare talune questioni di dettaglio, anche se delicate, per facilitare la strada ad una lunga stabilità politico-diplomatica dei due paesi o ci si vuole limitare soltanto all'esame delle questioni minori senza porsi il quesito, se tutto ciò debba sboccare, come io penso, in un vero e proprio trattato di amicizia, di non aggressione --eccetto i casi contemplati a Locarno -e che costituirebbe, insieme con altre soluzioni di ordine economico, la contropartita politica italiana? La bilateralità del patto! Chiamo minori le questioni di cui parlo, perché nessuna di esse riguarda il territorio metropolitano della Francia. Sono abbastanza intelligente per non mettere sul tappeto questioni del genere. I problemi minori sono Tangeri (virtualmente risolto), lo Statuto degli italiani di Tunisi (risolvibile), le rettifiche di confine in Tripolitania, la questione dei mandati, la posizione dell'Italia nei Balcani e nel Mediterraneo Orientale. Quanto ai mandati noi non vi chiediamo la Siria. Non la vorremmo nemmeno, se ce la concedeste. Ma se domani, tutti i mandati fossero riposti sul tappeto, la Francia non dovrebbe opporsi alle legittime richieste dell'Italia. Un elemento che potrebbe entrare nell'insieme della contropartita d'ordine politico, sarebbe l'Anschluss •.

De Beaumarchais mi ha interrotto per dirmi che su tale questione l'identità degli interessi è completa. I tedeschi a Klagenfurt minaccerebbero Trieste. Del resto l'Anschluss è molto meno attuale di quanto non sembri. Il De Beaumarchais che ha vissuto due anni a Vienna, riferisce che Ramek gli avrebbe detto, che se l'Austria vive per dieci anni ancora, la sua esistenza futura sarà garantita.

Ho ribattuto al De Beaumarchais che l'identità di interessi, costituiva appunto un ottimo punto di partenza, per un impegno formale che avrebbe indubbiamente esercitato il suo peso sul mondo anschlussista tedesco.

A questo punto ho dichiarato che tutto quanto gli avevo detto, non era da considerare come un'apertura ufficiale di negoziati, ma come un punto di vista e una direttiva per il futuro.

De Beaumarchais mi ha risposto che di tali argomenti non era opportuno scrivere. E che ne avrebbe riferito a voce al Quai d'Orsay a Pasqua recandosi personalmente a Parigi.

Questo rinvio a tre mesi non mi ha minimamente sorpreso. Esso pone il quesito : o l'Ambasciatore non ha istruzioni o ha istruzioni di tirare in lungo per non concludere mai. Questa lunga parentesi dopo la prima presa di contatto e il rinvio a dopo Pasqua, cioè alle elezioni, dimostra che -come sempre ho pensato -motivi di politica interna, giocano nello stabilire i rapporti di politica estera coll'Italia. Dont acte (1).

69

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 641/105. Belgrado, 30 gennaio 1928, ore 22,30 (per. ore 24).

Da una fonte assai bene informata ho sentito oggi ripetere che il passo recentemente compiuto a Sofia dall'incaricato d'affari inglese, che ha presentato una lista di macedoni dei quali si dovrebbe provvedere all'arresto, ha

alquanto sorpreso e colpito. Evidentemente tale lista era stata data a questo ministro d'Inghilterra Kennard, dal Governo jugoslavo.

Buroff che com'è noto convocò subito consiglio dei ministri non sarebbe riuscito nascondere propria agitazione. Stesso informatore aggiunge che rapporti fra Governo e comitato macedone non sono attualmente buoni, giacché Governo teme assai le eventuali ripercussioni delle attività macedoni. Sembra del resto che entro stesso comitato qualche elemento disapprovi azioni violente, mentre situazione internazionale è tale da non permettere risultato concreto.

(l) Per la versione francese di questo colloquio, cfr. R. DE DAMPIERRE, Dix années de potitique française d Rome (1925-1935), in • La Revue des deux mondes ., 1953, novembre-dicembre, p. 25. Cfr. anche, sui successivi colloqui, ibid., pp. 25-27.

70

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 653/21. Budapest, 30 gennaio 1928, ore 21,45 (per. ore 3 del 31).

Mio telegramma n. 17 (1).

Bethlen al quale feci tutte le comunicazioni di cui ai telegrammi di V. E. nn. 84/3 e 448/13 (2), mi pregò far pervenire a V. E. suoi più caldi ringraziamenti. Conferii lungamente circa questione armi di cui riferisco per corriere (3). Quanto ad orientarsi questo Governo è ancora indeciso cosa fare. Ai fini della valorizzazione della nostra amicizia in Ungheria, ritengo che incidente

S. Gottardo sia riuscito assai utile. Ho avuto impressione che questo Governo non s'attendeva forse ad un appoggio tanto rapido, pratico e • a fondo • come quello da V. E. spontaneamente offerto ed attuato.

Il Governo ha avuto ora una prova decisiva del valore pratico dell'appoggio dell'Italia e del suo grande prestigio internazionale. E sebbene in minore misura, naturalmente, anche opinione pubblica ha potuto rendersi conto che si deve a V. E. avere smontato la campagna gravida di incresciose conseguenze che Piccola Intesa aveva montato.

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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 793/272. Budapest, 30 gennaio 1928 (per. il 5 febbraio).

Telegramma di V. E. per corriere n. 338, col quale mi viene comunicato un telegramma da Belgrado in data 18 c. m. (4). Come V. E. sa questo Governo ed il conte Bethlen mi smentirono ripetutamente che fosse mai stata ventilata la possibilità di un trattato di ami

cizia con la Jugoslavia. Ora avendo io oggi accennato al presidente del consiglio che mi era giunta una voce secondo la quale nel 1926 l'Ungheria avrebbe proposto tale patto alla Jugoslavia, il conte Bethlen lo escluse di nuovo in modo assoluto. Si trattava invece solamente del patto di arbitrato come ho sempre sostenuto ed anche questo è tramontato.

Mi consta che il Governo ungherese ha fatto sapere a Belgrado giorni or sono che qualora la Jugoslavia avesse preteso un'inchiesta per l'incidente di

S. Gottardo, qui non si considerava né utile né possibile addivenire alla firma delle convenzioni di cui al predetto telegramma.

(l) -Cfr. n. 57. (2) -Cfr. nn. 6, 52. (3) -Cfr. n. 73. (4) -Il tel. ritrasmesso a Budapest è il n. 421/54, col quale Bodrero comunicava una dichiarazione fattagli dal ministro di Ungheria a Belgrado circa proposte avvenute nel 1926 per un patto di arbitrato e di amicizia tra Ungheria e Jugoslavia, e circa le convenzioni da stipulare fra i due Stati.
72

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 931/169. Belgrado, 30 gennaio 1928.

Facendo seguito al mio telegramma per corriere n. 911/165 del 28 cor

rente, ho l'onore di qui accluso inviare in originale, con preghiera di cortese restituzione, il telegramma posta n. 504 del 29 gennaio u. s., circa gli attacchi di alcuni elementi della locale • Oriuna • all'opera svolta da quel R. Consolato Generale [di Lubiana].

Dalla lettura del documento stesso si rileva come quel R. Ufficio venga a trovarsi per ragioni varie esterne ed interne in una posizione delicata e difficile. Lo stesso tono della smentita del R. Console Generale al giornale Jutro e della nota indirizzata al Gran Zupan di Lubiana, allegata al teleposta sopra citato, non lascia dubbio circa l'ambiente di poca serenità e di pericolosa eccitazione ·che si è venuto creando a Lubiana intorno al Consolato d'Italia.

Sarò quindi grato a V. E. se vorrà prendere in attento esame quanto ho sopra esposto, e provvedere in tempo, affinché la situazione non abbia ad aggravarsi.

Aggiungo però che il Marchese Gavotti è un ottimo funzionario, che in altro ambiente più sereno potrà fare molto bene. Lubiana è uno dei posti consolari più difficili, ed a capo di quell'Ufficio occorre eventualmente inviare persona che dia seri affidamenti di capacità burocratica, di tatto, e di perspicacia.

Il Cavaliere Petrucci, al quale affido questo telespresso, potrà più diffusamente illustrare a voce le questioni che si riconnettono al R. Ufficio Con· solare di Lubiana (1).

(l) Annotazione marginale di pugno di Mussolini: c fra tre mesi M.••

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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 299/111. Budapest, 30 gennaio 1928.

Stamane, come io riferii all'E. V. con mio telegramma n. 17 (1), conferii lungamente col Conte Bethlen in riguardo alle forniture d'armi all'Ungheria. Egli mi disse che il recente incidente di Szent Gothardt ha chiaramente mostrato come sia il modo di spedizione, sia la via scelta, non offrano sufficienti garenzie (benché, aggiunse, la scoperta delle armi non si debba alla sorveglianza della Piccola Intesa ma, secondo quanto mi risulta, a spionaggio esercitato in Italia presso la Casa speditrice da ditte austriache concorrenti, incettatrici di armi). D'altra parte, egli non intende rinunciare assolutamente al materiale messo dall'Italia a disposizione del suo Paese. Quindi ha ideato altri progetti. L'uno, che ritiene il migliore, sarebbe il seguente: l'Italia potrebbe far appositamente costruire due o tre • monitori • (sul tipo di quelli in esercizio sul Danubio sotto la Monarchia) abbastanza grandi, che l'Ungheria acquisterebbe. Essi navigherebbero però, naturalmente, sotto bandiera italiana e rimarrebbero in uso da noi fino al momento opportuno in cui potrebbero essere utilizzati dall'Ungheria. Nel frattempo, un paio verrebbero ogni anno inviati in crociera sul Danubio (come già gli anni scorsi le torpediniere), ottima propaganda politica da parte nostra. La bandiera italiana sarebbe qui salutata con gioia, e dette unità potrebbero rimanere nelle acque ungheresi quanto il R. Governo desidera.

(Gl'Inglesi tennero un loro monitore per anni di seguito sul Danubio). In occasione di tali crociere, i monitori potrebbero portare un buon carico di materiale guerresco • pesante •. Il materiale invece più minuto (fucili, mitragliatrici ecc.) verrebbe spedito per ferrovia • ufficialmente • come destinato alla Polonia, via Austria-Ungheria e Romania. Con le armi verrebbe caricato altro materiale di ferro, macchine, rottami ecc. I vagoni, opportunamente manipolati in Ungheria, sarebbero poi fatti proseguire per la Polonia. Già sono intervenuti gli opportuni accordi con Varsavia. • E' da notarsi -mi disse Bethlen -che nel 1920, durante l'invasione bolscevica, l'Ungheria fornì alla Polonia dieci milioni di cartuccie, qui fabbricate nonostante la sorveglianza della Commissione Militare di Controllo •. Ora non appena scoperto il contenuto dei vagoni a Szent Gothardt da parte delle autorità austriache, questo Governo pregò quello di Varsavia di trarlo d'impaccio dichiarando che il carico di armi era diretto in Polonia. Ma il Governo Polacco rispose che, a contrabbando scoperto, non gli era possibile ormai trovare una via d'uscita che presentasse senza gravi inconvenienti, una garanzia di successo, pur mostrando però ogni buon volere di aiutare l'Ungheria per l'avvenire, in riconoscenza del contributo di munizioni offerto nel 1920 in difesa della Polonia. Di qui l'accordo.

Per quanto riguarda le • armi leggere • è pure allo studio altro progetto in vista di avviare il carico da Amburgo, ferrovie tedesche e Danubio (in Baviera), senza toccare ferrovie austriache.

Non so quanto possa essere pratico il caricare armi pesanti sui monitori, dato il relativo loro piccolo tonnellaggio; ma questa è questione che verrà esaminata dalle competenti autorità tecniche, mi pare ad ogni modo che sa,rebbe sempre nel nostro interesse far costruire tali unità dal momento che saranno acquistate dall'Ungheria.

Le dichiarazioni del Conte Bethlen rivestono uno speciale interesse anche dal punto di vista delle relazioni di questo Paese con la Polonia. Un accordo in materia tanto delicata dovrebbe far supporre un'intimità di rapporti fra due Paesi e fra i due Governi, che in realtà non esiste. Le relazioni sono buone, ma non intime, dato anche gl'impegni della Polonia con la Piccola Intesa. Ora dalla conversazione con il Conte Bethlen, ho potuto chiaramente comprendere che le trattative furono condotte unicamente fra i due Stati Maggiori, che sono realmente in ottimi rapporti fra loro e che il • benestare • fu pressoché estorto dallo Stato Maggiore polacco al suo Governo. Stato Maggiore che, ben conscio della poca efficienza dell'esercito romeno, spera indubbiamente di trovare in caso di conflitto con la Russia un valido aiuto nel piccolo ma agguerrito esercito ungherese. Ad ogni modo, si deve dedurre che la Piccola Intesa ha ben poco da sperare dalla Polonia in caso di conflitto nel quale uno dei belligeranti fosse per avventura l'Ungheria (1).

(l) Sic, anzichè 21. Cfr. n. 70.

74

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 658/37. Atene, 31 gennaio 1928, ore 17,10 (per. o1·e 19).

Telegramma di V. E. n. 447/21 (2).

Durante un colloquio da me avuto al ministero circa affari correnti, Michalacopoulos mi ha incidentalmente manifestato il vivo interessamento e la soddisfazione con cui ha seguito, dalle notizie di stampa, il tono di cordialità nel quale si è svolta la visita fatta all'E. V. dal signor Titulescu. Ciò mi ha dato modo fare capitare in discorso la questione delle relazioni greco-romene, per far comprendere a Michalacopoulos come l'Italia veda non solo con simpatia la bontà dei rapporti esistenti fra i due paesi ma anche ogni direttiva tendente a renderli più intimi con un più solido avvicinamento nel campo politico. Non avendomi il mio interlocutore fatto cenno alla probabilità di un patto colla Romania mi sono astenuto pel momento da una dichiarazione formale in tal senso, ma ho fatto in modo da non lasciare dubbi sul nostro atteggiamento in proposito, qualora tale eventualità si presenti in forma concreta. Discorrendo d'altra parte con questo mio collega romeno del viaggio

di Titulescu, il signor Langa Rascanu (il quale mi ha parlato col maggiore entusiasmo della benefica ripercussione che, ,secondo lui, le conversazioni del proprio ministro affari esteri con V. E. avranno sul consolidamento delle relazioni italo-romene e sulla situazione balcanica in generale) ha ripreso spontaneamente l'accenno precedentemente da lui fattomi alle possibilità di un patto greco-romeno (mio telegramma per corriere n. 354/22 in data 19 gennaio) (1). Ha aggiunto che, pel momento, non vi è ancora in corso al riguardo una trattativa concreta, ma che egli si propone di andare a Bucarest subito dopo il ritorno di Titulescu in quella capitale, per concertare personalmente con lui le basi sulle quali potrebbero venire formulate proposte a questo Governo per iniziare il relativo negoziato. Ho detto a Langa Rascanu come l'Italia vedrebbe con simpatia una simile stipulazione.

(l) -Annotazione marginale: « A S. E. Cavallero per studiare possibilità •· (2) -Cfr. n. 55.
75

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. 546/34. Roma, l febbraio 1928, ore 23,20.

Il R. ministro in Belgrado telegrafa in data 30 gennaio:

• (come nel telegramma n. 641/105) • (2).

Prego V. S. telegrafare quanto le risulti accennato passo inglese e decisioni Governo bulgaro.

76

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI (3)

T. 554. Roma, 1 febbraio 1928.

Giornali pubblicano che conversazioni franco-spagnuole per Tangeri pur non essendo prossime a conclusione, sembrano bene avviate. Comunicato ufficiale spagnuolo è meno ottimista. Naturalmente da Governo di Parigi non ho ricevuto finora alcuna informazione sull'andamento attuale delle trattative, e certo non me ne meraviglio. Ma non dovrebbe essere così da parte spagnuola, sebbene i fatti sinora abbiano dimostrato che noi riceviamo comunicazioni da Madrid sulla questione di Tangeri solo contemporaneamente a quelle francesi, ciò che prova come i due Governi si mettono sempre d'accordo prima di farcele. L'unica comunicazione che mi giunge da Governo spagnuolo è quella con cui la Spagna si associa alle richieste inglesi e francesi per sollecitare il nostro consenso all'aumento dei dazi a Tangeri. Comprendo che è un'associazione formale determinata dal fatto che la Spagna è firmataria dello statuto del 1923. Ma dubito che il Governo spagnuolo abbia esattamente compreso che il nostro atteggiamento

ostruzionistico nelle questioni derivanti dall'applicazione di quello statuto è in special modo diretto a favorirlo ed appoggiarlo nelle sue conversazioni a Parigi. Prego V. E. di spiegarlo meglio a Primo de Rivera.

(l) -Cfr. n. 30. (2) -Cfr. n. 69. (3) -Il telegramma venne inviato, per conoscenza, a Londra, Parigi e Tangeri.
77

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

[Roma], l febbraio 1928.

Le mando il testo quasi stenografico della prima conversazione che ho avuto col signor De Beaumarchais (1). Se io mi fossi fatto delle illusioni in proposito, oggi sarei in uno stato d'animo ultra-negativo.

Comunque è importante di prendere nota che il seguito è rinviato a tre mesi, cioè a dopo le elezioni più o meno cartelliste.

V. E. non ha nulla da dire sino a nuovo ordine.

78

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 707/46. Atene, 2 febbraio 1928, ore 22,15 (per. ore 22,45).

Questo ministro affari esteri avendomi accennato all'eventualità che la difficile soluzione delle gravi questioni in divergenza tra Grecia e Turchia renda consigliabile la stipulazione di un accordo di non aggressione tra i due paesi, riferisco dettagliatamente in proposito con mio rapporto n. 643/105 in partenza col corriere di domani mattina (2). Michala,copoulos ha dichiarato che nessuna trattativa al riguardo è in corso né che sono state ancora fatte aperture in merito.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI

T. 559/42. Roma, 2 febbraio 1928, ore 24.

Leggo sul Temps che nella recente discussione di politica estera al Reichstag dal deputato Freytag fu sostenuta la necessità di un accordo preciso con l'Italia. Mi mandi testo stenografico di queste dichiarazioni e qualche dato sul Freytag stesso (3).

f2) Cfr. n. IlO.

• per ribattere discorso del deputato nazionalista Freytag-Loringhofen, il quale aveva polemizzato con lui, asserendo che la politica dell'intesa con la Francia è impossibile e pertantoimproduttiva... Per quanto ci concerne, atteggiamento Stresemann non può recarci alcuna meraviglia: solo è da constatare che dalla destra, forse anche prevedendo un prossimo allontanamento dal potere, si è elevata una voce sollecitante una collaborazione con Italia contro la Francia». (T. 718/87, Berlino, 2 febbraio, ore 21,10, per. ore 22).

(l) -Cfr. n. 68. (3) -La minuta è di pugno di Mussolini. Il 1° febbraio Stresemann aveva ripreso la parola
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IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 643/105. Atene, 2 febbraio 1928.

Ho già riferito all'E. V. come lo stato di tensione tra Grecia e Turchia, riacutizzatosi specialmente attraverso l'infierire della stampa dei due paesi sullo scorcio dell'anno passato, subisca nelle ultimissime settimane una specie di tregua, pur rimanendo latente.

Ciò in quanto Angora ha fatto di recente (pel tramite di questo suo ottimo, scaltro e qui assai ben visto rappresentante diplomatico Gevad bey) qualche passo che nella sua intenzione dovrebbe valere a semplificare e render possibile la soluzione della questione dei beni dei rispettivi sudditi non scambiabili. Ha dichiarato cioè al Governo Ellenico, che, mercè l'abbandono da parte di quest'ultimo delle 500.000 sterline bloccate presso la Commissione Finanziaria Internazionale come garanzia della compensazione di tali beni in base all'accordo di Atene del 1926, la Turchia sarebbe disposta a considerare senz'altro transatta la controversia ed avvenuta la compensazione, senza bisogno di procedere ulteriormente alla singola estimazione di ciascuna proprietà in discussione, valutazione che si è urtata finora a tali difficoltà di varia natura, da rendere praticamente irrealizzabile per tale via una soluzione.

Questo ministro degli Affari Esteri mi ha espressamente parlato della cosa per richiamare la mia attenzione sulla buona volontà che intende dimostrare la Grecia, assai desiderosa di buone relazioni colla Turchia, avendo subito posto allo studio di una speciale commissione di esperti, presieduta dallo stesso Michalacopoulos e la quale tiene in questo momento sedute quasi continuative anche notturne, l'estremo limite cui si potrebbe giungere da parte ellenica per venire incontro alla proposta turca.

Egli asserisce però che a conti fatti esattamente, sarebbe assai probabilmente la Grecia a comprovarsi creditrice nella compensazione, e che, pertanto, la proposta in parola potrebbe risultare malgrado tutto inaccettabile.

Si lagna d'altra parte che Angora abbia usato, come mezzo di pressione minacciosa, il sequestro conservativo di beni dei sudditi greci proprio di Costantinopoli (i quali, per la loro elevata posizione sociale e le relazioni che hanno col mondo ateniese sono quelli che creano le maggiori difficoltà a questo governo) anziché quello che la Grecia avrebbe consentito, di beni greci siti in Anatolia, a compenso di proprietà turche occupate dai rifugiati in Grecia e che questo Governo non potrebbe materialmente fare ora evacuare per renderle ai legittimi proprietari turchi.

Si spera che, pel termine della prossima settimana, possano essere formulate le controproposte greche, ed allora, asseriva il Ministro, sarà possibile giudicare, colla conoscenza delle esatte posizioni assunte dai due Paesi in materia, da qual parte sia la ragione.

Ma, ha aggiunto Michalacopoulos, la questione che preoccupa in questo momento al grado maggiore il Governo Ellenico tra i vari così complessi problemi sui quali devono fondarsi le relazioni greco-turche, è quella, addirittura vitale per questo Paese, degli • établis • di Costantinopoli e dintorni, ossia dei soli sudditi ottomani ortodossi cui le stipulazioni di Losanna consentivano la permanenza in Turchia escludendoli dallo scambio. E' convincimento di questo Governo, -mi faceva osservare il Ministro degli Affari Esteri rafforzatosi ora in modo positivo in seguito a tutto l'atteggiamento della Turchia, che questa tenda a creare in un modo o in un altro una situazione la quale porti praticamente all'esodo da Costantinopoli, questo nucleo compatto di grecizzanti, in cui essa crede sempre di vedere, ossessionata com'è dal timor panico di chissà quale aggressione dall'occidente (e Michalacopoulos si riferiva anche, incidentalmente, a qualche più o meno recente immaginoso commento della stampa turca seguìto alle varie manifestazioni di cordialità di rapporti italo-greci) un pericoloso nemico che si tiene in casa pronto a dar mano forte all'avversario nell'eventualità del verificarsi di un attacco esteriore. Ora, sarebbe materialmente impossibile alla Grecia affrontare nel periodo attuale, ossia in aggiunta al problema dei circa 6 o 700 mila rifugiati anatolici e tracii al cui stabilimento non si è ancora, malgrado sforzi d'ogni genere, riusciti a provvedere in modo efficace, l'assorbimento di altri 150.000 individui che le piomberebbero addosso certamente qualora, non riuscendosi a comporre le gravi divergenze pendenti colla Turchia, dovessero risultare insolubili bonariamente le divergenze stesse. Ed il Ministro mi diceva d'essere stato pertanto portato a riprendere in esame l'eventuale opportunità -di cui egli già aveva fatto accenno all'E. V. in occasione della sua prima visita a Roma, nel luglio scorso, come mezzo efficace per ispirare in Turchia quel convincimento di pacifiche intenzioni elleniche soltanto atto a creare l'indispensabile atmosfera di fiducia perché Angora cessasse dalla sua intransigenza nell'applicazione dei reiterati accordi già stipulati -della conclusione colla Turchia di una qualche forma di patto di reciproca non aggressione, della durata, per esempio, di tre anni, e da servir praticamente di base alla rapida soluzione

delle così vitali questioni in sospeso tra i due Paesi.

Michalacopoulos ha subito spontaneamente aggiunto che di una simile possibilità -la quale non aveva d'altronde ancora assunto forma praticamente concreta d'attuazione neanche nel suo proprio spirito, e della quale, pertanto, non aveva nemmeno ancora intrattenuto i colleghi del Gabinetto -egli teneva in modo particolare a rendere consapevole l'E. V., anche prima di farne accenno nelle direttive generiche che potrà enumerare come da tenersi presenti • le cas échéant » (sic) al Signor Papas, destinato a sostituire, com'è noto, prossimamente, ad Angora, l'attuale ministro di Grecia Tsamadòs, richiamato ad Atene per prestar servizio al ministero, probabilmente in qualità di Segretario Generale, in sostituzione del Lagudakis. Il Ministro degli Affari Esteri mi ha anche dichiarato formalmente -e l'affermazione mi sembra veritiera anche da tutto il. complesso delle mie frequenti conversazioni con Djevad Bey sull'andamento delle relazioni greco-turche, quantunque io non abbia creduto opportuno sollevare con lui in modo esplicito questo punto per non dargli l'impressione che noi potessimo comunque aver interesse per secondi fini ad ostacolare un possibile miglioramento delle relazioni stesse -che nessun approccio diplomatico è stato fatto fino a questo momento tra Atene ed Angora a tale proposito. Michalacopoulos ha ancora aggiunto a titolo di considerazione sulle ripercussioni che un simile patto, qualora concluso, potesse avere nei confronti di terzi stati, esserne evidentemente esclusa ogni portata diretta contro la Bulgaria (colla quale, ha rilevato, la Grecia sta anzi cercando, proprio in questi giorni, di comporre amichevolmente le non gravi controversie in corso e di concludere il congiungimento ferroviario con Salonicco) mentre ne deriverebbe alla Grecia • assai maggior libertà di azione per rispetto a Belgrado • (sic).

Ho chiesto incidentalmente al Signor Michalacopoulos se, dell'argomento in discorso, avesse già tenuto parola ai miei colleghi d'Inghilterra e di Francia, ed egli, rispondendomi negativamente, e pregandomi anzi di non farne accenno per ora, mi ha detto testualmente:

• So bene che l'Inghilterra vede a priori di buon occhio qualunque forma di accordo pacifico atto a stabilizzare la situazione balcanica nel suo quadro attuale dei trattati in vigore. In quanto alla Francia, essa non ha nulla da vedere al riguardo • (sic).

Volendo rendere con rigorosa precisione la interessante conversazione, non posso dire che il Signor Michalacopoulos mi abbia chiesto esplicitamente di domandare a V. E. una • autorizzazione • ad entrare nelle accennate eventuali trattative. Ma avendomi egli con marcata insistenza dichiarato di tenere, in tale circostanza come nelle altre direttive della sua politica estera, a non far cosa che avesse potuto tornare comunque sgradita all'Italia ed avendo egli anzi ripetutamente detto, nel corso del colloquio, di tener sempre molto alla opinione dell'E. V. per tali direttive, avrei assai logicamente base per manifestargli il di Lei pensiero in proposito, qualora Ella giudicasse per caso necessario far richiamare l'attenzione di questo Ministro degli Affari Esteri su inconvenienti che V. E. giudicasse poter derivare dalla eventuale stipulazione suddetta.

Dal canto mio, ho potuto agevolmente mantenermi sulle generali al riguardo, col mio interlocutore, il quale, dall'intonazione stessa che egli dava alla conversazione, non mi poneva determinati quesiti immediati.

Sotto l'angolo necessariamente limitato dal quale posso giudicare, da questa sede, la situazione e la nostra convenienza, crederei poter esprimere il subordinato avviso che effettivamente, ove avesse a verificarsi l'eventualità dell'accordo prospettatomi, questo non avrebbe nell'intendimento ellenico, portata antibulgara, ma consoliderebbe, in pratica, accomunandoli in un certo modo, gli atteggiamenti di indipendenza sia della Grecia che della Turchia per rispetto alla Jugoslavia. Mi sembrerebbe poi anche, per quel che concerne i nostri confronti, che un accordo della natura di quello indicato, tra Grecia e Turchia, non potrebbe essere motivo di allarme per noi. Nessun sostanziale mutamento infatti ne deriverebbe, -giusta quanto tutto dovrebbe far ritenere, giudicando dall'intimo spirito antiturco che permane inveterato in questo Paese -non appena venisse a determinarsi col volgere del tempo e degli avvenimenti, una situazione nel Mediterraneo Orientale, che ci obbligasse nostro malgrado a guardare a Levante con animo diverso da quello essenzialmente pacifico che ispira le nostre assai amichevoli relazioni attuali con la Turchia.

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IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GASPARINI

L. P. Roma, 2 febbraio 1928.

Grazie per gli auguri che vivamente ricambio (1).

Sono veramente lieto della Sua assicurazione che • l'anno nuovo si apre per la nostra azione in Mar Rosso sotto favorevoli auspici •. Ma che significa

• resta a voi di fissare il limite delle realizzazioni •? Agli Esteri siamo completamente all'oscuro circa i favorevoli auspici: tanto da essere costretti ad indirizzare alle Colonie il telespresso (2) di cui Le unisco copia, e da dover spulciare dal Bollettino della Colonia Eritrea la notizia che l'Iman Yahia avrebbe desiderio di costituire una banca dello Jemen con capitali che sarebbero forniti dall'ex Khedivè, e che si parla dell'ammissione dello stato Zeidita nell'Unione Postale Universale; cose importantissime, specialmente la prima per noi. Questo Ministero manca talmente di informazioni esatte sulla nostra penetrazione economica nello Jemen e sul modo con cui essa si esplica, che io ho sentito il dovere di dichiarare in una relazione presentata a S. E. il Capo del Governo che dovevo declinare ogni responsabilità per ciò che avveniva nello Jemen, perché la situazione sfuggiva in buona parte al controllo di questa Amministrazione.

E' tempo infatti di avere una linea economica nella nostra penetrazione nella penisola arabica. E sembrami che prima di ogni altra cosa bisogna creare l'Ente e sottrarre il Governo da una azione economica diretta che è sempre fatta male e che non può avere facili e vantaggiose contropartite. Due sistemi vi sono: sviluppare le Società che Ella ha già in embrione ad Asmara e trasportarle ad operare sull'altra sponda (banca, saline etc.) ovvero, e sembrami più opportuno, creare una Società Commerciale per il Mar Rosso. Può servire a ciò come nucleo iniziale l'Italo-araba? Quali modificazioni di statuto apportarvi e quali cambiamenti nelle persone? In qual modo dovrebbe lo Stato contribuire dato che l'inizio presentasi con sicuri rischi? E in che modo avere opportuno e non paralizzante controllo? Spero che possa quanto prima concretarsi l'istituzione di un • Sindacato Italiano per l'Africa • in genere il quale potrebbe certamente contribuire finanziariamente alla creazione o allo sviluppo di una tale Società, ma occorrono proposte pratiche e specialmente limitate alle nostre possibilità economiche. Esiste poi il problema della navigazione sussidiata in Mar Rosso: occorrerebbe su un tale importante problema (cabotaggio sulla costa araba ed eritrea, toccate di Gibuti, collegamento delle nostre linee di cabotaggio del Mar Rosso con quelle che traversano detto mare dirette ai porti dell'India e dell'Estremo Oriente) un dettagliato rapporto su cui questo Ministero si possa basare per prospettare la questione sotto ogni punto di vista alle Comttnicazioni.

E. -. . potrei insomma continuare -occorrerebbe maggior collegamento senza il quale la nostra azione di penetrazione risulterà slegata ed insufficiente. Se ciò sarà possibile, soltanto allora mi sembrerà realizzabile il Suo augurio per il nuovo anno.
(l) -Risponde al biglietto di Gasparini di fine anno. Cfr. serie VII. V, n. 683. (2) -Manca. Ma si tratta probabilmente del n. 59.
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IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 758/51. Atene, 4 febbraio 1928, ore 19,30 (per. ore 23,20).

Permettomi ringraziare V. E. per l'assai interessante comunicazione di cui al telespresso n. 28 e telegramma per corriere n. 470 (l) circa proroga patto amicizia itala-jugoslavo. Documentazione suddetta mi è stata di molta efficacia norma di linguaggio presso Michalacopoulos, al quale ho anche dato, in appoggio delle mie parole, confidenziale lettura di un testo dedotto da telegramma di V. E. n. 354/22 (2) riservatissimo ed opportunamente parafrasato. Egli si è mostrato soddisfattissimo pregandomi di rinnovare alla E. V. l'espressione di tutta la sua riconoscente fiducia, e mi consta per avermelo poi spontaneamente ripetuto i ministri Cafandaris e Metaxas, avere egli espresso in seno al consiglio dei ministri tutta la sua considerazione per la cordiale lealtà della politica di V. E. verso la Grecia.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 910/94. Pa1·igi, 5 febbraio 1928 (per. il 12).

Il signor Titulescu è venuto oggi a vedermi. E' entusiasta dell'incontro con V. E. ed è soddisfatto di avere con V. E. stabilito chiare relazioni tra Italia e Romania conformemente all'assenza di interessi contrari tra Italia e Romania ed all'evidente interesse romeno di tenere stretti rapporti colla grande potenza che più di tutte ha curato e cura i rapporti col mondo slavo in mezzo al quale vive, quasi oasi, la Romania.

Il signor Titulescu, ammirato dalla franchezza di metodo, della chiarezza di vedute e di linea dell'E. V., ne sente la nostalgia fino a desiderare, se potesse, immediato ritorno in Italia.

Impressionato dalla campagna di sospetti, di gelosia, di turbamento fatta dalla stampa francese di sinistra a proposito del suo viaggio in Italia ed a

proposito dell'affare di Saint Gothard, egli se ne è !agnato col signor Briand al quale ha nettamente dichiarato che la Romania è amica, alleata della Francia ma, né servile né serva, intende avere esclusività di decisione e nessun sospetto di altri circa le sue amicizie; ha parlato ai giornalisti francesi francamente e caldamente dell'Italia e circa i rapporti franco-romeni si è espresso con essi nello stesso senso che col signor Briand, ha, carte in tavola, mostrato la chiara, precisa immutata posizione da lui presa fin dal 19 gennaio scorso nell'affare della nota della Piccola Intesa alla Società delle Nazioni.

Circa le relazioni tra Italia e Francia il signor Titulescu mi ha detto che il signor Briand ed il signor Poincaré gli hanno data chiara impressione di veramente volere il chiarimento con l'Italia, e che egli ha esplicitamente detto al signor Briand che era da Parigi che dovevan venire le mosse. Il signor Briand gli ha parlato del chiarimento con l'Italia con fiducia. Io sono a tal punto intervenuto con un gesto di incertezza e per dire al signor Titulescu che la campagna della stampa che per ragioni di setta e di partito vuole impedire questo chiarimento è diventata recentemente molto insistente ed audace, ed ha ottenuto qualche risultato, ed ancor più ne otterrà se si lascia passare il tempo veramente indicato e utile per questo chiarimento. Ho aggiunto di ritenere che il signor Briand vi era sinceramente disposto, che il signor Poincaré ugualmente: invece la fredda, senza cuore, gretta burocrazia francese, sempre inquadrata tra rotaie strette e gelate, ancora non agiva in corrispondenza di queste disposizioni.

(l) -Cfr. n. 66. (2) -Non rinvenuto.
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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 9/30. Budapest, 6 febbraio 1928, ore 0,15 (per. ore 4).

Il presente telegramma fa seguito a quello di numero precedente (1). Bethlen mi ricordò, poi, di aver ripetutamente pregato, nell'aprile scorso, tanto

V. E. che S. E. Grandi, di esercitare azione conciliativa fra Ungheria e Romania, con la quale fu sempre sua intenzione potersi avvicinare ed accordarsi (come io pure riferii a parecchie riprese) e quindi mi ha pregato chiedere a

V. E. se ella abbia avuto occasione di intrattenere Titulescu dell'argomento e quale risposta questi le abbia data. Gli ho risposto che constava rientrasse perfettamente nella linea politica di V. E. il facilitare tale accordo e che, tanto le istruzioni mie, che quelle della R. legazione a Bucarest erano in questo senso, ma che non mi constava se V. E. avesse recentemente discusso a fondo questione con Titulescu.

6 -Documenti diplomatici -Serle VII -Vo!. VI

(l) T. gab. 8/29, che non si pubblica, relativo a una dichiarazione interlocutoria di Bethlen a Durini di Monza circa l'incidente di Szent Gothard.

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APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON L'AMBASCIATORE FRANCESE A ROMA, BEAUMARCHAIS

Roma, 6 febbraio 1928, [ore 16].

Ho fatto la visita protocollare all'Amb[asciatore] di Francia. Mi ha letto il testo stenografico delle dichiarazioni di Briand riguardanti l'Italia e mi ha detto che tutto si delineerà bene.

Ho lasciato cadere il discorso.

Ha quindi accennato alla crisi greca e serba • effetto dei governi di coalizione •. Un elogio a Marinkowich. Una parentesi afgana e finalmente • speriamo che la stampa dei due paesi ci lasci tranquilli per alcune settimane •.

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APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON IL MINISTRO GRECO A ROMA, MAVROUDIS

Roma, 6 febbraio 1928, [ore 18].

Mi dice • dal primo discorso fatto a Grandi ad oggi, c'è in mezzo una crisi ministeriale, ma che nella sua risoluzione comprenderà ancora e MichalacopouJ.os e Cafandaris, con Zaimis •.

Pare che il ministro d'Agricoltura, artefice della crisi, pendesse troppo a sinistra. Michalacopoulos chiede un consiglio dinanzi a offerte di un patto di arbitrato e non aggressione, propostogli dalla Turchia.

Rispondo che tale accordo sarà salutato con soddisfazione dalla opinione pubblica mondiale e in particolar modo da quella anglosassone e anche dalla opinione italiana, perché permetterà alla Grecia di resistere meglio alla pressione dei serbi a Salonicco. Il patto avrebbe la durata di anni cinque.

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IL MINISTRO A PRAGA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 924/58. Praga, 7 febbmio 1928 (pe1·. il 12).

Benès mi ha invitato stamane a una colazione intima. Ne ha tratto pretesto per una diffusa conversazione. Mi ha parlato sovratutto della sua politica costantemente ispirata all'occidentalizzazione del suo paese, in opposizione

a quella di altri uomini politici cecoslovacchi, fortemente disposti ad un

orientamento verso la Russia, e quindi panslavo.

A tale riguardo ha ricordato quanto egli fece durante la conferenza della pace per conseguire l'attribuzione della Galizia orientale alla Polonia, e per ottenere alla Cecoslovacchia l'assegnazione della Russia subcarpatica, che mentre dà al suo paese il sicuro confine dei Carpazi, non lo espone al pericolo di essere limitrofo alla Russia e di sopportare quindi, presto o tardi, eventuali compressioni moscovite.

Intrattenendosi su tale argomento, ha accennato anche ai suoi sforzi per rendere gli ortodossi della Russia subcarpatica indipendenti dai patriarcati russi e di Belgrado, e ciò mercé la costituzione di una chiesa autocefala ortodossa cecoslovacca.

A questo punto egli ha mostrato di non nascondersi le attività panslaviste jugoslave; e di passaggio mi ha detto di aver letto attentamente il discorso pronunziato di recente dal signor Marinkovich in sede di discussione di bilancio. Ha voluto anzi, pur senza trarre alcuna conclusione dagli accenni del Marinkovich nei riguardi dei rapporti jugoslavo-tedeschi, precisarmi che nell'ultima conferenza della Piccola Intesa a Jachimov il Marinkovich, allorchè egli Benès portò di proposito in discussione la questione dell'Anschluss, aderì senz'altro a solidarizzarsi con quella politica che la Cecoslovacchia, come la nazione più interessata, avrebbe creduto di praticare al riguardo. Un analogo atteggiamento avrebbe assunto signor Mitilineu.

Benès si è quindi diffuso sui pericoli dell'Anschluss per la Cecoslovacchia, avendo qualche accorta punta contro altri uomini politici (allusione probabilmente diretta contro l'Hodza e forse anche Io Svehla) che non • avrebbero vedute politiche a lunga e sicura portata •.

Da questi spunti Benès ha tirato la conclusione, che ormai va ripetendomi con grande insistenza, e cioè che l'Italia ha importanti interessi politici ed economici nel centro Europa e nei Balcani, e che la Cecoslovacchia non può che guardare intensamente ad essa per un qualsiasi sistema atto a dare sicurezza, prosperità e pace a questa parte d'Europa. Ha aggiunto che è per questo motivo che egli spera vivamente in un miglioramento dei rapporti italajugoslavi, osservando • che come la Cecoslovacchia ha saputo comprendere la realtà della situazione nei riguardi della Germania, così la Jugoslavia dovrebbe ormai comprenderla nei suoi rapporti con l'Italia, della cui civiltà sono beneficiate le popolazioni della Dalmazia, della Bosnia, dell'Erzegovina»,

Al presente telegramma fa seguito quello col numero seguente (1).

(l) T. 925/59, del 7 febbraio di cui si pubblica solamente il brano finale: c Poichè Benes mi ha pregato vivamente di farmi conoscere le disposizioni e gli eventuali desideri del Governo italiano possibilmente prima della sua partenza per l'estero (egli lascerà Praga il 16 corrente per restare assente molte settimane) sarò grato a V. E. se vorrà significarmi con cortese sollecitudine che seguito debba dare alle richieste • da lui fatte di partecipazione italiana ai festeggiamenti per il X anniversario della costituzione delle legioni cecoslovacche in Italia. « A me pare che la profferta di Benes di recarsi a Roma in occasione delle predette feste commemorative, debba essere messa in relazione con le sue reiterate aperture di questi ultimi tempi di avere uno scambio di vedute con V. E. circa i problemi economici e di sicurezza del centro Europa •.

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APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON L'AMBASCIATORE TURCO A ROMA, SUAD BEY

[Roma], 8 febbraio 1928, [ore 17,30].

Dopo alcuni accenni alle questioni minori in corso -ivi compresa quella degli isolotti di Castelrosso che non hanno per la Tul'chia alcuna importanza, trattandosi di • rochers • per la quale la Turchia aspetta tranquillamente il giudizio arbitrale, il Suad, mi dice quasi testualmente:

• Il vostro Ministro in Albania ha detto ad Ahmed Zogu, che l'Italia sarebbe disposta a fortificare i rapporti che da due anni ormai legano l'Italia e la Turchia. Ahmed Zogu ha comunicato ciò ad Angora. Ritengo che il terreno sia oramai sufficientemente preparato per fare un passo innanzi e per procedere alla negoziazione di un trattato di non aggressione e di neutralità, che dovrebbe stabilizzare -per sempre -i rapporti politici fra i nostri due paesi. Questo accordo potrebbe essere rapidamente concluso, in una ventina di giorni e firmato a Roma dal Ministro degli Esteri di Turchia, nel prossimo marzo. Non ho fatto preamboli perchè V. E. desidera di andare direttamente al vivo delle questioni •.

Mia risposta -Ritengo anch'io che il terreno sia oramai sufficientemente preparato da una parte e dall'altra, per cui il protocollo diplomatico trovando una felice corrispondenza nello stato d',animo dei due paesi, non rimarrà lettera morta. Ciò che mi dite è molto interessante. Ma prima di rispondervi vi domando se il vostro Ministro degli Affari Esteri vi ha formalmente autorizzato a questo passo.

SUAD -Autorizzato formalmente, no, ma dalla vostra risposta dipende il carattere che i negoziati potranno avere. MussoLINI -Ritengo l'accordo che mi proponete utile e realizzabile. Potete trasmettere ad Angora questa mia preliminare risposta.

SUAD -Sta bene, non appena avrò avuto la risposta da Angora, prepareremo il testo del Trattato che potrà essere firmato prestissimo e che consacrerà per sempre l'amicizia dei due paesi. Il Ghazi ne sarà contentissimo.

Ho notato che il Suad ha sempre parlato di trattati di neutralità e non aggressione e non ha mai impiegato a caratterizzare il trattato la parola

• amicizia •. Può essere che l'abbia ritenuta compresa nell'insieme.

La proposta è interessante perchè, simultanea alla comunicazione greca, può permettere all'Italia di creare sotto la sua egida una constellazione politica del Mediterraneo orientale (1).

accenno con codesto Governo e si limiti a tenermi informato di quanto potrebbe in proposito

riuscire per me interessante. Sono persuaso che nell'attuale momento un accordo fra Italia e Turchia nell'eventualità che coincidesse con analogo accordo turco-greco sarebbe per noi particolarmente interessante •.

(l) Mussolini trasmise un riassunto di questo colloquio a Orsini Baroni con T. 734/33del 12 febbraio, aggiungendo: • Ritengo utile che V. E. si astenga per ora dal fare alcun

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI (l)

T. 658. Roma, 8 febbraio 1928, ore 22.

A R. ministro a Belgrado è stata segnalata da fonte che sembrerebbe dover essere bene informata esistenza accordo fra Turchia e Jugoslavia contro la Bulgaria (2).

Interessa che V. E. continui ad approfondire colla maggiore attenzione argomento relazioni turco-jugoslave anche nel senso segnalato.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (3), AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. 662/51. Roma, 8 febbraio 1928, ore 24.

Suo telegramma stampa n. 128.

Prego V. E. riferirmi per opportuna norma se accenni del V1·eme circa connessione di tempo che si intenderebbe stabilire fra nostre conversazioni con Governo jugoslavo e quelle colla Francia rispondano o meno alle effettive intenzioni di codesti circoli responsabili (4).

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI (5)

T. PER CORRIERE 663. Roma, 8 febbraio 1928.

Telegramma V. E. n. 77 (6).

Dai rendiconti pervenuti da Monaco di Baviera rilevo lo speciale significato che ha assunto la manifestazione presso quell'università sul • Martirio dell'Alto Adige • sia per il concorso senza precedenti di pubblico dimostrante, sia per l'inusltata violenza diffamatoria del regime e dei suoi funzionari da parte dei conferenzieri sì da suscitare a più riprese nell'assistenza la più esa!

tata e " selvaggia » concitazione, e da indurla poi a formarsi in corteo per tentare una dimostrazione antitaliana avanti il nostro consolato. Consterebbe inoltre che si intenda rinnovare la manifestazione nelle principali città della Germania.

Su tale ultimo proposito ed in via generale sull'accentuata ripresa in questi ultimi tempi della campagna alto-atesina che, sfruttando episodi di pretese vessazioni italiane, tende a fuorviare l'opinione pubblica tedesca, l'E.

V. vorrà richiamare l'attenzione di codesto Governo, facendo presenti le ripercussioni che ne possono derivare, non certo desiderabili nè vantaggiose agli interessi reciproci dei due paesi.

(l) -Il telegramma venne inviato, per conoscenza, anche a Sofia. (2) -La notizia era stata segnalata a Bodrero dall'ex presidente del consiglio montenegrino,Plamenatz. (T. per corriere 726/172 del 31 gennaio). (3) -Il telegramma era stato firmato in un primo tempo da Grandi. (4) -Il chiarimento chiesto da Mussolini riguardava l'affermazione che da parte jugoslava non si sarebbe probabilmente aperto nessun serio negoziato con l'Italia, finchè le conversazioni italo-francesi non fossero iniziate, il che non sarebbe verosimilmente avvenuto prima delle elezioni in Francia. (5) -Il telegramma venne inviato, per conoscenza, anche al console generale a Monaco di Baviera. (6) -T. (P. R.) 1028/77 del 30 gennaio, che non si pubblica: conferenze tenute in Germania da Reuth Nicolussi.
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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 869/16. Addis Abeba, 9 febbraio 1928, ore 13 (per. ore l dellO).

Telegramma di V. E. n. 462/6 (1).

In una riunione odierna miei colleghi Inghilterra e Francia mi hanno comunicato che secondo loro istruzioni intendono che nuovo passo presso ras Tafari per sollecitare invio suo rappresentante conferenza armi dovesse essere collettivo. Ho risposto che secondo mia inte11pretazione, istruzioni di

V. E. erano di ripetere il passo separatamente, aggiungendo che a mio avviso, passo collettivo cui si è sempre attribuito qua carattere di pressione, doveva riservarsi per le questioni di grande importanza anche per non togliergli quella effioacia che aveva sortito in passato. In seguito a ciò miei colleghi hanno chiesto nuove istruzioni facendo presente mio punto di vista ed io pure rimango in attesa di quelle ulteriori dell'E. V. Miei colleghi continuano manifestare tendenza ottenere nostra partecipazione a pressione collettiva, dato malcontento per loro impotenza definire questione in sospeso col Governo etiopico. Personalmente ho sempre auspicato fronte unico itala-francese-inglese verso Etiopia ma, dato che in passato non è stato mai realizzato, ai nostri danni, non mi sembra questo il momento di farlo quando noi, in complesso, non abbiamo stesse ragioni di lamentarci attitudine Governo etiopico.

93

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 922/48. Vienna, 9 febbraio 1928 (per. il 12).

Apprendo da fonte confidenziale: Seipel continua ad avere l'impressione che Benès voglia dare alla sua visita una importanza maggiore e diversa da quella che il cancelliere intende attribuirle. Crede infatti sia Benès il quale,

per obbligarlo a prolungare il soggiorno in Praga, gli abbia fatto proporre in nome dell'Urania di quella città di tenere una conferenza anche nei locali della detta società, ciò che egli ha rifiutato. Inoltre gli sembra, specialmente dal linguaggio di questo ministro di Cecoslovacchia, che Benès voglia far dare a questo viaggio un significato anti-magiaro, che non è nelle intenzioni del cancelliere. Seipel ha molto apprezzato il modo rapido e soddisfacente con cui il Governo ungherese ha risolto il recente incidente di frontiera (mio telespresso n. 158) e la buona volontà che ora mostra (anche se conseguenza di questa visita a Praga) per regolare la questione del dazio doganale sulle farine nella quale i delegati dei due Governi non sono finora riusciti ad accordarsi. Sembra anzi, da qualche vago indizio qui avuto, che sarebbe intenzione di Budapest invitare in seguito il cancelliere ad andare colà, quand'anche ciò fosse con l'apparente scopo di una conferenza, come fa ora con Praga. E sembra anche che il cancelliere non vi sarebbe contrario, purchè si potesse prima avere qualche manifestazione governativa ungherese circa il Burgenland che attenuasse la sfavorevole impressione qui destata dalle dichiarazioni irredentistiche di Walko su quella regione.

Qualche voce sarebbe giunta al cancelliere da Roma, secondo cui anche noi desidereremmo ·che, sotto una forma o un'altra, egli venisse costi. Seipel non sarebbe personalmente contrario in massima. Osserverebbe però innanzi tutto che se dovesse tenere una conferenza in Roma non potrebbe dirla che in tedesco essendo le sue conoscenze d'italiano assai limitate. Osserverebbe altresì che gli converrebbe aver tempo e regolare avanti la questione dal punto di vista della politica interna austriaca, giacchè specialmente i deputati tirolesi sarebbero ostilissimi al progetto. Egli però non considererebbe tali difficoltà come in tutto insormontabili; ha ora sormontato, ad esempio, quelle fattegli dai deputati pangermanisti che non avrebbero voluto si recasse a Praga.

(l) Del 27 gennaio: istruzioni di associarsi eventualmente al passo franco-inglese c ma senza tuttavia insistere dato noto nostro punto di vista sulla questione •.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A MADRID, MEDICI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E ALL'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, BASTIANINI

T. PER CORRIERE 702. Roma, 10 febbraio 1928, ore 18.

(Per Parigi, Londra, Tangeri). Il R. ambasciatore in Madrid ha telegrafato quanto segue in data 4 corrente:

• (come nel telegramma n. 772/54 da Madrid) • (1). Ho risposto : (Per tutti). Telegramma di V. E. n. 54. Prendo atto della comunicazione fatta a V. E. da Primo de Rivera che

cioè avendo la Francia acconsentito alla richiesta spagnuola circa la creazione

di un posto di polizia a Tangeri retto da un ufficiale spagnuolo, egli prevede soluzione prossima e definitiva questione Tangeri. In conseguenza noi non possiamo oramai per l'amicizia verso codesto paese, per la convenienza di coltivarla e per l'appoggio sempre e fortemente dato alla Spagna in tale questione che desistere dai nostri incoraggiamenti alla resistenza, sull'effetto dei quali non mi ero del resto mai soverchiamente illuso, data la perdurante costituzionale debolezza della politica spagnuola di fronte a quella francese. Senza tuttavia far menzione di questi apprezzamenti che pur corrispondono alla realtà delle cose, ma la cui constatazione non avrebbe per ora utile risultato, sarà bene che V. E. faccia sapere amichevolmente a Primo de Rivera come il

R. Governo sia rimasto meravigliato che una questione impostata con tanta ampiezza di programma e di possibilità si risolva nella concessione del comando di un tabor ad un ufficiale spagnuolo. Ad abundantiam, comunico a V. E. le seguenti considerazioni affinchè ella possa valersene nel modo che crederà più opportuno nelle prossime conversazioni con Primo de Rivera.

Noi abbiamo protestato e sopratutto protestiamo per l'esclusione fatta all'Italia dalle convenzioni del 1923 e quindi dallo statuto di Tangeri perchè in linea di massima non possiamo ammettere che qualsiasi questione mediterranea, anche se non importante come lo è quella della zona internazionale di Tangeri, possa essere discussa e decisa senza la nostra partecipazione ed adesione. Ciò premesso però noi non abbiamo nessuna fretta di essere invitati ad una conferenza per aderire allo statuto internazionale di quella città sia pel'lchè tutto sommato per i nostri interessi locali è forse più conveniente il regime di cui godono attualmente gli italiani colà stabiliti, e sia anche perchè è piuttosto maggior interesse per le potenze firmatarie dello statuto che nostro ottenere la nostra adesione, altrimenti l'amministrazione internazionale, come è provato dal recente episodio delle tasse di porto e dei dazi di consumo, non può funzionare. Ma, se negli ultimi tempi specialmente abbiamo preso atteggiamenti ostruzionistici e cercato che fosse continuata a restare aperta dinanzi all'opinione pubblica internazionale la questione di Tangeri, era appunto per dar forza alle domande spagnuole (non quella del comando del tabor, evidentemente) mostrando alle potenze interessate, la Francia in special modo, la necessità di fare larghe concessioni se si voleva giungere ad una soluzione che offrisse garanzie di stabilità. Da parte nostra avremmo in particolar modo desiderato che le richieste spagnuole si fossero dirette ad ottenere nel Marocco francese assicurazione di libertà di commercio e di stabilimento per i propri connazionali e sicurezza di non snazionalizzazione, allo scopo di impostare tali questioni anche da parte nostra quando fossimo stati chiamati nella conferenza a quattro. Invece, poichè codesto Governo ha creduto più conveniente non soltanto non sollevare questo argomento ma chiudere la vertenza con la Francia accontentandosi di piccole concessioni è evidente che ora non riusc1ra a noi facile mettere per primi la questione suddetta sul tappeto delle future conversazioni di Parigi.

Nelle attuali condizioni i Governi italiano e spagnuolo non debbono farsi troppe illusioni sulla possibilità che una nostra azione concorde circa tale argomento possa avere prossimamente a Parigi effettivi risultati ora tanto più

che la Francia si è assicurato l'accordo con la Spagna, al quale quest'ultima non può più sottrarsi.

Ma in ogni caso non si deve ritenere che l'Italia si propone di andare alla conferenza a quattro di Parigi soltanto per prender atto di quanto già è stato deciso fra le altre potenze interessate forse anche circa le eventuali concessioni che ad essa dovrebbero essere date perchè aderisca allo statuto internazionale di Tangeri. Io mi riserbo invece piena libertà di discussione ed azione.

(l) Non si pubblica, in quanto riassunto, nella parte essenziale, nel testo.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. 699/24. Roma, 10 febbraio 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 30 (1).

V. S. può assicurare conte Bethlen che nei miei colloqui con Titulescu non ho tralasciato di insistere sulla convenienza di un reale miglioramento dei rapporti ungaro-romeni, facendogli presente buone disposizioni di codesto Governo. Ciò corrisponde alla linea politica del Governo italiano ed alle costanti istruzioni da me date alle RR. rappresentanze a Bucarest ed a Budapest. Titulescu si è mostrato persuaso di tale convenienza, pur facendo le solite recriminazioni e riserve circa l'atteggiamento dell'Ungheria.

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IL MINISTRO A PRAGA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 886/40. Praga, 10 febbraio 1928, ore 15,30 (per. ore 0,10 dell'li).

Mio telegramma n. 39 (2). Ministro aggiunto mi ha parlato ieri sera in via confidenziale della prossima visita cancelliere Seipel a Praga e dei rapporti italo-cecoslovacchi.

Circa il primo punto suo pensiero è che Seipel, al suo arrivo, dando a pretesto suo antico impegno per conferenza presso questa associazione cattolica tedesca, voglia in realtà intrattenersi con Masarik e con Benès non solo sulle questioni dell'eventuale trasferimento della Società delle Nazioni a Vienna, ma anche e sopratutto sul problema della sicurezza dell'Europa centrale, quale esso si delinea in seguito ai principi gettati nell'ultimo convegno di Praga (mio telegramma n. 30) (3); a tale ultimo riguardo mio interlocutore ha accennato a

più riprese alla circostanza che Seipel sarebbe sinceramente contrario all'Anschluss (1).

Circa il secondo punto ministro aggiunto ha rilevato che atmosfera generale nei riguardi Italia, si sarebbe grandemente trasformata, e che Benès ha il fermo proposito di recarsi a Roma cogliendo alla prima occasione un qualsiasi opportuno pretesto (mio telegramma per corriere n. 59) (2). Nella stessa sera mi sono incontrato con collega austriaco. Questi mi ha spontaneamente ripetuto noto programma visita Seipel, aggiungendo anche lui che cancelliere accennerà probabilmente nei suoi colloqui con Masarik e Benès alla questione della sicurezza, e ciò è pure in relazione alla vicina riunione della commissione per l'arbitrato e la sic'lrezza a Ginevra.

(l) -Cfr. n. 84. (2) -T. 810/39 del 6 febbraio, che non si pubblica. (3) -T. 634/30, del 29 gennaio, che non si pubblica.
97

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 890/39. Costantincpoli, 10 febbraio 1928, ore 14 (per. ore 2,50 dell'll).

Telegramma di V. E. n. 658/29 (3).

Nella costante osservazione dei rapporti turco-jugoslavi non perdo di vista eventualità di accordi tra i due paesi. Conviene anzitutto intenderei su natura sostanza dell'accordo su cui di tanto in tanto riferisce R. legazione a Belgrado. Se si tratta di accordo su questioni pendenti fra i due paesi con sicurezza può dirsi che esso è desiderato dal Governo turco e che conversazioni ad hoc sono in corso. Ma evidentemente informazione raccolta dalla R. legazione a Belgrado si riferisce ad un accordo politico generale. Contro l'esistenza o la conclusione a breve scadenza del medesimo, oltre alle dichiarazioni di Tewfik Roussdi bey, oltre allo stato reale dei rapporti tra Angora e Belgrado e altri elementi contrari d'ordine personale cui ho accennato nella mia corrispondenza, sta il fatto che terreno fra quelle due capitali non è ancora sbarazzato delle gravi questioni pendenti e che Tewfik Roussdi bey vuole anzitutto sistemate.

Ministro di Grecia di passaggio per Costantinopoli mi ha detto che per la questione beni turchi in Jugoslavia le due parti sono tuttora ben lontane dall'intendersi trattandosi presentemente di precisarne valore. Sicuramente a favore quell'accordo generale politico auspicano mio collega Francia ed organi propaganda francese qui e nei Balcani e se R. legazione a Belgrado approfondirà ricerche su fonte prima della informazione data, rileverà che essa viene da parte interessati a seminare sospetti fra l'Italia e la Turchia.

Contegno Governo tur,co verso Governo jugoslavo al di là della cerchia delle questioni [particolari] è e sarà determinato da quello di Roma verso la repubblica turca; come pure non sarà facile cosa smuovere Turchia dalla posizione di indi

pendenza nella questione balcanica nella quale kemalismo l'ha posta. Mentre chiari sono rischi ai quali si esporrebbe cambiando rotta, vantaggi che potrebbero derivarne sono molto relativi e non tali da compensare pericoli di rivedere messa in giuoco la propria indipendenza.

(l) Sull'atteggiamento di Seipel, scettico circa la vitalità dell'Austria, cfr. la sua lettera del 30 luglio 1928 ed. da P. R. SWEET, Seipel's views on Anschluss in 1928: an unpublished exchange of letters, in « The Journal of Modern History », dicembre 1947, pp. 320-323.

(2) Cfr. p. 83, nota l.

(3) Cfr. n. 89.

98

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, E AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, E A PARIGI, MANZONI

T. 735. Roma, 12 febbraio 1928, ore 24.

(Per tutti). R. ministro in Addis Abeba ha telegrafato quanto segue:

• (riprodurre telegramma n. 869/16 da Addis Abeba) • (1). (Per Colonie e Parigi). Ho pertanto telegrafato a Londra: (Per tutti). V. E. vorrà far presente a Foreign Office che l'idea del passo

collettivo non sembra al R. Governo quella che possa dare soluzione desiderata. Tale mezzo di pressione non potrà che irritare Ras Tafari il quale se anche volesse cedere e quindi acconsentire invio Parigi delegati etiopici darebbe a questi istruzioni tali da rendere perfettamente inutile .conferenza ed un insuccesso di essa in conseguenza dell'ostinata resistenza abissina non potrebbe poi non riuscire dannosa colà prestigio grandi potenze. Sembra al R. Governo che ove si voglia ottenere, come Francia e Inghilterra desiderano, adesione Abissinia alla conferenza armi bisogna fare opera di persuasione e perciò linea di condotta sostenuta da R. ministro Addis Abeba sembra quella che sola possa dare qualche pratico risultato. Prego pertanto V. E. voler chiedere a codesto Governo di esaminare convenienza nostra tesi e dare in conseguenza istruzioni ad Addis Abeba.

99

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 738/31. Roma, 12 febbraio 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 46 (2).

Non mi è ancora pervenuto suo rapporto n. 643/105 (3). Credo opportuno intanto che V. S. sappia che questo ministro di Grecia, che prima di partire per Atene in breve congedo è stato ricevuto da S. E. il capo del Governo ( 4), ha fatto cenno della possibilità della stipulazione di un patto di non aggressione greco-turco, aggiungendo che il signor Michalacopoulos era desideroso di conoscere il nostro pensiero in proposito. Gli è stato risposto che da parte nostra una simile eventualità sarebbe stata favorevolmente considerata.

(l) -Cfr. n. 92. (2) -Cfr. n. 78. (3) -Cfr. n. 80. (4) -Cfr. n. 86.
100

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 933/21. Addis Abeba, 12 febbraio 1928, ore 20,16 (pe1·. ore l del 13).

Mio telegramma gab. n. 20 (1).

Confermo notizia prossima partenza ministro d'Inghilterra, il quale lascerà Addis Abeba alla fine del mese corrente, anche se non avrà definito questioni pendenti. Egli si recherà dapprima a Khartum ed al Cairo per conferire circa note trattative lago Tzana e quindi a Londra, dove dovrà essere decisa azione definitiva al riguardo. Informazioni private mi assicurano che il Colonia! Office, lord Lloyd ed una parte del Foreign Office sarebbero partigiani di una energica politica verso l'Etiopia non solo per il lago Tzana ma per tutto quanto concerne i rapporti anglo-etiopici. L'Etiopia si trova forse svolta della sua storia e delle sue relazioni con le vicine potenze. Non solo l'Inghilterra ma anche la Francia è scontenta del Governo etiopico e per la prima volta lascia già da un anno senza titolare questa legazione. Ripeto che, in complesso, noi siamo gli unici che non abbiamo da lagnarci, ma se ras Tafari non dovesse essere in grado di mantenere parola data circa convenzione stradale mi sembra che sarebbe forse il caso anche per noi riesaminare nostra azione politica verso Etiopia (2).

101

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. P. CONFIDENZIALE S. N. Washington, 12 febbraio 1928.

Voglia l'E. V. gettare uno sguardo su questo foglio annesso. È la copia di una lettera scritta in pessima calligrafia, di mano evidentemente operaia, diretta per la posta all'attore Angelo Museo e firmata • un calabrese •.

Nella sua magnifica ingenuità quella lettera è una prova, quanto migliore io potessi desiderare, di quanto ebbi l'onore di esporLe verbalmente circa la forza del movimento italiano nella massa dei cittadini americani di origine italiana in questo paese.

Sono ormai tre anni che io mi sono dedicato, potrei dire con fervore di apostolato, a questa opera di risvegliare, favorire e intensificare quella rinascita di coscienza italiana nella massa itala-americana. L'approvazione di V. E., personalmente espressami, è stata la mia guida, ferma e sicura.

A questo lavoro si muovono due obbiezioni. Si dice che è un lavoro inutile, perchè gli italiani che assumono la cittadinanza americana sono perduti per l'Italia. Io rispondo che, noi italiani, noi

e non i nordici, abbiamo una forza nostra, della nostra razza, che è la forza del

• sentimento •, e che nessun lavoro di americanizzazione è, in generale, capace di distruggere. La lettera del c calabrese • è una fra le tante prove. Durante il mio recente viaggio in Virginia (ricco di risultati) in una cerimonia mi si accostarono due italo-americani, con le medaglie di guerra, e mi dissero: noi siamo cittadini americani, ma quando venisse un appello dall'Italia, torneremmo al nostro posto nel nostro esercito. Potrei citare molti esempi di italo-americani, .cile non sanno nemmeno parlare italiano, e che vengono a dirmi: siamo di sangue italiano, siamo ai vostri ordini.

D'altra parte gli italiani in questo paese valgono qualche cosa in quanto sono cittadini americani. Come tali sono elettori, concorrono alle cariche pubbliche, si elevano e si affermano, con l'ingegno della nostra razza, nelle prof~sioni, nelle industrie, nel commercio. Diventano un fattore, reale ed efficiente, della pubblica opinione di questo paese.

Altra obbiezione che mi fu fatta da autorevolissime personalità, esimie per ingegno e spirito italiano: il Governo non può contraddirsi, non può proseguire due diverse politiche, una in Francia, Tunisia, e paesi del Mediterraneo, dove con tutte le nostre forze ci opponiamo alla presa della cittadinanza straniera, e un'altra negli Stati Uniti. Ma io credo che appunto le diverse condizioni di cose, soprattutto sotto la visuale politica, presente e futura, giustifichino, anzi impongano, una diversa direttiva del Governo.

Inoltre: se anche il Governo decidesse di opporsi alla presa della cittadinanza americana, nessuna azione seria ed efficiente sarebbe in grado di esercitare. È la forza delle cose. E una azione in quel senso delle RR. Rappresentanze sarebbe considerata come ostile dal Governo Federale, dagli Stati e dalla pubblica opinione, senza, ripeto, cavarne alcun costrutto.

Nello svolgimento della sua opera di affermazione italiana nelle masse italo-americane l'Ambasciatore deve dar prova di sottile arte politica. Con l'affermazione preliminare del dovere di lealtà e devozione alle istituzioni americane si ottiene un doppio risultato, base necessaria di qualunque lavoro.

Primo. Si tranquillizzano le suscettibilità americane e si evitano dannose ;contro-azioni. È questione di tatto e di misura. Rammento che il mio predecessore Sen. Rolandi Ricci fu accusato, anche ufficiosamente, di c organizzare politicamente le colonie italiane • con le conseguenze che tutti conoscono. In questi ultimi giorni abbiamo traversato qualche difficoltà in seguito alle pubblicazioni della Segreteria Generale dei Fasci all'Estero ma giunse a buon punto la magnifica intervista di V. E. nel Christian Science Monitor del 27 Gennaio (1).

Secondo. Si rassicura la coscienza degli italo-americani i quali vogliono soprattutto e anzitutto essere persuasi che i loro doveri di lealtà alla patria di adozione sono conciliabili coi doveri verso la patria di origine. Mancando questa persuasione, la massa, che non è fatta di eroi, viene sterilizzata nella sua efficienza italiana. Di questa necessità psicologica ho avuto spesso la chiara

sensazione, e ultimamente a Boston in occasione del Comizio popolare: quando, anche in base alla citazione di pareri di personalità americane, io affermai appunto che si può e si deve essere al tempo stesso buoni cittadini americani e buoni italiani, il migliaio di intervenuti si alzò urlando l'entusiastica approvazione: era chiaro che le mie parole toglievano un vero peso dalla coscienza popolare.

D'altra parte i ritagli dei giornali americani, che spedisco con separato rapporto, dimostrano la simpatica accoglienza che la mia tesi raccoglie negli ambienti puramente americani.

In tale acquiescenza americana si debbono anche ravvisare indirette considerazioni di natura elettorale -altro campo di estrema delicatezza. Ho riferito a V. E. circa la mia recente gita a Philadelphia, dove promossi un banchetto, cui era presente il Cardinale Arcivescovo, dell'Ordine dei Figli d'Italia, con l'intervento delle Autorità locali. Occorre, come ho detto sopra, una sottile arte politica. È notevole quella significante affermazione di italianità, attraverso l'Ordine dei Figli d'Italia, che conta in tutto il territorio circa 250 mila soci, in piena campagna presidenziale, col manifesto ed espresso amichevole consenso delle Autorità e della stampa.

Io posso affermare a V. E. che di giorno in giorno si viene valorizzando l'efficienza della massa italo-americana come fattore della pubblica opinione di questo paese.

Tutto questo lavoro si compie principalmente a mezzo di viaggi del R. Ambasciatore nei diversi centri. I Consoli, di ogni paese, che sono innumerevoli, non hanno e non possono avere la medesima efficienza ed autorità degli Ambasciatori, che sono considerati i diretti portavoce dei Governi. Ciò spiega perchè gli Ambasciatori negli Stati Uniti sono in continuo movimento. Ed io considero -e confido l'E. V. mi approvi -questo mio dovere come essenziale, sebbene un poco faticoso (a Boston 5 discorsi in due giorni). In questo paese, un Ambasciatore che limiti l'opera sua ai rapporti ufficiali di Washington e agli obblighi sociali, vien meno alla sua missione.

(l) -T. 882/20 del lO febbraio: «Secondo informazioni confidenziali il Foreign Office avrebbe chiesto al mio coJlega britannico di recarsi a Londra per conferire... •. (2) -Sullo stato delle relazioni itala-etiopiche Cora riferl ampiamente con rapp. del 17 febbraio, per il quale cfr. VEDOVATO, pp. 48-50, nota.

(l) De Martino aveva segnalato a Castle l'intervista di Mussolini, dando assicurazioni sull'attività fascista negli Stati Uniti. (Memorandum di Castle del 10 febbraio, in Foreign Relations of the United States, 1928, III, p. 109. Cfr. anche ibid., pp. 110-111; e, per analoghe assicurazioni già date da parte italiana in ottobre-novembre 1927, ibid., 1927, III, pp. 125-128).

102

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 948/61. Atene, 13 febbraio 1928, ore 19,45 (pe1-. ore 21,10).

Telegramma di V. E. n. 738/31 (1).

Con mio odierno telegramma n. 60, ho fornito elementi per rintracciare mio rapporto n. 105 spedito il 3 corrente (2). Prendo atto di quanto V. E. ebbe a dire al signor Mavrudis circa eventualità stipulazione patto non aggressione greco-turco e me ne varrò opportunamente con Michalacopoulos quando egli sarà rimesso da attuale sua lieve indisposizione. Conclusioni suddetto mio rapporto collimano con risposta da V. E. data al ministro di Grecia.

ll\ Cfr. n. 99. (2' Cfr. n. 80.

103

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E AI MINISTRI A BELGRADO, BODRERO, A BUCAREST, DURAZZO, A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, A PRAGA, PREZIOSI, A SOFIA, PIACENTINI, E A VIENNA, AURITI

T. PER CORRIERE 796. Roma, 15 febbraio 1928, ore 20.

(Vienna). Suo telegramma n. 48 (1). (Praga). Suo telegramma n. 40 (2). (Parigi, Berlino, Budapest, Sofia, Belgrado, Bucarest). Mio telegramma

n. 668 (3). (Tutti meno Vienna). R. Ministro Vienna data 9 corrente comunica quanto segue: (4).

(Tutti meno Praga). R. ministro Praga in data 10 corrente telegrafa quanto segue:

• (come nel telegramma in arrivo n. 886/40 di collezione) » (5). (Tutti meno Vienna). Ho risposto Vienna quanto segue: (Tutti). Osservo che quanto precede contrasta con le dichiarazioni ufficial

mente fatte a questo ministero dal signor von Egger Moellwald e cioè che viaggio

Seipel non avrebbe avuto carattere né scopo politico. (Tutti meno Vienna e Praga). Ho invitato RR. legazioni Vienna e Praga: (Tutti). Vigilare ed assumere ogni possibile ulteriore informazione.

104

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, AI MINISTRI A BELGRADO, BODRERO, A BUCAREST, DURAZZO, A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, A PRAGA, PREZIOSI, E A VIENNA, AURITI

T. 798. Roma, 15 febbraio 1928, ore 24.

(Tutti meno Praga). R. ministro in Praga in data 7 corr. ha telegrafato quanto segue:

• (come nei telegrammi nn. 924/58 (6) e 925/59 per corriere da Praga) •. Ho risposto quanto segue: (Solo Praga). Suoi telegrammi nn. 58 e 59.

Non vedo opportunità di dare troppo spiccato rilievo al X anniversario fondazione legioni cecoslovacche in Italia e neppure di incoraggiare desiderio signor Benès di incontrarsi con me a Roma in tale occasione.

Per aver modo lasciar cadere cortesemente proposta V. S. potrà mostrarsi informato che R. Governo preferirebbe dare alla ricorrenza un carattere strettamente militare. In questo senso esso non sarebbe alieno dall'inviare un generale italiano a Praga, cosi come riuscirebbe gradita partecipazione generale cecoslovacco a cerimonia commemorativa che potrà tenersi in Italia.

Quanto precede per riservata conoscenza.

(l) -Cfr. n. 93. (2) -Cfr. n. 96. (3) -Ritrasmissione del tel. cit. a p. 89, nota 2. (4) -Cfr. n. 93. (5) -Cfr. n. 96. (6) -Cfr. n. 87.
105

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 976/151. Belgrado, 15 febbraio 1928, ore 22 (per. ore 2,30 del 16).

Telegramma di V. E. n. 662/51 (1).

Dalle indagini da me compiute con la prudenza ed i modi dovuti credo di poter dedurre che i concetti espressi dal giornale Vreme nel noto articolo rispondano ad un pensiero largamente diffuso in questi circoli politici. Anche se alle conversazioni itala-jugoslave non si attribuisce una connessione formale di tempo con quelle itala-francesi, si stabilisce tuttavia fra di esse una connessione di ordine morale e politico.

106

IL MINISTRO A PRAGA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 979/43. Praga, 15 febbraio 1928, ore 23,10 (per. ore 4 del 16).

Ho incontrato ieri sera Seipel ad un ristretto ricevimento dato in suo onore da Benès.

Cancelliere, dopo solite frasi d'uso, mi ha detto che si proponeva recarsi tra breve in Italia, probabilmente in primavera. Non ha fatto alcun accenno all'esito delle sue conversazioni con Benès: ha sottolineato tuttavia che avrebbe lasciato Praga stamane stesso.

Dal ministro aggiunto Krofta e dal mio collega Austria mi sono state invece fornite seguenti informazioni:

lo -nei suoi colloqui con Masaryk e Benès, cancelliere austriaco avrebbe cercato innanzi tutto conoscere pensiero Benès circa trattati sicurezza regionali. In seguito chiarimenti di Benès, Seipel avrebbe fatto intendere che mentre egli avrebbe in ogni caso respinto patti che potessero legare l'Austria alla Piccola Intesa, non nutrirebbe invece alcuna prevenzione contro sistemi di sicurezza (del genere di quelli regionali) che non rappresentassero fasci di alleanze e quindi non fossero suscettibili di reazioni politiche da parte di altri stati.

A tale riguardo ho rilevato che Krofta mi ha accennato di sfuggita alla eventualità di costituire dapprima un qualche patto • bilaterale • che fosse atto a servire da nucleo per più vasta associazione di stati. Ho quindi ricevuto impressione che tale eventualità abbia potuto essere discussa da Seipel e Benès.

2° -Seipel avrebbe mostrato di non voler prendere posizione circa questione trasferimento sede S. d. N. a Vienna. Da parte sua Benès sarebbe intimamente assai scettico circa tale possibilità trasferimento stesso.

3° -Non sarebbe stato esaminato alcun piano economico o di federazione economica. Sarebbero stati solo rilevati i buoni effetti del trattato di commercio concluso anno scorso.

4° -Sarebbero state infine esaminate questioni di puro dettaglio, come quella dell'abolizione visto passaporti, ecc.

Segnalo infine che in una odierna sua intervista (che invio per corriere) Seipel avrebbe escluso che sia stato qui offerto all'Austria l'ufficio mediatore dell'Ungheria e della Piccola Intesa; non ha alcun motivo per assumere veste di accusatore e tanto meno da temere di essere trattata come accusata.

(l) Cfr. n. 90.

107

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1027/145. Parigi, 15 febbraio 1928 (per. il 18).

[Titulescu] partirà stasera per 3an Remo. Via facendo cercherà vedere

signor Stresemann: ma sembra non sapere dove esattamente egli sia. Poi ripren

derà riposo, perchè è molto stanco; poi andrà Ginevra per sessione consiglio

Lega Nazioni.

Prima di lasciar Parigi ha voluto rivedermi e venire lui da me oggi. Rias

sumo quel che mi ha detto.

Vi autorizzo a dire a S. E. Mussolini, egli mi ha detto, che il mio sog

giorno in Francia mi ha confermato, se bisogno vi era, nella mia ammirazione

e simpatia per l'Italia e per la sua persona: se mi è permesso dirlo, ditegli che

io veramente lo amo: ditegli che ho qui fatto quanto ho potuto l'elogio dell'Ita

lia e dei metodi del capo del suo Governo nel trattare gli affari, metodi di

franchezza, di realizzazione che tanto combinano coi miei e coi metodi inglesi:

ditegli che parlando della Piccola Intesa ho ben detto che la sostengo, per

quanto non abbia quella coesione ed efficacia che le si afferma, ma ho pure

ben chiarito che la Romania non vi è come ancella e che la via Parigi-Buca

rest non passa e non deve passare per Praga.

Questa è stata la parte generale della conversazione. Vengo ora agli argo

menti particolari.

Relazioni Italia-Francia: si desidera qui veramente il chiarimento ma

temo che non sapranno trovare il buon metodo per raggiungerlo presto, perchè

l'influenza del metodo Berthelot prevarrà, probabilmente sulle buone inten

zioni del signor Briand e del signor Poincaré. Bisogna che il signor Mussolini sia

da voi informato che è questione di metodo Berthelot, non di volontà di Briand.

7 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

Piccola Intesa: il signor Titulescu realizza il legame esistente tra i signori Benès e Berthelot e realizza che la Francia, od almeno il signor Berthelot, fanno di Praga il pernio di azione nell'Europa centrale e della Piccola Intesa. Egli realizza le qualità del signor Bènes ma anche il metodo non chiaro e di intrigo. Realizza pure l'influenza della persona e della presenza del Benès nelle relazioni ceco-italiane e le manovre del signor Benès verso l'Ungheria. Il signor Titulesco vede il vantaggio pel suo paese di un chiarimento tra Belgrado e Roma, in modo che egli possa realizzare quella che chiama la linea parallela della sua politica e cioè la linea Roma-Belgrado-Bucarest; così come spera vedere realizzata la linea meridiana, quella Roma-Parigi-Londra. Mi ha detto che il signor Spalaikovich è stato molto contento che egli abbia chiaramente parlato qui nel senso che Bucarest non intende essere ancella di Praga.

Optanti: non è riuscito a nulla cogli ungheresi. Essi non ammettono nemmeno di dovere alla Romania a conto riparazioni. In tali condizioni egli a Ginevra, esporrà quel che ha fatto e non dirà una parola di più.

Relazioni romeno-italiane: seccato della gretta gelosia qui constatata nella stampa per la sua visita a Roma, il signor Titulescu nei suoi colloqui coi giornalisti francesi ha fatto l'elogio dell'Italia attuale, ha reclamato piena libertà d'azione per la Romania, ha confermato le simpatie romene per la Francia.

108

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. P. 439/177. Budapest, 15 febbraio 1928.

Come preannunciavo nel mio telegramma di ieri Gabinetto n. 39 (1), conferii nuovamente stamane col Conte Bethlen. Per quanto riguarda il progettato suo viaggio in Italia, mi confermò il desiderio di potersi incontrare con l'E. V. a Bologna, dove è difficile sia riconosciuto, fra il 1° ed il 9 aprile prossimo. La scelta della località gli è dettata dalla preoccupazione che il suo abboccamento con V. E., in ogni caso, ed anche possibilmente il suo soggiorno in Italia, che durerà una decina di giorni, rimangano ignorati dal pubblico. Dato lo scopo che egli si prefigge, V. E. potrà eventualmente fissare o consigliare altra località che torni più comoda o che ritenga più opportuna ai fini della segretezza dell'incontro. Come misura precauzionale, specialmente dovendo egli attraversare territorio jugoslavo, suggerii al Conte Bethlen di viaggiare sotto altro nome. Egli provvederà a che questa stampa nulla riferisca dei suoi movimenti e fa naturalmente pregare V. E. a che anche la nostra stampa mantenga sulla sua presenza in Italia un assoluto riserbo.

Fra i temi principali che il Conte Bethlen intende trattare con V. E. sarà il progettato più stretto accordo itala-ungherese di cui S. E. Grandi gli accennò nell'incontro di Venezia dello scorso dicembre (2). È in linea di massima pronto a

concluderlo, ma desidera, com'è logico, poterlo prima esaurientemente discutere con V. E. Egli aggiunse di aver informato delle sue intenzioni a questo riguardo unicamente il Governatore ed il Ministro Walko.

Il Conte Bethlen intratterrà certamente l'E. V. anche delle relazioni ungaroromene che sono ben lungi dall'essere quali egli desidererebbe. A V. E. è noto quanto starebbe a cuore a questo Presidente del Consiglio un sincero accordo con la Romania, sia per ragioni di politica generale, sia ancora per ragioni sentimentali e di prestigio personale, essendo egli transilvano. Non se ne nasconde tuttavia le difficoltà. E le logiche premesse che egli pone all'accordo, temo siano ancora di immatura realizzazione. Da quanto mi dichiarò sarebbero: un favorevole assestamento della questione degli optanti, un più legale e libero trattamento delle minoranze magiare ed un • raLlentamento • in genere della stretta alleanza che lega la Romania con la Jugoslavia e la Czecoslovacchia. • Finchè, disse, ci rimarrà l'impressione che queste due ultime Potenze potranno indurre la Romania a dichiararci la guerra a loro piacimento, non sarà certo possibile un'intesa fra Budapest e Bucarest. Ora, non cono'scendo con precisione il tenore e la portata degli accordi che stringono la P~ccola Intesa, con ogni buona volontà non potrei addivenire ad una sicura intesa con la Romania. Data poi l'amicizia italo-romena, polacco-romena ed itala-ungherese, non so capire cosa possa temere la Romania. Protetta dagli accordi con Varsavia nei confronti della Russia, dall'amicizia dell'Italia in quelli dell'Ungheria, essa avrebbe tutto da guadagnare economicamente e politicamente e nulla da perdere da un accordo con l'Ungheria •.

Il Conte Bethlen vuole inoltre possibilmente definire l'importante questione del materiale bellico per l'Ungheria di cui al mio rapporto n. 299/111 del 30 gennaio (1).

Ed infine non è da escludersi -non me ne ha fatto tuttavia parola che ritorni sulla sua recente idea di facilitare un più accentuato riavvicinamento itala-germanico benchè, quando me ne accennò, gli ebbi a dire che, a mia impressione, la cosa mi pareva immatura. Frase che, come mi riferì il Conte Bethlen stesso, gli venne poi, assai più autorevolmente, ripetuta da

S. E. Grandi durante l'abboccamento di Venezia.

(l) T. gab. (p. r). 13/39, del 14 febbraio, ore 15,35, per. ore 18,50, che non si pubblica. t2) Cfr. serie VII, V, n. 692.

109

IL SEGRETARIO GENERALE DEL PARTITO NAZIONALE FASCISTA, TURATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(A C S, Segreteria particolare del Duce, Carteggio Riservato)

L. Roma, 15 febbraio 1928.

A seguito di un colloquio da me avuto con Padre Tacchi Venturi, il giorno 10 u. s. sulla ormai vessata questione degli Oratori a Brescia, nella mia sosta di lunedì colà, pregai S. E. il Prefetto dott. Siragusa di prender contatto col

Vescovo offrendo la riapertura dei pochi oratori chiusi alle condizioni che come è già avvenuto in 44 paesi della provincia -si stabilisse l'accordo tra il Comitato locale dell'O. N. B. e l'autorità ecclesiastica.

Con grande sorpresa di S. E. il Prefetto si è sentito rispondere che non avendo ancora ricevuti ordini dal Vaticano, non era possibile trattare.

A questo punto ritengo, che ragioni elementari di dignità impediscano al Governo di accettare imposizioni o condizioni. In tal senso, prego l'E. V. di voler dare disposizioni al Prefetto.

(l) Cfr. n. 73.

110

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1047/438. Budapest, 16 febbraio 1928 (per. il 20).

Trattando ieri con il conte di Bethlen della idea fissa del signor Benès di dar vita ad una Locarno dell'Europa centro-orientale, idea che ritorna periodicamente sotto le più varie vesti, ora di confederaziane danubiana, ora di stretti accordi economici fra gli stati successori con appendici più o meno numerose nei Balcani, il presidente del consiglio mi assicurò nuovamente che l'Ungheria non vuol saper nulla di tutto ciò. Anzi, aggiunse, « ai primi del prossimo mese intendo tenere un discorso politico a Debreczen (suo collegio elettorale) nel quale farò pure delle dichiarazioni di politica estera. Ne approfitterò per rispondere al signor Benès e per enumerargli tutte le ragioni per le quali l'Ungheria è contraria ad ogni accordo del genere •.

111

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E AI MINISTRI A PRAGA, PREZIOSI, E A VIENNA, AURITI

T. PER CORRIERE 833. Roma, 17 febbraio 1928, ore 20.

(Per Praga). Suo teelgramma n. 43 (l) comunicato Vienna aggiungendo quanto segue: (Per tutti meno Praga). In data 15 corrente R. ministro a Praga ha telegrafato quanto segue: « (come nel telegramma n. 979/43 in arrivo) •. (Per tutti meno Vienna e Praga). Ho comunicato Vienna tale telegramma aggiungendo quanto segue:

(Tutti). Nel discorrere di quanto precede con questo ministro di Austria, gli ho fatto comprendere opportunità ricordare a Seipel la confusione delle idee del signor Benès accennando alla convenienza per il Governo austriaco di cercare di veder chiaro prima di prendere delle decisioni e sopratutto di tenersi opportunamente in contatto con noi.

(l) Cfr. n. 106.

112

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

TELESPR. 209004/118. Roma, 17 febbraio 1928.

Telegramma di questo Ministero n. 735 del 12 c. m. (1).

V. E. vorrà rilevare dal telegramma a cui mi riferisco che l'Inghilterra e la Francia (ed è a presumersi che l'idea sia tutta del Governo inglese perchè la Francia è stata ed è sempre restia ad usare la maniera forte in Etiopia, ciò che del resto sarebbe contrario ad ogni suo più evidente interesse) hanno proposto un passo collettivo a tre per premere su Ras Tafari ed indurlo ad inviare un delegato alla proposta Conferenza per il regolamento all'importazione delle armi in Etiopia, e finalmente giungere a qualche risultato su una questione che si trascina così penosamente da tempo. Ho già comunicato al riguardo il pensiero del R. Governo, ma ciò che in tale proposta è opportuno rilevare è che essa è stata fatta dopo che un altro passo collettivo, questa volta sembra di tutte le Potenze rappresentate ad Addis Abeba, è stato ugualmente suggerito, come Le comunico con telegramma a parte, anche dal Governo Britannico per protestare con[tro] la cattiva amministrazione della giustizia in Etiopia, e chiedere in conseguenza ampie riforme. Proposta quest'ultima che può condurre a gravi conseguenze perchè è nota la suscettibilità abissina in tale materia. E a prova dell'attuale tensione di rapporti fra codesto Governo e l'Etiopia, il R. Ministro in Addis Abeba telegrafava in data 12 corrente [sic] quanto segue (2).

La ragione di tale tensione potrebbe forse essere ricercata nella questione delle acque dello Tzana, per la quale Ras Tafari come è noto ostinatamente si rifiuta di acconsentire alle richieste del Governo Britannico e nei passi che l'Abissinia avrebbe fatti in America per risolvere la vertenza con l'intervento di capitali americani, quantunque si potrebbe supporre che tale soluzione non debba del tutto essere contraria alle direttive del Governo Inglese, se l'agente inviato nel Nord America dal Governo Etiopico è stato quel dottor Martin che, suddito abissino educato in collegi inglesi nell'India, è stato sempre ad Addis Abeba in ottimi rapporti con quella Legazione Britannica.

Comunque, esiste oggi una politica britannica che tende a far forte pressione sul Governo Etiopico, ma non è ben chiaro, fino a qual punto essa desideri

giungere ed a quali pratici risultati miri. E ciò avviene in un momento quanto mai delicato per l'Etiopia; in quanto che grandi Potenze che finora non si erano interessate in quel vasto ed ancor quasi vergine campo di sfruttamento economico, come gli Stati Uniti d'America ed il Giappone, hanno recentemente mostrato di voler in esso commercialmente intervenire, ed il Governo bolscevico, sempre nell'intento di creare difficoltà alla politica britannica, rafforza i suoi agenti nel Mar Rosso e comincia a dar vita e ad alimentare ogni resistenza anche europea in Arabia e nell'Africa Orientale. L'Abissinia poi è ad una svolta della sua storia: la trasformazione da stato feudale, con i governi delle provincie ereditari nei Capi, a Stato unitario con Governatori delle Provincie nominati e rimossi dal potere centrale. Morto il Fitaurari Apte Gheorghis, il grosso esercito dell'Impero si è quasi completamente disperso, ed attualmente il maggior esercito che conti l'Abissinia, ben armato ed il meglio istruito, è quello del reggente Ras Tafari, il quale cerca affannosamente di acquistare armi e rinforzarlo, in modo da imporre il rispetto, eventualmente armata mano, agli altri grandi Capi abissini ed assicurare la successione al trono di una imperatrice, che, ammalata, sempre più è allontanata dal Governo della cosa pubblica, e con la successione la possibilità di portare a compimento il suo programma di centralizzazione abbassando ed in parte disarmando i Capi delle Provincie. Questi, che vedono tale pericolo, mordono il freno, e non sarebbero alieni dal cogliere la prima favorevole occasione per abbattere la forza del Reggente, sempre più in loro confronto sproporzionata, ma trovano difficoltà di mettersi d'accordo e specialmente di ottenere armi moderne da opporre a quelle di Ras Tafari. Tale situazione del resto deve essere ben nota al Governo Britannico, che sembra mantenga con uno dei maggiori Capi dissidenti, Ras Hailù del Goggiam, ottime

relazioni.

In tale stato di cose una grossa pressione esercitata sul Governo Etiopico potrebbe portare a lontane e non prevedibili conseguenze. Ipotesi che il R. Governo potrebbe anche considerare favorevolmente, perchè non può non preoccuparlo la formazione ed il grosso armamento di uno Stato abissino centralizzato, senza sbocco al mare e gravitante sulle due nostre colonie, l'Eritrea e la Somalia.

Il R. Governo, per gli intimi rapporti che esistono e che vuol conservare con l'Impero Britannico, per la cordiale collaborazione iniziata per i problemi abissini e del Mar Rosso, sarebbe ben lieto di associarsi alla linea di condotta del Governo Britannico e concordare con esso una identica azione sull'Abissinia, nel caso che tale fosse il fermo proposito di codesto Governo, ed è pronto in tale materia, così importante per i nostri sviluppi coloniali, ad iniziare conversazioni con il Foreign Office sulla base di quelle che lo scorso anno furono fatte per lo Yemen e che certamente hanno avuto sinora ottimi risultati, in quanto che, mercè la continua persuasiva azione del R. Governo sull'Imam Jahia si è potuto evitare che le piccole questioni territoriali del possedimento di Aden si trasformassero in grossi attriti di cui certamente i bolscevichi, che ci avrebbero rimpiazzati nella fiducia dell'Imam, si sarebbero impadroniti per creare nella penisola araba un altro focolare di disordini antibritannici.

Perchè ciò avvenga però è necessario che il Governo britannico abbia chiara la visione della situazione abissina ed il desiderio di raggiungere colà tangibili risultati da un'azione di pressione e di forza, che in tal caso sarebbe possibile concretare [in] tutto un programma di riforme da imporre a quello Stato africano in modo da ottenere un maggiore e sicuro sfruttamento delle ricchezze di quell'immenso territorio, e di dar campo ad una diretta penetrazione civilizzatrice. In caso contrario vale a dire nel caso in cui codesto Governo non desideri appoggiare le sue richieste in modo da ottenere un sicuro successo, e quindi le proteste, i passi, le pressioni fatte all'Abissinia non corrispondano ad un programma di qualche ampiezza ed in buona parte siano destinate a fallire contro la nota forza di inerzia che è solito opporre quel Governo alle iniziative degli Stati Europei, il R. Governo non avrebbe ragioni particolari per seguire una tal linea di condotta, tanto più che il Governo britannico non avendo appunto mire e scopi ben definiti, non avrebbe nessun vantaggio da una aperta e decisa azione di pressione italiana in Abissinia, azione invece che riuscirebbe per noi alla fine di non piccolo danno poichè, come è noto, le nostre due colonie, che hanno così limitate risorse interne, hanno bisogno per il loro sviluppo di traffici continui con le confinanti provincie abissine e quindi necessità di rapporti amichevoli.

V. E. vorrà quindi su tale complessa situazione abissina intrattenere codesto Governo, facendo presente quanto ho creduto opportuno esporLe, in modo che esso abbia in ogni caso una nuova prova del nostro leale ed intimo desiderio di collaborazione e di amicizia. V. E. vorrà dichiarare che il R. Governo si riserva di dare le istruzioni alla R. Legazione di Addis Abeba circa le diverse singole questioni attualmente in trattazione colà, dopo appunto aver conosciuto quali siano le direttive di massima che inspirano in questo momento la politica inglese verso l'Abissinia.

(l) -Cfr. n. 98. (2) -Cfr. n. 17.
113

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI (1), E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. 845. Roma, 18 febbraio 1928, ore 24.

(Per Colonie, Parigi e Londra). Mio telegramma n. 735 del 12 corrente (2).

Ho telegrafato ad Addis Abeba quanto segue:

(Per tutti). Date insistenze Governo britannico e per non mostrare di volerei separare da una linea di condotta comune nella questione, prego V. S. voler procedere al passo collettivo e concordare con colleghi di Francia e d'Inghilterra che riceveranno analoghe istruzioni testo nota collettiva da presentare Governo etiopico per ottenere adesione conferenza armi.

(l) -A Parigi e Londra il telegramma fu spedito per corriere. (2) -Cfr. n. 98.
114

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI (l)

N. 209462/110. Roma, 18 febbraio 1928.

Ho ricevuto ed ho letto con particolare attenzione il promemoria n. 13 che l'E. V. ha voluto inviarmi il 14 febbraio scorso, relativamente agli ultimi incidenti di confine fra la Somalia e l'Etiopia (2).

È indubbio che il ripetersi di episodi del genere di quello svoltosi nei pressi di Gorahei, tra una nostra colonna di bande di confine, lanciata sin là dal Governatore De Vecchi ed un gruppo di ribelli fuorusciti dal territorio di Obbia, non mancherebbe di provocare fra noi e l'Etiopia il sorgere di qualche incidente, la cui gravità e le cui conseguenze non è dato fin d'ora di prevedere.

Ciò deve esse1·e assolutamente vietato.

Se, in occasione degli scontri di Gorahei e di Scillave noi non abbiamo avuto da parte del Governo Etiopico quella protesta, che pure era prevedibile sorgesse per la gravità dell'incidente, ed a prevenire la quale ed a svalutarne l'efficacia i Ministeri degli Affari Esteri e delle Colonie erano stati concordi nell'opportunità di invitare il R. Ministro in Addis Abeba a compiere i passi di cui al mio telegramma n. 7243 del 19 dicembre u. s. (3), io non posso però esimermi dal rilevare che, in definitiva, l'aver creduto [invitare] il Ministro Cora di soprassedere a tali passi chiedendo la conferma dei fatti segnalati dal Governatore della Somalia e sui quali doveva basare la sua azione, ha evitato che alla nostra protesta contro il preteso sconfinamento entro il nostro territorio di elementi armati etiopici sia seguita quella prevedibile contro-protesta abissina per l'incursione delle nostre bande nel territorio dell'Ogaden: cosa che avrebbe potuto provocare una discussione sulla questione confinaria che

• Questa condizione di cose presenta talune incognite e forse taluni pericoli: incognite e pericoli che potrebbero essere vicini e improvvisi come i suddetti combattimenti di Gorahei e di Scillave; e potrebbero anche essere remoti, ma non perciò meno degni di tempestivaattenzione.

Mentre si svolgono felicemente in tutta la Libia le operazioni intese ad estendere l'eser

cizio della sovranità italiana alla maggior parte del territorio politicamente a noi pertinente,

il Ministero delle Colonie non può e non deve dimenticare che dei sedici battaglioni di colore

attualmente impiegati in quelle operazioni, ben tredici sono di ascari che di c eritreo • non

hanno che il nome, mentre per i nove decimi dell'effettivo sono in realtà di volontari abissini

accorsi d'oltre confine ad arruolarsi nei nostri riparti. Questa massa di abissini, che costituisce

oggi la grande maggioranza del nostro esercito coloniale, rappresenta una preziosa risorsa

militare, ma determina anche una non lieve preoccupazione politica. Basta tener presenti quelle

che ancora sono le necessità dei RR. Corpi di Truppe Coloniali della Libia, e pensare alle

ripercussioni che almeno per ora avrebbe sulla nostra situazione militare nelle Colonie me

diterranee anche soltanto un eventuale minore gettito dell'arruolamento degli abissini nei

nostri battaglioni eritrei, per rendersi conto della gravità di quella preoccupazione. Tutto ciò

costituisce la materia di un grosso problema organico, che è oggetto (come è ben noto) di

studio costante da parte mia, e che potrà in un giorno forse non molto lontano, a situazione

libica sistemata, essere radicalmente risoluto. Ma adesso, sic stantibus rebus, il Ministero delle

Colonie non può non considerare con la più grande serietà qualunque minaccia a quell'equi

librio dei nostri rapporti coll'Etiopia che ci consente di trarre di là il nerbo delle nostre forze

militari coloniali. D'altra parte, neppure potrebbe per qualsivoglia motivo il Ministero delle

Colonie rinunziare a tutte le nostre rivendicazioni coloniali.

In conclusione, qui si impone, circa l'indirizzo concreto da seguire in questa delicata

materia, un apprezzamento decisivo che spetta manifestamente al Capo del Governo e al

Ministro degli Affari Esteri •.

siamo tutti d'accordo (ed in particolar modo S. E. de Vecchi -suo telegramma

5114 del 29 dicembre u. s.) nel non volere affrontare perchè contraria ai nostri

interessi in questo momento.

A questo proposito devo richiamare tutta l'attenzione dell'E. V. sulla necessità che, in avvenire, ogniqualvolta, nell'interesse delle nostre Colonie, sia ritenuta opportuna un'azione diplomatica presso Governi Esteri, le circostanze che debbano dar luogo all'azione stessa siano previamente e rigorosamente accertate, onde non trovarci nella delicata situazione di veder controbattuta ed inficiata la verità delle nostre affermazioni.

L'attuale situazione ci consiglia la massima prudenza nei rapporti con l'Etiopia: questa considerazione e le altre avanzate dall'E. V. per quanto concerne i nostri arruolamenti di truppe eritree o meglio abissine ci impongono di non creare, con incidenti del genere di quello di Gorahei, qualche cosa di grave, se non di irreparabile fra noi e l'Etiopia.

Le considerazioni svolte da V. E. nell'ultima parte del Suo promemoria indicano, per se stesse, la via da seguire.

La • linea insormontabile • da indicarsi a S. E. il Governatore della Somalia deve essere quella segnata in rosso nella carta annessa al promemoria (e cioè la linea raggiunta e tenuta come confine settentrionale del Benadir e quella • delle 180 miglia •) comprendente il massiccio di Bur Durdurb (Forte Damot) e quello dello Hiran (stretta di Ferfer).

Ma, pur fissata tale linea, non riterrei opportuno il ritirarci, per ora, dalla linea oggi effettivamente occupata dalle nostre bande avanzate, anche se questa linea sia eventualmente più al nord o più ad ovest della suindicata « linea insormontabile ». (Sarebbe bene ad ogni modo che S. E. il Governatore indicasse precisamente le attuali posizioni).

Il mio pensiero è che non si debba alterare lo statu qua attuale, anche quello determinatosi in seguito ai combattimenti delle bande, e che quindi

S. E. de Vecchi debba ricevere istruzioni di non prendere, per nessun motivo, iniziativa di ulteriori operazioni, e di evitare, nel modo più assoluto, ogni incidente possa valere a turbare le buone relazioni itala-etiopiche.

(l) -Il documento pubblicato nel testo segue la traccia di un appunto di pugno di Mussolini del 14 febbraio, intitolato «Nota-Bene per rispondere». (2) -Di questo promemoria si pubblica solo il seguente passo:

(3) Non pubblicato.

115

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1035/75. Londra, 18 febbraio 1928, ore 20,50 (per. ore 3 del 19).

Telegramma di V. E. n. 52 (1).

Ho esposto ed appoggiato Foreign Office motivi pei quali R. Governo ritiene più opportuno procedura passo separato anzichè collettivo per indurre ras Tafari aderire conferenza armi [in Parigi. Foreign Office si rende conto]

fondatezza nostre argomentazioni ma, visibilmente dominato da timore che qualcuno dei tre ministri non mostri nella esplicazione della sua azione presso ras Tafari quella decisione cui sembrerebbero ispirarsi istruzioni impartite al ministro Inghilterra, insiste sulla opportunità di una azione collettiva. Per venire ad ogni modo incontro a nostro desiderio esso propone che ministri senza dare a loro azione carattere di vero e proprio passo collettivo si riuniscano tutti insieme con ras Tafari per cercare in via amichevole di persuaderlo a dare propria adesione. Foreign Office mentre non sembra farsi soverchie illusioni circa buona volontà Governo Abissinia collaborare a pratico esito ·conferenza quando anche vi partecipasse, opina d'altra parte che in caso di rifiuto si otterrebbe almeno risultato di persuadere Governo francese conferenza a tre essere unica soluzione possibile. I tre ministri ad Addis Abeba dovrebbero pertanto ricevere istruzioni accordarsi circa svolgimento loro azione persuasiva e preferibilmente contemporanea presso ras Tafari. Ho dichiarato che avrei sottoposto proposta britannica ad esame di V. E.

(l) Si tratta evidentemente del n. 98 che venne trasmesso a Londra con il numero di protocollo particolare 52.

116

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON L'AMBASCIATORE TURCO A ROMA, SUAD BEY

RISERVATO. Roma, 20 febbraio 1928, [ore 18,45].

SuAD BEY -Avendo avuto una risposta favorevole da Angora sono venuto per proporre ufficialmente al Governo italiano la conclusione di un trattato di non aggressione e di neutralità fra l'Italia e la Tur:chia.

MussoLINI -Sta bene. Io preparerò uno schema di trattato e in settimana ve lo sottoporrò, perchè possiate trasmetterlo ad Angora. Si potrebbe aggiungervi una clausola per l'arbitrato e protocollo annesso.

SuAD BEY -Ha detto che per quest'ultima clausola si sarebbe riservato di chiedere istruzioni. Mi ha quindi accennato alla possibilità di un viaggio del ministro degli esteri a Roma e di un mio incontro con Kemal a Rodi o a Smirne.

117

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 881/42. Roma, 20 febbraio 1928, ore 21.

Oggi ambasciatore di Turchia mi ha in nome del suo Governo, proposto ufficialmente la conclusione di un patto di non aggressione e di neutralità fra Italia e Turchia. Siamo rimasti d'accordo che in settimana gli avrei proposto lo schema di questo trattato che secondo Suad bey potrebbe firmarsi a Roma. Tanto per sua norma di linguaggio. V. E. non prenda iniziative perchè trattative si svolgeranno a Roma (1).

118

PROMEMORIA DELL'UFFICIO ALBANIA (2)

Roma, 20 febbraio 1928.

Nei riguardi dei profughi albanesi, era stata tracciata la seguente linea di condotta :

l) sussidi a quelli che, ad una certa data, sarebbero venuti in Italia; sospensione dei sussidi a quelli che sarebbero rimasti all'estero dopo tale data. 2) Sospensione dei sussidi agli amnistiati che non facessero ritorno in

Albania.

Il termine ultimo fissato per la venuta in Italia era originariamente il 1° marzo. Bisognerebbe procrastinarlo, perchè l'azione sui profughi a tale scopo è stata molto ritardata da varie circostanze e si inizierebbe solo ora seriamente. A ciò l'Ufficio non vede difficoltà, perchè anche l'erogazione sussidii è stata ritardata, e perciò la cosa non porta a conseguenze finanziarie di rilievo. Si fisserebbe invece il l o luglio come termine ultimo.

Se non che, nuove conversazioni passate fra l'Ufficio Albania e il notabile Mustafà Kruia, da cui dipende l'azione sul gruppo più importante dei profughi, hanno condotto a stabilire che non sarebbe possibile mantenersi strettamente allo schema (sospensione sussidii a quelli che ad un giorno fisso non siano in Italia -e a quelli che venissero amnistiati e non tornassero in Albania) giacchè il Kruia stesso non accetterebbe in tal caso di far agire le sue influenze. Infatti:

l) Alcuni profughi per le loro stesse mansioni, dovrebbero rimanere all'estero: p. es. il Zoc Koxe, che sta a Bukarest, ha molta influenza sulla colonia albanese in Romania e vi dirige un giornale, valendosi del sussidio che gli passiamo. Se torna in Italia, la colonia albanese corre il pericolo di ricadere in mano dei serbofili, ed il giornale di riprendere un indirizzo contrario ai nostri interessi. Inoltre, qualche tolleranza pei dubbiosi che aspettassero di vedere come si trovano quelli che vengono pei primi.

2) Molti dei profughi, anche quando ufficialmente amnistiati, non se la sentirebbero di tornare in Albania, finchè non fossero sicuri della propria incolumità personale e non vedessero un cambiamento nei sistemi di Governo di Ahmed Zogu. Mustafà Kruia dice (e non si può dargli torto) che non si sente di farli venire qui, e far perdere loro i sussidi che ricavano ora da altra parte (vedi Jugoslavia), con la spada di Damocle sul capo di essere lasciati in asso quando l'uno o l'altro o magari tutti fossero amnistiati, e messi al bivio: o tornare in Albania, o non ricevere più un soldo.

Al qual proposito, l'Ufficio Albania osserva che dal lato politico i nostri interessi coincidono colla tesi di Kruia: a noi non giova che molti di questi fuoru

sciti tornino a casa, anche se amnistiati. Ahmed Zogu preferisce, senz'altro, non averli; e il Ministro Sola, pratico del paese, dice anch'esso che il loro vero luogo sarebbe l'Italia, dove non possono intrigare e non l'Albania, dove intrigherebbero subito.

Rimarrebbe quindi un solo inconveniente: quello finanziario: e cioè dovremmo prepararci ad avere in Italia una trentina di persone, che, per un tempo indeterminato, ci costerebbero al massimo una trentina di mila lire al mese.

S'intende che quanto detto sopra si applica solo agli intellettuali, ai notabili: i gregari, sparsi nei distretti di frontiera jugoslava, debbono rimpatriare (e sono già in procinto di farlo, alla spicciolata).

Data questa situazione l'Ufficio Albania subordinatamente ritiene che non rimangono che due vie:

l) O abbandonare i profughi al loro destino, e lasciare che la Jugoslavia se ne serva finchè vuole e può. L'ipotesi non è poi da considerarsi così gravida di conseguenze fatali: ma certamente ci conviene, se si può e non costi troppo, togliere di mano al Regno S. H. S. anche queste carte e assicurarci la neutralità e, col tempo, la tolleranza e forse la rappacificazione di costoro con Ahmed Zogu, con vantaggi evidenti dei nostri interessi.

2) O assumere con Mustafà Kruia qualche onesto impegno nel senso desiderato da lui: impegno -per quanto riguarda di non sospendere il sussidio e l'assistenza a quegli amnistiati che volessero rimanere in Italia -che coincide in fondo coi nostri interessi politici e coi desideri più o meno palesi di Ahmed Zogu.

E siccome pei profughi si è già speso, e con loro si è già trattato e non conviene sospendere azioni iniziate quando si possono continuare, l'Ufficio Albania espone a V. E. il proprio parere favorevole a tale ultima linea di condotta.

In questo caso, il Mustafà Kruia dovrebbe partire tosto per Vienna, accompagnato dal Capitano Mazzotti, per prendere accordi con i profughi che si sono concentrati in tale città (la più pericolosa per gli intrighi serbo-croatosloveni e balcanici) e farli venire in Italia. Si recherebbe poi a Corfù, e forse ad Atene, per agire nello stesso modo sugli altri colà dimoranti. V. E. è già al corrente di questo progetto di viaggio che comporterà naturalmente le relative spese (1).

(l) -La minuta è dì pugno di Mussolini. (2) -Il destinatario è probabilmente Grandi.
119

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1064/58. Costantinopoli, 20 febbraio 1928 (per. il 21).

Delegato apostolico è a Angora con segreta missione di sondare terreno presso il Governo turco circa possibilità stabilire relazioni diplomatiche fra

S. Sede e Turchia. Nella conversazione di ieri sera con Tewfik Roussdi bey

monsignor Rotta senza essere esplicito ha fatto presente utilità per Vaticano e Turchia di uscire finalmente da incerta ambigua situazione attuale. Ministro degli affari esteri è stato largo di buone parole e di assicurazioni di amicizia ma si è riservato di rispondere in modo preciso dopo aver attirato sulla importante questione attenzione del consiglio dei ministri e sollecitato parere di esso. Risulta che ambasciata di Francia ha assunto atteggiamento favorevole al passo della delegazione apostolica. Poichè mi sembra che lo stabilirsi del nuovo stato di cose porrebbe fine alla situazione di privilegio che la Francia si arroga ma che è impotente a mantenere, e coinciderebbe quindi col nostro interesse, una nostra cauta azione potrebbe svolgersi di pari passo con quella di monsignor Rotta. Questa mia eventuale azione è però naturalmente subordinata alle istruzioni di V. E.

(l) Annotazione marginale di Grandi: • Lojacono da me •.

120

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, lVIUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. RR. 898/41. Roma, 21 febbraio 1928, ore 16,15.

Decifri da sè.

Ambasciatore di Turchia a Roma è venuto a propormi ufficialmente a nome del Governo di Angora la conclusione di un trattato di non aggressione e di neutralità fra Italia e Turchia. Poichè in una antecedente apertura fattami dallo stesso ambasciatore avevo accolto favorevolmente tale proposta ho risposto all'ambasciatore che nella corrente settimana gli avrei rimesso un Pl1imo schema di convenzione. Suad Bey ne ha preso atto ed ha soggiunto che il tutto potrebbe essere firmato in brevissimo tempo, forse quindici giorni. Mi è parso di comprendere che la Turchia ha piuttosto fretta di concludere. Quindici giorni fa Mavrudis venne a domandarmi che cosa pensava Governo italiano di un possibile patto di non aggressione fra Grecia e Turchia. Gli risposi che lo avrebbe benevolmente considerato. È dunque manifesto che la Turchia tende a concludere due separati patti di non aggressione con Italia e colla Grecia. Ciò significa che invece di due patti separati si può addivenire a un unico patto a tre di non aggressione e di neutralità. Questa soluzione mi sembra la migliore. Il risultato sarebbe la fissazione di una specie di triplice del Mediterraneo orientale che stabilizzerebbe la situazione fra i tre paesi interessati a quella plaga e permetterebbe una politica di amicizia che potrebbe aver ulteriori sviluppi. Idea di un patto a due fra Italia e Turchia mi sorride mediocremente mentre soluzione che propongo di un patto a tre è più logica più feconda e non si presta ad equivoche interpretazioni. Si rechi di Michalacopulos e gli esponga la situazione. Se Michalacopulos entra in questo ordine di idee, e io penso che la soluzione qui prospettata sia di una indiscutibile utilità per la Grecia, resta da vedere chi deve prendere iniziativa di proporre alla Turchia il patto a tre. Se Grecia sollecitasse Italia a prendere tale iniziativa, ne sarei naturalmente lietissimo e farei senz'altro i passi neces

sari presso Suad Bey o Angora. Un patto italo-turco potrebbe allarmare la Grecia, un patto italo-greco potrebbe insospettire la Turchia, un patto a tre elimina questi inconvenienti. Mi tenga immediatamente informato e le raccomando la più grande riservatezza e il più assoh~to riserb0 ond~ evitar~;> interferenze estranee (1).

121

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1085/21. Ginevra, 21 febbraio 1928, ore 23,15 (per. ore 3,15 del 22;.

Ha suscitato vivo interesse parte discorso del delegato inglese al comitato di sicurezza lord Cushendun, nella quale ha appoggiato idea patti regionali e insiste su necessità che essi si ispirino ai criteri del trattato di Locarno. Dato che un mese fa lo stesso lord Cushendun e altri funzionari del Foreign Office avevano esposto a Sugimura durante sua visita a Londra (vedi mio rapporto n. 83) una opinione nettamente contraria, ho ritenuto opportuno sondare discretamente terreno in una conversazione con Drummond. Questi mi ha confermato che il Governo britannico sarebbe entrato nel punto di vista che unica possibilità attuale di accrescere condizioni sicurezza sia di favorire trattati regionali sul tipo di quello di Locarno. Alla mia osservazione che con ciò si corre il pericolo di costituire blocchi rivali, mi ha risposto tali intese non debbono essere orientate contro alcuni stati ma al contrario comprendere paesi aventi interessi disuguali. Egli ritiene ad esempio che pacificazione Europa orientale potrebbe essere facilitata facendo entrare nel gruppo della Piccola Intesa anche l'Ungheria e l'Austria. Gli ho osservato che ciò significava quasi ricostruire la Confederazione Danubiana. Mi ha risposto non condivideva mia preoccupazione, giacchè non si trattava di costituire un blocco omogeneo di potenze in grado perseguire una politica uniforme ma di creare un sistema nel quale divergenze si sarebbero neutralizzate. Mi ha citato accordo di Locarno dal quale non è sortito un blocco franco-tedesco. Ho fatto osservare a Drummond che l'esempio di Locarno non poteva valere nel caso attuale, trattandosi di un accordo tra due potenze, separate da secoli di rivalità e costituenti due forti unità politiche ed economiche nettamente distinte. Nel caso d'una intesa danubiana si rischiava di creare una coesione tra paesi che in massima parte costituirono in addietro una entità a sè e che potrebbero uniti insieme e infeudati a una potenza maggiore, compromettere equilibrio europeo e essere causa di grave antagonismo. Drummond si è limitato a rispondermi che analogamente a quanto era avvenuto a Locarno, intesa sarebbe completata da sistema opportuno garanzie che assicurerebbero carattere e scopo di pace. Ho allora domandato a Drummond a bruciapelo se viaggio di Seipel a Praga

doveva riconnettersi a una tale eventualità, mi ha risposto che egli lo escludeva, non trattandosi per ora che di idea di carattere assai vago. Le dichiarazioni di Drummond, che ha avuto nei giorni scorsi opportunità sondare opinione Foreign Office nella sua visita a Londra, mostrerebbero attiva opera spiegata da Governo francese per guadagnare Governo inglese alle sue idee. Tale atteggiamento conferisce particolare importanza ai lavori del comitato sicurezza, potendo essi orientarsi, sotto la scaltra direttiva di Benès presidente, verso la formazione di blocchi e non potrebbe che accentuare preponderanza francese. Non senza ragione delegato tedesco signor Simson prendendo la parola dopo lord Cushendun ha espresso scetticismo suo Governo sulla utilità degli accordi regionali.

(l) La minuta è di pugno di Mussolini.

122

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 1107/76. Atene, 22 febbraio 1928, ore 20,20 (per. ore 21,50 del 23).

Mi riferisco telegramma gab. V. E. n. 898/41, riservatissimo (1).

Questo ministro affari esteri occupato oggi fino tardi alla camera, mi ha fissato appuntamento per domani. Non sono in grado di fare previsioni circa accoglienza che Michalacopoulos riserverà in definitiva al concetto della conclusione del patto a tre italo-greco-turco, in quanto abbiano a pesare sulle sue decisioni, possibili impegni morali da lui precedentemente assunti con Francia e Inghilterra (secondo ha fatto anche a nostro riguardo, ed in conformità di quanto ha pubblicamente manifestato nei suoi discorsi) nel senso di non vincolare comunque politicamente la Grecia separatamente ad una delle tre grandi potenze. Ma, oltre che in ottemperanza alle istruzioni impartitemi, gli prospetterò col più profondo mio convincimento personale la situazione descritta nel citato telegramma di V. E. ed i vantaggi che ne deriverebbero a questo paese. Giacchè la posizione che veniamo coll'odierna proposta ad assumere nei confronti della Grecia e della Turchia non potrebbe essere più chiara, più leale e più integralmente consona alle precedenti dichiarazioni fatte dalla E. V. di amichevole atteggiamento verso tali paesi, nè potrebbe essere, anche nei riguardi dei terzi, più ineccepibile conferma del preciso e sincero intendimento dell'Italia di valere da elemento stabilizzatore di pace in tutta questa così importante zona mediterranea.

Telegraferò nuovamente domani dopo colloquio.

(l) Cfr. n. 120.

123

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, MANZONI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A BERLINO, ALDROVANDI, AI MINISTRI A PRAGA, PREZIOSI, A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, A BELGRADO, BODRERO, A BUCAREST, DURAZZO, E AL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE

T. PER CORRIERE 911. Roma, 22 febbraio 1928.

Questo ministro d'Ungheria dichiarasi confidenzialmente informato che prossima riunione Ginevra consiglio S. d. N. darà occasione conversazioni tra Berthelot e Benès allo scopo predisporre realizzazione piani di quest'ultimo per la così detta • Locarno balcanica • e per sviluppo tentativi solidarietà danubiana sotto egida Francia.

Informone a mia volta V. S. (V. E.) per riservata sua conoscenza e per ogni possibile controllo.

124

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1139/77. Atene, 23 febbraio 1928, ore 24 (per. ore 6 del 24j.

Mio telegramma n. 76 del 22 corrente (1).

Ho esposto stamane a questo ministro degli affari esteri la situazione descritta nel telegramma di V. E. n. 898/41 (2), prospettandogli particolareggiatamente, con tutti gli argomenti del caso, i vantaggi per la Grecia della eventuale conclusione di un unico patto di neutralità e non aggressione tra Italia Grecia e Turchia. Ho posto in pari tempo in rilievo come la comunicazione e la proposta che V. E. mi aveva ordinato di fargli fossero una nuova prova dell'atteggiamento di leale amicizia dell'Italia verso questo paese.

Michalacopoulos mi ha ascoltato col maggiore interesse e mi ha pregato in primo luogo di ringraziare vivamente V. E. per questa franca e sincera comunicazione.

Ha dichiarato poi che di fronte alla straordinaria importanza di essa, egli non poteva formulare immediatamente una risposta concreta dovendosi riservare di esaminare la memoria esclusivamente col presidente del consiglio Zaimis e col ministro Cafandaris.

Mi ha fatto esplicite dichiarazioni di assoluto riserbo con chiunque altro; ed avendomi fissato un nuovo appuntamento per sabato mattina 25 corrente, mi ha pregato di attendere fino allora, prima di telegrafare all'E. V. in proposito.

Passando quindi dalle dichiarazioni ufficiali a considerazioni sul cui carattere esclusivamente personale, il mio interlocutore ha molto particolarmente insistito, Michalacopoulos mi ha fatto comprendere che malgrado probabile risentimento che avrebbe specialmente la Francia nel vedere la Grecia concludere un patto politico in comune con l'Italia e con la Turchia, egli non escluderebbe affatto per suo conto a priori la possibilità e convenienza di addivenirvi.

Ma, ha subito aggiunto, un patto di neutralità e non aggressione e quindi di amicizia della Grecia colla Turchia, non potrebbe assolutamente in nessun caso essere compreso ed accettato da questa opinione pubblica (la quale lo riterrebbe altrimenti come il fallimento di tutta la strenua resistenza opposta da Michalacopoulos alla politica franco-serbo-pangalista, obbligandolo alla immediata dimissione) se non come il corrispettivo per indurre la Turchia ad accettare, collateralmente e contemporaneamente alla stipulazione del patto stesso, il principio che le divergenze dimostratesi praticamente insolubili coi sistemi attualmente in vigore fra i due paesi in tutto ciò che concerne lo scambio delle popolazioni e beni, abbiano ad essere risolte ricorrendo ad un arbitrato, sia dell'Aja e sia eventualmente di altre forme da convenirsi.

Il colloquio durato oltre un'ora in forma sempre cordialissima, mi ha lasciato netta l'impressione che Michalacopoulos sia particolarmente perplesso per la possibilità che una eventuale rapidissima conclusione da parte nostra di un patto singolo colla Turchia, senza che la Grecia abbia avuto modo assicurarsi per quella stessa data qualche materiale garanzia di una equa soluzione delle questioni in sospeso (quale potrebbe essere appunto l'arbitrato), lasci questo paese in completa balìa della Turchia.

La convinzione di Michalacopoulos (la quale sarebbe certo condivisa da tutta questa opinione pubblica) è dunque che un patto non accompagnato dal suddetto corrispettivo risulterebbe a totale svantaggio della Grecia ed egli si spaventa sopratutto, mi sembra, che l'estrema brevità del termine non abbia a !asciargli nemmeno il tempo strettamente necessario per controllarlo. In tal caso, ha egli finanche esclamato nell'enfasi del discorso, i suoi oppositori, legati alla propaganda straniera interessata, avrebbero giuocato sicuramente nell'obbligare il suo immediato successore al ministero degli affari esteri ellenico, ad una politica di completa dedizione all'influenza franco serba nei Balcani, facendo tendenziosamente apparire l'atteggiamento italiano come quello di una specie di abbandono della Grecia alla sua sorte.

Trattandosi come ho detto, per ora di sole considerazioni personali e confidenziali, non destinate ad essere trasmesse a Roma, non ho fatto alcun accenno (pur discutendola ampiamente in modo opportuno col mio interlocutore) alla eventuale possibilità che, nel proporre noi ad Angora la conclusione del patto a tre potessimo usare della nostra influenza presso il Governo turco per indurlo ad accontentare nei limiti del giusto la Grecia circa l'arbitrato.

Ma sono così sinceramente convinto dell'enorme vantaggio che rappresen

terebbe per noi la conclusione del patto tra tutti e tre i paesi, di fronte all'assai

grave danno per la nostra posizione in Grecia, con evidenti ripercussioni bal

caniche, di un eventuale nostro patto singolo colla sola Turchia, che mi per

metto esprimere senza esitazione il subordinato avviso convenirci (se dopo il

8 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

mio preannunciato nuovo colloquio di sabato, ciò potrà dimostrarsi utile al raggiungimento della prima soluzione) concedere alla Grecia l'indispensabile breve respiro prima della firma del patto proposto. Nell'intervallo potremmo allora noi stessi agire opportunamente ad Angora per la ricerca di un accomodamento, per ora semplicemente procedurale, che senza pregiudicare la Turchia dia una giusta soddisfazione alla Grecia.

(l) -Cfr. n. 122. (2) -Cfr. n. 120.
125

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

TELESPR. RR. 209964/66. Roma, 23 febbraio 1928.

Per riservata notizia di V. E., accludo copia di un recente rapporto (l) del R. Ministro ad Atene a proposito della fase attuale delle relazioni greco-turche e sui possibili sviluppi delle stesse. Aggiungo che questo Ministero condivide il parere manifestato in fine del suo rapporto dal Ministro Arlotta circa il valore che tali sviluppi potrebbero rappresentare dal punto di vista degli interessi italiani.

126

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

L. R. P. 1101. Roma, 23 febbraio 1928.

Con riferimento al Suo rapporto N. 439l 177 del 15 febbraio u. s. (2), prego

V. S. di far conoscere al Conte Bethlen che S. E. il Capo del Governo sarà lieto di incontrarlo in Italia tra il 1° ed il 9 aprile prossimo.

V. S. potrà assicurare il Presidente del Consiglio Ungherese che saranno date disposizioni perchè la nostra stampa mantenga sulla sua presenza un assoluto riserbo.

Quanto alla scelta della località dove l'incontro dovrà aver luogo, V. S. vorrà far considerare al Conte Bethlen come la città di Bologna non si presenti indicata per un abboccamento con S. E. il Capo del Governo. Bologna è città non abbastanza grande perchè il segreto possa esser mantenuto e riuscirebbe impossibile conservare l'incognito.

V. E. vorrà quindi indicare Milano come località assai più adatta, dove la presenza di S. E. il Capo del Governo è più consueta e dove l'abboccamento potrebbe restare ignorato dal pubblico (3).

• Journal of Contemporary Hstory », I, n. l, 1966, pp. 134-135.

j 1·1

(l) -Cfr. n. 80. (2) -Cfr. n. 108. (3) -Il 7 marzo Grandi comunicò a Durini di Monza il benestare definitivo di Mussolini per il luogo e la data dell'incontro con Bethlen, stabilito a Milano il 2 aprile. Sulle conversazioni segrete Mussolini-Bethlen, che ebbero luogo a Milano il 2 e il 6 aprile, non si è trovata documentazione. Per una parziale documentazione di parte ungherese, cfr. L. KEREKES, Akten zu den geheimen Vehbindungen zwischen der Bethlen-Regierung und der iisterreichischen Heimwehrbewegung, in «Acta Historica », XI, Budapest, 1965, pp. 308-309; m., Italien, Ungarn und die iisterreichische Heimwehrbewegung 1928-1931, in « bsterreich in Geschichte und Literatur », Vienna, gennaio 1965, p. 3; riprodotta anche in L. JEDLICKA, The Austrian Heimwehr, in
127

lL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. (P.R.) 1687/61. Roma, 24 febbraio 1928, m·e 19.

Venga immediatamente Roma e porti con sé testo stenografico discorso consiglio nazionale (1).

128

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 949/47. Roma, 24 febbraio 1928, ore 24.

Telegramma di V. E. n. 58 (2).

Iniziativa delegato apostolico va incontro ad evidente interesse Governo Angora che non può non riguardare con favore definitiva liquidazione pretesa protettorato francese su cattolicità in Turchia. Concordo con V. E. circa nostra convenienza appoggiare azione monsignor Rotta e V. E. vorrà in conseguenza ma con ogni cautela adoperarsi.

129

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1187/79. Atene, 25 febbraio 1928, ore 23,50 (per. ore 6,30 del 26).

Mi riferisco mio telegramma n. 77 del 23 corrente (3).

Ho avuto stamane con questo ministro affari esteri il preannunziato colloquio circa il patto. Ecco le testuali dichiarazioni che egli mi ha fatto al riguardo e che riproduco da appunti presi mentre mi parlava:

1° -Ho esposto fedelmente particolareggiatamente (è Michalacopoulus che parla) ai miei colleghi ministri Cafandaris e Metaxas, nella loro qualità di capipartito e sulla discrezione dei quali posso assolutamente contare, quanto V. S. mi ha comunicato per incarico di S. E. il capo del Governo italiano, proponendo la conclusione di un unico patto di neutralità e non aggressione tra Italia Grecia e Turchia. Insieme abbiamo particolareggiatamente esaminata la que

(3' Cfr. n. 124.

stione sotto tutti i suoi aspetti ed abbiamo di comune accordo concretato il

nostro punto di vista in merito, sicchè, quantunque il presidente del consiglio

Zaimis non abbia potuto a causa di leggera indisposizione prendere parte alla

riunione, e tenuto conto d'altra parte intensa completa fiducia verso di noi, le

presenti dichiarazioni possono considerarsi senz'altro come esprimenti il pen

siero ufficiale del Governo ellenico.

2° -Tale Governo apprezza al più alto grado l'amichevole intendimento

che ha animato S. E. Mussolini nel fare l'anzidetta comunicazione e formulare

questa offerta, che esso Governo considera come una nuova prova della fiducia

reciproca e del benevolo interessamento che l'Italia porta agli affari greci, nonchè

come prova della cura personale di S. E. Mussolini nel non desiderare di far

nulla che possa riuscire comunque pregiudizievole alla situazione di questo

paese secondo giustizia. Perciò Michalacopoulos gli esprime a nome del Ga

binetto ed anche personalmente la più profonda e sincera riconoscenza.

3° -Non possiamo fare a meno dal manifestare francamente la previ

sione che eventuale conclusione di un patto isolato tra l'Italia e Turchia avrebbe

spiacevole ripercussione in Grecia. L'opinione pubblica ellenica crederebbe cer

tamente scorgervi un abbandono di quei contatti stretti ed amichevoli che così

felicemente esistono tra Roma ed Atene e che si vanno facendo sempre più

strada anche nel sentimento pubblico dei popoli. Ne deriverebbe una crisi mini

steriale ad Atene ed il Governo successore sarebbe costretto dall'opinione pub

blica a seguire nuovamente una politica estremamente serbofila, ciò che consi

deriamo nocivo per il nostro paese.

4° -Non vediamo alcun inconveniente di principio nella conclusione

del proposto patto a tre tra l'Italia la Turchia e la Grecia, e ne apprezziamo anzi

i vantaggi. Crediamo che l'opinione pubblica greca lo vedrebbe favorevolmente,

e che anche l'opinione pubblica europea dovrebbe rimanere soddisfatta, visto

che si decantano ora dovunque i patti regionali.

5° -Siamo quindi volentieri disposti (ripetesi siamo disposti) alla con

clusione del proposto patto a tre.

6° -Ma perchè un simile patto venga accettato dalla opinione pubblica in Grecia, dove più del quarto della popolazione è costituito da rifugiati che hanno lasciato le loro fortune in Turchia, è indispensabile che contemporaneamente sia presa dalla Grecia qualche garanzia circa un metodo ovvero procedura sommaria che permetta l'esecuzione rapida delle convenzioni esistenti tra i due paesi, per quanto concerne la compensazione dei beni immobili delle popolazioni scambiate. Ciò con una qualche amichevole sistemazione di arbitrato che consenta il regolamento pacifico delle divergenze in tale materia da convenirsi, beninteso, in modo offra anche alla Turchia le facilitazioni a salvaguardia dei propri interessi legittimi. Senza il raggiungimento di questo accordo aggiuntivo tra Grecia e Turchia il patto di amicizia sarebbe concluso tra i due paesi i quali continuerebbero ad avere ragioni di inimicizia tra loro.

7° -Il signor Michalacopoulos partirà il giorno 2 marzo direttamente per Venezia e Ginevra dove si tratterrà una diecina di giorni per assistere alla imminente seduta del consiglio. Nei pochissimi giorni che lo separano dalla partenza completerà l'esame dettagliato delle ultime richieste avanzate dalla Turchia per i beni, e la preparazione della proposta di formula conciliatrice di cui

al punto 6° (ripeto 6°) del presente telegramma. Egli mentre rinnova a S. E. Mussolini profondi ringraziamenti per la così amichevole offerta fatta alla Grecia attende sue ulteriori cortesi comunicazioni in merito a quanto ora esposto. Prega altresì S. E. Mussolini compiacersi indicargli, se crede, un suo delegato

o rappresentante a Ginevra per il tramite del quale tenersi in contatto con lui per un analogo desiderio di giungere assai rapidamente alla conclusione dell'auspicato patto a tre. Con lo stesso tramite si potrà concretare (non escludendo d'altronde nemmeno il signor Michalacopoulos di fermarsi poi espressamente in Italia a Roma od in altra città se ciò sarà necessario) del pari le modalità e la portata dell'azione da svolgersi ad Angora. Per ogni amichevole assistenza che l'Italia vorrà allora concedere alle trattative la Grecia sarà molto riconoscente. Fine delle dichiarazioni.

Ho l'impressione che Michalacopoulos sia sinceramente desideroso di concludere il patto a tre e profondamente grato a V. E. per averlo proposto. Penso che gli sia veramente indispensabile l'aggiunta di una formula procedurale conciliativa con la Turchia (formula che beninteso pur essendo stipulata simultaneamente al patto non ne farebbe parte integrale non concernendo l'Italia). Esprimo il subordinato avviso che indipendentemente dall'importante significato che la stipulazione del patto a tre avrebbe per la nostra posizione nel Dodecanneso il prestigio italiano ne sarebbe altamente accresciuto e non solo nel Mediterraneo orientale.

Richiamando pertanto rispettosamente l'attenzione dell'E. V. sull'insieme delle dichiarazioni di questo ministro degli affari esteri e particolarmente sul punto 3° mi permetto confermare le considerazioni da me svolte al termine del mio precedente telegramma n. 77 in favore delle richieste elleniche.

(l) -Allude al discorso pronunciato da Seipel il 23 febbraio. Il tel. è di pugno di Mussolini. (2) -Cfr. n. 119.
130

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1292/167. Londra, 27 febbraio 1928 (per. il 2 marzo).

Telespresso di V. E. n. 209004/118 del 17 corrente (1).

Ho avuto una lunga conversazione con Tyrrell alla presenza del funzionario del Foreign Office che particolarmente si occupa degli affari etiopici e l'ho intrattenuto, secondo le istruzioni impartitemi, della situazione in Abissinia, delle direttive della politica britannica in quello stato e del desiderio del

R. Governo di collaborare a tale politica semprechè essa avesse un ben definito scopo da raggiungere. Dal complesso della conversazione sono in grado di riassumere nei seguenti termini quanto mi è stato dichiarato:

1° -La politica britannica ha tre ordini di interessi di carattere generale in Etiopia: la tutela dei numerosi sudditi e protetti britannici (indiani, arabi,

ecc.) che vivono o commerciano in Abissinia, e quindi la necessità di garanzie per il funzionamento della giustizia e l'ordine amministrativo interno; la questione delle frontiere alla quale si ricollega quella del regolamento dell'importazione delle armi; e la questione delle acque dello Tzana.

All'infuori di queste tre questioni, tutte le altre la cui discussione ha costretto il Governo di Londra in questi ultimi tempi ad assumere un atteggiamento energico ad Addis Abeba, come l'affare Zaphiro, il mid di Kenya, ecc., sono considerati come incidenti passeggeri che non intaccano la politica generale tra i due paesi.

2° -Il Governo britannico non intende svolgere in Abissinia un premeditato programma di pressione che miri a precisi scopi da raggiungere con un atteggiamento volutamente severo. Non intende esercitare pressioni che possono essere interpretate come un intervento illecito nella politica interna di quello stato nè tanto meno prevede l'eventualità di dover ricorrere alla forza.

3° -Data la complessità della situazione in Abissinia, il Governo britannico sostiene come ha sempre sostenuto, la necessità di un fronte unico delle nazioni europee interessate, e sopratutto dell'Italia e della Gran Bretagna, ogni qualvolta una questione che è di per se stessa o può diventare di interesse generale debba venire sollevata da una di esse.

4° -Il Governo britannico sarà perciò grato al Governo italiano per la cordiale collaborazione e per l'appoggio che sarà disposto a dargli in tutte le questioni di tal genere che sono in corso o potranno sorgere in avvenire. Ogni azione isolata di una delle due potenze in questioni di carattere collettivo può far sorgere in ras Tafari, data la sua mentalità, il sospetto o la speranza di un disaccordo di cui egli cercherà sempre di profittare col suo solito sistema di inerzia e di resistenza passiva. È per questo che il Governo britannico ha insistito perchè un passo collettivo fosse fatto per la conferenza delle armi e per questo ha invitato non soltanto l'Italia ma anche le altre potenze che potevano avervi interesse ad appoggiare la sua démarche per l'amministrazione della giustizia nei riguardi degli stranieri. Nel pensiero del Governo britannico non è necessario che l'azione di un fronte unico abbia sempre un carattere di pressione o di intimidazione. I rappresentanti diplomatici ad Addis Abeba dovrebbero anzi ricevere sempre delle istruzioni che lascino un certo margine alla loro linea di condotta e li lascino giudici di decidere sul posto se in un dato momento un'opera di persuasione può essere più efficace di un formale passo collettivo. L'essenziale è che uno dei rappresentanti non lasci adito, anche con la semplice sua astensione, al dubbio di non approvare il passo dell'altro o di dissentirne.

Tyrrell mi ha ringraziato di quanto gli ho comunicato a nome di V. E. traducendogli anche letteralmente alcuni passi delle mie istruzioni che più direttamente si riferivano ai rapporti di amicizia e di collaborazione tra i nostri due Governi, e, riconoscendo gli ottimi risultati delle conversazioni tenute l'anno scorso per lo Jemen, ha espresso più che l'augurio, il desiderio che anche nei riguardi dell'Etiopia Roma e Londra si mantengano in continuo contatto non solo ai fini dell'accordo del dicembre 1925, ma anche per tutte le questioni di indole generale e di carattere comune dei due paesi.

(l) Cfr. n. 112.

131

IL CONSOLE GENERALE A MONACO DI BAVIERA, SUMMONTE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1272/996/11. Monaco, 29 febbraio 1928, ore 18,50 (per. ore 22).

Riunito di urgenza consiglio della grande organizzazione • Stahlhelm • (elmo di acciaio) per discutere attitudine associazioni patriottiche del popolo di fronte questione Alto Adige, si espresse avviso che Baviera ha tutto interesse coltivare buoni rapporti con il fascismo nell'intento favorire costituzione nella Germania del sud, di un ambiente propenso stretta intesa Italia e Germania.

Giornale popolare governativo Attgsbttrger Post Zeitung esprime speranza che risposta del Duce sarà calma e serena come si addice all'uomo straordinario che egli è ed alla realtà delle cose. Nessuno in Austria nè tanto meno in Germania pensa a rivendicazioni territoriali. Quei pochi fanatici che gridano • dal Brennero a Salorno • non hanno seguito nè in Germania nè altrove.

Bayerischer Kttrier si esprime in tal senso. In generale stampa quotidiana bavarese in occasione questo incidente si è dimostrata calma e corretta limitandosi riprodurre resoconto seduta assemblea nazionale viennese senza alcun commento.

È solo da deplorare pubblicazione notizia tendenziosa circa preteso intervento Reut Nicolussi seduta Nationalrath austriaco.

132

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1306/207. Belgrado, l marzo 1928, ore 15 (per. o1·e 4 del 2).

Stamane ho avuto un nuovo colloquio con Marinkovich che parte domani. Sulla faccenda di San Gottardo il ministro affari esteri mi ha detto che in fondo la cosa è lungi dal riuscirgli sgradita, giacchè gli serve per giustificarsi di fronte a coloro i quali vorrebbero indurre la Jugoslavia a disarmare. Circa l'azione che intende svolgere a Ginevra nei riguardi dell'Ungheria non si è però espresso in modo sicuro. Marinkovich ha quindi rinnovato espressioni di fiducia nell'esito delle trattative con l'Italia, tuttavia facendomi notare che per quanto si riferisce all'opinione pubblica jugoslava noi dobbiamo sempre nettamente distinguere tra l'opinione pubblica serba, meno intransigente, e l'opinione pub· blica croata e slovena, a noi assai ostile, perchè tuttora pervasa di mentalità austriaca. Marinkovich nel colloquio odierno ha accennato con chiare parole al suo desiderio di incontrarsi con V. E. ma ha aggiunto che dovendo egli subordinare i suoi desideri personali alle esigenze politiche, ritiene che il colloquio sarebbe utile solo quando esistesse la convinzione che ambedue le parti vogliano veramente raggiungere l'accordo. La scelta della formula dell'accordo, ha esclamato Marinkovich, è lasciata completamente a S. E. Mussolini. Ho quindi chiesto

al ministro affari esteri quale fondamento abbiano le voci lanciate ieri dai giornali di una ripresa dei tentativi per realizzare un patto tripartito tra l'Italia, Francia e Jugoslavia, ed egli mi ha risposto che non è convinto della bontà di questo concetto lanciato a suo tempo da Nincich. Personalmente, ha detto Marinkovich, ritengo che non andrebbe. Il ministro nega che egli e il suo Governo mirino a fare dipendere i negoziati con l'Italia dall'andamento delle trattative tra l'Italia e Francia ed ha soltanto ammesso che quando il mio collega francese lo interroga egli Io informa dello svolgimento delle nostre conversazioni come Io fa con altri ministri. Marinkovich soggiunse che la Francia, sempre grandemente preoccupata del suo fenomeno demografico il quale contrasta col fenomeno del continuo aumento della popolazione in Italia ed in Jugoslavia, oggi vuole soltanto conferire carattere di sicurezza ai suoi rapporti sia con l'Italia che con la Jugoslavia. Per raggiungere tale intento la Francia, secondo Marinkovich, è disposta a dare ogni appoggio. Da me interrogato sullo stato delle relazioni con la Bulgaria il ministro mi ha fatto comunicazioni che confermano il mio telegramma n. 201 del 28 febbraio u. s. (l) dicendo che in realtà il Governo bulgaro nei giorni scorsi ha compiuto dei passi per ottenere la riapertura della frontiera. Ma poichè la polizia gli dichiarò che se riapre la frontiera non può rispondere di nulla Marinkovich è costretto ad opporre a Sofia un rifiuto non volendo da solo assumere una simile responsabilità, tanto più che mentre aumentano le voci di prossima ripresa dell'attività terroristica macedone, il Governo bulgaro è riluttante (dice lui) a prestare le garanzie che egli gli ha chiesto. A proposito del passaggio in Albania di bande bulgare e macedoni, Marinkovich mi ha dichiarato che realmente Ahmed Zogu fa qualche cosa ma non abbastanza. Devo ritenere che su questo argomento egli si sia intrattenuto anche con il mio collega inglese Kennard manifestando però, come ho potuto rilevare da parole dello stesso Kennard, maggiore pessimismo.

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APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON L'AMBASCIATORE TURCO A ROMA, SUAD BEY

Roma, 2 marzo 1928, [ore 17,15].

Gli ho detto quanto segue: • Ecco lo schema del trattato che vi avevo promesso (2). Come vedete è scritto di mio pugno. Naturalmente non è che uno schema, al quale voi potete proporre aggiunte o modificazioni, ma i punti essenziali ci sono e cioè l'amicizia, la neutralità e la conciliazione ». Gli ho quindi Ietto e illustrato gli articoli, glieli ho spiegati e gli ho anche detto a che si riferiva l'articolo concernente adesione di altre Potenze e cioè alla Bulgaria. Dopo di che ho continuato accennandogli alla démarche Mavroudis che mi aveva domandato consiglio circa eventualità patto greco-turco e sulla mia risposta favo

revole. Ora dato questo precedente io avevo fatto domandare ad Atene se Grecia sarebbe stata favorevole a un patto a tre Italia-Grecia-Turchia che avrebbe stabilizzato la pace in tutto il bacino del Mediterraneo orientale.

Michalacopoulos aveva risposto favorevolmente. Quindi esisteva la possibilità di questo patto a tre, se la Turchia non avesse posto obiezioni e non poteva logicamente porne data la sua duplice démarche per lo stesso scopo con la Grecia e con la Turchia (1). Piuttosto che una serie di patti bilaterali italo-turco, italagreco, greco-turco valeva la pena di addivenire a una triplice fra gli Stati interessati ed aventi gli stessi obiettivi e le stesse disposizioni. Ho aggiunto che non avrei sottoscritto un patto italo-turco perchè avrei provocato una crisi politica in Grecia e avrei gettato sotto la duplice pressione serba e francese, la Grecia nelle braccia di Belgrado. Ho affermato che la Grecia non avrebbe firmato un patto a due senza la preventiva autorizzazione dell'Italia, che l'avrebbe probabilmente negata o procrastinata. Escludere la Grecia dalla combinazione significa gettarla verso lo Stato S. H. S., significa aumentare in un secondo tempo la pressione di Belgrado sulla Bulgaria significa creare una costellazione serbogreco-bulgara alle porte di Costantinopoli. Unica soluzione logica razionale il patto a tre, già virtualmente accettato dalla Grecia. Suad Bey si è reso conto delle mie osservazioni e mi ha dichiarato che il mio punto di vista era giusto e che sarebbe stato accettato da Angora. Siamo rimasti d'accordo che Suad Bey verrà a darmi, non appena l'avrà ricevuta da Angora la risposta ch'egli ha previsto favorevole.

(l) -T. 1254/201, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. seguente.
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APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

[Roma], 2 marzo 1928.

TRAITÉ DE COLLABORATION AMICALE, DE NEUTRALITÉ ET D'ARBITRAGE ENTRE LE ROYAUME D'ITALIE, LA RÉPUBLIQUE DE TURQUIE

Préambule

S. M.le Roi d'Italie et.... animés par le désir de fortifier les liens d'amitié existants entre les deux pays et dans le but de contribuer au maintien de la paix générale, ont décidé de stipuler un Traité de collaboration amicale, de neutralité et de conciliation et de règlement judiciaire.

Article l.

Les Hautes Parties contractantes s'obligent à suivre une politique de collaboration amicale, dans toutes les questions d'ordre politique, économique qui pourraient intéresser les deux Etats.

Article 2.

Si l'une des Hautes Parties contractantes, malgré son actitude pacifique, fUt attaquée par une ou plusieurs autres Puissances, l'autre partie observera la neutralité pendant toute la durée du confiit.

Article 3.

Les Hautes Parties contractantes s'obligent de soumettre à une procédure de conciliation les différends de toute espèce qui pourraient surgir entre elles et qui n'auraient pas été résolus par la normale voie diplomatique. Dans le cas d'une faillite de la procédure de conciliation, il y aura lieu à un règlement judiciaire. Le protocole ci-annexé établit la procédure pour la conciliation et le règlement judiciaire.

Article 4.

Le présent traité ne s'applique pas aux questions qui, selon !es traités en vigueur entre les Hautes Parties contractantes et le droit international, ressortent de la compétence d'une des deux Parties. Il ne s'applique pas également aux questions qui découlent des traités signés à Lausanne le 24 juillet 1923.

Article 5.

Les Hautes Parties contractantes s'engagent à ouvrir ce traité à l'adhésion d'autres puissances qui en acceptent les principes.

Article 6.

Le présent traité sera ratifié dans le plus bref délai possible et les instruments de ratification seront échangés à Rome. Le présent traité aura la durée de 5 ou dix années à partir de la date d'échange des instruments de ratification. S'il n'aura pas été dénoncé six mois avant son terme, il restera en vigueur encore pour une periode de cinq ans.

Article 7.

Les contestations qui pourraient surgir soit dans l'interprétation soit dans l'exécution du present traité, seront soumises directement -par simple demande -à la Cour Permanente de Justice Internationale de la Haye.

Article 8.

Le présent traité vient rédigé en deux copies qui font également foi (1).

(l) Sic, ma Turchia sta evidentemente per Italia.

(l) Una successiva stesura del teste reca varianti, suggerite da Angora, agli articoli I e VI, che sono del seguente tenore: art. I « Les Hautes Parties Contractantes s'engagent à n'entrer en aucune entente d'ordre politique ou économique et en aucune combinaison dirigées contre l'une d'Elles ». Art. VI «Le présent Traité sera ratifié dans le plus bref délai possible et les instruments de ratification seront échangés à Rome. Le présent Traité aura une durée de cinq ans à partir de la date de l'échange des instruments de ratification. S'il n'a pas dénoncé six mois avant l'expiration de ce délai il restera en vigueur encore pour une période de ..... >, Inoltre l'art. IV, soppresso, è stato aggiunto all'art. III col testo seguente: « Le présent article ne s'applique pas aux questions qui, en vertu des Traités en vigueur entre les deux Hautes Parties Contractantes, rentrent dans la compétence de l'une d'Elles. Il ne s'applique pas également aux questions se rapportant, conformément au Droit International, aux droits de souveraineté •.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE

L. P. 1215. Roma, 3 maTzo 1928.

Le mando:

a) copia della mia odierna conversazione con Suad Bey (l);

b) testo del trattato politico che io ho proposto (2).

Dia conoscenza verbale di ciò a Micalacopulos. Il quale deve -non appena io avrò avuta la risposta da Angora -marciare per la combinazione a tre.

Aggiunga che se non si fa a tre, sarà difficile di fare un patto a due o anche una serie di tre patti. Gli raccomandi ancora una volta la massima discrezione, anche perchè ciò è desiderato dalla Turchia. Mi dia poi notizie (3).

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IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL CONSOLE GENERALE A MONACO DI BAVIERA, SUMMONTE

T. 1123/15. Roma, 4 maTzo 1928, aTe 17.

Telegramma V. S. n. 996/11 (4).

Prego telegrafare ulteriori dettagli circa precise affermazioni del recente consiglio degli • Stahlhelm • per suo atteggiamento di fronte questione Alto Adige.

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IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1345/93. Atene, 4 marzo 1928, oTe 16,30 (peT. aTe 19,30).

Telegramma di V. E. n. 1121/53 (5). Mi permetto esprimere rispettosamente all'E. V. con quanta soddisfazione io abbia preso conoscenza della sua decisione di non sottoscrivere un patto

Le cose prendono una piega soddisfacente. Se V. E. interpellato da qualcuno dei ministri al corrente, potrà comunicar loro lo stato attuale del negoziato • (t. rr. p. 1121/53 del 3 marzo, ore 24).

con la Turchia senza che vi si faccia partecipare la Grecia. Tale decisione risponde ad un interesse primordiale della nostra politica nei Balcani e nel Mediterraneo orientale, e serve l'altissimo fine della stabilizzazione della pace in tali zone. Sono certo che il ministro degli affari esteri ellenico apprezzerà al suo giusto valore l'azione che l'E. V. sta svolgendo in tal senso. Per comunicazioni che dovrà fargli il marchese Paulucci de' Calboli a Ginevra, mi permetto prospettare opportunità sorvolare almeno pel momento su eventuale futura adesione della Bulgaria, ed inoltre necessità fare ben c{'mprendere a Michalacopoulos che V. E., mentre con tutta questa trattativa dà una nuova prova del cosi amichevole atteggiamento italiano verso la Grecia, tiene il massimo conto della esplicita riserva (sulla quale Michalacopoulos ha particolarmente insistito giusta il punto sesto delle sue dichiarazioni riferite col mio telegramma

n. 79 del 25 febbraio) (l) circa contemporanea determinazione di una procedura arbitrale per risolvere le gravi divergenze sorte nell'applicazione delle Convenzioni esistenti tra Grecia e Turchia. A titolo semplicemente informativo, per il caso in cui V. E. credesse inviargli istruzioni in proposito, ho comunicato presente telegramma al marchese Paulucci a Ginevra col. n. 1252.

(l) Cfr. n. 133. Probabilmente la lettera fu minutata da Mussolini il 2, ma partì il 3. Lo stesso dicasi per i tell. ad Orsini Baroni e Arlotta con i quali veniva trasmesso il verbale della conversazione Mussolini-Suad bey. Quello inviato ad Orsini Baroni reca la seguente premessa di pugno di Mussolini: • Le comunico per sua conoscenza a norma testo mia odierna conversazione con Suad bey. V. E. non intervenga fino a mio ordine in contrario • (t. rr. p.1120/62, del 3 marzo, ore 24). Il verbale trasmesso ad Arlotta reca la seguente premessa di pugno di Mussolini: • Le comunico testo mio colloquio odierno con Suad bey. Eguale comunicazione ho fatto a Paulucci, per Michalacopoulos il quale trovasi a Ginevra.

(2) -Cfr. n. 134. (3) -Paulucci rispose con t. per corriere 1542/3.3 del 12 marzo, per il 14, riferendo su di una lunga conversazione avuta con Michalocopoulos, il quale gli aveva esposto il punto di vista del Governo greco deciso a stipulare con la Turchia, contemporaneamente al patto di amicizia, un accordo sulle questioni connesse ai trasferimenti di popolazione e un trattato di limitazione degli armamenti navali. (4) -Cfr. n. 131. (5) -Cfr. nota l al n. 135.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1361/202. Berlino, 5 marzo 1928, ore 14,45 (per. ore 17,30).

Stampa francese, secondo telegrammi qui giunti, con in prima linea Temps fa rilevare che discorso di sabato (2) di V. E. attraverso Austria è diretto Germania. Stampa francese riprende così, come già subito dopo discorso Seipel e come è naturale, sua azione per intorbidire rapporti italo-tedeschi.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE (3)

T. 1133/69. Roma, 5 marzo 1928, ore 21.

Concordo con parere di cui al telegramma direttole da Arlotta col

n. 1252 ( 4) e cioè che dando seguito con Michalacopoulos alla comunicazione verbale degli elementi che le ho fornito colla mia lettera del 2 corrente (5), ella non accenni all'eventualità dell'adesione bulgara al patto italo-greco-turco.

(l) -Cfr. n. 129. (2) -Allude al discorso di Mussolini pronunciato alla Camera il 3 marzo 1928 (testo, in Opera Omnia, XXIII, pp. 116-123). (3) -Il telegramma fu trasmesso tramite il consolato generale di Ginevra. (4) -Cfr. n. 137. (5) -Cfr. n. 135.
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IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1416/24. Ginevra, 5 marzo 1928 (per. il 7).

Il ministro Titulescu giunto a Ginevra sabato ha tenuto a venirmi a trovare subito dopo sua visita a Drummond. Dandomi priorità su miei colleghi del segretariato, egli ha voluto mettere in rilievo, secondo quanto mi ha dichiarato, nuova linea di condotta ch'egli si propone tenere a Ginevra in stretto contatto con elementi italiani. Mi ha ripetuto profonda impressione riportata da colloqui con V. E. ch'egli considera la personalità politica più grande del mondo. Tutto ciò con espressioni della più calda ammirazione per V. E. Ha aggiunto di aver lasciato Roma profondamente convinto della necessità pel suo paese d'una politica d'intima intesa con l'Italia. Se aveva avuto in addietro qualche esitazione essa era scomparsa in seguito allo scambio di vedute avute a Roma. La sua ferma intenzione è ora di proseguire una tale politica di accordi. Il che, mi ha soggiunto, non implica che la Romania possa rinunciare (come aveva fatto presente a V. E.) all'amicizia francese. Passando a parlare dell'attuale sessione del consiglio il signor Titulescu ha tenuto ad esprimermi suo vivo rincrescimento di essere al consiglio il solo ministro degli esteri della Piccola Intesa. Né Benès né Marinkovich assisteranno alla discussione dell'affare delle mitragliatrici facendosi rappresentare il primo da Veverka e il secondo da Fotich. Ora egli non intende dare l'impressione di difendere nella discussione al consiglio uno speciale punto di vista della Piccola Intesa. L'iniziativa era partita da Benès e da Marinkovich sostenuti dalla Francia ed egli non intendeva assumersi l'ingrato compito di difenderla nelle prossime discussioni. Il signor Titulescu mi ha aggiunto che si proponeva di far presente ai suoi colleghi della Piccola Intesa tale suo punto di vista. Ha terminato lamentando che nella questione delle 1nitragliatrici come in altre circostanze :fosse manifesto l'eccessivo affidamento che la Francia ripone in Benès e nell'elemento slavo in genere e quanto fosse pericolosa una tale politica.

Ho avuto occasione di rivedere il signor Titulescu stamane al termine della prima seduta del consiglio. Egli mi ha confermato le sue dichiarazioni in merito all'affare delle mitragliatrici aggiungendo di essere riuscito a fare accogliere da Benès e da Marinkovi:ch il punto di vista che tale questione dovesse considerarsi come avente un carattere generale senza presentare alcun interesse speciale per la Piccola Intesa più che per qualsiasi altro membro della S. d. N. Com'è noto il signor Marinkovich ha fatto alla stampa una esplicita dichiarazione in tale senso. (Vedi mio telegramma stampa n. 106

del 5 corrente).

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MEMORIA (l)

[5 marzo 1928].

Per l'eventualità che il Delegato Italiano al Consiglio della S. d. N. possa servirsene, anche per dimostrare la inutilità di una investigazione, il R. Ministero ha considerata l'opportunità di preparare fin da ora i risultati di una fittizia inchiesta nel Regno circa il noto sequestro di parti di mitragliatrici alla frontiera Austro-Ungherese. L'esportazione di armi essendo in Italia subordinata all'autorizzazione preventiva del R. Governo, è verosimile ·che si pensi all'estero e specialmente a Ginevra che le nostre autorità di polizia abbiano già fatte indagini in proposito, dato soprattutto l'enorme chiasso inscenato circa l'affare delle mitragliatrici.

È stato quindi predisposto un documento in cui, d'accordo con il competente Ufficio dello Stato Maggiore del R. Esercito, si espongono i risultati di una presunta inchiesta sui seguenti tre punti.

a) Sull'autorità doganale della Stazione di partenza. Ai sensi del Regolamento, trattandosi di merci (secondo la dichiarazione • parti di macchine smontate •) per cui non vi è divieto di esportazione, si sarebbe riscontrato che la verifica superficiale di una cassa sarebbe stata regolare, se pure non completa; le parti di macchina visitate avendo potuto trarre verosimilmente in errore l'Ufficiale doganale sulla natura della merce. Tuttavia, nei riguardi di esso, sarebbero stati presi i provvedimenti disciplinari del caso, per non aver usato di tutta la necessaria diligenza.

b) Sul funzionario ferroviario della stazione di carico: ma secondo il Regolamento in vigore, egli ha solo il diritto, non l'obbligo di visita. Nulla pertanto sarebbe stato da eccepire a suo carico.

c) Sul presunto speditore. A questo proposito, stabilita l'inesistenza della ditta speditrice (Associazione Universale Commercio Ferramenta), dell'inchiesta sono state preparate due differenti versioni: lo che sarebbe stato impossibile rintracciare il presunto autore del contrabbando il quale avrebbe indicato quale speditrice una Ditta immaginaria, e che nulla escluderebbe si trattasse di uno straniero. Questi avrebbe potuto agire per conto di una o più Ditte italiane che notoriamente commerciano in armi, e che si sarebbero celate dietro un intermediario. 2° Che lo speditore è stato identificato. In tale seconda ipotesi però occorrerebbe trovare una persona disposta ad addossarsi la responsabilità della cosa, esponendosi patriotticamente alle conseguenze giudiziarie e morali di un processo; o almeno, nell'inchiesta, far risultare come colpevole un nome immaginario, nome però che potrebbe essere assunto dalla persona in parola solo se le circostanze lo richiedessero.

Il R. Ministero ritiene però che questa seconda soluzione sia eccessivamente pericolosa, giacchè, essendo difficile trovare una persona che abbia qualche notorietà nel commercio e preferibilmente in quello delle armi, di

sposta ad assumersi senza secondi fini la parte di reo, il R. Governo potrebbe trovarsi esposto ai probabili ricatti diretti od indiretti di tale individuo. Ad ogni modo si potrebbe seguire questa via soltanto se dalle prossime discussioni di Ginevra essa apparisse assolutamente indispensabile. Il R. Ministero in tutti i casi si tiene pronto a fornire alla nostra Delegazione a Ginevra l'inchiesta fatta in un modo o nell'altro. Prima però di definire il documento in questione si attendono gli ordini di V. E. (1).

(l) Il documento, anonimo, è diretto a Mussolini ovvero a Grandi.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOIA

T. GAB. (P. R.) 21. Roma, 6 marzo 1928, ore 21.

Convegno nautico a quattro che mi viene proposto (2) fa parte di quella coreografia diplomatica che io detesto. Fra noi e Francia non c'è soltanto questione Tangeri, ma un complesso di altri problemi che non hanno fatto un passo innanzi come V. E. sa poichè ha preso visione del resoconto della prima conversazione che ho avuto con nuovo ambasciatore Beaumarchais (3). Le mie idee sono quindi che ad accordo italo-francese concluso ci potrà essere un incontro Mussolini Briand in momento e località da stabilire.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1394/214. BerLino, 6 marzo 1928, ore 21,30 (per. ore 23,45).

Klein, redattore capo della Deutsche AUgemeine Zeitung, mi ha espresso avviso che prossime elezioni in Germania non porteranno grandi modifiche alla situazione attuale parlamentare. Come ho riferito a V. E. (mio telegramma

n. 131) (4) così si esprimono anche elementi di destra.

Klein esclude tuttavia possibilità mantenimento attuale coalizione colla destra. Egli dice però che coalizione colla sinistra presenta difficoltà perchè partito popolare (Stresemann) nel quale prevalgono elementi finanziari industriali, non potrà lungamente procedere d'accordo con socialisti. Klein prevede, dopo brevi esperienze della grande coalizione (popolare centro democratico socialista) formazione di un Governo medio (popolare centro democratico) naturalmente debole e di scarsa vitalità.

Klein, benchè amico di Stresemann, prevede difficoltà per quest'ultimo e per la sua politica • che non dà frutti •.

Egli mi ha detto che non si è ora più contenti dell'ambasciatore tedesco a Parigi, dove si penserebbe di sostituirlo. Anche per Londra si meditano mutamenti. Klein, che come V. E. sa, è di origine ungherese, mi ha detto che una intesa cordiale fra l'Italia e Germania non potrebbe che portare buoni frutti per i due paesi e che ora e anche dopo elezioni sarebbe momento propizio per trattarne. Egli ne ha parlato e si propone riparlarne a lungo con Stresemann e con qualche precisione. Ho per parte mia mantenuto massimo riserbo, !imitandomi a dire che avrei sempre veduto lui, Klein, con piacere.

(l) -Annotazione marginale di Grandi: • V[isto] dal Ministro. Sta bene. Però prima di seguire come 2° punto, stare attenti». (2) -Cfr. n. 182. (3) -Allude alla conversazione del 30 gennaio, il cui sunto fu trasmesso a Scialoja lo stesso giorno 6 marzo con t. gab. (p. r.) 22. (4) -T. 1089/131 del 21 febbraio, che non si pubblica.
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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1403/66. Budapest, 6 marzo 1928, ore 20,45 (per. ore l del 7).

Walko ebbe a Ginevra conversazione con Chamberlain il quale, rendendosi conto che Ungheria non può accettare proposta Titulesco, circa questione optanti (mio telegramma n. 32) (l) dichiarò avere intenzione far risolvere controversia in questi giorni dal consiglio Società Nazioni. Walko ignora quali proposte intende avanzare. Bethlen che teme decisione contraria punto di vista ungherese, prega caldamente V. E. inviare d'urgenza istruzioni on. Scialoja far pervenire a questa legazione una risposta in proposito. Mi disse più volte che delegazione ungherese ha avuto impressione che Scialoja, nello scorso settembre, non solo si sia mostrato molto freddo per questione optanti, ma che abbia, anzi, contribuito redazione proposta avanzata da Chamberlain, che Ungheria non potè accogliere. Delegazione tedesca si mostrerebbe pure poco favorevole punto di vista ungherese essendo • Stresemann agente sempre suggestionato da Briand al quale tutto accorda nella speranza di poter sollecitare sgombero regione renana occupata •. Bethlen aggiunse che decisione contraria all'Ungheria sarebbe in questo momento • catastrofica » anche perchè rimanderebbe all'infinito possibilità auspicato riavvicinamento con la Romania.

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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1388/67. Budapest, 6 marzo 1928, ore 21,50 (pe1·. ore l del 7).

Mio telegramma n. 64 (2). Conversando con Bethlen gli feci rilevare come attitudine fredda, passiva e riservata stampa ungherese alle sue calde dichiarazioni riguardanti amicizia

italo-ungherese, mi aveva alquanto sorpreso. Mi rispose di non avere ancora avuto tempo scorrere giornali, ma che sapeva per esperienza come questi nor. capiscano nulla di politica estera e che egli non avrebbe mai tenuto il piede in due staffe. Aggiunse che avrebbe opportunità di conferire.

(l) -T. 816/32 del 7 febbraio, che non si pubblica. (2) -T. 1386/64 del 6 marzo: commenti della stampa ungherese al discorso di Bethlen del 4 marzo.
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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1431/227. Belgrado, 7 marzo 1928, ore 16,50 (per. ore 21,40).

Telegramma di V. E. n. 1079/93 del 2 corrente (1).

Lo scetticismo dei circoli governativi e politici di Sofia circa la possibilità

di un'azione moderatrice del signor Korosec in Macedonia e nei riguardi del

regime serbo in quella regione è pienamente giustificato. È pure probabile

che Korosec cerchi di continuare gli sforzi già a suo tempo intrapresi per un

riavvicinamento serbo-bulgaro e che sia una delle finalità della sua presenza

nel Governo S.H.S. Non credo però che Korosec possa promuovere alcun

mutamento nei sistemi politici serbi in Macedonia, che è riguardata gelosa

mente dai serbi come terreno di loro esclusiva influenza e dominio. D'altra

parte Korosec, legato da stretti patti coi radicali, non ha alcuna libertà di

azione conciliativa e di determinazioni specialmente per quello che riguarda

la direzione di polizia. La questione macedone permane sempre grave ed è

anzi divenuta più acuta in quest'ultimo tempo a causa dei noti processi e delle

sanguinose vendette e rappres;aglie.

La prossima primavera potrebbe segnare l'inizio di un periodo di lotta e di episodi sanguinosi ancora più gravi e già si hanno le prime avvisaglie in talune recenti incursioni, di cui ha dat.o notizia la stampa di Belgrado. Talchè se queste tragiche vicende dovessero ricominciare con maggiore ferocia e spirito di vendetta non è possibile prevedere a quali con;;'eguenze esse potrebbero dare luogo. Da una parte i macedoni paiono risoluti a richiamare l'attenzione del mondo civile sulla loro patria con tutti i mezzi di lotta consueta; mentre i serbi dal canto loro sembrano decisi a stroncare definitivamente con la forza il movimento macedone. Ma è anche da prevedere che essi, resi più accorti dall'esperienza del recente ~assato, vogliano questa volta attendere l'offensiva del comitato macedone senza ricorrere ad eccessi polizieschi per denunziarlo davanti alle nazioni come causa dei torbidi in quella regione e di continuo pericolo per la pace in questa parte dell'Europa. Il Governo S. H. S. mirerebbe con questa sua politica prudente a mettere il Governo bulgaro nella necessità di sopprimere l'organizzazione rivoluzionaria macedone contando a tal fine sull'appoggio della Francia e dell'Inghilterra decise per ragioni diverse ad osteggiare l'azione macedone. Il che non sembra [im]possibile se si tiene conto del fatto che, come è noto a V. E., qualche tempo fa il ministro inglese a Sofia ebbe a presentare al signor Buroff una lista dei capi dell'organizzazione predetta. Ciò stante ritengo che non sarebbe forse inopportuno che fossero dati

9 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

consigli di moderazione al comitato rivoluzionario macedone, affinchè la sua azione, pur mantenendosi allo stato di efficiente potenzialità e pur continuando il suo lavoro di propaganda, non abbia ad oltrepassare certi limiti oltre i quali potrebbe verificarsi un acuirsi tale della situazione da ricadere in modo disastroso sull'attività futura del comitato stesso.

(l) Col quale veniva ritrasmesso il t. 1273/48 da Sofia, 29 febbraio, che non si pubblica.

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IL CONSOLE GENERALE A MONACO DI BAVIERA, SUMMONTE, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI (l)

TELESPR. 1136/116. Monaco, 7 marzo 1928. Dispaccio di V. E. N. 446 del 3 corrente. Nel ringraziare V. E. del telespresso N. 416/247 in data 28 febbraio u. s. diretto al R. Ministero degli Affari Esteri, trasmessomi per conoscenza, mi onoro di portare a conoscenza dell'E. V. che effettivamente da parte dei dirigenti l'associazione • Andreas Hofer • sono stati fatti tentativi presso l'editore e probabilmente presso lo stesso autore per il ritiro dell'opuscolo • Muss10lini's Sendung um die Wahrheit iiber Tirol •. Membri autorevoli delle associazioni patriottiche bavaresi, favorevoli ad una intesa itala-germanica, hanno invece accolto con simpatia la pubblicazione dell'opuscolo in parola. L'ex ufficiale cui ha fatto cenno la signora Sonntag è il maggiore barone von Pfliiger del Consiglio direttivo dello

• Stahlhelm •, Console (che attende da più di due anni l'exequatur) della repubblica di S. Marino. Egli acquistò 500 copie dell'opuscolo che distribuì ad amici ed a per's'onalità della politica, delle lettere e del giornalismo.

Il signor von Pfliiger, con cui sono in ottimi rapporti personali, è di avviso che la questione dell'Alto Adige è artificiale e in ogni modo di secondaria importanza di fronte agli altri gravi problemi che incombono sulla Germania e che consiglierebbero a tutti i buoni Tedeschi di avvicinarsi all'Italia invece di irritarla con vane chiacchiere ed inconcludenti proteste. Egli sta cercando, d'accordo col generale Kraft von Delmensingen, che anche fa parte del Consiglio direttivo dello • Stahlhelm •, di provocare una pubblica dichiarazione delle associazioni patriottiche per sconfessare la campagna antitaliana per l'Alto Adige condotta dalla stampa e dall'Andreas Hofer Bund. Non so se vi riuscirà.

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1453/234. Belgrado, 8 marzo 1928, ore 19 (per. ore 0,30 del 9).

Giornali odierni riportano in caratteri grassetto parte deposizione fatta da imputato Kralev al processo che sta svolgendosi attualmente ad Istip per l'uccisione del generale Kovacevic, nella quale è detto: • Risulta che l'atten

tatore Kralev, in una seconda audizione ha fatto una dichiarazione molto caratteristica sulla forza finanziaria del comitato macedone. Al tempo stesso smascherò quanto profondamente sia l'Italia impegnata nell'aiutare il comitato. Non solo l'Italia ufficiale appoggia l'opera del comitato; ma anche alte personalità della società italiana raccolgono danaro e lo mandano in Bulgaria per il mantenimento di questa organizzazione che crea oggi disordini e confusione nei Balcani. Egli ha poi dichiarato che il comitato centrale a Sofia dispone sempre di 200 milioni di levas. La maggior parte di questo danaro proviene dall'Italia che una principessa italiana ha poco tempo fa raccolto per l'Italia, lo portò e lo consegnò al comitato centrale •. Ho immediatamente inviato a questo ministero affari esteri una nota di decisa protesta per il ripetersi di queste affermazioni sugli aiuti pecuniari che l'Italia fornirebbe ai comitagi macedoni, affermazioni che, pur provenienti da un imputato, non mancano di produrre eccitazione contro l'Italia. Ho detto nella nota che in tutti i paesi civili, quando si è a conoscenza che degli imputati o testimoni sono nel punto di fare deposizioni che possono in qualche modo offendere la dignità di stati esteri, il giudice si preoccupa di dare a tale deposizione la minore pubblicità possibile, o disponendo che si proceda a porte chiuse o facendo precedere o seguire la deposizione stessa da opportuni schiarimenti. Mi è sembrato tanto più necessario di fare questa protesta in quanto è notorio (gli stessi serbi ne parlano pubblicamente) che il processo che si sta svolgendo a Istip è una delle tante montature della polizia serba, e che l'imputato Kralev è un povero contadino macedone semi-idiota al quale è stato imparato, un poco colle buone e molto più colle cattive, una certa lezione scritta dagli agenti della polizia. Invio per corriere copia della predetta nota verbale.

(l) II telespresso venne inviato per conoscenza al ministero degli esteri.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T.1454/84. Costantinopoli, 9 marzo 1928, ore 5,28 (per. ore 7).

Ieri sera al ricevimento del ministro Ungheria, Tewfik Roussdi Bey è andato incontro a Taliani per conversare, egli ha detto, da amico ad amico, in forma confidenzialissima. Gli ha espresso gioia di vedere finalmente delineato coronamento dell'opera alla quale da tre anni lavora senza stancarsi. Tewfik Roussdi bey fece comprendere come in principio proposta di V. E. gli sembrava accettabile: ma prima di esprimersi in modo definitivo doveva concretare minuzioso progetto di accordo, che gli era stato spedito per corriere, dato che egli evitava, per quanto possibile, di servirsi della sua cifra ancora imperfetta.

Egli è sopratutto soddisfatto perchè della importante questione si occupa

personalmente V. E. e riconosceva come retta linea direttiva di lei, in materia

di politica mediterranea e che, per ovvie ragioni di semplicità e speditezza,

ed anche perchè esito finale dipende da Roma, gli scambi dovranno essere

svolti costì.

Dopo avere accennato ancora una volta sua simpatia ad un patto italaturco di amicizia e non aggres,sione Tewfik Roussdi bey parlando della nuova proposta di V. E. ha fatto capire che la eventualità di adesione della terza potenza potrà essere oggi prematura. È favorevolissimo all'adesione della Grecia ed è pronto lasciare nell'accordo posto per la firma di Michalacopoulos convinto che la Grecia fatalmente dovrà orientarsi verso Italia-Turchia, unite dal Dodecanneso. Ma gli sembrerebbe utile politicamente lasciare venire Grecia, accoglierla fra due in secondo tempo. Non vi sarebbe pericolo in mora. Governo turco è disposto far sacrifici anche gravi per dirimere vertenza con Grecia: si propone sottoporre nuovo ministro Papas all'arrivo a Angora, proposte concrete accettabili. Ma voleva che uomini Atene, troppo discontinui ed ambigui portassero nella questione maggiore spirito conciliativo.

Stampa Atene era tornata sue intemperanze ed egli ne aveva avvertito Michalacopoulos. Tewfik Roussdi bey ha aggiunto che non appena preso visione dello schema di V. E. intendeva sottoporlo Gazi. Sentiva ancora nell'animo suo vivo rincrescimento di avere mancato scorso anno occasione incontrarsi con

V. E. ma contava riguadagnare il tempo perduto. Taliani ha detto al ministro che non avendo elementi circa proposta di V. E. doveva limitarsi ascoltarlo.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 1219/56. Roma, 9 marzo 1928, ore 24.

Ministro esteri Turchia si è !agnato atteggiamento stampa greca. Date conversazioni in corso è necessario che stampa Atene sia il meno possibile sgradevole in Turchia. Faccia sentire questa necessità agli elementi responsabili e mi informi (l).

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI (2)

T. 1220. Roma, 9 marzo 1928, ore 24.

Queste ambasciate francese e spagnola hanno presentato due note identiche comunicando avvenuto accordo tra Governi francese e spagnolo circa modificazioni da apportarsi allo statuto di Tangeri ed invitando R. Governo a partecipare conversazioni a quattro con Governo britannico per deliberare su proposte franco-spagnole ed esaminare condizioni alle quali R. Governo sarebbe disposto aderire statuto. Tale invito significa che grazie al fermo contegno mantenuto dall'Italia è stato riconosciuto il nostro buon diritto di aver veste e voce nel

regolamento di una questione così interessante l'equilibrio mediterraneo, e quindi tale che nonostante i miopi cavilli precedentemente addotti l'Italia non poteva esserne esclusa.

Ho risposto alle suddette ambasciate che prendevo atto di tale invito e che accettavo la procedura e la data fissata per le conversazioni delegando V. E. a rappresentare e difendere nostri interessi. V. E. sarà assistita in tali conversazioni da R. console generale Tuozzi. Mi sembra opportuno che, malgrado la soddisfazione praticamente da noi ottenuta, V. E. trovi modo ed occasione di far rilevare nelle riunioni che il R. Governo ha preso formalmente atto del riconoscimento del diritto dell'Italia di deliberare circa ogni questione relativa al Mediterraneo, nella sua qualità di grande potenza mediterranea. Per quanto concerne il seguito delle discussioni V. E. è già a conoscenza delle nostre richieste di modifiche allo statuto di Tangeri concordato all'infuori di noi. Esse costituiscono il minimo indispensabile da ottenere. Inoltre V. E. esaminerà opportunità sollevare questione cittadinanza italiani stabiliti Marocco di fronte noto decreto quantunque mi renda conto difficoltà ottenere in questa occasione da Governo francese soddisfazione su tale punto (1). V. E. terrà infine presente che in tali conversazioni R. Governo pur non avendo allo stato attuale delle cose possibilità nè convenienza politica generale di continuare nel contegno ostruzionistico finora mantenuto non ha in realtà alcun interesse a raggiungere a tutti i costi un accordo e tanto meno ad attenerlo col sacrificio delle nostre legittime richieste.

(l) -La minuta è di pugno di Mussolini. (2) -Il telegramma venne inviato, per conoscenza, a Londra, :!\Iadrid e Tungeri.
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IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1470/102. Atene, 9 marzo 1928, o1·e 22,45 (pe1·. -ore 0,25 del 10).

Telegramma di V. E. n. 53 (2).

Avendo avuto rispettivamente ieri ed oggi occasione di conferire col mrmstro delle comunicazioni Metaxas e col presidente del consiglio Zaimis essi mi hanno entrambi spontaneamente parlato del noto progetto di patto a tre, affermandosi completamente solidali con le dichiarazioni fattemi prima della sua partenza dal ministro affari esteri, giusta quanto a suo tempo ho riferito all'E. V. col mio telegramma n. 79 (3). Mi hanno concordemente dichiarato di non avere ancora avuto comunicazioni da Michalacopoulos da Ginevra, esprimendo in pari tempo la viva speranza che il progetto possa giungere ad attuazione.

Particolarmente espansivo è stato il Metaxas, insiste egli sulla necessità e

l'interesse per la Grecia di procedere sempre d'accordo con l'Italia nonchè sul

l'enumerazione dei vantaggi che comporterebbe per questo paes,e la conclusione del patto in questione. Ad entrambi ho fatto rilevare in termini opportuni l'utilità dell'azione che l'Italia svolge in favore della Grecia e la sincera benevolenza del nostro atteggiamento quale esso risulta dal telegramma di V. E. n. 53. Tanto Zaimis quanto Metaxas hanno detto di ritenere che l'Inghilterra vedrebbe con buon occhio il patto.

Parlandomi a titolo confidenziale strettamente personale il ministro Metaxas mi ha espresso l'avviso per ciò che concerne invece la Francia che questa vedrebbe con gelosia la conclusione del patto medesimo. Mi ha detto inoltre di ritenere assai probabile che Briand e Berthelot facciano di tutto a Ginevra per indurre Marinkovich ad un riavvicinamento colla Grecia. Tutti i giornali di questa capitale riferiscono oggi che Michalacopoulos ebbe ieri un lungo colloquio col ministro affari esteri jugoslavo, e pur dichiarando che nessuna indiscrezione venne fatta in proposito, ne traggono argomento per considerarlo atto a spianare la via per un chiarimento greco-serbo circa Salonicco. Ho chiesto francamente a Zaimis che cosa gli risultasse al riguardo : egli mi ha dichiarato che fino a questo momento nessuna notizia gli era pervenuta ancora in merito a tale conversazione di Michalacopoulos, ma che comunque, se si vuole appianare la questione di Salonicco sta alla Serbia di cedere.

(l) -Mussolini aveva comunicato a Manzoni, con t. per corriere 1134, del 5 marzo. ore 18: « In relazione alla questione di Tangeri, pur rendendomi conto delle gravi difficoltà che ostacolerebbero un soddisfacente risultato, ritengo debba esaminarsi opportunità da parte nostra cercare di risollevare ed inserire possibilmente nelle conversazioni a quattro questionedella nazionalità degli italiani stabiHti nella zona francese del Marocco e minacciati di snazionalizzazione in forza dei noti decreti ». (2) -Cfr. p. 123, nota l. (3) -Cfr. n. 129.
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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1536/428. Belgrado, 9 marzo 1928 (per. il 14).

Con mio telegramma n. 205 del 28 febbraio u. s. (1), ho segnalato la voce messa in giro da alcuni giornali secondo cui riprendendosi negoziati diretti fra Italia e Jugoslavia si sarebbe esaminata la possibilità di concludere un accordo tripartito fra Italia, Jugoslavia, Francia. Con mio telegramma successivo n. 207 del 1° marzo (2), ho riferito che Marinkovich mi aveva detto non ritenere praticamente utile questa idea della quale a suo tempo erasi fatto fautore Nincich. Vedo però che la voce continua a circolare nella stampa sia jugoslava che estera, come ad esempio oggi in quella ungherese, e fonti della voce stessa sarebbero sempre Belgrado e Ginevra.

Quando la notizia fu lanciata la prima volta i giornali la commentarono dicendo che se l'Italia avesse rifiutato la sua adesione ad un simile patto avrebbe dato la prova di avere veramente di mira obbiettivi diversi da quelli confessati. La insistenza in tale manovra giornalistica autorizza a supporre che essa ha un movente nell'effettiva aspirazione del Governo S.H.S. ad un patto tripartito o per lo meno essa tende a compromettere l'Italia davanti alla pubblica opinione mondiale, facendola apparire, coll'eventuale rifiuto ad aderire al progettato patto tripartito, quale perturbatrice della pace.

(2l Cfr. n. 1,32.

(l) Non rinvenuto.

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1496/239. Belgrado, 11 marzo 1928, ore 16 (per. ore 18,15).

Mio telegramma stampa n. 238.

Discorso di Pavle Radich pronunciato ieri alla Scupcina per difendere la richiesta di immediata discussione di una sua mozione sulla liquidazione dei rapporti agrari in Dalmazia conferma quello che si era andato vociferando in questi circoli politici, che cioè Stefano Radich avesse promesso che avrebbe approvato le convenzioni di Nettuno eccettuato quelle sulle espropriazioni. La dichiarazione di Pavle Radich è quindi una chiara e definitiva presa di posizione del partito croato dei contadini, e quindi di tutta la opposizione nei riguardi di tale questione la cui importanza per l'avvenire degli italiani in Dalmazia è ben conosciuta da V. E.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. 1253/52. Roma, 12 marzo 1928, ore 19,30.

Spero che V. S. troverà modo di sottolineare presso circoli magiari ivi compresi i giornalistici che se a Ginevra l'Ungheria ha avuto un successo lo si deve esclusivamente alla solidarietà dell'Italia. È grazie atteggiamento italiano che enorme vescica di San Gottardo è stata sgonfiata con grave smacco della Piccola Intesa e delle sinistre internazionali che puntavano contro il regime di Horthy. Altrettanto dicasi per la questione degli optanti nella quale il tempo lavora per l'Ungheria. Se Ungheria oggi può allentare alquanto le gravi condizioni del Trianon lo deve all'Italia. Con tutta la discrezione necessaria lo faccia intendere a chi spetta (1).

c Nous avons appris par des nouvelles de presse que vous aviez accordé une audience à Lord Rothermere, et que ce dernier s'était efforcé de vous gagner à l'idée d'une revision du traité de Trianon en faveur de la Hongrie, revision pour laquelle il mène depuis l'année dernière une propagande intense. Cette propagande ne v1se pas seulement à une rectification des frontières entre la Hongrie et la Tchécoslovaquie; ce ne serait là, d'après les déclarations des hommes politiques dirigeants de Hongrie, qu'une étape vers la restauration d'une Hongrie, gouvernée par les Habsbourgs, ce qui aboutirait, non seulement à un nouvel assujettissement de peuples qui, de l'aveu et avec l'appui des grandes puissances et gràce à la participation importante de l'Italie, se sont librement groupés en nouveaux Etats ou réincorporés dans leurs nations mères, mais encore à la restauration de l'ancien état de choses en Europe centrale, que précisément l'ltalie a tant contribué à ruiner, aussi bien dans son intérét que dans celui des peuples en question.

Pleins d'une ferme confiance en la sagesse et l'équité de votre politique, nous considé

rons comme de notre devoir de nous adresser à vous pour donner à V. E. la possibilité d'en

tendre la voix du rameau slovaque de la nation tchécoslovaque, lequel voit ici en jeu son

intérét vital....

... L'objet de ces lignes est d'attirer l'attention de V. E. sur les véritables arrière-penséesde la propagande de Lord Rothermere, ainsi que sur la fausseté de l'argumentation dont elle

(l) Si pubblicano qui di seguito alcuni brani di un documento inviato a Mussolini dal c Consiglio Nazionale Cecoslovacco •· in margine al quale Mussolini ha annotato: c Interessante. Si può accusare ricevuta a mezzo nostro Ministro, soltanto ricevuta •. Il documento è senza data ma, come si desume dall'accenno nel testo, dei giorni successivi all'intervista ·concessa da Mussolini a Rothermere (27 marzo).

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L'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1562119. Tangeri, 13 marzo 1928, ore 9,40 (per. ore 15,3.5).

Dichiarazioni de Rivera, che definisce provvisorio anche accordo francospagnolo testè firmato, hanno prodotto grande impressione negli ambienti diplomatici, specialmente nell'elemento inglese.

In un colloquio avuto in questi giorni col collega inglese, che evidentemente aveva ricevuto ordini sapere le intenzioni italiane, ho compreso che a Londra si teme che Italia sollevi alla conferenza la questione della sovranità del sultano su Tangeri e che, per evitare questo pericolo, si è disposti a fare all'Italia concessioni importanti. Credo che le dichiarazioni di de Rivera ci gioveranno indirettamente, disponendo sempre più Francia e Inghilterra a farci delle concessioni pur di assicurare, con la nostra adesione allo statuto, una maggiore e direi quasi sicura stabilità all'attuale regime di Tangeri, che sono ugualmente interessate a mantenere, contro disegno annessionistico Spagna. A riprova delle favorevoli disposizioni inglesi, mformo che il mio collega inglese mi ha detto che l'Inghilterra appoggerebbe, in seno alla conferenza, una nostra proposta di modificazione dell'articolo 3 della convenzione Parigi, nel senso sia specificato come, in caso di guerra fra le potenze statutarie, sia tolto a Francia e Spagna il diritto di usufruire del porto di Tangeri e di quelli della zona internazionale.

Egli mi ha anche detto che sarebbe bene accolta eventuale richiesta di qualche posto importante nell'amministrazione di Tangeri. Secondo il desiderio di V. E. invierò a Parigi telegraficamente i dati statistici che la E. V. mi richiede e spedirò a Roma, col prossimo corriere, dettagliato rapporto in proposito.

Non dubito che esso potrà fornire elementi per sostenere nostro buon diritto a reclamare, col riconoscimento di uno stato di fatto, concessioni più larghe di quelle che si potevano richiedere quando nostri interessi materiali erano minori. Il mio rapporto 167/57 (l) partiva, infatti, da questo presupposto unitamente alla

S•' sert. Il ne s'agit pas d'une rectification de frontières sur une base ethnique, puisque, ainsi qu'il ressort de ce qui vient d'etre exposé, il serait malaisé de fixer une frontière qui co'incidat davantage avec la frontière ethnique que la ligne fixée par le traité de Trianon, qui a èté déterminée au moyen d'études et de travaux d'une si longue durée avec la collaboration de représentants diplomatiques et militaires de l'Italie. Il s'agit au contraire ici de la restauration de l'ancierme Hongrie. On ne pourrait y arriver que par le moyen d'une nouvelle guerre, qui serait sans doute encore plus terribl<e aue !" nrÉ'cédente.

Repré<lentant du grand peuple italien, qui-a si brillamment démontré comment une nation sait défendre sa liberté, V. E. se rendra cmnpte certainement mieux que quiconque que ce n'est qu'après une lutte à mort que les Slovaques se laisseraient arracher une liberté Ei péniblement conquise. Nous ne pouvons nous faire à l'idée que dans cette lutte le noble peuple italien pourrait se trouver de ceux qui voudraient réduire de nouveau les Slovaques en esclavage. Notre Etat n'a donné à la nation italienne aucun motif de changer d'opinion touchant son existence et sa durée. Pendant nos dix années d'indépendance, nous nous sommes toujours montrés prèts à entretenir de bonnes relations de voisinage avec tous nos voisins, avec les Hongrois également. Nous autres Slovaques en particulier, nous avons toujo.urs été prèts et nou" le sommes toujours, dans l'intérèt de ces bonnes rebtions, à oublier le joug hongrois sous lequel nous avons souffert cruellement pendant des siècles. Nous voulons continuer à poursuivre à l'avenir cette politique de paix et d'harmonie des peuples, et nous croyons fermement que votre grande patrie sera toujours pour nous sur ce point une égide et une aide.

Si nous nous sommes permis d'exprimer à V. E., en sa qualité de chef de la glorieuse Italie, les sentiments de notre nation dans l'affaire de la propagande Rothermere, veuillez recevoir à cette occasion l'expression de la reconnaissance qui nous lie à vous et à votre nation "·

mia convinzione che tutte le richieste, in esso contenute, eccettuate quelle che toccano la sovranità del sultano, sarebbero considerate da Francia e Inghilterra, un minor male in confronto al privilegio che noi continueremmo ad esercitare, restando allo statu quo od al pericolo di veder posto in discussione dall'Italia il principio fondamentale dello statuto, che stabilisce i diritti su Tangeri del sultano protetto dalla Francia.

Su questo punto, essendomisi presentata favorevole occasione, ho potuto, senza averne l'aria, inspirare una corrispondenza tangerina apparsa in questi giorni sul DaiLy News, con la quale si pone in rilievo il fatto che attuale statuto ha tolto le capitolazioni agli europei, per costituire un regime di favore agli indigeni, sottraendoli alla legge comune.

Concludendo espongo a V. E. il mio pensiero nei seguenti termini: Poichè in ultima analisi la conferenza di Parigi è stata convocata allo scopo di rendere l'Italia compartecipe e corresponsabile del regime attuale di Tangeri, e di toglierle l'incommensurabile privilegio capitolazioni, è interesse della Francia e dell'Inghilterra accogliere le nostre richieste aggiornate in corrispondenza degli aumentati nostri interessi materiali a Tangeri e il pieno accoglimento di esse può essere dall'Italia considerato, senza esserlo veramente, un equivalente alla rinunzia delle capitolazioni.

(l) Non rinvenuto.

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IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1538/108. Atene, 13 marzo 1928, ore 21,30 (pe1·. ore 23,10).

Telegramma di V. E. n. 1219/56 (1).

Ho personalmente fatto parte in linea confidenziale a questo presidente del consiglio delle lagnanze del ministro degli affari esteri di Turchia. Ho quindi attirato tutta la sua attenzione sulla necessità che l'opinione pubblica ed i varì ambienti turchi siano resi convenientemente propizi al successo delle conversazioni in corso mercè un più adeguato atteggiamento della stampa ellenica. Il signor Zaimis mi ha affermato di rendersi perfettamente conto di tale opportunità, e mi ha dichiarato senza esitazione di voler fare tutto quanto è in lui (compatibilmente con la sfrenata libertà di stampa vigente in Grecia) per convincere almeno i giornali che teoricamente dovrebbero figurare come amici del Governo, a moderare il loro linguaggio nei riguardi turchi. Ha subito aggiunto peraltro che affinchè tale non facile opera persuasiva abbia qualche probabilità di riuscita sarebbe indispensabile contemporaneamente una prova di buona volontà anche dall'altra parte, col rendere più sereno il tono così violento dei fogli turchi per le questioni greche. lVIi riservo appena pos!s,ibile intrattenere al riguardo anche Metaxas che in questi giorni è ammalato. Zaimis ha approfittato della circostanza per tornare a raccomandarmi di ringraziare personalmente

in suo nome V. E. per l'azione che va svolgendo in favore di un equo riavvicinamento greco-turco e della conseguente conclusione del patto progettato. Mi ha inoltre dichiarato spontaneamente di non aver ricevuto finora assolutamente alcuna notizia circa le varie conversazioni e contatti tenuti a Ginevra da Michalacopoulos riservandosi quest'ultimo di riferire al suo imminente ritorno atteso nella corrente settimana.

(l) Cfr. n. 150.

158

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO'

T. 1252/73. Roma, 13 marzo 1928, ore 24.

In data 10 corrente R. ambasciatore Londra ha telegrafato quanto segue:

• (come nel telegramma in arrivo da Londra n. 1491/121 di collezione) • (1).

Richiamo tutta attenzione V. S. su queste inopportune manifestazioni nostra colonia in Egitto, raccomandole voler spiegare ogni utile opera perchè atteggiamenti detta colonia nella vita interna codesto paese si uniformino unicamente direttive codesta R. legazione.

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IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1549/35. Ginevra, 14 marzo 1928 (per. il 15).

Durante discussione al consiglio •SU questione optanti ungheresi ministro Hevesy delegato permanente Ungheria presso S. d. N. mi ha interessato perchè

S. E. Scialoja prendesse pubblicamente una più manifesta posizione di difesa del punto di vista ungherese. Ho risposto a Hevesy che l'Italia aveva spiegato azione efficacissima a loro favore sia in questione optanti come in quella delle mitragliatrici. Tale azione era stata tanto più utile in quanto si era svolta principalmente dietro quinte. Pubbliche dichiarazioni di S. E. Scialoja in favore Ungheria sarebbero apparse come suggerite da interessi particolari, data amicizia tra Italia e Ungheria. La linea di riserbo da noi assunta era unicamente inspirata al bene inteso interesse dell'Ungheria. Era evidente infatti che se Italia avesse voluto crearsi dei titoli di riconoscenza da parte pubblico ungherese non avrebbe

mancato ostentare una manifesta posizione di difesa dell'Ungheria, senza con ciò praticamente giovarle. Se Ungheria ha ottenuto successo nella questione optanti, se Piccola Intesa ha rinunciato considerare questione mitragliatrici come questione di suo particolare interesse e ha accolto proposte assai moderate del comitato dei tre ciò devesi ad azione prudente ma intensa esercitata sia da S. E. Scialoja che da me in ambienti segretariato e tra membri del conslglio. Efficacia nostro interessamento è stata segnalata da molta parte della stampa estera. Giornali societari lamentano che nonostante la gravità della questione provvedimenti del consiglio si riducano a ben poca cosa.

Mi onoro richiamare soprattutto l'attenzione dell'E. V. sull'editoriale del pubblicista William Martin comparso nel Journal de Genève del13 corrente. Esso riproduce con grande esattezza opinioni e commenti di questi circoli. Il Martin afferma che quando l'affare del St. Gothard venne scoperto Jugoslavia e Cecoslovacchia cercarono di mettere in moto il sistema della investigazione per fare un gesto gradito alla Francia. Forse il Martin sarebbe stato più preciso se avesse accennato che gli stati della Piccola Intesa non hanno nascosto in più occasioni il loro rammarico di essere stati spinti dalla Francia ad un'iniziativa dalla quale più tardi avrebbero preferito ritirarsi.

Il Martin che è manifestamente bene informato riferisce che il primo incontro dei ministri degli affari esteri della Piccola Intesa fu assai tempestoso. Ciascuno di essi avrebbe voluto esimersi dal comparire alla tavola del consiglio. Ma Titulescu e Briand non vollero essere lasciati soli e pretesero che gli altri stati della Piccola Intesa si facessero rappresentare. Il che, a quanto mi risulta, sembra rispondere a verità. L'Italia -afferma il Martin -non abbandona i suoi amici. Senza mettersi avanti, essa agisce e il comitato dei tre ai quali è rinviato l'affare, si trova composto in modo favorevole all'Ungheria.

Il risultato più importante dei dibattiti sarebbe secondo il Martin la constatazione che non è senza rischio per uno stato disarmato importare delle armi.

Quanto alle ripercussioni probabili dell'affare il Martin segnala le seguenti: a) sul disarmo. Gli stati che non desiderano disarmare non mancheranno di addurre come pretesto la impossibilità di far funzionare il sistema delle investiga·· zioni; b) sulle relazioni tra la Francia e la Piccola Intesa. Il Martin riferisce, che dopo l'ultima seduta del consiglio si sarebbe impegnata una discussione assai vivace tra Briand e i rappresentanti della Piccola Intesa. Briand avrebbe loro rimproverato la dichiarazione al consiglio che l'affare delle mitragliatrici era d'indole generale senza riguardarli in modo particolare. Ciò costituiva, secondo il Briand, un gesto d'ingratitudine. I Governi della Piccola Intesa avrebbero rimproverato a Briand di non averli a sufficienza appoggiati. Anche questa informazione sembra rispondere a verità. Non v'è dubbio che i rapporti tra Francia e Piccola Intesa sono stati inaspriti dal contegno di Titulescu che non nasconde il suo malcontento per lo scarso appoggio datogli dal Governo francese. È per iniziativa di Titulescu che i Governi della Piccola Intesa si decisero a fare la dichiarazione rimproverata da Briand. Il malcontento della Romania verso la Francia è probabile si accentui ancora in seguito alla decisione del consiglio sugli optanti.

Infine il Martin è d'avviso che la questione delle mitragliatrici avrà delle

ripercussioni sui rapporti tra la Germania e la Francia. Il Martin insinua che forse Briand non è stato del tutto insoddisfatto di mostrare che il sistema delle investigazioni funziona difficilmente onde avere un argomento di più di fronte a Stresemann nella questione dello sgombero della Renania.

Critiche analoghe a quelle del Martin sono state mosse da altri giornali. Se è comprensibile che stampa societaria si lamenti delle disposizioni prese dal consiglio e ripeta che la montagna ha partorito un topo sarebbe particolarmente opportuno che i nostri giornali si astenessero dall'esaltare troppo il successo della nostra tesi per non indebolire l'opera di persuasione che vengo tenacemente svolgendo in ogni circostanza del genere per indurre questi ambienti ad attenersi a una linea di condotta pratica e prudente lontana da utopistici atteggiamenti a cui vorrebbero spingerli loro zelanti sostenitori.

(l) Del 10 marzo, col quale Chiaramonte Bordonaro riferiva « che il Foreign Office già da tempo aveva avuto sentore di aperte manifestazioni di simpatia verso atteggiamenti nazionalisti egiziani da parte della colonia italiana in Egitto '.

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IL MINISTRO AL CAIRO, PATERNÒ, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1572/91. n Cai1·o, 15 marzo 1928, ore 13,30 (per. ore 17,30).

Telegramma di V. E. n. 73 (1).

Nessun caso di aperta e neppure velata manifestazione neanche individuale si verificò mai durante mia presenza in Egitto. Ho sempre constatato fra nostri coloni viva simpatia verso inglesi. Tutte le volte che vi furono discussioni tra Governo inglese ed egiziano, nostri connazionali parteggiarono spontaneamente per il primo. Stampa italiana si è poi sempre uniformata a precise direttive questa legazione.

Sul caso specifico segnalato dal R. ambasciatore a Londra ho aperto una inchiesta ad Alessandria dove vi fu in passato una agitazione promossa noto affare camera commercio britannica e cioè per sincerarmi se vi fosse stato nella circostanza qualche caso da qualificarsi simpatizzante verso nazionalisti egiziani.

Inchiesta è risultata assolutamente negativa. Alto commissario britannico cui ho chiesto incidentalmente se gli constassero da parte di italiani atteggiamenti del genere, mi ha detto che le colonie italiane in Egitto sono quelle che egli considera come sincere amiche mentre non può dire altrettanto di altre nazionalità. Sono pertanto portato a credere che informazione fornita al R. ambasciatore a Londra si riferisce probabilmente a delle altre colonie straniere viventi in Egitto. Data intimità miei rapporti con Lord Lloyd, se vi fosse stato il minimo caso da segnalare, egli me ne avrebbe certo tenuto parola.

Se R. ambasciatore potesse fornire qualche altro elemento ciò potrebbe aiutare al controllo che questa legazione non manca di esercitare. Per quanto malcontento delineato fra stranieri in seguito pubblicazione progetto trattato non siasi propagato fra i nostri connazionali tuttavia eserciterò ogni sorveglianza per evitare che ciò avvenga.

(l) Cfr. n. 153.

161

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1646/470. Belgrado, 16 marzo 1928 (per. il 19).

Qualche giorno fa questo incaricato di affari d'Albania, ritornato da poco tempo da Tirana, ebbe un colloquio con questo ministro d'Inghilterra, signor Kennard, colloquio che qui appresso riassumo, secondo le indicazioni fornitemi dal predetto signor Stylla.

Kennard parlò dei trattati italo-albanesi, e disse che sebbene contrari all'interesse serbo, la Jugoslavia avrebbe finito per riconoscerli. Affermò che i serbi non nutrono animosità contro gli albanesi, ma solamente contro Ahmed Zogu, e che era interesse non solo serbo, ma generale, che neppure un soldato italiano fosse sbarcato in Albania.

Stylla fece allora presente che tutti i rivolgimenti successi in questi ultimi tempi in Albania erano opera dei serbi. Che quanto ai patti di Tirana non erano in contraddizione con i trattati di pace, come ne era prova il fatto che essi avevano avuto l'approvazione inglese.

Kennard negò nella maniera più recisa tale affermazione, dicendo false le voci corse circa l'approvazione inglese dei patti di Tirana, ed aggiunse che da fonte non ufficiale aveva avuto la notizia che il Governo inglese non ne aveva avuto alcun preavviso dal Governo italiano prima della loro firma.

Kennard chiese poi notizie della situazione degli emigranti albanesi e si interessò soprattutto della questione della penetrazione di comitagi macedoni in territorio albanese, di dove poi tentano di gettarsi sulla Serbia meridionale. Disse che questa era una grossa questione nella quale era necessario che il Governo albanese portasse la più grande attenzione per non urtare i circoli politici di Belgrado, che in tale questione erano sensibilissimi. Fece anzi comprendere che era suo avviso che il Governo albanese avrebbe fatto bene a consegnare i comitagi predetti alla polizia serba.

Venendo poi a parlare della politica generale italiana, il signor Kennard accennò alle relazioni franco-italiane ed alle richieste avanzate dall'Italia alla Francia, che qualificò come molto gravi. Aggiunse però subito che non c'era da allarmarsi, conoscendo bene gli italiani. Avrebbe detto anzi queste parole: fra inglesi ed italiani vi è la seguente differenza : i primi, pratici, seri, pertinaci, quando avanzano una pretesa intendono realizzarla; i secondi (gl'italiani) invece chiedono molto, facendo grande fracasso, prendendo delle pose minacciose; ma poi in ultimo si contentano di poco, qualche volta rinunziano al lato pratico delle questioni per contentarsi di una semplice soddisfazione morale. D'altro lato, sempre secondo il signor Kennard, l'Italia ha avuto la disgrazia di divenire troppo tardi una grande potenza, cosicchè oggi, anche ammettendo che le siano stati fatti dei torti, difficilmente altre grandi potenze saranno disposte a tollerare modifiche territoriali, le quali implichino sacrificio dei loro possessi e del loro prestigio.

Per quanto poco affidamento il signor Stylla possa dare come serietà, tuttavia ho l'impressione che egli abbia riferito con sufficiente esattezza le dichiarazioni fattegli da Kennard, il quale, come risulta anche da altre minori manifestazioni, continua nella sua linea di condotta ciecamente favorevole alla Jugoslavia.

162

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1609/100. Costantinopoli, 17 marzo 1928, ore 0,30 (per. ore 2,45).

Conformemente mio telegramma n. 99 Tewfik Roussdi bey è partito con Orient-Express accompagnato da consorte e figli. Questi continueranno per Parigi, per consultare specialista malattie stomaco e per visitare consorte di quell'ambasciatore di Turchia che è stata malata.

Fety bey sarà invitato Ginevra [per commissione sul] disarmo con il ministro, e Munir bey verrà incontro a questo a Milano o a Losanna per metterlo al corrente lavori commissione disarmo.

Ho potuto parlare ieri sera con Tewfik Roussdi. Questi va a Ginevra, anche con la speranza che V. E. lo inviti venire Roma, così anche mi ha detto la moglie. All'ambasciatore di Francia che gli domandava se avrebbe visitato Parigi o qualche altra capitale, Tewfik Roussdi ha risposto che vi si sarebbe recato se invitato. A me ha aggiunto parlando di una sua visita a Parigi: • se Quai d'Orsay avrà qualche cosa di preciso da discutere con me • alludendo questione frontiera siriana a proposito della quale ha avuto luogo avanti ieri una vivace conversazione tra ministro e ambasciatore di Francia sulla base delle nuove istruzioni da Parigi che pare siano non gradite ad Angora.

Tewfik Roussdi mi ha detto av,er ricevuto telegramma da Ginevra che Zaleski, Benès e gli altri membri commissione presenti hanno deciso attendere suo arrivo per affrontare discussione punti essenziali della questione. Egli è grato della attenzione, ma intende parlare poco ed ascoltare molto.

Sue idee circa disarmo: prima base desidera garanzie sicurezza sotto forma di patto non aggressione. Egli mi ha detto che ascolterà con attenzione quello che Benès e ministri balcanici gli diranno della situazione generale. Sa che Michalacopoulos è stato chiamato da Briand a Parigi e dietro mia richiesta ha detto avere impressione che a Parigi erasi a conoscenza delle conversazioni tra Atene e Angora per un patto neutralità. Tewfik Roussdi ha ricevuto ieri lungamente nuovo ministro di Grecia che ha trovato animato da volontà e munito poteri risolvere questioni pendenti e gli ha illustrato sua politica di conciliazione con Atene, nella quale l'ha trovato consenziente.

Di tutto spera parlare a lungo a Ginevra con Michalacopoulos. Separandoci mi ha assicurato che egli è sempre più convinto della necessità e della reciproca utilità di un'intesa italo-turca e mi ha fatto comprendere desiderio che ha vivissimo di parlare con V. E.

163

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. PER CORRIERE 1368. Roma, 17 marzo 1928, ore 20.

La Turchia ha chiesto di concludere un patto di amicizia coll'Italia. Il testo di questo trattato è il seguente (l) che può ritenersi oramai definitivo. L'articolo 5 fu redatto ai fini dell'inclusione della Grecia nel patto. Ne ho informato la Grecia e ne ho sollecitato l'adesione. Non volevo, escludendo la Grecia o non tenendola informata, darle l'alibi per un riavvicinamento a Belgrado. Mentre e Grecia e Turchia fanno delle riserve reciproche l'ambasciatore di Turchia mi ha significato che l'adesione della Bulgaria al patto sarebbe gradita ad Angora. È inutile dire che sarebbe graditissima al Governo italiano. Con l'adesione a questo trattato, che diventerebbe a tre la Bulgaria uscirebbe dall'isolamento nel quale si trova e il suo rafforzamento nella politica internazionale sarebbe immediato. Un patto di amicizia con una potenza vicina ed una lontana ma vicina anch'essa avrebbe, io credo, le migliori conseguenze per l'avvenire del popolo bulgaro. Prima di interessare il ministro degli esteri bulgaro, attenda un mio telegramma. Intanto mi telegrafi quale è stato attuale relazioni turco-bulgare e se da parte Bulgaria sorgeranno ostacoli o riserve alla nostra eventuale démarche per un patto a tre (2).

164

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. PER CORRIERE 1369. Roma, 17 marzo 1928, ore 20.

Miei telegrammi per corriere n. 1334 (3) e n. 1366 (4).

Le invio (l) testo trattato italo-turco come è stato modificato ad Angora. Di notevole non c'è che la modificazione dell'articolo lo, che nel mio progetto aveva forma positiva, mentre i turchi vi hanno dato forma negativa. Invece di fare la collaborazione, non fare una aggressione ecc. Quanto alla Grecia, Suad bey, col quale ho conferito oggi, mi dice che essa ha dato prova di pessima volontà nei confronti della Turchia. I turchi si dolgono della mancata applicazione da parte della Grecia di molte clausole del trattato riguardanti le minoranze scambiate e quelle non scambiabili ed anche della formazione

di bande greche per commettere attentati. Io ho ascoltato Suad bey e gli ho detto che avrei comunicato queste doglianze a Michalacopoulos. Avuta la risposta di costui, avrei a mia volta risposto a Suad bey. Lo stesso Suad bey mi ha detto che l'articolo 5 del trattato è come una porta lasciata aperta per la Grecia. Comunichi a lVIichalacopoulos che io desidero di fare entrare nella combinazione anche la Grecia, ma che al punto in cui le cose sono arrivate, la Turchia mi ha detto che non desidera subordinare la conclusione del trattato all'adesione della Grecia, adesione che è ,sempre possibile in un secondo tempo. Parli ccn Michalacopoulos e gli faccia dire una parola chiara (1).

(l) -È il testo di cui alla nota a p. 122. (2) -La minuta è di pugno di Mussolini. (3) -Del 16 marzo, con quale era stato ritrasmesso il tel. di cui a p. 123, nota 3. (4) -Del 17 marzo, ore 20, col quale veniva trasmesso lo schema di trattato per cui cfr. n. 134.
165

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Riassunto in VEDOVATO, pp. 50-54, 58)

T. 1631/38. Asmam, 18 marzo 1928, ore 20,20 (per. ore 22).

Ho continuato con la massima attività trattative per la nota convenzione stradale, approfittando anche della presenza del Ras Kassà e persuadendo Ras Tafari a definire questione con lui e con l'imperatrice.

Il reggente ha svolto con molta abilità questa azione e me ne ha comunicato di recente i punti seguenti: Tanto l'imperatrice che il Ras Kassà mi hanno dato loro consenso di principio per convenzione stradale.

Tuttavia, data persistenza in certi ambienti sospetti su intenzioni aggressive e note tendenziose notizie diffuse da interessati su aspirazioni imperialistiche di V. E. e timore espresso da persone ignoranti o in malafede che nuova strada possa servire di base militare, il Governo. etiopico, oltre la convenzione, desidererebbe concludere un trattato di amicizia e di buon vicinato con l'Italia.

Il Ras Tafari, nel comunicarmi quanto precede, mi chiedeva di fargli avere testo degli ultimi trattati del genere conclusi dall'Italia.

Ricordando che prima della mia partenza ebbi ad accennare a codesto ministero affari esteri eventualità negoziare un simile trattato, riscontrando favorevoli disposizioni, ho comunicato al Ras Tafari vari testi in mio possesso, facendogli ben presente non doversi in alcun caso trattare di un espediente iiversivo; che ne avrei riferito a V. E. e che * entrambe questioni si sarebbe!'" risolte al più p~esto ''' (2).

Ras Tafari mi ha chiamato nuovamente oggi e mi ha annunziato formale intenzione suo Governo di concludere un trattato di amicizia col Governo ita

liano e di firmare immediatamente, dopo sistemazione alcuni dettagli, anche convenzione \stradale.

Mi ha dato lettura del suo progetto di trattato, di cui mi invierà testo e traduzione francese lunedi mattina, con sua persona di fiducia per eventuale discussione.

Ras Tafari, a mia richiesta, ha dichiarato, nel modo più formale ed esplicito, che il trattato sarebbe firmato immediatamente.

Se memoria non mi inganna progetto è seguente: Articolo l o: Analogo articolo primo del trattato itala-ungherese. Articolo 2°: Non è dissimile dalla sostanza degli articoli 2 e 3 del trat

tato italo-jemenita. Articolo 3°: Riguarda la clausola di conciliazione ed arbitrato con particolare riguardo alla Società delle Nazioni. Articolo 4°: Per la durata Ras Tafari sarebbe desideroso estendere un poco termine abituale di dieci anni. Articolo 5°: Registrazione alla Società delle Nazioni. Se V. E. approva di negoziare su queste basi io per risparmiare tempo telegraferò testo completo progetto ricevuto, appena ne sarò in possesso.

Ad ogni modo, per evitare interferenze e tenendo conto mobilità ambiente e fatto che questo sarebbe primo trattato del genere, seguito da una convenzione stradale, concluso dall'Etiopia, mi permetto insistere per ricevere al più presto istruzioni di V. E. Desidero infine chiarimenti ben precisi del Governo etiopico: stabilite pubblicamente e solennemente intenzioni amichevoli dell'Italia verso l'Etiopia, Ras Tafari potrà proseguire, senza timore di opposizione, sua politica amichevole verso noi, concretandola in accordi e provvedimenti per sviluppare e intensificare rapporti commerciali e mezzi di comunicazione con la vicina colonia italiana.

(l) -Lo stesso te!. fu trasmesso il giorno 13 con n. 136i a Paulucci Barone a Ginevra. (2) -In VEDOVATO le parole fra asterischi sono così modificate: « entrambe le questioni si fossero risolte insieme ed a! più presto ».
166

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. 1370/60. Roma, 18 marzo 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 74 (1).

Marchese Paulucci telegrafa da Ginevra 14 corrente quanto segue:

• (come da telegramma arrivo n. 1549/35) • (2).

Trovo giustificate considerazioni marchese Paulucci e prego V. S. tenerle presenti per schiarire idee taluni ungheresi che come ministro Hevesy mostransi poco disposti rendersi conto realtà situazione e apprezzare convenientemente efficacia appoggio da noi prestato Ungheria.

10 -Documenti dipLomatici -Serie VII -Vol. VI

(l) -T. 1539/74 del 13 marzo: Durini valorizza l'opera italiana in favore dell'Ungheria. (2) -Cfr. n. 159.
167

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON L'AMBASCIATORE FRANCESE A ROMA, BEAUMARCHAIS

[Roma], 19 marzo 1928, [ore 18].

BEAUMARCHAIS. -Ho chiesto udienza, perchè sono autorizzato dal Briand a farvi delle comunicazioni ufficiali. L'on. Scialoja, a Ginevra, si è !agnato con Briand della lentezza colla quale procedevano le nostre conversazioni.....

MussoLINI. -Non era autorizzato a farlo.

BEAUMARCHAIS. -Ho obbedito al suo desiderio. Comunque, l'On. Briand mi ha incaricato di dirvi che è a disposizione del Governo italiano, o per concludere un • largo » trattato di arbitrato e di amicizia fra la Francia e l'Italia, salvo a liquidare le minori questioni dopo o a liquidare queste questioni prima e concludere poi un trattato politico. L'On. Briand, ha atteso prima di fare questo passo, che la questione di Tangeri fosse avviata a soluzione. Credo che le questioni minori non siano tali da impedire un accordo politico. Non si può arrivare a un'alleanza vera e propria per molte ragioni evidenti, ma a un

• largo • trattato di arbitrato e di amicizia. Per quanto concerne le questioni minori, quella di Tangeri è risolta. Per lo statuto di Tunisi le difficoltà non sono insormontabili. Noi abbiamo bisogno di recuperare la nostra libertà di azione per l'Africa francese, ma vogliamo tenere conto dei vostri interessi. Nessuno pensa a francesizzare in un colpo solo, i centomila italiani di Tunisi. Costoro potrebbero essere divisi in tante categorie a ognuna delle quali potrebbe essere riservato uno speciale trattamento. Italiani stabiliti [in] Tunisia, prima del Trattato del Bardo; italiani stabiliti nella Reggenza, prima del 1896; italiani stabiliti a Tunisi, prima del 1923 e italiani andati dopo quest'epoca. Poichè l'esame di tale questione potrebbe richiedere un tempo superiore ai tre mesi, si potrebbe allungare a dodici mesi l'attuale tacita proroga trimestrale, salvo a prorogare per un altro anno in caso di bisogno. Per quanto concerne le rettifiche del confine tripolitano attendiamo delle precisazioni dal Vostro Ministero delle Colonie, ma anche qui, le difficoltà non sono grandissime.

MussoLINI. -Quello che mi avete detto è molto interessante. Ma mi avete posto dinanzi a un'alternativa della quale non posso dare immediata risposta. Vi chiedo quindi di riflettere e vi chiamerò per darvi una risposta. Ma intanto io vi pongo un'altra questione: quella dei mandati. Vi chiedo, cioè, un impegno formale da parte della Francia, di sostenere la priorità dell'Italia, nel caso sia pure ipotetico -che i mandati vengano ripresi in esame.

BEAUMARCHArs. -Non posso anticipare su tale argomento la risposta di Briand, ma potrei anticiparvi la mia ..... Chiederò il parere di Briand.

MussoLINI. -Ho ascoltato con molto interesse le vostre comunicazioni e mi permetterò di chiamarvi quando avrò pronta la mia risposta. Sarà forse opportuno di far sapere che le conversazioni non sono affatto legate alla sorte delle urne pr01ssime in Francia.

BEAUMARCHAIS. -Aumenta ogni giorno di più in Francia il numero delle persone che fanno una netta distinzione fra politica interna e politica estera.

168

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1642/74/75. Sofia, 19 marzo 1928, o1·e 20 (per. ore 24).

Telegrammi di V. E. nn. 78, 86 e 239/82 (1).

Non per giustificazione di cui non vi è bisogno, ma solo per il dovere di fornire ancora a V. E., ad abundantiam, tutti gli elementi di cui V. E. possa avere bisogno nel presente momento, confermo interamente quanto ebbi già a dichiarare nei miei telegrammi nn. 360 e 361 del 9 dicembre scorso (2) e più specialmente ai paragrafi 1°, 3o e 4o.

Unici miei rapporti con macedoni sono stati quelli con Tomaleski col quale ho avuto soltanto tre colloqui assolutamente ignorati da tutti (25 agosto 1927, 15 novembre 1927, 28 dicembre 1927), più breve conversazione insieme con Alberti e Parini ottobre 1927.

Primo colloquio determinò mio rapporto personale per V. E. n. 426 del 5 settembre (3); secondo colloquio, brevissimo, ebbe luogo dopo ritorno Tomaleski da Roma ove era stato ricevuto da S. E. Grandi; terzo colloquio avvenne prima del viaggio del Tomaleski in Italia e determinò mio rapporto personale per V. E. n. 88 del 5 febbraio 1928 (3).

All'infuori di ciò io non ho mai, ripeto mai, avvicinato nessun capo macedone o bulgaro-macedone; non ho mai direttamente mostrato di interessarmi alla questione col collega di ... (4), mi sono anzi prudentemente attenuto allo spirito del telegramma di V. E. n. 378 segretissimo del 26 novembre 1927 (5) ogni qualvolta in questi ambienti politici o diplomatici si è avuto occasione di parlare della questione macedone.

Affermato quanto precede nel modo più assoluto, sono in grado di chiarire a V. E. il retroscena di questa manovra serba, che tenta nuovamente di ingannare opinione pubblica europea nei riguardi della questione macedone, sperando di poter spiegare e giustificare necessità attuale regime terrorista in Macedonia col diffondere calunniose voci di intervento eccitatore e sostenitore dell'Italia e in particolar modo di questa legazione (citati telegrammi di V. E. nn. 78 e 86, telegramma ufficio-stampa n. 239/82 e specialmente comunicato ufficiale agenzia Avala del 17 marzo sul processo Kraleff a Istip).

Azione che questa legazione sotto gli ordini e direttive di V. E. è venuta svolgendo da più di un anno per affermazione politica italiana in Bulgaria e per sostegno della Bulgaria 1stessa di fronte azione accerchiante allettatrice insieme e minacciosa della Serbia, della Francia e, da ultimo, anche dell'Inghilterra (vedere mio telegramma per corriere n. 107 del 17 febbraio scorso) ha provocato oltre profondo disappunto e rancore anche propositi di reazione, che non avendo trovato lo sperato appoggio neanche nel solo uomo del Governo

Liapceff, su cui si credeva di poter contare (Buroff), si sono concretati in una

campagna di calunniose invenzioni contro l'Italia e contro questa legazione,

precedentemente al divisato attentato fortunatamente sventato dal servizio di

controspionaggio bulgaro.

Stolta menzogna mia partecipazione conferenza macedone monastero Rilo;

fantastica accusa concernente il mistero del presunto intermediario tra questa

legazione e comitato macedone; presunte frequenti visite a questa legazione

del rivoluzionario Vothieff (?) completamente sconosciuto anche di nome; men

zogna della fornitura di panno grigio-verde; minacciate rivelazioni sensazionali

da parte di un giornalista serbo in base ad un taccuino colmo di notizie da lui

raccolte a Sofia circa le relazioni tra l'Italia e i macedoni; e cosi di seguito sino

a • rivelazioni • dello smemorato semi-idiota Kraleff, circa sussidi dell'Italia al

comitato macedone e circa la principessa italiana che avrebbe raccolto fondi e li

avrebbe portati al comitato stesso, tutto ciò non è che lo svolgimento di un

piano che, se alla nostra mentalità e alla nostra tradizionale educazione morale

può apparire insieme ignobile e puerile, rientra invece pienamente nella menta

lità e nei metodi dei serbi.

Complice della equivoca manovra tendente, come già ho osservato, a denigrare Italia di fronte opinione pubblica europea per disimpegnare tremenda responsabilità della Serbia nella questione macedone e tendente anche (come chiarirò meglio in fine del presente telegramma) a sbarazzarsi della presenza a Sofia dell'attuale ministro Italia (vedi nota ufficiosa del Samouprava sotto

• Rilievi necessari •); complice manovra serba è legazione di Francia a Sofia e, per essa, più specialmente console Geraldy, approfittante della incredibile leggerezza quasi incoscienza del ministro Cambon.

Continua col numero successivo (1).

(l) -Non rinvenuti. Ma si riferiscono con ogni probabilità all'argomento di cui al n. 146. (2) -Cfr. serie VII, V, nn. 666 e 667. (3) -Non rinvenuto. (4) -Gruppo indeciirato. (5) -Cfr. serie VII, V, n. 607.
169

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1691/40. Ginevra, 19 marzo 1928 (per. il 22).

Mi onoro attirare l'attenzione della E. V. sull'articolo • Bilancio a zero • comparso nel giornale Il Secolo del 14 corrente. L'articolo commenta i lavori dell'ultima sessione del consiglio della Società delle Nazioni e in particolare la deliberazione adottata sull'affare delle mitragliatrici.

Come feci presente nel telegramma per corriere n. 24 del 5 marzo 1928 (2) se la manovra della Piccola Intesa si è risolta all'ultimo momento in una ritirata generale, se, nonostante le insistenze della Francia all'avviamento di un'investigazione, si è potuto limitare il provvedimento del consiglio alla nomina di un comitato di tre incaricato di studiare la questione, ciò si deve, in non poca parte, all'azione svolta, attraverso difficoltà non lievi, da S. E. Scialoja e da me sia tra i membri del consiglio, sia tra i funzionari responsabili di questo

segretariato. Far dell'ironia perchè il consiglio, lasciandosi convincere dai nostri suggerimenti, ha preso una deliberazione di rinvio, non mi sembra sia accorta politica mentre sarebbe nostro interesse, a differenza di quanto fa in tale circostanza tutta la stampa societaria, mettere in rilievo l'opportunità di tale provvedimento che evita alla Società delle Nazioni di impegnarsi in un terreno particolarmente insidioso. La conseguenza di tali articoli è di rendere più difficile in avvenire un'eventuale nostra azione moderatrice dal momento che le decisioni da noi suggerite non hanno neppure per risultato di salvarle dalle critiche della nostra stampa. Si conferma in tal modo il pregiudizio di una ostilità preconcetta da parte nostra alla Società delle Nazioni, qualunque siano le decisioni che essa adotta. Il che svaluta in anticipo ogni critica fondata che noi possiamo aver ragione di muovere all'attività di quest'organismo.

Sembra a me, d'altro canto, che l'azione della stampa sia soprattutto di fiancheggiare la politica del Governo e dei suoi rappresentanti conformando ad essa il suo indirizzo, in modo che da tutte le parti si converga al medesimo obiettivo. Un atteggiamento come quello del Secolo nell'articolo predetto non mi sembra rispondere a tale criterio.

V'è soprattutto un punto che mi permetto segnalare all'attenzione dell'E. V. È detto nell'articolo in parola: • Tranne quei pochi signori che ebbero, hanno o sperano d'avere qualche incarico o qualche provvisoria o prolungata prebenda a Ginevra, nella generalità degli italiani è diffusa e radicata la persuasione che la Società delle Nazioni e le sue ordinarie e straordinarie sessioni di consiglio e d'assemblea, ove pur non tornino di danno, non servono a nulla •.

Io non so a chi l'articolista intenda alludere. Quel che è certo è che la storia delle prebende ginevrine è una di quelle sciocche calunnie che tutti ormai conoscono come tale. Il rimetterla in circolazione non ha per risultato che di additare all'antipatia del pubblico dei funzionari che prestano qui l'opera loro in circostanze particolarmente difficili, con la coscienza di rendere al paese servizi non meno utili di quelli che rende ogni altro funzionario in qualsiasi altro luogo.

Per la dignità di tali funzionari io mi permetto di chiedere all'E. V. di voler attirare l'attenzione del direttore del Secolo su ciò che v'è di poco deferente in tali apprezzamenti e disporre perchè non si ripetano ancora in avvenire. Giacchè l'opera dei funzionari all'estero è molto meno efficace se non è sostenuta anche dalla simpatia e dal rispetto dell'opinione del loro paese.

(l) -Non si pubblicano successivi t. 1670/77/78, del 20 marzo, ore 14, per. ore 17,35. (2) -Cfr. n. 140.
170

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO (Ed. parzialmente in VEDOVATO, pp. 55-56)

T. 1411/116. Roma, 21 marzo 1928, ore 24.

* Miei telegrammi per corriere nn. 894 e 899 del 29 e 30 maggio scorso (1).

In occasione visita S. A. R. duca degli Abruzzi in Addis Abeba vennero avviate con Ras Tafari trattative per ottenere da Governo etiopico costruzione

camionabile Assab-Dessiè per maggiore sviluppo traffici tra Eritrea ed Etiopia contro concessione zona franca etiopica ad Assab a camionabile ultimata. Schema convenzione concordato in proposito venne approvato in massima da Ras Tafari che si riservò trovare momento più opportuno per sottoporlo imperatrice e grandi capi.

In data 18 marzo corrente il R. ministro in Addis Abeba mi ha telegrafato quanto segue:

• (come nel telegramma da Addis Abeba n. 1631/38 collezione) • (l)*.

Prego V. E. voler portare urgenza e verbalmente quanto precede a conoscenza Governo britannico facendogli opportunamente presente che R. Governo con tale comunicazione, fatta in via del tutto confidenziale ed a titolo di cortesia prima di impartire istruzioni definitive al R. ministro in Addis Abeba, intende dare una nuova prova dello spirito amichevole da cui è animato verso la Gran Bretagna e del suo costante desiderio di continuare in quella via di sincera collaborazione che prove così apprezzabili ha già dato in altri campi. Prego V. E. telegrafarmi subito le impressioni di codesto Governo.

(l) Cfr. serie VII, V, n. 227.

171

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. PER CORRIERE 1419. Roma, 22 marzo 1928, ore 18.

Il R. ministro a Sofia telegrafa che quei giornali pubblicano notizie da Parigi su una riunione pubblica costà tenutasi per iniziativa della Lega francese di difesa dei diritti dell'uomo sotto la presidenza del segretario generale della federazione francese per la Società delle Nazioni, riunione che ha trattato della situazione in Macedonia.

Prego V. E. riferire dettagliate notizie circa detta riunione. Interessa seguire sviluppi atteggiamenti francesi nei riguardi Macedonia in relazione complessa azione politica della Francia nei riguardi jugoslavi e bulgari.

172

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1760/270. Parigi, 22 marzo 1928 (per. il 26).

Mio telegramma filo n. 266/135 (2).

Obbiezioni britanniche all'accordo franco-spagnolo hanno queste caratteristiche: 1° -una sola base, quella finanziaria; 2o -un'ampiezza che oggi comprende l'intero accordo e che potrebbe più tardi coinvolgere l'intera amministrazione della zona di Tangeri; 3° -una tendenza politica: la conservazione dell'internazionalità della zona.

Di fronte alla tendenza della Francia ed a quella della Spagna, le quali considerano il Marocco come cosa loro salvo a cercare, ognuna di esse, di incor

porare nella propria anche la zona di Tangeri, l'Inghilterra si preoccupa invece di mantenere l'internazionalizzazione della zona: e, nella sua praticità, mentre da una parte ha facilitato la soddisfazione della tesi italiana al fine di eliminare

o impedimenti o turbative al funzionamento dell'organismo internazionale, dall'altra si preoccupa che questo organismo sia vitale. Il suo ragionamento è pratico e giusto: l'allargamento dell'internazionalità e dei suoi organi comporta aumento di spese: le risorse sono limitate: la popolazione non può essere aggravata fiscalmente o doganalmente più in là di un certo limite, che è molto ristretto: l'accordo franco-spagnuolo che aumenta uomini e ufficiali della gendarmeria si risolve in una spesa: tutto questo, se non bene studiato e predisposto porterà tali difficoltà che l'internazionalizzazione della zona (ossia l'esigenza politica della Gran Bretagna) potrà creare continui fastidi.

Una deduzione logica è prevedibile: quella cioè che l'argomento finanziario sarà da qualcuno invocato anche di fronte ad alcune delle nostre domande, per la nostra adesione allo statuto tangerino.

Se specialmente dopo i fatti constatati in questa ultima fase diplomatica della questione tangerina, si crederanno rafforzate le previsioni: l<> -che Francia e Spagna mirano, in fondo, al Marocco per loro e, ciascuna, alla zona di Tangeri per sè; 2°-che la Spagna per ragioni che è inutile qui svolgere, non ha resistenza organica di fronte alla Francia; 3° -che la linea politica principale nostra coincide con quella inglese; conviene prevedere fin d'ora che la questione finanziaria va anche dall'Italia tenuta presente e sfruttata nel senso della tesi dell'internazionalizzazione della zona Tangeri; bisognerebbe dunque prepararsi a un eventuale concorso finanziario nell'amministrazione tangerina.

Pregherei V. E. telegrafarmi le sue direttive di massima in proposito: per esempio per un contributo di parità delle quattro potenze più interessate, Italia, Francia, Spagna, Inghilterra, escogitato forse in modo da salvaguardare la suscettibilità cosiddetta sultaniale (prestito contributi speciali ecc. ecc.) qualora venisse constatato un bilancio deficitario e gli organi competenti decidessero non essere il deficit compensabile con risorse locali: ovvero, un contributo non di parità, ma singolarmente proporzionale, coll'assunzione da parte di ognuna delle quattro potenze dello stipendio e indennità locale dei funzionari di propria nazionalità alla direzione di servizi tangerini.

La prima tesi è quella che qui sembra convenirci ed anche quella che, da quanto si può giudicare, sarà preferita dall'Inghilterra.

(l) -Cfr. n. 165. (2) -T. 1681/266/135 del 21 marzo, che non si pubblica.
173

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE

T. 1445. Roma, 23 marzo 1928, ore 24.

Contemporanea presenza a Ginevra del ministro esteri di Grecia e di Turchia dovrebbe facilitare scambi di vedute e facilitare quella intesa preliminare sopra questioni concrete ancora pendenti fra i due paesi, intesa preliminare che è la condizione necessaria per realizzazione progetto V. S. noto. V. S. faccia il possibile per fare avvicinare Michalacopoulos con Tewfik Roussdi bey e disporli all'accordo. È questione essenziale per noi ed abbastanza urgente. Non mi dispiacerebbe vedere tanto l'uno come l'altro a Roma durante il loro viaggio di ritorno ad Atene ed Angora. Senza dare ad essi la diretta impressione che è mio desiderio invitarli a Roma, trovi modo di far loro comprendere che visita tanto dell'uno come dell'altro non mi sarebbe sgradita. Naturalmente converrebbe che venissero ambedue i ministri, sia pure ciascuno per conto proprio.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. 1446/98. Roma, 23 marzo 1928, ore 24.

Suoi telegrammi nn. 76, 77, 78 (1).

Approvo azione svolta V. S. che risponde direttive R. Governo. Contatti con elementi macedoni, sia pure con la necessaria discrezione debbono essere mantenuti.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Ed. in VEDOVATO, p. 56)

T. 1715/146. Londra, 23 marzo 1928, ore 20,55 (per. ore 4,55 del 24).

Ho informato oggi Chamberlain del contenuto del telegramma V. E.

n. 116 (2). Chamberlain mi ha pregato di ringraziare V. E. della comunicazione e delle ragioni con cui ha voluto motivarla e mi ha dichiarato di non avere nessuna obiezione da fare al divisato trattato di amicizia e di arbitrato italo-abissino. Egli spera pertanto che un simile trattato, mantenuto nei limiti dell'amicizia e dell'arbitrato, possa servire di precedente ad una eventuale stipulazione analoga tra la Gran Bretagna e l'Etiopia per dissipare le diffidenze e le prevenzioni che sono caratteristiche della politica etiopica nei riguardi degli stati esteri.

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L'INCARICATO D'AFFARI A DURAZZO, SORAGNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1818. Durazzo, 23 marzo 1928.

Zogu parlandomi dell'attività jugoslava, mi ha detto che è a conoscenza di una intensificata azione di spionaggio ed eventualmente di corruzione di ele

menti albanesi, • anche fra quelli che circondano lui stesso •, ma che egli sorveglia e controlla tale azione, non la teme, e la fermerà, quando il momento sarà opportuno, senza scandali.

Discorrendo della questione dell'elemento albanese irredento del Kossovese, si è mostrato ben compreso della necessità di frenare le partenze verso la Turchia. Mi ha confermato l'azione, svolta a tale scopo in Angora, dal locale ministro albanese (su cui ha riferito anche S. E. Orsini), e, dato che pare che il Governo turco non desideri l'arrivo di albanesi, non sapendo come collocarli egli spera che di fatto, i consoli turchi negheranno i visti ai richiedenti di razza albanese, come è stato promesso. Inoltre, aggiunse, bisogna che io pensi a svolgere qualche efficace azione, fra gli elementi irredenti, per assicurarli che pensiamo a loro, e per tenerli saldi e fiduciosi poi della predetta • efficace azione •. V. E. non creda che Zogu pensi a propaganda colla stampa (tanto, dice, non leggono) o a movimento culturale, o a qualche • Dante Alighieri • albanese: ci occorre, egli mi disse, qualche nostra piccola banda di comitagi ogni tanto, qualche bombetta, per tener desto ed alacre negli animi degli irredenti l'amore ed il ricordo della patria albanese.

È però un fatto, ed un danno pel movimento irredentista, che le simpatie del Kossovese, anche di quelli che non odiano Zogu, vanno molto più al Prishtina che all'attuale presidente della repubblica. Ragione per cui è opportuno che continuiamo a tenerci in buoni rapporti con Hassan bey.

(l) -Cfr. p. 148, nota l. Ma il riferimento nel testo riguarda anche il n. 168. (2) -Cfr. n. 170.
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IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 1720/43/44. Ginevra, 24 marzo 1928, ore 2,30 (per. ore 4).

Telegramma di V. E. n. 33 (1).

Operazione chirurgica alla quale Michalacopoulos ha dovuto assoggettarsi è risultata più grave di quanto inizialmente credevasi così che solo stamane mi è stato possibile vederlo. Intanto avevo avuto ieri conversazione con ministro affari esteri Turchia al quale ho cercato di fare comprendere quanto sarebbe stato più importante un patto a tre che non un semplice patto a due con clausola libera adesione di terzi. Russdy bey mi ha risposto che divergenze attuali tra suo paese e Grecia non sono tali da rendere difficile un accordo. Gli ho osservato che pur essendone convinto, temevo che un tale accordo avrebbe richiesto tempo, protraendo firma di un patto a tre contemporaneo. Sembravami invece più. conveniente proposta greca di intendersi subito su un sistema di procedura che affidasse a degli arbitri liquidazione globale di tutte le questioni pendenti. Ho vivamente raccomandato a Russdy bey di trovare una soluzione qui a Ginevra nei colloqui che avrà con Michalacopoulos, non appena questi sarà in grado di abboccarsi con lui. Russdy bey pure rilevando che nelle convenzioni vigenti con la Grecia esistono già delle

clausole arbitrali, mi ha fatto intendere di essere animato da propositi conciliativi. Nel colloquio avuto stamane con Michalacopoulos gli ho dichiarato secondo istruzioni di V. E. che Governo turco aveva aderito alle grandi linee del progetto di accordo di V. E. Ho comunicato al Michalacopoulos i motivi di lagnanze fatti presente dall'ambasciatore di Turchia a V. E. Gli ho accennato poi al vivo desiderio dei turchi di firmare un accordo a due, riservando alla Grecia la possibilità di aderirvi successivamente in virtù di una speciale clausola. Il Michalacopoulos mi ha risposto che nessuno meglio del Governo turco sa quanto le sue lagnanze siano infondate. Per quanto riguarda formazione di bande greche, situazione non era diversa dall'altra parte della frontiera. Era difficile impedire, in località che ancora risentivano conseguenza guerra, che qualche facinoroso effettuasse atti brigantaggio. Turchia avrebbe avuto ragione di lamentarsi se Grecia non avesse preso adeguate misure per impedirlo. Tali misure erano rispondenti. Il Michalacopoulos [mi ha citato il] caso di un prefetto e di un capo di polizia da lui stesso fatti destituire per non avere impedito un atto delittuoso del genere.

Quanto applicazione di talune clausole del trattato relativo allo scambio delle minoranze, Michalacopoulos poteva esprimere le stesse lagnanze nei riguardi della Turchia; è per questo che Michalacopoulos aveva con gesto amichevole proposto di rimettere la soluzione in blocco di tutte le divergenze al giudizio di arbitri. Ho informato Michalacopoulos della mia conversazione con Russdy bey per indurlo aderire alla speciale procedura arbitrale da lui proposta. Ho aggiunto che ministro degli affari esteri turco pur manifestando migliore volontà, mi aveva fatto osservare che procedura arbitrale era già contemplata dalle convenzioni vigenti. Michalacopoulos mi ha risposto che purtroppo tali clausole si riferivano soltanto a controversie sulla interpretazione di quel trattato. Egli propone invece di deferire globalmente tutte le questioni al giudizio arbitrale seguendo una speciale procedura rapida. Michalacopoulos ha tenuto a ripetermi come per la Grecia firma di un patto a tre non possa disgiungersi da un accordo preliminare arbitrale con la Turchia. Governo di Angora, mi ha dichiarato, ha tutto l'interesse accettare, perchè esso ritrarrà i più grandi vantaggi dalla conclusione di un patto a tre. Oggi Turchia è in continua agitazione per timore dell'Italia. Il patto proposto da V. E. le darà piena tranquillità. Se in contraccambio, V. E. le chiede di aderire alle proposte del Governo greco non può dirsi che Turchia paghi a troppo caro prezzo grande vantaggio che ne ritrae. Epperò il signor Michalacopoulos è tornato ad esprimermi sua fiducia che V. E. vorrà esercitare qualche pressione sulla Turchia come fece nel colloquio con Suad bey di cui al dispaccio di V. E. n. 1215 (1). Michalacopoulos ha tenuto a rammentarmi l'azione da lui esercitata da due anni per rendere sempre più intima amicizia tra Italia e Grecia. Egli era stato accusato di eccessiva italofilia. In realtà era fermamente convinto che tale amicizia rispondeva a necessità geografiche e politiche imprescindibili e si risolveva nell'evidente interesse [e] nel maggiore prestigio di ambedue i paesi. Confidava molto nell'amicizia di V. E. per il suo paese. Un accordo diretto fra l'Italia e la Turchia avrebbe avuto in Grecia la più grave ripercussione giacchè non solamente avrebbe pro

vocato le sue dimissioni, ma sarebbe stata compromessa l'opera di riavvicinamento svolta finora. L'anno scorso Governo turco aveva proposto alla Grecia un trattato di amicizia. Egli aveva lasciato cadere le trattative [ritenendo] in seguito ad un colloquio col ministro Arlotta che la cosa non fosse di pieno gradimento di V. E.

(Il presente telegramma continua col numero di protocollo successivo).

(l) Non rinvenuto. Ma forse si tratta del tel. per cui cfr. p. 144, nota l.

(l) Numero errato.

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IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. u. RR. 1732/45. Ginevra, 24 marzo 1928, ore 19,30 (per. ore 21).

Seguito del numero precedente.

Michalacopoulos confida vivamente che V. E. non lo abbandonerà nelle attuali circostanze. L'ho rassicurato osservando che ciò non rispondeva a intendimento V. E. come mostrava azione svolta presso Suad bey.

Ho aggiunto che occorre battere ferro quando è caldo e che egli nulla deve tralasciare per trovare con Russdy bey qui a Ginevra una soluzione che gli permetta di firmare subito accordo a tre.

Michalacopoulos mi ha detto essere animato dallo spirito più conciliante e intendeva darmene prova. Egli riteneva che riluttanza Turchia aderire sua proposta di convenzione di arbitrato proveniva da timore ricevere una sentenza arbitrale ad essa contraria. Era noto infatti che di fronte a un milione e mezzo di greci emigrati da Asia Minore che rappresentavano elementi più ricchi di quel paese, si avevano appena 400 mila turchi emigrati dalla Grecia. Era evidente che liquidazione dei beni avrebbe presentato saldo attività assai considerevole a favore Grecia. Ciò preoccupava Turchia. Per diminuire tali preoccupazioni Michalacopoulos era pronto accondiscendere seguente transazione e cioè che qualora giudizio arbitrale stabilisse obbligo di una delle parti versare all'altra determinata somma, potrebbe lasciare allo stesso collegio arbitrale dopo fissata tale somma, la facoltà di determinare se ella ecceda la potenzialità di pagamento del debitore e in tal caso di ridurla a tale potenzialità, adottando anche dei pagamenti rateali.

Michalacopoulos ritiene che tale transazione potrebbe anche maggiormente facilitare adesione Turchia all'accordo arbitrale da lui proposto, qualora essa venisse suggerita da parte italiana, temendo, se egli stesso la facesse presente, di suscitare diffidenze turche.

Ho dichiarato che a Roma comunicavo a V. E. quanto egli proponeva. Per parte mia avendo Russdi bey promesso di vedermi dopo suoi colloqui con Michalacopoulos gli avrei accennato tale idea come proveniente da parte italiana.

Michalacopoulos mi ha vivamente ringraziato. Egli spera lasciare clinica 25 corrente, ma rimarrà in convalescenza Ginevra gran parte settimana prossima. Poi avrebbe intenzione riposarsi per vari giorni a Merano o Pallanza.

Questo pomeriggio ho poi incontrato ministro di Grecia a Parigi signor Politis. Mi ha comunicato che ministro polacco ad Angora aveva appreso da persona appartenente a quel Governo, notizia che Turchia stava trattando con Grecia patto amicizia. Da Varsavia notizia era stata diramata confidenzialmente a tutte le legazioni tra cui a ministro Sokal a Ginevra che aveva chiesto al Politis cosa vi fosse di vero. Il Politis si è limitato rispondere essere in corso trattative per risolvere pendenze tra i due paesi. Notizia aveva destato nel Politis sorpresa dato che desiderio Governo turco [è] mantenere massimo riserbo. Ho condiviso la sorpresa.

Quanto precede riassume punti salienti conversazioni da me avute. V. E. potrà giudicare quanto sarebbe svantaggioso firmare accordo a due invece che a tre. Tutti gli sforzi compiuti da V. E. per riallacciare rapporti Grecia Italia andrebbero perduti colle conseguenze da V. E. chiaramente prospettate a Suad bey di spingere Grecia nelle braccia di Belgrado. Quanto a modificazioni proposte da Governo turco permettomi segnalare che esse nella formulazione articolo primo importano modificazione sostanziale, che diminuisce notevolmente portata patto nei nostri riguardi, sostituendo a nostra collaborazione economica e politica una semplice formula negativa di astensione. Potrebbe infine considerarsi opportunità precisare maggiormente seconda parte articolo 3 quando trattato riceverà definitiva forma giuridica.

179

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 1728/81. Sofia, 24 marzo 1928, ore 22 (per. ore 23,10).

Telegramma di V. E. n. 1368 segreto (1).

Rapporti turco bulgari sono buoni come dimostrano recente firma trattato di commercio, bene avviate trattative per migliore attuazione pratica della convenzione stabilimento e altri accordi turco bulgari del 1925. Significativo anche il fatto che re Boris ha accettato in questi giorni invito a pranzo questa legazione di Turchia mentre durante intera stagione mondana 1927-1928 non ha visitato nessuna legazione. Ciò premesso devo dichiarare a V. E. (indipendentemente dal fatto che tra Bulgaria e Turchia già esiste patto di amicizia del 18 ottobre 1925) il progettato intervento della Bulgaria in un eventuale patto a tre ovvero uno staccato patto bilaterale italo bulgaro, incontrerebbe oggi una grande difficoltà che si riassume in un nome: Buroff, e si spiega con la fatale necessità per Liapceff di tenere con sè Buroff e il suo gruppo per le note condizioni parlamentari in Bulgaria (vedasi miei telegrammi 53, 53 bis, 53 ter, e 69) (2). Ragione principale per cui avevo pregato V. E. farmi venire Roma conferire, era appunto quella di esporle situazione generale politica bulgara, giunta ora per noi ad un momento particolarmente delicato e forse decisivo.

(l) -Cfr. n. 163. (2) -T. 1380/53, 1407/53 bis, 1408/53 ter, 1569/69, del 5, 6 e 15 marzo, relativi al prestito alla Bulgaria e alla sua situazione interna.
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L'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1743/129. Madrid, 24 marzo 1928, ore 22 (per. ore 1 del 25).

Telegramma di V. E. n. 51 (1).

Primo de Rivera mi ha detto che procedura seguita a Parigi era stata suggerita e preferita dalla Spagna come unica logica e possibile per essa. Ciò spiega atteggiamento rappresentanti Spagna. Questione secondo lui non ha peraltro che valore formale, ogni riserva italiana potendo sempre essere integralmente mantenuta.

Mi ha assicurato che erano state date ed ancora recentemente confermate istruzioni a Quinones de Leon appoggiare Italia in ogni sua domanda di maggiore partecipazione nella amministrazione tangerina, compresa eventuale designazione di un ufficiale nel nuovo corpo di gendarmeria. Egli fa eccezione soltanto a partecipazione Italia servizio vigilanza contrabbando armi, non parendogli che ciò possa direttamente interessarci. Ritiene che Italia otterrà piena soddisfazione constandogli che Inghilterra è d'accordo e che Francia non opporrà resistenza. Continua col numero successivo (2).

181

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1733/124. Atene, 24 marzo 1928, ore 23,40 (per. ore 2,05 del 25).

Mio telegramma n. 122 (3). Commenti stampa continuano essere in complesso decisamente favorevoli patto greco-romeno.

Presidente del consiglio Zaimis che ho visto stamane, pur senza sopravvalutare la portata politica del suddetto accordo, mi ha detto di esserne specialmente soddisfatto in quanto dimostra che la Grecia non ha necessariamente bisogno di seguire la tutela di altri stati balcanici (alludeva chiaramente alla Serbia) nello sviluppo della sua politica balcanica esclusivamente pacifica. Mi ha poi dichiarato che desiderava riconfermare quanto la Grecia avesse apprezzato l'amichevole atteggiamento dell'E. V. favorevole fin dall'inizio a questo accordo greco-romeno. Zaimis ha aggiunto di non avere ancora ricevuto il testo integrale dell'accordo dopo le modificazioni direttamente concretate a Ginevra con Titulescu, ma che è nelle linee generali simile a quello degli analoghi patti d'arbitrato e non aggressione stipulati da altri paesi nel quadro della Società delle Nazioni. Per ora ne è stato pubblicato il solo preambolo che trasmetto con telegramma a parte in chiaro n. 125.

Mi è stato inoltre escluso che patto contenga menzione che sia accompagnato da clausole militari o di alleanza. Zaimis ha particolarmente insistito nel porre in rilievo come esso non debba essere in alcun modo considerato quale adesione ellenica alla Piccola Intesa.

Questo incaricato d'affari di Bulgaria mi ha detto, a titolo sua opinione personale, di ritenere che il patto greco-romeno sarà bene accolto a Sofia in quanto possa preludere ad un avvicinamento tra Bulgaria e Grecia. Egli ritiene per contro (e lo stesso parere mi ha anche manifestato il mio collega di Turchia) che il patto testè sottoscritto risveglierà la suscettibilità di Belgrado.

Nella seduta di ieri sera alla camera il deputato comunista Marimos ha attaccato il Governo sostenendo che il patto è chiaramente diretto contro la Jugoslavia.

Gli ha risposto vivacemente il ministro Cafandaris proclamando che l'accordo stesso non è assolutamente rivolto contro alcuno e sta invece a dimostrare solamente lo spirito pacifico della politica greca.

(l) -Il tel. non è stato identificato. (2) -Cfr. n. 183. (3) -T. 171.3/122 del 23 marzo, che non si pubblica.
182

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

L. R. P. Londra, 24 marzo 1928.

Al suo ritorno da Ginevra, quando lo incontrai (l) al pranzo di gala per il

re dell'Afganistan a Buckingham Palace, Chamberlain mi disse che avrebbe

desiderato vedermi e mi avrebbe fatto chiamare al Foreign Office appena libe

ratosi da vari impegni che aveva in quei giorni. Ma soltanto ieri, quando andai

da lui per la comunicazione relativa al trattato di amicizia con l'Abissinia (2), mi

spiegò la ragione per la quale mi aveva detto che desiderava parlarmi.

Riassumerò in prima persona, per maggior chiarezza e semplicità, quel che

Chamberlain mi ha detto, e cioè:

« Ad una colazione offertami a Ginevra dal Marchese Paulucci ed alla

quale era presente anche il Signor Scialoja, io manifestai tanto all'uno quanto

all'altro la mia speranza di veder realizzato il progetto di un incontro tra me,

Briand e Primo de Rivera al quale avesse partecipato anche il Signor Musso

lini. Tanto Scialoja quanto Paulucci mi scoraggiarono su tal punto, dicendomi

che, a parte ogni altra considerazione, S. E. Mussolini era riluttante ad allon

tanarsi dall'Italia. Non ricordo se pochi giorni prima o pochi giorni dopo di

questa colazione, Scialoja venne da me per dirmi che aveva ricevuto istruzioni

di accertarsi se realmente, come ne era giunta voce a Roma, si tramasse qual

che cosa ai danni dell'Italia nelle conversazioni di Ginevra tra Briand, Strese

mann e me. Mi fu facile assicurare Scialoja dell'assoluta inesistenza di un simile

"complotto", ma ebbi una prova di più dell'inconveniente grandissimo dell'as

senza del Signor Mussolini dai periodici incontri dei Ministri degli Affari Esteri

delle Grandi Potenze d'Europa, che formano oramai, dalla guerra in poi, la

vera base della politica estera europea. Questi incontri, è inutile nasconderlo,

se pur non sempre portano a risultati positivi e di importanza capitale, servono tuttavia a facilitare di molto la trattazione degli affari internazionali e a creare tra le varie cancellerie quell'atmosfera di fiducia e di sincerità che soltanto può formarsi con la reciproca conoscenza personale, la frequenza dei contatti, le spiegazioni verbali, le conversazioni prive della rigidità inevitabile di una nota diplomatica. Briand, Stresemann ed io ci vediamo ogni tre mesi ed almeno una volta l'anno abbiamo l'opportunità di avvicinare quasi tutti i Ministri degli Esteri degli altri paesi. Soltanto il Ministro degli Esteri d'Italia non si vede mai e questo crea inevitabilmente un senso di isolamento e di diffidenza verso degli altri paesi. Quando in una sala vi è un sordo che non può seguire le conversazioni degli altri, questo sordo è facilmente portato a credere che gli altri parlino male di lui.

Ora io mi rendo perfettamente conto delle speciali condizioni in cui la personalità eminente del Signor Mussolini si trova di fronte al proprio paese e la difficoltà se non l'impossibilità per lui di allontanarsi dal suo enorme lavoro e di dedicare parte del suo tempo ai periodici convegni di Ginevra. Non oso chiedere tanto. Ma il Signor Mussolini dovrebbe riconoscere che, dal momento che i contatti personali tra i dirigenti della politica estera d'Europa sono divenuti una consuetudine benefica della diplomazia d'oggi giorno, l'astenersi completamente da tali contatti non può essere un bene nè per lui nè per il suo paese.

Ora si presenterebbe un'occasione di incontrarsi all'infuori di Ginevra.

Se, come spero, le conversazioni di Parigi su Tangeri, arriveranno ad un accordo,

io vorrei proporre che la firma di quest'accordo fosse apposta dai quattro Mini

stri degli Esteri degli Stati interessati, a Malaga, ai primi di maggio o quando

sarà possibile. Il convegno avrebbe uno scopo ben definito ma intanto potrebbe

essere della massima utilità perchè consentirebbe anche delle cordiali conver

sazioni à c6té tra S. E. Mussolini e Briand e tra S. E. Mussolini e me. Io non

ho più visto Mussolini da quasi due anni, Briand non l'ha più incontrato da

Locarno in poi.

La prego quindi di voler riferire al Signor Mussolini quanto le ho detto

esprimendogli il mio vivissimo desiderio che egli accetti la mia proposta. Non

gli scriva ufficialmente, ma personalmente in forma privata, come glielo direbbe

a voce. E mi auguro che il Signor Mussolini la metterà in grado di portarmi

una risposta favorevole •.

Ho detto a Chamberlain che l'avrei fatto, tanto più volentieri che ero per

sonalmente convinto dell'importanza e dell'utilità del suo suggerimento e del

suo invito. Ma ho aggiunto che facevo tutte le mie riserve circa l'atteggia

mento (l) o meno di essi da parte di S. E. Mussolini.

Ho preferito scrivere privatamente a V. E. quanto precede anzichè diretta

mente al Duce, come Chamberlain mi aveva chiesto di fare, e Le sarò grato se,

dopo aver mostrato questa lettera a S. E. Mussolini, vorrà farmi conoscere quale

linea di condotta Egli desidera che io segua e quale risposta io debba dare a

Chamberlain (2).

(l) -Il 13 marzo. (2) -Cfr. n. 175. (l) -Sic, evidentemente per « accettazi~ne ». . (2) -Cfr. anche il precedente t. per cornere 1624/207 del 14 marzo, nel quale Chiaramonte Bordonaro aveva riferito la notizia « che Chamberlain, Stresemann e Briand avrebbero discusso insieme a Ginevra intorno all'Italia e ai modi di porre riparo all'isolamento in cui il nostro paese viene a trovarsi nel concerto europeo per il suo spirito anti-democratico ».
183

L'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1744/130. Madrid, 25 marzo 1928, ore 0,22 (per. ore 2).

Seguito precedente telegramma (1).

Primo de Rivera ha quindi dichiarato, su mia precisa domanda, che attuale accordo non significa per lui abbandono primitive maggiori aspirazioni Spagna le quali rispondono a giustizia e soltanto per forza di discussione sono state abbandonate.

La partita, disse, è rimessa, non chiusa. In via, che egli per ora prega considerare strettamente confidenziale, ha aggiunto che, una volta conclusi presenti negoziati parigini sarebbe nel suo pensiero promuovere come secondo tempo, una [riunione] ufficiale dei quattro Governi. Proporrebbe Malaga come sede. Egli vi parteciperebbe personalmente come pure Chamberlain, a quanto finora sa. Gli consta invece che Briand si è manifestato restio, ma pensa che finirebbe col cedere. Fa infine il maggior affidamento sul personale intervento di V. E. In quella [riunione] potrebbero essere posti i problemi del Mediterraneo in generale, cosa che sarebbe del massimo interesse politico per Italia e Spagna e che appunto spiega le resistenze di Briand.

Scelta di Malaga per riunione è internazionale, perchè offrirebbe modo a

V. E. accedervi direttamente per via mare anche su nave da guerra, aggiungendo significato politico e prestigio alla riunione. Spagna pure parteciperebbe con solennità esteriori. Primo de Rivera ha detto infine che assumerebbe personalmente intera responsabilità garantire a V. E. ogni sicurezza e la più fraterna accoglienza non solo a Malaga ma anche a Madrid se a V. E. piacesse venirvi. Mi sono limitato ringraziarlo tale cortesi intenzioni e dirgli che ne avrei riferito a V. E.

184

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 1746/46. Ginevra, 25 marzo 1928, ore 14,30 (per. ore 17,30).

Michalacopoulus ha mandato oggi da me Politis, direttore generale affari politici, per mettermi al corrente del colloquio avuto stamane con Russdi bey venuto a visitarlo in clinica. Michalacopoulos avrebbe dichiarato al ministro degli esteri turco che era disposto a concludere un patto di amicizia a condizione di sistemare preventivamente le questioni pendenti con Turchia. Russdi bey avrebbe risposto che era favorevole a tal punto di vista ma che intanto avrebbe concluso un patto di amicizia con l'Italia lasciando al Governo greco il tempo di preparare l'opinione pubblica a un patto di amicizia. Nel frattempo

due Governi avrebbero potuto risolvere le note pendenze. Michalacopoulos

avrebbe risposto che aveva bisogno di preparare l'opinione pubblica greca al patto di amicizia, ma che poteva concluderlo anche subito, purchè preceduto da un accordo per risolvere questioni tra i due paesi. Quanto conclusione del patto fra la Turchia e l'Italia non spettava a lui pronunciarsi al riguardo. Era evidente tuttavia che il valore di due patti bilaterali (itala-turco e turco-greco) era diverso da quello di un accordo a tre. Il criterio dei due patti separati non avrebbe incontrato in Grecia particolare favore. Dinanzi alle argomentazioni del Michalacopoulos, il Russdi bey non avrebbe più insistito su tale criterio. Egli si sarebbe mostrato disposto ad esaminare, a titolo personale e senza prendere impegni di sorta, un progetto di accordo che il Michalacopoulos avrebbe preparato. Nel frattempo avrebbe chiesto istruzioni ad Angora per trattare su tale base. Il Politis preparerà in questi giorni tale progetto sotto forma di scambio di note conforme alle linee della procedura arbitrale comunicata a

V. E. Secondo il Politis, le impressioni del Michalacopoulos erano oggi piuttosto ottimistiche, pure riconoscendo che con turchi non si è mai sicuri del risultato finale. Mi sono felicitato col Politis che il Michalacopoulos abbia insistito conformemente al mio consiglio di giungere qui a Ginevra ad uno scambio di note. Ho raccomandato al Politis di formulare tali note con spirito conciliativo e senza troppa rigidità per facilitare maggiormente un accordo di massima. Egli doveva tenere presente che Grecia, accanto ad assicurazioni formali di massima turche circa risoluzione divergenze, aveva particolare interesse venire subito alla firma del patto di amicizia a tre che avrebbe dato modo all'Italia di agire più tardi con maggiore ragione e con maggior forza su Governo di Angora per spingerlo a un concreto e definitivo regolamento delle questioni controverse, il che oggi Italia ha più difficoltà di fare. Il Politis ha riconosciuto fondatezza tale punto di vista e mi ha promesso di tenerne pienamente conto. Egli è convinto che desiderio Turchia sarebbe stato concludere subito un patto di amicizia con l'Italia, che è l'unica potenza che desta sue preoccupazioni per poter avere in seguito mano libera di avanzare maggiori pretese verso Grecia. La resistenza di Roma alla realizzazione di tale piano avrebbe certo finito per convincere Turchia ad accettare il regolamento amichevole proposto dal Michalacopoulos. Il Politis mi ha promesso di darmi copia del progetto di accordo che spera poter ultimare martedì o mercoledì. Ho preso con lui appuntamento per mercoledì prossimo al mio ritorno da Parigi dove dovrò recarmi domani sera per partecipare alla riunione di un comitato della Società delle Nazioni.

(l) Cfr. n. 180.

185

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE

T. uu. 1476. Roma, 25 marzo 1928, ore 22.

Si rechi immediatamente dal ministro degli esteri turco e gli dica mio nome quanto segue: Per le ragioni che esporrò bisogna fare intendere a Roussdi Bey che conclusione patto itala-turco è da parte italiana subordinata alla simultanea ade

11 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

sione della Grecia. Roussdi Bey deve essere quindi invitato ad accettare punto di vista Michalacopoulos e cioè di stabilire in un protocollo a parte che tutte questioni pendenti fra Grecia e Turchia sono rimesse a un giudizio arbitrale che giunga a una soddisfacente liquidazione globale. Dal momento che Roussdi Bey dichiara che le questioni non sono così gravi da impedire un accordo non vedo motivo perchè debba respingere idea arbitraggio globale. Ragioni che mi inducono a porre Roussdi Bey dinanzi all'alternativa o patto simultaneo a tre

o rinvio sine die patto a due sono in massima le seguenti.

È supremo interesse Turchia un accordo coll'Italia ragione per cui le conviene di accogliere punto di vista italiano per quanto concerne adesione simultanea della Grecia. È solo con un patto a tre fra le potenze affacciate sullo stesso mare che si stabilizza ai fini generali della pace la situazione nel Mediterraneo orientale. Conclusione di un patto a due fra Italia e Turchia determinerebbe certamente una crisi politica in Grecia che Italia non ha alcun interesse a provocare. Risultato della crisi sarebbe un peggioramento rapporti della Grecia e nei confronti dell'Italia e nei confronti della Turchia. Specialmente dopo accordo fra Romania e Grecia è interesse Italia e Turchia evitare che Grecia passando da Bucarest finisca a Belgrado cioè si agganci definitivamente colla Piccola Intesa. Ciò determinerebbe una situazione insostenibile anche per la Bulgaria che potrebbe essere indotta a gravitare verso la Jugoslavia. Si determinerebbe così una costellazione che bisogna evitare e nell'interesse dell'Italia ma soprattutto nei riguardi della Turchia. Sono certo che queste serie ragioni saranno pienamente comprese dalla intelligenza fine di Roussdi Bey e confido che V. S. gliele illustrerà con tutta la precisione necessaria. Richiamo V. S. sulla necessità che si addivenga a sollecite definizioni, rese possibili dal fatto della simultanea presenza a Ginevra dei due ministri responsabili e anche dalla importanza e delicatezza del negoziato. Di ogni emergenza mi informi senza indugio e se necessario anche telegraficamente con le dovute cautele di linguaggio (1).

186

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

(Riassunto in VEDOVATO, pp. 56, 58-59)

T. 1477/34. Roma, 26 marzo 1928, ore 24.

Telegramma di V. S. n. 38 (2).

V. S. vorrà a mio nome dire a Ras Tafari che non (dico non) ho difficoltà ad andare incontro desiderio da lui espresso conchiudere un trattato di amicizia e buon vicinato fra i due paesi che varrà quale pubblica e solenne conferma amichevoli disposizioni dell'Italia verso l'Etiopia dissipando ogni ingiustificata

prevenzione o diffidenza nei nostri riguardi, e quale base per un maggor incremento dei rapporti economici itala-etiopici. Resto quindi in attesa ricevere telegraficamente testo completo progetto che le sarà inviato dal reggente.

Nelle sue conversazioni con Ras Tafari ella terrà presente, per sua norma di condotta: l) resta beninteso che firme trattato e nota convenzione stradale dovranno avvenire contemporaneamente; 2) che durata trattato sarebbe bene fosse la minore possibile, da cinque a dieci anni; 3) che una volta raggiunto l'accordo sul testo del trattato non sia il caso di ulteriori insistenze da parte del Ras Tafari nel chiedere delimitazione frontiere dell'impero con nostre colonie confinanti.

La prego inoltre precisarmi quali altri accordi o provvedimenti cui ella fa cenno per sviluppare rapporti commerciali e mezzi di comunicazione con nostre colonie potranno essere ulteriormente concretati affinchè si possa esaminare opportunità inserire eventualmente nel trattato stesso formula che impegni Governo etiopico stringere tali ulteriori accordi.

(l) -La minuta è di pugno di Mussolini. (2) -Cfr. n. 165.
187

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1785/113. Costantinopoli, 26 marzo 1928, ore 21,30 (per. ore 6,20 del 27).

Parlando delle divergenze greco-turche questo ambasciatore di Russia, dopo avere rilevato che esse costituiscono problema più importante della politica turca, mi ha precisato che tale problema merita essere seguito con la massima attenzione dall'Italia, potenza mediterranea e dalla Russia, amica della Turchia e sempre pronta a sostenere sforzi di quest'ultima per assicurare pacifiche relazioni con altri paesi. Governo russo vede nei patti di non aggressione forma più concreta di accordi fra i popoli, mentre patti uso Locarno non sono in definitiva che blocchi di potenze simili alle antiche alleanze e rappresentano pericolo per la pace. Ambasciatore di Russia ha aggiunto che politica dei patti di non aggressione è propria di Tewfik Roussdi che ha appoggio del Gazi ma non è condivisa da tutti i membri del Governo e da vari deputati; v'è ancora qui molto odio contro Grecia, mentre Tewfik Roussdi bey vuole concludere con essa intesa politica generale che valga a dirimere controversie pendenti e garantire pace. Unione Sovietica desidera tale accordo ed egli a questo scopo assicurami agisce sinceramente ed attivamente in questo senso valendosi anche sua amicizia con Tewfik Roussdi bey. Ma in Grecia -egli ha detto-non abbiamo alcuna influenza e ad Atene dovrebbe lavorare l'Italia, mostrando portata modesta e piccolezza questioni pendenti di fronte problemi di politica generale. Tewfik Roussdi bey, secondo ambasciatore di Russia, dato raffreddamento rapporti turco-francesi e diffidenza Angora verso Jugoslavia, conta molto su azione di V. E. per impedire che ad Atene si mercanteggi ancora, che animi si montino e neutralizzino ogni possibile intesa. Grecia ha torto, ha aggiunto ambasciatore

di Russia, e se Tewfik Roussdi bey si stancherà, situazione fatalmente si aggraverà. Patto di non aggressione greco-turco con partecipazione dell'Italia, ha concluso, sarebbe grande fattore equilibrio Mediterraneo orientale e deve richiamare tutta l'attenzione del Governo di Roma (1). Nel riferire quanto precede credo dover mettere in rilievo che maggiori difficoltà ad una intesa turco-greca, vengono dai greci all'estero, specialmente Turchia, i quali facendo capo al comitato profughi ad Atene premono su quel debole Governo in senso divergente.

188

IL DELEGATO TECNICO ALLA CONFERENZA PER TANGERI, TUOZZI, AL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

L. P. Parigi, 26 marzo 1928.

Grazie, come sempre, di ogni cosa.

Ho l'impressione che voi a Roma ritenete un po' troppo la cosa come fatta; qui invece vi sono resistenze tenaci francesi per non ammettere che la nostra tesi abbia trionfato. È un equivoco, ma dura. Pertanto, e secondo anche le istruzioni ricevute, la lista delle nostre richieste non differisce molto (due punti soltanto) da quella che fu già presentata agli inglesi: è da escludere che tutti i punti siano accettati, quindi non dubitare che vi sarà materia a negoziare. E poi quello che mi sembra interessante è presentare agli inglesi un giuoco leale, mantenere cioè quello che affermammo allorchè essi ci chiesero a quali condizioni noi avremmo aderito. È vero che le condizioni e lo spirito sono mutati, ma da tale mutamento appunto si ha ragione di attendere che la risposta sia differente da quella ricevuta che ammetteva soltanto due nostre richieste, e quali! lUfficiale addetto, e diplomatico per il Consolato).

Tu, come sempre, hai visto chiaro: la questione centrale è l'Amministratore aggiunto; su tale questione prevedo che le resistenze francesi saranno tenaci, e facilmente richiameranno in giuoco la convenzione del nostro disinteressamento del 1912. La vecchia nota questione che qui non vogliono considerare superata. Occorre, a me sembra, sapere a Londra quel che pensano e quel che proporranno a nostro riguardo. Io non ho elementi, ma ho la sensazione che in questi giorni Parigi lavori attivamente a Londra per creare un fronte unico sulle nostre domande (Madrid non conta, ed in ogni caso ci aiuterà, ma debolmente); la Francia, per le ripercussioni generali politiche che potrebbe avere un tale atto, cercherà di non rompere sulla sola sua opposizione. Essa cercherà farci trovare di fronte ad una opposizione inglese, che naturalmente sarà da essa validamente sostenuta. È a Londra dove bisogna lavorare, e senza equivoci, tanto più che l'interesse generale inglese sembra coincida con il nostro. La concessione dell'Amministratore, la questione centrale, si deciderà a Londra.

Per il Belgio sta bene. Qui purtroppo le cose vanno per le lunghe: io faccio di tutto per accelerare i lavori, ma non ci riesco. Penso al mio Ufficio V e al tuo maggior lavoro.

Bene i comunicati sulla Tribuna (1). Qui erano furiosi della discussione mediterranea. E che convenienza abbiamo noi a far passare come una concessione francese la nostra entrata nello Statuto di Tangeri? Le conversazioni francoitaliane devono essere altra cosa: l'attitudine della Francia in questa Conferenza potrà soltanto contribuire allo stato d'animo, alla creazione dell'atmosfera generale; non più. Poi qui sono molto poco proclivi anche in altri campi a concedere, e allora è nostra convenienza trattare una pe1· una le questioni sollevate, risolvere o smussare i punti di attrito; ma trattate singolarmente le questioni vengono ridotte, diminuite e non vi dovrà essere una ricerca di contropartita nostra, troppo grossa davvero per aver ragione di questioni così piccole.

Quindi i giornali farebbero bene a non parlare ora di conversazioni franco

italiane: Tangeri, questione internazionale, non italo-francese.

Non so se tu sia d'accordo, ma tu sei sempre in diritto di darmi torto.

Scrivimi se hai bisogno di qualche cosa.

(l) Per l'atteggiamento sovietico nei confronti della politica italiana verso la Turchia e la Grecia in questo periodo, cfr. Dokumenty Vnesnei Politiki SSSR, XI, Mosca, 1965, nn. 92, 112, 117' 121, 136, 145, 193.

189

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1799/134. Atene, 27 marzo 1928, ore 20,10 (per. ore 22).

Col mio telespresso n. 1728/258, partito col corriere aereo di stamane, ho dettagliatamente riferito circa proclama di assunzione di comando testè rivolto dal signor Giorgio Ypsilanti ai « fascisti di Grecia » nonchè circa dissidio intestino che tale proclama ha pel momento suscitato nel seno della suddetta organizzazione. Mi risulta che assai probabilmente il principe Andrea di Grecia (fratello del defunto re Costantino) solleciterà in questi giorni un colloquio da V. E. per invocare l'interessamento a favore del fascismo ellenico, il quale, secondo quanto è ufficialmente dichiarato nel proclama anzidetto, si basa fondamentalmente sul movente monarchico in Grecia.

Finora si è negli stessi ambienti realisti ateniesi, scettici sulla capacità personale del Ypsilanti la cui principale qualità è certamente quella di possedere un antico e bel nome.

Questo Governo mantiene un atteggiamento di osservazione, non escludendo però la possibilità di adottare misure coercitive precauzionali qualora il nuovo comitato dirigente dimostrasse di poter passare a tentativi pratici di azione contro l'attuale regime.

Esprimerei il subordinato avviso che ci convenga per il momento almeno serbare l'atteggiamento di precisa neutralità tenuta finora di fronte al fascismo ellenico, salvo a seguirne bene inteso con simpatica attenzione gli eventuali sviluppi, che attualmente non sono ancora facilmente prevedibili.

Informo ad ogni buon fine che pur senza compromettere in alcun modo la nostra situazione e la nostra libertà di azione politica, sono personalmente nei migliori termini col principe Ypsilanti col quale ho occasione di assai frequenti relazioni sociali.

(l) Allude evidentemente ai corslVI « Il vero punto » e « Precisiamo » sulla Tribuna rispettivamente del 22 e del 24 marzo.

190

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. 1512/220. Roma, 27 marzo 1928, ore 24.

Suoi telegrammi nn. 269 (l) e 270 (2).

Come a V. E. è noto gli scopi che il R. Governo persegue nella questione di Tangeri sono due: l) assicurare una reale internazionalizzazione della zona tangerina; 2) partecipare al regime internazionale in misura adeguata ai nostri interessi generali mediterranei ed ai nostri interessi locali, cioè a fianco dell'Inghilterra Francia e Spagna sebbene in proporzioni minori, ma ben distintamente dagli altri firmatari dell'Atto di Algesiras.

Coerentemente a tali principi V. E. potrà regolare l'atteggiamento della nostra delegazione nei riguardi di quello che sarà tenuto dalla delegazione britannica. Tenuti presenti i detti scopi non sembra esservi dubbio che in via di massima ci convenga accostarci al punto di vista britannico. Perciò nella questione finanziaria il R. Governo è pronto ad un eventuale concorso finanziario nell'amministrazione tangerina. V. E. è autorizzata a sostenere la tesi della parità con le altre potenze interessate ed in via subordinata quella proporzionalità che sarà corrispondente alla nostra effettiva partecipazione nell'amministrazione della zona.

Quanto alla proposta inglese di prorogare fin d'ora oltre il 1936 la durata della convenzione del 1923, credo sia il caso di mantenere per ora un atteggiamento di riserva.

V. E. potrà proporre che tale questione venga rinviata, come del resto anche proceduralmente appare logico, alla fine della discussione poichè solo allora noi potremo renderei conto del nostro effettivo interesse ad appoggiarla

o respingerla.

191

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1793/135. Atene, 27 mm·zo 1928, ore 20,10 (per. ore 24).

Non appena mi pervenne il telegramma di V. E. n. 1369 (3) (speditomi con corriere speciale via Sofia) pur tenendo conto che le relative comunicazioni sarebbero state fatte da Paulucci direttamente al ministro degli affari esteri ellenico a Ginevra, feci personalmente rilevare a questo presidente del consiglio l'altissimo interesse per la Grecia di giungere ad una fase conclusiva dei negoziati in corso colla Turchia, approfittando dell'attuale incontro dei rispettivi

ministri degli esteri. Gli detti conoscenza delle doglianze di Suad bey, e gli feci fermamente considerare la necessità che la Grecia dimostrasse il suo effettivo intendimento di facilitare una intesa, venendo incontro alla Turchia con tutte le concessioni che avesse stimate possibili.

Zaimis, mentre mise a mia disposizione il capo del competente ufficio di questo ministero degli affari esteri per darmi la dimostrazione particolareggiata con l'appoggio di cifre e dati statistici della fondatezza del punto di vista greco, mi dichiarò che avrebbe telegrafato lo stesso giorno a Michalacopoulos richiamando tutta la sua attenzione sulla convenienza di dare prova del maggiore spirito conciliativo possibile nelle trattative coi turchi.

Stamane poi Zaimis mi ha detto di aver ricevuto ieri sera un telegramma da Ginevra col quale Michalacopoulos, dopo avergli confermato di non essere animato da alcuna intransigenza nelle trattative stesse, lo informava di essere soddisfatto del primo colloquio da lui avuto colà col ministro degli affari esteri turco, avendo Roussdi bey riconosciuto per ora, in linea di massima, essere possibile trovare un terreno d'intesa su parecchi dei punti principali in discussione. I colloqui dovevano continuare a Ginevra, e testualmente mi è stato detto che il telegramma termina in tono di previsione ottimistica in quanto al buon esito dei negoziati.

Zaimis concorda perfettamente sull'opportunità di fare di tutto per giungere per lo meno all'impegno di una conclusione favorevole prima che cessino gli attuali contatti diretti dei due ministri a Ginevra, anche per evitare che Roussdi bey, ritornando nell'ambiente di Angora, sia indotto a maggiore intransigenza.

Pregherei V. E. telegrafarmi se nulla osta che io mi valga (beninteso col dovuto accorgimento per non rendere i greci troppo esigenti nelle trattative in corso) della prima parte dell'interessantissimo telegramma di V. E. n. 1485/78 (l) giuntomi adesso, onde valorizzare presso questo Governo anche meglio di quanto ho cercato di fare finora, l'atteggiamento così benevolo col quale l'Italia tiene conto degli interessi ellenici, al pari di quelli propri e di quelli della pace balcanica, in tutti questi negoziati (2).

(l) -T. per corriere 1759/2G9. del 22 marzo che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 172. (3) -Cfr. n. 164.
192

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A MADRID, MEDICI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E ALL'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, BASTIANINI

T. PER CORRIERE 1526. Roma, 28 marzo 1928, ore 14.

(Per Parigi, Londra e Tangeri). Il R. ambasciatore in Madrid in data 24 corrente ha telegrafato quanto segue:

• -(come nel telegramma da Madrid n. 1743/129). (3). • -(come nel telegramma da Madrid n. 1744/130)" (4).

Ho risposto :

(Per tutti). Concordo con Primo de Rivera che la partita è rimessa, ma non mi sembra che si possa riaprirla a breve scadenza, e tanto meno ciò sarebbe possibile mediante una riunione dei quattro Governi. Io sono contrario a questi convegni senza programmi precisi che si risolvono in uno scambio di chiacchiere e che sono fatti per illudere o addormentare l'opinione pubblica. In Italia non abbiamo bisogno di fare nè l'una nè l'altra cosa. D'altra parte sino a che non vedrò quale piega prenderanno i rapporti italo-francesi e quale esito potranno avere le conversazioni in corso, non ritengo poter prendere alcuna decisione. Già ho rifiutato per tali considerazioni un analogo convegno a tre fattomi proporre a Ginevra da Briand e Chamberlain. Nelle dichiarazioni fattele da Primo de Rivera che hanno molto sapore francese (come del resto era da prevedersi dopo l'accordo franco-spagnuolo) rilevo una sola cosa importante: che egli non intende appoggiare una delle nostre domande, cioè quella per la partecipazione dell'Italia alla vigilanza del contrabbando armi • non parendogli che ciò possa direttamente interessarci •. Ora di quello che può interessarci siamo migliori giudici noi stessi. V. E. vorrà pertanto dire a Primo de Rivera (dopo avergli fatto in modo opportuno ed amichevole presente la necessità in cui mi trovo di dover riservare ogni decisione circa eventuale convegno, per cui lo prego di astenersi dal prendere iniziative) che: l) l'Italia ha chiesto la suddetta partecipazione allo scopo di sempre meglio affermare la sua partecipazione all'internazionalizzazione della zona di Tangeri; 2) che alla Spagna, cui sono noti i favorevoli intendimenti del R. Governo per il caso si rimettessero in discussione le sue aspirazioni, deve convenire che tale partecipazione italiana sia rinforzata il più possibile; 3) che la questione ha valore politico e non tecnico e che perciò io intendo mantenere la detta richiesta e mi attendo dal Governo spagnuolo un appoggio ispirato ad una migliore comprensione politica. Non dovrebbe essere difficile a tale scopo di trovare una formula soddisfacente.

(l) -Col quale veniva ritrasmesso il n. 185. (2) -Appunto marginale di Mussolini: " Si. Vedi fine tel. ». Cfr. n. 198. (3) -Cfr. n. 180. (4) -Cfr. n. 183.
193

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1803/50. Ginevra, 28 marzo 1928, ore 13 (per. ore 15).

Telegramma di V. E. n. 1476 (1).

Appena ritornato da Parigi ho veduto stamane prima Michalacopoulos e poi Roussdi bey. Quest'ultimo mi ha fatto leggere il progetto indirizzatogli ieri da ministro affari esteri Grecia e di cui Michalacopoulos mi aveva detto verbalmente le grandi linee. Roussdi bey trova il progetto greco troppo macchinoso e si proponeva di rispondere da Berna dove intendeva recarsi oggi, e dopo avere ricevuto istruzioni chieste ad Angora.

Ho fatto capire a Roussdi bey necessità discutere subito con Michalacopoulos il progetto greco. Egli accedendo al mio desiderio ha rinviato partenza e si incontrerà questa sera a casa mia con Michalacopoulos per discussione a tre.

(l) Cfr. n. 183.

194

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1892/297. Parigi, 28 marzo 1928 (per. il 1o ap1·ile).

Questo ministro jugoslayo ha confermato che S. M. il re Alessandro verrà tra breve a Parigi, in privato. Ha detto che in quella occasione mi inviterà alla legazione per farmi incontrare con S. M.

La conversazione del signor Spalaikovitch è avvenuta con mia moglie, non me presente. Ne informo V. E. per l'eventualità che ella credesse inviarmi ordini o istruzioni qualora il signor Spalaikovitch desse seguito alla sua idea.

195

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1816/52. Ginevra, 29 marzo 1928, ore 0,40 (per. ore 3).

Nel corso conversazione avuta con Roussdi bey, egli mi ha accennato in via confidenziale che esiste scambio di note tra Spagna e Turchia con cui due Governi si impegnerebbero concludere un patto amicizia e arbitrato. Roussdi mi ha detto che egli firmerà tale patto solo dopo avere concluso patto a tre italo-turco-greco.

196

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1814/51. Ginevra, 29 marzo 1928, ore 0,20 (per. ore 5,40).

Seguito mio telegramma n. 50 di stamane (1).

È finita questo momento conversazione a tre durata oltre ora e mezza. Tralascio argomenti addotti dai due ministri e quelli da me adoperati, anche per vincere qualche atteggiamento dilatorio che di tanto in tanto veniva prospettato dalle due parti, ora per una ragione ora per un'altra. Mi limito esporre i risultati essenziali della lunga e difficile conversazione.

I due ministri hanno accolto mia proposta transazione che, senza modificare obiettivi propostisi dai greci, semplifica di gran lunga il loro complicato progetto che riproduce quasi per intero lunga nota già comunicata a V. E.

lVIinistro degli affari esteri Turchia si è impegnato redigere un nuovo progetto che consegnerà a Michalacopoulos posdomani venerdì. Entrambi hanno fin da ora preso impegno di incontrarsi sabato pomeriggio in casa mia per esaminare insieme tale progetto. Esso si ispirerà ai seguenti criteri:

l) Impegno iniziare subito tra i tecnici dei due Governi trattative:

a) per un accordo sulla limitazione degli armamenti navali;

b) per un trattato di commercio e navigazione ed eventualmente anche per un trattato consolare e di stabilimento.

2) Rappresentanti s'impegnano di iniziare subito ad Angora trattative tra ministro di Grecia e Governo turco per liquidazione in blocco di tutte le note pendenze. Se entro tre mesi tale accordo non fosse raggiunto, le parti avranno facoltà di rivolgersi automaticamente al presidente della confederazione elvetica per la nomina di uno o tre arbitri, ai quali verrebbe deferito il compito di liquidare pendenze predette, secondo procedura che arbitri stessi riterranno più opportuna.

Tale accordo dovrà fare oggetto di uno scambio di note fra i due ministri in seguito al quale si dovrà procedere alla firma del patto di amicizia a tre italo-turco-greco.

(l) Cfr. n. 193.

197

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI (l)

T. 1534. Roma, 29 marzo 1928, ore 20.

Prego V. E. comunicare governatore Eritrea seguente mio telegramma:

• Quest'ambasciata d'Inghilterra mi ha consegnato promemoria in cui richiamando impegni conversazioni Roma procedere sincero scambio informazioni su argomenti attinenti penisola arabica informa che alto commissario Egitto ha ricevuto lettera da Ibn Saud il quale esprime sua apprensione per politica italiana in Arabia e suo sospetto che Italia abbia fatto seguire trattato commerciale con Yemen da accordo segreto di altro carattere. Atteggiamento rappresentante italiano nelle trattative relative suo riconoscimento avrebbe rafforzato tale sospetto avendo detto rappresentante insistito particolarmente rifiuto riconoscere sovranità Ibn Saud su Assir incoraggiando in tal modo ambizioni Iman Yahia su tale territorio. Sceik Hafez Wahba latore lettera aggiunse essere convinzione Ibn Saud che Italia presti attivo aiuto Iman

contro di lui e rilevò che questo stato d'animo di Ibn Saud potrebbe costituire occasione propizia disegni, finora da Ibn Saud contrastati, degli agenti bolscevichi nell'Hegiaz. Ambasciata dichiara che sebbene Governo britannico sia convinto infondatezza tali sospetti, loro permanere in Ibn Saud ha importanza

per possibili effetti sugli interessi sia italiani che britannici in Arabia. Governo britannico aderendo richiesta italiana si è astenuto finora riconoscere sovranità Ibn Saud su Assir in dipendenza suo trattato con Idrissi. Governo britannico confida che Governo italiano vorrà considerare possibilità procedere al più presto e nel modo da esso ritenuto migliore a rassicurare Ibn Saud nei riguardi sua politica verso di lui. Ambasciata ricorda infine che Iman Yahia occupa ancora una parte del territorio del protettorato di Aden e quindi ogni suo rafforzamento da parte italiana, a parte allarmi di Ibn Saud cui intime relazioni con Governo britannico datano da tempo, può rendere più difficile una soluzione questione Aden che Governo britannico non può permettere rimanga indefinitivamente insoluta.

È stato risposto verbalmente in via preliminare all'ambasciata che: l) nessun accordo segreto esiste fra Italia e lo Yemen; 2) essere esatto che l'Italia ha subordinato riconoscimento Ibn Saud a re dello Hegiaz ad assicurazioni tranquillanti che egli avrebbe dovuto dare nei riguardi suoi rapporti con Iman e alla esclusione del riconoscimento per l'Assir ritenendo tale questione dover essere lasciata per ora in sospeso. Tale atteggiamento del Governo italiano corrisponde pienamente alle intese intervenute con Londra circa la politica in Arabia e circa la questione dell'Assir per cui ripetute volte abbiamo pregato il Governo britannico di non prendere alcuna decisione che avrebbe potuto provocare reazioni da parte Iman; 3) segnalazione pericolo bolscevico fatta da Ibn Saud sembra avere scopo ricattatorio; 4) Governo italiano ha dato prova tutta sua buona volontà nei riguardi riconoscimento Ibn Saud ed è stato dolente che trattative non siano giunte a conclusione per colpa dello stesso Ibn Saud, il quale col non accettare i suggerimenti del Governo italiano ha dimostrato chiaramente la sua cattiva volontà ed i suoi propositi turbolenti nei riguardi dello Yemen. Ma il Governo italiano è sempre pronto a riprendere le trattative subordinandole alle stesse suddette condizioni; 5) il Governo italiano esercita ogni sua influenza presso Iman per indurlo a non commettere atti che possano provocare una reazione da parte delle autorità britanniche di Aden e continuerà ad agire in questo senso. Questa azione italiana che si risolve in definitiva in un'azione vantaggiosa per gli interessi britannici non può però avere altro presupposto che il mantenimento delle buone relazioni fra Italia e lo Yemen e perciò il Governo britannico vorrà rendersi conto dell'opportunità conforme alle intese di Roma di procedere con ogni cautela nella trattazione di tale delicata questione.

Prima di ripetere per iscritto tali dichiarazioni al Governo britannico prego farmi conoscere telegraficamente se V. E. ha osservazioni in proposito tenendo conto della assoluta necessità, nel momento politico attuale, di dare assicurazioni tranquillanti al Governo britannico. Con separato telegramma ho dato tuttavia al R. ambasciatore a Londra istruzioni di attirare l'attenzione del Governo britannico sullo stato d'animo delle autorità specialmente militari di Aden » (1).

(l) Il telegramma fu inviato, per conoscenza, anche a Londra.

(l) Cfr. anche quanto aveva comunicato Mussolini a Federzoni e, per conoscenza, a Chiaramonte Bordonarc, col t. 1283, del 13 marzo, ore 21: • Questo ministero non può che confermare a S. E. Gasparini istruzioni già altre volte date che sia cioè interesse dell'Iman Yahia cercare di ra,-;giungere un compromesso sia pure provvisorio circa le questioni territoriali di Aden ora sp;:,ciaimente che la confusa situazicn;; del Neged potrebbe facilitargli le sue rivendicazioni circa l'Assir , .

198

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T.1540/84. Roma, 29 marzo 1928, ore 22.

Suo telegramma n. 135 (1).

Autorizzo.

199

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1821/138. Atene, 29 marzo 1928, ore 22,10 (per. ore 23).

Quasi tutti i giornali ateniesi hanno pubblicato larghi riassunti telegrafici sull'intervista del nostro Corriere della Sera con Roussdi bey circa attuali amichevoli relazioni italo-turche e buone disposizioni turche a stipulare patti di non aggressione con altri stati. Essi hanno inoltre segnalato con compiacimento come, dai primi colloqui tra Michalacopoulos e Roussdi bey, si potessero trarre buoni auspici per un favorevole componimento delle divergenze esistenti tra Grecia e Turchia. Giornale Estia, sotto forma di telegramma Roma riferisce opinione dei circoli diplomatici italiani i quali starebbero seguendo con la maggiore attenzione le suddette conversazioni e vedrebbero con vivissimo piacere lo stabilirsi di amichevoli relazioni tra Grecia e Turchia. Stessa corrispondenza telegrafica aggiunge poi, che a Ginevra nei giorni scorsi, rappresentante italiano ebbe con quello turco diversi colloqui che cominciano ad assumere forma e potrebbero condurre alla conclusione di un patto di non aggressione e di arbitrato tra Italia e Turchia. In tale eventualità, sempre secondo i circoli italiani suddetti, non sarebbe improbabile che la Grecia, sotto certe determinate condizioni, partecipi anche essa al patto medesimo.

200

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 1535/82. Roma, 29 marzo 1928, ore 24.

Questo ministro di Grecia mi ha comunicato di avere ricevuto un telegramma da Michalacopoulos relativo a conversazione tenuta ieri da V. S. a codesto ministero affari esteri circa le trattative per patto italo-greco-turco. Michalacopoulos mostravasi allarmato in quanto V. S. avrebbe comunicato essere inten

zione R. Governo di giungere conclusione patto anche senza intervento Grecia. Evidentemente conversazione tenuta da V. S. è antecedente a telegramma

n. -1485 (l) diretto a Paulucci e comunicato a V. S. Ad evitare comunque possibili inconvenienti posto che data presenza di Michalacopoulos e di Roussdi bey a Ginevra trattative debbono pel momento svolgersi colà, prego V. S. sospendere ogni altra eventuale sua conversazione. Continuerò naturalmente a tenere V. -S. perfettamente informata del seguito delle trattative, per sua conoscenza personale, fino al momento in cui azione potrà essere svolta anche in Atene.

(l) Cfr. n. 191.

201

L'INCARICATO D'AFFARI A VARSAVIA, SAPUPPO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1845/46. Varsavia, 30 marzo 1928, o1·e 14 (per. ore 20,50).

Questo ministro Ungheria tornato da lungo congedo, nel corso visita fattami stamane, mi ha detto che ieri ministro Zalewski ha riconosciuto opportunità intavolare trattative ufficiali per concludere patto arbitrato fra i due paesi. Ministro d'Ungheria incaricato dal suo Governo di condurre negoziati qui a Varsavia prega tenere notizia segreta anche nei riguardi del suo collega a Roma.

202

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. 1541l 137. Roma, 30 marzo 1928, ore 24.

Prego V. E. recarsi personalmente da Chamberlain e comunicargli a mio nome che Governo italiano sta da qualche tempo svolgendo una intensa ed efficace opera intesa a calmare e risolvere le divergenze esistenti fra la Grecia e la Turchia allo scopo di poter condurre questi due stati alla stipulazione di un trattato di arbitrato, conciliazione e non aggressione, a cui parteciperà anche l'Italia. Questo patto a tre destinato a tranquillizzare e stabilizzare la situazione nel Mediterraneo orientale non può non essere visto che con favore dal Governo britannico ed esso costituisce una nuova prova delle pacifiche intenzioni dell'Italia e dell'elemento di equilibrio che questa porta nella situazione generale poìitica, malgrado tutte le insinuazioni, le calunnie e le diffidenze che i torbidi elementi a noi contrari cercano invano di sollevare contro di noi. Ho personalmente fatto ogni sforzo per giungere a questo risultato e mi auguro che il mio lavoro possa essere presto coronato da successo. Ma è assolutamente

necessario che la cosa resti per ora segreta, e perciò prego Chamberlain di non volerne fare accenno a chicchessia. La mia comunicazione è una nuova prova della fiducia che il Governo italiano pone nel Governo britannico e che mi auguro sia corrisposta.

(l) Col quale veniva ritrasmesso il n. 185.

203

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 1543/85. Roma, 30 marzo 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 134 (1). Concordo con parere espresso da V. S. circa atteggiamento che almeno per ora ci conviene tenere nei riguardi fascismo ellenico.

204

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 1544/86. Roma, 30 marzo 1928, ore 24.

Credo opportuno chiarire che autorizzazione di cui mio telegramma

n. 1540/84 (2) concerne la valorizzazione generica da parte della S. V. del·· l'aziotie svolta dall'Italia nei riguardi degli interessi ellenici, ma che per quanto riguarda più precise conversazioni di merito rimangono ferme per ora istruzioni di cui mio telegramma n. 1535/82 (3).

205

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO (4)

T. 1551/138. Roma, 30 marzo 1928, ore 24.

Nostra delegazione conferenza Tangeri mi segnala che bisogna attenderci tenaci resistenze francesi al soddisfacente accoglimento nostre richieste particolarmente nei riguardi questione amministratore aggiunto. Delegazione ha sensazione che in questi giorni Parigi lavori attivamente a Londra per cercare raggiungere fronte unico anglo-francese di fronte richieste italiane non volendo Governo francese irrigidirsi da solo in un atteggiamento intransigente nei nostri riguardi.

V. -E. comprenderà come [in] tali condizioni atteggiamento che sarà adottato da Governo britannico sia per noi decisivo poichè qualora esso non si orientasse nel senso desiderato dalla Francia noi potremmo molto probabilmente contare su vittoria nostra tesi.

La prego quindi richiamare urgenza attenzione Chamberlain su scopo cui mira giuoco francese diretto unicamente trovare direi quasi una complicità inglese per avere la forza di opporsi legittime aspirazioni Italia a Tangeri. Ella vorrà chiedere a Chamberlain di precisarle il suo pensiero sulla questione aggiungendogli che R. Governo per la coincidenza interessi italiani e britannici circa Tangeri, per la comune collaborazione fra i due paesi di cui si sono avute costanti prove si attende che decisione Governo britannico sia tale da non prestarsi menomamente al giuoco francese. Attendo urgenti sue comunicazioni.

(l) -Cfr. n. 189. (2) -Cfr. n. 198. (3) -Cfr. n. 200. (4) -Il telegramma fu inviato, per conoscenza, a Parigi e Madrid.
206

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE

T. 1552/105. Roma, 30 maTzo 1928, oTe 24.

Il R. ministro in Atene telegrafa quanto segue:

" come teleg. n. 1821 • (1).

Come V. S. rileverà incominciano a circolare notizie sui negoziati in corso. Ad evitare che per qualche possibile, se non inevitabile indiscrezione nostra azione venga contrastata da Governi interessati, è necessario che trattative vengano per quanto possibile accelerate per giungere conclusione accordo (2).

207

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Ed. in VEDOVATO, pp. 57, 58, 59, 68)

T. 1854/46/47. Addis Abeba, 30 maTzo 1928, o1·e 12 (peT. OTe 0,10 del 31).

Telegramma di V. E. n. 1477/34 (3).

Trasmetto testo progetto trattato inviatomi dal Ras Tafari. Premetto che nel leggere progetto etiopico occorre tener presente che certe prolissità sono dovute a necessità di traduzione ed alla abitudine etiopica di insistere sui dettagli. Ho persuaso Ras Tafari a sfrondare testo ed a armonizzarlo il più possibile

'2) Il tel fu trasmesso tramite il consolato generale a Ginevra. \3) Cfr. n. 186.

alle formule diplomatiche, ma per alcuni paragrafi egli ha insistito nella sua

redazione. Ma, come mi diceva Ras Tafari, oggi non è più come ai tempi di

Menelik che trattava da solo (con danno anche del paese) ed occorre rendere

intelligibile ad un popolo primitivo il testo di un trattato. Ecco il testo:

Preambolo: identico a quello del trattato italo-jemenita.

Articolo l o: identico articolo l o trattato itala-ungherese.

Articolo 2°: i due Governi s'impegnano reciprocamente a non compiere

sotto alcun pretesto alcuna azione che possa nuocere o ledere indipendenza

dell'altro.

Articolo 3°: i due Governi s'impegnano a facilitare gli scambi commerciali fra i due paesi. Inoltre i commercianti e gli operai italiani al loro stabilimento in Etiopia e gli etiopici al loro stabilimento in Italia per il loro commercio ed il loro lavoro, necessità di vita e di sussistenza e per tutto ciò che potrà loro occorrere sono tenuti all'osservanza ed al rispetto delle leggi dello Stato.

Articolo 4°: se i sudditi dei due Governi dopo aver varcata la frontiera per qualsiasi ragione vengono a contesa, si uccidono fra loro, razziano bestiame, i due Governi contraenti di comune accordo puniscono immediatamente i colpevoli. In caso di disaccordo sul carattere della sanzione, la questione sarà risolta dalla Società delle Nazioni. I due Governi s'impegnano inoltre a portare davanti Società Nazioni ogni conflitto originato da questione di delimitazione delle frontiere, di commercio o di carattere analogo ed a non risolverli con la forza delle armi.

Articolo 5°: la durata da stabilirsi.

Articolo 6°: il trattato sarà ratificato il più rapidamente possibile ed in

seguito registrato alla Società delle N azioni.

V. E. avrà rilevato frequenti allusioni alla Società delle Nazioni. Non è il caso darvi una eccessiva importanza e ciò sanno gli stessi abissini, che si rendono benissimo conto di non essere in regola con la Società Nazioni e che potrebbero esserne eliminati da un momento all'altro.* Inoltre, loro stesse enumerazioni di cui all'articolo 4 non sono precise come vorrebbero essere e lasciano molte porte aperte. Circa i punti l e 2 del telegramma di V. E. n. 34, assicuro averli già fatti presente ben chiaramente a Ras Tafari e particolarmente punto l, come condizione sine qua non. Punto 3 è indecifrabile e ne ho chiesto ripetizione.* All'ultimo paragrafo mio telegramma n. 38 (l) ho voluto alludere alla situazione in cui verrà a trovarsi il Governo etiopico dopo approvazione del trattato e della convenzione stradale e cioè di non poterei rifiutare (come del resto stesso Ras Tafari mi ha lasciato personalmente intendere) costruzione altre strade come quella di Gondar e Somalia del sud che potremmo chiedere in base articolo 6 convenzione 24 giugno 1897 o in genere qualsiasi provvedimento in applicazione primo paragrafo articolo 3 progetto etiopico che ho trovato modo fare insinuare insieme al preambolo che non figurava nel testo di cui mi ha dato lettura Ras Tafari.

Mi permetto tuttavia far subordinatamente presente a V. E. che non bisognerebbe dare fin da ora impressione di una nostra supremazia in Abissinia.

Sono convinto che dopo conclusione accordo in questione ciò potrà ottenersi in realtà, ma occorre farlo, tenendo conto grande furberia, suscettibilità di questa gente, e cioè farlo senza fornire loro alcun appiglio. Aggiungo che ho sollecitato questa conversazione per trattare direttamente col Ras Tafari anche convenzione stradale eliminando ministro affari esteri, stanco e vecchio, che era stato incaricato, come è noto a V. E., di queste particolari trattative.

(l) Cfr. n. 199.

(l) Cfr. n. 165.

208

APPUNTO DELL'UFFICIO V EUROPA E LEVANTE (l)

Roma, 30 marzo 1928.

Il programma razionale di espansione futura del nostro dominio del NordAfrica, deve logicamente tendere a superare la barriera del Grande Deserto ed a mettere piede nelle relativamente ubertose e popolose regioni dell' • altra sponda • sahariana. Raggiunte le quali, noi dovremo, almeno per un primo tempo, indirizzare le nostre aspirazioni verso l'obbiettivo di minore resistenza: e quindi, evitando la solidissima barriera dei possedimenti britannici del Sudan, dell'Uganda e del Kenia, tendere piuttosto ad aprirci la via verso il Golfo di Guinea.

In altre parole, se noi pervenissimo a possedere una striscia di continente africano, della larghezza del nostro attuale possedimento libico, e prolungata sino a comprendere tutto il bacino interno del Lago Ciad, ci basterebbe di aspirare ad ottenere il • mandato • sul Camerun ex-germanico, per realizzare così la continuità territoriale del nostro dominio africano dal Mediterraneo all'Atlantico.

Le nostre richieste massime alla Francia, come più avanti elencate, ci farebbero -ove accolte -raggiungere questo scopo immediatamente ovvero a tappe: ed esse potrebbero essere da noi avanzate, col conforto di elementi di diritto storico e diplomatico militanti in nostro favore, costituiti particolarmente dal non aver mai la Sublime Porta (quando aveva il possesso della Libia) rinunziato ai suoi diritti sui territori che dovrebbero da noi essere rivendicati.

PROGRAMMA MASSIMO

Le nostre aspirazioni al possesso del centro africano potrebbero concretarsi in una linea di confine quale è quella tracciata in rosso nell'allegata carta n. l (2). La quale linea -rinunziandosi spontaneamente da parte nostra ad ogni pretesa sulla striscia di territorio tratteggiata orizzontalmente in nero nella carta avrebbe nei confronti dei Possedimenti francesi il seguente andamento generale:

12 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

A Ponente: da Ras Agir sul Mediterraneo, seguendo l'attuale confine occidentale della Tripolitania da noi riconosciuto ed accettato, sino all'incontro di detto confine col 10° meridiano est Greenwich presso la località di Amai, a sud di Ghat: quindi, lungo il 10° meridiano est Greenwich sino all'incontro del confine settentrionale della Nigeria Britannica, comprendendo in territorio italiano tutta la regione del Canem;

A Mezzogiorno: dall'attuale confine orientale della Nigeria Britannica, direttamente ad est della località di Madagali, seguendo la sommità dello spartiacque tra il bacino interno del Lago Ciad e quelli del Niger e del Congo, sino all'incontro del confine occidentale del Sudan anglo-egiziano, e precisamente al vertice del saliente che tale confine forma a circa 70 Km. a sud est della località di Sciala; comprendendo interamente in territorio italiano le regioni del Baghirmi, del Dar el Cuti, e del Dar Runga.

Ove questa linea di frontiera fosse concretata con la Francia, dovremmo per completarla ottenere dall'Inghilterra la cessione dello estremo territorio nord-orientale della Nigeria Britannica (triangolo punteggiato nella carta) corrispondente all'antico Regno del Bornu, sul quale la Turchia accampava diritti uguali a quelli sulle regioni suindicate.

Se ciò non fosse possibile ottenere potremmo ripiegare sul seguente

PROGRAMMA MEDIO

Questo programma medio ci consentirebbe ugualmente di affermare saldamente il nostro dominio sul Centro Africano e ci assicurerebbe ugualmente la contiguità territoriale col Camerun ex germanico.

La linea di confine da reclamarsi (e come è tracciata nella carta n. 2) avrebbe il seguente andamento generale:

A Ponente: identico a quello indicato per il programma massimo.

A Mezzogiorno: dall'incontro dell'attuale confine della Nigeria Britannica col 12° 20' parallelo Nord, lungo questo parallelo sino all'incontro del parallelo stesso col confine occidentale del Sudan anglo-egiziano, comprendendo in territorio italiano l'estremità settentrionale della regione del Baghirmi e le intere regioni del Bahr-el Ghazal e del Uadai, e lasciando in territorio francese le località di Fort Lamy, di Dogolo e di Goz Beida.

L'eventuale realizzazione di tale programma medio avrebbe anche il vantaggio accessorio, sia pure negativo, di non costringerci necessariamente ad aprire una questione con l'Inghilterra per il possesso dell'antico Regno del Bornu.

In definitiva, si potrebbe accontentarci pe1· ora del seguente

PROGRAMMA MINIMO

La linea di confine, che in sede di una eventuale rettifica dei confini meridionali della Libia, potremmo soltanto accettare nei confronti dei possedimenti francesi, avrebbe il seguente andamento generale (come è tracciato nella carta allegata n. 3):

A Ponente: dal Ras Agir sul Mediterraneo, seguendo l'attuale confine occidentale della Tripolitania da noi riconosciuto ed accettato sino all'incontro del detto confine col 10° meridiano est Greenwich presso la località di Amai, a sud di Ghat: quindi, lungo il 10° meridiano est Greenwich sino all'incontro col 18° parallelo nord;

A Mezzogiorno: lungo il 18° parallelo nord dall'incontro col 10° meridiano est Greenwich sino all'incontro del detto parallelo col 17° meridiano est Greenwich, poscia da questo punto, seguendo una linea retta sino al punto di incontro del 20° meridiano est Greenwich col 15° parallelo nord: quindi lungo il 15° parallelo nord sino all'incontro col confine occidentale del Sudan angloegiziano a ponente del Lago Urdur, comprendendo in territorio italiano le oasi di Ciado, Iat, Agram e Cauar, e le intere regioni del Tibesti, del Bornu e del Ennedi, e lasciando in territorio francese le oasi di Agadem e le intere regioni di Canem, del Bodele e del Uadai.

Mentre il possesso delle oasi del Cauar ci consentirebbe ancora di dominare le principali carovaniere che dalla regione del Ciad e del Uadai, adducono alle coste libiche, e mentre il possesso integrale del Tibesti, del Bornu e del Ennedi ci assicurerebbe -sia pure a prezzo di complesse e costose necessità logistiche -l'incontrastato dominio del Sahara orientale e costituirebbe al contempo un buon trampolino per un eventuale balzo in avanti verso l'Uadai, una qualsiasi più ristretta rettifica dei confini meridionali della Libia ci costringerebbe a rinunziare ad un efficace controllo di tutte le carovaniere suddette e ci lascierebbe ben più scarse e ben più difficilmente realizzabili speranze di attuare, anche in un lontano avvenire, il nostro più vasto programma africano.

Quindi una qualsivoglia soluzione inferiore al programma minimo, è da rifiutarsi 1·ecisamente, essendo più conveniente lasciare le cose allo stato attuale, cioè chiuse con una dichiarazione di insoddisfazione da parte dell'Italia, e con espli-cita riserva di tutti i nostri diritti e della nostra futura azione.

(l) -Il documento reca il titolo: « Questione dei confini meridionali della Libia • e fu redatto in base ad un promemoria di Federzoni del 26 marzo 1928. (2) -Gli allegati non si pubblicano.
209

L'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1877/138. Madrid, 31 marzo 1928, ore 20,50 (per. ore 0,15 del lo aprile).

Telegramma di V. E. n. 55 (1).

Per personale deferenza verso V. E. Primo de Rivera mi ha promesso astenersi per ora da iniziativa per ventilata riunione Malaga. Ha facilmente compreso che ogni decisione al riguardo (secondo suo pensiero riunione avrebbe dovuto avvenire in giugno) debba rimanere subordinata alla piega che prenderanno rapporti itala-francesi ed all'esito delle conversazioni in corso.

Egli persiste tuttavia illudersi sulla convenienza prima o poi di tale convegno che, pur se ne rimarranno esclusi problemi strettamente mediterranei, assumerebbe significato specialmente per l'affermazione di solidarietà e coesione che maggiori potenze mediterranee e rappresentanti ordine in Europa offrirebbero all'opinione pubblica anche in relazione altri problemi d'ordine più generale, come ad esempio accentuare comune azione contro comunismo. Primo de Rivera mi ha detto che, per meglio precisare scopi sua iniziativa, mi dirigerà lettera da trasmettere a V. E.

Non ho potuto impedirglielo pur obbiettandogli tutte le possibili riserve. Da qualche tempo la politica di Primo de Rivera mira ad accrescere con ogni mezzo e per ogni via prestigio della Spagna nel campo internazionale. Forse nella sua mente, anche questa iniziativa dovrebbe rientrare nel nuovo teatro d'attività del regime. (Il presente telegramma continua col numero successivo).

(l) Allude forse al n. 192.

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L'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1878/139. Madrid, 31 marzo 1928, ore 22 (per. ore 5 del lo aprile).

Seguito del numero precedente.

Tornati alla questione particolare della zona tangerina, Primo de Rivera ha acceduto volentieri al desiderio di V. E. ottenere partecipazione Italia vigilanza contrabbando armi. Rinnoverà sua delegazione Parigi istruzioni appoggiare • tutte • nostre richieste, compresa questa. Esercizio tale sorveglianza, praticata per via di mare mediante navi speciali sprovviste importanza bellica e circoscritta alla zona costiera del protettorato spagnuolo per parte della Spagna e di quella del protettorato francese per parte della Francia, implicherà a suo avviso soltanto gravami e spese l milione a nostro carico. Per questi motivi e non per opposizione di principio egli aveva manifestato prima riserva. In linea generale Primo de Rivera fu ed è perfettamente conscio utilità di azione concorde con l'Italia, soprattutto in vista dei possibili sviluppi o riapertura del problema di Tangeri. Ritiene anzi che, poichè Italia otterrà certamente soddisfazione dalle conversazioni in corso a Parigi, e la Spagna già ebbe parziale ma positivo successo, Italia e Spagna hanno fin d'ora riguadagnato terreno sulla Francia che pretendeva conservare sua posizione economica (1). L'avere Spagna conseguito dopo tante difficoltà e sì laboriose trattative direzione polizia e sorveglianza diretta contrabbando armi, costituisce notevole risultato ai danni Francia, che vedesi privata forte strumento di pressione sulla Spagna negli affari militari marocchini.

(l) Sic, ma evidentemente deve leggersi • egemonica •.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

Roma, 31 marzo 1928.

L. R. P. 1826.

Ho sottoposta alla visione di S. E. il Capo del Governo la Sua lettera riservata-personale del 24 corrente (1), relativa al colloquio da Lei avuto il giorno innanzi con Sir Austen Chamberlain.

S. E. il Capo del Governo La autorizza a dire a Sir Austen Chamberlain che se all'epoca della firma dell'accordo di Tangeri le trattative ora iniziate fra Italia e Francia saranno così avanzate da lasciar prevedere come certa una conclusione soddisfacente, Egli si ripromette di recarsi a Malaga ove sarà particolarmente lieto di potersi incontrare con Chamberlain.

212

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1884/53. Ginevm, 31 marzo 1928 (per. H 2 aprile).

Ieri sera Roussdi Bey ha inviato a Michalacopoulos il testo del progetto di cui al mio telegramma n. 51 (2). Ritenendo opportuno di averne conoscenza prima della riunione a tre stabilita per questo pomeriggio, ho pregato stamane Politis di darmene comunicazione. Il Politis mi ha fatto rilevare come il progetto non corrispondeva completamente alle linee concordate nella prima riunione a tre, secondo quanto ho già riferito a V. E. Egli non se ne è mostrato del resto molto sorpreso, affermando che, purtroppo, tale è il sistema abituale dei turchi. La divergenza fondamentale tra quanto era stato precedentemente concordato e il nuovo progetto riguardava la liquidazione globale delle note pendenze. Questa invece di essere affidata ad arbitri da nominarsi dal presidente della confederazione elvetica, era rimessa all'esame della commissione mista greco-turca.

I greci naturalmente hanno trovato inaccettabile tale proposta, sia perchè l'arbitrato secondo le convenzioni vigenti, si limita ai casi di interpretazione dei trattati, sia perchè il funzionamento della commissione mista suddetta lascia molto a desiderare come del resto gli stessi turchi hanno in alcune occasioni ammesso.

Ho suggerito al Politis di preparare senza indugio un controprogetto che, pur riproducendo il progetto base di Michalacopoulos, ne modificasse la parte controversa, secondo i criteri che erano stati concordati nella conversazione a tre. Il Politis ha aderito a tale idea ed ha tracciato con me lo schema della nota, che il Michalacopoulos avrebbe dovuto presentare oggi stesso per fissare in modo concreto le precedenti intese verbali.

Questo pomeriggio alle cinque ha avuto luogo il secondo colloquio a tre prestabilito. Il Michalacopoulos ha attirato l'attenzione di Roussdi Bey sulla parte del suo progetto, che era in disaccordo con quanto era stato convenuto in linea di massima nella passata riunione. Roussdi Bey si è scusato, dichiarando che il suo Governo gli aveva mandato istruzioni nel senso di insistere perchè fosse conservata la competenza della commissione mista greco-turca nella liquidazione delle questioni in sospeso, anche per evitare le lungaggini delle ratifiche parlamentari necessarie per un nuovo accordo.

Michalacopoulos si è dichiarato nell'impossibilità di accogliere tale criterio, facendo presente che la commissione greco-turca è competente a decidere dei casi individuali; il che rende la sua azione lunga e complicata mentre invece occorre arrivare ad una liquidazione rapida e globale.

Quanto al fatto di dovere sottoporre l'accordo alla ratifica del parlamento, ciò non gli sembrava un ostacolo ma un vantaggio giacchè l'accordo avrebbe acquistato con ciò un valore maggiore. D'altro canto era ormai tempo di sistemare definitivamente le questioni in sospeso, che erano causa di attriti tra due paesi e che la commissione mista si era dimostrata incapace di risolvere. Se la sistemazione di tali pendenze non avesse potuto aver luogo quanto prima per via d'accordi diretti tra le parti o per mezzo di un arbitro liquidatore, egli si sarebbe visto nella necessità di sottoporre nel prossimo giugno tale questione al Consiglio della S. d. N. in base all'articolo II del patto. Non sapeva se la Turchia si sarebbe presentata dinnanzi al consiglio. In ogni modo era d'avviso che l'intesa amichevole, secondo i noti criteri, era pur sempre la soluzione più facile e meno costosa. Roussdi Bey ne ha convenuto, pur dichiarando che, in caso di appello al consiglio, la Turchia, benchè non faccia parte della S. d. N. non mancherebbe di presentarsi.

Michalacopoulos ha allora dichiarato che egli aveva redatto un controprogetto in base ai criteri concordati nella conversazione precedente ed ha chiesto a Roussdi Bey se era disposto ad esaminarlo insieme. Il ministro degli esteri turco ha cercato schermirsi, dichiarando che non aveva poteri da parte del suo Governo di impegnarsi. In seguito però alle mie insistenze ha accondisceso a prendere conoscenza del controprogetto greco. Questo è stato esaminato periodo per periodo. Roussdi Bey ha dichiarato che era in massima d'accordo su di esso, tranne su due punti per i quali faceva esplicite riserve. Tali riserve riguardano:

a) La conclusione di un nuovo trattato di stabilimento dato che l'attuale deve rimanere in vigore ancora per tre anni; b) L'interpretazione da darsi ad una clausola dell'accordo di Atene relativa ai compensi per scambi di beni immobili. Tranne tali due punti il controprogetto greco costituisce una base di intesa tra i due ministri degli affari esteri. Ho domandato a Roussdy Bey se riteneva che, chiariti i due punti pre

detti, il suo Governo avrebbe accettato tale progetto di accordo. Roussdy Bey mi ha dichiarato che egli lo sperava e che in ogni modo avrebbe chiaramente spiegato ad Angora i principi informatori del progetto stesso in modo da poter procedere entro il mese prossimo di aprile ad uno scambio di note al riguardo col Ministro greco ad Angora, signor Papas.

Ho chiesto allora a Michalacopoulos se era pronto a firmare subito dopo tale scambio di note, il patto a tre. Egli mi ha risposto che tale era il suo desiderio. Ho fatto presente che per tale firma i due Governi avrebbero potuto dare pieni poteri rispettivamente all'ambasciatore turco ed al ministro greco a Roma. Al che tanto Roussdy Bey che Michalacopoulos hanno acconsentito.

Ambedue i ministri mi hanno vivamente ringraziato per l'azione da me spiegata nel facilitare i loro contatti e le loro intese. Ho detto che avrei informato V. E. dei risultati dei colloqui avvenuti. Ispirandomi anche alle istruzioni contenute nel telegramma di V. E. n. 1445 (1), ho posto il quesito se non fosse opportuno che Roussdy Bey nel suo viaggio di ritorno venisse a mettere al corrente l'E. V., meglio di quanto non lo avessi potuto fare io per corrispondenza, dell'andamento dei negoziati e dell'azione ulteriore che egli si propone di svolgere. Roussdy Bey ha subito afferrato la palla al balzo, manifestando il suo vivo desiderio di incontrare V. E. Ho allora detto che V. E. si sarebbe trovato nei prossimi giorni a Milano per passarvi la Pasqua in famiglia e che certamente la sua visita non poteva non esserle gradita. Michalacopoulos ha manifestato il suo vivo compiacimento per tale incontro che, ha aggiunto, avrebbe dato a Roussdy Bey l'opportunità • di incontrarsi con un superuomo •. Roussdy Bey sarà a Milano martedì. Gli ho detto che, salvo controavviso, avrei fatto in modo che V. E. potesse riceverlo martedì mattina alle ore undici in prefettura.

Rimasto solo col ministro degli esteri di Turchia, questi mi ha detto che si rendeva pienamente conto dell'interesse da noi mostrato per facilitare una rapida risoluzione delle questioni pendenti tra la Turchia e la Grecia onde rendere possibile un patto di amicizia a tre. Ma che spevava che tale interessamento non dovesse significare che i rapporti tra la Turchia e l'Italia dovessero dipendere da quelli tra la Turchia e la Grecia. L'ho rassicurato al riguardo facendogli presenti i vantaggi dell'adesione della Grecia al patto a tre, per la qual cosa era necessario venire ad una definitiva liquidazione delle questioni pendenti tra i due paesi. Questo era l'unico modo di stabilire una efficace politica di accordi nell'interesse dei tre stati. Ciò non poteva significare nè nel presente nè nel futuro che i rapporti italo-turchi fossero in funzione di quelli con Atene.

Più tardi ho voluto rivedere da solo Michalacopoulos per conoscere le sue impressioni. Mi ha detto che era convinto della buona volontà di Roussdy Bey ma che si rendeva perfettamente conto che egli non aveva l'autorità necessaria per assumere degli impegni definitivi. • Roussdy Bey è un medico che deve la sua nomina a ministro degli esteri esclusivamente alla sua intima amicizia col suo compagno di bagordi Kemal Pacha ». Tutto in fondo dipendeva da quest'ultimo. Non avevo dubbio che il Roussdy Bey si fosse reso pienamente conto della situazione e non avrebbe mancato di prospettarla esattamente a Kemal Pacha.

Il successo sarebbe ancora più sicuro se V. E., nel colloquio con Roussdy Bey, gli facesse comprendere che l'accordo colla Grecia è una condizione indispensabile per la pacificazione del Mediterraneo orientale, base necessaria per un patto non effimero di amicizia.

(l) -Cfr. n. 182. (2) -Cfr. n. 196.

(l) Cfr. n. 173.

213

IL DIRETTORE DELLA “TRIBUNA”, FORGES DAVANZATI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

L. P. Roma, 31 marzo 1928.

Il Dottor Ante Pavelic, col quale ebbi le note conversazioni, oggi deputato alla Scupcina, mi invia l'accluso opuscolo, che ti rimetto, perchè tu possa disporne l'esame, tenendo conto che comunque l'invio attesta da parte del detto Pavelic la costanza nei suoi propositi politici.

214

L'ONOREVOLE DUDAN AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

L. P. Trento, 31 marzo 1928.

Permettimi di segnalarti:

l) recentemente il Times dava all'Italia dei suggerimenti: di permettere qualche • lieve • modifica alle convenzioni di Nettuno per ottenere più facilmente la ratifica s. h. s.

Il giornale northcliffiano e steediano con i suoi suggerimenti, anzi con la sua campagna antiitaliana del 1916-1922, ci ha portati a rinunce disastrose. È da ricordare che il Fascismo ha ratificato le convenzioni di S. MargheritaRoma, firmate in odio a noi 2 giorni prima della marcia su Roma dai Schanzer e Contarini, e senza modificar verbo.

Spero che le convenzioni di Nettuno, le quali non dànno a noi nemmeno l'ombra di ciò che davamo noi agli s. h. s. a S. Margherita, non saranno cambiate di una virgola.

2) Dalle notizie che ho dalla Dalmazia irredenta si persiste nell'ingenuità da parte dei nostri di ricorrere in via giudiziaria o amministrativa alle istanze superiori s. h. s tanto per il caso del Circolo Operaio (sciolto e presidente Benussi condannato) di Curzola quanto per l'Asilo Martinis De Marchi di Spalato (importantissimo, perchè è il vivaio delle scuole italiane di Spalato).

Così le cose si complicano (sentenze sempre maggiormente e più volte confermate) e oltre le busse abbiamo le beffe. Ripeto, caro Grandi, non c'è per quei signori che la rappresaglia: a galeotto, galeotto e mezzo, -diceva Venezia (e proprio in quel mare!) (1).

(l) Si pubblica qui il brano finale del t. 1908/585 di Bodrero, Belgrado 31 marzo, per. il 2 aprile: « Qualunque sia la piega che gli avvenimenti prenderanno mi sembra sintomatico che Convenzioni di Nettuno e prestito siano destinati nei propositi degli ufficiosi a procedere di pari passo come se esistesse fra di loro una interdipendenza •.

215

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, PEDRAZZI

T. 1575/29. Roma, 2 aprile 1928.

Elementi sionisti italiani sono rimasti vivamente dolenti per il fatto che non sia stata inclusa nel programma del viaggio costà di Sua Altezza Reale il principe di Piemonte alcuna visita ·alle istituzioni sionistiche palestinesi. Prego informare di quanto precede Sua Altezza Reale sottoponendo alle sue decisioni opportunità, se non di inserire nel programma ormai stabilito qualche visita di tal genere, almeno ricevere in una qualche conveniente forma omaggio esponenti sionisti locali. Come a V. S. è noto direttive del R. Governo che hanno recentemente determinato costituzione comitato sionista italo-palestinese, tendono a mantenere col movimento sionista gli opportuni contatti consigliati dai nostri interessi politici.

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APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, SUL COLLOQUIO CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI TURCO, RUSSDI BEY

..... (1).

Il Ministro degli Esteri di Turchia è un uomo giovane, poco p1u che trentenne. Non è grasso -strano per un turco. È indubbiamento figlio di giudei. Non è in complesso antipatico.

Cerca di sgusciare dalla via maestra del ragionamento e impelagarsi nel labirinto delle vie traverse, alla moda turca. Ma una volta costretto alla logica di un ragionamento serrato, vi rimane e non rifiuta la discussione. Si sente in lui il giovane patriota nato dalla Rivoluzione.

Parliamo di Ginevra, del problema del disarmo, dei rapporti russo-turchi, del problema mediterraneo in generale.

T. R. B. cerca di evitare sul principio l'argomento essenziale, e cioè il pa:tto a tre. Lo porto a fatica su quello, lo costringo con bella maniera a restarci.

T. R. B. dichiara con ostentato entusiasmo che le cose marciano benissimo, e che il trattato di amicizia fra Turchia e Italia può considerarsi come fatto compiuto. Gli rispondo che non è esatto. Si tratta per ora di un progetto e d'un desiderio comune. Niente di più. La chiave della situazione è tutta nelle vostre trattative colla Grecia. Il giorno che il vostro Governo e il Governo d'Atene avranno sbarazzato il terreno da tutte le questioni pendenti, allora veramente potrà parlarsi del trattato come fatto compiuto. Ora le notizie che ci sono pervenute danno come ancora· lontana la possibilità di un accordo. Il Governo

d'Angora deve tenere presente che questo accordo preliminare è per l'Italia la condizione del patto politico. T. R. B. mi parla lungamente circa i dettagli delle trattative con Michalacopulos, assicurandomi che egli ha fatto del suo meglio per venire incontro alle richieste greche, ma che prima di procedere oltre egli ha bisogno d'essere confortato dall'approvazione del suo Governo e del Ghazi. Gli rispondo dicendo che le proposte del Governo greco sono ragionevoli. Michalacopulos non domanda nient'altro che un giudizio arbitrale sulle intere questioni pendenti, dichiarando di sottomettersi alle decisioni di quello.

T. R. B. mi vuole spiegare l'inutilità di questo arbitrato, in quanto che i trattati vigenti fra Grecia e Turchia già lo contemplano. • Allora, dico io, se è una cosa inutile, o quanto meno, superflua perchè insistere per negarlo? » T. R. B. finisce col confessarmi che la Turchia preferirebbe un patto a due coll'Italia, anzichè un patto a tre colla partecipazione della Grecia. Naturalmente la Turchia è pronta a concludere contemporaneamente un patto anche colla Grecia, impegnandosi a regolare nel più breve periodo di tempo le note questioni. Una volta raggiunto, in prossimo futuro, l'accordo niente vieterebbe che la Grecia entri a far parte dell'accordo italo-turco.

In sostanza la Turchia vorrebbe tutti i vantaggi derivanti da un patto italaturco, all'infuori della Grecia, ,senza lo svantaggio della presenza di quest'ultima, salvo averla poscia a discrezione quando fosse il momento per ammetterla nella coalizione mediterranea.

Spiego a T. R. B. le ragioni per cui l'Italia non può assolutamente marciare in questo senso. Due patti paralleli italo-greco, ed italo-turco, oppure italo-turco, e greco-turco (lasciando insolute tutte le questioni ossia le ragioni d'attrito fra Grecia e Turchia) non sono accettabili dall'Italia perchè non rappresentano nulla di quello che l'Italia si ripromette di raggiungere con un patto a tre. Cos'è per l'Italia il Patto a tre? È il patto della pace mediterranea, e rappresenta l'avvenimento determinante di un lungo periodo di collaborazione e di intese fra i tre popoli interessati ai problemi del Mediterraneo Orientale. In questo senso, perchè il patto rappresenti qualcosa di stabile, di duraturo e non già un pezzo di carta qualsiasi, bisogna che le tre potenze mediterranee siano allo stesso livello, con eguali diritti ed eguali doveri, e che il patto abbia il suo battesimo in una contemporanea e reciproca intesa. Le potenze che potranno aderire in seguito al Patto, sono le potenze aventi interessi minori (come la Bulgaria) non determinanti come l'Italia, Grecia e Turchia nel problema mediterraneo. In ultima analisi il Governo fascista preferisce aspettare, come ha atteso fin'ora, altro momento propizio. Se il Governo fascista ha ritenuto che tale momento fosse giunto, gli è perchè la Turchia avanzando per prima alla Grecia una formale proposta di un patto, preceduto dalla regolamentazione delle questioni pendenti, ha dato all'Italia la sensazione che il momento propizio fosse giunto.

D'altra parte l'Italia (per la quale il patto a tre non rappresenta altro che il contributo sincero e leale alla stabilità della pace mediterranea), ha fatto del suo meglio perchè il Patto a tre divenga una realtà concreta, immediatamente, e cioè prima che l'allarme fosse dato nelle Cancellerie europee. • Voi sapete, ho aggiunto, che l'Europa occidentale ha palese interesse e fa di tutto perchè fra Italia e Turchia, fra Grecia e Turchia non corrano rapporti amichevoli. Qualche volta l'intrigo ha raggiunto lo scopo. La parziale mobilitazione da parte del vostro esercito durante il viaggio del Capo del Governo italiano a Tripoli fu l'effetto diretto di una di queste macchinazioni. L'Europa occidentale è disposta a tutto pur d'impedire alla nuova Turchia d'affacciarsi sul Mediterraneo. Voi sapete che non passa giorno senza che non si cerchi di spingere l'Italia sulla vostra strada. Oggi l'allarme è già dato. Ritardare la conclusione del Patto a tre può significare comprometterne la conclusione in modo definitivo. Non vale questo assai più che una questione di scambi di proprietà alla frontiera greca da definirsi attraverso un pacifico arbitrato? Se pure è questo l'unico motivo, per la Turchia, del ritardo delle trattative. Voi mi assicurate che la Grecia sarebbe più trattabile ed accederebbe più facilmente alle proposte turche quando fosse già concluso il patto a due fra l'Italia e Turchia. Lo credo bene. Ma è appunto per questo che l'Italia non può concludere il patto a due, all'infuori della Grecia. La Grecia, il giorno stesso, non avrebbe altra via che gettarsi mani e piedi legati nelle braccia della Serbia. Tutto ciò vuol dire, praticamente, forzare la Grecia a trovare il suo posto in una coalizione balcanica alla formazione della quale si sta febbrilmente lavorando, voi lo sapete. Questa coalizione balcanica non può avere che una direttrice: il Mediterraneo. E contro chi? Contro la Turchia.

Dopo due ore di questi ragionamenti ci lasciamo. T. R. B. è ansioso di conoscere S. E. Mussolini che egli chiama ripetutamente • l'Uomo più Grande della nostra Epoca •.

È mia impressione che, ove la Turchia sia ben persuasa che noi non molliamo la Grecia, anche a costo di mandare a monte il trattato, essa accetterà le richieste greche e il Patto a tre.

(2) Il documento si riferisce con ogni probabilità al colloquio Grandi-Russdi bey che. ebbe luogo a Milano nel pomeriggio del 2 aprile. Il giorno successivo Russdi bey si incontrò con Mussolini. Non si è trovato il verbale del colloquio.

217

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1928/180. Londra, 3 aprile 1928, ore 20,45 (per. ore l del 4).

Ho fatto a Chamberlain comunicazione di cui al telegramma di V. E.

n. 1541/137 (1). Chamberlain mi ha detto aveva già avuto sentore di un progetto di trattato arbitrato e conciliazione tra Grecia e Turchia e che richiesto del suo avviso in via non ufficiale aveva risposto che non aveva nulla da obiettare, semprechè il trattato stesso non desse menomo appiglio ad essere considerato come diretto contro un terzo stato.

Questo terzo stato avrebbe potuto nel suo pensiero essere anche Italia che egli ignorava avesse preso l'iniziativa del patto. Dal momento che Italia non solo è promotrice ma intende essere anche partecipante del progettato patto, egli non può che felicitarsene come di un nuovo elemento atto ad assicurare la pace e a stabilizzare situazione Mediterraneo orientale. Ho raccomandato a Chamberlain massima segretezza sulla comunicazione di V. E.

(l) Cfr. n. 202.

218

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1936/181. Londra, 3 aprile 1928, ore 20,45 (per. o1·e 1 del 4).

Telegramma di V. E. n. 1551/138 (1).

Chamberlain esclude che siano state fatte pressioni Foreign Office da parte francese per orientare atteggiamento Governo britannico in senso contrario ai nostri desideri nelle conversazioni di Parigi per Tangeri.

Gli ho domandato quali erano le sue impressioni sulle domande italiane. Mi ha risposto che le aveva appunto sulla sua tavola per studiarle attentamente, ma che da un primo rapido esame di esse aveva tratto impressione che una o due di esse (che non mi ha specificato) erano basate su un malinteso e che, una volta chiarito malinteso, era sicuro che la nostra delegazione non avrebbe insistito su di esse.

Quanto alle altre gli sembravano in massima accettabili. Chamberlain ha aggiunto augurarsi che V. E. non si irrigidirà sulla precisa lettera delle domande avanzate e che risultato delle discussioni possa essere soddisfacente per tutti. Anche delegazione britannica dovrà fare delle concessioni sulla tesi che essa aveva avuto istruzioni di sostenere, ma solo con reciproche giustificate concessioni si può giungere a quella armonia e a quel risultato soddisfacente che sarebbe imperdonabile non ottenere in un negoziato in cui sono impegnate quattro grandi potenze.

In tale risultato Chamberlain mostrò di avere molta fiducia, ma evidentemente ha l'aria di considerare le domande da noi presentate non come un tutto da accettare o respingere, ma come un programma massimo suscettibile di riduzione o di modificazioni, di cui nel corso delle discussioni potrà risultare necessità e la convenienza.

In ogni modo ho netta impressione che decisioni Governo britannico non saranno influenzate e che Chamberlain si renda conto della coincidenza interessi italiani e britannici nella questione, senza tuttavia essere disposto ad appoggiarci là dove le nostre domande gli sembrassero eccessive.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1993/327. PaTigi, 3 apTile 1928 (peT il 7).

Signor Berthelot mi ha parlato, di sua iniziativa, delle conversazioni in corso tra V. E. e signor Beaumarchais. La sua impressione è che queste conversazioni procedono normalmente. Beaumarchais è qui atteso nella seconda metà del mese. Signor Berthelot crede che per metà maggio conversazioni

avranno progredito al punto che V. E. potrà, in occasione di una esposizione di politica estera al senato od alla camera, farne oggetto di qualche dichiarazione. Si potrà infatti a quell'epoca o aver risolto qualche punto od aver posto le linee di base per un trattato di amicizia ed arbitrato e per le soluzioni particolareggiate da studiare successivamente.

Il signor Berthelot è entrato in qualche particolare solo in merito alla que

stione del compenso coloniale derivante dal patto di Londra del 1915. Ha detto

che il ministero delle colonie è del parere che le rettifiche concesseci nel 1919

hanno assolto il debito della Francia; che lui Berthelot è invece, dopo esame

della questione, del parere che l'Italia è tuttora creditrice della Francia; e che

egli ha concretato in proposito un progetto che ritiene sarà di nostra soddisfa

zione. Non ha aggiunto altro particolare. Ed io, da parte mia, memore delle

istruzioni di V. E., mi sono limitato a !asciarlo parlare e mi sono astenuto da

ogni iniziativa.

(l) Cfr. n. 205.

220

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1938/127. Costantinopoli, 4 aprile (l) 1928, ore 7,04 (per. ore 8,05).

Leggo nell'Agenzia telegrafica annunzio per domani visita di Tewfik Roussdi bey a V. E. Per me che sono arrivato in Turchia quando atmosfera era gravida di dannosi sospetti verso intenzioni di V. E. e che ho dovuto assistere ad una mobilitazione che dicevano contro l'Italia, questo è un avvenimento di viva soddisfazione del quale la felicito e dal quale sono certo che V. E. saprà trarre grande vantaggio per interessi politici ed economici Italia in Turchia e per la posizione del nostro paese nei Balcani e nel Mediterraneo orientale.

Tewfik Roussdi bey poi dev'essere grato a V. E. di aver potuto realizzare questa visita la quale arriva momento opportuno per ristabilire sua autorità ad Angora dove, come mi confermano Koch e ambasciatore di Germania, la sua condotta a Ginevra nella commissione del disarmo e risultato delle conversazioni Michalacopoulos, ancora vaghe, avevano gettato una certa ombra sul prestigio di lui.

221

L'INCARICATO D'AFFARI A VARSAVIA, SAPUPPO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1958/50. Va1·savia, 4 apriLe 1928, ore 22 (per. ore 3,35 del 5).

Ministro Zaleski mi ha detto stamane che Vaticano complica suo prossimo soggiorno a Roma, con eccessive pretese. Per essere ricevuto Sommo Pontefice dovrà andare a passare una notte a Tivoli od a Frascati e questa è già una

concessione, perchè dapprima si voleva che tornasse in Polonia e che poi ritornasse a Roma, tanto che ambasciatore di Polonia presso il Vaticano aveva dovuto minacciare sue dimissioni.

Ho profittato di questa comunicazione, fatta in tono conciliante, per fargli rilevare attuale, insolita ostilità stampa polacca a nostro riguardo. Egli ha spontaneamente affacciato ipotesi che si tratti di influenza, più o meno indiretta, nuovo nunzio apostolico.

Ho creduto opportuno dare oggi agenzia P.A.T. comunicato seguente tenore:

• In relazione propalazione assurde notizie di scioperi, inesattezze, ecc. ed in genere alla intonazione ostile all'Italia della stampa polacca di questi ultimi giorni, che fa sospettare campagna preordinata, la legazione d'Italia tiene a far rilevare che le prime, non sono specificate in nessuna notizia precisa e che, nel complesso, sono smentite dalle informazioni ufficiali date sulla situazione italiana dal capo del Governo e dalle testimonianze di quanti si trovano in Italia. In quanto al dissidio tra il Governo fascista ed il Vaticano, del quale si fa in Polonia tanto rumore, occorre aspettare notizie ufficiali e non dimenticare che il Governo fascista ha, in ogni occasione, dimostrato di avere massimo rispetto per la chiesa cattolica e di apprezzare la buona influenza che sull'educazione della gioventù, ha l'insegnamento religioso •.

Zaleski mi ha, al tempo stesso, preannunziata visita che gli avrebbe fatto oggi ministro di Romania e che egli riteneva in relazione con nota recente intervista di V. E. su revisione trattato di Trianon (1). A quest'ultimo, egli ha aggiunto che saprà eventualmente cosa rispondere. Zaleski parte venerdì per Venezia dove si tratterrà all'Hotel Danieli fino alla sera del dodici.

(l) Sic, ma come risulta dall'accenno nel testo al colloquio Mussolini-Russdi bey, la data è errata.

222

IL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, PEDRAZZI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1957/502/41. Gerusalemme, 4 aprile 1928, ore 20,40 (per. ore 7,35 del 5).

Rispondo telegramma n. 1575/29 del tre aprile (2).

Ho comunicato Sua Altezza Reale contenuto telegramma. È impossibile includere programma alcuna visita colonie sioniste. Ciò facendo sarebbe snaturare significato viaggio Sua Altezza Reale, che, arrivando Terra Santa quale principe cattolico, ha suscitato entusiasmo indicibile e fecondo prestigio per nostro paese.

Essendo settimana santa, Sua Altezza Reale visita soltanto istituti italiani cattolici. Per questo motivo Sua Altezza Reale declinò invito fatto da lord Plumer visitare istituti protestanti e altri inviti proposti da autorità musulmane per scopo identico: per predetti motivi non può accogliere invito sionisti. Tuttavia durante ricevimento di domani Sua Altezza Reale si degnerà ricevere deputazione sionista per cui diramai relativi inviti.

Informo V. E. che viaggio Sua Altezza Reale prosegue di trionfo in trionfo, soprattutto per suo chiaro e aperto carattere di viaggio religioso al di sopra di ogni politica. Ciò telegrafo in perfetto accordo generale Clerici.

(l) -Allude alla intervista a lord Rothermere del 27 marzo. (2) -Cfr. n. 215, in realtà del giorno 2.
223

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Milano, 4 aprile 1928.

Essenziale del colloquio con Michalacopulos

l) Firma simultanea a Roma di un patto politico (non aggressione, neutralità, arbitrato) fra Grecia e Italia e fra Italia e Turchia.

2.) Protocollo simultaneo col quale e il Governo greco e quello turco si impegnano di fronte al Governo italiano di risolvere entro tre mesi le questioni che li dividono

a) per mezzo di conversazioni amichevoli

b) per intervento se necessario di un arbitro (Corte dell'Aja, Presidente della Repubblica Svizzera) onde giungere alla firma di un patto politico, della natura dei due precedenti, fra Grecia e Turchia.

3) Il Patto politico dell'Italia decadrà nei confronti di quel Paese che rifiutandosi di ricorrere al giudizio eventuale dell'arbitro, avrà reso impossibile quel terzo patto bilaterale greco-turco, che è il coronamento dei due precedenti e senza del quale non possono esistere i due patti italo-turco e italo-greco.

4) Durata del patto 4-5 anni.

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L'INCARICATO D'AFFARI A DURAZZO, SORAGNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 749/282. Durazzo, 4 aprile 1928.

Telespresso di questa Legazione n. 536/182 del 10 marzo 1928.

Faccio seguire alla documentazione, precedentemente inviata, una nuova nota verbale di questo Governo alla Legazione S.H.S., nota verbale intesa a provare la buona volontà del Governo albanese, e l'esagerazione ed inesattezza delle informazioni, del Consolato jugoslavo in Koritza, concernenti le mene dei comitagi e degli irredentisti macedoni nel territorio albanese.

Ho fatto, giorni sono, una corsa a Koritza, dove si va in tre quarti d'ora di velivolo da Tirana. Prefetto ed autorità di polizia menavano un gran scalpore per le suaccennate infruttuose perquisizioni, declamando contro i continui ed ingiustificati allarmi del Console S.H.S. La città mi è sembrata pullulare di informatori serbi, che tengono dietro alle mosse dei macedoni, nonchè di informatori greci e contro-informatori bulgari ed albanesi. Il bello si è, che la più parte di questi agenti segreti sono più o meno conosciuti, si conoscono fra loro, e in generale servono due e più padroni. Ne nasce un groviglio continuo di notizie e contro-notizie per quattro quinti false, commedia giornaliera interrotta di tratto in tratto dalla sinistra notizia di tragedie -delitti, uccisioni, processi -maturate fra questi intrighi e scoppiate al di là della prossima frontiera.

Parlando con quelle Autorità ho compreso che le istruzioni da Tirana sono in realtà piuttosto severe contro gli agitatori macedoni: evitare complicazioni coi jugoslavi, dar soddisfazione per quanto possibile alle loro richieste. D'altra parte, non si può dire che il Prefetto vada a fondo, e che il terreno non sia tuttora utilizzato dagli agitatori, se pure con poca comodità. Ne riparlerò, venendomi il destro, con Zogu, nel senso dell'opportunità di chiudere un po' più gli occhi. Ma capisco che è argomento delicato. Ho del resto notato nel Presidente un certo sospetto verso le mire finali bulgaro-macedoni; gli albanesi sanno inoltre che si tratta di gente dall'anima temprata in maniera ben più forte della loro, e nutrono la diffidenza di chi si sente i nervi più deboli, di fronte al lottatore indomabile nella lotta per la sua terra e la sua razza.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. PER CORRIERE 1634. Roma, 5 aprile 1928, ore 18.

Suo telegramma n. 297 (1).

Senza menomamente incoraggiarlo qualora signor Spalaikovitch dovesse ciononostante dar seguito suo invito non potrei aver diffiffcoltà che V. E. lo accetti a titolo personale, limitandosi ad ascoltare e riferire.

226

IL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, PEDRAZZI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1976/503/42. Gerusalemme, 5 aprile 1928, ore 10,24 (per. ore 6 del 6).

Vengo informato via confidenziale che segreteria stato Vaticano ha inviato patriarca latino diploma insegne oro di cavaliere di gran croce ordine Santo Sepolcro per offrirle principe ereditario giorno di Pasqua dopo colazione Sua Altezza Reale in patriarcato. Segreteria stato intende così addossarsi responsabilità benemerenze acquistate da principe con sua visita Luoghi Santi e lasciare

libero principe e Governo italiano comunicare o meno notizia, secondo giudichino opportuno. Ho comunicato Sua Altezza Reale confidenza avuta ed egli accetterà onorificenza. Cosa assume aspetto importante, perchè capo ordine Santo Sepolcro è direttamente pontefice, mentre patriarca non è che cancelliere ordine. Conferimento farà molta impressione tutto Levante e gioverà inoltre nostro prestigio cattolico senza dimenticare che costituisce atto nuovissimo nei riguardi Casa Reale. Attendo istruzioni relative pubblicazione o meno notizia.

(l) Cfr. n. 194.

227

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, PEDRAZZI

T. 1643/33. Roma, 6 aprile 1928, ore 17,50.

Considerazioni di cui suo telegramma n. 502/41 (l) erano state tenute presenti da questo ministero che si limitava sostanzialmente invitare V. S. sottoporre decisione Sua Altezza Reale opportunità di ricevere in una qualche conveniente forma esponenti sionisti locali. Pertanto soluzione conformemente .adottata di invitare deputazione sionista ricevimento di ieri appare soddisfacente.

228

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (2), AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. 1648/145. Roma, 6 aprile 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 280 (3).

Il signor J ovanovich ha unica scusa, e cioè che le sciocche menzogne della sua conferenza di Lubiana \sono avvalorate dalla sentenza del tribunale di Istip -che V. E. mi ha comunicato col suo telespresso n. 503 del 19 marzo nella quale si dà come elemento acquisito ed incontrovertibile che il comitato macedone compie atti terroristici • con l'aiuto dell'Italia • ( 4).

Il signor Pavlovich facendole verbalmente delle scuse in risposta ad una protesta scritta si è limitato a farle il sacrificio deì prestigio parlamentare di Jovanovich. Ma non le ha detto che còsa si debba pensare di magistrati ·che pongono al servizio di una indegna campagna politica le loro sentenze.

Il Governo S. H. S. è esattamente al corrente che le affermazioni, di fonte

responsabile od irresponsabile, circa i pretesi aiuti dell'Italia ai comitagi sono

13 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

assolutamente false e che coloro che continuano ad agitare la questione mentiscono sapendo di mentire per scopi politici facilmente intuibili e giudicando la politica italiana con mentalità balcanica. Né mi sarà difficile, qualora dovesse occorrere, dimostrare e documentare pubblicamente quanto sopra.

È quindi tempo oramai che tale campagna sia fatta cessare, in omaggio alla verità ed anche alla possibilità di continuare fruttuosamente a conversare con Belgrado con spirito consono alla serietà ed alla gravità dei problemi che interessano i due paesi.

V. E. parli subito della cosa e con chiare parole a codesto ministero degli esteri. Ella comprenderà come ùi !l-onte alla gravità dell'argomento, sopratutto dopo la sentenza di Istip, l'offerta fattale da Pavlovich di far diramare dalla agenzia Avala una smentita di codesta R. legazione non appaia seria. Dato che non si tratta di un episodio, ma di una lunga e metodica agitazione tendenziosa contro di noi, è al Governo S.H.S. che spetta separare la sua responsabilità da quella degli agitatori, rendendo noto il rincrescimento espressole, ponendo l'opinione pubblica di codesto paese sulla via della realtà e dimostrando così di avere effettiva intenzione di agire per creare costà nei nostri riguardi quello stato d'animo in considerazione del quale abbiamo acconsentito alla proroga contemplata nel protocollo dello scorso gennaio (1).

(l) -Cfr. n. 222. (2) -La minuta è firmata, oltre che da Mussolini, da Guariglia. (3) -Non rinvenuto. (4) -• Nel corso di una conferenza tenuta a Lubiana il 30 marzo. scorso, il capo del gruppo parlamentatre agrario serbo, Joca Jovanovich, ha detto che l'Italia aveva sussidiato con 25 milioni di lire le imprese dei comitagi macedoni e premiato coa 200.000 dinari l'uccisore del Generale Kovacevich » (t. 1713 di Guariglia per Sofia, del 12 aprile 1928).
229

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VARSAVIA, SAPUPPO

T. GAB. 35/51. Milano, 6 apTile 1928.

Suo 50 (2).

Smentita data stampa polacca da codesta legazione dimostra come spirito fascista è ancora scarsamente penetrato nei cervelli funzionari di codesta legazione. Smentite alle menzogne della stampa straniera sulla situazione italiana debbono essere nette, taglienti, senza riserve prudenziali e senza attendere chiarimenti ed istruzioni. Deploro quindi il suo comunicato e la sua scarsa sensibilità (3).

R. -Console generale a Lubiana a proposito conferenza colà tenuta il 30 marzo da Jo.vanovich in presenza autorità provinciali.

Qualora resoconto conferenza che Gavotti invierà confermasse sciocche affermazioni categoricamente lanciate da Jovanovich, V. E. segnali subito la cosa e con chiare parole a codesto Governo. Giudicherà il Governo S. C. S. dell'opportunità di assumere, attraverso i suoi funzionari provinciali, e nell'attuale momento, una responsabilità nelle manifestazioni pubbliche di una campagna di menzogne che esso sa esattamente essere tali. Giudicherà inoltre dell'impressione di leggerezza che offrono, con simili assurdità, i capi gruppo della Skupcina. Per quanto ci concerne, consideriamo che è tempo che tale campagna di falsità, subdola o pubblica, sia fatta cessare, in omaggio alla verità ed anche alla possibilità di continuare fruttuosamente a conversare con 13e1,bradn c::r::.1 ~·.p~rito consono alla se:::-ietà ed alla gr:1vità dei problemi che interessano i due paesi. Nè mi sarà difficile, qualora dovesse occorrere, dimostrare e documentare pubblicamente come costà si sia perfettamente al corrente dell'assurdità dei pretesi aiuti italiani ai comitagi macedoni e dei veri scopi che Belgrado si propone col propalare accuse scientemente false giudicando la politica italiana con mentalità balcanica ».

(l) -Si pubblica qui di seguito una prima minuta del telegramma, indirizzato per conoscenza anche a Londra e Parigi: • Richiamo speciale attenzione di V. E. sopra telegramma del (2) -Cfr. n. 221. (3) -La minuta è di pugno di Grandi, tranne l'ultima frase che è di pugno di Mussolini.
230

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 1666/93. Roma, 7 aprile 1928, ore 14.

Taluni giornali pubblicano che Averescu sarebbe latore presso Belgrado di alcune proposte del Governo greco per addivenire con Belgrado a un patto di amicizia. Si informi perchè è importante ai fini delle attuali conversazioni (1).

231

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 1663/92. Roma, 7 aprile 1928, ore 18.

Neue J:?Teie PTesse in una corrispondenza da Atene riproduce intervista Titulescu sopra un giornale ateniese nella quale si accenna mediazione romena fra Jugoslavia e Grecia. Mi mandi telegraficamente testo intervista e vigili sopra questo tentativo molto verosimile da parte della Romania di attrarre Grecia nell'orbita Piccola Intesa.

232

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2018/159. Atene, 7 aprile 1928, oTe 23 (peT. ore 23,35).

Telegramma di V. E. n. 1666/93 (2).

Michalacopoulos giunto pomerigio oggi recatosi subito propria abitazione: ho preso con lui appuntamento per lunedì. Ho parlato lungamente stasera al ministero affari esteri col vice direttore politico Melas (il quale è generalmente bene al corrente di tutti gli affari politici di qui) e mi sono informato particolareggiatamente presso di lui mostrando di avere avuto la notizia da fonte giornalistica.

Mi ha dichiarato nel modo più esplicito che da tutto quanto gli risulta,

non soltanto non vi sarebbe alcuna richiesta di mediazione fatta dalla Grecia

alla Romania, ma nessun approccio sarebbe nemmeno in corso tra Atene e Bélgrado per la stipulazione di un patto di amicizia. Telegraferò nuovamente subito dopo avere parlato a Michalacopoulos.

(l) -La minuta è di pugno di Mussolini. (2) -Cfr. n. 230.
233

L'INCARICATO D'AFFARI A VARSAVIA, MENZINGER, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2013/53. Varsavia, 7 aprile 1928, ore 21,50 (per. ore 4,20 dell'B).

Ministro degli affari esteri prima di partire per l'Italia ha fatto alcune dichiarazioni giornali. Segnalo all'E. V. quelle fatte organo ufficioso Epoca: « Anzitutto riposo a Venezia; indi cosa principale, incontro con capo governo italiano. È naturale approfitto feste per visitare Italia dove passai molto tempo come ministro plenipotenziario. Da quando reggo ministero degli affari esteri non ho visto signor Mussolini. Suo gentile invito mi permette scambiare con lui alcune idee su questioni di natura generale che ci interessano. Ciò, del resto, fa parte dei miei doveri. Ogni tre mesi durante seduta Consiglio S. d. N. vedo dirigenti di tutti i paesi. Come è noto signor Mussolini, reggendo cinque dicasteri, non può lasciare Roma per prendere parte sessioni Ginevra. Da molto tempo desideravo visitare signor Mussolini. Mi rincresce di non averlo fatto prima. Alcuni miei colleghi mi hanno preceduto da lungo tempo ".

Dichiarazione fatta da ministro degli affari esteri a Express Polany termina :

" credo che scambieremo idee su attuali questioni di politica estera ".

234

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI

TELESPR. RR. 219199/255. Roma, 7 aprile 1928.

Note di V. E. (Direzione generale Africa Orientale) N. 7086 e N. 1875 del

29 febbraio e 24 marzo scorsi.

Come l'E. V. ste~sa ha voluto rilevare, le comunicazioni confidenziali fatte

da questo Ministero col telespresso n. 214310/179 del 15 marzo costituiscono

una implicita risposta alle considerazioni, contenute nella nota di V. E. n. 7086

del 29 febbraio: considerazioni, da un punto di vista strettamente coloniale e

relative alla questione della importazione di armi e munizioni in Etiopia.

Dalla corrispondenza scambiata sull'argomento, e per ultimo, dalla nota

verbale n. 267363, da me consegnata il 30 dicembre u. s. all'Ambasciata di In

ghilterra, l'E. V. avrà avuto modo di rilevare che tutto quanto era possibile è

stato fatto per giungere alla discussione, sul problema delle armi e munizioni,

con l'Abissinia, dopo un preliminare e completo accordo con la Francia e la

Gran Bretagna.

Poichè tale fine non è stato possibile finora raggiungere, di fronte all'atteggiamento recisamente negativo della Francia, e per la politica che Londra è portata attualmente a seguire in Etiopia, per la soluzione della questione delle acque del Lago Tsana, è evidente che un nostro isolato rifiuto ad associarci al passo collettivo presso il Ras Tafari, per indurlo a partecipare alla Conferenza a quattro, non avrebbe potuto non costituire -nella cordialità, ogni giorno maggiore dei nostri rapporti con l'Abissinia -quello stesso « handicap • che (come V. E. osserva) sarebbe provocato da una nostra azione diretta ad ostacolare in tutti i modi il traffico delle armi e munizioni in Etiopia: azione, del resto, non solo ingrata, ma del tutto inefficace, quando tale traffico fosse liberatamente effettuato dalla Francia o da altri Stati, particolarmente oggi che si affaccia, sulla scena etiopica, il preoccupante pericolo della penetrazione nordamericana.

Dalle ultime comunicazioni sulla questione, V. E. avrà rilevato, come anche di fronte al passo collettivo delle tre Potenze ed alle particolari personali insistenze del Ministro Britannico in Addis Abeba, il Ras Tafari abbia mostrato ancora una volta la sua riluttanza alla partecipazione etiopica alla conferenza, richiedendo -evidentemente a scopo dilatorio -ancora un memorandum sugli scopi precisi della conferenza stessa. Non sembra quindi che si possa assolutamente affermare la buona volontà etiopica di collaborare al pratico esito della proposta riunione a quattro: ma, in ogni caso, se a questa si addiverrà, l'E. V. può essere sicura che, in quella sede, sarà tenuto tutto il conto che meritano degli interessi delle nostre confinanti colonie.

Approvo intanto l'intenzione di V. E. di avvalersi di una parte dei fondi straordinari che stanno per essere concessi al Ministero delle Colonie, per eseguire alcune opere nella Colonia Eritrea e nella Somalia. V. E. ha alluso soprattutto al porto di Massaua ed all'approdo di Mogad1scio, alle due ferrovie fino al confine etiopico e, in Eritrea, ad alcune strade di grande importanza militare.

Di tali opere -che non hanno un carattere esplicitamente ed esclusivamente militare -noi potremo infatti utilmente servirei anche per far fronte ad una eventuale intensificazione dei traffici fra le Colonie e l'Etiopia: giacchè non è da escludere che il progressivo continuo miglioramento delle nostre relazioni con l'Abissinia non possa, in un avvenire più o meno lontano, provocare un maggiore sviluppo dei traffici stessi.

235

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2024/111. Budapest, 8 ap1·ile 1928, ore 16.10 (per. ore 22).

Walko mi ha lasciato intendere che desidererebbe avere opinione di V. E. su accordo proposto a suo Governo dalla Turchia, di cui codesto ministro Ungheria già ha intrattenuto V. E.

236

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2046/294/295/296/297. Belgrado, 9 aprile 1928, ore 21,40 (per. ore 0,40 del 10).

Suo telegramma n. 1648j145 (1).

Nel colloquio avuto questa mattina col signor Schumenkovich, ministro ad interim affari esteri gli ho comunicato il contenuto del telegramma di V. E. soprascritto. Ho creduto di valermi di tutti gli elementi a mia disposizione per insistere sul fatto che le accuse lanciate da più mesi contro l'Italia a proposito di supposti aiuti all'organizzazione rivoluzionaria macedone rispondevano ad un piano sistematico diretto a mettere in cattiva luce l'Italia presso questa opinione pubblica. Per dare ancora una prova poi dell'ostilità preconcetta della stampa jugoslava, ho richiamata l'attenzione del ministro sull'ultimissimo episodio della chiusura frontiera albanese che questi giornali, compresa la ufficiosa Pmvda, hanno attribuito a macchinose manovre dell'Italia, miranti ad una più vasta preparazione di torbidi nella Serbia meridionale. Ho insistito poi sull'ultima parte del telegramma predetto di V. E., circa necessità da parte del Governo

S. H. S. di scindere ben chiaramente la sua responsabilità da quella di coloro che influenzavano opinione pubblica contro l'Italia a base di notizie false e tendenziose, e sull'altra necessità di creare in questo paese quello stato di spirito senza del quale non sarebbe possibile stabilire un'amicizia salda e durevole fra i due paesi.

Venendo infine alla questione specifica del processo di Istip, ho fatto presente al signor Schumenkovich che egli non aveva mai risposto nota verbale di questa legazione del 7 marzo scorso nella quale si protestava contro il modo di agire di quel tribunale.

Signor Schumenkovich, a cui non era sfuggito il tono fermo con cui venivano prospettati i fatti e formulate le domande, mi ha risposto:

l) Per quanto riguarda deposizione imputato Kraleff nel processo di Istip, di cui era oggetto la nota verbale di questa legazione sopracitata, egli aveva scritto e parlato personalmente col ministro della giustizia pregandolo intervenire presso presidente quel tribunale, nel senso richiesto da questa legazione, che il ministro di grazia e giustizia aveva promesso intervenire subito, il che egli credeva fosse stato fatto. Gli ho risposto subito che non mi sembrava che il passo avesse sortito effetto desiderato, tenuto conto che la sentenza aveva poi confermato le deposizioni del Kraleff e quindi anche quella parte 2he riguarda Italia.

Signor Schumenkovich si è schermito ricorrendo solito espediente balca

nico, che cioè noi conoscevamo testo sentenza dalla versione riportata dai

giornali, il che non gli sembrava sufficiente a certificare la prova della manche

volezza del tribunale.

Avrebbe ad ogni modo subito chiesto un testo autentico della sentenza stessa, e se dalla sua lettura fosse risultata esatta mia affermazione, avrebbe

subito domandato al ministro di grazia e giustizia di prendere un severo provvedimento contro quel presidente del tribunale. Se invece fosse risultato che la sentenza non conteneva alcuna conferma all'accusa contro l'Italia, avrebbe provveduto smentire ufficialmente la versione della sentenza data dai giornali.

2) Quanto alla richiesta di cui all'ultima parte del telegramma di V. E., il signor Schumenkovich si è molto accalorato' nell'affermarmi essere fuori di dubbio la nessuna relazione possibile fra l'opera e parole degli uomini di Governo S.H.S. e l'attività oratoria e di stampa dell'opposizione al Governo. Questa ha tutto l'interesse a diffondere nel pubblico voci false ed allarmistiche come quella degli aiuti italiani alla • Ormi •, al solo fine di combattere il Governo creando imbarazzi alla sua opera diplomatica, cercando impedirgli giungere ad un successo in politica estera quale sarebbe sicuramente quello di riallacciare stretti legami di amicizia col regno d'Italia. Venendo a parlare del caso in questione il signor Schumenkovich ha cercato dimostrarmi che le accuse lanciate contro l'Italia per la questione macedone, costituiscono delle voci sporadiche di qualche giornale e di qualche oratore politico, preoccupato di ottenere un su,ccesso di comizio. Avendogli subito detto che trattavasi invece di una campagna sistematica di cui il processo di Istip e il discorso di Jovanovich costituivano i punti culminanti, egli mi ha detto che in ogni caso questi fatti non toccavano in niente la linea di condotta del Governo S.H.S., decisamente orientata verso una politica di sincera e sentita amicizia con l'Italia e che il contegno della stampa e di certi circoli di opposizione in tali fatti, erano riprovati come nocivi agli interessi dello stato da tutti i ben pensanti che costituivano la grande maggioranza del paese.

Ciò stante, Schumenkovich ha aggiunto che avrebbe studiato come far conoscere all'opinione pubblica jugoslava la piena disapprovazione del Governo

S.H.S. alle parole pronunciate da Jovanovich a Lubiana ed alle notizie pubblicate dalla stampa sempre in tema di aiuti dell'Italia ai macedoni; ma che si doveva agire in modo da non dare importanza alle parole del J ovanovich, e di non incoraggiare certi gesti di così bassa educazione politica.

Ha avanzato l'idea che un mezzo atto allo scopo che si proponeva poteva essere quello di profittare dell'eventuale smentita di cui sopra circa il contenuto della sentenza di Istip per aggiungervi una frase onesta di piena deplorazione delle manovre dell'opposizione e delle notizie false propalate dalla stampa. Ed a tale scopo, dopo avere ricevuto copia autentica della sentenza stessa, mi avrebbe chiamato per esaminarla insieme e concordare il testo dell'eventuale comunicato da emanare.

Ma la questione che più premeva al signor Schumenkovich e sulla quale ha insistito di più, è stata quella dello sforzo costante che fa il Governo S.H.S. per creare quello stato di spirito verso l'Italia a cui V. E. ha accennato col telegramma a cui mi riferisco. Egli mi ha detto di assicurare V. E. che molto è già stato fatto su tale strada, come ne è prova che la stampa di Belgrado non si abbandona più a quelle crisi di italofobia cui dava corso prima. E ciò, avrebbe riconosciuto anche V. E. in un colloquio avuto ultimamente con Rakich. Mi ha chiamato testimonio del mutato spirito che regna quest'anno nei rapporti sociali fra questa R. legazione e la società di Belgrado; ho riconosciuto che vi "ra un gran miglioramento. Mi ha poi parlato dello svolgimento delle trattative per !a risoluzione delle questioni pendenti, alcune delle quali importanti, come quella delle proprietà nella zona di frontiera, che ha avuto l'esito da noi desiderato mentre che altre sono in via di trattazione.

Si è poi dilungato nella solita teoria dell'impossibilità in cui si trova Governo S.H.S. di dominare una stampa male educata e ostinata, e sulla violenza delle lotte fra i partiti politici, che giungono al punto di fare dimenticare ad uomini in vista i ... (l) non ha mancato però di farmi osservare che qualche volta, anche da parte italiana, vi era stata qualche provocazione attraverso articoli di giornali e discorsi. Avendo io obiettato che la stampa italiana si era solamente limitata a rispondere, non potendosi ammettere indefinitamente che chi ha più educazione debba tacere, Schumenkovich mi ha, molto poco chiaramente, lasciato comprendere che, nella stessa Roma, sarebbero delle persone che, spinte da stranieri, mirano a creare uno stato d'animo ostile alla Jugoslavia. Avendolo pregato di precisare meglio, mi ha parlato di una certa conferenza tenuta a Roma il 9 marzo scorso da un certo Enrico Ivo Amiani sul tema " Liberazione della Macedonia • su cui mi riservo riferire con telegramma a parte.

Terminando Schumenkovich mi ha dichiarato che aveva letto le dichiarazioni che V. E. avrebbe fatto a lord Rothermere sui rapporti italo-jugoslavi, e che potevo assicurare V. E. che la politica jugoslava tende con tutte le sue forze non solo alla pace, ma all'amicizia con l'Italia, non solo a parole ma anche a fatti. Chiedeva solo (ed in questo obbediva evidentemente alle istruzioni del signor Marinkovich) che fosse fatto al Governo S.H.S. un poco di credito, tenendo conto delle libertà costituzionali qui vigenti, di cui partiti politici e stampa abusano; cosicchè opera dei due Governi per rinnovare il patto di amicizia non debba essere vincolata categoricamente all'opera di riavvicinamento morale dei due popoli, ma possa all'occorrenza anche precederlo. Ho detto al signor Schumenkovich che avrei riferito quanto precede a V. E.

(l) Cfr. n. 228.

237

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2047/164. Atene, 9 aprile 1928, ore 22,30 (per. ore 4 del 10).

Telegramma di V. E. n. 1663/92 (2).

Notizia di una pretesa intervista con Titulescu è effettivamente apparsa (sotto forma di telegramma da Bucarest in data 3 aprile) nel numero del 4 corrente del giornale Vjeniescpoli. Ne trasmetto integralmente il testo con mio odierno telegramma a parte n. 165. Devo lealmente riconoscere che malgrado il suo carattere sensazionale, nella massa di informazioni del patto greco-romeno e durante le ulteriori conversazioni di Ginevra, suddetto telegramma era sfuggito a questa legazione, non risultando d'altra parte essere stato rilevato da

altri giornali locali. Avendomi signor Michalacopoulos pregato rimandare a domani a casa suo appuntamento di cui al mio telegramma n. 159 (l), perchè occupato in consiglio dei ministri, ho avuto stamane al ministero affari esteri lungo colloquio col direttore generale degli affari politici Giovanni Politis. il quale come è noto è stato col ministro a Ginevra. Gli ho amichevolmente mostrato il giornale in questione, chiedendogli che cosa potesse dire in proposito. Egli mi ha fatto, senza alcuna esitazione, le seguenti dichiarazioni che riproduco testualmente:

l) Non era a conoscenza della pubblicazione che considera fantastica ed ha l'impressione che possa anche trattarsi di un telegramma confezionato sul posto da qualche immaginoso corrispondente o redattore. Indagherà a tale proposito, ma rileva che si parla di intervista che il ministro affari esteri romeno avrebbe concesso a Bucarest, mentre risulterebbe trovarsi Titulescu tutt'ora all'estero sofferente.

2) Nessuna istruzione è stata data al ministro ellenico a Bucarest, né da questo ministero esteri né dal signor Michalacopoulos durante il recente viaggio, di chiedere alcuna mediazione romena nei riguardi della Serbia. N o tizia deve pertanto ritenersi inventata.

3) Per quanto la Grecia possa essere genericamente riconoscente a chiunque dimostri interesse al riconoscimento del suo buon diritto a Salonicco, l'attuale Governo greco non (ripeto non) ha alcuna intenzione di chiedere suddetta mediazione.

4) Giusto quanto Michalacopoulos ha comunicato ai principali Governi europei e balcanici nonchè proclamato nei suoi discorsi, il Governo di Belgrado è a piena conoscenza diretta del legittimo punto di vista ellenico, circa argomenti formanti oggetto delle convenzioni di Pangalos. Marinkovich ha più volte dichiarato pubblicamente che si disporrebbe ad esaminare soluzione equa ed accettabile per la Grecia: se ciò egli vuole realmente mettere in pratica, non ha che da rispondere direttamente all'offerta fattagli lealmente dalla Grecia subito dopo il rigetto delle convenzioni, di procedere d'accordo a tale esame.

5) Allo stato attuale nulla vi è di mutato nella situazione colla Jugoslavia se non siano le ora dette pratiche necessarie generiche di Marinkovich. Nessuna alleanza o patto qualsiasi è comunque in corso di negoziato con Belgrado.

6) Il ministro Michalacopoulos ed i principali responsabili della politica estera greca, gratissimi all'E. V. per l'azione che svolge in favore di una pacifica stabilizzazione Mediterraneo orientale, sanno vagliare la capitale importanza che presenterebbe, anche con priorità su altri problemi balcanici, la realizzazione di questa. Sempre che sia raggiungibile con l'indispensabile buona volontà anche da parte turca, la concreta possibilità di rapido appianamento delle attuali divergenze nell'applicazione dei trattati esistenti tra i due Paesi, la Grecia si rende conto della necessità di fare di tutto per tenere sgombro il terreno da ogni difficoltà, nube o sospetto.

7) La politica estera ellenica, esclusivamente balcanica e mediterranea, rimane del tutto invariata nei riguardi della Piccola Intesa, la quale ha sue finalità centro Europa che non possono interessarla. La Grecia non ha pertanto

alcuna ragione né intenzione di farne parte o di mettersi al suo rimorchio. Le sue relazioni politiche coi singoli stati che la costituiscono devono quindi considerarsi unicamente in quanto può riguardare la loro qualità di paese balcanico.

8) Circa notizie della eventuale mediazione Averescu (di cui al telegramma di V. E. n. 1666j93) (l) risposta già datami sabato dal vice direttore Melas viene implicitamente confermata da tutto quanto precede.

Fine delle dichiarazioni.

Politis in tal modo [ha] lasciato l'impressione di parlare con un certo risentimento contro quel tanto di troppa premura benevola che si tende ad ostentare da parte romena verso l'affare greco dopo il recente patto.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Cfr. n. 231.

(l) Cfr. n. 232.

238

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E A MOSCA, CERRUTI

T. 1683 (2). Roma, 10 aprile 1928, ore 15.

Il R. incaricato di affari in Varsavia telegrafa quanto segue: « (come nel telegramma in arrivo n. 2013/53 di collezione), (3). Informo ad ogni buon fine V. E. che visita Zalewski è avvenuta ad iniziativa polacca e non dietro invito del R. Governo.

239

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2074/170. Atene, 10 aprile 1928, ore 23 (per. ore 1,50 dell'll).

Mio telegramma n. 164 di ieri (4).

Nella visita di ben venuto che gli ho fatto stamane a casa sua, Michalacopoulos (il quale, tuttora stanco e sofferente della recente operazione, si riposerà per alcuni giorni in campagna presso Atene, prima di riprendere l'effettiva direzione del ministero esteri) mi ha confermato a viva voce punto per punto il suo pieno accordo colle dichiarazioni fattemi da Politis. Circa mediazione romena tra Belgrado ed Atene, (come risulta dal mio odierno telegramma in chiaro n. 171 questa stampa continua a sbizzarrirsi in merito all'interdipendenza tra prossima riunione della Piccola Intesa e relazioni greco-serbe), Michalacopoulos dichiara non solo inventato tutto quanto nella pretesa intervista,

riprodotta dalla Neue Freie P1·esse, si volle attribuire al Governo greco, ma aggiunge che, mentre la Grecia non desidera affatto una mediazione (e tanto meno romena) verso la Serbia, non ritiene neppure probabile che, specie in questo momento, la Romania pensi di propria iniziativa ad una azione in tal senso. Esclude lanciare idea di far parte o accodarsi alla Piccola Intesa.

Sullo stato delle relazioni greco-serbe, mi ha detto in modo preciso che le ultime dichiarazioni fattegli da Marinkovich sono quelle verbali di Ginevra nel senso • di non avere ancora nemmeno esaminato le proposte elleniche concer-· nenti le facilitazioni di re Costantino per Salonicco, quali furono formulate dalla Grecia per iscritto dopo il rigetto delle convenzioni Pangalos • (sic). Ha aggiunto categoricamente che nessun negoziato né approccio è in corso per la conclusione di un patto qualsiasi colla Jugoslavia. Venendo poi all'argomento esposto nel punto sesto (ripeto 6°) delle dichiarazioni Politis di cui al citato telegramma n. 164, Michalacopoulos ne ha maggiormente sviluppato il concetto, insistendo sulla priorità indiscussa che questo Governo attribuisce alla sistemazione Mediterraneo o:dentale per rispetto a quella delle questioni grecobalcaniche. Se pertanto l'Italia persevera (mi ha testualmente detto ministro) nell'azione così efficacemente intrapresa per la prima di tali sistemazioni, nessuna ragione potremmo avere di desiderare un patto colla Jugoslavia. Quello cui tenderei invece preferibilmente sarebbe un patto colla Bulgaria (ripeto Bulgaria) (sic). Pur non avendo io, allo scopo di non creare eventuali interferenze, abbordato il soggetto delle conversazioni di Ginevra e Milano, Michalacopoulos me ne ha spontaneamente parlato per dirmi:

l) Con maggiore effusione del solito la sua vivissima riconoscenza per l'azione personalmente svolta da V. E.

2) Che avendo esposto ieri particolareggiatamente a Zaimis ed ai ministri di Stato qui ancora residenti le sue conversazioni di Ginevra e Milano, ne aveva ottenuto il consenso alla continuazione del negoziato colla Turchia nei termini concretati con V. E. a Milano.

3) Che avrebbe oggi stesso telegrafato a codesto ministro di Grecia

istruzioni di comunicare ufficialmente all'E. V. la decisione di cui all'ora

enunciato punto secondo, riservandosi inviare col prossimo corriere al signor

Mavrudis le istruzioni complementari di dettaglio circa proposte dichiarazioni

da ,annetter1sli ai patti.

4) Che era rimasto dolorosamente impressionato (per quanto, ha ag

giunto, non sorpreso, conoscendo i turchi) dal parziale • volta faccia » di

Roussdi bey il quale nella prima conversazione di Ginevra aveva dimostrato

di non avere alcuna abbiezione alla conclusione di un unico patto a tre.

5) Che aveva ragione di ritenere probabile essere tale resipiscenza

turca dovuta ad azione francese, svoltasi a Ginevra tramite Avenol .sopra

Roussdi bey, e che il sospetto gli veniva anche confermato dall'articolo del

Temps del 7 corrente.

A mia domanda ha risposto dichiarando che nessuna ragione [sic] in tal

senso aveva esercitato la Francia presso la Grecia.

6) Che perseverava nel non voler essere per nulla intransigente verso la

Turchia come provava la così equa richiesta fatta, della semplice possibilità

di ricorso all'arbitrato per la rapida soluzione di quelle divergenze che non riuscisse di comporre altrimenti.

7) Che continuava a confidare pienamente nel così benevolo appoggio dell'E.V. perchè la Grecia non fosse lasciata da sola in balia di un'imbaldanzita Turchia, né pertanto costretta a lasciarsi carpire, per quanto assolutamente a malincuore, dalla preponderante e sempre minacciosa stretta franco-jugoslava.

(l) -Cfr. n. 230. (2) -A Berlino. Londra e Parigi il telegramma venne inviato per corriere. (3) -Cfr. n. 233.

(4) Cfr. n. 237.

240

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2077/138. Costantinopoli, 10 apTHe 1928, ore 22 (per. ore 6 deH' 11).

Tewfik Roussdi bey è venuto a colazione intima alla R. ambasciata. Mi ha messo al corrente dei negoziati svolti nei giorni scorsi a Ginevra e Milano con

V. E. e Michalacopoulos e del punto al quale sono oggi. Egli ha tenuto a porre bene in evidenza parte direttrice avutavi da V. E., senza la chiara visione, la forza di convinzione e la fermezza della quale, a nulla si sarebbe arrivati per le solite tergiversazioni messe in giuoco dalla mala volontà.

È grazie a S. E. Mussolini, mi diceva, che ho potuto garantire la mia posizione politica ad Angora. Tutto ho arrischiato, confidando in S. E. Mu$3olini. Sono riuscito ed ora sono molto soddisfatto.

Al suo ritorno, egli ha parlato con Buroff ed ha avuto desiderata assicurazione formale anche da Governo bulgaro. Cosicchè decisione odierna Atene non può essere differente da quella voluta da V. E. Desidera ardentemente che firma patto di non aggressione italo-turco, per la quale ha delegato a Suad bey tutti i poteri necessari, sia quanto prima un fatto compiuto. Egli si trattiene qui da due giorni per preparare stampa e per colloqui con alcuni capi missione che si sono a lui annunziati. Egli però mi ha detto che per ora non parlerà del patto, ma solo della constatazione fatta delle disposizioni amichevoli dell'Italia verso Turchia, le quali sono capaci sviluppo nell'interesse comune della pace e dello statu quo del Mediterraneo. Si recherà poi ad Angora per far rapporto al Gazi e al consiglio dei ministri. Nel frattempo spera ricevere da Roma lieta notizia Grecia firmi.

Ai primi della settimana ventura mi attende Angora per aiutarlo nell'opera di convinzione su ministro di Grecia, onde affrettare soluzione questione per scambi. Egli vede con rammarico che Governo greco, non rendendosi o non volendo rendersi conto del reale vantaggio che patto di non aggressione presenta per Grecia, sta cominciando a mettere avanti nuove pretese. Ma spera che con pazienza, con attitudine conciliante fino all'estremo limite, e con aiuto di V. E. gli riuscirà portare a compimento anche quel patto.

Non è affatto da meravigliarsi della ripercussione che nella stampa frar'.cese ed al Quai d'Orsay ha provocato sorpresa delle prime notizie delle trat

tative Milano. Si attende nei primi tempi una controffensiva francese, ma confida che Francia finirà per riconoscere ed apprezzare vantaggi comuni derivanti da quei fatti. Nota anche da parte inglese una certa meraviglia per accordi così solleciti fra Roma ed Angora che eliminano uno stato di tensione, dal quale Gabinetto Londra ha qualche volta tratto e avrebbe potuto in avvenire trarre particolare utilità. Non ho mancato a mia volta di richiamare attenzione di lui su un lavoro che ora l'attende, quello cioè di estirpare da certi circoli militari e da certe autorità locali quelle infondate loro animosità. È questo che tanto danno ha recato a noi ed a nostri interessi in Turchia e che tanto è costato allo stato tm1co in armamenti ed opere di difesa. Egli mi ha assicurato che non mancherà adoperarsi con ogni mezzo a sua disposizione a questo scopo, forte dell'appoggio del Gazi e del comandante gendarmeria.

241

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 840jl84. Bucarest, 10 aprile 1928.

Questa stampa non ha mancato di rilevare e commentare un articolo del giornale parigino Le Populai1·e in cui si asseriva che V. E. non avrebbe autorizzato Lord Rothermere a pubblicare le note dichiarazioni sulla revisione delle frontiere a vantaggio dell'Ungheria.

Il giornale averescano Indreptarea, che anche in questa occasione ha tenuto un linguaggio misurato e conciliante verso l'Italia (vedi telegramma di questa Legazione n. 78) (l), scrive in proposito quanto segue:

« Bisogna constatare che la smentita che sembra essere stata data attraverso il Populaire avrebbe assunto ben altra importanza se la stessa stampa italiana affrettandosi a riprodurre l'intervista al Daily Mail non ne avesse in certo modo confermata l'autenticità. Infatti la stampa italiana è stampa di Governo e questo spiega l'inquietudine dei giornali europei.

Per quello che concerne la Romania tale inquietudine è però infondata perchè la nazione romena è legata all'Italia da un trattato di amicizia e di collaborazione di cui alcune clausole, non note al gran pubblico, garantiscono l'integrità delle sue frontiere •.

Dal testo del trattato italo-romeno esistente presso questa R. Cancelleria non risulta affatto l'esistenza di clausole segrete, cui sembra accennare il giornale del Generale Averescu. Tuttavia, sarò grato a V. E. se vorrà precisarmi, per mia opportuna norma, in quale conto debbano essere tenute le dichiarazioni del giornale suddetto (2).

(l) -T. 1925/78 del 2 aprile, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 295.
242

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, E ALL'AMBASCIATORE MOSCA, CERRUTI

T. 1701/74. Roma, 11 aprile 1928, ore 19.

(Per Colonie). Mio telegramma a mano n. 1590 del 3 corrente (1). Il R. ministro al Cairo in data 9 corrente ha telegrafato quanto segue:

• (come nel telegramma in arrivo n. 2035/114 di collezione) » (2ì. Ho pertanto diretto al R. ambasciatore a Mosca il seguente telegramma: (Per tutti). Telegramma di V. E. n. 46 (3). R. Console Gedda telegrafa che

Ahmed Sceriff in procinto partire per Mecca ha ricevuto lettera dalla Cirenaica reclamante sua presenza colà. Ahmed Sceriff titubante per difficoltà finanziarie attende aiuti dal console generale dei sovieti a Gedda V. E. comprenderà come noi non pos.9iamo lasciare senza protesta questo aperto atteggiamento Governo Mosca in favore di un ribelle cui eventuale ritorno in Cirenaica non potrebbe essere considerato senza preoccupazioni per l'inevitabile rafforzamento che ne verrebbe alla ribellione senussita oggi che questa per energica nostra azione a fondo comincia a dare indubbi segni di stanchezza. V. E. vorrà quindi a11~ora una volta richiamare in forma cortese ma energica tutta attenzione codesto Governo sul fatto che tali mene ai nostri danni non possono da noi essere considerate che come una prova di inimicizia, tali da produrre conseguenze dannose pe1· i buoni rapporti fra i due paesi. Ella vorrà far presente opportunità che ordini solleciti e categorici siano impartiti rappresentante sovieti a Gedda di astenersi dal prestare qualsiasi appoggio ex-senusso, chiedendo in proposito esplicite assicurazioni. Rimango in attesa sue urgenti comunicazioni.

243

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, E AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 1699. Roma, 11 ap1·ile 1928, m·e 20.

Nel corso delle conversazioni che ho avuto a Milano con Tewfik Roussdi bey

e con Michalacopoulos, date le difficoltà incontrate da parte greca e turca per

una stipulazione del progettato patto a tre, prima che i Governi di Angora e di

Atene abbiano definitivamente liquidate le loro pendenze, sono state prese delle

intese che preciso ora come segue:

l) firma simultanea a Roma di due patti di neutralità, conciliazione e rego

lamento giudiziario fra Italia e Grecia e fra Italia e Turchia.

121 Non si pubblica in quanto qui riassunto.

2) firma parimenti simultanea di due protocolli identici, ciascuno dei quali dovrà far parte integrante del rispettivo trattato principale, nei quali separatamente tanto il Governo greco che quello turco si impegnano a concludere fra loro nel più breve termine possibile un trattato identico a quello che stipulano coll'Italia ed a questo scopo si impegnano conseguentemente a definire entro tre mesi le loro controversie per via di conversazioni amichevoli e se necessario per via di arbitrato.

Nei protocolli è detto che d'altra parte nel caso in cui Grecia e Turchia si rifiutassero di ottemperare a questi loro impegni, il Governo italiano ha facoltà di denunciare il trattato concluso con la parte per fatto della quale l'impegno non viene mantenuto.

Le invio per corriere testo dei documenti progettati.

Siamo rimasti intesi a Milano tanto con Tewfik Roussdi bey che con Michalacopoulos che mi avrebbero fatto conoscere telegraficamente le loro definitive intenzioni circa la firma non appena avessero potuto consultare i rispettivi colleghi di gabinetto. Intanto prego V. E. attendere mie eventuali istruzioni prima di fare qualsiasi azione al riguardo.

(l) -Ritrasmissione di notizie su Ahmed Sceriff. (3) -Cfr. n. 37.
244

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. l. Ron1-a, 11 aprile 1928.

Prima di lasciar Sofia, ho avuto -il 27 e il 28 Marzo u. s. -due colloqui col signor Tomalewsky, reduce dalla sua permanenza in Italia. Riassumo qui brevemente i due colloqui nelle loro parti essenziali.

1o colloquio.

I. -Tomalewsky giudica la situazione dell'Italia in Albania meno brillante che nel recente passato. L'influenza serba in questi ultimi tempi è molto aumentata, grazie alla propaganda e a largo impegno di danaro. Un Segretario di Ahmed Zogu, gran partigiano dell'Italia, ha dovuto rinunciare alle sue funzioni. Ahmed Zogu tratta ora i bulgaro-macedoni peggio di prima, e ciò si ritiene avvenga per desiderio e per ordine dei Serbi. Malgrado i passi dell'Italia, nulla Ahmed Zogu ha fatto sinora a favore dei bulgari espulsi che si desiderava potessero tornare in Albania. Inoltre è stato espulso dall'Albania, o sta per esserlo, il bulgaro Da·· nowski, corrispondente del Lavoro d'Italia; amico dell'Italia, dove ha soggiornato 10 anni; esperto degli affari albanesi; non appartenente alla organizzazione macedone. Secondo il Tomalewsky, l'espulsione del Danowski è dovuta a pressioni di Belgrado.

Ahmed Zogu-prosegue T. -ha compiuto un tradimento • con~egnando, ai Serbi la lettera di Traikoff. La O.R.M.I. ha una lista di accuse contro A. Z. specialmente per ciò che egli ha fatto nell'interesse dei Serbi: ma la O.R.lVI.I. • pur potendo disporre come vuole e quando vuole della testa di Zogu , -non farà nulla, dati i rapporti itala-albanesi, e per evitare complicazioni e pericolose conseguenze. Ma poichè, come è stato ripetutamente affermato a Roma al T., A. Z. è • in mano degli Italiani •, perchè egli non concede almeno queste piccole cose (bagattelles) come: lasciare in pace i Bulgaro-Macedoni che si trovano in Albania, far rientrare gli espulsi, ecc.?

Finora, osserva T., a proposito dei rapporti tra Albania e Macedoni molto si è parlato, ma poco si è fatto.

II. -T. mi ha chiesto a che punto fossero i rapporti itala-jugoslavi: • Cosa di grandissimo valore per i Ma,cedoni •. Ho risposto evasivamente, dicendo di non esserne specialmente informato. Ho soggiunto essere mia impressione che il raggiungimento di un accordo sincero e duraturo non potrà attenersi senza serie difficoltà. Ciò, sia per non allarmarlo, sia per non dargli la sensazione ch'io volessi essere con lui reticente.

A questo punto T. mi dice che crede di dover mettere in guardia il R. Governo contro gli • incredibili • intrighi anti-italiani dei Serbi, relativamente alla questione macedone: • il governo italiano stia sicum, di fronte a qualsiasi intrigo serbo, che mai i Macedoni tradiranno il segreto •.

III. -Massoneria. T. (che mi dichiara essere stato interpellato sull'argomento da S. E. l'On. Grandi) afferma che nella Massoneria vi sono dei Macedoni -perchè • essi sono dappertutto ". Ma i Macedoni massoni sono nettamente antiserbi. Quanto ai Massoni bulgari, sono anch'essi nella grande maggioranza buoni patrioti e contrari ai Serbi, anche se ve ne siano di ostili all'Italia fascista.

IV. -Una corrente francofila (per tradizione, per cultura, per la propaganda, ecc.) esiste senza dubbio in Bulgaria e anche un po' nelle file macedoni, a malgrado che il Comitato della O.R.M.I. tenga tutti con una « affreuse centralisation ". Un motivo che in certi ambienti favorisce ora tale corrente, è la costatazione che il T., benchè sia stato 4 volte in Italia, e due volte sia stato in rapporti col Governo italiano, non abbia potuto ottenere soddisfazione neanche per le • piccole cose • chieste a riguardo dei rapporti macedoni-albanesi.

Le recenti manifestazioni parigine pro Macedonia non hanno-secondo T.il valore di manife~>'tazioni di politica francese. Justin Godard è un idealista, un filo-macedone e filo-albanese, un anti-serbo deciso. È lui che attira intorno a sè, e alla causa che sostiene, gli altri elementi che ora si occupano della questione macedone.

Ma -afferma T. -la O.R.M.I. nulla ha oggi a che vedere con la Francia, nessun rapporto ha con essa.

V. -T. torna a quello che mi è sembrato essere il punto per lui più essenziale della nostra conversazione: la necessità • d'arriver à quelque chose de positif ". E T. enumera le richieste da lui esposte a Roma e precisate in una lista da lui consegnata al Comm. Lojacono. Tali richieste -il cui accoglimento T. raccomanda di nuovo vivamente a V. E. -riguardano, come è noto, l'Albania: dove, (afferma T.) i federalisti anti-maceàoni, al seTvizio dei SeTbi, godono piena libertà.

(Ho avuto l'impressione, durante il colloquio, che T., oltre ad espormi le ragioni obiettive che militano a favore dell'accoglimento delle richieste della O.R.M.I., fosse anche preoccupato, subiettivamente, del fatto di non aver

potuto portare da Roma, ai compagni del Comitato, la notizia dell'accoglimento già avvenuto ed effettuato delle richieste stesse).

VI. -T. mi ripete di nuovo i principi essenziali del movimento macedone. Esso ha esistito, esiste ed esisterà anche senza nessun appoggio estero. Il Comitato supremo della O.R.M.I. è venuto verso l'Italia con cuore aperto, per solidarietà di sentimenti e di interessi. Ma è bene non cadere nell'illusione che la O.R.M.I. lavori per la Bulgaria (cfr. mio rapporto segreto per V. E. n. 88, Sofia, 5 Febbraio 1923, pag. 5, § II): la O.R.M.I. lavora per la Macedonia. • La Bulgarie viendra ensuite , .

Questa tesi dev'essere tenuta presente dall'Italia.

2° colloquio.

I. -Francia e Macedoni. T. torna sull'a1·gomento già trattato nel colloquio precedente, e dice che l'Italia non deve stupirsi se quaLche macedone è in rapporti con la Francia. • Così come l'Italia ha rapporti con i suoi avversari (Serbi) perchè è necessario ed utile che li abbia, così i Macedoni hanno qualche rapporto con i FTancesi. Il Comitato, pur non figurando direttamente, ne è al corrente: esso deve far la sua politica, in cui è parte importante conoscere lo spirito e le intenzioni delle varie Nazioni •.

T. mi informa di aver veduto recentemente a Sofia il Signor Pernod, della Revue des Deux Mondes, e di avergli parlato assai chiaro nei riguardi della responsabilità che la Francia si assume nei Balcani con la sua politica di sostegno del predominio jugoslavo. T. sa che le sue parole saranno riferite a Poincaré e a René Pinon.

II. -T. mi avverte che la Francia e la Serbia hanno sparso la notizia -via BerLino -che l'Italia, d'accordo con Albania e Grecia, ha stabilito il principio del • partage • della Macedonia oggi serba, a favore dell'Albania e, in minor parte, della Bulgaria. • E allora -dicono francesi e serbi -perchè voi Macedoni vi orientate verso l'Italia, che -come ha sempre fatto -vi tradirà e vi sacrificherà quando ciò tornerà utile ai suoi interessi? •.

I circoli macedoni sono rimasti -secondo T. -molto impressionati di questa • notizia •, nella quale hanno voluto trovare una spiegazione del mancato accoglimento da parte dell'Albania delle modeste richieste macedoni, avanzate a mezzo dell'Italia.

(Ciò T. comunica per opportuna notizia del R. Governo, e non perchè naturalmente -la cosa sia stata presa in alcuna considerazione dai Dirigenti del movimento Macedone).

III. -Chiedo informazioni a T. circa la preparazione che il Comitato starebbe facendo in Bulgaria, e di cui tratta il rapporto del R. Console a Monastir, comunicato alla R. Legazione in Sofia con telespresso ministeriale N. 211790/C, del 2 Marzo u. s. T. mi dice che il contenuto di detto rapporto è inesatto: nessun reclutamento, nessuna • estrazione a sorte •, nessun nuovo metodo di giura

mento ecc.

T. mi conferma la teoria della O.R.M.I. sugli attentati (cfr. mio rapporto 88 su citato), ma mi dichiara che la O.R.M.I. non prepara per ora nessuna azione in grande stile. Per l'attuale primavera, di cui tanto si parla, nulla si è deciso

di diverso dal solito.

14 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

IV. -Macedoni e CToati. T. esprime l'idea che sarebbe opportuno ed utile che l'Italia trovasse modo di entrare in rapporti col partito croato separatista di Trumbitch, e specialmente con la • Stranka Prava • -alla quale (secondo quel che risulta a T.) starebbero per aderire alcuni deputati del gruppo Radich, malcontenti di lui.

Tomalewsky mi consegna infine i due fogli qui allegati (1), scritti di suo pugno:

-il primo riguarda l'azione dell'Inghilterra in Albania;

-il secondo contiene informazioni sul • piano serbo » contro l'Italia, che

il T. asserisce essergli pervenute da fonte ottima.

245

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2092/306. Belgmdo, 12 apTile 1928, oTe 15,50 (pe1'. ore 18,45).

La stampa jugoslava ha seguito con molto interesse gli incontri che V. E. ha avuto a Milano col ministro degli affari esteri di Turchia e col ministro affari esteri di Grecia, non nascondendo il suo malumore per l'attività politica dell'Italia con i paesi del vicino Oriente. In generale questa stampa si è ispirata nei suoi commenti ai giornali di sinistra francesi, come del resto è oramai sua costante abitudine. Per la Turchia ha quasi all'unisono ripetuto che detto stato deve guardarsi dall'Italia, le cui mire sull'Anatolia sono di vecchia data; per la Grecia ha cercato di dimostrare come l'Italia miri a servir,si di essa come ponte di passaggio per le sue conquiste in Oriente, fra le quali qualche giornale ha posto pure Costantinopoli.

Non è mancato qualche accenno alla possibilità che gli incontri di Milano preludano ad una stretta intesa fra Grecia e Turchia auspice l'Italia, e mi risulta che in questi circoli politici tale eventualità viene considerata con molta serietà e malcelata nervosità. È notorio infatti che i rapporti fra Grecia e Jugoslavia seguitano ad essere improntati a malcelata freddezza. Nè migliori sono i rapporti tra Turchia e Jugoslavia. Il ritardo nell'inviare qui un ministro di Turchia è attribuito, in questi circoli governativi al malumore destato nel Governo turco dalla mancata liquidazione della questione del sequestro dei latifondi turchi, di cui questa R. legazione riferì col suo telegramma per corriere n. 2275/435 del 10 marzo scorso.

Ma la preoccupazione maggiore di questi ambienti politici (manifestatasi dopo il patto greco-romeno, e divenuta ora quasi ossessione dopo i colloqui di Milano) è prodotta dal timore che sempre sotto la spinta italiana, possa giungersi ad una intesa greco-bulgara, che completata da una probabile intesa greco-turca e da quella già bene avviata bulgaro-romena, verrebbe a completare quel cerchio

intorno alla Jugoslavia che sarebbe stato iniziato con i patti di Tirana e coll'amicizia tra Ungheria ed Italia.

Per dare una prova della preoccupazione con cui viene riguardata l'attuale attività estera italiana, aggiungerò che perfino il viaggio del signor Zalewski a Roma ha destato qui molta agitazione, e la stampa se ne è fatta eco, pubblicando fantastiche notizie su di una intesa di tutti i Governi a sistema antidemocratico che si starebbe combinando a Roma ed a cui parteciperebbe anche il Governo polacco ed aggiungendovi commenti amari e scioccamente sarcastici.

Su tale argomento questo incaricato d'affari di Polonia, mi ha detto che il nervosismo di questi ambienti politici era ed è tale che egli ha creduto di calmare la stampa e l'opinione pubblica facendo pubblicare da un giornale, come ricevuta da Varsavia, la notizia che Zalewski si recava a Roma solamente per intrattenersi con V. E., essendo che, dopo aver parlato con gli altri ministri degli esteri a Ginevra, sentiva il bisogno di avere uno scambio di idee col capo del Governo italiano sugli importanti problemi che interessano la Polonia.

(l) Mancano.

246

L'INCARICATO D'AFFARI A SOFIA, RONCALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2098/89. Sofia, 12 aprile 1928, ore 20 (per. ore 23,30).

Buroff che ho visto stamane mi ha detto che nel corso della conversazione da lui avuta con Tewfik pascià all'atto del suo passaggio da Sofia, questi gli ha parlato dell'incontro avuto a Milano con V. E. Buroff ha aggiunto in via confidenziale (anche perchè non ne aveva ancora fatto parola con questo ministro di Turchia) che Tewfik pascià gli ha mostrato il testo del progetto di patto di amicizia italo-turca. Buroff mi ha dichiarato, pregandomi di informarne V. E., che non soltanto Governo bulgaro vede con soddisfazione questa prova della fine di un periodo sospetti e diffidenze che la Turchia ha avuto nei riguardi dell'Italia come d'altri paesi, ma che anzi allo scopo di consolidare ottime relazioni esistenti saranno iniziate al più presto (probabilmente dopo feste Pasqua ortodossa) trattative tra Sofia e Angora, per un patto di arbitrato, già previsto del resto dall'accordo turco-bulgaro del 18 ottobre 1925: basi di tale patto arbitrato sarebbero quelle del progetto italo-turco. Buroff ha aggiunto essere assai desiderabile da parte Bulgaria che anche Grecia si metta su tale via nei riguardi Turchia specialmente per togliere a Jugoslavia persuasione che sua protezione sia per la Grecia stessa una necessità (1).

sviluppi azione italiana •·

(l) Cfr. la seguente minuta di telegramma, in margine alla quale Mussolini ha annotato • Sospeso. Chiamare Radeff •: c Comunichi presidente consiglio che nelle conversazioni attualmente in corso fra Italia, Turchia e Grecia io tengo presente anche situazione bulgara. Prego quindi Governo bulgaro astenersi da qualsiasi iniziativa et attendere fiduciosamente

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APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI POLACCO, ZALESKI

[Roma], 13 aprile 1928, [ore 17].

ZALEWSKI -Prima di esporvi alcune considerazioni sulla situazione politica, secondo il punto di vista polacco, sono incaricato dal Maresciallo Pilsuldsky di rimettervi la più alta decorazione militare polacca, poichè della più alta civile siete già insignito. Una grande Potenza è quella che ha degli interessi

• illimitati », interessi, cioè, in tutte le parti del mondo. Tale è l'Italia. Tale non è la Polonia, ma la posizione di questa in Europa, le conferisc'e una speciale importanza. È quindi logico che la Polonia esponga all'Italia, alcuni punti di vista d'ordine politico. Le relazioni colla Russia, sono mediocri. Hanno avuto da otto anni degli alti e dei bassi. La Russia è, ora in una fase politica antieuropea. L'ideale bolscevico è la rivoluzione mondiale. La Polonia non fa una politica di ostilità verso la Russia, ma è vigilante. La Lituania è un piccolo paese di due milioni di abitanti, governata da politicanti incapaci, ostinati ed ignari delle più rudimentali norme diplomatiche. La Polonia non ha mire imperialistiche sulla Lituania, poichè non intende, fra l'altro, di aggiungere un'altra minoranza nazionale alle preesistenti. Vilna è una città polacca, con molti ebrei e con pochissimi lituani. La Lituania si fa delle illusioni su eventuali solidarietà russe o tedesche. La Polonia spera con molta calma, pazienza e moderazione di arrivare ad un accordo colla Lituania.

Colla Germania i rapporti non sono peggiorati. Stresemann comprende che non può sollevare la questione del corridoio, popolato il 95 % da polacchi. Del resto, il Governo polacco si sforza di fare tutto quanto è possibile per migliorare il traffico attraverso il corridoio. Coll'Inghilterra le relazioni sono ottime, così pure quelle cogli Stati Uniti. Ci sono due Potenze con le quali la Polonia ha speciali rapporti politici, e cioè un'alleanza difensiva colla Romania contro la Russia; un'alleanza difensiva colla Francia contro la Germania. La Romania attraversa una forte crisi interna; la Francia non ci sostiene sempre con premura. È solo, ad esempio, con una campagna dei giornali conservatori di Parigi, che la Polonia riuscì a • raddrizzare » il contegno della Francia per quanto concerneva l'affare delle fortificazioni tedesche.

MUSSOLINI -Quali sono i vostri rapporti colla Piccola Intesa?

ZALEWSKI -Della Romania vi ho già parlato. Colla Ceco-Slovacchia i rapporti sono freddi; colla Jugoslavia, inesistenti, si può dire perchè la Polonia non ha che un chargé d'affaires a Belgrado. Gli S.H.S. sono un popolo abbastanza isterico.

MUSSOLINI -V'è un altro paese nella zona di cui ci occupiamo che inte· ressa voi e l'Italia: l'Ungheria.

ZALEWSKI -Coll'Ungheria siamo legati da rapporti antichi e sentiti di amicizia. Specialmente il Maresciallo Pilsuldsky è bene orientato verso l'Ungheria. Ciò non manca di allarmare i nostri alleati romeni, che hanno, a cominciare da Titulescu dei nervi impossibili. Occorre però che le rivendicazioni magiare non siano gridate con tanto • éclat •. A Budapest si dovrebbe adottare il motto

• Pensarci sempre e non parlarne mai •. Comunque la Polonia vedrebbe molto volentieri un riavvicinamento magiaro-romeno. Lo ritiene possibile, ma a piccole tappe e non in un avvenire immediato.

Io ho esposto allo Z. il punto di vista dell'Italia nella politica sud-europea, con speciale riflesso alla situazione magiaro-romena. Dal colloquio è emerso che vi può essere una identità di azione politica italo-polacca in queste direzioni:

a) nel determinare un riavvicinamento magiaro-romeno che solo renderebbe efficiente per la Polonia l'alleanza colla Romania;

b) nell'opporsi all'Anschluss, che aumentando la massa tedesca aumenterebbe la forza della Germania e potrebbe ricondurre la stessa Ungheria nella sfera tedesca;

c) nel provocare un fronte unico dei paesi baltici, più la Finlandia, da tenersi in contatto colla Polonia; d) nella utilità di togliere la Turchia dalla sfera di influenza della Russia. Lo Z. è stato particolarmente aggressivo nei suoi giudizi sugli slavi di Praga e di Belgrado e molto simpatico nel parlare degli ungheresi e dei turchi (1).

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. 1751/273. Roma, 13 aprile 1928, ore 24.

La recente intensificata attività politica del R. Governo nel Mediterraneo orientale e la mia personale azione diretta al riavvicinamento greco-turco sotto gli auspici dell'Italia ed allo scopo di stabilizzare la situazione in quel settore neutralizzando le influenze a noi contrarie, hanno destato molta sensazione in Europa ma specialmente sembrano aver preoccupato gli ambienti politici e l'opinione pubblica ir.. Francia, sia per la loro peculiare suscettibilità e sia per il sospetto con cui si guarda tuttora da Parigi alla politica italiana. Mi sembra opportuno perciò che da parte nostra si agisca in modo da evitare nettamente che costì si abbia l'impressione che l'attività politica italiana sia in questo momento rivolta unicamente al settore greco-turco e distratta dalla continuazione delle iniziate conversazioni con la Francia, e tanto meno che si attribuisca a tale inesistente diversione un qualsiasi secondo fine. E poichè l'ambasciatore Beaumarchais trovasi in questo momento a Parigi ed ha preso certo contatto col signor Berthelot che ne dirige le mosse, trovo utile per noi di farci parte diligente affinchè le anzidette conversazioni non subiscano interruzioni.

V. E. vorrà quindi esporre tali considerazioni a codesto Governo e mettersi in relazione col Quai d'Orsay e il Beaumarchais per portare il negoziato ad una rapida conclusione. Quest'ultimo, scartata la questione di Tangeri (che non può certo farne parte, e la cui soluzione che mi auguro soddisfacente non può essere

considerata come una concessione francese) si riduce ora essenzialmente a quattro punti:

l) Rinnovo delle convenzioni del '96 circa Tunisi per un periodo corrispondente a quello che verrà fissato per la prima scadenza del patto di amicizia itala-francese, cioè presumibilmente cinque anni.

2) Delimitazione dei confini meridionali ed occidentali della Libia. 3) Assicurazione francese per il riconoscimento delle priorità italiane nel caso di revisione dei mandati. 4) Patto di amicizia itala-francese.

Circa il primo punto V. E. tenga presente che noi non possiamo accettare alcuna delle artificiose soluzioni che ci sono state proposte poichè tutte si risolverebbero nella snazionalizzazione dell'elemento italiano in Tunisia ad una scadenza più o meno lunga e comprometterebbero irrimediabilmente la questione in un avvenire più o meno prossimo. Tutto ben ponderato e considerato, altro rimedio non v'è che la proroga pura e semplice delle convenzioni del '96. Le invio per corriere una dettagliata esposizione di diritto e di fatto che ella vorrà tener presente nel corso delle discussioni.

Circa il secondo punto le invio pure per corriere un memoriale (l) contenente le nostre aspirazioni per il definitivo assetto della nostra colonia libica.

V. E. vedrà che i desiderata italiani vanno da un massimo che in realtà sembra per il momento di assai difficile realizzazione, ad un minimo al di sotto del quale non ci conviene assolutamente scendere anche a costo del fallimento del negoziato. Ella potrà regolarsi nelle sue conversazioni come meglio crederà. A me sembrerebbe opportuno cominciare con le richieste medie per ripiegare al buon momento sulle minime.

Riguardo al punto terzo, una volta che il Governo francese fosse disposto a riconoscere le nostre buone ragioni, non dovrebbe essere difficile trovare una formula di carattere esplicitamente impegnativo; e per quanto concerne il punto quarto vi sono fin troppi modelli di patti del genere.

Fissate così le linee dell'azione di cui affido lo svolgimento a V. E., resto in attesa delle sue comunicazioni circa l'accoglienza che sarà fatta costì a questa nuova prova delle leali ed amichevoli intenzioni del Governo italiano dirette a regolare al più presto in modo soddisfacente i nostri rapporti con la Francia.

(l) Annotazione marginale: «Al Ministro Guariglia •. Mussolini e Zalewski ebbero un secondo colloquio che non fu però verbalizzato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) RR. 4102/316. Belgrado, 14 aprile 1928, ore 16 (per. ore 19,30).

Decifri ella stessa. Seguito mio telegramma n. 314 (2). Il testo del telegramma pubblicato giornale Jugoslavia è il seguente: « Numero di protocollo 2581/A.l -Belgrado

14 aprile 1927. R. console Lubiana. Prego V. S. voler studiare, riferendomi cortese sollecitudine, quali siano le possibilità e quali i mezzi per mantenere, allargare e suscitare movimento autonomistico sloveno, e quali in conclusione siano, particolareggiatamente, le vie per attizzare l'odio degli sloveni contro la Serbia prepotente dominatrice per risuscitare le correnti di civiltà occidentale ora sopraffatte dalla inciviltà balcanica serba e per disgregare le tre parti connesse dello stato serbo, croato, sloveno. Il suo studio dovrà contenere proposte concrete per l'azione da svolgersi in tutti i campi, culturale, sentimentale, finanziario ed economico. Bodrero , .

(l) -Cfr. n. 208. (2) -T. (p. r.) 4077/314 del 14 aprile. con notizie sulla pubblicazione del telegramma di Bodrero al console a Lubiana. « Il documento stesso fu già del mese di maggio u. s. mostrato da S. M. il Re Alessandro al giornalista americano Armstrc.ng, il quale ne parlò a questo ministro d'America Prince , • che ne parlò a Bodrero.
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L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2164/162. Mosca, 14 ap1"ile 1928, o1"e 20,25 (per. ore 2,30 del 15).

Telegramma di V. E. 1701/74 (1).

Cicerin mi ha ricevuto scorsa notte e gli parlai in forma cortese ma energica nel senso istruzioni di V. E. Egli mi disse che riteneva nostre informazioni da Gedda per lo meno esagerate. Non aveva presente corrispondenza di quel console soviettico, ma riteneva possibile che fra i vari capi arabi che a lui si rivolgevano per consigli vi fosse pure Ahmed Sceriff. Poteva però assicurare due cose: l) che non gli era stata mai data alcuna somma, 2) che non corrispondeva alle intenzioni dell'Unione Soviettica creare difficoltà all'Italia nelle sue colonie. Egli credeva quindi che noi avessimo attribuito significato non corrispondente realtà, alle relazioni di Ahmed Sceriff con il console soviettico, probabilmente ad istigazione degli inglesi contro i quali non negò che Unione Soviettica cercava sollevare elemento arabo. Gli ho domandato se non escludeva pure che denaro fosse o potesse essere dato ad Ahmed Sceriff dagli agenti terza internazionale. Cicerin mi rispose che non scorge per quale ragione terza internazionale, il cui scopo era mantenere legami fra le varie frazioni partito comunista, si interesserebbe a questione religiosa e politica araba. Dopo questa risposta evasiva avendo insistito per ottenere assicurazioni esplicite Cicerin, mi dichiarò che avrebbe telegrafato console soviettico Gedda ricordandogli che non corrisponde propositi sovietti creare difficoltà coloniali all'Italia ed invitandolo astenersi non solo dal vedere eventualmente Ahmed Sceriff ma dal

l'esprimersi con lui in senso contrario a noi. Quanto ai sussidi mi ha ripetuto che commissariato affari esteri Mosca, non aveva mai mandato denaro a Gedda per Ahmed Sceriff.

(l) Cfr. n. 242.

251

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. 1773/91. Roma, 15 aprile 1928, ore 12,30.

Suo telegramma n. lll1 (1).

V. S. potrà rispondere riservatamente a Walko che essendo in corso note conversazioni con la Turchia prego di voler rinviare ogni conversazione in materia a conclusioni raggiunte fra Italia e Turchia (2).

252

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(ACS, Segreteria Particolare del Duce, Carteggio Riservato; ed. parzialmente in F. MARGIOTTA BROGLIO, p. 167)

Roma, 16 aprile 1928.

Chiamare il firmatario dell'acclusa (3) Padre Tacchi-Venturi e significargli

a) che il nuovo decreto-legge si riferisce a quelle organizzazioni giovanili a inquadramento semi-militare che sono in antitesi ai Balilla e precisamente ai Boy-Scouts esploratori cattolici. Cioè a quelle formazioni che la precedente legge aveva tollerato evidentemente in via transattiva e transitoria;

b) che è augurabile che il documento pontificio sia una semplice lettera, di tono moderato e ciò anche e soprattutto nell'interesse delìa Chiesa (4).

253

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. 1803/28. Roma, 17 aprile 1928, ore 15.

Telegramma questo ministero n. 1518 (5).

R. ambasciatore a Parigi telegrafa che Governo francese ha autorizzato suo rappresentante costì unirsi colleghi italiano e britannico per rimettere ras Tafari nota conforme memorandum codesto ministro Inghilterra. Prego quindi

V. E. uni:rsi passo collettivo.

Sui rapporti con la S. Sede cfr. i documenti ed. in C. A. BrGGINI, Storia inedita della Conciliazione, Milano, 1942; in F. PACELLI, op. cit. Cfr. inoltre due relazioni di Barone, una del 12 aprile 1928 per Mussc,Jini, un'altra dell'agosto dello stesso anno per il Re e per Mussolini, ed. in F. FoNzr, Documenti per !a storia dei Patti Lateranensi. Due relazioni di Domenico Barone de! 1928, in «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», luglio-dic. 1965, pp. 413-435; e il doc. ed. in MARGIOTTA BROGLIO, Op. cit., pp. 514-520.

(l) -Cfr. n. 235. (2) -Cfr. quanto comunicò più tardi Orsini Baroni con t. 3055, Angora 19 maggio: « Questo ministro d'Ungheria, che aveva domandato al suo Governo autorizzazione firmare patto di non aggressione, amicizia con la Turchia, già pronto da tempo, ha avuto istruzioni limitarsi osservare, indagare su negoziati in corso fra l'Italia e la Turchia e Grecia e riferire ».

(3) Manca. Ma si riferisce, con ogni probabilità, al testo ed. in F. PACELLI, Diario della Conciliazione, Città del Vaticano,. 1959, p. 89, nota l.

(4) Annotazione marginale: «Provveduto dalla Presidenza e restituito il 24/5/28-VI ».

(5) Del 28 marzo, che non si pubblica.

254

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2218/99. Bucarest, 17 aprile 1928, ore 23,20 (per. ore 1,15 deL 18).

Ministro affari esteri ad interim mi ha detto confidenzialmente avere stamane ricevuto un interessante telegramma dal ministro di Romania a Roma. Ghika riferiva avergli ministro esteri polacco comunicato che V. E. aveva fatto ben comprendere a Bethlen di non essere in genere favorevole revisione trattato di Trianon e che tale di lei atteggiamento diveniva poi rigidissimo per quanto concerne frontiera Transilvania, circa la quale non avrebbe mai ammesso variazioni di sorta. Telegramma di Ghika aggiungeva infine che Bethlen si sarebbe mostrato rassegnato alle dichiarazioni di V. E.

255

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI

T. 1831/164. Roma, 18 aprile 1928, ore 24.

Suoi telegrammi nn. 314 e 316 (1).

La S. V. non mi segnala ripercussioni costà avute da pubblicazione del documento. Sta in fatto che gli stessi termini nei quali esso è redatto ed il fatto che simili istruzioni vengano date per iscritto debbono far dubitare costà dell'autenticità della rivelazione. Ad ogni modo, qualora la S. V. in base ad apprezzamento delle circostanze locali lo ritenga conveniente, la autorizzo a far diramare per mezzo agenzia Avala un opportuno comunicato. Quanto all'azione complementare da esplicare presso codesto ministero degli esteri, la prego di precisarmi la sua idea. Naturalmente è il caso che ella provveda affinchè siano distrutti sia presso codesta legazione che presso consolato Zagabria documenti che potessero dare ulteriormente alimento a riprese di questa incresciosa cam

pagna.

256

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2248/325. Belgrado, 18 aprile 1928, ore 21,30 (per. ore 2 del 19).

Informo ad ogni buon fine che alcuni giornalisti hanno riferito a questo addetto stampa che si parla molto qui di un accordo che sarebbe per intervenire fra Michalacopoulos e Marinkovich al fine di regolare tutte le questioni pendenti fra Jugoslavia e Grecia. Non mi è stato ancora possibile controllare tale notizia.

(l) Cfr. n. 249.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2261/322/323. Belgrado, 18 aprile 1928, ore 1,40 (per. ore 3 del 19).

In questi circoli giornalistici si parla molto di una crisi ministeriale che dovrebbe aprirsi il 2'0 corrente per dar luogo ad una larga coalizione nella quale, sotto presidenza di Marinkovich entrerebbero oltre i radicali ed i democratici, anche Stefano Radich e Pribicevich. Tali voci sono avvalorate dalle dichiarazioni favorevoli Marinkovich, fatte da Radich nell'intervista concessa ad un giornale di Zagabria del 14 corrente e riferite da quel R. console con telespresso stesso giorno n. 1414, diretto anche a codesto ministero esteri. Ritengo che tutta la politica interna di questo paese nell'immediato avvenire sarà dominata dal proposito di ottenere il grande prestito a Londra e che quindi sia anche possibile l'avvento di un Gabinetto di larga concentrazione col compito principale di condurre in porto il prestito e tutte quelle altre provvidenze che i banchieri anglo-americani avrebbero messo come condizioni, quali la stabilizzazione del dinaro e molto probabilmente anche l'approvazione delle convenzioni di Nettuno.

Non sarebbe altrimenti possibile vincere l'opposizione accanita di Radich e Pribicevich al prestito ed alle questioni ad esso connesse, se non facendoli entrare nel Governo. Ciò appare tanto più chiaro dopo il tentativo fatto dal Governo di Vukicevich di avere adesione dei circoli finanziari ed economici croati col noto convegno di Zagabria del 9 corrente, che, come osserva R. console generale di Zagabria nel suo telegramma per posta del 14 corrente n. 1459 si risolse in un vero insuccesso. Il che è andato a tutto vantaggio di Radich, specialmente dopo proclamato non potersi parlare di prestito senza la presenza al Governo sua e di Pribicevich.

Nè va dimenticato che un prestito di tale entità rappresenta una grossa cifra di percentuali (lo stesso Radich ha parlato di oltre 300 milioni dinari) da dividersi fra i ministri e che quindi tutti i partiti politici e tutti i caporioni vogliono trovarsi presenti al Governo per avere la loro parte di torta, salvo a dilaniarsi con più accanimento dopo.

Dietro tutto altissimo travaglio politico di uomini e di partiti, stanno i militari, inflessibili nella determinazione che il prestito sia fatto ad ogni costo, dovendo esso prevalentemente servire a scopi militari mascherati sotto il nome ufficiale di lavori pubblici redditizi. Ne è prova il comunicato del ministero comunicazioni, pubblicato giorni or sono, nel quale vengono esposte le modificazioni circa gli investimenti della prima tranche del prestito stesso di 13 miliardi dinari. Dette cifre dicono che fra costruzione linee ferroviarie nuove (due miliardi e mezzo), riadattamento delle ferrovie già esistenti (circa un miliardo), navigazione e porti fluviali e marittimi verranno assorbiti circa 5 miliardi dinari, e questo subito, come lo prova il fatto che il doppio binario da Belgrado a Zagabria e quindi alla nostra frontiera è già in costruzione da due mesi e viene spinto avanti con grande energia, pur senza disporre dei fondi occorrenti che il prestito dovrà dare. Dei predetti 13 miliardi circa 3 sarebbero inoltre assorbiti dai ministeri dell'agricoltura e dei lavori pubblici, mentre per ora nessuna indicazione è data circa la residuale somma di 5 miliardi dinari. Ma è facile intuire che buona parte di detto residuo andrà a coprire i deficit dei bilanci 1926-27, 1927-28 e di quello attuale, mentre ultimissimo residuo sarà certamente assorbito sotto mentite spoglie da altre spese militari (pagamento di debiti per forniture).

E siccome anche deficit predetti furono fatti per coprire spese militari compiute negli ultimi due anni, si può con molta approssimazione concludere che la prima tranche del prestito che i banchieri anglo-americani, con alla testa gli ebrei Loeb, Koen e Schifi, spalleggiatori di Wilson contro l'Italia e finanziatori di Trotsky, consenziente la Banca d'Inghilterra, stanno per concedere a questo paese nella non lieve somma di circa 4 miliardi e mezzo di lire italiane, sarà devoluta a spese ferroviarie e marittime con carattere prevalentemente strategico ed a spese prettamente militari mascherate in vari modi; il che mi sembra molto grave, tanto più se messo in relazione con i precedenti di questo paese ed in particolar modo dei generali dominanti la cui tendenza a pescare nel torbido è ben nota a V. E. Da mille sintomi si riporta la sensazione che essi intendano gettare sulla bilancia militare tutte le risorse di questo disgraziato paese (senza curarsi dei pesi enormi che deriveranno da un prestito fatto senza dubbio a condizioni onerose) contando su prossimi avvenimenti di carattere internazionale che tirino loro ed il popolo serbo (che è quello che per essi conta) dall'imbarazzo. È la solita torbida mentalità balcanica che prevale, resa più audace e pericolosa dalla buona riuscita del colpo del 1914. Aggiungerò infine che, sullo sfondo militare sembra inquadrarsi a meraviglia la figura del signor Marinkovich, sulla cui tempra prettamente balcanica e faziosa credo fu già sufficientemente riferito in passato; rimarrebbe da esaminare quale scopo si propone il Governo inglese nel permettere che una così grossa somma sia data a questo informe stato, rendendosi così complice del più accanito anti-fascismo (che come fu tante volte detto crede aver trovato in questo paese lo strumento che colpirà il fascismo). Dirò solo che dalla ·conoscenza personale dei rappresentanti inglesi in questo stato (Kennard e colonnello Giles) e di alcuni corrispondenti di grandi giornali di Londra qui saltuariamente inviati, mi risulta essere il Governo e l'opinione pubblica inglese male informati sulla vera mentalità di questi circoli dirigenti ed in particolar modo sulle torbide intenzioni che animano le strapotenti cricche militari di cui re Alessandro è prigioniero.

258

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2258/157. Costantinopoli, 18 aprile 1928, ore 17,40 (per. ore 3,25 del 19).

Parlandomi della controffensiva francese ad Atene, Tewfik Roussdi bey mi ha detto avere Briand nei giorni scorsi fatto venire a sè ministro Politis. In termini assai secchi gli avrebbe manifestato sua meraviglia per il fatto che egli da vario tempo lo lasciava all'oscuro di quello che faceva Governo greco e delle novità. Politis riferendo ciò ad Atene avrebbe sconsigliato proprio ministro esteri dal prendere decisioni e dal seguire direttive politiche che lasciano da parte Governo francese.

259

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2269/159. Angom, 18 ap1·ile 1928, ore 13,50 (per. ore 4,20 del 19).

Tanto Ismet Pascià che ho visto all'inaugurazione Angora Palace ove eravamo tutti invitati, quanto Tewfik Roussdi bey nella conversazione con lui avuta, mi hanno chiesto con evidente impazienza se recassi qualche buona notizia da Roma quella cioè della firma del patto italo-greco. Ho loro risposto mancare io a tale proposito di ogni informazione. Ministro affari esteri ha aggiunto che il silenzio che si è fatto lo preoccupa non solo perchè mancanza firma patto suddetto ritarda accordo definitivo italo-turco per il quale la promessa da V. E. datagli formalmente lo tranquillizza completamente, ma perchè è per lui sintomo del doppio giuoco del gabinetto Atene il quale mentre così ritarda tergiversa o temporeggia, introduce nelle conversazioni con il Governo italiano nuovi elementi, e per non realizzare promessa data sta trattando con Parigi e Belgrado.

Gli ho domandato se avesse prove di questo doppio giuoco di Michalacopoulos. Mi ha risposto: dirette no, indirette parecchie. Tewfik Roussdi bey ha telegrafato ieri a Suad bey per sollecitare decisioni di V. E. in seguito alle quali invierà all'ambasciatore autorizzazione firmare (a Costantinopoli nell'ultima conversazione aveva assicurato di avergliela già data a Milano). Mi ha poi incaricato pregare V. E. di accelerare firma patto italo-turco, troncando giuoco di Atene e rendendo firma patto fra Roma e Angora indipendente da quella tra Angora Atene. Se ella desidera anche accordo reciproco di non propalare notizia. Ma dovendo parlare alla grande assemblea nazionale, in occasione suo bilancio, egli deve trattare dei rapporti italo-turchi. Nei riguardi di questi, suo discorso avrà naturalmente differente intonazione a seconda dell'avvenuta firma o non del patto. Egli mi ha ripetuto più volte sentire che Atene sfugge all'intesa e si affida per ricondurla a ragione all'energia di V. E. sperando che V. E. voglia far evitare che Atene sia la determinante dei rapporti italo-turchi.

260

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. Roma, 18 aprile 1928.

Dai miei colloqui di questi giorni con V. E. e dalla mia conoscenza di uomini e cose in Jugoslavia è dunque risultato esaurito il compito per il quale ero stato inviato a Belgrado.

Credo di non essermi dimostrato immeritevole della fiducia del Duce il quale cinque anni or sono affidò uno dei posti più ardui della diplomazia italiana a me, che ho l'orgoglio di essermi ritenuto designato a quella missione sopra tutto dalla mia fede di vecchio fascista, di Luogotenente Generale della Milizia, e dalla mia devozione a Lei ed al Regime.

Voglio sperare che Ella abbia accertato che la mia azione fu esplicata sempre con fermezza, dignità, energia e sopra tutto con lo sforzo continuo d'interpretare intelligentemente le illuminate direttive del Governo Nazionale.

La benevolenza con cui Ella mi ha sempre sorretto mi fa però ardito a sottoporLe l'opportunità che il mio allontanamento abbia luogo in modo da non poter mai far nè meno lontanamente sospettare nei circoli politici di Belgrado ed altrove, che la giusta decisione di V. E. sia invece motivata od anche solo vagamente ispirata dalle recenti campagne della stampa Jugoslava, come avrebbe forse interesse a far supporre anche qualche ex albertiniano rinunciatario tornato in circolazione.

Abbandono dunque il posto di combattimento in cui ho sostenuto una lunga lotta di cui Ella solo può valutare l'asprezza e l'intensità. La mia disciplina di Fascista dei primi, i risultati che credo aver conseguiti, la confidenza di cui Ella mi ha sempre onorato, mi fanno sicuro che l'opera mia possa essere altrimenti messa a profitto nell'interesse dell'Italia e del Fascismo cui ho consacrato tutta la mia vita.

261

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) PER CORRIERE 4939/366. Angora, 18 aprile 1928 (per. H 1° maggio).

Telegramma di V. E. n. 101 dell'll corrente (1). Ieri ebbe luogo l'aggiudicazione della fornitura di 40 milioni di cartucce presso il ministero della difesa nazionale. Parteciparono alla gara ditte francesi, inglesi, tedesche, belghe, olandesi, svedesi e la • Metallurgica Italiana • rappresentata dal comm. Viotti della

• Siatam • e dal cav. Pomi, direttore della Banca Commerciale Italiana di Costantinopoli. Era a Angora anche l'ing. Orlando. L'offerta italiana fu presa come base della gara e tutti i concorrenti furono invitati a fare i loro ribassi uniformandosi alle condizioni in essa contenute. Dopo viva lotta la fornitura fu aggiudicata alla casa olandese • Neederlandischer » al prezzo di dollari 30,05 per mille cartucce. La • Metallurgica Italiana • si ritirò dopo aver ribassato la propria offerta fino a dollari 32,25 al quale prezzo potè pervenire per le seguenti ragioni:

l) rinunzia da parte della Siatam a qualsiasi rimborso di spese e a qualsiasi commissione;

2) rinunzia di qualsiasi commissione di finanziamento da parte della Banca Commerciale Italiana;

3) riduzione degli interessi per il credito quinquennale del 50 %;

4) rinunzia a qualsiasi anticipo in contanti all'atto dell'ordinazione;

5) riduzione del prezzo inizialmente offerto pari all'8 %.

Come è noto la casa olandese non è che un presta nome di alcune grandi case di munizioni tedesche.

Tanto il comm. Viotti quanto il cav. Pomi sono concordi nel rilevare la cortesia della commissione, la quale con evidenza dimostrò che le sarebbe stato gradito fare l'affare con le case italiane.

Ma la notevole Q.ifferenza di prezzo e le speciali condizioni di credito neutralizzarono nella gara aperta ogni speciale simpatia.

Questa aggiudicazione ha dimostrato una volta di più che senza l'intervento finanziario del Governo a compenso della nostra grande industria negli affari all'estero, questa non si trova in grado di concorrere con gli altri paesi.

(l) T. (p. r.) r. 3560/101: commendatizia per Viotti, rappresentante della SIATAM, che si reca in Turchia per la fornitura delle cartucce.

262

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2252/59. Ginevra, 19 aprile 1928, ore 8,15 (per. ore 9,50).

Il signor Marinkovich, che è attualmente a Vevey, mi ha fatto sapere per il tramite del signor Fotich, delegato permanente jugoslavo presso Società Nazioni, che desiderava parlarmi. Il signor Fotich mi ha chiesto se non mi fosse possibile recarmi in questi giorni a Vevey. Gli ho risposto che esercitando, nell'assenza sir Drummond, le funzioni di segretario generale, non potevo allontanarmi da Ginevra prima fine della settimana. Se pertanto il signor Marinkovich non avesse avuto l'occasione di venire prima di allora in Ginevra, mi sarei recato a visitarlo a Vevey nel pomeriggio di sabato prossimo. Fotich si è riservato di farmi avere una risposta. Sarei grato a V. E. di volermi telegrafare opportune direttive per mia eventuale norma di linguaggio (1).

263

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2263/61/62. Ginevra, 19 aprile 1928, ore 12,45 (per. ore 15,40).

Titulescu, che per ragioni di malattia non si è mosso da qui sino dopo ultima sessione del consiglio, non appena appreso il mio ritorno a Ginevra, mi

ha manifestato il desiderio di vedermi. Sono andato oggi a fargli visita e l'ho trovato in letto essendo, come mi ha subito dichiarato, ancora sofferente per i postumi di una polmonite. Ciò non gli impedisce di dirigere attivamente gli affari del suo dicastero. A giudicare dal suo aspetto e dalla vivacità della sua conversazione, durata oltre un'ora, ho avuto però la netta impressione che si trattasse piuttosto di una malattia di carattere di politica interna.

« Ho piacere di vederla, mi ha detto Titulescu, per conversare un poco coll'on. Mussolini per suo tramite. Faccia sapere a Mussolini che, fin dal primo momento in cui ho letto le sue dichiarazioni a lord Rothermere, non ne fui affatto contrariato, ho anzi subito telegrafato a Bucarest, ancor prima di leggere la interpretazione datane dal Giornale d'Italia, per prevenire qualsiasi erronea impressione e per raccomandare che la stampa romena, a differenza di quanto prevedevo avrebbe fatto la stampa cecoslovacca, si astenesse da inopportuni commenti. Ho spiegato al mio Governo -ha egli continuato che Mussolini, qualunque sia l'interesse dell'Italia in tutte le questioni concernenti l'Europa centrale, ha dovuto scegliere l'Ungheria, che non appartiene alla Piccola Intesa, come il fulcro della sua politica in quel settore, ed è stato spinto a fare delle dichiarazioni, forse un poco eccessive, per contrastare la manovra di Benès, tendente a creare una nuova combinazione danubiana con la partecipazione dell'Ungheria. Il mio Governo si è reso esatto conto di ciò, ma, purtroppo, la stampa, che risente molto del nostro carattere latino e che non sempre segue le direttive ufficiali, si è abbandonata a qualche commento derivante dall'impressionabilità della pubblica opinione.

Purtroppo la massa non può rendersi conto di taluni delicati intrecci politici, che meglio può comprendere un uomo di Governo. Naturalmente non mi è possibile ignorare tali stati d'animo. Questi possono, talvolta, intralciare la mia azione, che pur tuttavia resta conforme a una direttiva politica che non cambia •.

Ho dichiarato a Titulescu che il suo atteggiamento era stato assai saggio. Nulla era più lontano dall'idea di V. E. che di creare imbarazzi alla Romania, la cui amicizia gli stava a cuore quanto quella dell'Ungheria. Tutta la sua azione, di fronte alle conversazioni per gli optanti era stata diretta a conciliare le due parti. Le dichiarazioni di V. E., relative a una eventuale revisione dei trattati, erano assai meno esplicite di quelle fatte precedentemente dal Benès, sebbene non direttamente interessato. Titulescu ne ha subito convenuto e mi ha, anzi, voluto leggere qualche periodo di un suo telegramma, nel quale lamentava l'eccessivo e compromettente linguaggio del Benès, contro la cui politica si è con me lungamente sfogato.

Successivamente Titulescu mi ha letto vari brani di un lungo rapporto da lui mandato al suo Governo, i primi commenti del Temps sulla visita di Zalewski a Roma e sul viaggio di Duca in Italia e ne trae argomento per lamentarsi della politica seguita in questi ultimi tempi dalla Francia verso la Romania che sarebbe stata persino trattata da essa peggio dell'Ungheria.

Evidentemente Titulescu si preoccupa delle ripercussioni che tali commenti possono avere nel suo paese ingenerando il dubbio che il suo orientamento verso l'Italia abbia affievolito l'appoggio della Francia nella questione degli optanti. Il rapporto mandato al suo Governo, nel quale, a quanto ho compreso, spiega o giustifica il programma di politica estera da lui seguito, tende in fondo a dimostrare che pur dovendo in seguito Romania rimanere fedele alla tradizionale amicizia colla Francia, tale amicizia non deve finire per soffocarla, impedendole di mantenere con altri paesi larghi rapporti di amicizia. Il Titulescu ha tenuto a spiegarmi la difficile e talvolta paradossale situazione di politica interna di cui ha dovuto tener conto specialmente per la questione degli optanti. Egli infatti fu oggetto di critiche le più disparate nel suo paese, quando nel settembre scorso aveva ottenuto dal consiglio una decisione a lui favorevole, mentre invece recentemente, i romeni avendo trionfato uno degli scacchi (l) gli erano pervenuti centinaia di telegrammi con manifestazioni di plauso da tutti partiti. Il che mostra con quanta passione le masse specialmente quelle rurali seguono lo sviluppo di tale questione e come gli diano impossibilità di allontanarsi dall'atteggiamento da lui assunto. Titulescu è tornato ancora una volta ad insistere sull'azione che Benès sotto le direttive della Francia cerca di svolgere per giungere ad un accordo con Ungheria in vista di una Locarno danubiana, tenendo completamente all'oscuro colleghi della Piccola Intesa.

« Benès --egli ha esclamato -è uno strumento di Berthelot ». Ho approfittato di tale stato d'animo del Titulescu per esprimergli i miei dubbi circa la possibilità di un accordo tra Praga e Budapest e per insinuargli che egli potrebbe forse più facilmente concludere un accordo coll'Ungheria. Ho aggiunto che sarebbe per la Romania un grave errore cristallizzarsi nella questione degli optanti, perdendo di vista le grandi linee della sua politica estera e sopratutto la necessità di sempre più efficace garanzia per quanto riguarda la questione della Bessarabia. A tale fine era interesse fondamentale della Romania sforzarsi di addivenire ad un patto di amicizia e di non aggressione con l'Ungheria, che non solo con le trattative in corso garantisse la sicurezza sul suo fianco, ma che sarebbe stato un importante elemento integrativo dell'alleanza tra la Romania e la Polonia.

Titulescu mi ha interrotto dichiarando di essere pronto a firmare anche domani un patto di amicizia e di non aggressione con l'Ungheria ma a due condizioni: l) -che non si tocchino le frontiere del suo paese; 2) -che l'Ungheria accetti la liquidazione da lui proposta della questione degli optanti con indennizzo da computarsi in conto riparazioni.

Ho domandato a Titulescu se mi autorizzava a portare ufficialmente a conoscenza di V. E. tali sue disposizioni. Mi ha risposto che mi autorizzava pienamente, confermandomi che se due riserve predette erano accolte, egli non desiderava di meglio che concludere con l'Ungheria un patto di non aggressione e di amicizia.

Prima di congedarmi, ho chiesto al Titulescu cosa vi fosse di vero nelle notizie circolanti sulla stampa della possibilità che egli assuma la presidenza del consiglio dei ministri. Mi ha risposto che egli è stato sollecitato da varie parti ma che avrebbe rifiutato di costituire un gabinetto fino a quando la situazione interna non fosse stata tale da permettergli di dirigere in modo stabile la politica del suo paese.

(l) Annotazione marginale di Mussolini: c Ascoltarlo •.

(l) Questa frase è stata evidentemente mal decifrata.

264

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2356/381. Parigi, 19 aprile 1928 (per. il 23).

Mio telegramma di ieri n. 380/199 (1).

l) Il primo compito affidatomi era di dare al signor Berthelot l'impressione netta che l'attività politica italiana per quanto viva in altri settori non si distraeva dalla continuazione delle iniziate conversazioni colla Francia. L'ho fatto, molto chiaramente, ma in linea conseguenziale: ho creduto miglior tattica il riannodare la mia conversazione odierna a quella spontaneamente tenutami dal signor Br:!rthelot il 3 corrente (mio telegramma per corriere n. 327) (2) dicendo al segretario generale che, avendone riferito a V. E., ella, essendo ora il signor Beaumarchais a Parigi, mi aveva inviato le istruzioni necessarie per poter evitare interruzioni alle conversazioni romane e che lo scopo della mia visita era quello di mettermi in proposito a sua disposizione. E poi ho aggiunto: le attività in altri settori non distraggono Palazzo Chigi dalle conversazioni per gli affari italo-francesi.

2) Il signor Berthelot ha detto che aveva avuto oggi stesso un lungo colloquio col signor Beaumarchais: che poi aveva visto il signor Briand, col risultato che il signor Briand aveva domandato gli fosse sottoposto un progetto di patto d'amicizia italo-francese, e di quattro annessi, uno per Tangeri, (bisogna pur parlarne, ha detto Berthelot), uno per Tunisi, uno per le frontiere libiche, uno per i mandati. Tutto ciò come primo passo procedurale per concretare questioni e soluzioni, in modo che il signor Mussolini potesse -se credeva fare verso metà maggio qualche dichiarazione in senato, ed il signor Briand, al parlamento francese, ed in modo che il signor Beaumarchais tornando verso 1'8 maggio a Roma, vi tornasse con qualcosa di concreto.

3) Poichè le istruzioni di V. E. mi ammettono, e riconoscono l'utilità per noi, di farci diligenti perchè le conversazioni non subiscano interruzioni, ho ripreso a parlare dicendo al signor Berthelot che, comunque, io desideravo di fissargli fin d'ora alcune idee fondamentali di V. E. sui vari punti da lui toccati:

a) patto di amicizia ed arbitrato -Il signor Beaumarchais aveva parlato di un patto largo; V. E. ne conosce vari modelli ed attendeva qualche decisione in proposito.

b) Tunisi -Il signor Beaumarchais aveva parlato di trattamenti a serie per la questione della naturalizzazione degli italiani in Tunisia. Il Governo italiano non poteva accettare nessuna proposta e tanto meno firmare alcun atto, in cui direttamente od indirettamente venisse ad essere consenziente alla snazionalizzazione di suoi amministrati; e ciò per la stessa ragione per la quale non lo avrebbe fatto nè il Governo francese nè alcun altro Governo. Era assolutamente da escludere tale soluzione per pensare ad altra diritta più semplice, quale, ad esempio, la rinnovazione pura e semplice della convenzione del 1896,

15 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

per la stessa durata del futuro patto d'amicizia. La convenzione del 1896 può bastare come base delle relazioni italo-tunisine purchè le due parti siano intese e decise ad applicarla e l'applichino equamente, ed a tale criterio informino l'applicazione delle loro leggi interne. Il signor Berthelot ha mostrato di comprendere questa argomentazione: ha però insistito nel senso che occorre raggiungere una sistemazione anche per la questione della nazionalità, come avviene in America. Al che io ho controsservato che non v'è con alcuno stato d'America esempio di una sanzione internazionale nella questione della snazionalizzazione: mentre la pratica dimostra che tali questioni possono essere sempre evitate

o risolute, quando le parti procedano ragionevolmente e non con l'una che vuoi strappare all'altra i suoi amministrati nè con l'altra che li incateni per reazione.

c) Confine libico --Ho detto che V. E. mi aveva mandato le domande del R. ministero colonie e che queste erano in mio possesso. Berthelot ha mostrato molta curiosità conoscerle. Ho detto che le avevo appena viste; volevo studiarle; potevo però fin d'ora dirgli che nelle nostre autorità coloniali era ben chiara l'idea di arrivare al Ciad, perchè quello è punto geografico centrale del bacino centrale africano a cui si scende naturalmente partendo dalla costa libica. Berthelot ha risposto che i coloniali francesi non vi consentiranno. Discuteremo, ho soggiunto io, quanto al come arrivarci, perchè, ho aggiunto, noi italiani potremo giungervi piuttosto appoggiandoci sulla vostra linea di espansione sahariana del 1899 che estendendoci verso occidente. Forse, ha detto Berthelot, in più tempi ci si potrà arrivare, ma questa sua frase è stata altrettanto dubitativa quanto mi è stata e mi resta oscura.

d) Mandati -Ho espresso qual'era l'idea di V. E. Il signor Berthelot ha detto che egli aveva ristudiato a fondo la questione, precisando che i mandati erano tutte creazioni avvenute prima della Società delle Nazioni: collegate a questa solo pel fatto della loro registrazione alla Società; poi ha parlato dell'Irak, e poi della Siria dicendo che tanto meno potrebbe abbandonarla la Francia che vi ha sacrificato 20.000 soldati e 4 o 5 miliardi; poi ha finito col dire che spera però che si potrà trovare una formula la quale nell'eventualità di nuovo mandato o di un mandato rinunciato riconosca la preferenza all'Italia. Gli ho detto che noi domandiamo un impegno chiaro ed esplicito di preferenza all'Italia.

(l) -T. (p. r.) 4.314/380/199, che non si pubblica: « Conforme istruzioni V. E. ho avuto oggi prima conversazione con Berthelot •. (2) -Cfr. n. 219.
265

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

(Ed. in VEDOVATO, pp. 68-71)

T. 1862/44. Roma, 20 aprile 1928, ore 16,30.

Suoi telegrammi nn. 46 e 47 (1).

Mi rendo conto che il progetto di trattato proposto da Ras Tafari è destinato a riuscire comprensibile alla mentalità abissina, ma anche alla nostra

mentalità non può sfuggire, come credo non sia sfuggito a V. S., che tale trat

tato sotto una abile forma semplicistica contiene delle importanti clausole, le

quali potrebbero avere, se accettate, gravi conseguenze per i nostri interessi.

Non ho nulla da osservare per il preambolo, ma circa l'articolo primo debbo

avvertirla che questa redazione fu da noi accettata nei riguardi dell'Ungheria

soltanto per ragioni contingenti. Essa è alquanto strana perchè stabilisce un'ami

cizia ed una pace teoricamente perpetua, mentre in fatto il trattato ha una

precisa limitazione di durata. Ad ogni modo si potrebbe in definitiva anche

ripetere la curiosa redazione del trattato itala-ungherese, ove essa stesse real

mente a cuore di Ras Tafari. Sta bene l'articolo secondo. Ma le difficoltà gravi

s'incontrano negli articoli terzo e quarto del progetto.

Anzitutto, comprendo le ragioni per cui il Ras Tafari ha evitato di menzionare in tutto il testo le colonie italiane, e convengo che non occorra parlarne nei primi due articoli che sono di carattere generico. L'articolo terzo però è di carattere specifico riguardando lo stabilimento dei nostri rispettivi sudditi e quindi occorre aggiungere alla parola • Italia • quelle • e le sue colonie •, poichè altrimenti la clausola di stabilimento non potrebbe applicarsi a queste ultime, nei cui riguardi soltanto la clausola stessa ha evidentemente importanza per l'Abissinia. V. S. vorrà spiegare a Ras Tafari che le disposizioni di tal genere non si possono in diritto internazionale considerare come applicabili alle colonie senza che ciò sia espressamente stabilito.

Ma a parte questa logica menzione, alla quale suppongo che il Ras, una volta illuminato il suo pensiero, non dovrebbe avere difficoltà, risulta chiaro che combinando l'articolo terzo con la prima parte del quarto, il Governo etiopico con lo stabilire il principio della soggezione dei rispettivi sudditi alla giurisdizione locale, verrebbe ad abolire completamente a nostro riguardo la situazione di fatto ora esistente in Abissinia per l'amministrazione della giustizia, ed i vantaggi che attualmente godiamo per effetto del trattato franco-etiopico del 10 gennaio 1908. Anche a prescindere dal pessimo funzionamento della giustizia in Etiopia, ciò è per noi inaccettabile poichè altrimenti gli italiani verrebbero a trovarsi in una situazione di inferiorità di fronte agli altri europei. Occorre quindi trovare una formula che stabilisca le indispensabili riserve in proposito. Ne consegue che nemmeno è per noi accettabile il secondo paragrafo dell'articolo quarto, il quale stabilisce l'intervento della Società delle Nazioni per ogni caso in cui i due Governi non siano d'accordo sulle pene da infliggere ai criminali. V. S. deve far considerare al Ras non soltanto che l'amministrazione della giustizia è un atto di sovranità da non potersi deferire all'assemblea di Ginevra, ma che con tale intervento si verrebbe pure a sanzionare quell'abbandono dei suddetti vantaggi da noi attualmente goduti ed ai quali non possiamo rinunciare. Noi non intendiamo affatto con ciò escludere eventuali appelli alla Società delle Nazioni in caso di conflitto fra noi e l'Abissinia, poichè tutta questa materia è ben regolata dal patto di Ginevra che Ras Tafari non può ignorare, ma sarebbe oltre tutto anche ridicolo che la Società delle Nazioni dovesse immischiarsi nelle singole vertenze relative a razzìe e omicidi che disgraziatamente sono assai frequenti.

Ma ciò che dimostra la vera preoccupazione del Governo etiopico e il pensiero recondito che Io spinge in realtà a proporci un simile accordo è l'ultima parte dell'articolo quarto. Il Governo etiopico è evidentemente deciso a giungere al più presto alla delimitazione dei confini, e fin d'ora vuole garantirsi da ogni possibilità di conflitti con noi, stabilendo la Società delle Nazioni come giudice supremo. V. S. non ignora quanto sia delicata ed importante la questione delle nostre frontiere ed in modo tutto particolare quella del confine somalo-etiopico. In realtà noi non abbiamo alcun interesse ad affrettarci a risolverla ed è perciò che col mio precedente telegramma di istruzioni a V. S. l'avevo esclusa dalle presenti trattative (1). Ma essa rischierebbe di sorgere pienamente con la clausola che il Ras Tafari ci propone, e si presenterebbe per noi nelle peggiori condizioni. Sarebbe infatti molto facile per l'Etiopia, dopo concluse felicemente le attuali trattative, o chiederci formalmente di nuovo la delimitazione od anche provocare un qualsiasi incidente, ed in caso di nostro rifiuto o tergiversazione nell'accogliere la sua domanda, o prendendo pretesto dall'incidente stesso, adire senz'altro la Società delle Nazioni in base al proposto testo dell'articolo quarto. Ne conseguirebbe in ambedue le eventualità che sostanzialmente dovremmo delegare alla Società delle Nazioni l'autorità di delimitare i confini fra le nostre colonie e l'Etiopia. Vedrà V. S. in quale miglior modo far comprendere a Ras Tafari come ciò non sia possibile e neanche conveniente per la stessa Etiopia che finirebbe per ledere in tal modo i suoi stessi diritti di sovranità. Ma quello che sopratutto occorre fargli comprendere è che Io stesso trattato di amicizia e specialmente l'articolo due garantiscono completamente l'Etiopia da qualsiasi pericolo che eventuali controversie per i confini abbiano a degenerare in conflitti armati. La questione dei confini l'affronteremo a tempo debito col maggior spirito di cordialità ma niente ci consiglia e tanto meno ci obbliga fin d'ora a stabilire l'intervento della Società delle Nazioni, quando ogni preoccupazione per il Governo etiopico è eliminata dal suddetto articolo secondo, e quando in realtà eventuali ricorsi alla Società delle Nazioni sono sempre possibili in base alle disposizioni del patto di Ginevra, a cui partecipano tanto l'Italia che l'Etiopia.

Lascio a V. S. trovare gli argomenti migliori per la sospettosa mentalità di codesto Governo, ma in sostanza occorre ella faccia comprendere a Ras Tafari che quello che ci è stato da lui chiesto, e a cui ho consentito subito, è un patto di amicizia, non un trattato nelle cui pieghe si nascondono ingenui sotterfugi per ottenere da noi concessioni di altro genere. L'importanza dell'attuale trattativa sta nello stabilire solennemente l'amicizia italo-etiopica e nell'escludere ogni possibilità di conflitti armati. Questo scopo primordiale cui tende il Governo etiopico sarebbe pienamente raggiunto con un vero e proprio trattato di amicizia. In tutti i paesi e con qualunque mentalità si dovrebbe comprenderlo.

In base a tali considerazioni ella vorrà riprendere le conversazioni col Ras e tenermi informato (2).

(l) Cfr. n. 207.

(l) -Non rinvenuto. (2) -Nella stesura di questo telegramma si tennero presenti i suggerimenti di Federzoni. Cfr. VEDOVATO, pp. 66-67.
266

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2286/148. Angora, 20 aprile 1928, ore 13 (per. ore 23,30).

Tewfik Russdy bey è ben a giorno difficili condizioni nelle quali si trova oggi regime al governo nella Russia, ma non crede ancora possibile che una crisi qualsiasi a breve scadenza arrivi ad affrettarne evoluzione e tanto meno fine. Ciò avverrà soltanto quando nel paese si sarà formata una rigida organizzazione, capace neutralizzare quella esistente. Regioni nelle quali regime è debole e dove maggiore è pericolo per Sovieti sono Ucraina, Caucaso sul quale egli diceva Turchia fa da gendarme per Russia. Egli mi ha parlato della probabilità ritiro Cicerin per far posto a Litvinoff che è più moderato di questo e non ossessionato dal credere alla necessità di una guerra contro Inghilterra. Rapporti turco-russi secondo Tewfik Russdi bey sono formalmente ottimi, ma sostanzialmente egli sente che sua condotta a Ginevra e politica da lui inaugurata di amicizia con l'Italia lo hanno reso sospetto a questo ambasciatore ai dirigenti di Mosca pre~ sentemente assai freddi.

E ciò non per avversione contro l'Italia, con cui Litvinoff ha detto essere Mosca pronta a firmare patto di non aggressione quando V. E. lo desideri, ma perchè, con accordo in corso di realizzazione, Angora esce da quell'isolamento che era comodo a Mosca, per farle sentire tutto il peso sua amicizia ed inoltre dati rapporti intimi cordiali fra Londra e Roma, una politica estera turca, intonata all'amicizia verso l'Italia, viene considerata a Mosca come indirettamente influenzata da Londra. Tewfik Russdi bey si attende senza essere commosso una controffensiva russa. Lo stesso ambasciatore di Germania raccomandò a lui ed a me di tenere bene d'occhio in questo momento Mosca. Ministro degli affari esteri sa bene che questo ambasciatore di Russia ha chiamato a raccolta per... (1) corteggiare deputati. Ma non si preoccupa qui in Angora delle molestie dell'amico Souritz. Quello che lo interessa è l'azione che Cicerin spiegherà o farà spiegare in certe capitali balcaniche e specie ad Atene. Egli spera però che accordo definitivo possa tagliare corto alle tergiversazioni alle manovre temporeggiatrici del Governo di Atene... (1).

267

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA (2)

T. 1865. Roma, 20 aprile 1928, ore 24.

Il R. incaricato d'affari a Belgrado telegrafa in data 18 corrente:

• (come nel telegramma n. 2248/325 di collezione) » (3).

In pari data il R. ambasciatore a Costantinopoli telegrafa:

• (come nel telegramma n. 2258/157 di collezione) » (1).

(Per Atene). È assai probabile che in questi giorni pressioni francesi sopra codesto Governo si siano fatte sentire fortissime. Voglio sperare che esse non potranno avere per effetto di scuotere il buon senso politico di Michalacopoulos che finora ha dimostrato di scorgere chiaramente l'unica via che gli conviene seguire. Ad ogni modo vigili attentamente e mi tenga al corrente.

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -A Londra e Parigi il telegramma venne inviato per corriere. (3) -Cfr. n. 256.
268

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL VICESEGRETARIO GENERALE PAULUCCI DE' CALBOLI BARON DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI

T. 1867/121. Roma, 20 aprile 1928, ore 24. Suo telegramma n. 59 (3). Prego limitarsi ascoltare e riferire.

269

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2296/130. Durazzo, 20 ap1·ile 1928, ore 23 (per. ore 2 del 21).

Ahmed Zogu mi ha ieri confermato che egli rimane nel binario del programma politico da V. E. tracciatogli. Presidente sta già prendendo le prime misure per la dissoluzione delle due camere che, salvo imprevisti, potrebbe avvenire a mio avviso verso la fine di maggio. Presidente mi ha prevenuto che entro una diecina di giorni mi convocherà per un abboccamento che dovrebbe essere conclusivo circa le date degli avvenimenti che devono trasformare il regime albanese. Ho fatto presente ad Ahmed Zogu che V. E. si riserva di dare la sua approvazione alla scelta di tali date, perchè V. E. deve tener conto situazione generale della politica internazionale.

270

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2358/387. Parigi, 20 aprHe 1928 (per. il 24).

Mio telegramma per eorriere n. 381 di ieri (4).

A proposito della inclusione dell'argomento di Tangeri tra gli annessi dello schema di patto itala-francese io ho notato, tra parentesi, l'osservazione del signor Berthelot fissandola nelle parole « bisogna pur parlarne , .

Credo opportuno dare le spiegazioni della cosa. Quando il signor Berthelot accennò a Tangeri, io interruppi dicendo: • non c'entra, non vedo la necessità di parlarne: è argomento staccato •. Egli ribattè:

• bisogna pur parlarne •. Non insistei e lasciai andare avanti il signor Berthelot per questi motivi: a) per una prima conversazione la mia interruzione era sufficiente a marcare una obiezione ed a porre la base di eventuale ulteriore insistenza;

b) se il signor Berthelot insiste sulla sua idea, meglio agire in modo da scoprire quale è il suo piano, perchè solo allora avremo positivo criterio per sapere se questo piano a noi conviene declinare o accettare.

Certo l'argomento Tangeri non è un argomento puramente itala-francese; se da parte Francia si vuole inserirlo nelle conversazioni itala-francesi, non si potrà poi sostenere che il campo di queste conversazioni è stato portato da noi,

o da noi soli, in area non rigidamente itala-francese.

(l) -Cfr. n. 258. (2) -Il telegramma venne trasmesso tramite il consolato generale a Ginevra. (3) -Cfr. n. 262. (4) -Cfr. n. 264.
271

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2309/64. Ginevra, 21 aprile 1928, ore 13,50 (per. ore 16,50).

Col mio telegramma gab. n. 60 (l) ho riferito a V. E. del viaggio in Grecia, su invito di Michalacopoulos, del signor Sugimura e del capo di gabinetto di Drummond. Oggi, la notizia diramata da Belgrado della ripresa delle conversazioni tra Jugoslavia e Grecia per regolare le questioni tuttora sospese tra i due paesi, nonchè articolo di fondo del Temps del 20, intitolato « Jugoslavia e la Grecia • mi confermano quanto ebbi l'onore di riferire verbalmente a V. E., cioè che la partita della Grecia non è soltanto impegnata con noi. Il Governo greco si appoggia sulla Francia per un'intesa colla Jugoslavia, sull'Italia per un'intesa colla Turchia, sull'Inghilterra per dirimere eventualmente, davanti la Società delle Nazioni, le divergenze coi suoi vicini. La Grecia debole valorizza la realtà di potere fare giuoco nello scacchiere dei paesi che hanno una politica balcanica e si tiene pronta ad andare dalla parte di chi può offrire di più e più rapidamente. A noi conviene certo non perdere la pedina greca, quindi [è] più che mai opportuna l'azione e la pressione che il R. ambasciatore a Costantinopoli suppongo stia svolgendo in questo momento ad Angora per affrettare l'intesa colla Grecia. Tuttavia mi domando se Governo greco abbia pienamente compreso che se la Jugoslavia andasse come vorrebbe a Salonicco, le aspirazioni greche sul vicino oriente dovrebbero fatalmente cedere il [passo] alla pressione jugoslava, mentre se la Grecia entrasse nella nostra combinazione potrebbe, con peso ben maggiore negoziare con Belgrado e contenerne le pretese. Nè la combinazione con noi le farebbe mancare trincea di ripiegamento ginevrina.

(l) T. 2260/60 del 19 aprile, che non si pubblica.

272

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. 1870/152. Roma, 21 t.Lprile 1928, ore 17,15.

Voglia mettere al corrente Ahmed Zogu delle ultime fasi dell'attività diplomatica italiana. Colloqui di Milano hanno avuto lo scopo di arrivare a una stabilizzazione politica del Mediterraneo orientale con un patto di non aggressione neutralità e arbitrato italo-turco italo-greco e successivamente con un patto dello stesso genere fra Grecia e Turchia. Ahmed Zogu dotato com'è di uno squisito senso politico comprenderà subito che se tali negoziazioni conducessero a un risultato ciò sarebbe di grande vantaggio anche per Albania. Aggiunga che io terrò successivamente informato Ahmed Zogu delle ulteriori fasi delle conversazioni. C:~uanto al mio recente incontro con Zalewski esso è J;tato una utilissima presa di contatto ma non ha condotto almeno per il momento a conseguenze pratiche di ordine politico. Con queste informazioni Ahmed Zogu avrà un'altra prova della mia perfetta lealtà politica e am~cizia personale (1).

273

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 1874/112. Roma, 21 aprile 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 159 (2).

Col mio telegramma n. 1699 (3) ho informato V. E. delle intese corse a Milano con Tewfik Roussdi bey circa la firma simultanea a Roma dei due patti italo-turco ed italo-greco, e di quanto era stato convenuto circa la comunicazione telegrafica che lo stesso Tewfik Roussdi bey si era riservato di farmi pervenire delle decisioni definitive del Governo di Angora non appena egli avesse potuto di ritorno costà metterlo al corrente della questione. Sono quindi assai stupito di quanto V. E. mi telegrafa circa le aspettative, le preoccupazioni e le sollecitazioni di codesto ministro degli esteri.

Conto ad ogni modo che V. E. abbia ricevuto a quest'ora il telespresso

n. -122 dell'll corrente col quale le ho trasmesso, insieme al protocollo annesso, il progetto di trattato redatto secondo lo schema proposto da Tewfik Roussdi, con lievi varianti di carattere formale. V. -E. voglia quindi sottoporlo subito a codesto ministro degli esteri, per chiarirgli così la situazione e per porlo in grado di farmi conoscere le intenzioni definitive e concrete del Governo turco delle quali è qui che si è in attesa.

Mi mantengo naturalmente in comunicazione contemporanea con Atene. Attendo notizie telegrafiche.

(l) -La minuta è di pugno di Mussolini. (2) -Cfr. n. 259. (3) -Cfr. n. 243.
274

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2319/189. Atene, 21 aprile 1928, ore 22 (per. ore 3,30 del 22).

Al termine di una colazione cui sono intervenuto stamane alla legazione di Romania, Michalacopoulos mi ha chiamato in disparte per dirmi:

l) A proposito dell'agitazione della stampa francese per spingere alla soluzione delle questioni pendenti colla Serbia per Salonicco (confrontare mio telegramma odierno n. 187) (l) non esservi assolutamente nulla di nuovo da Belgrado dopo la dichiarazione fattagli a Ginevra da Marinkovich nel senso che avrebbe esaminato le proposte avanzate l'estate scorsa dalla Grecia per Salonicco. 2) Essere assolutamente falso che Governo greco desideri od intenda comunque dare priorità ad una pretesa eventuale trattativa per un qualsiasi patto di amicizia od arbitrato colla S.H.S. in confronto della conclusione di quello coll'Italia e colla Turchia. 3) Qualora da Belgrado dovessero giungergli sia direttamente che indirettamente proposte del genere egli ce ne avrebbe informato subito. 4) Confermata secondo lui assoluta esclusione di ogni mediazione romena tra Grecia e Serbia. 5) Risultargli che i romeni non sono affatto contenti dei serbi (sic). 6) Aver ricevuto telegrammi dal ministro ellenico ad Angora secondo cui Roussdi bey gli si sarebbe dimostrato poco premuroso di giungere colla Grecia alla conclusione del patto sotto pretesto che la soluzione delle questioni pendenti tra i due paesi richiede un assai lungo periodo (due anni avrebbe detto Roussdi bey). 7) Avere dato in conseguenza di quanto precede precise istruzioni a codesto ministro Mavrudis di assicurare senza indugio, nel modo più categorico, V. E. che assolutamente nulla modificato od aggiunto alcune richieste o proposte a quanto contenuto nel secondo progetto rimesso a Ginevra a Roussdi bey il 31 marzo (2) (dopo le semplificazioni concordate col marchese Paulucci de' Calboli), nonchè di confermarle che la Grecia non intende menomamente subordinare la conclusione del patto colla Turchia alla definitiva liquidazione delle pendenze in corso ma unicamente alla determinazione di una procedura arbitrale che ne permetta la rapida soluzione. 8) Di avere telegrafato ad Angora a quel ministro ellenico Papas di mantenersi in stretto contatto coll'ambasciatore Orsini Baroni tenendo quest'ultimo al corrente di ogni suo passo e consigliandosi eventualmente con lui circa la più conveniente ,condotta della trattativa ed il miglior modo per dimostrare la buona fede e la sincerità di intenti della Grecia. 9) Non avere avuto alcuna manifestazione ufficiale francese che confermasse l'agitazione di quella stampa contro un riavvicinamento greco-turco (questo ministro di Francia anzi si sarebbe addirittura astenuto dal fargli finanche un semplice accenno al negoziato) ma essere evidente il malumore della Francia in quanto esso si compirebbe sotto gli auspici dell'Italia. 10) Essere egli Michalacopoulos sicuro che l'Inghilterra non (ripeto non) si oppone alla progettata combinazione italo

turco-greca, e confermare d'altra parte quanto già dichiarato personalmente a Milano vale a dire che qualora la Francia volesse creare obiezioni, la Grecia sarebbe pronta passarvi oltre. 11) In obbedienza a precisi ordini medico, Mlchalacopoulos parte domani per stazione balneare di !patì presso Samia dove dovrà riposarsi per una quindicina di giorni lontano dagli affari. Continuerà peraltro ad occuparsi soltanto di quanto concerne il negoziato a tre, mantenendo i necessari contatti per tramite di Politis che dovrà fare espressamente la spola con Atene. (Fine delle dichiarazioni del ministro degli affari esteri).

Ho nettamente l'impressione (anche in seguito a particolareggiati discorsi tenutimi da Politis) che qui si desideri caldamente e sinceramente la conclusione della combinazione a tre, estensibile poi di buon grado anche alla Bulgaria, il tutto con assoluta priorità su ogni eventuale sistemazione delle pendenze colla Jugoslavia. Se dunque la Turchia non sarà addirittura irriducibile sulla questione della procedura arbitrale invocata dalla Grecia, penso che combinazione progettata dall'E. V. dovrebbe potersi condurre in porto con gran vantaggio degli interessi di tutti i partecipanti ed anche di quelli generali.

(l) -T. 2311/187 del 21 aprile, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 212.
275

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2324/67. Ginevra, 21 aprile 1928 (per. il 23).

Mio telegramma n. 59 (1).

Non essendo stato possibile a Marinkovich di venire a Ginevra mi sono recato questo pomeriggio a visitarlo a Vevey. Il ministro degli esteri jugoslavo era con la signora e col signor Fotich, delegato permanente presso la S. d. N. Alla mia domanda sulle sue condizioni di salute mi ha risposto di essere ora pienamente ristabilito. Ho però notato in lui, durante la sua conversazione qualche sintomo di asma.

Subito dopo il thè, la signora Marinkovich si è allontanata. Il ministro, il signor Fotich ed io siamo rimasti a colloquio _r;er oltre un'ora e mezzo sui rapporti tra l'Italia e la Jugoslavia.

Ecco un largo riassunto della conversazione.

• Prima di partire da Belgrado -ha cominciato il Marinkovich -detti istruzioni al Rakitch di mettersi in rapporto con l'on. Mussolini, per addivenire alla rinnovazione degli accordi del 1924 e piuttosto al loro allargamento. Speravo, tornando in patria, di trovare le trattative già avanzate, ma purtroppo mi sembra che le cose siano rimaste quasi allo stesso punto. Il Rakitch ha avuto un solo colloquio con l'on. Mussolini e la loro conversazione si è quasi limitata alla ratifica delle convenzioni di Nettuno. Io considero le convenzioni di Nettuno. -ha detto il Marinkovich --come una questione di secondaria importanza: esse sono un accordo diplomatico come tanti altri. Ciò che invece è

sopratutto necessario è di creare una salda amicizia tra i due paesi. L~ varie pendenze derivanti dalla guerra non sono gravi: occorre regolarle. Ma non sarà difficile risolverle, quando si sarà data l'impressione ai due paesi, che esistono tra loro rapporti di sincera amicizia.

Dalle dichiarazioni dell'on. Mussolini, come da ciò che egli mi ha fatto comunicare dal generale Bodrero ho tratto l'impressione -ha ripreso il Marinkovich -ch'egli nutra nei nostri riguardi un senso di disillusione, se non proprio di rancore ».

Ho creduto opportuno a questo punto dichiarare al Marinkovich che dovevo escludere che V. E. potesse nutrire, pur ignorando in proposito il preciso pensiero di V. E., sentimenti di rancore verso la Jugoslavia. Era invece possibile un senso di disillusione. Il signor Marinkovich doveva riconoscere che tale disillusione poteva essere ben giustificata. Sin dagli inizi del suo Governo,

V. E. aveva dato prova, coi fatti, di volere una politica di amicizia e di accordi con la Jugoslavia. Per evitare, a tal fine, che le questioni non risolte potessero dar luogo a malintesi e ad attriti V. E. ne aveva desiderato una sistemazione globale di comune accordo. A ciò dovevano provvedere le convenzioni di Nettuno. V. E. si attendeva che a tale politica si rispondesse con altrettanta chiarezza e decisione, mentre invece, aveva avuto la sorpresa di riscontrare un'attitudine di tentennamenti, di diffidenza e talora di ostilità. Dopo ciò mi sembrava ovvio non poter pretendersi che V. E. prendesse senz'altro in considerazione una politica di allargamento degli accordi del 1924, senza aver prima la certezza che tale politica rispondesse ad una tangibile prova di amicizia da parte dei poteri responsabili e dell'opinione pubblica jugoslava. Certo, finchè perduravano le manifestazioni ostili di tanta parte della stampa jugoslava, finchè gli accordi di Nettuno non erano ratificati, finchè la politica militare era orientata contro l'Italia e contro di essa venivano fomentati i sentimenti ostili dell'esercito, non poteva aversi in Italia l'impressione che si desiderasse in Jugoslavia la sua amicizia.

Il Marinkovich mi ha risposto che nulla gli sta tanto a cuore quanto creare un'atmosfera amichevole tra i due paesi. Egli intendeva lavorare a tal fine con tutte le sue forze e con tutta la sua autorità. Ma gli è indispensabile conoscere in modo preciso ed esplicito il pensiero di V. E. Non gli sarebbe possibile perseguire una politica d'intesa con l'Italia, se non è sicuro che V. E. è animato dallo stesso desiderio e che V. E. lo incoraggerà ed appoggerà nei suoi sforzi. Per raggiungere l'intento predetto il Marinkovich si è dichiarato disposto ad affrontare ogni lotta, ma per convincere il parlamento e l'opinione pubblica del suo paese egli ha bisogno di assicurazioni esplicite che non lascino adito a dubbi. Se ad esempio egli otterrà la ratifica degli accordi di Nettuno, deve essere sicuro che l'Italia non mancherà di ratifi.carli.

• Tutto ciò -mi ha detto il Marinkovich -mostra la necessità di un completo scambio di vedute, quale avevo raccomandato al Rakitch. Ciò non deve essere difficile, perchè in fondo tra i nostri due paesi non esistono divergenze gravi.

Per parte mia -ha egli continuato -considero la politica di amicizia con l'Italia come la base prima della politica del mio paese. In ciò non faccio che seguire le tradizioni della mia famiglia e, sopratutto, i sentimenti di mio padre che era un fervente ammiratore di Cavour. Continuo altresì le tradizioni d'italofilìa, che il popolo serbo ha sempre avuto per il Piemonte e per l'Italia. Prima della guerra uno dei più sinceri appoggi della Serbia era l'Italia e ancora prima dell'Italia, il Piemonte la cui diplomazia a Vienna e a Costantinopoli non ha cessato mai di appoggiarci e di difendere i nostri interessi.

Purtroppo non manca in Jugoslavia chi nutre apprensioni nei riguardi dell'Italia, attribuendo a talune sfere italiane mire espansioniste sul territorio jugoslavo •.

Il Marinkovich è perfettamente convinto che ciò non risponde a verità, perchè non è certo in Jugoslavia, che l'Italia può trovare quello che eventualmente può mancarle.

Egli ha aggiunto che era stato grave errore dei precedenti Governi il non aver fatto penetrare nella coscienza nazionale tutta l'importanza del patto di amicizia del 1924. Occorre tener conto, d'altro canto, delle difficoltà di politica interna e specialmente delle preoccupazioni dei croati e degli sloveni. Questi hanno spesso creduto che la Serbia, nel perseguire una politica d'intesa con l'Italia, trascurasse i loro interessi.

Da più parti, anche da paesi lontani, il Marinkovich ha ricevuto inviti di ooncludere patti di non aggressione e di amicizia. Ma egli non ha voluto assumere alcun impegno per non destare eventuali diffidenze. In primo luogo egli desidera regolare la situazione con l'Italia. Anche la Grecia aveva creduto di poter approfittare della pretesa tensione dei rapporti tra la Jugoslavia e l'Italia, per poter regolare con suo maggior vantaggio le pendenze con Belgrado. Ma Ma~rinkovich ha affermato di non aver creduto opportuno di procedere per tale via. Ha preferito attendere. Non vede, infatti, a che gli servirebbe pagare a caro prezzo l'amicizia della Grecia, non potendo questa costituire mai un contrappeso ad una ipotetica Italia nemica.

Egli ha firmato, è vero, il patto di amicizia con la Francia. Può darsi che questo patto serva a calmare talune preoccupazioni in qualche sfera dell'opinione pubblica; è possibile anche ch'esso rappresenti una qualche utilità nella dannata e deprecabile ipotesi d'un conflitto con l'Italia. Ma, anche in tal caso, egli si rende pienamente conto, che la Francia, non avendo altro desiderio e altro interesse che di mantenere quello che ha, non potrebbe esser trascinata, se non con grandi stenti, a dare un efficace appoggio. Nell'insistere, in tal modo, sull'importanza che ha per la Jugoslavia l'amicizia c'on l'Italia, il Marinkovich ha aggiunto, che occorre far presto. " Gli avvenimenti incalzano -egli m'ha detto -non sappiamo cosa il domani ci riserba ed è bene avere stabilito dei punti fermi ». Mi ha accennato in particolar modo all'iniziativa KeUogg, che manifestamente lo preoccupa.

Ciò che egli teme è che l'accordo proposto per mettere la guerra fuori legge si risolva a profitto dei paesi male intenzionati, i quali potrebbero essere incoraggiati ad attuare le loro ambizioni dal disarmo dei paesi pacifici ed in buona fede.

Avendo io ·osservato che era difficile pensare oggi a guerre di conquista. egli mi ha risposto che anche nel 1914 si ripeteva la stessa cosa. Ha aggiunto, che poco prima dello scoppio delle ostilità, ragionando con un addetto militare tedesco, amico del Kaiser, gli aveva dato il consiglio, qualora a Berlino

pensassero alla guerra, di portare il conflitto sul Reno e non sul Danubio. Gli interessi di due degli alleati erano divergenti sul Danubio. Solo nel primo caso la triplice alleanza avrebbe potuto resistere e la Russia sarebbe probabilmente rimasta neutrale. Il Marinkovich si è molto dilungato su tale esempio insistendovi così marcatamente da farmi nascere il dubbio ch'egli volesse dare al consiglio di allora un certo sapore di attualità.

È mia impressione che il desiderio del Marinkovich di procedere, quanto prima, ad una chiarificazione dei rapporti tra la Jugoslavia e l'Italia, sia da attribuirsi altresì ad una certa preoccupazione per le voci eorse nella stampa, sulle recenti conversazioni di Milano.

Con molta abilità, egli ha insistito non meno sulle ripercussioni economiche, che avrebbe una politica di accordi con l'Italia. In particolare ne sarebbe avvantaggiata la conclusione del prestit·o che la Jugoslavia sta trattando. Ciò significherebbe un minor aggravio per i contribuenti; al che l'opinione pubblica sarebbe certamente assai sensibile. Una ripercussione non meno vantaggiosa si avrebbe per lo sviluppo delle relazioni commerciali italiane, per la quotazione dei nostri titoli, ecc.

• La mia preoccupazione -ha osservato, concludendo, il Marinkovich è che il Rakitch, forse paralizzato dal fascino della grande personalità dell'on. Mussolini, non abbia avuto agio di manifestargli apertamente il mio modo di vedere. La stessa cosa temo sia accaduta al Bodrero. Ho perciò voluto parlare con lei. Ella avendo per molti anni collaborato intimamente con l'on. Mussolini potrà forse trovare più facilmente il modo di fargli conoscere le mie sincere intenzioni ed i miei fermi propositi e vorrà trasmettergli la mia preghiera di dare un rapido e conclusivo impulso alle trattative col Rakitch •.

Nel congedarmi, il ministro degli esteri jugoslavo mi ha informato che partirà per Belgrado martedì 26 corrente. Egli darà istruzioni a Rakitch di venirlo ad incontrare a Milano, per accompagnarlo sino a Venezia. Spera che, tornando a Roma, il Rakitch possa avere con V. E. un esauriente scambio di vedute.

(l) Cfr. n. 262.

276

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2322/190. Atene, 22 aprile 1928, ore 18 (per. ore 19,55).

Dal mio telegramma di ieri n. 189 (1), incrociatosi con quello n. 1865/109 (2) pervenutomi stamane, V. E. avrà già tratto elementi atti a giudicare dello stato d'animo che qui si attraversa. Le categoriche dichiarazioni di Michalacopoulos trovano precisa conferma in lunghe e particolareggiate conversazioni da me avute il giorno prima con Politis. A sua volta il ministro Metaxas, nel rallegrarsi che il recente successo ottenuto pei lavori stradali consolidasse logica

mente al potere il Gabinetto, mi manifestava ieri stesso con maggiore effusione del solito, il caldo desiderio del Governo ellenico di giungere alla progettata combinazione a tre « che libererà così una buona volta la Grecia dalla soggezione serba • (sic). Il presente momento psicologico è senza dubbio da considerarsi come dei più delicati e importanti della politica estera di questo paese, che non può essere abbandonato alle mene franco-serbe.

Mi sembra che nel proprio interesse i turchi stessi dovrebbero comprendere il sincero desiderio che hanno gli attuali dirigenti di Atene di concludere presto l'accordo. Dovrebbero altresì intuire pertanto come il pronto accoglimento della combinazione proposta da V. E., rappresenti la sola via efficace a controbattere l'azione esterna che essi stessi deplorano.

Continuerò a seguire attentamente e riferirò.

(l) -Cfr. n. 274. (2) -Cfr. n. 267.
277

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A KAUNAS, AMADORI

T. 1880/46. Roma, 23 aprile 1928, m·e 14.

Voglia recarsi dal capo del Governo Voldemaras e dirgli che i miei colloqui con Zalewski non hanno condotto a nessuna pratica intesa di ordine politico. È stata una semplice presa di contatto e uno scambio di idee. Per quanto concerne i rapporti polacco-lituani mio interlocutore mi è parso animato dal desiderio di giungere ad un accordo e mi ha escluso qualsiasi idea imperialistica nei confronti della Lituania. Egli mi ha detto testualmente che la Lituania è un paese povero la cui economia prevalentemente rurale e forestale non interessa la Polonia che è anch'essa ricca di foreste. Inoltre la Lituania non aggiungerebbe che un'altra minoranza alle numerose di cui soffre la Polonia. Quando si escluda Wilna sulla quale la Polonia non ammette discussioni, per le altre questioni Zalewski mi è ~ ripeto ~ parso disposto ad esaminarle con spirit·o di amicizia per giungere a rapporti di buon vicinato (1).

278

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2351/399/207. Parigi, 23 aprile 1928, o1·e 16 (per. ore 19).

Mio telegramma per corriere n. 381 (2).

Stamane è venuto a vedermi Beaumarchais. Mi ha detto che mia domanda arrivare lago Tchad, riferita consiglio dei ministri, vi aveva prodotto profonda,

sfavorevole impressione ed era stata giudicata inammissibile, anche come semplice formulazione di una base di discussione. Nessun ministero sopravviverebbe 24 ore se presentasse alla camera simile proposta. Ha aggiunto che egli aveva sempre capito, come aveva qui riferito, essere questione di semplice rettifica di frontiera, da conteggiarsi in chilometri quadrati.

Circa Tunisi, ha detto che la mia comunicazione al signor Berthelot aveva ugualmente demolita impressione, che egli aveva avuto e comunicato, che il suo progetto di regolamento per serio potesse essere accettabile.

Ho compreso che non si proseguiranno conversazioni con me, ma saranno riportate a Roma dal signor Beaumarchais, il quale vi ritorna per il 7 maggio p. v. ed ha detto che ripeterà a V. E. quanto ha detto stamane a me. Conversazione è stata molto cortese, ma, in pari tempo, di una vera cruda franchezza reciproca. Riferisco con rapporto i particolari. Non ho discusso che per precisare e giustificare mie domande a Berthelot e portata generale delle conversazioni franco-italiane (1).

(l) -La minuta è di pugno di Mussolini. A proposito del conflitto lituano-polacco Majoni aveva comunicato con t. 276/1 del lO gennaio: « Ritengo nostra convenienza continuare forse anche accentuare nostro appoggio Polonia per risolvere definitivamente conflitto, non solo interesse pace generale ma anche per fissare nostra posizione e nostro vivo interessamento anche in questa parte Europa e nel Baltico. Occorre tener presente che nostra azione contribuirà fortemente rallentare vinco.li dipendenza Polonia da Francia come è nei suoi desideri e allontanarla sempre più da Piccola Intesa, che cerca tnt<,,,,, ~ét'rarla sua orbita». (2) -Cfr. n. 264.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 1914/110. Roma, 23 aprile 1928, ore 21.

Suoi telegrammi nn. 189 e 190 (2).

Dichiarazioni fattele da Michalacopoulos sono indubbiamente soddisfacenti. È ad ogni modo opportuno stringere i tempi. V. S. voglia quindi sottoporgli subito, dico subito, lo schema che le ho comunicato del patto italo-grecr e dell'annesso protocollo, che non sembra possano incontrare ad Atene obiezione alcuna. Qualora Governo si dichiari pronto a firmarlo è evidente che ciò mi fornirebbe mezzo particolarmente efficace di porre Angora di fronte necessità di una immediata analoga decisione che comporterebbe la precisazione desiderata da Michalacopoulos degli impegni di modo e di tempo per la definizione delle questioni greco-turche. Ho già dato istruzioni ad Orsini di presentare il progetto di trattato e di protocollo al Governo turco (3).

La via da seguire, se si desidera realmente raggiungere lo scopo che anche costà ci si prefigge, è unicamente quella da me tracciata coll'approntare i progetti di tali atti da sottoscrivere subito e simultaneamente, prescindendo per il momento da altre interferenze di dettaglio.

Mi telegrafi non appena possibile.

(l) -Mussolini comunicava a Manzoni con t. 2010, del 27 aprile, ore 20: • Approvo che V. E. abbia impostato trattativa sul desiderio italiano di giungere fino al Ciad, poichè anche se la manifestazione di tale nostro desiderio ha destato le alte meraviglie del Gabinetto francese, essa ha però servito a far cadere l'illusione che si andava costi formando circa la possibilità di concludere le trattative a prezzo irrisorio, e potrà richiamare meglio l'attenzione di codesto Governo sulla reale importanza del problema dei rapporti itala-francesi e sui sacrifici che occorre fare per darvi un soddisfacente assetto. D'altra parte, per tattica di negoziato, ci dovrebbe così riuscire eventualmente più facile, dopo la nostra richiesta massima, ripiegare su linee mediane •· (2) -Cfr. nn. 274 e 276. (3) -Cfr. n. 273.
280

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2394/196. Atene, 24 aprile 1928, ore 22,10 (per. ore 2,30 del 25).

Telegramma di V. E. n. 1914/110 (1).

Conformemente alle precise raccomandazioni fattemi personalmente da Michalacopoulos, al momento di partire per la attuale sua cura (vedasi paragrafo 11 del mio telegramma n. 189 in data 21 corrente) (2), è al signor Politis che ho fatto stamane, io stesso, la comunicazione del progetto di patto italogreco e dell'annesso protocollo, trasmessimi da V. E. col telespresso n. 172 dell'li aprile.

Abbiamo letto e compulsato dettagliatamente insieme i suddetti documenti e stimo finanche superfluo dilungarmi sulle considerazioni da me svolte, durante lunghi e cordiali colloqui.

Politis (il quale come è noto è l'ascoltatissimo consigliere politico del ministro degli affari esteri), si è, naturalmente, riservato di studiare ed approfondire i documenti in questione, ed egli partirà domani espressamente per Ipati, onde sottoporli a Michalacopoulos.

La sua prima impressione è stata, intanto, complessivamente favorevoie e la sola obiezione sostanziale da lui mossa (a titolo beninteso personale) concernerebbe il desiderio greco di trovare modo di menzionare, nel protocollo annesso, le principali divergenze esistenti fra Grecia e Turchia e sulle quali dovrebbero poi, eventualmente, pronunciarsi gli arbitri, indicandovi inoltre, possibilmente, il principio fondamentale della compensazione, in base al quale dovrebbe essere fatta la liquidazione arbitrale.

Politis mi ha poi accennato, a titolo di semplice quesito, alla eventualità (che V. E. avrebbe spontaneamente fatto intravedere a Michalacopoulos a Milano) di poter limitarsi, in un primo tempo, a parafare i due patti italogreco e italo-turco, fino a quando non si fossero raggiunte le condizioni previste per la firma anche del patto greco-turco; ma, su questo punto, non si è molto soffermato, e del resto io gli ho obiettato, a mia volta, che il progetto della dichiarazione annessa, quale oggi formulata da V. E., appare anche molto più efficace della sospensiva colla semplice parafatura.

Rivedrò Politis domani, prima della sua partenza, e mi riservo, se risulterà necessario, recarmi poi io stesso ad Ipati.

Non ci vado fin da ora per non creare, colla mia visita, un motivo che risvegli subito la contro-azione della campagna a noi ostile, tanto più che Michalac•opoulos ha fatto, partendo, tempestivamente annunziare che gli era stato prescritto assoluto riposo.

(l) -Cfr. n. 279. (2) -Cfr. n. 274.
281

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2491/956. Bucarest, 24 aprile 1928 (per. il 28).

Miei telegrammi nn. 82 (l) e 104 (2).

Tutti i nostri recenti avvenimenti di politica estera intercorsi fra l'intervista del Daily Mail e la visita del signor Zalewski a Roma, hanno prodotto in Romania una così viva e talvolta così violenta reazione, che devo intrattenerne in modo speciale l'E. V.

Detta reazione appare non solo in contraddizione con la politica di così larga e disinteressata benevolenza da noi seguita in questi ultimi anni nei riguardi della Romania, ma trovasi anche in gratuita relazione col preteso interesse romeno, ritenuto frainteso o minacciato dalla nostra attività politica in questa parte d'Europa.

Ora, che la preoccupazione ungherese sia qui risentita al massimo grado, è un fatto ormai ovvio; che l'incerta situazione interna consigli il partito attualmente al Governo -a mo' di diversivo -di esagerare gli eventi esteri, è pure spiegabile; che nell'animosità romena vi possa essere infine un senso di reazione a pretesi atteggiamenti ostili all'attuale Governo romeno, da parte di qualche foglio italiano, è pure da ammettersi; invero le predette circostanze non riescono tutte insieme a dar ragione dell'irruenta reazione antitaliana manifestatasi concordemente sia nella stampa indipendente che in quella ufficiosa.

Io sono pertanto incline a ripetere quanto già segnalavo all'E. V. l'anno scorso, da Praga, durante la conferenza della Piccola Intesa a Jachimov, riferendo l'agitato atteggiamento che ivi tenne il signor Mitilineu, che pure era il ministro degli esteri del Gabinetto Averescu. E cioè che la Romania, di tanto in tanto, di fronte ad una pressione dei suoi alleati o ad una parvenza di pericolo esterno, sia sempre pronta a fare -con straordinario trasformismo un salto indietro, ed a confermare le sue alleanze o le antiche sue direzioni politiche, con un linguaggio di tanto più acre e serrato verso l'Italia, di quanto più risentito sia stato il nascosto richiamo dei suoi alleati, od insistente l'insi· nuazione a noi pregiudizievole.

È questo un giuoco di cui ho avuto proprio di questi giorni una nuova prova. Difatti, mentre il ministro Argetoianu, attuale reggente il ministero degli esteri, tenne a ripetermi con grande cordiale soddisfazione (mio tele· gramma n. 99 (3) le tranquillizzanti notizie circa le reali intenzioni italiane nei riguardi del confine transilvano, tutta la stampa, e specialmente quelli\ uffi· ciosa, ha tuttavia continuato nell'aspro atteggiamento denunziato; ed il signor Duca ha potuto anzi esprimersi col giornale jugoslavo Politika proprio in quella forma in cui lo ha fatto (mio rapporto n. 210).

16 -Documenti diplomatici -Serie VII • Vol. VI

Così, nelle attuali circostanze, parmi che la ragione principale dell'agitazione di questa stampa e dell'intervista del signor Duca s1a da ricercars1 non solo nell'agitazione transilvana, che fa fortemente esagerare il pericol(} ungherese e quindi pregiare in modo speciale le antiche combinazioni politiche, ma anche in qualche eventuale insinuazione lanciata da Parigi o dalla Piccola Intesa nei riguardi del recente patto di amicizia e d'arbitrato greco-romeno. rappresentato come frutto di suggestioni e di piani italiani.

Come che sia, la situazione sopra descritta non potrà non restarci ben presente nel governo dei nostri rapporti colla Romania. È infatti una situazione che risponde ad un troppo profondo stato di cose per non cercarne accuratamente le origini remote e porvi un adeguato riparo.

Mia prima impressione è che nell'attuale situazione prevalgano due principali circostanze:

l) quella che la Romania è venuta a po' a po' nella gratuita persuasione di avere un'enorme importanza nel quadro della nostra politica estera, e che pertanto quanto da noi le si conceda, e quanto da essa -nel regolamento delle questioni particolari -ci venga disputato o non ci venga consentito, siano al postutto le naturali poste del suo assunto;

2) e quella della predominanza assoluta della cultura, della voce e del prestigio francese, di fronte ad un'assoluta incomprensione dell'Italia d'oggi e delle sue possibilità politiche.

Ora, se in relazione al primo punto io credo che al rappresentante italiano in questo paese, ed alla stampa italiana convenga in via di massima mantenere un riservato contegno, ed in ogni ·caso tale da non persuadere vieppiù la suaccennata errata credenza romena -in relazione al secondo punto ritengo che la R. legazione dovrà promuovere indefessamente la diffus~one della nostra cultura e sovratutto l'andata in Italia, presso le nostre università, del maggior numero di studenti romeni.

Penso infatti che se l'attuale preminenza della Francia dipende dall'accaparr·amento da essa operato nei riguardi della cultura delle elevate classi sociali romene, l'Italia deve adesso fortemente proporsi l'accaparramento della media borghesia romena, che è una classe qui appena in via di formazione in seguito alle leggi agrarie, e che sarà la classe dirigente di domani, e che è quella appunto che segue attualmente il curriculum universitario.

(l) -T. 1986/82 del 5 aprile, sulla violenta reazione della stampa romena all'intervista concessa da Mussolini a Rothermere. (2) -T. 2278/104 del 19 aprile, sulla diffidenza della stampa romena nei confronti dell'Italia, da ultimo a causa della visita a Roma di Zalewski. (3) -Cfr. n. 254.
282

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2419/181. Angora, 25 aprile 1928, ore 8,20 (per. ore 18,40).

Ho già informato V. E. della campagna che qui si conduce contro Tewfik Roussdi bey, specialmente dalla corrente franco-slavofila che arriva fino n Hikmet bey, segretario generale della presidenza della repubblica.

Azione di questa corrente è rafforzata in questi ultimi giorni. Stamane è venuto a vedermi ministro Albania. Mi ha detto che un suo amico, che è intimo del presidente della repubblica, ha avuto avantieri conferma dallo stesso Mustafa Kemal della intenzione di Tewfik di dimettersi.

Mustafa Kemal riconosceva che se a Tewfik non riusciva concludere due patti di non aggressione italo-greco-turco, altro non rimarrebbe che andarsene.

In seguito queste informazioni, ministro Albania ha avuto ieri sera conversazione Tewfik e Ismet pascià.

Tewfik gli ha parlato con molto pessimismo, dicendo c·he, con i greci, è impossibile venire a sollecita decisione; che lo stesso ministro Papas non arriva a farsi ascoltare ad Atene. Tewfik ha confermato che egli pensa dimettersi, non appena siasi convinto inutilità continuare trattative.

Ismet pascià cui ministro Albania non ha però accennato possibilità dimissioni Tewfik, si è mostrato pure molto pessimista circa realizzazione sua nuova politica verso Italia, larvatamente dicendo che i greci sono gente che non mantiene impegni.

Ministro Albania mi assicura che gazi sostiene Tewfik anche più strenuamente di Ismet, che non lo lascierà cadere se non il giorno in cui tutti i mezzi per fare trionfare politica attuale siansi dimostrati inefficaci.

283

L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2462/180/181. Mosca, 25 aprile 1928, ore 19,30 (per. ore 23,30).

Durante ricevimento ambasciata Persia, Litvinoff prima e Cicerin poi si intrattennero lungamente meco. Riassumo colloquio.

Litvinoff disse comprendere ragioni intervista di V. E. con Tewfik Roussdi bey, perchè Italia mediante propri accordi con Romania, Bulgaria, Ungheria, Grecia e Turchia tende crearsi contro altare politica della Francia nell'Europa centrale, e nei Balcani imperniata sulla Piccola Intesa.

Gli è però incomprensibile perchè si fosse recato a Roma Zalewski, dato che Italia non aveva alcun interesse nell'Europa nord orientale. Obiettai che questa era opinione errata, come egli non si rendesse esatto conto situazione politica dell'Italia interessata in sommo grado a tutti i problemi mondiali e specialmente a quelli europei.

Litvinoff aggiunse sapere che V. E. aveva suggerito a Tewfik Roussdi bey che Turchia concludesse simultaneamente all'Italia anche patto di non aggressione e di amicizia con Grecia, ma che non aveva accolto suggerimento del

ministro degli affari esteri turco che l'Italia concludesse patto analogo con Unione Sovietica. Governo dei Sovieti non poteva non seguire con attenzione visita [di Zalewski] perchè Italia era alleata Polonia, e Russia doveva temere attacchi soltanto da questa ultima.

Cicerin prendendo motivo da risposta negativa datami circa indennità vittime italiane vapore Costi (mio telegramma n. 177), mi disse sarebbe stato dispiacente che ciò avesse turbato buone relazioni fra l'Italia e Russia. Egli doveva pur riconoscere che atteggiamento verso Mosca era stato sempre corretto, anzi amichevole, non essendosi V. E. prestato giuoco anti-bolscevico degli inglesi. Però politica italiana verso Russia era stata sino ad ora passiva. Egli voleva però che diventasse attiva. Accordi fra l'Italia da una parte e Romania, Bulgaria, Grecia, Turchia dall'altra potevano servire allo scopo della politica perseguita dall'Italia nei Balcani, ma davano impressione essere diretti contro Russia. D'altro canto accordo itala-turco non poteva avere portata politica reale in quanto fra l'Unione Sovietica e la Turchia esistevano impegni di tale natura che posta al bivio Turchia avrebbe indubbiamente scelto partito Russia. Politica italiana verso Sovieti avrebbe potuto mutare di colpo da passiva ad attiva accogliendo suggerimento dato a V. E. dal ministro degli affari esteri turco di concludere convenzione amicizia e patto di non aggressione con Russia. Gli risulta però che V. E. aveva tenuto contegno evasivo di fronte suggerimento suddetto. Ciò doveva ascriversi al desiderio non scontentare Inghilterra.

A questo punto, interrompendo silenzio assoluto sino allora mantenuto, dissi a Cicerin che l'Italia faceva politica che meglio corrispondeva suoi interessi ed egli stesso aveva del resto dichiarato poco prima non avevamo seguìto esempio Inghilterra. Gli ho domandato infine se Kurski avrebbe intrattenuto

V. E. di quanto mi aveva detto. Cicerin rispose che Kurski avrebbe ricevuto istruzioni al più presto ma in modo molto discreto perchè Unione Sovietica non vuole avere aria di chiedere elemosine.

Ambasciatore di Turchia che aveva osservato mie conversazioni suddette mi si avvicinò subito dopo e mi disse essere stato informato da Tewfik Roussdi del suggerimento dato a V. E. circa conclusione patto di non aggressione e di amicizia con Russia e dell'atteggiamento evasivo da lei assunto in quanto ella non aveva detto nè sì nè no.

A Mosca però si facevano poche illusioni circa possibilità conclusione suddetto patto di non aggressione. Cicerin gli aveva detto averlo proposto in passato a V. E., ma che ella aveva lasciato cadere la cosa. Osservo che preoccupazioni gravissime di ogni specie, di politica interna estera e sopratutto economica, impongono nel momento presente al Governo dei Sovieti trovare terreno sul quale riportare qualsiasi successo diplomatico. Come V. E. sa, Mosca pensa persino ad attenerlo mediante conclusione trattato di commercio con la Cecoslovacchia rinunziando, pur di concluderlo, alla pregiudiziale riconoscimento ufficiale da parte Praga del Governo dei Sovieti. Si comprende quindi anche tentativo fatto nei nostri riguardi; pur ritenendolo destinato

insuccesso (1).

(l) Sull'atteggiamento della. diplomazia sovietica si rimanda a p. 164, nota l.

284

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2432/356. Belgrado, 25 ap1·ile 1928, ore 22,30 (per. ore 2,55 del 26).

È venuto a vedermi oggi Kennard per chiedermi a quale punto fossero le trattative da me condotte col signor Bacotich sulle questioni particolari pendenti tra l'Italia e Jugoslavia.

L'ho informato sommariamente. Kennard mi ha chiesto poi se avevo notizia di nuovi contatti fra V. E. e codesto ministro jugoslavo signor Rakich, al quale V. E., allorchè lo ricevette un mese fa, avrebbe promesso che lo avrebbe fatto chiamare per discutere in maniera concreta di questioni politiche fra i due paesi. Gli ho risposto che non avevo avuto nessuna notizia al riguardo. Kennard mi ha detto che Rakich attendeva sempre la chiamata di V. E. e che essendo per temperamento molto prudente e timoroso non osava domandare una udienza.

Che era suo pensiero (di lui, Kennard) che Rakich andava incoraggiato, e ciò al fine di fornire anche al signor Marinkovich il modo di farsi avanti con proposte concrete quale quella ad esempio di incontrarsi con V. E.

Kennard mi ha fatto poi un lungo discorso con i soliti argomenti già da lui tante volte enunciati circa necessità intendersi con questo stato per assicurare la pace in questa parte di Europa. Mi ha detto che questi circoli politici giacciono sotto la impressione della paura dell'Italia e che una volta rassicurati da parte nostra delle nostre intenzioni, certo farebbero di tutto per eliminare tutte le cause di attrito. Mi ha poi dichiarato che egli ritiene che via battuta da V. E., che occorra cioè prima stabilire una détente morale fra i due popoli e poi fabbricarvi sopra dei fatti, non era la buona. Secondo lui bisognava prima stabilire un solido accordo fra i due Governi e poi dare opera alla creazione di un migliore spirito pubblico nelle relazioni reciproche.

Gli ho risposto che i quattro anni trascorsi dal patto di Roma ad oggi erano la prova più luminosa della nostra buona volontà e della cattiva volontà di questo stato. Che mi sembrava che detta prova fosse sufficiente per autorizzarci a chiedere delle solide garanzie affinchè l'eventuale nuovo edificio da costruire non si risolva nuovamente in una facciata che copra repentinamente vuoto retrostante come fu per il passato. Che finora non mi sembrava che vi fossero seri sintomi di un nuovo spirito pubblico nei nostri riguardi, a giudicare almeno dal contegno della stampa anche ufficiosa (gli ho citato l'esempio del giornale Slovenec di Lubiana, organo dell'abate Korosec, ministro interno) e delle società segrete notoriamente emananti da questi circoli militari ed operanti col beneplacito delle autorità governative. Gli ho citato lo esempio Narodna Obrana e dell'Oriuna di Lubiana.

Il presente telegramma continua con numero successivo.

285

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2431/357. Belgrado, 25 aprile 1928, ore 22,20 (per. ore 1,15 del 26).

Kennard mi ha risposto che anche lui aveva già segnalato a questo ministro degli affari esteri l'attività nefasta della Oriuna di Lubiana, dicendogli anzi che i documenti che il giornale omonimo andava pubblicando erano evidentemente falsi e servivano soltanto ad eccitare l'opinione pubblica slovena contro l'Italia. Ed ha aggiunto queste testuali parole: • Non bisogna però dimenticare che questi sono dei primitivi, dei selvaggi, mentre voi siete una grande potenza ».

Avendogli fatto subito rispettosamente osservare che mi sembrava questa sua opinione male accordarsi col noto prestito che i banchieri inglesi si preparavano a concedere a questo stato, Kennard mi ha risposto subito che questa legazione d'Inghilterra era rimasta del tutto estranea al prestito stesso e che tale voleva rimanere. Riteneva anzi che anche il Foreign Office fosse rimasto estraneo alla cosa, poiché i banchieri della City hanno mantenuto al riguardo il più grande segreto, come erano del resto soliti fare. Che però, per quanto la somma promessa fosse ingente, non riteneva che questo stato tanto male organizzato avrebbe potuto mettersi in condizioni tali da infastidirei, essendo l'eser.cito S.H.S. male armato ed i tentativi fatti per mettere in piedi qualche industria (che possa liberarli dalla necessità di comperare all'estero) erano destinati presto o tardi a fallire. Ed alla mia affermazione che ritenevo l'esercito jugoslavo ottimo, molto disciplinato anche se non ancora bene armato, sproporzionato come numero all'entità di questo stato, e tale che messo nelle mani di una cricca militare prepotente e male intenzionata poteva tutto osare, Kennard mi ha testualmente risposto: • Ragione di più per appoggiare ed incoraggiare uomini di buona volontà come Marinkovich. Egli, se voi italiani farete in modo da assicurarlo sulle vostre reali intenzioni pacifiche, potrà andare dal re ed imporgli sue vedute. Questo sarebbe l'unico modo per mettere a posto la casta militare •.

Non ho potuto rispondere nulla per non entrare in apprezzamenti sulla persona del signor Marinkovich. Ho chiesto ancora a Kennard notizie del suo viaggio a Cattaro. Mi ha detto che è stato molto piacevole, ma non ha voluto aggiungere altro.

286

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2434/238. Londra, 25 aprile 1928, ore 20,30 (per. ore 3,45 del 26).

Mio telegramma n. 232 (1). Bark è venuto a vedermi oggi e mi ha confermato quanto aveva già esposto a Nathan. Egli mi ha detto Giuricich, direttore banca ipotecaria di

stato a Belgrado, e ministro finanze jugoslavo Markovich arriveranno fra qualche giorno a Londra per definire questione prestito. Questo sarà però emesso se e quando Scupcina avrà appr.ovato piano stabilizzazione dinaro. Prestito complessivo dovrebbe essere secondo richiesta jugoslava di 50 milioni di sterline in un periodo di circa dieci anni.

Prima emissione sarà di sei o dodici milioni di sterline. Tra le condizioni poste e già firmate nel compromesso è quella che prestito dovrà servire esclusivamente per stabilizzazione ed opere pubbliche ed in nessun caso per armamenti. Americani sopratutto sono stati molto fermi su questo punto.

Scopo della visita di Bark è stato quello di pregarmi d'informarmi se banche italiane sarebbero disposte partecipare prestito come è avvenuto nel caso della Grecia. Egli mi ha detto di essere stato incaricato di questo passo da Rothschild che è alla testa gruppo bancario anglo-americano che ha firmato compromesso con Jugoslavia. Rothschild desidererebbe anche per ragioni di sicurezza politica che al prestito al quale dovevano concorrere soltanto banche inglesi americane, partecipassero anche banche italiane e francesi, ma vorrebbe essere assicurato dell'accettazione da parte di esse e di non fare cosa che dispiaccia al Governo italiano.

Nello stesso senso Rothschild si è espresso ieri con S. E. Romano Avezzana che è stato qui di passaggio e me lo ha riferito.

Considerando che qualora prestito si dovesse fare sarebbe a mio avviso non solo utile ma anche opportuno che anche l'Italia vi partecipasse per ovvie ragioni di controllo, ho risposto a Bark che non avrei avuto difficoltà ad informarmi sulla possibilità o meno di una partecipazione italiana e che gli avrei comunicato una risposta al più presto possibile. Sarei grato a V. E. se vorrà impartirmi istruzioni su tale risposta ·con cortese sollecitudine in vista imminente ripresa delle trattative.

(l) T. 2357/232 del 23 aprile: desiderio di Bark che l'Italia partecipi al prestito alla Jugoslavia.

287

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GUGLIELMINETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA R. 989/442. Vienna, 26 aprile 1928.

Mio telegramma per corriere n..... (l) del marzo u. s.

A seguito della comunicazione citata mi onoro trasmettere a V. E. l'unita copia di un rapporto direttomi da questo R. addetto militare e relativo ad alcune dichiarazioni testè fatte a quest'ultimo dall'ex deputato e proprietario fondiario barone von Pantz circa l'atteggiamento delle • Heimwehren » dell'Alta Stiria nei riguardi del nostro paese.

ALLEGATO.

VECCHIARELLI A GUGLIELMINETTI (l)

R. R. 761. Vienna, 21 ap1·ile 1928.

Si è recato da me un barone von Pantz (da Steinach in Stiria) il quale, dicendosi ex-deputato al Reichsrat austriaco e presentemente esponente della direzione della Heimwehr dell'Alta Stiria, mi ha fatto le dichiarazioni seguenti:

l) gli aderenti alle associazioni di protezione di destra in Alta Stiria nutrono la più grande ammirazione e considerazione per S. E. Mussolini e per il Fascismo; particolarmente ne condividono le direttive contrarie all'ingerenza, nei singoli paesi, di organismi internazionali quali la massoneria ed il social-comunismo;

2) essi vagheggiano la formazione in Europa di un blocco politico italaaustriaco-germanico-ungherese, per la formazione del quale vedono un presupposto nell'allontanamento di Stresemann dal Governo del Reich e nel debellamento delle forze massonico-socialistizzanti-francofile, cui egli si appoggia, nonchè nella liberazione dell'Austria (e soprattutto di Vienna) dalla demagogia rossa;

3) ciò posto essi desiderano essere apprezzati convenientemente dal R. Governo ed entrare in relazione con lo stesso in vista di una reciproca collaborazione p el raggiungimento dei « comuni scopi ». Dall'Italia, oltre l'appoggio politico, essi sperano e desiderano un aiuto materiale sotto forma di fornitura d'armi (100.000 fucili Mannlicher); fornitura naturalmente da subordinarsi a precisi specifici accordi, che potrebbero connettersi anche ad un'eventuale collaborazione in caso di conflitto armato itala-jugoslavo;

4) quanto alla questione dell'Alto Adige, essi ritengono che, con la formazione del blocco di cui al comma 2) se ne faciliterebbe la soluzione, come restituzione allo stato pantedesco o all'Austria; oppure come concessione di una speciale autonomia da parte nostra.

Perciò essi non sono del parere di agitarla adesso (e biasimano Seipel per averlo fatto « ad istigazione del massone Benes •) ma rappresentano in pari tempo che anche da parte nostra converrebbe evitare quanto possa urtare le suscettibilità nazionali d'oltre Alpe, allo scopo di facilitare la desiderata presa di contatto con queste correnti fascistofile.

Mi ha infine pregato di riferire a chi di dovere e di permettergli di indirizzarmi il periodico dell'associazione.

Dopo averlo ascoltato, evitando di entrare in alcun modo nel merito di quanto egli mi rappresentava, ho risposto al barone von Pantz che il riferire rientra nelle mie normali attribuzioni e che lo avrei fatto; che non vedevo alcun inconveniente a che mi fosse inviato il periodico dell'associazione (ciò che dovrebbe servirmi, secondo lui, a convenientemente apprezzarne l'efficienza) purchè non al mio indirizzo ufficiale. Abbiamo convenuto che sarà spedito all'indirizzo privato di un mio sottufficiale.

Il von Pantz mi è del tutto sconosciuto; riterrei pertanto opportuno fare assumere informazioni a mezzo del R. Consolato Generale di Graz. Quanto al tenore delle dichiarazioni di lui, osservo:

l) si ha qui una nuova conferma della persistente attività e del continuo incremento delle Heimwehren; però le armi farebbero difetto, pur esistendone indubbiamente in non trascurabile quantità;

2) si conferma anche che, in caso di conflitto itala-jugoslavo -e particolarmente in caso di ipotetico sconfinamento in territorio austriaco (2) -noi potremmo avere dalla nostra le Heimwehren, mentre -com'è noto -non sarebbe improbabile che il « Republikanischer Schutzbund » favorisse i jugoslavi. Ne potrebbe

derivare -cQme già rappresentato altra volta (l) -la guerra civile in Austria; l'apporto delle due milizie alle due parti belligeranti verrebbe in tal caso ad annullarsi, essendo chiaro che esse avrebbero maggiore interesse a combattersi per il raggiungimentQ dei propri scopi di politica interna, che per favorire le azioni militari straniere;

3) della simpatia delle Heimwehren per l'Italia e per il Fascismo sembra più che legittimo dubitare. I cristiano-sociali e pangermanisti che le compongono sono per tradizione italofobi; lo stesso barone von Pantz, che evidentemente si proponeva di rendersi accetto, non ha saputQ tacere le assurde pretese relative all'Alto Adige. Quanto al Fascismo è ben noto alla S. V. come in questo paese nessuno ne abbia compreso l'essenza; per avversari e sedicenti ammiratori esso è niente più che un regime « reazionario •; la integralità sfugge loro completamente. L'avvicinamento all'Italia voluto da qualche c·omponente delle Heimwehren appare piuttosto come un temporaneo e probabilmente non gradito espediente pel raggiungimento di fini particolari.

Nè è da dimenticare che il capo politico di tale organizzazione (almeno nominalmente, chè i particolarismi regionali ne riducono moltQ l'autorità) è un tirolese, per il quale la questione dell'Alto Adige sarà sempre un legittimo pretesto per riassumere -a suo tempo -il primitivo atteggiamento antitaliano.

(l) Manca il numero.

(l) -Il rapporto venne inviato anche al ministero della guerra. (2) -Come ho ripetutamente riferito qui è ormai diffusa -direi quasi universalmente l'opinione che tale sconfinamento dovrà necessariamente avvenire nella ipotesi suddetta. [Nota del documento].
288

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 2017/125. Roma, 27 aprile 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 181 (2).

Non vedo perchè scetticismo turco nei riguardi sollecita definizione vertenze coi greci dovrebbe senz'altro mettere in forse conclusione dei due patti simultanei il cui sistema è appunto destinato a facilitare tale definizione in un secondo tempo. Non riesco quindi a spiegarmi che cosa stia accadendo costà e prego V. E. di chiarirmelo esattamente accertando le reali intenzioni di Angora. Dica da parte mia a Roussdi bey che abbia il coraggio di prendere le decisioni che io gli ho proposto nell'interesse superiore della Turchia.

289

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2507/190/191. Costantinopoli, 28 aprile 1928, ore 20,30 (per. ore 11 del 29).

Ho avuto ieri conversazione con Tewfik Roussdi bey, che mi ha assicurato aver telegrafato istruzioni a Suad bey in seguito decisione consiglio dei ministri. Come V. E. ormai conosce, dette istruzioni si riassumono, per quanto riguarda trattato:

l) -Ritorno al testo del preambolo redatto a Roma, sopprimendo accenno alla collaborazione che, come dice Tew.!ìk Roussdi bey, urta l'ipersensibilità

kemalista, confermerebbe sospetti che già si hanno all'estero, mentre effettivamente, dalle nuove più intime relazioni, quella collaborazione verrà attuata di fatto.

2) -Articolo 4°: converrà precisarne portata, mediante scambio di lettere, se V. E. consente, per evitare che una terza potenza non gradita all'una e all'altra parte o ad una parte, presenti domanda di aderire. Quanto annessione protocollo al trattato, Governo turco domanda la soppressione, perchè non si vuole che in un patto tra Italia e Turchia, dato che protocollo dovrebbe far parte integrale del medesimo, trovi posto una terza potenza.

Ciò è stato riconosciuto a Milano, dove V. E. avrebbe detto a Tewfik Roussdi bey di contentarsi di una dichiarazione. Questa dichiarazione fu data formalmente e questa dichiarazione sarà mantenuta. Urta al Governo turco il firmare trattato col quale Turchia si mette sopra nuove direttive di politica internazionale, quando questo trattato reca già in sè riconoscimento possibile denunzia dipendente non soltanto dall'attitudine delle due parti contraenti. Tewfik Roussdi bey fa tutto il possibile per attivare negoziati con Grecia e, come V. E. vedrà dal mio telegramma n. 192 (1), vi è piena speranza avere trovato strada, seguendo la quale questioni pendenti tra Turchia e Grecia potranno essere liquidate completamente entro breve tempo. Se ciò avverrà cade scopo dell'annessione protocollo.

Governo turco sarebbe vivamente soddisfatto se V. E., senza attendere soluzione questioni pendenti con Grecia, vorrà firmare accordo italo-turco. Tewfik Roussdi bey preme su Governo greco, perchè si decida firmare accordo con Roma. Ogni giorno che passa aumentano pressioni, inviti imbarazzanti, ostacoli da parte di chi ha interessi a annientare o per lo meno neutralizzare risultati colloquio di Milano. Se V. E. desidera prima firmare, sistemare questioni pendenti tra Grecia e Turchia, Governo turco non potrà che rimettersi alla volontà di V. E. Egli si manterrà fedele alle promesse scambiate a Milano, su queste continuerà base sua azione politica, pronto firmare senza condizioni patto come sopra modificato nel preambolo. Nel corso della conversazione mi ha parlato della necessità nella quale si troverebbe di dare proprie dimissioni, se sua politica, iniziata a Milano fallisse o tardasse a portare quei risultati che si attendono. Egli mi dice sa di avere molti nemici, in casa e fuori, che sfruttano questo dilungarsi delle trattative. Gazi e Ismet lo sostengono, ma egli si sentirebbe più sicuro e lavorerebbe allo sviluppo delle nuove relazioni italoturche con maggiore decisione, se patto italo-turco venisse senz'altro firmato. Io posso affermare che questa preoccupazione di Tewfik Roussdi bey risponde realtà. Sarebbe proprio da rammaricarsi se risultato colloquio Milano dovesse essere annientato dalle tergiversazioni di Michalaoopoulos che Tewfik Roussdi bey teme nascondano intenzione di strappare da V. E., all'ultimo momento, una dichiarazione sia pure in forma vaga concernente Dodecanneso, allo scopo aumentare successo e prestigio all'interno di Michalacopoulos.

(l) -Cfr. rapporto del 19 maggio 1927, n. 1253. [Nota del documento]. (2) -Cfr. n. 282.

(l) T. 2508/192 del 28 aprile, che non si pubblica.

290

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2591/762. Belgmdo, 28 aprile 1928 (per. il 1° maggio).

Miei telegrammi n. 356 e 357 (1).

Ho visto oggi casualmente il signor Kennard, ministro d'Inghilterra il quale mi ha detto che, nel colloquio avuto ieri, Marinkovich gli aveva detto che fra qualche giorno avrebbe impartito istruzioni al signor Rakich, ministro S. H. S. a Roma, di sollecitare da V. E. una udienza per conoscere quale sia il pensiero di V. E. circa i rapporti italo-jugoslavi.

Kennard ha aggiunto che Marinkovich gli aveva ripetuto che le convenzioni di Nettuno sarebbero state presentate alla Scupcina solamente nel caso che il Governo avesse potuto raccomandare la loro approvazione per avere l'Italia già manifestato il suo fermo desiderio di addivenire ad un nuovo trattato di stretta amicizia fra i due paesi. Insomma le convenzioni di Nettuno dovrebbero essere il corollario dell'eventuale futuro trattato di amicizia e non la premessa. Il che non stupisce, poichè rientra nel concetto di Kennard enunciato come suo, ma che è invece di ispirazione di Marinkovich, che cioè la • détente morale • debba seguire, non precedere l'eventuale nuovo patto.

Quanto alle convenzioni di Nettuno, mi permetto fare presente un rilievo che, se non giustifica, attenua la portata del pensiero di Marinkovich. Contro di esse è stata fatta una tale campagna ostile, che solamente in due ipotesi esse potrebbero essere approvate:

l) se presentate da un Governo di larga concentrazione nel quale fossero compresi Radich e Pribicevich;

2) se, come sembra chieda Marinkovich, accompagnate dall'annuncio che tra Italia e Jugoslavia si sono iniziate nuove relazioni di salda amicizia, ossia se presentate sotto la pressione morale della rinnovata amicizia.

Al di fuori di queste due ipotesi non vedo come si possa giungere alla approvazione di dette convenzioni.

291

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

L. 2519. Roma, 29 aprile 1928. Per incarico di S. E. il Capo del Governo segnalo alla particolare Sua attenzione i telegrammi dalla Jugoslavia, relativi alla visita del ministro britannico Kennard in Dalmazia e alle Bocche di Cattaro, telegrammi che le sono stati inviati per corriere. Penso che non dovrebbe forse riuscire difficile di far rilevare opportuna

mente da qualche giornale inglese amico della pace come sia evidente la contraddizione fra la politica di pace affermata e seguita dal governo britannico,

e l'atteggiamento del ministro a Belgrado, che su una nave da guerra serbocroato-slovena si reca a visitare ufficialmente col ministro della Guerra e con ufficiali di marina jugoslavi i sottomarini, novissime armi da guerra che la industria britannica ha fornito a quel Governo jugoslavo le cui irrequiete mire bellicose la stampa italiana ha più volte denunciate, e Io stesso R. Governo ha dovuto segnalare a quello britannico.

Se le fosse realmente possibile di far pubblicare da un giornale inglese qualche segnalazione in questo senso, sarebbe più facile evitare inopportuni attacchi della stampa italiana la quale potrebbe limitarsi a riprendere la eventuale pubblicazione inglese.

(l) Cfr. nn. 284 e 285.

292

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2556/192. Ginevra, 30 aprile 1928, o1·e 17,40 (per. ore 20).

Mio telegramma n. 67 (1).

Ministro Fotich delegato permanente serbo presso Società Nazioni mi ha chiesto quale impressione V. E. avesse riportato delle dichiarazioni fatte dal Marinkovich sui rapporti itala-jugoslavi. Gli ho risposto che lo ignoravo. Nell'eventualità di ulteriori contatti col Fotich od altre personalità jugoslave sarei grato se V. E. volesse fornirmi ove lo ritenga opportuno, qualche elemento per mia norma di linguaggio.

293

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Ed. paaialmente in VEDOV.~To, pp. 71-72)

T. 2547/65. Addis Abeba, 30 aprile 1928, o1·e 12,30 (per. ore 21,15).

* Telegramma di V. E. n. 44 (2).

Ho avuto giorno 27 una lunga conversazione con Ras Tafari e gli ho esposto, nel modo più chiaro possibile e con gli argomenti più adatti alla sua mentalità, le considerazioni dell'E. V. sui limiti progetto di trattato amicizia.

Ras Tafari ha apprezzato al suo giusto valore l'accettazione dell'art. 2 e desidera che V. E. sappia che egli si rende pienamente conto che la questione più importante è la esclusione di ogni possibilità di conflitto armato.

Come avevo accennato nel mio telegramma n. 58 (3), Ras Tafari mi ha dichiarato che non era mai stato nel suo pensiero di mettere i sudditi italiani in -condizioni di inferiorità di fronte agli altri europei e che quindi era pronto

ad aggiungere tutte le riserve necessarie ai paragrafi in discussione circa la

giurisdizione o a modificarli d'accordo con V. E. Sta bene per l'aggiunta • e

sue colonie •. Ho avuto da lui la conferma che la sua intenzione era di inserire

un articolo del genere dell'art. 2 del trattato franco-etiopico del 1908, e mi

ha chiesto se V. E. avrebbe avuto obiezioni. *

Ras Tafari ha aggiunto che la sua insistenza per una clausola di stabilimento, è motivata dal suo convincimento che l'apertura della strada di Assab è destinata a modificare la situazione di varie delle più importanti provincie del nord creando nuovi interessi, sviluppando il commercio, aumentando il numero dei commerci in Etiopia ecc. Essendo quella regione in uno stato arretrato di civiltà in confronto di Addis Abeba si temono complicazioni e conflitti di interessi e perciò, per fare tacere i critici, ritiene indispensabile inserire anche nel patto di amicizia una clausola al riguardo ed attende la formula che potrebbe suggerire V. E. Gli ho spiegato bene anche tutti i punti relativi alla Società Nazioni ed oggi Ras Tafari non ha insistito. Mi ha detto che avrebbe riflettuto e mi avrebbe fatto conoscere suo pensiero. Ha soggiunto se sarebbe invece possibile un accenno alla corte dell'Aja.

* Mi ha chiesto un pro-memoria sugli argomenti esposti dichiarandosi in attesa del controprogetto di V. E.

Credo che il 2° paragrafo dell'art. 21 potrebbe essere modificato in questo senso o presso a poco:

• I due Governi s'impegnano a ricorrere a tutti i mezzi pacifici per risolvere i conflitti che sorgeranno tra loro •.

Ras Tafari è stato come sempre molto cordiale e* mi è sembrato animato (l) da una reale volontà di terminare al più presto queste trattative.

(l) -Cfr. n. 275. (2) -Cfr. n. 265. (3) -T. 2463;58 del 25 aprile. che non si pubblica.
294

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 2063/124. Roma, 30 aprile 1928, ore 22.

Si rechi immediatamente da Michalacopoulos e gli renda noto quanto segue: Si è determinata in Turchia una situazione che impone di troncare gli indugi altrimenti Roussdi bey dovrà dimettersi. Ambasciatore turco mi ha oggi uffidalmente comunicato ch'egli è autorizzato a firmare il trattato italaturco colla soppressione dell'articolo 4 e senza il protocollo annesso. Notizie da Angora mi dicono che le conversazioni dirette greco-turche permettono di prevedere una felice conclusione delle medesime, ragione per cui il protocollo e relativa penalità annessavi non avrebbe più ragione di essere. Aggiungo che anche senza il protocollo, la firma simultanea e bilaterale dei patti italaturco e italo-greco metterebbe sempre l'Italia in condizioni di esercitare i suoi buoni ed amichevoli uffici per realizzare anche l'accordo greco-turco. Tanto meglio se la pausa intervenuta fra gli incontri di Milano e la firma dei patti sarà stata utilizzata come è avvenuto per conversazioni dirette greco-turche.

Accordi greco-turchi sono certamente importanti ma più importanti sono patto italo-greco e patto italo-turco. Comunichi quindi: 1° -Che ho rinunciato all'articolo 4 dello schema del trattato; 2° -Che data situazione turca e necessità italiane nonchè avanzamento negoziazioni dirette greco-turche non considero più necessario annettere testo trattato protocollo concernente liquidazione questioni minori greco-turche; 3° -Che firma trattato italo-turco avverrà venerdì

o lunedì prossimo; 4° -Che nello stesso giorno sono disposto a firmare analogo trattato colla Grecia. Faccia intendere a Michalacopoulos che ulteriore indugio darebbe forza circoli turchi antitaliani che subiscono influenza Russia la quale non vuole che Turchia si accosti all'Occidente e particolarmente all'Italia fascista. Tali circoli potrebbero mettere in pericolo conclusione negoziato che interessa Italia. Firma simultanea patto colla Grecia mette a posto completamente Michalacopoulos. Resta appendice questioni pendenti fra Grecia e Turchia ma a patti firmati sarà possibile realizzare quanto il protocollo stesso si proponeva. D'altra parte protocollo era fatto subordinato mentre trattato era e rimane l'essenziale pei rapporti fra Grecia e Italia, fra Italia e Turchia. Faccia subito queste comunicazioni a Michalacopoulos e immediatamente riferisca (1).

(l) In VEDOVATO, « si mostrò animato •·

295

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI

TELESPR. 223629/133. Roma, 2 maggio 1928.

In risposta al telegramma posta 10 corrente (2) n. 840/184 (3) pregiomi comunicare alla S. V. che nel Trattato di amicizia Italo-Romeno non (dico non) esistono clausole segrete ( 4).

296

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE FINANZE, VOLPI, E AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI (5), E A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 2153. Roma, 3 maggio 1928, o1·e 21.

(Per Finanze). Lettere del capo di gabinetto del 28 e 29 aprile scorso. (Per Berlino). Rapporto di V. E. n. 842/478 del 21 aprile scorso. (Per Finanze e Berlino). Ho telegrafato al R. ambasciatore a Costantino

poli quanto segue:

(Per tutti). Telegramma di V. E. n. 194/13 (1). Nogara ha riferito che, uniformandosi direttive dategli da S. E. il ministro delle finanze circa possibilità prendere in seria considerazione eventuale partecipazione di capitali italiani alla creazione di una banca di stato in Turchia, egli, nella seduta 29 novembre scorso tenutasi ambasciata turca a Parigi per discutere questione trasferimento annuità per il servizio debito pubblico ottomano, offrì delegazione turca priorità di trasferimento per il servizio del prestito esterno turco che fosse destinato al risanamento monetario ed alla stabilizzazione lira turca. In tale occasione Nogara dichiarò che anche la finanza italiana avrebbe partecipato volentieri alla operazione nella proporzione di circa il 10 % dell'ammontare del prestito. D'altra parte Banca commerciale italiana interpellata in proposito ha dichiarato che qualora Governo Angora avesse intenzione creare una banca di stato e le altre banche estere partecipassero al capitale necessario, essa -sempre quando la cosa fosse di gradimento del R. Governo -sarebbe disposta ad intervenire.

S. E. il ministro delle finanze, richiesto di far conoscere il suo avviso, na dichiarato di ritenere opportuno un intervento dell'E. V. presso codesto Governo per rompere la catena che la finanza specialmente franco-tedesca vuole stringere intorno al predetto Governo per escludere una partecipazione diretta italiana al problema della stabilizzazione della moneta turca.

Pertanto, anche in considerazione che una tale partecipazione riuscirebbe vantaggiosa ai nostri rapporti commerciali con la Turchia, autorizzo V. E. a dichiarare ad Angora che, nei riguardi della creazione di una banca di stato in Turchia, le nostre banche parteciperebbero al capitale necessario, senza peraltro precisare per ora la portata.

(l) La minuta è di pugno di Mussolini.

(2) Sic.

(3) -Cfr. n. 241. (4) -In realtà, come risulta da un successivo appunto della Segreteria Generale, il trattato di amicizia conteneva una • clausola segreta stipulata separatamente relativa ad accordi da prendersi dagli Stati Maggiori dei due Paesi in caso di aggressione non provocata contro una delle Parti contraenti •. Il testo di questa clausola non si è trovato. Un accenno in BARON ALorsr, Journal 25 JuiUet 1932-14Juin 1936), Paris, 1957, p, 41. (5) -Il telegramma venne inviato, tramite Aldrovandi, a Nogara, il quale si trovava a Berlino in qualità di • trustee • per le obbligazioni industriali relative alle riparazioni tedesche.
297

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2632/214. Atene, 3 maggio 1928, ore 1,45 (per. ore 6 del 4) (2).

Mio telegramma n. 213 (3).

Torno in questo momento da Ipati dove ho personalmente reso noto a Michalacopoulos il contenuto del telegramma di V. E. n. 2063/124 (4) facendogli le comunicazioni ordinatemi.

Gli ho esposto, illustrandole diffusamente, tutte le motivate considerazioni che hanno indotto V. E. alla attuale decisione. E nell'informarlo che V. E. era disposta a sottoscrivere colla Grecia un patto identico a quello italo-turco simultaneamente alla firma di quest'ultimo, ho avuto cura di porre calorosamente in rilievo la favorevole posizione nella quale l'Italia si sarebbe venuta a trovare dopo la firma dei suddetti patti, per interporre efficacemente i suoi

amichevoli uffici presso la Turchia, onde facilitare la liquidazione delle pendenze greco-turche.

Gli ho del pari parlato ampiamente della situazione determinatasi in Turchia, anche sotto le così dannose mene bolsceviche, antifasciste, italofobe e della precarietà che di conseguenza minaccia la posizione di Roussdi bey. Gli ho fatto presente la imprescindibile necessità di troncare ogni indugio ed ho cercato di fargli comprendere come la simultaneità dei due patti porrebbe perfettamente a posto la sua azione di attesa nell'interesse del proprio paese.

Michalacopoulos (il quale è tuttora debole ed assai visibilmente sofferente) mi ha ascoltato con la consueta maggiore amichevole cordialità, ma non mi ha nascosto nei due lunghissimi colloqui che abbiamo avuto 27 corrente (l) e stamane, la sua vivissima perplessità e il doloroso scoramento che aveva provocato in lui la comunicazione in parola. Mi ha detto che pure nutrendo la maggiore deferenza per le ragioni che, sotto l'angolo visuale legittimamente complesso della politica internazionale italiana hanno potuto determinare V. E. all'integrale accoglimento delle esclusioni pretese, dietro le quinte, dalla Turchia, nei confronti del progetto proposto ultimamente dall'Italia, non può suo malgrado fare a meno di riportare la sensazione come di una omologazione da parte nostra. Ha aggiunto essere egli fermissimamente convinto che, dal canto suo, la Turchia non può interpretare l'adesione italiana alla rinuncia di ogni benchè minima forma di garanzia per la Grecia altrimenti che come un mutamento di quella linea politica chiaramente amichevole seguita, specie nell'ultimo periodo, dall'Italia verso questo paese.

Angora considererà quindi tale stato di cose come un clamoroso successo riportato direttamente nei confronti di Atene. Ed irrigidendosi la Turchia nelle sue posizioni, ne sarà definitivamente frustrato il cammino che si era faticosamente conquistato sotto l'efficace ausilio italiano, nonchè grazie al sincero spirito conciliativo, di cui la Grecia sarebbe stata disposta a continuare a dare anche maggiori prove, nell'ulteriore corso della negoziazione. E questo tanto più doloroso per la Grecia essere stato, diceva sempre Michalacopoulos, in quanto dò si verifica proprio a pochi giorni di distanza dal momento in cui le modalità per una conciliativa liquidazione arbitrale delle vertenze greco-turche

o addirittura la immediata composizione di talune di queste stavano determinandosi col migliorato andamento delle conversazioni dirette Roussdi-Papas, sotto l'egida dell'Italia « la quale, dall'avere essa stessa così curata e diretta la pacifica stabilizzazione nel Mediterraneo orientale, attirando inoltre decisamente nella propria orbita i paesi più direttamente interessativi, trarrebbe enorme incremento al proprio prestigio di grande potenza • (sic).

Stimo superfluo dilungarmi sulle motivate obiezioni con cui ho creduto controbattere punto per punto le ... (2) e le successive considerazioni di Michalacopoulos.

Questi mi ha pregato di confermare all'E. V. come essendosi d'intesa allontanato da Milano coll'intimo convincimento di avere colà avuto l'affidamento che l'Italia non avrebbe concluso un patto colla Turchia senza che fosse con

temporaneamente assicurata alla Grecia una qualsiasi seria garanzia da parte di Angora, aveva in tal senso riferito ai colleghi di Gabinetto per ottenere, su dette basi precise, l'autorizzazione a procedere oltre ai negoziati per la convenzione a tre. Essere pertanto costretto a sottoporre all'esame dei predetti colleghi una eventuale soluzione che modifica così ... (l) importante per la Grecia e la forma precedentemente convenuta. Nè che saprebbe quindi egli formulare di propria iniziativa risposta alcuna per quanto concerne la proposta di sottoscrizione del patto italo-greco nella forma attuale, senza una previa decisione in merito del consiglio dei ministri. Avendogli io dichiarato nettamente il mio avviso ci11ca la situazione che deriverebbe alla Grecia e la ripercussione sugli interessi ellenici da una astensione di questo paese dalla conclusione di un patto con noi simultaneamente alla firma del patto italo-turco, mi ha risposto che anche indipendentemente da ogni simile analisi, occorre preoccuparsi intensamente del fatto primordiale dell'enorme difficoltà che l'opinione pubblica greca aocetti un patto politico che significhi un evidente orientamento verso una determinata grande potenza, senza vederlo collegato con una pratica garanzia di soluzione delle divergenze con uno dei vari fastidiosi vicini. Mi ha poi recisamente affermato, malgrado le mie vive rimostranze in proposito, che il nuovo svolgimento delle cose sarebbe, specialmente in confronto delle buone speranze trapelate con larga diffusione dopo Ginevra e Milano, considerato da tutta questa opinione pubblica (presso la quale avrebbe assai buon giuoco la propaganda estera ed interna di opposizione attraverso la stampa) e forse dallo stesso Gabinetto ellenico, come un assai grave insuccesso della politica italofila da lui Michalacopoulos sinceramente propugnata e seguita, sì da scuoterne quasi certo irrimediabilmente la propria posizione personale. Incidentalmente Michalacopoulos ha osservato non ritenere punto che siano gli intrighi russi in pratica i più minacciosi nell'ostacolare un avvicinamento della Turchia all'Italia ma piuttosto quelli francesi che tendono ad ogni costo ad impedire una intesa della Grecia e della Turchia • sotto la protezione italiana • (sic). Ha ripetuto nuovamente più volte che alla resistenza francese alla combinazione a tre (purchè sotto una delle varie forme precedentemente concertate), la Grecia sarebbe passata nettamente oltre. E quando gli ho obiettato che dopo tutto, il progetto di patto, quale da noi sottoposto per iscritto, non era integralmente accettato nemmeno dalla Grecia mi ha risposto testualmente:

• nel corso dell'amichevole esame cercavo con legittime controproposte ottenere qualche possibile miglioria, ma ella si rende ben conto che sostanzialmente accettavo •.

Michalacopoulos ha ,concluso asserendo che oltre alla tanto grave perplessità per la cosa in se stessa, lo colpisce profondamente il termine perentorio così breve (di venerdì o lunedì) entro il quale gli è materialmente impossibile di consultare i colleghi e deliberare. Ha finito col pregarmi visibilmente emozionato di • trasmettere in suo nome un caldo appello agli amichevoli sentimenti sempre benevolmente dimostratigli dall'E. V. affinchè, ove ciò sia ancora possibile, V. E. consenta personalmente a lui 1V.I1ichalacopoulos la dilazione di una settimana per la risposta al punto 4° del telegramma di V. E. •.

17 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

(l) -Non rinvenuto. (2) -La data di partenza è, con ogni probabilità, 4 maggio, ore 1,45. Arlotta infatti parti per Ipati la mattina del 2 maggio e rientrò ad Atene la sera del 3, quando, verosimilmente, minutò il telegramma. (3) -T. 2593/213 del l maggio, che non si pubblica. (4) -Cfr. n. 294. (l) -Sic, ma non risulta dalla documentazione un colloquio Arlotta-Michalacopoulos del 27 aprile. Deve leggersi 2 corrente. (2) -Gruppo indecifrato: affermazioni?

(l) Gruppo indecifrato.

298

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

L. R. P. Atene, 3 maggio 1928.

Rientro in questo momento da Ipati (stazione di cura a nove ore di ferrovia da Atene) dove ho dato a Michalacopoulos la notizia prescrittami, circa la firma del patto italo-turco e la offerta della firma simultanea di un patto italo-greco, però colla soppressione della annessa dichiarazione ·concernente la liquidazione delle pendenze greco-turche. Non mi permetto naturalmente la benchè minima discussione sulle ragioni che hanno determinato la suddetta decisione, e però La assicuro che ho sostenuto nel modo più strenuo, e con tutte le considerazioni del caso, l'opportunità per la Grecia di aderire senz'altro alla nuova combinazione. Riferisco dettagliatamente stasera stessa per telegrafo (1). Ma prendo inoltre la libertà di disturbarla anche personalmente, perchè Ella possa -ove V. E. lo consideri fattibile -sottoporre al giudizio di S. E. Mussolini l'eventuale opportunità e convenienza di fare ancora un ultimo sforzo per la ricerca di una qualsiasi formula di garanzia che • salvando la faccia » di questo Governo, gli consenta di partecipare alla combinazione, e faccia contemporaneamente sì che noi non perdiamo, nei riguardi della Grecia, quella posizione davvero di prim'ordine che l'Italia è sulla ·così buona via di conquistare in tutto il Mediterraneo Orientale col desiderato accordo a tre.

Specialmente dopo Ginevra e Milano, Michalacopoulos si era impegnato a fondo di fronte all'opinione pubblica nel senso che l'unione con l'Italia e l'appoggio di questa avrebbero dato la possibilità di una qualche conclusione colla Turchia; senza di una qualche cosa concreta in tale linea, la sua posizione diviene insostenibile, egli asserisce fondatamente, per le minacce della opposizione interna ed esterna, e l'altra parte, quella franco-serbo-pangalista, trionfa qui decisamente sopra di noi. Mi scusi, Eccellenza, se Le scrivo così, in frettissima, sul punto proprio della partenza del corriere: ho voluto soltanto sottoporre dei dati di fatto che possano valere a S. E. il Capo del Governo ed a Lei quali elementi nel giudizio della così complessa situazione generale.

299

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

R. RR. P. 1078. Budapest, 3 maggio 1928.

Stamani •comunicai verbalmente al Conte Bethlen il contenuto del telegramma di Paulucci de' Calboli relativo al suo colloquio col Signor Titulescu (2) trasmessomi con lettera di V. E. n. 179 in data 25 Aprile.

Lo trovò interessantissimo e rilevò con piacere che l'iniziativa della conversazione era partita da Titulescu. Sua impressione si è tche il già noto latente contrasto fra Titulescu e Benes, dovuto alla direzione della Piccola Intesa ed a differenti e forse contrastanti interessi, va ora manifestandosi. Il Presidente del Consiglio era a conoscenza che Benes è strumento di Berthelot e che i due procedono mano in mano. Nuova riprova egli ne ebbe in questi ultimi tempi. Questo Ministro di Francia infatti, ogni volta che ha occasione di incontrarlo, gli chiede chiarimenti sulle relazioni con Praga e con Belgrado incitandolo a migliorarle, senza mai fare accenno dei rapporti ungaro-romeni. Ne deduce che i piani Berthelot-Benes non debbano incontrare molta simpatia in Romania, che in tal modo viene dalla Francia in certa misura lasciata all'infuori di scambi di idee e trattative alle quali Cecoslovacchia e Jugoslavia prendono parte.

Il Conte Bethlen considera che le dichiarazioni del Signor Titulescu riguardo alla possibilità di un patto di amicizia e non aggressione con l'Ungheria sono confortanti e fanno bene sperare per l'avvenire. Non è assolutamente possibile però che un accordo possa intervenire sulla base finanziaria prospettata dal

Ministro Rumeno, ma solo su quella da lui proposta al Governo di Bucarest: restituzione delle foreste sequestrate (e tuttora in proprietà dello Stato rumeno) ed indennizzi per le terre sulla base del 50 % del valore. Altra indispensabile condizione: accordo fra Stato rumeno e minoranze magiare con la garanzia che le provvidenze adottate in loro favore saranno mantenute anche dai Governi successivi. Egli non intende sollevare ora la questione delle frontiere. Le proposte avanzate a Bucarest dall'Ungheria prospettano anche un piano finanziario mediante il quale la Romania potrebbe facilmente soddisfare a lunga scadenza gli optanti ungheresi con un modesto e sopportabilissimo aggravio finanziario. Egli ritiene che le trattative che riguardano l'accordo finanziario debbano aver luogo direttamente fra Budapest e Bucarest -solo in un secondo tempo, quando si potesse prevedere la possibiltà di un accordo, sarebbe assai utile e desiderabile un amichevole intervento nostro ed eventualmente polacco.

Il Conte Bethlen vorrebbe tentare di sfruttare il contrasto Benes-Titulescu: e cioè fingere di intavolare trattative con agenti di Benes sulla partecipazione ungherese alla nota combinazione danubiana di Praga, facendo in modo che il suo passo giunga all'orecchio di Titulescu, magari a mezzo della stampa, per indurlo ad essere più conciliante verso l'Ungheria. Il Presidente però non ne farà nulla senza il •Consenso di S. E. Mussolini.

Come mia personale impressione osservai al Conte Bethlen che vi potevano eventualmente essere altri mezzi meno chiassosi della stampa -ciò che mi pareva pericoloso -perchè il Signor Titulescu ,venisse a sapere di tale presa di /contatti con agenti di Praga. A conclusione del mio dire ed a riprova della mutata atmosfera politica a Bucarest nei riguardi dell'Ungheria comunicai al Conte Bethlen il contenuto del telegramma per corriere in partenza N. 1967 del 25 Aprile u. s. concernente l'articolo comparso sull'Indépendence Roumaine del 18 Aprile.

Infine il mio interlocutore mi ripetè (mio tel. per corriere N. 592 del 4-3-28 pos. Gab.) (l) che purtroppo non è soddisfatto di questo Ministro d'Inghilterra Sir Colville Barklay (testè nominato a Lisbona) avendo avuto campo di constatare che egli raoconta ogni cosa al collega francese. E mi chiese se credevo questa condotta fosse dettata da istruz-ioni da Londra. Gli risposi che lo ignoravo, ma che ad ogni modo mi era nota la sua congenita francofilia, certo rafforzata da ragioni di sangue e di abituale residenza in Francia, dato che sua madre è francese.

(l) -Cfr. n. precedente. (2) -Cfr. n. 263.
300

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 2163/130. Roma, 4 maggio 1928, ore 18,30.

Rispondo suo telegramma riferente colloquio con Michalacopoulos (2).

Per quanto Angora abbia già annunciato conclusione accordo e firma imminente io posso procrastinarla di qual·che giorno e portarla vers,o la fine della prossima settimana lasciando a lui tutto il tempo necessario per prendere una decisione. Dica a Michalacopoulos che sua posizione diventerebbe grave se Angora giungesse a Roma, scavalcando Atene, ma quando Roma stipula accordo anche con Atene situazione Michalacopoulos è eccellente. Ricordo che a Milano si considerò come essenziale il fatto che i due patti fossero simultaneamente firmati e che io dichiarai non voler lasciare intercorrere nemmeno un'ora di tempo fra le due firme. È dunque importante per la Grecia stabilizzare i suoi rapporti politici coll'Italia e secondo mio avviso è più importante ciò che accordo greco-turco. F-irmati i due patti resta da affrontare problema relazioni e accordo greco-turchi. Ma il fatto stesso che Roma è in rapporti amichevoli e con Angora e con Atene mi permetterà di agire perchè a tali accordi si arrivi e nel più breve tempo possibile. Di ciò V. S. può fare cenno esplicito a Michalacopoulos. Egli deve convincersi che anche senza protocollo è mio interesse spiegare massimo impegno perchè si realizzi accordo turco-greco, condizione perchè i due patti bilaterali siano fecondi e raggiungano lo scopo che è quello di assicurare un periodo di pace nel Mediterraneo orientale. Sono sicuro che Michalacopoulos non respingerà proposta che io gli faccio di firmare simultaneamente il patto. Sono sicuro ch'egli crederà a quanto gli affermo e cioè che a patto firmato attività Italia sarà diretta a liquidare questioni pendenti greco-turche onde sia possibile la conclusione di un terzo patto greco-turco epilogo e in un certo senso •coronamento degli altri due. Penso infine che posizione Michalacopoulos diventerebbe veramente difficile se firma patto italo-turco restasse isolata. Michalacopoulos può evitare tale situazione rendendosi conto delle ne

cessità ordine generale che guidano mia condotta e accogliendo mio punto di vista che si inspira anche a sentimenti di sincera amicizia per la Grecia. Si rechi da Michalacopculos e mi riferisca (1).

(l) -Allude al t. 1487, privo, nella collezione dei telegrammi, di numero di protocollo particolare. (2) -Cfr. n. 297.
301

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2654/457/239. Parigi, 4 maggio 1928, ore 20,35 (per. ore 24).

Esperto spagnuolo nella seduta odierna (2) ha dichiarato che in base alle istruzioni del suo Governo (ha mostrato a Tuozzi, che si era con lui risentito, il telegramma di istruzioni ricevute) Spagna non poteva dare parere favorevole alla domanda italiana di un amministratore aggiunto, specialmente se incaricato affari giudiziari.

Questa istruzione è in completo contrasto con assicurazioni date da Primo de Rivera al R. ambasciatore a Madrid (telegramma di V. E. n. 1572/239) (3). Prego intervenire Madrid, di modo che delegazione spagnuola corregga suo

atteggiamento nella seduta fissata 7 corrente.

302

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2681/391. Belgrado, 4 maggio 1928, ore 21 (per. o1·e 3,50 del 5).

Mi sono limitato a fare presente al signor Marinkovich, circa suo accenno alla incomprensione nostra delle cose di qua, che gli organi competenti jugoslavi non facevano .certo molto per facilitare il compito di coloro che avrebbero dovuto illuminare il pubblico italiano sulle vere condizioni politiche e civili di questo paese; ho citato il caso dei corrispondenti di grandi giornali italiani che qui non solo non hanno alcuna facilitazione da parte competente ufficio stampa, ma sono spesso osteggiati, trattati con aperta diffidenza e seguiti come persone sospette. Quanto poi alle questioni particolari da me trattate, ho dichiarato al signor Marinkovich .che, nel mentre ministero affari esteri da lui presieduto aveva dimostrato senza dubbio della buona volontà, non altrettanto poteva dirsi degli altri ministeri competenti. Gli ho citato il caso del mancato rilascio del certificato dell'avvenuto riconoscimento della lega

culturale italiana, che non è possibile ancora di avere e che nonostante che la questione di principio sia risolta da lungo tempo, il ministero dell'interno ed il prefetto Spalato stanno da tre mesi [palleggiandosene] la competenza. E questo per ·Citare uno dei casi più favorevoli in cui le relative pratiche avevano proceduto con suffidente rapidità.

Ho ritratto l'impressione che il Marinkovich non abbia ancora scelto la via da battere nei riguardi delle nostre relazioni e che stia guardingo, osservando gli avvenimenti per cogliere l'occasione propizia per una decisione. In lui il desiderio di fare è neutralizzato dalla paura di sbagliare non soltanto nei riguardi delle complicate relazioni estere, ma anche nei riguardi della non meno grave situazione interna. Non sembra infatti che sia facile di mettersi d'accordo con il pacifismo societario dominante Belgrado, sia pure a parole.

L'essere egli entrato spontaneamente nel tema del grande prestito atteso da Londra, mi ha confermato il convincimento che questo sia in questo momento il punto cruciale della politica interna nonchè di quella estera di questo Stato. Egli mi ha domandato infine quando il ministro Bodrero sarebbe tornato: gli ho risposto che sarebbe giunto fra qualche giorno, allo scadere del congedo, basandomi in tale risposta sul telegramma personale inviatomi dal predetto R. funzionario per il tramite di codesto ministero sotto il

n. 7516/196.

303.

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI (l)

TELESPR. 2683/359. Roma, 4 maggio 1928.

Suo tel. posta 153/87 del 25 gennaio u. s. (2).

Con riferimento al telespresso innanzi indicato, si ha il pregio di comunicare a V. E. che si è in questi giorni presentato all'Ufficio Stampa del Ministero il Dr. Thost per far presente l'opportunità di un incontro fra il Signor Hitler, capo del partito tedesco social-nazionalista e S. E. il Capo del Governo.

Il Dr. Thost ha fatto piuttosto l'impressione di persona esaltata ed ha destato qualche meraviglia il fatto che egli ha dichiarato di non appartenere al medesimo partito del Signor Hitler, ma a quello dei tedesco-nazionali.

S. E. il Capo del Governo, cui è stata riferita la richiesta del Dr. Thost, ha dichiarato che non è escluso che egli possa incontrarsi col Signor Hitler.

Occorrerebbe ora che V. E. disponga le indagini del caso per assodare se il Dr. Thost abbia veramente ricevuto dal Signor Hitler l'incarico di fare la richiesta in parola.

Si resta in attesa di cortesi urgenti comunicazioni al riguardo perchè, secondo il Thost, l'incontro in parola dovrebbe effettuarsi alla fine del corrente mese o al prineipio del mese di giugno p. v.

(l) -La minuta è di pugno di Mussolini. (2) -Della Conferenza per Tangeri. (3) -Del 2 aprile, col quale venivano ritrasmessi i nn. 209 e 210. (l) -Il telespresso venne inviato, per conoscenza, anche al consolato generale a Monaco di Baviera, col n. 2708/109. (2) -Non rinvenuto.
304

IL MINISTRO DEGLI ESTERI GRECO, MICHALACOPOULOS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. Atene, 4 maggio 1928.

M. Arlotta vient de me communiquer que l'évolution de la situation oblige le Gouvernement Italien à ne plus différer la signature du pacte avec la Turquie. Il m'a en meme temps proposé la signature simultanée d'un pacte identique italo-grec. Le règlement des questions gréco-turques en suspens serait laissé en dehors des deux pactes.

Je ne manquerai pas de saisir mes collègues de cette communication et de vous faire parvenir la réponse du Gouvernement Grec. Je ne peux cependant m'empècher d'exprimer tout-de-suite à V. E. la surprise douloureuse que cette communication inattendue m'a causé.

V. E. se rappelle sans doute que le Ministre d'Italie à Athènes, M. Paulucci à Genève, M. Grandi à Rome et enfin vous meme à Milan vous nous avez assuré que le Gouvernement Italien n'entend pas qu'une entente italo-turque puisse nuire à la Grèce et que pour cela elle doit étre combinée avec la participation de la Grèce et une entente de principe pour la liquidation des différends grécotuvcs. A un seul moment, pendant mon séjour à Genève au mois de mars,

M. Adotta laissa entendre à Athènes la possibilité d'un arrangement isolé entre l'Italie et la Turquie (1). Je me suis empressé à demander alors un éclaircissement à Rome par l'entremise de M. Mavroudis et la réponse fut rassurante et très nette déclarant sans importance le facteur russe invoqué par M. Arlotta et répétant qu'un pacte bilatéral italo-turc est inacceptable pour l'Italie (2). A Milan V. E. m'avait proposé une modifìcation de la forme à adopter. Au lieu d'un pacte tripartite, que les Tures hésitaient à accepter, on procèderait à la conclusion de deux pactes parallèles italo-grec et italo-turc contenant chacun une assurance de solution rapide des différends gréco-turcs.

Je me rendis au nouveau point de vue de V. E. qui avait bien voulu me donner l'assurance que la conclusion de ces deux pactes serait entourée de garanties efficaces et sures dont une consisterait à ce qu'ils ne seraient que parafés pour le moment afìn d'avoir le temps de s'assurer de la bonne volonté de la Turquie. Mes collègues de Cabinet, mis au courant de ma conversation avec V. E., ont adhéré entièrement à la politique convenue à Milan. J'ai enré

gistré cette adhésion dans un aide-mémoire remis par M. Mavroudis à V. E. (1), qui a bien voulu le trouver en tout en conformité aux conversations de Milan. V. E. assurait en mème temps M. Mavroudis qu'elle avait donné des instructions à l'Ambassade d'!talie à Angora de déclarer à la Turquie que la signature d'un protocole annexe concernant les différends gréco-turcs était indispensable pour la conclusion du pacte (2). Le lendemain le Ministre d'Italie à Athènes nous remettait un projet de texte (3) que, quoique souffrant, je me suis mis à étudier et nous avons fait connaitre à M. Arlotta que nous en acceptions en principe la teneur, nous réservant seulement de présenter certaines observations sur des points de détail, au but de les préciser, tout en restant dans le cadre des vues arrètées d'un commun accord. C'est en ce moment que nous recevons la communication inattendue de M. Arlotta, nous annonçant un revirement subit et radica! de la politique italienne à notre égard. V. E. comprendra sans doute l'impression pénible que nous en ressentons. L'abandon de la Grèce à un moment aussi critique menace de graves contre-coups les intérets helléniques que V. E. se montrait jusqu'ici soucieux de sauvegarder. Il y a peu de jours j'ai eu l'occasion de vous faire signaler l'attitude du Gouvernement Turc refusant de formuler la moindre observation sur la proposition faite à Genève. Cependant quelques jours de persévérance dans les directives convenues ont suffi pour tempérer cette intransigeance et, gràce à l'esprit de conciliation que nous apportons nous mèmes, on a déjà franchi la majeure partie du chemin vers le but visé. J'hésite à croire que tout-à-coup à la veille du 'Couronnement de l'oeuvre entreprise, sans que de graves circonstances en déterminent la décision, l'Italie veut détruire de sa propre main les fruits d'une politique savamment combinée par V. E. et dont les calculs sont en train de se réaliser avec une précision remarquable. J'ai déjà exposé à V. E. les effets préjudiciables pour les relations Gréco-turques d'un pacte italo-turc, effets que la conclusion simultanée d'un pacte italo-grec ne balance guère, quelle que soit la valeur de ce dernier. Le lendemain du pacte italo-turc la Turquie reviendra sur tout le chemin parcouru jusqu'alors vers l'entente gréco-turque et celle-ci n'en sera désormais que plus problématique. Cela obligera la Grèce de chercher à assurer par d'autres moyens ses intérèts matériels qui sont en jeu. L'opinion hellénique ne pourra d'autre part s'expliquer qu'un texte identique ayant été proposé par V. E. à Angora et à Athènes et la Grèce ayant donné de suite son adhésion en principe, alors que la Turquie a purement et simplement rejété le texte, l'Italie abandonne la Grèce pour se rallier, sans réserve ni restriction aucune, à la thèse irreductible du Gouvernement Turc. Elle y verra justement un grand succès de la politique turque et un échec de la politique suivie par la Grèce de plein accord avec V. E. Elle en conclura que l'effort entrepris par moi-mème et tout le Cabinet hellénique avec tant de ténacité et de foi n'a pas donné des fruits. Je me permets d'ajouter que les raisons

par lesquelles le Ministre d'Italie à Athènes a motivé le revirement de l'Italie reposent manifestement sur des informations erronées. V. E. connait la nature des rapports turco-russes et ne peut douter un instant que la Russie ait été tenue dès le début au courant des pourparlers. Une opposition n'eut pas attendu la dernière heure pour se manifester. La Turquie d'autre part n'eut jamais risqué de conclure un pacte auquel s'opposeraient les Soviets. Nous savons, au contraire, pertinemment, et nous avions tenu de mettre au courant

M. Arlotta, que, dès le début des pourparlers de Genève, la Turquie a agi en contact étroit avec les Soviets et qu'entre eux l'adhésion meme des Soviets à un pacte italo-turc a été envisagée (1). Quant au danger du remplacement de Rouchdi Bey, risquant d'entrainer un changement d'orientation de la politique turque, il ne s'agit manifestement que d'insinuations souvent mises en avant du còté turc dans des circonstances analogues depuis trois ans sans que jamais elles aient été réalisées. Il est d'ailleurs de notoriété publique que sous le régime turc actuel toutes les directives sont données par le Président de la République en personne. Du moment donc que ces motifs ne semblent pas de nature à inspirer quelques inquiétudes, j'espère que V. E. verra la possibilité de concilier ses vues avec l'opportunité incontestable du délai nécessaire, pour ne pas éliminer les chances acquises d'arriver à un résultat de grande portée. A cet instant, décisif pour l'heureuse évolution des rapports grécoitaliens, que j'avais désiré voir revenir à leur ancienne fraternité, désir que

V. E. m'avait assuré de partager entièrement, je tiens à faire encore une fois, personnellement, appel à V. E., à ses larges conceptions politiques, que j'ai su hautement estimer, et à sa profonde intuition diplomatique. Le maintien par le Gouvernement Italien des directives suivies jusqu'ici affermirait cette politique de collaboration et ne tarderait pas à donner des fruits pour la plus grande satisfaction morale de ,ceux qui y avaient placé une foi très profonde.

(l) -Allude con ogni probabilità al colloquio Arlotta-Zaimis (cfr. n. 191). sebbene il resoconto dello stesso Arlotta non sia esplicito al riguardo. (2) -Cfr. n. 200, che però non contiene l'accenno al < facteur russe». (l) -Il promemoria, che era stato consegnato a Mussolini il 23 aprile, non viene pubblicato, in quanto non fa che riassumere il punto di vista greco., quale risulta dai documenti editi. Qui ci si limita a riprodurre il brano seguente: • D'ailleurs le pacte gréco-turc étant considéré comme partie intégrante du système d'accords Iiant les trois parties contractantes il demeure entendu que les effets des deux autres pactes è parapher dès à prèsent demeurent conditionnés à la conclusion du tro.isième, ce dont il devrait étre fait mention dans les dits pactes •. (2) -Cfr. n. 273. (3) -Cfr. n. 280.
305

PADRE TACCHI VENTURI AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(A C S, Segreteria particolare del Duce, Carteggio Riservato; ed. in F. MARGIOTTA BROGLIO, p. 521)

L. P. Roma, 4 maggio 1928.

Questa mattina Sua Santità (cui l'Eminentissimo Segretario aveva già porto la relazione da me stesa dell'udienza da V. E. accordatami mercoledì ~corso) (~) mi ha fatto chiamare a sè per trattenermi a lungo colloquio. In esso Sua Santità è venuta esponendomi tranquillamente le sue riflessioni alle

risposte datemi mercoledì da V. E. intorno ai due noti capi della dichiarazione circa le opere giovanili con finalità prevalentemente religiose, e la lettera pontificia al Cardinale Vicario in occasione del Concorso ginnico femminile.

Il Santo Padre, dopo avermi, come dicevo, ampiamente e pacatamente messo a parte del suo pensiero, ha soggiunto volere che io con la maggiore possibile fedeltà me ne rendessi interprete presso V. E., preferibilmente a viva voce per la speciale fiducia che ha in V. E. Ho risposto, com'è chiaro, che ben volentieri avrei eseguito un così augusto e onorifico comando, promettendo di adempierlo alla prima occasione, la quale tuttavia prevedevo dovesse alquanto tardare. Ma Sua Santità ha subito soggiunto: • Io invece desidero che sia presto; domandi quindi da parte mia all'Onorevole Mussolini di essere presto ricevuto e vedrà che non le sarà negato •.

Ciò udito chinai il capo, nè altro mi rimase da fare che obbedire come deve un buon gesuita e un buon fascista (1).

(l) -Sull'atteggiamento sovietico, cfr. p. 164, nota l. (2) -Il 2 maggio. Sull'intera questione cfr. PACELLI, op. cit., pp. 90-92.
306

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI

T. 2184/82. Roma, 5 maggio 1928, ore 24.

R. Ambasciatore Parigi telegrafa:

• (come nel telegramma da Parigi n. 2654/457/239 collezione) • (2).

La cosa è veramente enorme. Si rechi immediatamente da Primo de Rivera e gli dica che la domanda di un amministratore aggiunto è quella centrale e più importante delle nostre richieste, senza l'accoglimento della quale le attuali conversazioni di Parigi non possono presentare per noi vero interesse. Sono oltremodo sorpreso che in tutto questo affare di Tangeri le opposizioni e le difficoltà d vengano proprio dalla Spagna e stimo superfluo qualunque commento. Ma non posso esimermi dal rilevare ancora una volta che il Governo spagnuolo fa ora il giuoco della Francia, dopo avere ottenuto da noi l'appoggio più cordiale ed aperto alle sue massime rivendicazioni, e dopo averci dato delle formali promesse di appoggio alle nostre domande. La ragione dell'opposizione spagnuola all'amministratore italiano non può consistere che nel desiderio di conservare la situazione stabilita dallo statuto del 1923 nei riguardi della ripartiziane delle cariche fra Francia e Spagna. Ma il Governo spagnuolo non comprende che fin quando le cose resteranno così, esso

non potrà sperare di risolvere un giorno la questione a suo favore, mentre la possibilità di un futuro diverso assetto della zona tangerina potrebbe essere determinata soltanto dalla efficace e reale partecipazione all'amministrazione di una potenza come l'Italia che ha tutto l'interesse a favorire le pretese spagnuole, che già si è impegnata in questo senso, e che non è di quelle che mancano ai propri impegni. V. E. parli energicamente al signor Primo de Rivera. Oltre tutto egli dovrebbe anche rendersi conto del grave danno che deriverebbe all'amicizia italo-spagnuola e per se stessa e agli occhi del pubblico, se a Parigi risultasse palese che l'Italia e la Spagna si trovano in aperto contrasto. Mi riferisca di urgenza (1).

(l) -Annotazione marginale di pugno di Mussolini: «Mercoledì p. v. ». Altra annotazione marginale: • mercoledì 9 maggio ore 18,15 a P. Chigi •. Padre Tacchi Venturi fu infatti ricevuto in tale data. (2) -Cfr. n. 301.
307

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

(Ed. in VEDOVATO, pp. 72-73)

T. 2190. Roma, 5 maggio 1928, ore 24.

* (Per Colonie). In risposta al mio telegramma n. 1862/44 (2) il R. ministro in Addis Abeba ha telegrafato in data 25 e 30 aprile scorso quanto segue:

(1° -riprodurre telegramma in arrivo n. 2463/58 da Addis Abeba) (3).

(2° -riprodurre telegramma in arrivo n. 2547/65 da Addis Abeba) • (4). Ho risposto : (Per tutti). Suoi telegrammi n. 58 e n. 65 *.

Già le ho telegrafato incaricandola di parlare in termini energici a Primo de Rivera, ma

sulla scorta delle precise informazioni del Conte Manzoni, V. E. avrà modo di dimostrare al

Primo Ministro spagnuolo quanto sorprendente sia l'atteggiamento dei suoi Delegati a Parigi

i quali naturalmente agiscono dietro istruzioni di Madrid. Occorre che il Governo spagnuolo

comprenda come questo andamento delle trattative di Parigi, se non sarà presto modificato, è

destinato a lasciare una traccia non insignificante nelle cordiali relazioni italo-spagnuole.

Ella vorrà dire a nome mio a Primo de Rivera che sono rimasto tanto sfavorevolmente

impressionato da dubitare che le generose ed amichevoli profl'erte dell'Italia verso la Spagna

non siano servite ad altro che ad agevolare la formazione di un fronte unico tra la Francia

e la Spagna nella questione di Tangeri ad esclusivo nostro danno.

Attendo dall'azione energica e persuasiva che V. E. vorrà esplicare presso codesto Go

verno quegli utili risultati politici che finora sono mancati •·

Con t. 2433/403, del 13 maggio, ore 24, Grandi comunicava a Manzoni: • Ho impartitoistruzioni al R. Ambasciatore a Madrid • di voler trarre da alcune informazioni provenientida Parigi « utili elementi per opportune comunicazioni a Primo de Rivera circa mutato atteggiamento Delegazione spagnola e conseguente atteggiamento adottato da nostra Delegazione verso richie,ste spagnuole •.

Controprogetto del R. Governo è il seguente che consiste in un vero e proprio patto amicizia che valga stabilire solennemente amicizia italo-etiopica ed escludere ogni possibilità conflitti armati: a) Preambolo -Identico a quello del trattato italo-jemenita. b) Articolo 1° -Vi sarà pace ed amidzia costanti fra il regno d'Italia e l'impero di Etiopia. c) Articolo 2° -I due Governi si impegnano reciprocamente a non compiere sotto alcun pretesto alcuna azione che possa nuocere o ledere indipendenza dell'altro * (testo già approvato).*' d) Articolo 3° -I due Governi si impegnano a facilitare gli scambi commerciali fra i due paesi. Inoltre i commercianti e gli operai italiani al loro stabilimento in Etiopia e gli etiopici al loro stabilimento in Italia e sue colonie per il loro commercio ed il loro lavoro necessità di vita e di sussistenza e per tutto ciò che potrà loro occorrere sono tenuti all'osservanza ed al rispetto delle leggi dello stato. * (Testo identico progetto etiopico salvo aggiunta accettata dal Ras Tafari delle parole • e sue colonie • dopo la parola • Italia •).* Nello stesso articolo o se Ras Tafari preferisce in un protocollo aggiuntivo, facente però parte integrale del trattato, si inserirà la seguente riserva: • Le disposizioni dell'articolo 3° non 'POrteranno tuttavia alcuna innovazione a quanto è stato convenuto fra l'impero etiopico e la repubblica francese coll'articolo 7 del trattato concluso il lO gennaio 1908: disposizioni che sono attualmente applicate anche ai sudditi e protetti italiani •. c) Articolo 4° -Il presente trattato da registrarsi alla Società delle Nazioni sarà ratificato e lo scambio delle ratifiche avrà luogo ad Addis Abeba al più presto possibile. Il trattato è concluso per una durata di dieci anni. Se non è denunciato almeno un anno prima lo spirare di tale termine esso resterà in vigore per un nuovo periodo di dieci anni e così di seguito. * (Questo articolo riproduce opportunamente modificato l'articolo 5 del trattato itala-ungherese).*

Se poi Ras Tafari lo desideri si potrebbe inserire dopo l'articolo 3° il seguente articolo: • I due Governi si impegnano a ricorrere a tutti i mezzi pacifici per risolvere i conflitti che potessero sorgere fra di loro •.

(l) Con t. per corriere 2196, del 6 maggio, Mussolini comunicava a Madrid: «Dalla chiara esposizione del R. Ambasciatore a Parigi, V. E. rileverà come le nostre richieste trovano una sistematica opposizione da parte della Delegazione spagnuola. Questa anzi, mentre la Delegazione francese mantiene un atteggiamento più riservato trincerandosi dietro la mancanza di istruzioni, sembra voler quasi fare la parte che logicamente era da aspettarsi dai francesi.

(2) -Cfr. n. 265. (3) -Non si pubblica. (4) -Cfr. n. 293.
308

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE

T. 2191. Roma, 5 maggio 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 192 (1).

Non ritengo opportuno che ella faccia alcuna comunicazione al signor Fotich a proposito delle mie impressioni circa le dichiarazioni fattele da Marinkovich, molto più che esse non contengono alcun elemento nuovo che muti sostanzialmente la situazione.

(l) Cfr. n. 292.

309

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

TELESPR. RR. 224445/148. Roma, 5 maggio 1928.

Suo rapporto segreto dell'H aprile 1928 (VI) n. l -Roma (1).

Esaminati i riassunti dei suoi colloqui col T[omalewski] ch'Ella ha qm m Roma compilati, ritengo opportuno fissare alcuni punti di chiarimenti, che potranno servire per sua norma di linguaggio coll'interessato:

l) Non è giusto dire che l'Italia non ha aderito ad alcuna delle richieste dell'organizzazione. Essa ha largamente concesso quanto stava nelle sue facoltà di concedere: e cioè, mano libera in tutti i sensi sul territorio del Regno, oltre ad altri generi di aiuti materiali noti alla S. V. ed al T.

2) Il problema è ben diverso per quanto riguarda l'Albania, ove bisogna fare i conti colle necessità politiche del Governo albanese, colla particolare delicatezza dovuta alla posizione geografica del paese, col controllo severissimo dello spionaggio S. H. S., col controllo non meno geloso di certe potenze europee, e colla impossibilità di contare sulla fedeltà e la riservatezza di molti funzionari albanesi. Se i desiderati dell'organizzazione per quanto riguarda l'Albania non si realizzano, gli è perchè vi sono colà delle condizioni di fatto che dò rendono, pel momento, impossibile. Una maggiore pressione, di quanto non facciamo ora, sul Governo albanese, vuoi dire scoprirei immediatamente; e qualche maggiore larghezza, che noi riuscissimo ad ottenere da quest'ultimo, vuoi dire una immediata ripercussione balcanica ed internazionale che porrebbe subito Ahmed Zogu, e noi di rimando, in una situazione imbarazzantissima dalla quale non si potrebbe uscire che ripristinando misure di ancor maggiore severità. A meno che non fosse nostra intenzione di iniziare da quel momento una politica a conseguenze gravissime a breve scadenza il che ora non è il caso.

Ottenere, in Albania, quanto desidera l'organizzazione, avrebbe quindi come conseguenza o una pronta ritirata, o la messa in tavola immediata della carta macedone. Il che non si può fare, senza svalutarla completamente, ove il momento internazionale non sia tale da permettere che altre carte e ben più forti possano essere contemporaneamente giuocate. L'organizzazione deve persuadersi ,che il movimento macedone, da solo, non è tale da poter imbarazzare seriamente lo Stato che domina in Macedonia; e che provvedimenti del genere di quelli ch'esso desidera in Albania avrebbero fra le altre conseguenze quella di esporlo isolato ad una repressione più energica alla quale nessuno potrebbe opporsi.

Il Governo albanese non è animato da sentimenti ostili, al contrario, ma non è disposto a compromettersi sull'argomento colla Jugoslavia; nè, per ragioni di opportunità che spetta al R. Governo di apprezzare, noi possiamo incitarlo a fare passi in tale direzione.

Comprendo come queste rinuncie possano essere dolorose ed imbarazzanti per l'organizzazione; ma essa deve ascriverle alla forza delle cose, non a fiacchezza di appoggio da parte nostra.

(l) Cfr. n. 244.

310

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VARSAVIA, MAJONI (l)

T. 2198/71. Roma, 6 maggio 1928, ore 18.

Questo incaricato d'affari di Polonia è venuto a dirmi, per incarico di Zalewsky:

1°) che il Governo polacco è informato del crescente lavorio che si sta compiendo per giungere all'attuazione dei progetti specialmente ventilati da Benès e da Politis per la stipulazione dei patti regionali di sicurezza centroeuropei e balcanici;

2°) che il Governo polacco ha avuto anche notizia (del cui fondamento non è però sicuro) che nella prossima riunione della Piccola Intesa a Bucarest sarebbe discussa la questione ungherese ed i mezzi più adatti per fronteggiare le pretese dell'Ungheria.

Il signor Zalewsky chiedeva di conoscere il mio parere in proposito.

Ho fatto rispondere all'incaricato d'affari che per quanto riguarda il punto primo ne eravamo anche noi informati ma che la questione non sembrava avesse assunto un aspetto concreto. Date d'altra parte le gravi difficoltà alla conclusione degli accordi prospettati fra degli Stati le cui direttive politiche sono tuttora influenzate da gravi questioni in sospeso e da profonde divergenze di carattere anche territoriale, non era per ora da ritenere molto prossima la possibilità di negoziazioni conclusive. Il Governo italiano pertanto non credeva di poter fare altro nel momento attuale che vigilare attentamente lo svolgersi del lavorio diplomatico intorno a tale questione, riservandosi di precisare al momento opportuno il suo atteggiamento.

Circa il secondo punto non avevamo neanche noi precise notizie, ma da

conversazioni avute dal signor Titulescu con nostri rappresentanti sembrava

doversi dedurre che il Governo rumeno è in certo qual modo proclive a quel

riavvicinamento con l'Ungheria, che è nei desiderii nostri oltre che in quelli

dell'Ungheria.

E poichè nelle recenti conversazioni di Roma col signor Zalewsky abbiamo

pienamente convenuto nell'opportunità di facilitare efficacemente tale riavvi

cinamento, ed il signor Zalewsky d'accordo col conte Bethlen si propone di

esercitare una valida azione in questo senso e secondo le linee convenute a

Roma, mi sembrava che forse sarebbe stato utile che da parte sua (ove egli lo

avesse ritenuto opportuno) si fosse lasciata comprendere amichevolmente a Bu

carest la ·convenienza di non assumere nella riunione della Piccola Intesa, un contegno contrastante con le buone disposizioni verso l'auspicato riavvicinamento romeno-ungherese.

Quanto precede per opportuna conoscenza V. S.

(l) Il tel. venne inviato per conoscenza, per corriere, anche a Berlino, Londra, Parigi, Bucarest, Budapest, Belgrado, Praga e Vienna.

311

L'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2741/194/195. Madrid, 6 maggio 1928, ore 23 (per. ore 1,20 del 7).

Telegramma di V. E. n. 82 (1).

Dopo assenza 10 giorni per viaggio politico nelle provincie meridionali, Pr·imo De Rivera è ritornato soltanto stamane Madrid e non senza difficoltà ho potuto vederlo a tarda ora nel pomeriggio. Gli ho subito fatto rilevare la sorpresa del R. Governo e mia, essendomi io fatto portavoce delle sue precedenti assicurazioni, per l'enormità della situazione andatasi creando specialmente per la stridente contraddizione fra le intenzioni ripetutamente manifestatemi e gli inaspettati atteggiamenti dei suoi esperti a Parigi. Egli si dichiarò sorpreso per il primo. Appena stamane, al suo ritorno, prese visione delle ultime comunicazioni ricevute da Parigi e non mancò di notare l'ondeggiante azione della sua delegazione, tanto che, ancora prima di ricevere la mia visita, aveva già telegrafato confermando a Parigi istruzioni di appoggiare in linea generale le richieste italiane, ben comprendendo essere anche nell'interesse Spagna, attuale e futuro, estendere più possibile partecipazione italiana nell'amministrazione tangerina. Senza troppe riserve, egli mi lasciò comprendere che sua impressione è che Quinones De Leon agisca forse sotto la suggestione degli ambienti burocratici francesi, i quali abilmente lo ingannano col fargli credere che ogni eventuale concessione italiana sia fatta a spese Spagna.

Quanto alla nostra domanda di un amministratore aggiunto, Primo De Rivera non solleva nessuna opposizione di principio, sul fatto cioè che esso amministratore sia concesso. Soltanto non si rende ben conto della portata e dell'estensione delle attribuzioni giudiziarie che vorremmo conferirgli. Gli consta che ad analoga domanda rivoltagli, nemmeno il nostro esperto a Parigi avrebbe saputo rispondere o precisare. Ha osservato tuttavia che non comprende perchè vogliamo irrigidirei sulla domanda di un amministratore con funzioni giudiziarie che potrebbe difficilmente conciliarsi con disposizioni vigenti per il funzionamento del già esistente tribunale. Comunque esaminerà volentieri chiarimenti che potessero essergli forniti, ripetendo che quanto a nomina, in generale, di un amministratore italiano, egli è perfettamente consenziente. Gli si potrebbero ad esempio, disse, attribuire funzioni di insegnante

od altro.

Malgrado questa nuova assicurazione, gli ho fatto notare che opposizione

spagnuola si era manifestata, con nostra sorpresa, anche su altri punti (vedasi

telegramma R. ambasciata Parigi comunicatomi col telegramma di V. E. per corriere n. 26) e cioè: ufficio postale (paragrafo 3) e la questione tariffa valore doganale 9, ai quali punti io aggiunsi, quello della nostra partecipazione alla vigilanza contrabbando ed alla nomina di un magistrato italiano. Egli prese nota di essi per iscritto e, in mia presenza, ha dato ordine convocare questa sera stessa, nonostante ora tarda, funzionari ufficio Marocco già assenti dal ministevo, allo scopo di redigere nuovo telegramma da inviare nella notte a Parigi con le istruzioni di massima di appoggiarci in questo ed in ogni nostra richiesta sempre bene inteso ciò non debba avvenire a scapito interessi spagnuoli. Quanto magistrato mi disse che essendosi già presi impegni per una candidatura belga, fu l'Inghilterra a proporre una candidatura olandese. Naturalmente Governo spagnuolo non potrebbe rinunziare al suo magistrato per cedere il posto a noi, ma potremmo invece ottenere quello offerto all'Olanda. Egli spera che con sua maggiore partecipazione, l'Italia non solleverà più tardi ostacoli minori esigenze spagnuole, come quella del mantenimento del quantitativo della gendarmeria e dell'attuale tariffa valore doganale. Entrambe sarebbero contrastate dall'Inghilterra: la prima per meschina ragione di ottenere qualche economia nel bilancio spese, che gravano su amministrazione Tangeri; la seconda per ottenere a vantaggio Tangeri, riduzioni le quali andrebbero a detrimento porto Ceuta cui introiti attuali sono già insufficienti coprire spese amministrative locali a carico Spagna. Gradirei V. E. mi ponesse in grado di fornire qualche assicurazione anche generica in proposito a Primo De Rivera. Primo De Rivera ha infine una volta ancora espresso sua convinzione sulla necessità procedere d'ac·cordo con poi, essendo egli non meno persuaso che quanto più saranno internazionalizzati il carattere ed il funzionamento dell'organo tangerino, tanto più sorgeranno divergenze, attriti e contrasti che alla lunga creeranno una situazione torbida nella quale la Spagna non avrà che a pescare vantaggi e che finirà col giustificare le primitive richieste della Spagna, a malincuore abbandonate in cammino per forza maggiore di circostanze (1).

(l) Cfr. n. 306.

312

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 2251/138. Roma, 7 maggio 1928, ore 24.

In vista consiglio dei ministri che terrassi giovedì Atene e in risposta suo telegramma (2) le sottopongo seguenti osservazioni che V. S. vorrà immediatamente comunicare a Michalacopoulos. 1°) Idea di un patto tripartito è stata

mia e se non è stata realizzata lo si deve netta opposizione turca. 2o) Abbandono protocollo da parte mia è dovuto al fatto che Turchia non avrebbe firmato accordo. 3°) Se Turchia non avesse potuto o voluto firmare accordo ecco le logiche conseguenze e precisamente impossibilità di firmare qualsiasi accordo colla Grecia perchè ciò ,sarebbe stato considerato non amichevole da parte della Turchia e quindi anche nessuna possibilità di influire sull'andamento e conclusione delle conversazioni turco-greche. Ho già nei precedenti telegrammi esposto motivi che hanno indotto Angora a chiedere una rapida definizione del negoziato anche per evitare prevalere correnti russofile e comunque anti italiane. Situazione attuale è precisamente questa. Turchia è pronta firmare convenuto patto coll'Italia ma detta firma non è imminente e può essere ragionevolmente procrastinata. Non vedo difficoltà in questo rinvio ora che Angora ha ottenuto assicurazione da parte italiana. Tale procrastinazione giova indubbiamente a chiarire la situazione. Come ho detto oggi al Ministro Mavroudis è necessario, perchè io riprenda una ulteriore e più feconda possibilità di azione, è necessario -ripeto -che imminente consiglio dei ministri greco mi comunichi ufficialmente a mezzo V. S. che Grecia non intende subordinare conclusione patto italo-greco alla liquidazione delle vertenze coi turchi e cioè che è pronta a firmare tale patto simultaneamente alla firma del patto italo-turco. Nello stesso tempo consiglio dei ministri esprima richiesta che Italia promuova un impegno turco-greco per liquidare questioni pendenti fra Turchia e Grecia. Essendo Italia pronta a firmare un patto analogo colla Grecia e colla Turchia spetta precisamente all'Italia di realizzare la sistemazione delle vertenze che possono dividere due nazioni colle quali l'Italia ha un patto politico. Quando io sia in possesso di una comunicazione ufficiale greca del genere farò i passi necessari perchè o prima della duplice firma accordo politico o simultaneamente o immediatamente dopo si proceda all'impegno di cui sopra secondo una formula ,che si può precisare. Giova anche dire a Michalacopoulos che abbandono protocollo annesso è in relazione con notizie da Angora anche del nostro ambasciatore secondo le quali conversazioni Russdi-Papas erano già felicemente avanzate e permettevano di sperare in una rapida e soddisfacente conclusione. Riassumendo è interesse supremo della Grecia non subordinare suo accordo coll'Italia alla liquidazione delle sue pendenze residuali colla Turchia. Firmando accordo coll'Italia nello stesso momento in cui l'Italia lo firma colla Turchia, posizione politica della Grecia è di perfetta parità con quella della Turchia. Questo è un dato fondamentale. Quando ciò mi sia ufficialmente comunicato dalla Grecia è possibile realizzare à coté anche altro postulato cioè un impegno reciproco greco-turco per la liquidazione pendenze colla Turchia postulato che viene avanzato del resto anche da Angora dove si afferma di volere sistemare tutti i rapporti colla Grecia. In realtà, e questo aggiungo riservatamente per V. S., la mancanza di buona fede che i greci sospettano nei turchi e viceversa stava per determinare una situazione di immobilità che io ho voluto ad un certo momento spezzare. Vossignoria sa che le pedine turca e greca rientrano in un più vasto piano della mia politica per la quale il tempo e i tempi hanno una straordinaria importanza. Non mi nascondo che situazione di

18 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

un Governo di coalizione sottoposto alle oscillazioni parlamentari è delicata ma è mia convinzione che se Governo greco agirà secondo le direttive illustrate in questo dispaccio egli potrà brillantemente difendere la sua politica. Ancora e sempre non bisogna confondere essenziale col secondario. Con questo telegramma rispondo anche alla lettera mandatami da Michalacopoulos (1). Stia sulla breccia e mi telegrafi ogni evenienza (2).

(l) -Cfr. quanto comunicava Manzoni con t. 2752/468/245 del 7 maggio, ore 20,15: c Nella seduta odierna esperti, vi è stato sensibile miglioramento della situazione con sensibile progresso a nostro favore. Ciò è essenzialmente dovuto al mutato atteggiamento esperto spagnuolo, il quale ha tolto opposizione nomina amministratore aggiunto italiano, dichiarando farlo peristruzioni del suo Governo, il quale in considerazione dell'importanza che l'Italia annette alle sue domande, teneva a fare atto amichevole per l'Italia •. (2) -T. 2694/219 del 5 maggio, che non si pubblica.
313

MESSAGGIO DEL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, SEIPEL, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

... (3).

Au moment de reprendre ses fonctions après son se]our à Carlsbad, le Chancelier Fédéral a fait savoir au Ministre d'Autriche près Sa Majesté le Roi d'Italie qu'il lui tient à cceur de faire disparaitre, si c'est possible, moyennant des éclaircissements loyaux, les malentendus qui actuellement paraissent peser sur les rapports austro-italiens.

Le Chancelier Fédéral se rend parfaitement compte que les relations de l'Autriche avec aucune des principales Puissances alliées n'atteignent une importance égale à celle qui revient aux rapports de l'Autrkhe avec l'!talie, sa grande voisine, vibrante d'activité politique et économique. Cette vérité n'a jamais cessé de guider la politique de M. Seipel.

Le Chancelier Fédéral croit entrevoir une issue de l'actuelle situation ten

due, depuis qu'il a eu connaissance de l'interview que le Chef du Gouverne

ment Royal Italien a donnée au correspondant romain du Tag de Berlin (4), in

terview dans laquelle, M. Mussolini déclare • qu'il serait disposé à accorder

tout ce qu'ils veulent aux Tyroliens du Sud pourvu qu'ils adoptent une attitude

loyale vis-à-vis de l'Italie, mais que les fausses nouvelles alarmantes lancées

de Innsbruck entraveraient l'entente •.

Or, le Chancelier Fédéral n'a pas le moindre doute de ,ce que les Allemands de l'ancien Tyrol du Sud, tout aussi bien que leurs connationaux de l'autre còté de la chaine des Alpes sont résolus de baser leur attitude vis-à-vis de l'Italie sur la loyauté la plus franche et de la manifester ouvertement pour peu qu'on le leur rende matériellement possible.

Ainsi, le Chancelier Fédéral a pu constater dans son discours du 23 février

dernier au Conseil National, non seulement pour sa personne, mais aussi pour

les Tyroliens des partis chrétien-social et pangermaniste et meme sans etre contredit par le • Adreas Hofer-Bund • qu'il fallait distinguer entre frontières d'Etats et frontières ethniques, que dans le problème du Haut-Adige tel qu'il s'est posé depuis l'entrée en vigueur du Traité de St. Germain, il n'est nullement et ne fut jamais question de la frontière d'Etat et que personne n'est assez téméraire pour vouloir disputer aujourd'hui cette frontière à l'Italie.

Le Chancelier Fédéral considère comme une chance très heureuse d'avoir pu s'appuyer à cette occasion sur des constatations faites dans la diète tyrolienne et sur des raisonnements de l'organe du c Andreas Hofer-Bund •. En citant ces passages au sein du Conseil National il a réussi à les fixer à tout jamais d'une manière rendant impossible toute tentative de les renier par la

suite. Cette manière de procéder constituait en meme temps une action courageuse de la part du Chancelier Fédéral, vu qu'il venait de décliner strictement à deux reprises -une fois devant la Commission parlementaire des Finances et une fois dans une réponse écrite à une interpellation -de porter la question du Tyrol du Sud devant la Société des Nations, attitude qui, comme on sait, a valu à M. Seipel des attaques des plus véhémentes.

Depuis, le Chancelier Fédéral n'a pas manqué une seule occasion pour donner des preuves, vis-à-vis de l'Italie, de son objectivité la plus parfaite et inaltérée par le refroidissement des rapports austro-italiens, et pour faire ressortir que, s'il attache la plus grande importance à toutes les questions de minorités sans distinction aucune, c'est parce qu'elles sont à meme de menacer la paix et l'amitié entre les nations.

C'est dans cet ordre d'idées que dans une interview donnée à Carlsbad le 24 avril dernier, le Chancelier Fédéral a protesté contre les tentatives de profiter de l'attentat de Milan pour dénigrer le fascisme. Il a dit c qu'il lui parait tout à fait déplacé d'attacher à ce triste événement des considérations autres que celle de la condamnation pure et sans réserves du crime odieux. Malheureusement, des attentats politiques, qui, avant la guerre, n'étaient pas plus rares que maintenant, se produisaient dans les monarchies et dans les républiques, sous des Gouvernements démocratiques et dictatoriaux •.

Dans cette meme interview M. Seipel s'est dirigé contre ceux qui pretaient

un sens alarmant et défavorable aux entrevues que M. Mussolini a tout derniè

rement eues avec plusieurs ministres étrangers et qui devaient forcément

éveiller la plus grande attention du monde politique. Le Chancelier Fédéral

déclara ne point etre inquiété par ces entrevues de M. Mussolini et son acti

vité sur le domaine de la politique extérieure. On connait depuis longtemps la

grande activité diplomatique de M. Mussolini, activité qui -le Chancelier

Fédéral en est convaincu -poursuit une politique de paix.

Enfin, pour réfuter un reproche formulé souvent en Italie et qui prétend

que ,les Allemands de l'Allemagne et de l'Autriche ne se préoccupent que des

Allemands du Haut-Adige et négligent les autres minorités, le Chancelier Fé

déral, en se référant au message de Pàques du Président Masaryk, a parlé dans

cette interview de la question des minorités en général, comme d'une question qui se dresse aussi devant les Allemands et qui doit ètre résolue partout dans un esprit d'équité.

Le Chancelier Fédéral ne demanderait pas mieux que de voir éliminée d'une manière définitive la question des Allemands de l'ancien Tyrol méridional de l'ensemble des questions existantes entre l'Autriche et l'Italie. Si les Allemands de l'Italie du nord peuvent effectivement obtenir, à condition d'ohserver une conduite loyale, • tout ce qu'ils veulent • de M. Mussolini, il devrait ètre possible de couper le chemin à de continuelles fausses nouvelles alarmantes quelle que soit leur provenance. Jusqu'à présent le régime actuel en Italie n'a prouvé par ses faits qu'une seule chose, à savoir qu'une conduite des Allemands au delà du Brenner ou mème seulement de leurs congénères à l'étranger, qui, dans son opinion, serait • illoyale •, nuisait par le fait qu'elle engendrait des mesures de rétorsion. Mais il n'a pas fourni la preuve du contraire à savoir qu'une conduite • loyale • profiterait aux Allemands du Haut-Adige, car il n'a pas honoré les déclarations de loyauté des Allemands mème les plus manifestes et les plus sincères. Or, tant que le Chancelier Fédéral n'est pas en mesure de produire une preuve dans le sens cité en second lieu, il lui sera impossible de réduire au silence les plaintes au sujet du Tyrol méridional.

Pour ce qui regarde la politique intérieure, le Chancelier Fédéral ne se trouve pas embarrassé; il pourrait bientot ètre temps pour lui de se retirer des affaires politiques pour passer à une carrière purement ecclésiastique. Mais au point de vue de la politique extérieure il existe une difficulté réelle, consistant en ce que tout désintéressement, ne fut-il qu'apparent, qu'il manifesterait par rapport à la question de l'ancien Tyrol méridional, aurait pour effet de faire de celle-ci l'objet de l'agitation la plus vive de la part de ceux qui, jusqu'à présent, n'avaient pu poursuivre une politique anti-italienne uniquement à cause du fait que le Chancelier Fédéral ne les avait pas laissé agir à leur gré.

En présence de cette considération le Chancelier Fédéral, pour ne pas faire naitre un réel mouvement national anti-italien, doit procéder avec une précaution extrème en tàchant de reprendre contact avec l'Italie. Le docteur Seipel n'est pas à mème de faire une politique secrète; s'il la faisait, il attirerait sur lui et sur tous les éléments modérés en Autriche et en Allemagne le soupçon de trahir la cause des Allemands au delà du Brenner et on risquerait de voir remplacés c~s éléments par les chauvins effrénés ou par les anti-fascistes. D'autre part, pour arriver à un rapprochement public, il serait nécessaire d'en créer au préalable les conditions essentielles et d'en trouver les formes convenables. S'il n'est pas possible de parvenir à ce sujet à un accord entre M. Mussolini et le Chancelier Fédéral, il semble préférable de renoncer à la tentative de rapprochement ou tout au moins de la remettre à plus tard.

Le Chancelier ne veut ni ètre mal ,compris par M. Mussolini, ce qui ne ferait qu'accentuer la tension actuelle, ni peut-il donner aux radicaux de son pays aucune prise leur permettant de désavouer et de discréditer sa politique pacifique. Il serait donc très obligé à M. Mussolini s'il voulait bien réfléchir sur le présent message et lui faire connaitre ensuite l'opinion qu'il se serait formée à son égard.

(l) -Cfr. n. 304. (2) -La minuta è di pugno di Mussolini. (3) -A margine: • Consegnato dal Min. Egger a S. E. il Capo del Governo il giorno 7 maggio 1928. VI• •. (4) -Riassunto dell'intervista in B. MussOLINr, Opera Omnia, XXIII, pp. 135-136.
314

IL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 599/330. Praga, 7 maggio 1928.

Mio telegramma n. 102 del 3 corrente (1). Nei colloqui che ha avuto con me e di cui al mio telespresso odierno

N. 598/329 questo mio collega d'Ungheria mi ha detto che, per quanto a lui risulta e secondo la sua convinzione, il soggiorno del Cancelliere austriaco a Karlsbad, recentemente terminato, non ha fatto fare alcun passo innanzi ai progetti di collaborazione economica tra l'Austria e la Cecoslovacchia ventilati tra Seipel e Benès tre mesi fa.

In merito a tale collaborazione il Signor Masirevich (che fu antecedentemente ministro a Vienna e che, con il francese, è da considerarsi, per la larghezza dei mezzi a sua disposizione, il meglio informato di questi miei colleghi) si è meco espresso'in termini di deciso scetticismo. Egli ritiene l'Austria troppo legata alla Germania dai vincoli nazionali e dallo sviluppo sempre più complesso dell'Angleichung e la Germania troppo gelosa di qualsiasi concorrenza all'Anschluss perchè una qualsiasi combinazione tra Vienna e Praga possa concretarsi, principalmente nel campo economico.

Su tale argomento sono portato a connettere quanto mi ha detto il Signor Masirevich con quanto non mi ha detto il Ministro di Germania, Dr. Koch, il quale, pur essendo stato, nelle prime conversazioni scambiate con me in questi giorni, molto franco ed esplicito su varie questioni particolarmente delicate, ha ripetutamente eluso i miei tentativi di conoscere il suo pensiero circa l'attività di Seipel.

E sono indotto a formulare una ipotesi che potrà sembrare temeraria o per lo meno prematura, ma che può avere un fondo di verosimiglianza. La Germania, abituata com'è per la sua stessa psicologia programmatica a ·concepire piani grandiosi in tutti i loro particolari, ma obbligata ora, per la situazione creatale dalla sconfitta, a premeditarli con lunghissima scadenza, va abbinando fin d'ora l'Anschluss allo sfasciamento della Cecoslovacchia. Con tale sfasciamento risorgerebbe automaticamente quel confine che per quasi mille anni fu la frontiera tra il Sacro Romano Impero e la Corona di Santo Stefano e che, oltre all'attuale Austria, assicurerebbe alla influenza germanica la Boemia, la Moravia e la Slesia, abbandonando il resto dell'attuale Cecoslovacchia all'Ungheria.

Piano chimerico, se si considera la presente carta d'Europa, ma che poggia su salde basi storiche, amministrative, economiche ed anche fino a un certo punto etniche, data la posizione forte, e destinata a divenire sempre più forte, che ha nella sezione occidentale della Cecoslovacchia il gruppo tedesco.

A parte tali previsioni, che possono per ora considerarsi come semplici oroscopi, mi sembra sia lecito comunque fare assegnamento, sebbene per finalità diverse, sopra una decisa avversione anche da parte della Germania ai progetti del Dott. Benès per una collaborazione o confederazione danubiana.

(l) T. 2625/102 che non si pubblica: partenza di Seipel da Karlsbad per Vienna.

315

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

L. R. 269. Ginevra, 7 maggio 1928.

Ricevo il telegramma in data ieri di S. E. Mussolini (l) sulle dichiarazioni fattemi dal Marinkovitch.

Credo opportuno comunicarti alcune notizie ed impressioni quali è possibile avere in un osservatorio come questo, che registra con: grande rapidità e con alquanta precisione ogni spostamento della politica dei vari Stati.

Ritengo che da qualche tempo la Jugoslavia cerchi di ripetere, specialmente con l'Inghilterra, la manovra effettuata in addietro con la Francia. Cerchi cioè di far credere che l'Italia respinga sistematicamente le sue profferte di amicizia, preferendo a un accordo con essa una politica di accerchiamento.

Si torna ·ad insistere, in altri termini, dal Governo di Belgrado nell'atteggiamento di vittima di una pretesa politica imperialista italiana, col preciso intento di suscitare nei nostri riguardi le diffidenze degli altri Paesi. Tale linea di condotta, oltre che dal tono della stampa notoriamente serbofila, risulta chiaramente dalle voci che si fanno circolare in questi ambienti. Nel mio rapporto sul viaggio del Signor Comert Direttore della Sezione Informazione di questo Segretariato, a Belgrado, misi in rilievo l'impressione, riportata dal Comert stesso e dai funzionari che l'accompagnavano, che la politica del Regno

S. H. S. fosse dominata • dalla paura dell'Italia •.

Questo stato d'animo comincia a diffondersi anche negli ambienti inglesi. Non è senza sorpresa che ho rilevato da vari sintomi una jugoslavofilia, che prima non esisteva, nel Drummond e nei funzionari inglesi a lui più vicini. Ora il Drummond è in rapporti troppo intimi col Foreign Office per non rispecchiarne fedelmente le direttive. Ciò risponderebbe anche alle notizie mandate dal Bodrero di un movimento di propaganda inglese pro Jugoslavia ad opera del noto Seton Watson e di altri elementi jugoslavofili di Londra.

Tra le voci che la Jugoslavia va diffondendo v'è quella del rifiuto di S. E. Mussolini di avere contatti col rappresentante jugoslavo a Roma, quasi che tra Roma e Belgrado sia stata elevata una specie di muraglia di Cina, che rende impossibile ai due Governi di discutere e di intendersi.

Qualunque sia la politica che noi vogliamo perseguire verso la Jugoslavia credo che sia in ogni modo opportuno contrastare le manovre di Belgrado. Anche ritenendo che la situazione sia tale da rendere improbabile o non desiderabile un accordo v'è sempre la convenienza di non dare l'impressione che vi sia da parte nostra una volontà preconcetta.

A tal fine potrebbe essere opportuna una politica temporeggiatrice che nel mascherare i nostri obiettivi, renderebbe più difficile un'azione dell'altra parte diretta a destare le preoccupazioni di alcune Cancellerie e ad intralciare la politica che il R. Governo intende svolgere nell'Europa Orientale.

Ho preferito, data la delicatezza dell'argomento, scriverti ,in via confidenziale.

Ti sarò grato di voler comunicare a S. E. il Presidente queste riflessioni, che ho creduto mio dovere di fedele e scrupoloso collaboratore portare alla sua e alla tua conoscenza.

(l) Cfr. n. 308,

316

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, MANZONI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A MADRID, MEDICI, E ALL'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, BASTIANINI (l)

T. 2297. Roma, 8 maggio 1928, ore 16.

(Per Parigi, Londra e Tangeri). R. ambasciatore a Madrid telegrafa: (come nel telegramma in arrivo n. 2741/194 e 195 da Madrid di collezione) (2).

Ho risposto :

(Per tutti). Telegrammi di V. E. 194 e 195. Prendo atto dichiarazioni fattele da Primo de Rivera e voglio sperare che questa volta vi corrispondano i fatti malgrado l'infranciosizzazione del Signor Quinones de Leon. Dal telegramma n. 2196 del 6 corrente trasmessole per corriere (3), ella vedrà che la nostra domanda per l'amministratore aggiunto con attribuzioni giudiziarie è perfettamente giustificata e che essa è stata da noi impostata molto chiaramente nonostante ogni contraria informazione giunta in proposito al Governo spagnolo. Il telegramma del R. ambasciatore a Parigi le fornisce ogni utile elemento per illuminare il Signor Primo de Rivera sulla portata delle varie nostre richieste. Quanto alle esigenze spagnole che si vorrebbero da noi appoggiate non è possibile dare per il momento alcuna promessa specifica, abituato come è il R. Governo a non impegnarsi prima di conoscere esattamente la portata dei propri impegni e la possibilità di mantenerli. D'altra parte nell'incertezza in cui siamo circa l'accoglimento delle nostre ,richieste non pos

siamo fin d'ora comprometterci per quelle degli altri. Ma in via generica ed assolutamente di principio V. E. potrà assicurare il Signor Primo de Rivera che considereremmo amichevolmente le domande spagnole ove esse non contrastino con i nostri interessi e quando saremo sicuri che i nostri interessi saranno salvaguardati.

(l) -A Londra e a Tangeri il tel. venne inviato per corriere. (2) -Cfr. n. 311. (3) -Cfr. p. 267, nota l.
317

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2775/149. Durazzo, 8 maggio 1928, ore 18,40 (per. ore 2.2,40).

Ahmed Zogu mi ha convocato per discutere la questione del cambiamento del regime. Ha fatto assistere all'importante colloquio il suo ministro degli affari esteri Ilias bey Vrioni. Da un esame molto approfondito della situazione politica, specialmente parlamentare, e delle norme costituzionali, è risultato non essere opportuno lo scioglimento immediato della camera e del senato che termineranno normalmente i loro lavori il 31 maggio. Si è quindi deciso (colla riserva di cui appresso è cenno) che durante le vacanze estive e più precisamente verso la fine di agosto, Ahmed Zogu, convocherebbe senato e camera in sessione straordinaria con l'apparente programma di apportare qualche ritocco alla costituzione. Le due camere siederebbero insieme e dopo avere riconosciuto la loro incompetenza a modificare la costituzione, autorizzerebbero il presidente a fare procedere alle elezioni di una assemblea costituente la cui riunione avverrebbe a Tirana il 1° ottobre. Appena iniziati i suoi lavori, assemblea proclamerebbe il nuovo regime.

Ho detto ad Ahmed Zogu che avrei sottoposto a V. E. la procedura e le date e che specialmente queste ultime erano soggette all'approvazione dell'E. V.

La procedura prescelta merita qualche cenno illustrativo.

Presidente della repubblica ritiene che movimento parlamentare diretto chiedere i ritocchi della costituzione non si è finora pronunciato con sufficiente chiarezza. Quindi l'impossibilità di sciogliere fin da ora le camere. Ahmed Zogu si propone di fare un viaggio nelle provincie del sud (Coritza, Argirocastro e Valona) verso la fine di giugno. In tale occasione, i municipi ed i deputati del mezzogiorno dello stato gli presenterebbero indirizzi politici con la richiesta di qualche modificazione dell'attuale carta costituzionale. Da ciò egli trarrebbe lo spunto per la convocazione delle due camere in assemblea straordinaria. Questa procedura sebbene piuttosto lunga e complicata, risponde tuttavia ai criteri di estrema prudenza di Ahmed Zogu, il quale desidera che la trasformazione del regime avvenga senza scosse, senza crisi e non rappresenti quindi un colpo di stato. D'altra parte egli non desidera fare il viaggio nelle provincie del sud a camere sciolte e cioè in un periodo elettorale.

Da parte mia trovo assai ragionevoli le considerazioni di Zogu, ma vi è un solo fatto che mi preoccupa ed è appunto il viaggio presidenziale. La possi

bilità di una trasformazione del regime comincia oramai ad essere compresa all'interno come all'estero. Ciò non è un male perchè rende il problema più maturo in Albania. E la cosa non suonerà come una sorpresa per le cancellerie europee. Ma non vorrei che trasformazione del regime consigliasse un estremo tentativo diretto sopprimere la persona del futuro sovrano. Il lungo viaggio nelle provincie del sud potrebbe offrire l'occasione cercata. E' significativo che a Belgrado sia stato ricostituito il comitato del cosiddetto partito repubblicano albanese. Farò a Zogu qualche riserva circa il suo viaggio ma dubito egli possa accoglierla, dato che egli ha preso impegno preciso e si aspetta da esso un accrescimento del suo prestigio nell'Albania meridionale, oltre che la spinta per mettere in moto la macchina costituzionale. Zogu mi ha detto che se le date sopra accennate riscuoteranno l'approvazione di V. E., esse verranno da lui considerate come definitive.

318

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2806/222. Angora, 8 maggio 1928, ore 23,15 (per. ore 5 del 9).

Tewfik Roussdi mi incarica pregarla tener presente che fra dieci giorni grande assemblea nazionale prenderà vacanze fino autunno inoltrato e che, secondo desiderio Gazi, Ismet pascià vorrebbe presentare alla medesima patto e convenzione arbitraggio per averne approvazione prima delle vacanze.

Quanto più giorni passano, tanto più aumentano pressioni d'ogni sorta in senso contrario alle nuove direttive di politica estera prese dal Governo turco. Tewfik dice senza fondamento voce d'origine berlinese che Francia e In

ghilterra abbiano proposto Turchia firma di un patto di non aggressione.

Tewfik bey non sa se realmente ministro Jugoslavia abbia ricevuto istruzioni venire qui prossimamente intavolare negoziati per trattato di commercio. Egli l'ascolterà come suo dovere ma egli assicura V. E. che non intavolerà alcun negoziato con Jugoslavia prima della firma del patto con noi.

Una volta firmato questo patto con noi egli interpreterà amicizia come collaborazione e ci terrà al corrente. Quello che sa è che Governo bulgaro, sebbene sia deciso firmare patto con Turchia, tuttavia cerca guadagnare tempo per riguardo alla Jugoslavia, temendo che Francia frapponga ostacoli al prestito. Da Mosca e da Berlino, pure dimostrando quei Governi in via ufficiale che sono favorevoli al patto italo-turco, gli si domanda: perchè legarsi all'Italia oggi quando non vi è alcuna minaccia permanente? Nuova politica estera della Turchia, basata su amicizia con l'Italia, unica potenza la cui amicizia od ostilità ha valore vitale per la Turchia, sconvolge troppe amicizie, troppi piani, distrugge troppe speranze, perchè Governi interessati a distogliere Turchia dalla nuova via non si servano di tutti i mezzi. Gazi, Ismet ed egli sono fermamente decisi battere strada concordata con V. E. a Milano e desidererebbero che V. E., firmando patto, concedesse loro approvazione solenne della grande assemblea nazionale, prima che questa si disperda per le vacanze.

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IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL CAPO DELL'UFFICIO IV EUROPA E LEVANTE, INDELLI

L. P. Roma, 8 maggio 1928.

Forse sarebbe bene mettere questa lettera agli atti. Io gli ho risposto semplicemente ringraziando e dicendo che per parte nostra occorre lasciar svolgere le superiori intenzioni, avendo tutto predisposto in modo da lasciare aperte le diverse vie.

ALLEGATO.

PETRUCCI A GUARIGLIA

L. P. Belgrado, 28 aprile 1928.

Ti scrivo queste due righe per raccomandarmi in primo luogo alla tua speciale benevolenza in questo mio duro lavoro, e per sottometterti alcune personali osservazioni.

So che voi del Ministero non siete molto informati delle supreme finalità della nostra politica, ma io qui vivo poi nella più completa oscurità. Il che mi mette spesso in una condizione difficilissima. Vedi se non mi si potesse rifischiare, sia pure per corriere, qualche telegramma di Londra e di Parigi, che serva ad illuminarmi sia pure molto sommariamente. Voglio poi dirti in due parole quale è la mia impressione sulla questi"One dei nostri rapporti con questa gente.

Ci siamo barcamenati in modo da poter avere aperte tutte le vie di uscita. Ma vi sono alcuni fatti innegabili, e che provano che questi circoli governativi hanno della buona volontà, anche se le loro intenzioni siano in definitiva tutt'altro che chiare.

Non vi è dubbio, ad esempio, che la stampa, soprattutto belgradese è molto meno insolente verso di noi, e di tono molto dimesso. Non vi è dubbio che molte questioni, che erano grosse, come quelle delle proprietà alla frontiera e della Lega Culturale, sono state risolte in nostro favore, e che altre sono in via di soluzione con una evidente dimostrazione quotidiana della buona volontà di queste autorità, anche se tutt'altro che provocata da nostre pressioni.

Lo stile poi di questo Ministero degli Esteri, e di tutti i Ministeri in generale è insolitamente corrett·o e premuroso.

Tutto questo è notato dagli altri diplomatici, e tende fatalmente, e nostro malgrado, a metterei in una posizione difficile per il caso non si vogli-a concludere più nulla.

Vi è la questione delle convenzioni di Nettuno, la cui approvazione è di là da venire, e nelle quali potremo sempre trincerarci. Ma tu sai quanto esse siano per noi ormai svuotate (scusa il termine di altri tempi), e, sia detto inter nos, io credo che sarebbe desiderabile non fossero mai approvate, essendo per noi indubbiamente migliore la convenzione del 1879.

C'è ora l'impressionante questione del grosso prestito a Londra; ma è molto difficile per noi tirarlo in ballo, tanto più che una eventuale nostra mossa provocherebbe, come sempre, una forte reazione di coesione delle forze interne, cosicchè se adesso esso è combattutissimo all'interno, esso sarebbe poi accettato all'unanimità in odio a noi.

Tutto questo ho creduto di doverti dire, perchè potrà furse esserti di una qualche utilità. Che se invece avesse servito solo a farti perdere un po' del tuo tempo prezioso, ti prego di scusarmi anticipatamente.

Ti prego di salutarmi Indelli.

P. S. -Scusami la fretta con cui scrivo.

320

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 2321/140. Roma, 9 maggio 1928, ore 24.

Alle molte considerazioni che le ho sottoposte ne aggiungo un'altra per quanto concerne i rapporti dell'Italia colla Turchia e cioè che l'Italia può rifornb.'lsi di materie prime attraverso i Dardanelli (1).

321

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 2322/141. Roma, 9 maggio 1928, ore 24.

La decisione da me presa di aderire alla richiesta turca della soppressione del protocollo annesso al trattato ha provocato ad Atene delle forti esitazioni per la firma simultanea del trattato italo-greco. Il Governo greco, che aveva già integralmente accettato lo schema di trattato e di protocollo da noi sottopostogli, teme che soppresso quest'ultimo il Governo turco sarà ancora meno arrendevole ad un componimento soddisfacente delle vertenze fra i due paesi e conseguentemente alla stipulazione dell'analogo trattato greco-turco.

In questi giorni mi mantengo in quotidiano contatto telegrafico con Atene per vincere il più rapidamente possibile tali esitazioni che sono colà sorrette dagli oppositori politici dell'attuale ministro degli esteri. È infatti essenziale nel piano generale della mia politica che il nesso che intendo stabilire colla Turchia e colla Grecia non venga spezzato né formalmente né sostanzialmente.

V. E. tenga questo ben presente per sua norma nei suoi contatti col Governo di Angora. La breve attesa per la firma del trattato colla Turchia ci è imposta dalla necessità di adoperarci a contemperare l'esigenza di Angora circa la soppressione del protocollo colla possibilità di dar seguito al sistema di intese che fu oggetto dei colloqui di Milano. Ad Angora ,quindi si deve comprendere che soprattutto in questo momento occorre che la Turchia dia prova di spirito conciliativo e non ingeneri l'impressione che il rigetto del protocollo proposto secondo le intese di Milano sia in sostanza un pretesto per non addivenire alla rapida soluzione delle questioni pendenti colla Grecia.

V. -E. dovrà adoperarsi da parte sua per ottenere che il Governo turco dia al più presto una qualche soddisfacente soluzione anche parziale alle questioni che sono presentemente oggetto delle conversazioni Roussdi-Papas, il che sarà di grandissimo giovamento alla mia azione ad Atene.
(l) -La minuta è di pugno di Mussolini.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CONSOLE GENERALE A MONACO DI BAVIERA, SUMMONTE

T. GAB. 5. Roma, 9 maggio 1928, ore 24.

Personalissimo.

Sono disposto a ricevere Hitler ad epoca da stabilirsi. Comunque dopo le elezioni tedesche. Un colloquio prima non gioverebbe se non agli avversari di Hitler (1).

323

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2829/223. Angora, 9 maggio 1928, ore 23,30 (per. ore 15,50 del 10).

Tewfik Roussdi bey ha desiderato che io visitassi Ismet pascià e che gli parlassi della convenzione di conciliazione e patto.

Ismet pascià mi ha ricevuto or ora prima del consiglio dei ministri. Dopo avermi manifestato tutta la sua soddisfazione per gli accordi che sono per essere firmati, mi ha pregato di far comprendere a V. E. che le osservazioni fatte alla convenzione conciliazione non sono dettate nè dal desiderio di fare dell'accademia nè da diffidenza ma unicamente dalla necessità presentare all'assemblea nazionale la convenzione nella forma più semplice e alla medesima accessibile. Finora Ismet pascià sembra che sia stato contrario all'arbitrato ma oggi che il Governo si mette su questa nuova strada ha bisogno del consenso unanime della rappresentanza nazionale. L'ho assicurato che avevo telegrafato in tal senso a V. E.

Egli poi mi ha chiesto se greci firmeranno il patto e se a me consta di conversazioni tra Belgrado e Atene. Ismet pascià aggiungeva i buoni amici di Parigi, Mosca, Berlino ciascuno per conto suo e con tutti i mezzi di cui dispongono cercano ostacolare opera conciliante di riavvicinamento condotta da V. E. nei colloqui di Milano. Gli ho risposto avere letto in certa stampa accenno a quelle conversazioni, nulla sapere di sicuro in proposito fuori della formale smentita datami da questo ministro di Grecia. Quanto al corso del negoziato fra Atene e Angora una conversazione avuta stamane con Papas

(e sulla quale riferirò a V. E. con telegramma numero seguente) (l) mi autorizzava a sperare in una sollecita favorevole definizione tanto più perchè ero certo che Ismet pascià e consiglio ministri vorranno tener conto delle difficoltà contro le quali Michalacopoulos ha egli stesso da lottare in casa propria e vorranno dimostrarsi concilianti fino all'estremo limite.

Ismet mi ha chiesto poi se credessi che V. E. tenesse sempre alla simultaneità della firma dei due patti italo-turco e greco-turco (2). Gli ho risposto che quanto a me consta dalla corrispondenza di V. E. fino a questo momento nessun cambiamento dovrebbe essere avvenuto nelle primitive disposizioni di V.E. Ismet pascià mi ha confermato che egli desidererebbe presentare patto e convenzione alla approvazione della assemblea nazionale prima delle vacanze. Ma se V. E. tenesse ancora alla simultaneità della firma e negoziato grecotur,co si prolungasse ancora oltre luglio egli non potrebbe che piegarsi alla volontà di V. E., allora si limiterebbe, avvenuta la firma, comunicarla al partito del popolo riservandosi presentare il patto all'assemblea nazionale in autunno.

(l) Hitler aveva manifestato a Summonte il desiderio di incontrarsi subito con Mussolini. Summonte ne riferì con t. rr. 2748 del 7 maggio, per il quale cfr. M. TosCANO, Storia dipLo;.. matica deLla questione deLl'Alto Adige, Bari, 1967, p. 113.

324

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 1001/557. Berlino, 9 maggio 1928.

Con riferimento al telespresso di V. E. n. 2683/359, in data 4 corrente (3), comunico qui appresso quanto mi riferisce questo Addetto per la Stampa:

• Conosco da molti anni il Dr. Thost, corrispondente da Berlino di vari giornali di provincia, fra i quali la Ostpreussische Zeitung e la Bremer Zeitung. È persona di assoluta fiducia, entusiasta ammiratore dell'Italia fascista, ma forse anche in dipendenza dell'età molto giovane, può facilmente dare l'impressione di un esaltato e specialmente di essere poco maturo. Non credo appartenga al partito tedesco-nazionale, ma mi consta che non appartiene neppure a quello nazionalsocialista, pur essendo ardente ammiratore di Hitler. Ritengo che questa contraddizione sia da spiegare col fatto che i nazionalsocialisti non hanno una stampa propria quotidiana all'infuori del Voelkischer Beobachter. Pertanto non sarebbe facile ad un giornalista professionista di trovare occupazione anche presso i tedesco-nazionali, se fosse ascritto al partito di Hitler che, specie negli ultimi tempi, non ha risparmiato gli attacchi ai tedesconazionali. Posso garantire che quanto ha fatto il Dr. Thost per provocare una udienza di Hitler da parte di S. E. il Capo del Governo è avvenuto per esplicito incarico di Hitler stesso, il quale sa che il Thost è in contatti abbastanza frequenti col sottoscritto che avrebbe dovuto avviare la pratica, cosa che non potè avvenire nel gennaio scorso trovandosi il sottoscritto in licenza. Nelle

settimane che seguirono, il Thost mi mostrò varie lettere e telegrammi del segretario di Hitler il quale sollecitava una risposta alla domanda di udienza fatta a mezzo di questa R. Ambasciata e che il Dr. Stendardo, per non impegnarsi verso persone a lui sconosciute, aveva fatto credere che fosse stata· avviata a mezzo di V. Gayda. Il Dr. Thost, rientrato recentemente da Roma, mi ha detto di aver insistito presso il conte Capasso affinchè l'incontro in parola avesse luogo.

Aggiungo un articolo pubblicato dal Thost sulla Breme1· Zeitung del 2 corrente •.

(l) -T. 2828/224 (sic, ma in realtà 225) del 10 maggio, che non si pubblica. (2) -La richiesta della firma immediata del patto greco-turco sarebbe stata ripresentata ad Angora dal Governo di Atene (cfr. n. 331). (3) -Cfr. n. 303.
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L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2841/201. Mosca, 10 maggio 1928, ore 19 (per. ore 23,10).

Segnalo all'E. V. editoriale Isvestia riassunto mio telegramma stampa

n. 38 data odierna. Articolo, probabilmente opera personale Cicerin, deve essere considerato espressione posizione assunta da questo commissario affari esteri di fronte trattative italo-turco-greche. Elemento prevalente è preoccupazione Unione Sovietica per eventuale passaggio Turchia nella sfera d'influenza potenze occidentali facente capo all'Italia. Russia nelle sue relazioni con Turchia ha sempre giocato su pretese mire aggressive Italia e teme che sicurezza frontiera occidentale diminuisca per Turchia valore amicizia Russia. Segnalo anche precedente accenno possibilità avvicinamento politico fra l'Italia e Unione Sovietica a cui Cicerin mi accennò recentemente (mio telegramma n. 180) (1). Invio per posta appena [possibile] testo completo articolo.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. 2353/228. Roma, 10 maggio 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 238 (2).

Sono dello stesso avviso di V. E. che cioè qualora il prestito jugoslavo dovesse assolutamente concludersi, sarebbe opportuno che la finanza italiana, già prevenuta e disposta in questo senso, vi partecipasse per avere possibilità di utile controllo.

La nostra azione peraltro, finchè la conclusione non sia assicurata, non può che continuare a prefiggersi un insuccesso del prestito stesso. A questo scopo il ministro delle finanze sta facendo intervenire i corrispondenti del

nostro tesoro presso i gruppi finanziari esteri interessati, soprattutto facendo valere le ragioni di credito italiane verso la Jugoslavia, per indurii a quella riflessione che si inquadra nelle nostre convenienze politiche.

Allo stato attuale delle cose quindi il comunicare senz'altro costà le nostre disposizioni favorevoli ad una partecipazione al prestito mentre pendono le trattative gioverebbe a rinsaldare moltissimo la posizione jugoslava ed a dare ai prestatori quella sicurezza politica di cui sembra preoccuparsi realisticamente Rothschild.

E' dunque il caso che per il momento V. E. si mantenga personalmente molto riservato nei confronti della richiesta rivoltale da Bark, tenendosi il più esattamente possibile al corrente dei negoziati di Markovich a Londra, in modo da poter eventualmente influire nel corso degli stessi nel senso che dobbiamo anzitutto desiderare, e, d'altra parte, essere pronto, qualora la conclusione dei negoziati stessi portasse decisamente alla conclusione del prestito, a riprendere contatto col gruppo Rothschild per la nostra partecipazione.

(l) -Cfr. n. 283. (2) -Cfr. n. 286.
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IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2840/233. Atene, 10 maggio 1928, ore 20,30 (per. ore 24).

Michalacopoulos è rientrato la notte scorsa in Atene. Ho avuto stamane con lui, a casa sua, lunghissimo colloquio, in merito al telegramma di V. E.

n. 2251/138 (l) comunicandogli tutte le osservazioni e considerazioni in esso contenute e illustrandole ed appoggiandole come lo richiedeva l'importanza della questione. L'ho informato che, con ciò, V. E. intendeva ,contemporaneamente rispondere alla lettera da lui inviatale pel tramite di Mavrudis (2).

Non ho mancato di porre rilievo le considerazioni concernenti materie prime che ritiriamo attraverso i Dardanelli giusta l'altro telegramma di V. E.

n. 2321/140 giunto stamane (3). Michalacopoulos avrà, questa sera, la preannunziata riunione coi suoi colleghi e domani verrà egli stesso, qui, alla legazione per informarmi del risultato che, a mia volta, riferirò telegraficamente a V.E.

In attesa, Michalacopoulos, che l'ultima comunicazione ha molto rasserenato in confronto del profondo turbamento dei giorni scorsi, mi ha pregato testualmente di dirle: • Grazie perchè constato che Mussolini non abbandona la Grecia • . Egli non mi ha ancora dato alcuna indicazione precisa sul tenore della risposta, perchè deve studiarla; mi ha ripetuto anche stasera espressioni riconoscenza, ma credo di non errare nel ritenere che se la dichiarazione contenuta nel citato telegramma n. 2251/138: • Quando io sia in possesso di una CJOmunicazione ufficiale greca del genere farò i passi necessari perchè o prima della duplice firma degli accordi politici, o simultaneamente, o immediata

mente dopo, si proceda all'impegno di cui sopra, secondo una formula che si può precisare •, non avesse compreso la terza alternativa (ossia quella dell' • immediatamente dopo •) Michalacopoulos mi avrebbe già senz'altro manifestato il suo assentimento alla direttiva da noi ora tracciata. Ciò pur sempre, beninteso, rimpiangendo la soluzione prevista a Milano. Per meglio vagliare, d'altra parte, il peso che qui si attribuisce ai vari fattori internazionali, che influiscono sulla combinazione tripartita allo studio, credo poi utile riferire ancora che, nell'esaminare la prima delle due comunicazioni ufficiali richieste a questo Governo affinchè V. E. sia al postutto in grado di poter esercitare la sua ulteriore azione ad Angora, Michalacopoulos mi ha fatto rilevare col maggiore calore come, con tale dichiarazione, si venga sin da ora per la Grecia a prendere definitiva posizione nell'orbita del prestigio e della politica italiana, e come questo Governo sia disposto a farlo, deciso malgrado tutto à braver per intero il conseguente dispetto della Francia, sempre che vi sia modo di assicurare coi fatti in compenso una sistemazione secondo la più conciliante equità, delle vitali pendenze colla Turchia sotto la protezione della Italia che è divenuta veramente l'arbitra nel Mediterraneo orientale (sic).

(l) -Cfr. n. 312. (2) -Cfr. n. 304. (3) -Cfr. n. 320.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2847/226. Angora, 10 maggio 1928, ore 20,40 (pe1·. ore 7,15 deU'11).

Questo ambasciatore di Russia continua a dimostrarsi soddisfatto del riavvicinamento italo-turco, ma in fondo dell'animo suo con rammarico vede Turchia indebolire, mediante accordo italo-turco, i vincoli che la tenevano avvinta all'amicizia russa e mettersi su strada che egli ritiene segnata o tempestivamente favorita dall'Inghilterra. In un colloquio avuto ieri mattina con me, mi ha detto quanto appresso riassumo:

Premettendo che parlava in via assolutamente personale e con quella franchezza che gli concedevano tre anni di buone relazioni fra colleghi, Souriz mi confidava che da tempo Governo russo aveva intenzione stringere con l'Italia patto di non aggressione d'amicizia. Varie cause hanno ritardato realizzazione di queste intenzioni e fra le altre il consiglio che lui, Souriz, aveva dato a Mosca di attendere che rapporti italo-turchi fossero divenuti normali, e che tra Turchia e Italia venisse assicurato periodo di pace. Oggi ciò si aveva e grazie alla politica di V. E., per il bacino orientale del Mediterraneo si apre prospettiva di laboriosa pacifica attività. In tale stato di cose, egli si domandava se non fosse giunto il momento opportuno di riprendere a Mosca in esame primitiva intenzione e di muovere il primo passo. Desiderava però conoscere il mio avviso personale sull'accoglienza che una simile iniziativa avesse potuto trovare presso V. E.

Gli ho risposto non essere in grado dargli, neppure in via personale,

chiarimento desiderato, avere io in passato sentito parlare a Roma di un progetto di patto di amicizia italo-russo, ma nulla sapere delle ragioni che lo hanno finora tenuto da parte. Potevo però assicurarlo che politica S. E. Mussolini va seguendo anche in Oriente nel Mediterraneo è una politica di pace, di assoluta indipendenza nella scelta dei mezzi con cui egli la persegue e che accordi che egli sta per firmare non sono fatti in odio ad alcuno, non hanno tendenza ostile ad alcuno. Data questa premessa personale dovevo ritenere che, se una iniziativa nel senso suddetto venisse da parte di Mosca, sarebbe tenuta a Roma nel dovuto conto.

329

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. 2384/173. Roma, 11 maggio 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 149 (1).

Pur condividendo naturali preoccupazioni per programma viaggio S. E. Zogu nell'Albania del sud conviene che V. S. non menomi sua libertà di deci~ sione. In quanto ai tempi del programma V. S. può comunicare che io non ho nulla da obiettare, e che li considero quindi come definitivi anche come mia norma.

330

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 2393/143. Roma, 11 maggio 1928, ore 24.

Orsini che travasi presentemente ad Angora telegrafa (2) che Tewfik Roussdi bey gli fa vive premure per firma patto italo-turco affermando che giornalmente aumentano pressioni di ogni sorta sul Governo turco in senso contrario alle nuove direttive che questo ha scelto. Roussdi bey ha accennato come Governi Mosca e Berlino, che pur si dimostrano ufficialmente favorevoli al patto italo-turco, domandano ad Angora perchè mai intenda legarsi permanentemente all'Italia dal momento che nessun pericolo minaccia la Turchia. Anche lsmet pascià ha tenuto ad Orsini analogo linguaggio, aggiungendo che • i buoni amici di Parigi, Mosca e Berlino ciascuno per conto suo e con tutti i mezzi di cui dispongono cercano ostacolare opera conciliante di riavvicinamento greco-turco concretata nei colloqui di Milano • (3).

Quanto sopra per norma di linguaggio e di azione di V. E. presso codesto Governo.

19 -Documenti dipLomatici -Serie VII -Vol. VI

(l) -Cfr. n. 317. (2) -Cfr. n. 318. (3) -Cfr. n. 323.
331

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2881/227. Angora, 11 maggio 1928, ore 14,35 (per. ore 2,30 de~ 12).

Faccio seguito al mio telegramma n. 225 (1).

Avendo Tewfik Roussdi bey rimandato a sabato riunione con ministro di Grecia e due delegazioni commissione mista della quale è cenno in quel telegramma, io mi sono valso di questo aggiornamento per esporre a Roussdi bey quanto V. E. mi telegrafa col telegramma n. 2322/141 (2) in special modo urgenza che una qualche soddisfacente soluzione sia data alle questioni pendenti greco-turche.

Realmente situazione è seguente: qui si teme, dicesi, con fondamento, ·che Atene stia trattando con Belgrado e che quindi Michalacopoulos cerchi, temporeggiando, trarre sempre maggiori vantaggi da una parte e dall'altra; qui si temono difficoltà che Grecia sicuramente farà nell'applicazione dell'accordo di cui le telegrafai le linee generali. Si vorrebbe in una parola incassare le 500.000 lire sterline già versate Parigi alla commissione finanziaria di controllo per tacitare alte personalità turche personalmente interessate nella questione degli scambi. Governo turco è anche disposto a concedere facilitazioni nell'incasso di quella somma. Governo di Atene invece non vuole ancora rendersi conto di questa necessità politica per la Turchia. A complicare situazione è venuta domanda greca di firmare subito anche patto di non aggressione greco-turco. Tewfik Roussdi bey mi ha detto che consiglio dei ministri di mercoledì ha approvato linee generali dell'accordo, si sarebbe pure dichiarato pronto firmare patto di non aggressione greco-turco e avrebbe dato incarico a Tewfik Roussdi bey nella riunione di domani, di essere quanto più possibile conciliante e pur anche conclusivo, accettando di firmare subito anche patto di non aggressione... (3) regolamento questioni pendenti adoperandosi in forma tale da eliminare addirittura tali questioni da negoziati soluzione definitiva. Quando la Grecia insistesse per un regolamento tale da ritardare soluzione definitiva, subordinando definizione questioni pendenti all'esame della commissione mista e dell'arbitro per i beni non scambiabili, firma del patto di non aggressione sarebbe rimandata alla data della definitiva reale soluzione per Io meno quella dei beni dei non scambiabili, cioè a quando arbitro avrà deciso delle 500.000 sterline.

Tewfik Roussdi bey è pienamente convinto di quanto ella espone nel telegramma n. 2322/141, farà il possibile per affrettare soluzione. Egli osserva, a me sembra con ragione, che dal punto di vista dei rapporti fra Roma e Atene dal momento in cui Angora e Atene si siano messe d'accordo per regolamento delle questioni pendenti sia in una forma che nell'altra, Michalacopoulos, se in buona fede, non dovrebbe avere più motivo di esitazione e non potrebbe più a lungo ritardare firma patto italo-greco.

Tewfik Roussdi bey cui sta grandemente a cuore firma sollecita patto italaturco per avere approvazione dall'assemblea nazionale prima delle vacanze per aggiudicarsi quel successo onde sviluppare sua attività internazionale in vista possibilità entrata Turchia nella Lega delle Nazioni, mi incaricò assicurare V. E. che sua politica verso la Grecia, politica di conciliazione, di amicizia, non muterà anche se firma patto di non aggressione turco-greco dovesse venire ritardata.

(l) -T. 2828 del 10 maggio, che reca erroneamente il n. prot. 224. (2) -Cfr. n. 321. (3) -Gruppo indecifrato.
332

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. 2427/130. Roma, 12 maggio 1928, ore 15.

Ferrovie austriache, premesso che noti trasporti denunciati • macchine • furono inoltrati franco Morgensdorf e che mittente è responsabile dichiarazioni lettera di vettura, incitano ferrovie italiane riscuotere dal detto mittente differenza su percorso austriaco tra tariffa dovuta per • parti di armi • e quella pagata per • macchine smontate •. Sono su 371 Km. scellini 1629,30 oltre soprattassa per errata dichiarazione scellini 3258,60 ed errore di contabilità di scellini dieci; totale scellini 4897,90 da mettere a disposizione ferrovie federali. Inoltre stessa amministrazione prega far constatare se esista su nostre linee differenza tariffa tra • macchine ferro smontate • e • parti costituenti armi • poichè in caso affermativo dovrebbesi riscuotere dal mittente doppia differenza tassa accreditandola ferrovie federali come scopritrici abuso. Prego V. S. intrattenere personalmente conte Bethlen sulla assoluta convenienza liquidare senz'altro pretese ferrovie austriache evitando così da parte ferrovie italiane quelle indagini sul • mittente • che ravviverebbero delicate discussioni già quasi sopite. A tale scopo ferrovie ungheresi togliendo anche motivo di responsabilità finanziaria per avvenuta soppressione merce dovrebbero tacitare prontamente e integralmente ferrovie federali austriache. Non dubito che conte Bethlen si renderà subito conto necessità agire con prontezza in tal senso ed attenderò telegrafiche comunicazioni per far rispondere opportunamente alle ferrovie austriache.

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IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2904/145. Bucarest, 12 maggio 1928, ore 21,30 (per. ore 0,40 del 13).

Duca, che mi aveva mostrato particolare attenzione, ha sollecitato ieri e stamane una mia visita. Gliel'ho fatta oggi, anche perchè intendevo rappresentargli ancora una volta mia estrema indignazione per un nuovo ignominioso artkolo Cuventul che taccia di mendace e infida politica estera del capo del Governo italiano e formula previsioni che esercito italiano sarebbe completamente battuto sia in una guerra Francia, sia in una guerra Jugoslavia.

Poichè Duca aveva cominciato col dire di voler parlare da amico ad amico, col mostrarmi maggiore premura e con affermarmi profonda amicizia popolo romeno • a malgrado recente eccitazione provocata da manifestazioni amicizia dell'Italia verso Ungheria e delle quali opinione pubblica romena non saprebbe rendersi esatto conto perchè ignara vero scopo politica italiana ", l'ho immediatamente interrotto col mostrargli articolo del giornale Cuventur e dirgli col più forte risentimento seguente concetto:

Io -che in Romania regna la maggiore incomprensione dell'Italia come grande potenza, e quindi Romania non si rende conto che l'Italia non può che svolgere una complessa politica del tutto rispondente suoi molteplici ed importanti interessi;

2o -che opinione pubblica romena dà continua prova di non possedere il più lontano concetto dell'Italia di oggi, della quale finanche maggioranza diplomatici romeni non conoscono lingua (sic);

3° -che attuale situazione diventa talvolta così oltraggiosa che il mio sentimento di cittadino italiano è spontaneamente disposto a prevalere su qualsiasi altra considerazione.

Duca è rimasto visibilmente sconvolto dall'articolo da me segnalato e profondamente impressionato dalla sincerità delle mie dichiarazioni. Mi ha fatto ogni scusa e mi ha ripetuto di volere meco assumere impegno che fra breve stampa non procederà più alle manifestazioni • ignominiose » cui si è abbandonata.

Mi ha d'altra parte pregato vivamente di non dare particolare importanza alle predette dolorose manifestazioni ché egli poteva assicurarmi nel modo più formale dei migliori sentimenti di viva amicizia e rispetto che Romania nutre per l'Italia.

Duca ha infine insistito con la maggiore cordialità, perchè io non mancassi di vederlo più sovente.

Qualora stampa continuasse nel suo inqualificabile linguaggio, segnalerò telegraficamente a V. E. articoli incriminati sia per quelle eventuali rimostranze che ella credesse fare a codesto rappresentante romeno od a Titulescu che trovasi a San Remo, sia per quelle istruzioni che volesse impartirmi. Per mio conto assicuro V. E. che sento fermamente di avere finora fatto qui tutto quanto mi era possibile sia col presidente del consiglio che con tre altri ministri perchè Romania comprenda finalmente realtà situazione e portata sua responsabilità.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

TELESPR. S. P. 225640/152. Roma, 12 maggio 1928.

Suo rapporto n. 2 Roma del 12 aprile u. s. (1). Mi sono reso conto dell'utilità e dell'interesse del servizio organizzato dalla

S. V. Concordo nelle osservazioni personali della S. V., che tendono a porre

nella loro luce esatta le diverse tendenze dell'associazione. Concordo pure nell'utilità di assicurare la continuazione del servizio, coll'astenersi da ogni provvedimento, fino a tanto almeno che qualche dato specifico non rendesse necessario, anche a parere suo, un intervento; !imitandoci invece ad una discretissima sorveglianza. La prego quindi di voler provvedere, sotto la Sua personale cauta direzione, alla continuazione del servizio medesimo.

(l) Non rinvenuto. Trattava evidentemente di questioni relative ai rapporti con l'Organizzazione rivoluzionaria macedone.

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IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2880/238. Atene, 13 maggio 1928, ore 3,45 (per. ore 7).

Mio telegramma n. 235 (1).

Michalacopoulos è venuto oggi alla legazione e mi ha dato lettura delle decisioni cui si è giunti nel consiglio dei ministri in merito alla comunicazione fatta giusta il telegramma di V. E. n. 2251/138 (2), formulandole nei quattro seguenti punti. Di essi il secondo ed il terzo costituiscono le dichiarazioni ufficiali del Governo ellenico in risposta alla richiesta del citato telegramma, ed il quarto, sotto forma di constatazione, è inteso ad eliminare indirettamente disagevole terza alternativa, cui accennavo nel mio telegramma n. 233 in data 10 corrente (3).

• 1° -M. Michalacopoulos remercie vivement S. E. M. Mussolini de la communication qu'il a bien voulu lui fair par l'entremise de M. Arlotta et aux termes de laquelle la signature d'un pacte italo-turc pourrait étre différée de manière à faciliter la réalisation d'un plan de politique de paix plus vaste et plus efficace. Cette communication constitue une preuve encore de l'intéret amicai de l'Italie à l'égard de la Grèce, intérét pleinement conforme aux relations existantes entre les deux pays et à la politique de collaboration consacrée par les entretiens de Milan.

2° -Le Gouvernement hellénique réitère l'assurance qu'il demeure fidèlement attaché au principe de cette politique, et qu'il serait par conséquent disposé à conclure un pacte de non agression et d'arbitrage avec l'Italie.

3o -L'Italie, étant d'autre part, en ce moment, en pourparlers avec la Turquie pour la conclusion d'un pacte parallèle au précédent, le Gouvernement hellénique croìt pouvoir demander à S. E. M. Mussolini d'exercer toute son infiuence auprès du Gouvernement turc en vue d'un arrangement rapide et rationnel des différends gréco-turcs sur les bases déjà exposées dans le mémorandum hellénique (4). Les conversations d'ailleurs engagées dans ce sens à Angora entre S. E. Tewfik Roussdi bey et le ministre de Grèce, se pursuivent dans une atmosphère qui autorise d'en escompter de bons résultats et le

Gouvernement hellénique fait tout son possible afin qu'elles aboutissent au plus tòt. Il ne dépend que de la bonne volonté d'Angora d'en rendre possible la conclusion immédiate en acceptant le procédé d'arbitrage qui a été proposé pour les points contestés.

4° -Par ces efforts l'arrangement gréco-turc serait conclu avant la signature des deux pactes parallèles ou simultanément. On aurait de cette façon la systematisation effective et intégrale de la paix dans la Méditerranée orientale par une série de pactes entre les trois pays intéressés. Un pareil résultat viendrait à couronner de la façon la plus brillante et la plus complète une politique due tant à la conviction de la Grèce qu'à la perspicacité et au sens diplomatique de S. E. M. Mussolini •.

Michalacopoulos mi ha contemporaneamente diretto una sua lettera esplicativa sotto forma amichevole e personale. Con tale lettera, ritornando sulle considerazioni già reiteratamente esposte nelle precedenti conversazioni giusta quanto ho riferito all'E. V., Michalacopoulos chiarisce particolareggiatamente le ragioni di politica internazionale ed interna che non consentirono alla Grecia di addivenire senz'altro immediatamente alla firma di un patto italo-greco, indipendentemente da una garanzia di regolamento greco-turco. Ne trasmetterò testo integrale con successivo telegramma (1). Michalacopoulos ha molto insistito nel dire che teneva a darmi questa giustificazione perchè V. E. potesse rendersi ben conto della reale necessità, per lui, di assicurarsi una pratica garanzia in tal senso, in relazione all'altra necessità di affrontare • tutto il corruccio della Francia • (sic). Data inoltre la situazione di assoluta superiorità in cui si trova, nelle trattative colla Grecia, la Turchia che ha in suo potere tutta la minoranza ellenica di Costantinopoli Michalacopoulos ha poi ancora molto insistito perchè io ripetessi a V. E. quanto il Governo ellenico e lui stesso

desiderano la conclusione della combinazione, e quanto fiduciosamente e con animo tranquillo contino essi a tale proposito sulla continuazione dell'efficace ausilio italiano. Circa accomodamento greco-turco, che egli riterrebbe ormai facile dopo la gravosa rinunzia greca all'abbinamento dei conti dei beni degli scambiabili e dei non scambiabili, Michalacopoulos ne compendia la risoluzione nel principio dell'arbitrato, che pertanto si augura venga accolto dalla Turchia senza indugio anche pel regolamento di tali conti. Il signor Michalacopoulos ha tenuto finalmente a porre particolarmente in rilievo con tono significativo, come le dichiarazioni ufficiali elleniche, riferite in principio del presente telegramma, siano oggi formulate all'Italia, malgrado le visite urgenti che proprio stamane i due ministri di Francia e di S. H. S. hanno fatto prolungatamente a lui medesimo (2).

(l) -T. 2858/235 dell'll maggio, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 312. (3) -Cfr. n. 327. (4) -Cfr. p. 264, nota l. (l) -T. 29341239 del 13 maggio. Della lettera di Michalacopoulos si pubblica il brano seguente: « Mais à un autre point de vue, il est évident que la conclusion de ce Pacte ne manquera pas d'indisposer certains facteurs de la pc.Iitique européenne. Cette indisposition ne manquerait pas d'influer d'une manière désanvantageuse sur la situation de la Grèce à un moment où de nmnbreuses et très importantes questions à examiner sont encore en suspens. La Grèce eut pu ne pas s'arrèter à cette considération et affronter ces éventualités si la conclusion d'un Pacte gréco-italien co'incidait avec le règlement d'un problème de ses rapports extérieurs comme celui des relations gréco-turques. J'ai expliqué cela clairem~nt à M. Mussolini à Milan, et S. E. a eu la bonté de recannaitre le bien fondé de mon expose • · (2) -Annotazione a margine di Mussolini: « importante •·
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L'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3106/356. Madrid, 13 maggio 1928 (per. il 21).

Ospite dei sovrani spagnuoli si trova da qualche giorno in Madrid l'ex re Giorgio II di Grecia.

Incontratomi con lui in riunione non ufficiale, S. M. re Alfonso, in colloquio da me non provocato, discorse meco lungamente sulle vicende di Grecia. Cercherò di riassumere.

Da parecchi sintomi che vanno manifestandosi, Sua Maestà si è formata l'opinione che sia da prevedere non lontano un cambiamento generale di situazione. Gli sono noti i tentativi di creare in Grecia un'organizzazione fascista od analoga al fascismo. Da parte sua vede con simpatia l'apparire di questi movimenti che, per quanto cautamente e discretamente, dovrebbero essere incoraggiati sopratutto da paesi che come Italia e Spagna rappresentano oggi il ritorno a sani principi di ordine e di autorità.

Ritiene tuttavia che questi tentativi locali hanno scarsa probabilità di successo per mancanza d'un uomo rappresentativo, capace d'accentrare, dirigere, personificare i vari movimenti.

A suo parere potrebbe l'Italia divenire, in certo modo, la base d'attuazione del nascente fascismo ellenico, con l'attirare avvedutamente adatte personalità greche che vi apprenderebbero metodi pratici d'organizzazione fascista, per 'ntrodurli ed applicarli poi nel proprio paese. Così come stanno le cose un movimento inizialmente impostato sotto bandiera monarchica o dinastica sarebbe sicuramente votato a fallimento. Esso invece, in un primo tempo, e per buona tattica, dovrebbe esser presentato con etichetta esclusivamente nazionale. La riuscita dovrebbe dapprima condurre ad una reggenza (che però re Alfonso non ha menomamente precisato) alla quale spetterebbe il compito, in un secondo tempo, della restaurazione dell'ex re Giorgio II sul trono.

Re Alfonso crede che qualche sostanziale mutamento possa verificarsi anche non più tardi del prossimo autunno.

Tralascio di soffermarmi sulle complicate illazioni d'ordine politico più generale che da questi ipotetici sviluppi di eventi vorrebbe trarre il monarca spagnuolo e delle quali, a suo parere, la principale consisterebbe in un consolidamento della posizione mediterraneo-orientale dell'Italia e della Spagna che con una Grecia riconoscente verrebbero a disporre di una longa manus amica.

Per debito d'informazione riferisco quanto sopra a V. E., anche perchè v'è ogni verosimiglianza che parole e pensieri di re Alfonso siano ispirati da progetti o manifestazioni del medesimo ex re Giorgio. Il quale, però, aggiungo per la verità, di tutto ciò non ha fatto con me il più piccolo cenno e, pur essendomi trovato a colloquio con lui, d'ogni cosa m'intrattenne, meno che di faccende greche, personali o dinastiche.

L'onorevole marchese Alberto Theodoli, con cui S. M. re Alfonso -nel corso d'una udienza accordatagli durante la sua recente permanenza a Madrid, ma prima della venuta di re Giorgio -aveva pure conversato su questa materia, avrà forse già riferito in proposito all'E. V.

Poichè in questi prossimi tempi non mancheranno occasioni di nuovamente incontrarmi con il sovrano spagnuolo ed egli potrà tornare sull'argomento, ho creduto doveroso informare l'E. V., per il caso ch'ella ritenga necessario impartirmi direttive di massima per norma di linguaggio. Finora mi sono limitato ad ascoltare, senza esprimere opinioni.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 2443/148 bis. Roma, 14 maggio 1928, ore 19,30.

Governo greco mi comunica ufficialmente a mezzo Arlotta che esso è disposto a concludere un patto politico coll'Italia ma mi prega di rinviarne la firma a quando sia raggiunto accordo fra Grecia e Turchia, preghiera che io non posso almeno per qualche tempo respingere. Nella stessa comunicazione Governo greco mi prega interporre miei buoni uffici presso Governo turco per addivenire ad una rapida sistemazione delle questioni greco-turche. Governo greco mi comunica anche che conversazioni si svolgono in modo soddisfacente e che possono concludersi subito se per le questioni non regolate la Turchia accettasse la procedura dell'arbitrato. Poichè da telegramma di V. E.

n. 227 (l) risulta che Roussdi è entrato nell'ordine idee arbitrato prego V. E. insistere presso Roussdi bey perchè aderisca definitivamente all'arbitrato per i punti non regolati dalle conversazioni di questi giorni. Dica in mio nome a Roussdi che poter regolare questioni colla Grecia è grande successo per la Turchia. Non appena avrò notizia che trattative greco-turche sono sboccate nella reciproca accettazione della procedura arbitrale io fisserò senz'altro la data per la firma del patto italo-turco data che io desidero il più possibilmente vicina. Invito V. E. a spiegare tutta la diligenza ed energia necessarie perchè siano superate le ultime difficoltà fra Grecia e Turchia. Mi tenga quotidianamente informato (2).

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. PER CORRIERE 2443. Roma, 14 maggio 1928.

Ricevuto suo telegramma (3) coi quattro punti Michalacopoulos e successiva di lui lettera. Ho comunicato tutto a S. E. Orsini invitandolo a esercitare la più diligente ed energica pressione su Governo turco onde indurlo ad acco

gliere procedura arbitrale per punti non risolti amichevolmente. Comunichi ciò a Michalacopoulos pregandolo che anche lui mandi istruzioni concilianti a Papas specialmente se come risulta da altro telegramma che le mando

(n. 2435/146) (l) la Turchia è già entrata nella via dell'arbitrato. Mi tenga sempre informato (2).

(l) -Cfr. n. 331. (2) -La minuta è di pugno di Mussolini. (3) -Cfr. n. 335.
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L'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3103/357. Madrid, 14 maggio 1928 (per. il 21).

Telegrammi di V. E. n. 88 del 14 corrente (3), n. 84 del 9 corrente e n. 86 del 10 corrente (4) e suoi telegrammi per corriere nn. 2196 (5) e 2203 (6).

Ho ringraziato Primo de Rivera per il soddisfacente e rapido effetto delle sue ultime istruzioni a Parigi. Quanto all'eventuale nostro appoggio avvenire a domande spagnuole, siano pure minori ed accessorie come quelle sommariamente accennate nel mio telegramma n. 195 (7), non gli ho fatto se non evanescenti dichiarazioni molto generiche.

A titolo d'ormai postuma cronaca riferirò che in una conversazione di sua iniziativa condotta su questi argomenti, S. M. re Alfonso tenne a sottolineare la pressione anche da lui personalmente esercitata per far dare la massima soddisfazione alle nostre richieste. Come Primo de Rivera, egli pensa che Quinones de Leon non si era reso giusto conto dell'interesse di una azione spagnuola non contrastante l'Italia. Suppone che il Quai d'Orsay e in special modo l'abile Berthelot, si sia servito di questa sua incomprensione aprioristica per far muovere in primo piano il delegato spagnuolo, rimanendo quello francese nell'ombra. Re Alfonso mi dichiarò queste cose con l'abituale vivacità di parola, aggiungendo ch'egli è partigiano convinto di un'armonia di condotta con l'Italia. « Noi spagnuoli, disse con certa crudezza, abbiamo in ciò tutto da guadagnare perchè, con voi, potremo più agevolmente sventare il giuoco francese che s'ostina nel mantenimento di esagerate pretese egemonistiche e pertanto esclusivistiche ».

In linea generale, facendo bilancio delle numerose impressioni e dei visibili sintomi direttamente raccolti qui, in ogni ambiente, politico ed extrapolitico, debbo ritenere veritiere le buone intenzioni ad ogni momento manifestatemi a nostro riguardo nei circoli governativi o comunque autorevoli. E sarebbe

errore, nelle valutazioni della politica di questo paese, muovere dalla pregiudiziale di un suo più o meno inguaribile • infranciosamento ». Credo di poter in coscienza affermare che tale non è la realtà. Se è esatto, in principio, che la Spagna ed i suoi governanti abbiano in passato anche recente subito la influenza francese, conseguenza di antichi interessi creati o di vecchie prese di posizione lentamente consolidate, è ugualmente vero che il regime d'oggi -forse anche troppo prematuramente -con ogni mezzo mira all'integrale emancipazione politico-economica dallo straniero; fatto questo che addensa sulla Spagna, ma pure risveglia in Spagna, non pochi rancori dei quali quelli della Francia o verso la Francia non sono, credo, i meno consistenti o persistenti.

Gli atteggiamenti individuali od i parziali successi locali del signor Quinones de Leon non mutano la sostanza delle cose.

(l) -Non si pubblica. (2) -La minuta è di pugno di Mussolini. Con t. 2978/242, del 15 maggio, Arlotta riferiva sulla comunicazione fatta a Michalacopoulos, il quale, « visibilmente contento, soddisfatto (e posso anche aggiungere commosso dopo la così viva ansietà dei giorni scorsi), mi ha in primo luogo pregato di trasmettere all'E. V. i più vivi a calorosi ringraziamenti ufficiali del Governo ellenico e quelli suoi personali >. (3) -T. 2432/88 del 13 maggio, ore 24, che non si pubblica. (4) -Non identificati. (5) -Cfr. p. 267, nota l. (6) -Del 6 maggio, che non si pubblica. (7) -Cfr. n. 311.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2979/236. Angora, 15 maggio 1928, ore 11,15 (per. ore 5 del 16).

In questa stampa circola un'aria tale di pessimismo circa negoziati turcogreci che io ho domandato a Tewfik Roussdi bey se avesse già avuto notizia dell'impressione prodotta ad Atene dalle proposte concrete fatte a Papas nel colloquio di avant'ieri. Egli mi ha risposto che pessimismo è spiegabile col silenzio che egli crede dover mantenere sul corso dei negoziati, che manca assolutamente di qualsiasi informazione da Atene; che sarebbe molto grato a V. E., se volesse far dare a Michalacopoulos un nuovo colpo di spalla per spingerlo ad accettare al più presto condizioni proposte e delle quali Grecia non potrebbe mai sognare averne non migliori nemmeno uguali in avvenire. Tewfik Roussdi ripete sarebbe sommamente lieto poter giungere ora ad una rapida intesa rinunziando ad ogni arbitro. Ma naturalmente egli rispetta la parola data e si rimette all'arbitrato nelle condizioni proposte quando Michalacopoulos non creda poter fare altrimenti. Domanda sollecitudine.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 3099/1309. Parigi, 15 maggio 1928.

Questa Ambasciata ha potuto procurarsi copia della nota diretta dal Cardinale Gasparri al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per richiamarlo ai doveri che gli derivano dall'immutata situazione della Santa Sede di fronte al Governo Italiano dal 1870 ad oggi (1).

Il ministro accreditato presso la Santa Sede che ha ricevuto la nota allegata, nel trasmetterla al proprio Governo, ha aggiunto che la Santa Sede ha attirato l'attenzione dei due principi assistenti al Soglio, Colonna ed Orsini, sull'atteggiamento riservato che devono avere di fronte alle autorità italiane i membri della società romana detta comunemente • società nera •.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. 2521/412. Roma, 16 maggio 1928, ore 24.

Questo consigliere dell'ambasciata di Francia ha informato questo ministero che il suo ambasciatore ha ricevuto da Parigi istruzioni di farmi presente quanto segue: I negoziati per Tangeri sono quasi giunti alla fine e con risultati che sembra al Governo francese possano essere da noi considerati soddisfacenti. Restavano tre questioni in sospeso: l) -Quella dell'ufficiale addetto al consolato. 2) -Quella dell'ufficio postale. 3) -Quella della commissione valori doganali. Circa quest'ultima si sarebbe trovata soluzione equa nel senso che ove sembrasse che le deliberazioni della commissione fossero lesive del principio dell'eguaglianza economica stabilito per la zona di Tangeri esse dovrebbero essere sottoposte al comitato di controllo. Il Governo francese riteneva non poter assolutamente cedere sulla questione dell'ufficio postale ma ove noi avessimo rinunziato alla nostra domanda sarebbe stato disposto a dare il suo consenso per l'ufficiale addetto consolato.

Beaumarchais verrà venerdì da me per espormi queste proposte e chiedere il mio consenso. Nel caso che il R. Governo lo accordasse si potrebbe alla fine di questa settimana chiudere i lavori degli esperti e pubblicare anche un comunicato sui risultati raggiunti. Mi propongo di rispondere al signor Beaumarchais accettando le proposte francesi: ciò che del resto corrisponde alle istruzioni già da me date a V. E.

Per l'ufficio postale se sarà possibile ottenere in tempo la dichiarazione inglese tanto meglio. In caso contrario la questione potrà essere sempre chiusa costì salvo a continuare amichevoli negoziati diretti tra noi e Inghilterra per la chiusura dell'ufficio postale inglese.

Visto che dal 1870 nulla è avvenuto che giustifichi questo mutamento, sarei grato alla

E. V. se volesse premere sul personale della Legazione da Lei diretta di attenersi senza cambiamento alle norme summenzionate e di osservare colle persone appartenenti alle suddette categorie esclusivamente dei legami di relazione strettamente personale. Da escludersi dunque tutti gli inviti i quali non hanno che carattere puramente familiare e privato».

(l) Il documento trasmesso da Manzc.ni, datato 11 aprile, era del seguente tenore: , Da qualche tempo si può constatare che fra i membri del corpo diplomatico si sta formando l'opinione che di fronte ai !oro colleghi accreditati presso il Quirinale, di fronte alle auto.rità italiane e verso la società che vi fa capo, non hanno più ad osservare quell'attitudine riservata la quale dal 1870 era così caratteristica e di grande importanza per le rappresentanze diplomatiche estere accreditate presso la Santa Sede.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3022/435. Berlino, 16 maggio 1928, ore 21,20 (pe1·. ore 0,30 del17).

Telegramma di V. E. n. 4857/178 (1).

Klein della Deutsche Tageszeitung (2) è venuto a vedermi oggi. Egli era molto soddisfatto delle accoglienze e delle due conversazioni con V. E. Mi ha narrato che nella prima egli ha esposto il suo pensiero:

1° -Possibilità di collaborazione italo-tedesca, non contro Francia, ma per valorizzare ambedue i paesi nei rapporti con la Francia.

2° -Necessità di eliminare gli attriti fra i due paesi occasionati dalla situazione in Alto Adige, per rendere possibile tale collaborazione itala-tedesca. Secondo Klein non si tratta di intesa e tanto meno di alleanza itala-tedesca,

ma di avvicinamento e di collaborazione (Mitwirkw1g) fra i due paesi. Per quanto concerne Aìto Adige, egli ha esposto a V. E. queste ipotesi: a) mantenimento insegnamento lingua tedesca e autorizzazione usarla nelle chiese; b) autorizzazione della lingua tedesca innanzi alle autorità amministrative per parte di chi non conosce l'italiano;

c) sostituzione di Giarratana. Come contro-partita i tedeschi dell'Alto Adige dovrebbero fare una dichiarazione collettiva e pubblica di lealismo verso l'Italia.

Per quanto riguarda punto primo, V. E. avrebbe obbietiato che persona di Stresemann è di ostacolo a ciò, citando non mantenuta promessa sua visita in Italia. Klein avrebbe risposto che Stresemann è leale verso Francia, ma che ciò non esclude possibilità di un suo procedere d'accordo con l'Italia. Visita da Stresemann non eseguita a Roma, non escluderebbe incontro con V. E. a Stresa o altrove, in vicinanza frontiera svizzera in occasione di un viaggio di Stresemann a Ginevra.

Per ciò che riguarda secondo punto, Klein mi ha detto che V. E. nella seconda udienza e in relazione alle idee da lui esposte, avrebbe espresso il suo proposito di « entrare in contatto con tedeschi Alto Adige , . V. E. avrebbe però espresso dei dubbi sui risultati di eventuali disposizioni del R. Governo a loro favore. Nella direzione indicata sotto le lettere a), b), c) V. E. avrebbe osservato che le « centrali " di Innsbruck e di Klagenfurt avrebbero forse continuato ad agire, anche se Governo germanico avesse mutato atteggiamento. Klein avrebbe risposto che voce dei transfughi dall'Alto Adige non avrebbe più trovato eco in Germania, « paese ossequiente alle direttive che vengono dall'alto ". Klein si proponeva riferire a Stresemann in merito al suo colloquio con V. E., ma esserne ora impedito dalla grave malattia del ministro degli affari esteri tedesco, che nella migliore ipotesi doveva prendere una licenza di qualche mese, lasciando

una reggenza non si sa ancora a chi, ma ad ogni modo non propizia a decisioni importanti. Klein mi ha detto inoltre che V. E. gli ha fatto ampi elogi di Neurath; che V. E. aveva svalutata importanza della recente deputazione dell'Alto Adige venuta ad ossequiarla a Roma dopo che egli Klein voleva offrirsi ad andare in Alto Adige a sondare le popolazioni tedesche in merito all'atto di lealismo all'Italia summenzionato. Nel corso della conversazione, Klein ha anche osservato che a suo avviso Locarno è sorpassato, perchè in Francia ed in Germania è stato interpretato in modo diverso ed opposto: in Francia come una garanzia di Versailles, in Germania come un inizio della revisione di Versailles. Io mi sono sempre tenuto molto riservato con Klein, ma quando egli ha detto che nessuno in Germania pensa mutare frontiera sul Brennero, gli ho citato il maggiore storico della Germania (mLei rapporti nn. 373 e 393 del 28 marzo e 4 aprile) (l) e gli ho citato il costante violento irredentismo di taluni organi e gruppi bavaresi. Gli ho detto ancora che prima necessità per intendersi è che due nazioni e capi di esse siano rettamente giudicati per quello che dicono e fanno, e non per quello che falsamente loro si attribuisce, e, a parte l'opera costante ed iniqua di certa stampa tedesca, ho citato le due false asserzioni di Rheinbaden nel recente suo libro su Stresemann cui mio telespr·esso n. 591 del 14 corrente. Klein riconoscendo essere giusto quanto gli dicevo, ha osservato che Stresemann ha senza dubbio intorno a sè gente che è contraria all'Italia • perchè vuole far carriera incensandolo per la sua politica verso la Francia •.

(l) T. (p. r.) 4857/178 dell'8 maggio: «Ho avuto due conversazioni private con Klein della D[eutsche] A[llgemeine] Z[eitung]. Lo chiami e si faccia ripetere argomento colloqui e mi riferisca ». Klein era stato ricevuto da Mussolini il 4 e 7 maggio.

(2) Sic, ma Fritz Klein era redattore capo della Deutsche Al!gemeine Zeitung.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2994/239. Angora, 16 maggio 1928, ore 13,20 (per. ore 6,50 del 17).

Prima di ricevere telegramma di V. E. n. 2443/148 (2), ministro di Grecia mi aveva informato, visibilmente scoraggiato, che risposta data da Michalacopoulos alle proposte concrete di Tewfik Roussdi bey era diversa da quella che si attendeva e che Michalacopoulos faceva fare al negoziato passi addietro, ritornando sulla domanda che anche questione beni degli scambiabili dovesse essere affidata ad un arbitro e sulla questione dei beni urbani. Papas mi ha officiato per parlare con ministro degli affari esteri prima di lui, sia per prepararlo, sia per sondare terreno. Non avevo nascosto al collega che, mentre nuove richieste non sarebbero state facilmente accolte da Tewfik Roussdi bey, esse l'avrebbero messo in una penosa situazione di fronte consiglio dei ministri e alla commissione parlamentare e avrebbero rafforzato in Tewfik Roussdi bey l'intima convinzione che Michalacopoulos colle sue arti cerca di guadagnare tempo, ma che in definitiva, egli non desidera firmare un patto greco-turco. Tuttavia avrei parlato con Tewfik Roussdi bey per prepararlo, se possibile, a

ulteriori concessioni. Avevo già ottenuto colloquio, quando mi è giunto telegramma di V. E. n. 2443/148 del quale ho potuto quindi servirmi.

Nella lunga, in alcuni punti vivace, conversazione ho cercato indurre Tewfik Roussdi bey a affidare arbitro anche questione beni degli scambiabili, ma l'ho trovato irremovibile. Egli si basa su di una posizione giuridicamente giusta che cioè commissione mista alla quale definizione di quelle questioni è affidata è già un arbitro con assoluti pieni poteri come risulta dagli articoli 12 e 13 della convenzione 30 gennaio 1923, convenzione che è parte integrale del trattato Losanna e che è stata comunicata alle potenze. Quanto alla questione dei beni dei non scambiabili che resta fuori da quella convenzione, Governo turco ha già accettato sottoporla ad un arbitro. Egli quindi prega

V. E. constatare non essere da parte di Angora che si tenta cavillare e creare sempre nuovi ingombri. Nel corso della conversazione Tewfik Roussdi bey mi ha detto essere ormai chiaro che Michalacopoulos, con la sua non corretta condotta verso la Turchia, tende a ritardare firma accordo italo-turco.

Tewfik Roussdi bey pensa ,che attuale condotta greca sarebbe immediatamente cambiata se V. E. facesse comunicare a Atene una data fissa alla quale si sarebbe proceduto senz'altro firma patto italo-turco. Per Turchia, decisa non cambiare in alcun modo sua politica di conciliazione verso la Grecia, poco importa che un patto greco-turco si firmi o non si firmi, perchè anche se firmato, sulla base di una lunga ricca esperienza, è da attendersi che non venga approvato dal parlamento greco e non venga ratificato, data anche situazione parlamentare odierna Gabinetto Atene. Per Michalacopoulos sarebbe [reputato] un successo di avere evitato fino al termine della sua permanenza al ministero affari esteri che patto italo-turco venisse firmato, questo successo da far poi valere opportunamente a Belgrado ed a Parigi.

V. E. nell'alto suo discernimento e con la sintetica conoscenza degli elementi in giuoco, saprà convenientemente apprezzare queste considerazioni dal punto di vista anche degli interessi italiani in Turchia.

In questi circoli direttivi nell'attesa dei risultati dei convegni di Milano si cominciano a sentire parole di stanchezza e di sfiducia. Inspirandomi alle intenzioni di V. E. che hanno presieduto a quei convegni, non manco, come meglio posso, reagire nelle conversazioni private contro quelle parole ma le confesso che le difficoltà tra Grecia e Turchia vanno trovando qui un'atmosfera progressivamente meno favorevole ad una soluzione sollecita. Gli avversari al sistema ideato da V. E. intensificano loro sforzi a Atene e a Sofia.

Non ho mancato informare Papas nelle linee generali su quanto Tewfik Roussdi bey mi ha detto circa domanda greca. Papas avrà oggi colloquio con Tewfik Roussdi bey per fare un nuovo sforzo e per vedere se, ottenendo nuove concessioni dalla Turchia per i beni urbani, può conseguire da Atene definitiva approvazione delle proposte concrete del Governo turco. Non è però molto fiducioso del successo, a lui personalmente le proposte del Governo turco sembrano accettabili, le ha difese con coraggio presso Michalacopoulos, ma questi influenzato da Politis gli ha risposto assai seccato (1).

(l) -Allude a Hans Delbri.ick, col quale Aldrovandi ebbe uno scambio di lettere. Cfr. i due rapp. cit. 653/373 e 687/393, che non si pubblicano. (2) -Cfr. n. 337.

(l) Con t. 3068/245, Angora 18 maggio, Orsini Baroni riferiva che Roussdi bey aveva dichiarato a Papas che • ritardo nella firma dei patti (firma che Papas stesso dichiarava vivamente raccomandata da Governo di Londra) dava tempo a Parigi e più ancora a Belgrado di lavorare attivamente in senso contrario, che Gabinetto Sofia, sotto la pressione jugoslava si

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GUGLIELMINETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 1165/536. Vienna, 17 maggio 1928.

A seguito del mio telespresso n. 989/442 del 26 aprile 1928 (l) mi onoro trasmettere un rapporto (con un allegato) inviatomi da questo R. Addetto Militare e relativo all'oggetto sopra citato (2).

.ALLEGATO.

VECCHIARELLI A GUGLIELMINETTI (3)

R. R. 848. Vienna, 9 maggio 1928.

È tornato oggi da me il barone von Pantz (cfr. rapporto 761 R. del 21 aprile u. s.).

Riattaccandosi al precedente colloquio mi ha detto:

-che egli rappresenta ora a Vienna la Heimwehr stiriana e che è in relazione perciò col Presidente di Polizia Schober;

-che i dirigenti delle Heimwehren sono convinti che il loro movimento gode le simpatie degli Stati conservatori: Italia, Ungheria, Inghilterra. In quest'ultimo paese essi sono in relazione con una • Lega antibolscevica •, la quale ha loro chiesto dati relativi alla efficienza della loro organizzazione e promesso appoggio morale e finanziario;

-che la situazione è tale da imporre una decisione immediata allo scopo anche di prevenire un'azione social-comunista analoga a quella del luglio 1927 ma in assai più grande stile, che i detti dirigenti sono convinti si stesse preparando col concorso di Bela Kuhn (4);

-tale opinione sarebbe condivisa dal Presidente Schober, il quale si prepara a sua volta migliorando l'armamento (5) e riorganizzando la Polizia;

-la mossa di destra (conquista di Vienna) dovrebbe avvenire perciò con l'appoggio della Polizia ma all'insaputa del Governo Seipel, reputato fiacco nei riguardi dei rossi e quindi da rovesciare per sostituirlo con uomini energici.

Come già detto i capi del movimento si reputano sicuri che l'Italia li appoggerà (il von Pantz ha insistito perchè io lo confermassi in questa convinzione, il che io mi sono naturalmente ben guardato dal fare, ripetendogli che io ho solo facoltà di ascoltare e riferire); come aiuto materiale essi chiederebbero ora un'aliquota di bombe cariche a liquidi speciali sviluppanti gas disturbatori ma non tossici

(lacrimogeni, emetici ecc.).

Mi ha lasciato l'annesso numero del giornale Die Information dichiarandomi che quanto è ivi detto circa il caso Bela Kuhn corrisponde alle vedute dell'associazione cui egli appartiene.

sta tirando da parte e non si dimostra oggi deciso a partecipare al sistema progettato a Milano cosi apertamente come al momento del suo passaggio da Sofia... Nonostante quanto precede, Tewfik Roussdi bey è convinto che unica persona capace troncare tergiversazioni e solito sistema di aggiornare del Governo di Atene, è V. E. Se ella si deciderà far conoscere a Michalacopoulos e darne notizia al pubblico che ad una data fissata patto italo-turco sarà senz'altro firmato, Michalacopoulos non potrà tardare firmare patto italo-greco. Poichè altrimenti Gabinetto attuale cadrebbe e in Atene si produrrebbe caos. Questa sua convinzione è basata su notizie che ha circa situazione attuale Gabinetto greco •·

(l) -Cfr. n. 287. (2) -L'oggetto è: Progetti delle • Heimwehren •. (3) -Il rapporto venne inviato, per conoscenza, al ministero della guerra. . (4) -Una prossima assemblea di dirigenti (di cui von Pantz mi darà conto) s1 pronuncierà al riguardo. [Nota del documento]. (5) -Evidente allusione alle autoblindo di cui al rapporto 840 R. del 7 corrente. [Nota del documento].
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 2543/154. Roma, 18 maggio 1928, ore 19.

È già stato trasmesso a V. S. telegramma da Angora su nuove richieste Grecia (1). È mia convinzione che Grecia varca limite giustizia e opportunità. Mi pare che Grecia dovrebbe accontentarsi di aver fatto accettare arbitrato per beni non scambiabili. Insistendo Grecia rischia di rompere con la Turchia ma non può pretendere di ritardare all'infinito la firma del patto italo-turco. Io mi trovo in questa situazione e cioè che Turchia non mi ha posto nè mi pone condizioni di sorta non ha cioè legato firma patto con Italia alla soluzione di altre questioni estranee. Grecia invece non solo si serve di tali queiltioni estranee all'Italia per ritardare patto italo-greco ma anche per procrastinare sine die conclusione patto italo-turco. Ora Italia ha per rendersi utile alla Grecia ritardato di oramai un mese la firma del patto ma non può più oltre ,attendere subordinando i suoi vasti interessi d'ordine non soltanto mediterraneo all'accettazione o meno di un arbitrato sulla questione dei beni dei non scambiabili. Michalacopoulos deve rendersi conto che Italia ha aspettato abbastanza e che si deve all'azione dell'Italia se Roussdi bey è giunto all'accettazione di un arbitrato.

Aggiungo che correnti russe e francesi lavorano ad Angora contro l'Italia. Ho convinzione aver fatto mio dovere nei confronti Grecia. Francamente non mi si può chiedere altro. Tuttavia dò ancora una settimana di tempo alla Grecia e cioè sino alle ore 24 del 27 corrente trascorso il quale termine il giorno successivo 28 corrente procederò alla firma del patto italo-turco. Sempre pronto beninteso a firmare nello stesso giorno analogo patto colla Grecia. Mi dia notizie (2).

347

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3051/248. Atene, 18 maggio 1928, ore 21,54 (per. ore 2 del 19).

Mio telegramma n. 242 (3). Papas ha dettagliatamente qui telegrafato in merito ai diversi colloqui avuti negli ultimi tre giorni con S. E. Orsini Baroni, riferendo quanto questi

gli ha comunicato circa resistenza di Roussdi bey contro estensione del principio dell'arbitrato al conto degli scambiabili. Egli ha anche riferito circa vive sollecitazioni fattegli dal R. ambasciatore, perchè Grecia accettasse prontamente punto di vista turco, onde evitare rottura negoziati. Ho trovato Michalacopoulos quanto Politis molto abbattuti sotto l'impressione che si sia fatto ad Angora quasi un passo indietro dalla posizione così faticosamente raggiunta al momento del telegramma di V. E. n. 2442/147 del 14 maggio (1). Ciò molto più particolarmente poi avuto riguardo a quanto Roussdi bey ha ora ventilato pel tramite di S. E. Orsini, che la Grecia abbia cioè a considerare l'opportunità di transigere il conto dei non scambiabili con una somma da versare alla Turchia, invece della procedura arbitrale già concordata su questo punto. Michalacopoulos, cui ho rappresentato nel modo già indicato l'opportunità e la convenienza di fare di tutto per facilitare la combinazione, mi ha confermato col più vivo calore che egli la desidera vivissimamente. Ma ritornando anche con maggiori particolari sulle considerazioni riferite nel mio telegramma n. 243 (2), ha insistito nelle precise dichiarazioni di cui ai punti 3o e 4° (3) dell'altro mio telegramma n. 242 in data 15 corrente. Ha insistito cioè sulla assoluta necessità in cui si trova malgrado ogni sua migliore buona volontà, di richiedere una qualsiasi formula di procedura arbitrale pel conto degli scambiabili, salvo ad accordare tutte le facilitazioni possibili sulle altre questioni. Credo poter coscienziosamente assicurare V. E. che Michalacopoulos e questo Governo si trovano davvero nella impossibilità materiale di concludere colla Turchia l'accordo, se non sia accolto in qualche modo il principio dello arbitrato per gli scambiabili. E se pertanto l'efficace azione mediatrice che il

R. ambasciatore ad Angora svolge sotto la direttiva di V. E. potesse riuscire a portare Roussdi bey ad una formula che pure offrendo al Governo turco tutte le desiderabili garanzie di tempo e di modo per la eventuale liquidazione successiva del conto in questione (ripeto conto degli scambiabili) permettesse a quello greco di mostrare che il principio dell'arbitrato non sia stato senz'altro respinto a priori, non dubito che l'opera di altissimo interesse per l'Italia nel Mediterraneo orientale, cui sta così attivamente lavorando

V. E. avrebbe grandissima probabilità di pronta riuscita. Michalacopoulos mi ha detto stamane con accento di ferma convinzione, che malgrado tutto non vuole assolutamente ancora disperare della possibilità di una soluzione. Anche abbastanza fiducioso mi si è tuttora mostrato questo ministro di Turchia Gevad bey. La stampa ateniese è invece intonata a previsioni piuttosto pessimistiche, cominciando a preparare questa opinione pubblica alla disillusione che provocherebbe il rifiuto turco al principio dell'arbitrato, ed accennando alla necessità in cui si troverebbe la Grecia di ricorrere per la sistemazione delle gravi questioni pendenti alla Società delle Nazioni. Ho comunicato il presente telegramma ad Angora collo stesso numero di protocollo.

10 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

(l) -Cfr. n. 344. (2) -La minuta è di pugno di Mussolini. (3) -Cfr. p. 297, nota 2. (l) -Si riferisce probabilmente al n. 338. (2) -T. 2977/243, che non si pubblica. (3) -Questi due punti si riferivano essenzialmente alle insistenze del Governo greco perchè quello turco accettasse il principio dell'arbitrato.
348

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GUGLIELMINETTI

N. 2927. Roma, 18 maggio 1928.

Le trasmetto l'unito messaggio di S. E. il Capo del Governo in risposta a quello indirizzatogli da Monsignor Seipel pel tramite di questo Ministro d'Austria (1).

La S. V. vorrà recarsi da Monsignor Seipel e gli rimetterà il messaggio di S. E. il Capo del Governo. Le accludo, per Sua conoscenza, copia del Messaggio di Monsignor Seipel.

ALLEGATO.

MUSSOLINI A SEIPEL

l. Le Chef du Gouvernement Italien a pris connaissance du message de Monseigneur Seipel, qui lui a été remis par le Ministre d'Autriche à Rome. Le Chef du Gouvernement ltalien va exposer dans les termes suivants son point de vue pour ce qui concerne la situation actuelle des rapports entre l'Italie et l'Autriche et la possibilité d'améliorer ces rapports.

2. -Le Chef du Gouvernement Italien remarque avec satisfaction l'affirmation de Monseigneur Seipel sur l'importance pour l'Autriche d'avoir de bons rapports avec l'ltalie. Or, ces rapports, aujourd'hui ne sont pas bons. Cette constatation faite, le Chancelier Seipel estime qu'une voie d'issue puisse étre donnée par l'entrevue que le Chef du Gouvernement Italien a donné au correspondant romain du Journal le Tag de Berlin. 3. -Camme toutes les entrevues, celle du Tag aussi, n'a pas reproduit avec la nécessaire exactitude la pensée du Chef du Gouvernement Italien. Le fait est-il que pour l'Italie un problème de minorité n'existe pas ni de jure, ni de facto. Ni de jure parce-que l'Italie a été exclue du nombre des Pays qui ayant des minorités nationales imposantes so n t obligés par les Traités à des concessions: ni de facto parce-que l'Italie avec les 42 millions d'italiens est le Pays le plus homogène de l'occident, puisque les deux minorités existantes dans ses frontières géographiques n'arrivent pas, en total, à 600 mille habitants dont seulement 200 mille d'origine allemande. 4. -Le Chef du Gouvernement Italien en recevant une large Commission de citoyens de la Province de Bolzano leur a dit que pour leurs besoins et désirs ils devaient s'adresser à Rome, où ils auraient été bien accueillis, camme les citoyens de toute autre partie du Royaume. 5. -Toute la partie du Message du Chancelier Fédéral dédiée à expliquer la situation intérieure de l'Autriche au point de vue des partis nationalistes, est en dehors de la question des rapports politiques entre les deux Pays. Ces rapports peuvent tout de suite s'améliorer à ces conditions:

a) que les personnages responsables d'Innsbruck et de Vienne, évitent soigneusement d'entrer dans des questions d'ordre intérieur de l'Etat italien

b) qu'on ne donne aucun encouragement à la campagne anti-italienne et antifasciste qui se sert de la situation des citoyens italiens d'origine allemande camme prétexte pour ses plus vastes visées d'ordre politique général. La vérité est

comme des journalistes anglais l'ont démontré -que les citoyens italiens

d'origine allemande habitant dans la Province de Bolzano, ne se plaignent de rien, parce qu'ils ont les memes droits et les memes devoirs des autres. Parler donc d'un « martyre • quelconque, c'est mentir au plus pur sens du mot.

6. Si Monseigneur Seipel accepte les conditions susdites, les rapports diplomatiques pourront etre repris, en commençant par l'envoi immédiat d'un nouveau Ministre Italien à Vienne.

Le Chef du Gouvernement Italien sera obligé à Monseigneur Seipel s'il lui fera parvenir une réponse à ce message.

(l) Cfr. n. 313.

349

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3094/520. Parigi, 18 maggio 1928 (per. il 21).

Il signor Berthelot, congratulandosi del buon esito delle conversazioni in merito alle nostre domande per Tangeri, ha rilevato che con ciò veniva realizzato il primo punto del programma del signor Briand.

Ha poi aggiunto che la malattia del signor Briand ha tardato e tarderà ancora la realizzazione degli altri punti. Egli aveva col signor Fromageot preparato il progetto di patto d'arbitrato ed amicizia, secondo le direttive del signor Briand; ma poichè i medici avevano dato una consegna così rigorosa che nessuno, nemmeno il signor Poincaré, aveva potuto vedere il signor Briand, egli aveva dovuto lasciare ripartire per Roma il signor Beaumarchais col testo del progetto ma senza istruzioni, autorizzandolo soltanto a limitate conversazioni a solo titolo personale.

Il signor Briand sta molto meglio; il suo capo di Gabinetto e il signor Berthelot lo visitano ma non ancora per trattare affari. Appena la stagione lo consentirà il signor Briand andrà alla sua campagna a Cocherel per un riposo di quindici giorni.

Questo discorso conferma l'impressione che la comunicazione fattami dal signor Beaumarchais il 23 aprile scorso è avvenuta all'infuori del signor Briand; e che per il negoziato franco-italiano è bene agire quando il signor Briand ne tiene egli stesso in mano la direzione. Fino ad allora è meglio procrastinare le conversazioni.

350

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 4495/955. Belgrado, 18 maggio 1928.

Facendo seguito al mio telespresso n. 3258/636 del 12 aprile 1928, ho l'onore di inviare all'E. V. una relazione compilata dal mio solito informatore serbo (e repubblicano) concernente un'azione ai danni dell'attuale Monarchia ed organizzazione del Regno S. H. S. da compiersi dagli aderenti al pensiero repubblicano unitamente ai componenti della • Mano Nera • (1).

ALLEGATO.

Come già è stato detto, pensiamo che sarebbe molto utile all'Italia se vi fossero in Jugoslavia degli elementi che con la loro ,azione impedissero quel poco di consolidamento che, quantunque lentamente, pure gradatamente si compie.

Tali elementi esistono e potrebbero essere molto ben impiegati -se però si fornisse loro i mezzi necessari -perchè si tratta in genere di gente povera ed idealista.

Quando sostenemmo ciò non pensavamo ai rivoluzionari orientati verso l'internazionale perchè grazie a Dio non ce n'è in Jugoslavia. Il movimento comunista otto-nove anni fa così potente in Jugoslavia è totalmente crollato, un po' grazie al terrore ed alle persecuzioni dall'alto e molto più per l'azione dissolvente di elementi poco solidi negli stessi ambienti dei lavoratori. Dei socialisti poi non occorre nemmeno parlare. Essi servono al regime esistente meglio che la massa dei borghesi. I cristiano-sociali in quanto che ve ne siano (in Slovenia) non significano pure nulla. Del resto che cosa c'è di rivoluzionario tra di loro?

Non resta dunque che il movimento repubblicano molto piccolo in confronto con gli altri grandi partiti quando si guarda la forza del partito; ma una tale considerazione può ingannare, perchè se il partito repubblicano preso per se stesso è debole bisogna contare -e lo abbiamo già rilevato altre volte -che c'è una gran quantità di gente che ha tendenze repubblicane. Questa gente soltanto per difendersi dalle persecuzioni della polizia si è messa tra i partiti • monarchici » ma pensa ed agisce repubblicanamente non appena si presenti l'occasione. Poi c'è un gran numero di persone che secondo le loro idee appartenevano un tempo in politica all'estrema sinistra per diventare poi ideologi borghesi liberali e repubblicani ed essi sono dispersi fra tutti i grandi partiti. Ce n'è presso i radicali, i democratici, i democratici indipendenti, contadini croati, ecc. Nel caso di qualche azione seria si crede con certezza che essi agirebbero come rivoluzionari repubblicani.

Quindi accanto alla massa della gente intenzionalmente rivoluzionaria su cui può contare il movimento repubblicano, questo ha dalla sua anche dei rivoluzionari provati e cioè gli aderenti alla Mano Nera, l'Associazione degli ex ufficiali attivi, la quale, pro forma, ha per scopo di provvedere economicamente ai suoi componenti ex ufficiali attivi, ma in sostanza questa organizzazione ha un carattere puramente politico ed il suo scopo ultimo è: abbattere il regime attuale e tutto il sistema del Governo. Alla testa di questa organizzazione c'è il noto aderente della Mano Nera Stojan Stojanovich, colonnello di fanteria in pensione, giurato nemico della Mano Nera (l) e di tutti coloro i quali sostengono quella famosa organizzazione. Inoltre hanno con loro gli antichi comitagi della Associazione • Per la Libertà della Patria., pure grandi avversari dell'odierno stato di cose. Poi nelle file degli ufficiali attivi il movimento repubblicano guadagna sempre più aderenti perchè specialmente i più giovani, che abbiano un po' di sentimento patriottico, comprendono che cosa significa in generale il sistema monarchico e specialmente una monarchia quale ha la Jugoslavia, la quale conduce una politica dannosa al popolo ed ai suoi interessi prossimi e lontani.

Anche gli aderenti della Mano Nera hanno degli amici nell'esercito e tra le file degli ufficiali attivi, giacchè tutti gli onesti dell'esercito sanno che la Mano Nera è stata quello che di meglio ebbe l'esercito serbo e che è stato un gran danno per l'esercito e lo Stato che essa non si trovi più là dove è il suo luogo -cioè l'esercito. Tutti sanno infatti e quasi se ne parla ad alta voce -che se scoppiasse un conflitto con qualunque stato vicino, l'esercito jugoslavo non avrebbe chi lo guidi. Giacchè, all'infuori del generale Dakich e del generale I. Kostich abbastanza seriamente malato di nervi, l'esercito jugoslavo non ha più gente ben preparata che con sapere e autorità possa dirigere l'esercito jugoslavo nè, quello che più importa, persone abbastanza popolari per azioni di grande importanza.

L'ultimo contadino serbo sa che gli aderenti della Mano Nera hanno dato alla Serbia delle persone quali: Putnik, Stepa Stepanovich, Zivoin Misich, Jurisich Sturm, Z. Pavlovich, Apis, ed altri che con le loro solide posizioni e valore personale hanno glorificato l'esercito serbo e stupito il mondo.

Invece si sa che la Mano Bianca ha dato alla Serbia come alla Jugoslavia ovvero al suo esercito dei tipi quali il generale Zecevich, al quale una volta il vojvoda Misich ebbe occasione di dire che a qualunque unità egli comandasse l'ultimo tenente che si trova nell'unità sarà sempre più intelligente di lui e che soltanto se tien conto di tale fatto se la potrà cavare. Il nostro contadino sa che quelli della Mano Bianca hanno messo a capo dell'esercito jugoslavo dei megalomani ammalati dai quali l'esercito e lo Stato non han che danno e quindi per la paura di complicazioni all'estero il prestigio della Mano Nera è in continuo aumento e potrebbe un giorno raggiungere il culmine...

Affinchè l'azione e l'attività degli elementi rivoluzionari suaccennati e degli altri malcontenti siano accelerate ed affinchè il loro prestigio si affermi, bisogna che a questa gente, anzitutto alla Mano Nera ed ai repubblicani, si offrano i mezzì necessari per la loro opera rivoluzionaria.

Le persone alla testa del movimento repubblicano: Mano Nera ed altri, non solo valgono come dichiarati avversari dell'odierno ordine di cose, ma anche agli occhi delle vaste masse popolari hanno fama di persone onestissime -il che quando si tratta della Jugoslavia bisogna davvero apprezzare.

Come dunque si vede da queste brevi osservazioni si tratta di un capitale che giace senza essere sfruttato come sarebbe necessario.

Perchè l'Italia avrebbe interesse ad aiutare queste persone? Anzitutto perchè dalla loro attività anti-monarchica e rivoluzionaria non potrebbero [sic] che guadagnare e mai perdere; secondo perchè queste persone aderiscono all'idea di una repubblica degli slavi del sud, dalla quale, secondo una nostra ferma eonvinzione l'Italia avrebbe meno danno che da una monarchia centralista; terzo perchè nell'eventuale caos che si potrebbe suscitare l'Italia potrebbe avere anche altri vantaggi...

Ci pare che questi tre motivi siano sufficienti per indurre alla meditazione un uomo intelligente.

C'è ancora un motivo che nè i repubblicani, nè la Mano Nera sono estremamente entusiasti dell'appoggio alla Francia capitalista, perchè essi vedono in essa un paese che sfrutta la Jugoslavia dato il suo isolamento, ed anche questo, secondo noi, è importante. È un fatto che tutta questa gente sono in genere panslavisti, ma ciò in verità non è un grande impedimento perchè la Russia è lontana e ha anche essa le sue brighe, con la Polonia si hanno poche relazioni, la Cecoslovacchia nel nostro mondo è considerata terra degli ebrei slavi, ecc. Considerando tutto ciò seriamente si traggono facilmente le conseguenze necessarie.

Ed in concreto: siamo persuasi per esperienza diretta che repubblicani e Mano Nera sarebbero pronti a ricevere danaro per venire ad una resa dei conti coi loro

• cari amici • e con l'ordine delle cose esistente. Ma bisogna sapere però che nè gli uni nè gli altri a nessuna condizione riceverebbero denaro dall'Italia. Lo sosteniamo ,e ne siamo persuasi. Se invece si dicesse che il denaro viene dalla Russia lo riceverebbero non perchè si tratti di denaro bolscevico (perchè anche essi credono alla transitorietà del regime bolscevico) ma perchè il denaro verrebbe da fratelli slavi. E ancora una cosa: accetterebbero il danaro a condizione di restituirlo onestamente una volta diventati padroni della situazione.

Si tratterebbe dunque, secondo loro, di una specie di prestito temporaneo. Crediamo che per l'Italia sia indifferente che cosa essi pensino e credino, l'importante è che agiscano.

Già cinque anni fa essi, attraverso certe persone (Mario) vennero in contatto con Mosca e se fossero stati a Mosca un po' più intelligenti ed avessero avuto più tattica le cose in Jugoslavia da gran tempo avrebbero altro aspetto.

Abbiamo detto che si tratta di persone assolutamente oneste -i bolscevichi non lo credettero e vollero dare il denaro soltanto dietro firma! E quelli invece volevano che si credesse loro sulla parola e quindi si ritirarono. A Mosca dimenticavano che cosa vuol dire un'azi'One politica illegale dove ci va la testa e benchè rivoluzionari guardarono la faccenda con occhi da commercianti e quindi data quella loro errata idea tutto cadde con danno del nostro popolo.

Di tutto ciò C'Ome si vede si potrebbe parlare, se si desidera (1).

(l) Annotazione marginale di pugno di Mussolini: • Approfondire •·

(l) Sic, ma probabilmente deve trattarsi di Mano Bianca.

351

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3119/255. Angora, 21 maggio 1928, ore 20,30 (per. ore 6 del 22).

Ambasciatore d'Inghilterra mi ha detto che da informazioni di colleghi, gli risulta essere opposizione contro Tewfik Roussdi e sua politica di conciliazione verso Grecia più forte di quella che non si creda ed in continuo aumento sotto la pressione di questo ambasciatore di Russia e Germania. È solo la volontà decisa del Gazi che da a Tewfik Roussdi bey sostegno di cui abbisogna; tutto ciò conferma quanto io le ho telegrafato.

Ambasciatore d'Inghilterra riconosceva che mia posizione non è facile qui, dovendo io evitare nella opinione turca sensibilissima ogni minimo indizio di pressioni su Governo turco. Fino ad ora sir George Clerk aveva constatato che a ciò ero finora riuscito, ma che a lungo non avrei potuto continuare a ripararmi da accusa del genere tanto più che stampa continua a segnalare ogni mio passo e ogni mio incontro con Tewfik Roussdi bey e con Papas.

Ho ringraziato ambasciatore d'Inghilterra del suo cortese avvertimento, l'ho assicurato che continuerò ad agire col dovuto tatto nella speranza che ad Atene si faccia comprendere che attuale situazione d'incertezza non può più a lungo essere prolungata.

Per quanto riguarda durata conversazioni per la liquidazione del passato e firma patto greco-turco di amicizia, sir George Clerk è assai scettico poichè conflitti e discussioni tra le due razze, egli dice, durano da secoli e costituiscono uno degli elementi reali dei rapporti tra i due popoli e non vede come, nonostante sommo interesse per tutti in una risolutiva intesa, possano oggi cessare (2).

352

ANGELO VECCHIO-VERDERAME AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

R. 3. Roma, 21 maggio 1928.

Con riferimento ai miei precedenti rapporti ho l'onore di comunicare quanto segue: Ucraina -I. Il Barone Antonino von Morgunenko mi ha espressa l'intenzione di rientrare nella sua sede di Monaco a provvedersi di fondi per indi

ritornare a Roma fra qualche giorno. In pari tempo mi ha fatto accenno di un suo progetto consistente nel convincere il direttore del giornale quotidiano ViHk Beobachter [sic] di Monaco, Signor Alfredo Rosenberg ad una visita romana in sua compagnia, con l'evidente scopo di giovarsi di qualche di lui possibile influenza, come di persona -certo la più grata al Duce -fra i giornalisti germanici.

Non solo, ma -a dire del Morgunenko -egli tenterebbe addirittura di • chaperonner • una visita di Adolfo Hitler al Duce!!!

A me sembra egualmente inopportuno e ·l'intervento hitleriano nella faccenda ucraina e la presunzione del Morgunenko, di volersi fare introduttore presso il R. Governo di quelle egregie personalità politiche, sinceramente amiche del Regime Fascista.

Ucraina -II. Il Signor Jeremejew, emissario del Lewitzky, afferma che l'Hetmano Poltawetz -Ostranitza sia ora, in Germania sotto inchiesta giudiziaria per vendita abusiva di titoli nobiliari ucraini.

(l) -La relazione è firmata Mario. (2) -Con t. 3074/251. Angora 19 maggio. Orsini Baroni riferiva che l'ambasciatore di Russia gli aveva • ripetuto che a Mosca si vede con favore accordo italo-turco. ma si teme che con quello greco-turco Governo di Angora stia per incamminarsi su una strada non del tutto favorevole allo sviluppo delle buone relazioni esistenti tra Angora e Mosca •·
353

IL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3117/126. Praga, 22 maggio 1928, ore 0,10 (per. ore 3,20).

Mio telegramma n. 122 (1).

Oggi soltanto, dopo aver lasciato passare l'ondata di speranze, congetture ed interpretazioni in merito alla visita di Benès, ho creduto giunto il momento di recarmi al ministero degli affari esteri per conoscere versione e pensiero di Krofta.

Dopo avere trattato altri temi di minore importanza Krofta è stato, come prevedevo e volevo, il primo ad entrare in argomento dicendo che il gesto di Benès non deve recare sorpresa, giacchè la situazione geografica ed economica della Cecoslovacchia di fronte alla Germania suggerisce di per se stessa rapporti più cordiali di quanto la situazione generale abbia consentito in passato.

Alla mia osservazione che nelle ultime 48 ore questa stampa ha cominciato a parlare addirittura (miei telegrammi nn. 123 e 124) di collaborazione fra Germania e Cecoslovacchia per una sistemazione economica tra gli stati dell'Europa centrale, Krofta ha francamente risposto essere per la Cecoslovacchia desiderabile una tale collaborazione, qualora grazie ad essa le riuscisse da un lato di garantirsi contro l'Anschluss e dall'altro di assicurarsi un concorso efficace per tradurre in atto la suddetta sistemazione che egli considera una condizione indispensabile di vita per il suo paese.

Si è affrettato ad aggiungere che se un piano siffatto dovesse concretarsi, ciò non potrebbe in nessun caso avvenire senza il consenso delle altre potenze interessate le quali (e prima fra tutte l'Italia) vedrebbero colla sua attuazione allontanato il pericolo di una futura discesa della Germania lungo il Danubio.

Ho ribattuto a Krofta, con i debiti riguardi, sembrarmi difficile che la Germania consenta prestarsi ad una collaborazione qualsiasi con la Cecoslovacchia, a meno che quest'ultima sia disposta cederne la direzione e che in tal caso il pericolo si avvicinerebbe piuttosto che allontanarsi.

Questa mia opinione è condivisa dai miei colleghi d'Austria e d'Ungheria, i quali ne traggono la conclusione che l'iniziativa oramai evidente di Benès di guadagnare al suo giuoco la Germania non avrà risultati positivi.

Comunque però a me sembra che la Germania non lascerà sfuggire questa occasione per assumere d'ora innanzi in Cecoslovacchia una attitudine di maggiore interessamento e forse anche di attiva invadenza, favorita in ciò dalla già sensibile diminuzione del prestigio fino adesso qui goduto dalla Francia e dalla stessa Inghilterra.

(l) T. 3087/122 del 20 maggio: « ... la visita di Benès a Berlino va decisamente assumendo il significato di un riavvicinamento alla Germania ».

354

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3145/261. Angora, 22 maggio 1928, ore 23,35 (pe1·. ore 12 del 23).

Dimissioni del ministero greco, prevedute e relativamente alle quali sarebbe interessante conoscere parte che vi ha avuto pressione su uomini parlamentari greci di quelle potenze che hanno interesse di neutralizzare azione da V. E. iniziata nei colloqui di Milano, ridanno a lei libertà di movimento di fronte Governo greco. Non ho avuto ancora occasione, dopo quell'avvenimento, avvicinare Tewfik Roussdi bey o altri del Governo. Quindi nella più completa indipendenza di giudizio domando a V. E. esporre: Prima dell'incontro di V. E. con Tewfik Roussdi bey a Milano, si sarebbe potuto continuare, verso Turchia, opera di • narcotizzazione • come ella ebbe a definirla, di paziente lavoro cioè, e di chiarimento, allo scopo liberarci dal peso del sospetto che qui su noi grava. Dopo incontro di Milano e con patto di amicizia pronto per la firma io credo che non si possa più sostare e ritardare firma del patto medesimo. Questo mio parere è basato: l o -su noti motivi di nostra particolare convenienza e specialmente considerando che risultati del lungo lavoro prima conseguiti andrebbero perduti; 2° -su rispetto alla legittima suscettibilità di questo Governo, che ha potuto capire a stento, fino ad oggi, la dipendenza del patto italo-turco da quello italo-greco, ma che oggi, quando dimissioni vengono a confermargli giuoco già intraveduto tra tergiversazioni e temporeggiamento di Michalacopoulos, non potrebbe non sentirsi diminuito nella considerazione di V. E. cui qui molto si tiene. Più che altri risentirebbero ciò Mustafà Kemal e Tewfik Roussdi bey, che, minato dai concorrenti in seno al partito, non potrebbe mantenersi al potere se patto non venisse firmato o se venisse rinviato alle calende greche; 3° -nei rapporti tra i tre paesi, il porre nuovo Gabinetto greco di fronte fatto compiuto, della firma cioè del patto italo-turco, faciliterebbe, qui si pensa, adesione definitiva della Grecia al sistema tripartito ideato da V. E. Chiunque venga al potere in Atene, posto dinanzi al dilemma: o con l'Italia unita alla Turchia o con Jugoslavia, non potrà che decidersi aderire alla prima combinazione se non vuole darsi mani

legate a Belgrado. Queste sono le considerazioni che io mi permetto sottoporre all'esame di V. E. nel momento in cui ella ha da decidere sulla via da prendere in seguito dimissioni Gabinetto greco.

355

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A SOFIA, RONCALLI (l)

TELESPR. 227587/165. Roma, 24 maggio 1928.

Richiamo la particolare attenzione di V. S. sopra l'unito rapporto (2) del

R. Incaricato d'Affari a Belgrado, a proposito del recente viaggio in Bulgaria del Vescovo serbo, Monsignor Desiteo, e delle dichiarazioni che a questi sarebbero state costà fatte, da fonte ufficiaie e responsabile, circa uno stretto avvicinamento politico bulgaro-jugoslavo.

Gradirò che la S. V. cerchi, in modo riservato, di controllare l'esattezza della importante segnalazione e ne riferisca quanto prima possibile (3).

356

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3183/432. Belgmdo, 25 maggio 1928, ore 17,50 (per. ore 20,45).

Ho visto questa mattina il signor Marinkovich, al quale ho chiesto il gradimento per il comm. Carlo Galli. Mi ha risposto che avrebbe interpellato subito al riguardo S. M. il re Alessandro il quale trovasi attualmente in viaggio nella Serbia meridionale, e che si riservava quindi di farmi pervenire il gradimento ufficiale con la maggiore sollecitudine. Mi ha poi mostrato sul suo tavolo le convenzioni di Nettuno, e mi ha detto testualmente: • sono lieto di potervi annunziare che nel consiglio dei ministri di ieri sera fu presa dietro mia proposta e all'unanimità la decisione di presentare le convenzioni di Nettuno alla prossima ripresa dei lavori parlamentari che sarà fra pochi giorni. Intanto ho già fatto firmare a Sua Maestà il decreto per loro invio alla Scupcina. Sono fermamente sicuro che il parlamento approverà le convenzioni di Nettuno integralmente. A tale proposito dite che io ho sempre resistito qualsiasi idea di modificazioni delle convenzioni stesse e nel presentarle alla Scupcina non sono mosso da altro fine che quello di vedere finalmente ristabilite in modo stabile e saldo le buone relazioni fra i nostri paesi •.

Mi ha poi pregato di comunicare quanto precede a V. E.

(l) -Il telespresso venne inviato, per conoscenza, anche a Paulucci a Ginevra. (2) -Non si pubblica: tentativo di Belgrado di avvicinamento a So.fia, tramite le chiese ortodosse di Serbia e di Bulgaria. (3) -Cfr. rapp. 1301/306, dell'll giugno, nel quale Roncalli, pur minimizzando l'importanza del viaggio in Bulgaria di monsignor Desiteo, osservava: c Resta in ogni modo il fatto incontestabile di un'azione da parte jugoslava per tentare un riavvicinamento colla Bulgaria; punto di partenza, il terremoto che ha colpito questo paese. Si direbbe una " manovra in grande stile", decisa in tale dolorosa circostanza, con una parola d'ordine "ora o non più" •·
357

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI

T. 2688/101. Roma, 25 maggio 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 356 (1).

Almeno per il momento, situazione particolare delle nostre relazioni politiche colla Grecia ci impone massima riservatezza nei riguardi movimento incipiente fascismo ellenico che potrà essere apprezzato soltanto in base alle sue ulteriori sistemazioni e sviluppi. Nel caso S. M. il Re Alfonso dovesse tornare sull'argomento, V. E. si limiti ad ascoltare senza manifestare opinioni che possano comunque essere interpretate a pregiudizio della completa libertà di azione che l'Italia deve conservare nei riguardi di eventuali avvenimenti interni della Grecia. È anche da tener presente del resto che l'ex Re Giorgio non sembra aver acquistato finora speciali titoli ad un nostro interesse alla sua restaurazione.

358

L'AMASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3291/283. Angora, 26 maggio 1928, ore 22,30 (per. ore 4,45 del 27).

Mio telegramma n. 269 (2). Tewfik Roussdi bey mi ha detto aver ricevuto da ministro di Turchia Atene risposta a comunicazione che lo aveva incaricato di fare a Venizelos.

Venizelos ha pregato ministro di far conoscere a Roussdi bey che era

rimasto molto sensibile alla sua comunicazione; che ultima volta, quando sali

al potere, aveva inviato telegramma a Pasich ed a Ismet pascià, manifestando

intenzione di amichevole collaborazione tra i paesi e nei Balcani: avvenimenti

sopravvenuti avevano reso sterile quella intenzione. Se egli ritornerà oggi al

potere conta su eguali disposizioni da parte del Governo turco per il bene

dei due paesi.

Tewfik Roussdi bey mi è sembrato disilluso da questa risposta, mi ha

detto essergli riuscita quanto mai vaga e incerta. Nella medesima, non una

parola dell'Italia e nemmeno del Patto turco-greco. Così aggiungeva sembrar

gli... (3) il giubilo destato nei circoli della Piccola Intesa, anche in Roma, dal

È in vista di ciò che Roussdi bey mi ha pregato di ripeterle suo profondo convincimento che soltanto immediata firma patto italo-turco, prima della soluzione della crisi ministeriale, può realizzare piano da V. E. ideato a Milano. Il patto firmato, chiunque assumerà potere Atene di fronte al fatto compiuto, faciliterà a questi firma patto italo-greco e greco-turco •·

l'eventualità che Venizelos, personalmente o dietro le quinte riprenda direzione politica estera greca.

Per mettere in chiaro bene posizione Turchia e sue direttive politiche, egli mi ha detto aver telegrafato a Suad bey di dichiararle che, se patto italo-turco venisse firmato senza ritardo ulteriore, indipendentemente dalla soluzione della crisi greca, egli si proporrebbe di dichiarare ad Atene con tatto ed al momento opportuno, sino dall'inizio dell'attività del nuovo ministero greco, che attitudine Turchia verso la Grecia è subordinata a quella della Grecia verso l'Italia e che prima che con Angora, Atene parli e assicuri firmare con Roma. Egli aggiungeva aver troppo sofferto durante queste lunghe settimane di passione, provocate dalle tergiversazioni e manovre greche, per [non] essere felice di potere rendere a V. E. quel servizio, onde arrivare alla realizzazione del piano da lei ideato a Milano. Occorre però uscire dall'inazione nei rapporti con gli stati balcanici: l'attesa è inazione, ed è sempre pericolosa. Da Berlino gli giunge notizia che Benès lavora per entrata dell'Austria nella Piccola Intesa. A Sofia la corrente favorevole alla Jugoslavia è attiva, mentre egli non avendo ancora la firma al patto italo-turco, nulla può fare d'attivo limitandosi a tenere una carta in mano verso Governo di Sofia, cioè trattato commercio turco-bulgaro, già concluso, ma che espressamente non ha voluto presentare all'approvazione della grande assemblea, contenendo esso importanti vantaggi per Bulgaria.

(l) -Cfr. n. 336. (2) -Col t. 3204/269, Angora 24 maggio, Orsini Baroni comunicava quanto gli aveva dichiarato Roussdi bey: • Se Venizelos vuole risolvere questioni pendenti con la Turchia e firmare patto con Roma e Ango.ra farà ciò sin dal momento in cui prenderà in mano redini del Governo; se tarderà o comincerà nuovi temporeggiamenti, sarà segno che su Venizelos avranno preso prevalenza influenze francesi, e quella parlamentare dei rifugiati.

(3) Gruppo indecifrato.

359

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3260/270. Atene, 27 maggio 1928, ore 1,15 (per. ore 4).

Mio telegramma 207 (l) di ieri sera.

Come era prevedibile Tsaldaris, non avendo accettato di patteggiare sulla questione di principio concernente il regime, la proposta di Venizelos relativa alla propria definitiva partenza dalla Grecia non ha avuto altro seguito. Si è viceversa intensificato, dopo il colloquio Venizelos-Metaxas, l'attivissimo lavorìo di quest'ultimo per una rinnovata coalizione dei partiti non estremisti. Il signor Venizelos, intanto, dopo avermene richiesto telefonicamente, è venuto a vedermi oggi alla legazione. Egli ha cominciato col dirmi che nella farragine più

-o meno astiosa di notizie che circolavano in questi giorni sul suo conto, teneva ad una amichevole conversazione per chiarimenti della sua azione e del suo punto di vista. Mi ha subito informato che il suaccennato lavorìo di Metaxas e di Michalacopoulos è visto di buon occhio da lui stesso e che secondo ogni probabilità si sarebbe giunti assai presto alla ricostituzione pura e semplice dell'antico Gabinetto sotto Zaimis, pel conseguimento del quale si attendeva sol

tanto l'accettazione di Cafandaris. Solo nella eventualità che anche questa combinazione avesse dovuto fallire, egli si sarebbe deciso ad assumere personalmente il peso del Governo. Mi ha quindi detto che la sua ricomparsa alla scena politica attiva era avvenuta inaspettatamente e soltanto perchè vi era stato costretto non potendo lasciare l'antico suo partito senza capo, dopo la improvvisa irremovibile decisione di Cafandaris di dimettersi da tale carica, ma che egli continuava a non desiderare affatto direttamente il potere. Dato che, Venizelos ha quindi aggiunto, la soluzione da lui stesso invocata della ricostituzione del Gabinetto di coalizione (cui i deputati suoi propri amici non avrebbero punto negato l'appoggio nella camera) aveva ormai probabilità di riuscita, e dato d'altra parte le sincere dichiarazioni da lui fattemi nei riguardi dell'Italia quando ci eravamo precedentemente incontrati più volte l'inverno scorso, il rinnovarle oggi poteva riuscire superfluo, ma che, ciò malgrado, viste alcune insinuazioni fatte da certa stampa locale, e per la lontana eventualità che egli dopo tutto fosse costretto a formare il nuovo Governo, teneva in modo particolare a ripetermi l'assicurazione che nulla, assolutamente nulla, sarebbe stato da lui mutato alla politica di sincera cordialità e di relazioni perfettamente amichevoli che il precedente Governo ellenico aveva seguito nei nostri riguardi pel tramite del signor Michalacopoulos. Quanto sopra, ha egli rilevato, mi ha intimamente e profondamente convinto dell'alto interesse greco di procedere in pieno accordo ed intesa coll'Italia. Venizelos ha quindi espresso la sua viva speranza di riuscire ad ispirare nell'E. V. gli stessi sentimenti di reciproca fiducia a suo riguardo, ed ha spontaneamente rilevato, compiacendosi, il cortese riserbo tenuto in tutte queste circostanze dalla stampa italiana, mentre, ha osservato, a Parigi ed a Londra si era subito mostrato da quei giornali un certo nervosismo, menzionandomi in particolare Débats ed il Times.

Ho detto al signor Venizelos che lo ringraziavo dell'amichevole visita e delle cortesi dichiarazioni, aggiungendo che per quanto riguarda la Grecia,

V. E. aveva non solo dichiarato quali fossero i suoi cordiali sentimenti, ma aveva provato coi fatti l'efficacia dell'amicizia italiana. Dato pertanto essere da un lato chiara linea di condotta del Governo italiano di non ingerirsi negli affari di politica interna di questo paese, e non esistendo d'altro lato alcun preconcetto da parte nostra contro la sua persona, ho concluso, nessuna aprioristica ragione di mutamento potersi temere nella nostra politica verso la Grecia, sempre che egli avrebbe avuto cura di dimostrare in pratica, nella eventualità di un suo effettivo avvento al potere, od anche attraverso l'azione del suo partito, l'esatta comprensione dei legittimi interessi italiani, nonchè l'apprezzamento preciso dell'importanza della nostra amicizia.

Venizelos che appariva in migliorato stato di salute, abbastanza di buon umore, e sopratutto premuroso di ispirare fiducia, si è accomiatato insistendo nel dire che il suo maggiore desiderio ora è quello di potere presto partire per la sua cura di Bagnolles. Nel corso della conversazione, quando mi parlava dell'atteggiamento del Times, Venizelos ha aggiunto incidentalmente essergli stato riferito che dalla R. ambasciata a Londra si sarebbe avuto recentemente occasione di mostrare di condividere forse una certa inquietudine manifestata in alcuni circoli di quella capitale sulle possibili conseguenze interne o mutamenti di indirizzo nella politica estera, derivanti da un ritorno di Venizelos alla politica, e tenere egli molto a dissiparla. Mi sono limitato ad osservare che nulla mi risultava in proposito, ma che, comunque, era ben logico e naturale che l'attenzione di tutti gli ambienti fosse dovunque attratta, analogamente a quanto accade in Atene, sulle possibili conseguenze di ogni azione di un uomo che ha preso, come lui, tanta e così movimentata parte alla vita politica interna ed internazionale del proprio paese. Alla Turchia egli ha accennato solo di volo, affermando desiderare anche più intensamente di Michalacopoulos una pacifica sistemazione, la cui realizzazione, ha soggiunto, dipende sopratutto da Angora. Non ho creduto opportuno entrare in dettagli su questo terreno per mantenerci intatta la libertà di esame e di azione nell'eventualità più o meno prossima che egli assuma effettivamente il potere (1).

(l) -Numero errato. Forse allude al t. 3220/267 del 25 maggio, ore 23,15, che non si pubblica.
360

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 2726/163. Roma, 27 maggio 1928, ore 15.

Ragioni che mi consigliano troncare gli indugi sono troppo evidenti e furono già espresse a V. S. troppe volte perchè senta necessità ripeterle. Come già reso pubblica ragione firmerò patto italo-turco mercoledì 30. Mantengo mio impegno firmare stesso giorno analogo patto con la Grecia. Se Michalacopoulos è come ritengo in buona fede non dovrà che riconoscere che mia attesa è stata paziente e mia azione longanime nei confronti della Grecia. Faccia queste comunicazioni a Michalacopoulos o a qualsiasi altro ministro che lo sostituirà (2).

361

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. 2727/183. Roma, 27 maggio 1928, ore 24.

Si rechi da Ahmed Zogu e gli comunichi che in data 30 corrente cioè mercoledì prossimo sarà firmato in Roma il patto italo-turco. Per quanto concerne patto italo-greco niente di preciso. Comunque terrò informato Zogu (2).

(l) -Con t. 1836/139 del 29 marzo, Arlotta, incontratosi con Venizelos, aveva comunicato che • Venizelos, tenendo come sempre a mo.strarsi marcatamente cordiale mi ha rinnovato calorose espressioni di consenso alle buone relazioni attuali tra Italia e Grecia •. (2) -La minuta è di pugno di Mussolini.
362

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BERNA, PIGNATTI

T. 2729/132. Roma, 27 maggio 1928, ore 24.

Telespresso di V. S. n. 585 (1).

Sono d'accordo con S. V. nel ritenere risposta dell'onorevole Motta non (dico non) soddisfacente. Dalle dichiarazioni dei testimoni oculari, tra i quali anche un suddito elvetico, risulta che incidente fu provocato dal contegno e dai

canti ingiuriosi per Italia dei militari svizzeri. Non si comprende come malgrado ben noto rigore autorità svizzere nessuno dei colpevoli abbia potuto essere identificato e conseguentemente punito. Manca inoltre una adeguata espressione di deplorazione mentre si fa cenno soltanto a misure nei confronti del signor Mezzari.

Faccia comprendere all'onorevole Motta che proprio per la particolare cordialità dei rapporti italo-elvetici [la] quale noi vogliamo mantenere inalterata, attendiamo nel caso presente una migliore considerazione delle nostre giustificate domande e che addivengasi a sanzioni adeguate nei confronti dei responsabili incidente cui impunità non parrebbe davvero conforme tradizioni disciplina militari svizzeri. Essa potrebbe favorire ripetersi fatti incresciosi che stesso Governo elvetico sembrerebbe primo interessato ad evitare.

363

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3320/271. Atene, 28 maggio 1928, ore 21 (per. ore 22).

Telegramma di V. E. n. 2726!163 (2).

Ho fatto stamane con ogni precisione la prescrittami comunicazione IJ€rsonalmente a Michalacopoulos, il quale non recandosi in questi giorni al ministero a causa dell'ininterrotto lavorìo di consultazioni, è venuto espressamente alla R. legazione.

Michalacopoulos mi ha fatto le seguenti esplicite dichiarazioni:

l. Egli rinnova a V. E. i ringraziamenti per l'interessamento e l'azione spiegata nelle trattative greco-turche, nonchè per la cortesia anche personalmente usatagli nel dilazionare firma del patto italo-turco oltre il termine primitivamente annunziato.

2. La intempestiva crisi -che egli ha invero qualificata « altrettanto inutile quanto inopportuna • --verificatasi inaspettatamente in seguito all'improvvisa divergenza di vedute tra Venizelos e Cafandaris in questioni di politica interna, ha sospeso in pratica da oltre dieci giorni ogni attività del Governo ellenico. Non è stato pertanto possibile in questo periodo deliberare comunque in merito ai negoziati in corso ad Angora.

A questo punto avendo il mio interlocutore abbordato l'analisi dell'ultima proposta di Roussdi bey, ritornando sulla assoluta necessità per la Grecia di precisare le modalità dell'arbitrato, in relazione a gravissimi inconvenienti verificatisi per effetto della nota dichiarazione e modo di procedere della commissione mista, gli ho subito senz'altro recisamente obbiettato che il principio dell'arbitrato doveva considerarsi acquisito, mentre le modalità di applicazione erano questioni di secondaria importanza, le quali non potevano assolutamente infirmarlo. Michalacopoulos è peraltro rimasto nel suddetto suo punto di vista.

3. Per quanto concerne la firma di un patto italo-greco, Michalacopoulos mi ha detto che, indipendentemente dal fatto della crisi la quale renderebbe impossibile oggi una decisione in proposito, egli non può che confermare il punto di vista espressamente deliberato tra tutti i capi partito in Grecia fin dall'inizio della ventilata combinazione. Ossia che, pur senza subordinare ufficialmente la conclusione di un tale patto a quella di un patto greco-turco • essa dovesse potersi presentare sia all'opinione interna greca che a quella internazionale, come un elemento senza dubbio della maggiore importanza, ma ciò nondimeno come un elemento inseparabile, di quella effettiva stabilizzazione tripartita nel Mediterraneo che fu dalla Grecia accolta con pieno consenso, quando

V. E. la pose genialmente innanzi in nome dell'Italia • (sic).

4. -Sotto la riserva che gli impone la delicatezza verso un possibile successore (per la improbabile eventualità che il lavorìo in corso allo scopo di risolvere la crisi colla ricostituzione di un Gabinetto Zaimis abbia a fallire), ha aggiunto Michalacopoulos, egli dichiara di desiderare che la combinazione tripartita possa realizzarsi anche dopo la firma del patto itala-turco. 5. -Che pertanto spera sinceramente che i negoziati i quali secondo quanto tutto lascia prevedere, il Governo ellenico continuerà attivamente con quello turco allo scopo dell'appianamento delle difficoltà che ancora rimangono da eliminarsi (sic) per una proficua intesa fra i due paesi -continuino a trovare ausilio nell'azione mediatrice dell'Italia. 6. -Che nutre ferma fiducia nell'efficace appoggio che V. E. vorrà concedere alla Grecia in Angora, anche dopo la firma del patto italo-turco. E a meno che, ha aggiunto, i turchi non vogliano divenire addirittura intrattabili, potremo realizzare praticamente forse ben presto la combinazione ternaria. 7. -Dichiara che se sarà ricostituito il precedente Gabinetto nulla, nulla assolutamente sarà mutato alla politica delle più amichevoli relazioni della Grecia coll'Italia, cui resta perfettamente fedele, sperando sempre maggiormente intensificarle. 8. -Michalacopoulos ha finalmente insistito più volte nell'esprimere decisamente l'avviso che quanto ora detto al precedente paragrafo settimo, varrebbe analogamente nell'eventualità dell'avvento di un Gabinetto presieduto dal Venizelos.
(l) -II telespresso tratta di un incidente avvenuto il 17 marzo alle stazioni di Lucerna e di Arth Goldau fra due cittadini italiani e un gruppo di soldati ticinesi che avevano cantato una parodia ingiuriosa di c Giovinezza •. (2) -Cfr. n. 360.
364

IL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3296/135. Praga, 28 maggio 1928, ore 19 (per. ore 23).

Risultato elezioni tedesche ha notevolmente migliorato posizione di Benès ed aumentato possibilità che suoi piani di sistemazione danubiana vengano presi in considerazione.

Probabilità di una intesa franco-tedesca implica infatti quella di un meno difficile accordo fra le due grandi potenze renane anche per quanto concerne l'Europa orientale ed attenua, se non fosse altro, diffidenze francesi per il riavvicinamento tra Germania e Cecoslovacchia. Il trionfo dei suoi compagni in Germania rafforza poi indirettamente a Praga la base parlamentare del socialista ministro degli affari esteri, giustificando protezione personale costante accordatagli dal presidente Masaryk, mentre la sua visita a Berlino e le conseguenti liete prospettive per la risoluzione delle pendenti questioni economiche gli assicurano il favore della grande industria di Boemia, neutralizzando l'opposizione del partito agrario di Hodza. Se a questi nuovi ed essenziali elementi della situazione si aggiunge la sicurezza, oramai evidente per molti indizi, che anche Governo britannico, oltre quello francese, è contrario alla revisione del trattato Trianon, è lecito prevedere un sensibile rialzo delle azioni di Benès sul mercato della diplomazia internazionale, nonchè un suo atteggiamento intransigente verso Ungheria, in occasione prossima conferenza Piccola Intesa ed in generale una sua più intensa e subdola attività contro la politica di V. E.

365

PROMEMORIA DEL MINISTRO UNGHERESE A ROMA, HORY, PER IL MINISTRO DEGLI ESTERI

CONFIDENZIALE. Roma, 28 maggio 1928.

Par sa note du 19 mai a. c. Sir Austin Chamberlain avait communiqué au

Gouvernement des Etats Unis le point de vue du cabinet anglais au sujet du

pacte multilatéral contre la guerre. Dans l'alinéa 11 de ce document le Ministre

des Affaires Etrangères anglais bien qu'il ne se joignit pas intégralement à

l'opinion française d'après laquelle l'entrée en vigueur du dit pacte devrait

dépendre de son acceptation universelle, expose néanmoins les difficultés qui

pourraient surgir du fait que certains Etats liés par des accords spéciaux à

quelques grandes puissances n'adhèrenaient pas préalablement au pacte et pré

conise par cela logiquement l'idée de la participation à titre de puissance signa

taire de certains Etats en dehors des grandes puissances à cet instrument inter

national.

Il est évident que cette allusion de Sir Austin se rapporte en premier lieu

aux Etats de la Petite-Entente.

Or si contrairement à ce que M. Kellogg avait proposé, l'entrée en vigueur

du pacte devait etre subordonnée à la signature simultanée par ces Etats les

Gouvernements des grandes puissances préteraient une telle importance à cette association d'Etats pourtant passagère qui en général ne revient qu'à elles mémes. Par cette reconnaissance formelle de la part des grandes puissances l'importance morale de la Petite Entente se verrait accrue et sans doute ce succès remarquable des Etats y représentés ne manquerait pas d'ètre largement exploité en défaveur des pays contre lesquels cette alliance est directement ou indirectement dirigée.

Il n'est pas moins inquiétant que le Gouvernement anglais à l'alinéa 9 de sa note précitée se fut dédaré pour l'insertion du § 4 du projet français dans le pacte, ce qui n'avait pas été prévu par M. Kellogg et par conséquent doit étre considéré comme une concession de plus faite par le Gouvernement anglais au point de vue français qui toujours et dans la plus large mesure tient compte des intéréts des Etats de la Petite Entente.

La Légation de Hongrie fut chargé par son Gouvernement d'attirer la bienveillante attention du Gouvernement Royal d'Italie sur ce qui précède.

366

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. s. Parigi, 28 maggio 1928.

Ho avuto in questi giorni conoscenza di un altro fatto che illumina il lavoro di alcuni centri Francesi per riuscire a pagare al minor prezzo possibile il debito coloniale contratto coll'art. 13 del Patto di Londra.

V. E. avrà notato l'articolo a firma de Givet nel giornale Avenir di jeri (mio telegramma stampa n. 7205). Il giornale è diretto dal signor Buré: rappresenta l'opinione del Francese dell'Unione nazionale che alla Camera è guidata dal Ministro Marin. Essa si dimostra vivacemente contraria a quelli che chiama «abbandoni francesi». Si prepara perciò fin d'ora a ostacolare, od a ridurre il più possibile, il regolamento coloniale discendente dal Patto di Londra.

Ma questo non è il fatto di cui sono venuto a conoscenza ed al quale ho accennato all'inizio della presente. Esso è il seguente. All'Ambasciata di Francia a Roma, dopo il ritorno del signor Beaumarchais si è parlato, in colloquio tra funzionari, dell'aspirazione coloniale Italiana fino al Ciad, qualificando la mia conversazione col signor Berthelot come un atto mio personale. Si era successivamente constatato a Roma che esso non aveva la approvazione superiore, ed in base a questa constatazione si era provveduto ad informarne Parigi, facendo intravedere che negoziando a Roma la mia domanda sarebbe stata ridotta a quella semplice rettifica di confine che il signor Poincaré sarebbe disposto a consentire. Questa è la mentalità colla quale da parte Francese si continuerà a Roma il negoziato: e questa è l'aspettativa del negoziatore che egli stesso accredita a Parigi.

Il signor Briand è partito jeri l'altro per la sua campagna di Cocherel. Prevedo che verso la fine della prima settimana di giugno tornerà, salvo imprevisti, a Parigi e che riprenderà allora la direzione effettiva degli affari.

21 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

Quanto al negoziato romano mi permetto esporre la mia impressione seguente: il paragrafo più faticoso sarà quello del confine Libico. Dubito che l'impostazione indicata dal Ministero delle Colonie, ossia di un negoziato del tutto nuovo, -nuovo fino a prescindere dall'art. 13 del Patto di Londra -sia la migliore. Il Patto di Londra è il vero nostro titolo di credito. Nel 1919 ne bruciammo una parte: bene o male, questo è un fatto incontestabile che porta la nostra firma. Ma al di là di Tummo non è possibile ai Francesi di parlare di rettifica di confine perchè ·confine non esiste nè a Sud nè ad Ovest: è invece soltanto questione di fissare il confine stesso. Se muoveremo da punti ed entro linee giuridicamente e contrattualmente incontestabili arriveremo ad una di queste due soluzioni: od alla realizzazione della nostra maggiore aspirazione, sia pure, come ha detto il signor Berthelot, in una o due volte: ovvero, e senza rinunciare a detta aspirazione, a lasciare aperto un conto positivamente creditore, la cui realizzazione in realtà potrà attendere ancora il tempo necessario. Vuoi dire che avremo una porta sempre aperta per insistere, con cortesia ma con insistenza nojosa, fino alla soluzione finale. Non vi è miglior tattica per riuscire a fare pagare ai Francesi un debito che quello di agire su base incontestabile, di agire con continuata cortesia ma continuamente, senza mai perdere un pollice della staffa.

367

IL CONSOLE GENERALE A INNSBRUCK, RICCIARDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 2631/206. Innsbruck, 28 maggio 1928.

Al telespresso 223083/38 del 28 aprile u. s. (1).

Sulla organizzazione delle Heimatwehren questo Ufficio ha ripetutamente riferito: certamente le sue formazioni possono essere considerate di tipo simile a quelle del Fascismo. Finora i dirigenti politici delle Heimatwehren si sono con molta abilità e prudenza astenuti dal fare dichiarazioni in fatto di politica estera: perfino in Tirolo essi hanno accuratamente evitato di pronunziarsi pubblicamente nella pur dibattutissima questione delle minoranze nella provincia di Bolzano. Anche nella politica interna essi han dichiarato di non costituire un partito ma di sentirsi al di sopra di tutti i partiti e perseguire semplicemente lo scopo di combattere ed abbattere il marxismo austriaco. Naturalmente alle Heimatwehren appartengono uomini di tutte le graduazioni dei partiti borghesi e certamente la gran maggioranza dei suoi membri sono decisi partigiani tanto dell'Anschluss quanto delle rivendicazioni territoriali in confronto dell'Italia, ma l'organizzazione, come ente, ha, come ho detto, sempre evitato di esprimersi su tali questioni e non tollererebbe imprudenze da parte dei suoi membri ai quali domanda ubbidienza e disciplina militare. Essa non è agnostica in tali importanti questioni ma si riserva l'avvenire, anche perchè l'enunciazione di un programma di politica estera, potrebbe suscitarle diffidenze o crearle impacci al compimento del suo programma all'interno e perfino privarla di appoggi più che platonici che essa spera dal di fuori.

La conoscenza a fondo di quanto precede mi faceva alquanto scettico sulla esattezza della notizia che le Heimatwehren avessero nascosto due ,cannoni da montagna in una chiesetta presso il Brennero; le informazioni che ho assunte in proposito confermano i miei dubbi e escludono che nel luogo indicato si trovino le armi di cui trattasi. Mi viene invece da fonte assai bene informata assicurato, come ho riferito anche in altro rapporto odierno, che mitragliatrici e cannoni delle Heimatwehren siano nascosti nelle vicinanze di Innsbruck di J enbach e di Woergl.

Una formazione armata delle Heimatwehren è però di stanza a Gries am Brenner, ma ciò non ha particolare significato.

Quanto al parroco di Brennero, don Corradini, devo avvertire che sul di lui conto corrono le voci peggiori. Egli sarebbe una figura assai equivoca e perfino sospetto di fare l'informatore del Governo austriaco. Crederei opportuno ed urgente che fosse trovata la via di allontanarlo dal Brennero, ove il parroco, avendo frequenti contatti con questa parte della frontiera, deve essere un italiano di provata fede e di condotta ineccepibile. Il parroco di Brennero è in postura tale che può renderei buoni servizi e non ha da essere qualcuno che è sospetto di renderli, invece, agli austriaci (1).

(l) Non si pubblica.

368

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Ed. in VEDOVATO, pp. 79-80)

T. 3419/8338. Addis Abeba, 30 maggio 1928, ore 20,45 (per. ore 20,50).

*Mio telegramma Gab. n. 73/1862 (2). Ho avuto ancova varie conversazioni con Ras Tafari sul controprogetto del

R. Governo per il patto d'amicizia.

Non è stato facile indurlo a sopprimere intero articolo 4 del primitivo progetto etiopico e qualsiasi accenno alla Società Nazioni. Comunque la situazione attuale è la seguente * :

Per l'articolo l Ras Tafari tiene a ripetere la stessa redazione del trattato italo-ungherese che, in sostanza, V. E. mi autorizzava ad ammettere * col suo telegramma n. 44 * (3).

Per articolo 2 si desidera l'aggiunta delle seguenti parole in fine: • ed a salvaguardare gli interessi dei loro rispettivi paesi •.

Articolo 3 dovrebbe essere scisso in due parti. L'articolo 3 rimarrellbe il paragrafo relativo agli scambi commerciali.

Articolo 4 sarebbe composto dai 2 rimanenti paragrafi relativi alla clausola di stabilimento ed alla nostra riserva relativa al trattato franco-etiopico, accolta interamente con le aggiunte in fine delle parole • fino a che questo trattato resterà in vigore •.

Articolo 5, corrispondente all'articolo 4 del nostro controprogetto, con le aggiunte in fine • e di risolverli (i conflitti) per mezzo dell'arbitrato senza avere ricorso alla forza delle armi •.

Ciò è implicito nell'articolo 2 e nel testo stesso dell'articolo, ma per difficoltà di traduzione in amarico delle parole • mezzi pacifici • e per la mentalità locale che di questi mezzi pacifici conosce soprattutto arbitrato, Ras Tafari desidera che all'arbitrato sia fatto questo superfluo accenno.

Articolo 5 del nostro controprogetto dovrebbe essere scisso in due articoli. L'articolo 6 sarebbe dunque quello relativo alla registrazione alla Società delle Nazioni e allo scambio di ratifiche secondo i nostri testi. L'articolo 7 concernente la durata. A questo proposito, come preannunziato, Ras Tafari domanda che patto abbia la durata di 20 anni rinnovandolo poi di anno in anno, domanda motivata con la necessità permettere opinione pubblica orientarsi interamente e di dare tempo sufficiente alla mentalità locale rendersi conto nuova situazione, sempre in vista convenzione stradale.

Aggiungo che era sorta un'altra difficoltà. Ras Tafari avrebbe voluto ora aggiungere nel preambolo dopo le parole relative allo sviluppo delle relazioni economiche, un accenno alla costruzione della strada di Assab. Io mi sono opposto a ciò, perchè sono convinto che tale domanda era motivata dal tentativo di sostenere in seguito che per tutta la durata del patto, con la costruzione della predetta strada, era esaurito da parte del Governo etiopico suo compito per lo sviluppo delle relazioni economiche. Mi conferma in questa impressione oltre la conoscenza di questa tortuosa mentalità il fatto che Ras Tafari avrebbe voluto dapprima che patto e convenzione avessero la stessa durata nel presupposto beninteso che la concessione della zona franca fosse di almeno 99 anni! e ciò è a cagione dei timori espressi in certi ambienti che la strada debba servire all'Italia di base militare. In considerazione di ciò mi sembra preferibile sopprimere senz'altro il preambolo o !imitarlo alla frase relativa all'amicizia essen

dovi per i rapporti commerciali l'articolo 3 e l'articolo l della convenzione della strada. "' Il presente telegramma continua col n. 8339 *.
(l) -Con altro t. posta pari data n. 2630/205 lo stesso Ricciardi comunicava che informazioni da lui raccolte « escluderebbero una intesa o collabnrazione fra le Heimatwehren austriache e la 'Oberland' bavarese. Quest'ultima, le cui forze mi si assicura non supererebberoi 4 o 5 mila armati, sarebbe, politicamente, orientata assai fortemente a sinistra e ciò impedirebbe qualsiasi intesa con l'Heimatwehr. Questa sembra, invece, in stretti rapporti con gli • Stahlhelm • bavaresi, che costituiscono una forza immensamente superiore, anche per lè loro risorse finanziarie, alla ' Oberland ' •. Altre informazioni: il maggiore Pabst è in intime relazioni col maggiore Karl Weningen, capo degli Stahlhelm bavaresi. Le Heimwehren sono anche in buoni rapporti con la Oberland tirolese, alla quale passano « una parte dei sussidi che ricevono dagli industriali •. Mentre la Oberland tirolese ha solo poche centinaia di uomini, gli iscritti alle Heimwehren sarebbero circa 150.000, di cui circa 20.00 armati. Non è po,ssibile armarne di più per mancanza di armi e munizioni. (2) -T. 2891/73 del 12 maggio: presentazione a Ras Tafari del controprogetto italianodi patto. (3) -Cfr. n. 265.
369

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3418/8339. Asmara, 30 maggio 1928, ore 10 (per. oTe 20,15).

Il presente telegramma fa seguito a quello avente il numero di protocollo precedente.

Per la durata del patto, mi permetto pregare V. E. di voler tener conto nel

determinarla di quanto ho riferito col mio rapporto n. 23033 (l) sulla situazione

politica dell'Etiopia e particolarmente sulle prospettive avvenire, in relazione

alla costruenda strada Assab. Continuo a ritenere che quello che a noi più im

porta attualmente è di avere finalmente una via di comunicazione nostra in

Etiopia destinata, per le disposizioni del patto, ad essere seguita da altre, in

modo che la nostra azione possa svolgersi non in condizione di inferiorità di

fronte alla ferrovia ed al porto di Gibuti e possa far sentire i suoi effetti nelle

regioni di Etiopia più popolate e nei riguardi dei capi più importanti. È inutile

che mi soffermi sulle aggiunte proposte da Ras Tafari. Quell'articolo 2 mi sembra

piuttosto a nostro favore.

In quanto al resto è dimostrato ancora una volta quale sia la mentalità

di questa gente e come siano radicati i sospetti a nostro riguardo. Ma queste

trattative ci hanno anche fornito la prova lampante che l'Etiopia ha una santa

paura di noi!

370

IL MINISTRO A BERNA, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3365/146/147. Berna, 30 maggio 1928, ore 21 (per. ore 22,30).

Telegramma di V. E. 2729/132 (2).

Mi sono espresso con l'onorevole Motta nel senso ordinatomi da V. E. Quel consigliere federale mi ha confermato formalmente che l'inchiesta militare non è riuscita identificare i colpevoli degli incidenti di Lucerna.

I militari interrogati non hanno consentito designare commilitoni responsabili. Consiglio federale avrebbe dovuto dunque punire tutti i soldati ticinesi viaggianti nel treno i quali, secondo anche la dichiarazione del Mezzari, erano davvero numerosi.

Autorità federale ha temuto ripercussione grave che un provvedimento di questo genere avrebbe avuto nel Ticino dove la punizione, insolita per l'esercito svizzero, di soldati innocenti avrebbe suscitato un forte malcontento. Ho insistito sulla necessità di una doverosa sanzione che avrebbe costituito altresì un salutare esempio per l'avvenire. Motta mi è sembrato preoccupato più del consueto della possibilità di nuovi e più veementi attacchi dei partiti anche non estremisti del Cantone nel caso di misure di rigore contro tutti i soldati.

Egli ha finito tuttavia per mostrarsi disposto a dichiararmi per iscritto che tutti i soldati implicati nella questione saranno severamente ammoniti e esprimermi pure per iscritto la deplorazione del consiglio federale per accaduto.

Consiglio federale desidererebbe però che non fosse data pubblicità alla cosa, almeno per il momento. Mi sono riservato di comunicargli la risposta di V. E.

Certo l'atto compiuto dai militari svizzeri meriterebbe una punizione esemplare. D'altra parte le ·circostanze esposte dall'onorevole Motta non sono prive di valore. Abbiamo noi pure interesse a evitare esplosioni di malcontento nel Ticino e a risparmiare per quanto è possibile la persona di Motta.

Ho informato a suo tempo V. E. che nei cortei socialisti del 1° maggio hanno figurato cartelli contenenti atroci ingiurie al capo del dipartimento politico per pretesa servile obbedienza al Governo italiano.

V. E. giudicherà del peso da dare alle surriferite considerazioni che credo

mio dovere segnalare all'attenzione dell' E. V. Consigliere federale Motta mi ha comunicato alla fine conversazione e per

• dimostrarmi Io spirito dal quale è animato consiglio federale » espulsione del comunista antifascista Vismara Enrico per aver pronunciato alcune frasi irriverenti per V. E. in un pubblico comizio del 1° maggio.

Resto in attesa delle istruzioni di V. E. per rispondere a Motta.

(l) -Sulla situazione politica dell'Etiopia, Cora aveva riferito con rapporto 693/80 del 18 aprile, ed. in VEDOVATO, pp. 60-66. (2) -Cfr. n. 362.
371

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. 2780/150. Roma, 30 maggio 1928, ore 24.

Dia subito notizia conte Bethlen da parte mia personale avvenuta firma patto italo-turco. Testo sarà pubblicato venerdì.

372

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3409/296. Angora, 30 maggio 1928, ore 13,20 (per. ore 0,45 del 31).

Tewfik Roussdi bey mi ha pregato ieri sera di andare da lui. L'ho trovato ben felice della decisione presa da V. E. di firmare oggi patto. Mi ha manifestato infine molto caldamente soddisfazione Gazi e Ismet pascià. Egli si ripromette telegrafarle, non appena avvenuta firma, riservandosi consigliare Mustafà Kemal telegrafare S. M. il re dopo approvazione parlamentare grande assemblea nazionale il che non potrà avvenire che a novembre, essendo grande assemblea nazionale in vacanza fino a quell'epoca. Ciò, diceva, vale dal punto di vista formale, perchè, patto essendo stato già approvato dal partito del popolo, sua politica ormai ha avuto sanzione più che sufficiente per permettergli di uscire dall'inazione e darsi attivamente allo sviluppo del piano combinato con V. E. Egli quindi intensificherà sua azione ad Atene ed a Sofia. Desidera anzitutto assicurarsi della firma del patto bulgaro, poi passerà a quella del patto già pronto con l'Ungheria ed a negoziare patto desiderato dal Governo albanese per il quale a suo tempo domanderà a V. E. di manifestargli intenzioni e desideri in proposito.

Quanto alla Grecia, notizia firma patto italo-turco ha avuto per primo risul

tato di far confermare Gabinetto Zaimis e di indurre Michalacopoulos a fargli

pervenire urgentemente espressioni suo desiderio riprendere colloqui per rego

lamento questioni pendenti. Tewfik Roussdi bey non vi si rifiuterà, ma nutre

poche speranze riuscire accordo, tanto meno perchè da un comunicato greco

risulta che nella mente di Michalacopoulos continua ad essere cullata idea di

un ricorso alla Lega delle Nazioni. Tewfik Roussdi bey di:ce che se anche si addì

venisse all'accordo per il regolamento delle questioni pendenti, egli non firme

rebbe patto con la Grecia se questa non avrà precedentemente firmato patto con

l'Italia.

Tewfik Roussdi bey mi ha informato poi che quanto prima firmerà patto

amicizia e convenzione arbitrato con la Spagna da molto tempo pronto ma che

aveva ritardato, appunto per non (?) dare all'estero sensazione che ormai poli

tica turca soprattutto si basa sull'amicizia con l'Italia. Egli ha poi aggiunto che

tanto da parte francese che jugoslava gli era stato insistentemente raccomandato

di non legarsi troppo all'Italia. Non aveva mancato far comprendere a Parigi

come a Belgrado, essere ormai e per sempre tramontato sogno di un patto bal

canico. Tewfik Roussdi bey farà pubblicare venerdì testo accordo nell'unico gior

nale che viene pubblicato in questi giorni di feste.

373

IL CONSOLE GENERALE A INNSBRUCK, RICCIARDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3519/2689/209. Innsbruck, 30 maggio 1928 (per. il 5 giugno).

Sono stato informato da fonte ineccepibile che questi dirigenti della Heimatwehr avrebbero ripreso, colla mediazione dell'Ungheria e del conte Bethlen, le pratiche già fatte a due riprese a mezzo mio (1), per ottenere l'appoggio del

R. Governo. Mi si assicura che le pratiche stesse sarebbero state coronate da successo e che fra breve avrebbe luogo la somministrazione di armi e munizioni e di fondi. Sarei grato a V. E. se ove nulla osti volesse compiacersi per opportuna mia norma di condotta, darmi una qualche conferma della notizia.

374

IL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO', AL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

L. P. ... 30 maggio 1928.

Ti prego di attirare l'attenzione di S. E. l'On. Grandi sulla ipocrisia di Londra. Ogni momento la stampa londinese parla di una Potenza che verrebbe in Egitto se la Gran Bretagna dovesse o volesse andarsene. Tale propaganda è

fatta pure alla frontiera cirenaica (V. rapporto odierno) e crea uno stato d'animo che tutti i ribelli che colà pullulano sfruttano ai nostri danni, cercando di propagandare contro di noi fra gli egiziani. E se da Londra, si fa così, qui Lord Lloyd non ischerza (il concorso universitario insegni).

Ora io trovo che a Londra si hanno ormai sufficienti prove della nostra assoluta e schietta amicizia e del leale aiuto che nei non facili frangenti AngloEgiziani noi prestiamo con un disinteresse degno della maggiore considerazione.

Non si potrebbe in via del tutto amichevole e in tutta franchezza parlare

di ciò con Graham e rappresentargli tutto il danno che può venirci se deve

continuare questa campagna londinese che ci vuol fare apparire a tutti i costi

come lo spauracchio per l'Egitto?

Gli egiziani sono per natura, come tutti gli incivili, sospettosi e finiranno

un bel giorno per odiarci. Non bisogna dimenticare che l'Italia d'oggi è temuta

perchè non la si considera più una quantité négligeable come una volta! Dire

oggi che l'Italia vuol prendersi l'Egitto è cosa che, nell'attuale stato di potenza

in cui siamo, diventa credibilissima.

Vedi un po' tu. Credo sia giusto sottoporre tutto quanto a S. E. Grandi (1).

(l) Cfr. serie VII, V, n. 168.

375

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. 2809/258. Roma, 31 maggio 1928, ore 24.

Telegramma questo ministero n. 1525 del 28 marzo u. s. (2) e telespresso

n. -226494/362 del 18 corrente. Il reggente il Governo dell'Eritrea ha telegrafato in data 28 corrente al R. -ministero delle colonie quanto segue:

• Informo V. E. che sera 26 corrente mese è stata avvistata nave da guerra inglese davanti Hodeida che è rimasta sino al mattino dopo incrociando da Hodeida alla punta di Ras Chetib. Parte popolazione Hodeida per timore bombardamento si rifugiò in aperta campagna. Nave inglese ha ripreso il largo mattinata ventisette. Dottor Dubbiosi mi telegrafa che non avendo inglesi finora risposto domanda proroga armistizio presentata dallo Imam si teme che fra qualche giorno abbia inizio offensiva inglese con attacchi aerei sopra Sanaa. Circa diecimila persone hanno già abbandonato città dove cominciano a scarseggiare alcuni viveri provenienti dalle campagne. Da quanto telegrafami Dubbiosi, l'Imam e tutti suoi consiglieri e capi principali sono assolutamente decisi alla resistenza essendosi respinte ultime proposte Jacob inviare missior2e a Londra. In caso di apertura delle ostilità con bombardamento aereo da parte inglesi, Imam intenderebbe invadere territorio Protettorato ed occupare sultanato Lahagi. Popolazione Hodeida ritiene imminente occupazione della città da parte inglesi ed il maggiore Mastrantonio ha comunicato che residente di

Aden si sarebbe procurato invito a detta occupazione fatto a molti notabili Hodeida da parte noti capi dei Zaranik. Tale circostanza potrebbe essere attendibile in quanto capo Zaranik tende con ogni mezzo, trovare appoggi per costringere Imam abbandonare Hodeida, come risulta da ripetuti inviti a questo Governo, sull'ultimo dei quali ho riferito a V. E. col mio telegramma n. 7673 del 21 corrente mese. Sono giornalmente a contatto con nostri ufficiali a Hodeida e Sanaa ed ho telegrafato consolato Aden perchè mi informi di quanto gli risulti circa intenzioni degli inglesi, circa eventuale imminente offensiva contro lo Jemen •.

Prego V. E. voler intrattenere al più presto Foreign Office di quanto precede, riferendomi ciò che risulta realmente al Governo britannico ed inspirando il suo linguaggio a quello spirito di moderazione e di conciliazione cui conviene che anche il Governo britannico si attenga per evitare l'aggravarsi di una situazione che potrebbe compromettere i buoni risultati raggiunti nelle conversazioni di Roma. Aggiungo per esclusiva norma di V. E. che un eventuale sbarco inglese ad Hodeida non potrebbe infatti essere considerato da noi senza preoccupazione e ci costringerebbe a chiedere al Governo britannico un esplicito chiarimento alle sue intenzioni per poter avere norma nello scegliere la nostra linea di condotta.

(l) -Annotazione marginale: • scrivere a Londra •. (2) -Col quale venivano ritrasmesse notizie provenienti da Gasparini, secondo le quali agenti tedeschi e sovietici si sforzavano di sobillare l'Imam contro gli inglesi.
376

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3404/319. Londra, 31 maggio 1928, ore 20,40 (per. ore 0,35 deL l giugno)

Avendo avuto occasione di vedere Chamberlain stamane gli ho chiesto suo pensiero circa ciò che sta succedendo in Jugoslavia. Mi ha risposto che non me ne avrebbe parlato se io non lo avessi messo sul discorso, perchè da qualche tempo si è imposto non esprimere suo parere nè in un senso nè nell'altro intorno ai rapporti italo-jugoslavi, ma giacchè glielo chiedevo poteva dichiarare che deplorava molto quello che è successo e che siccome Marinkovich ha dimostrato sincera intenzione riavvicinarsi all'Italia ed ha dato finora prova fermezza e coraggio di fronte a opposizione che si è scatenata contro di lui sarebbe saggia politica da parte R. Governo di sostenerlo e di non umiliarlo. Così soltanto Marinkovich potrebbe avere ragione degli oppositori e raggiungere quell'accordo con l'Italia che è tanto necessario per pace Europa. Premesso che nessuna notizia

o istruzione avevo ricevuto da V. E. sull'argomento fino ad oggi e che da quello che leggevo sui giornali avevo impressione che atteggiamento del R. Governo tenesse appunto conto di tale circostanza, ho chiesto a Charnberlain se è vero che da Londra fosse stato consigliato a Marinkovich di presentare convenzioni Nettuno alla Scupcina per la ratifica. Chamberlain mi ha risposto che credeva che da Parigi fosse stato dato consiglio in questo senso. Egli non aveva fatto fare nessun passo a Belgrado. Mi ha ripetuto che non sapendo quale accoglienza sarebbe stata fatta da V. E. ad eventuale apertura di Marinkovich, si è astenuto

dal dargli qualsiasi suggerimento. Non escludeva però che pressioni siano state fatte a Belgrado da parte banchieri negozianti prestito. Chamberlain si è mostrato nell'insieme fiducioso soluzione attuale crisi ed ottimista sullo sviluppo ulteriore delle buone relazioni italo-jugoslave.

377

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3391/279. Atene, 31 maggio 1928, ore 21,30

(per. ore 2,55 del l giugno).

Mio telegramma n. 276.

Giornali di Atene commentano ampiamente annunzio firma patto italo-turco che considerano avvenimento in se stesso di reale importanza e nuovo effettivo sostegno della pace europea ed in particolare della pacificazione del Mediterraneo orientale.

Per quanto riguarda più specialmente la Grecia, essi riportano con unanime compiacimento gli apprezzamenti pubblicati da tutta la stampa italiana (e particolarmente da quella romana) affermanti non poter detto patto essere in alcun modo interpretato come contrastante agli interessi ellenici: su ciò intonazione generale di questa stampa è pienamente concorde.

Giornali pongono inoltre in rilievo le prove di interessamento che l'Italia ha dato al riguardo alla Grecia per favorire la liquidazione delle questioni pendenti greco-turche col confermare tuttora la sua mediazione intesa al conseguimento dell'accordo tra Atene ed Angora. Essi constatano che se la stipulazione del patto greco-turco è stata rimandata, ciò non modifica affatto il buon intendimento della Grecia di contribuire a partecipare alle intese pel Mediterraneo orientale. La Politica per evidenti scopi di politica interna, ascrive a presunto colpo di Venizelos e ad intrighi di altre grandi potenze, se negoziati delle tre potenze mediterranee non poterono essere contemporaneamente definiti. Rimetto per corriere traduzione testo articoli relativi a quanto sopra.

378

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3470/581. Parigi, 31 maggio 1928 (per. il 3 giugno).

Mio telegramma odierno n. 577/305 (l).

Nel colloquio di stamane signor Quifiones de Leon ha fatto chiara allusione al colloquio Medici-de Rivera (2) circa nostre domande ed alle istruzioni in seguito pervenutegli. Di queste si è detto lieto, perchè già che noi volevamo entrare

nel vespaio tangerino e averne le noie egli era lietissimo di farlo e non gli era mai personalmente passato per la testa di farvi ostacolo; ma si è mostrato colpito che lo si sia potuto porre in non giusta luce presso il suo Governo.

Ho lasciato correre lo sfogo senza rilevarlo. Nel colloquio è però avvenuta la sua confessione di aver avuto sempre istruzione di opporsi alla domanda italiana di un amministratore.

E quando io gli ho osservato che S. E. il generale Primo de Rivera aveva detto al R. ambasciatore a Madrid che avrebbe accettato tutte le nostre domande il signor Quifiones ha replicato che S. E. il marchese Medici doveva aver capito male perchè l'istruzione che egli aveva era quella sopra indicata. Gli ho risposto che la sensazione mia era che il marchese Medici aveva ben capito tanto la prima quanto la seconda volta.

Il signor Quifiones de Leon stamane si è infatti bruciate le ali perchè nel farmi la confessione di aver istruzioni di opporsi alla principale domanda nostra si è dimenticato che nel colloquio precedente all'inizio della conferenza egli mi parlò (mio telegramma n. 257l 127 del 19 marzo 1928) (l) nel senso che le nostre domande non avrebbero incontrato difficoltà da parte spagnuola. Non ho rilevato oggi il contrasto per senso di opportunità. Lo farò in forma debita, ed in altra occasione.

(l) -T. 3400/577/305, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 311.
379

APPUNTO DEL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, PER IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

... (2).

L'Onorevole Alberto de Stefani, Vice Presidente del Comitato • ItaliaPalestina • ha consegnato alla Direzione Generale Europa e Levante l'unita lettera diretta al Dott. Lattes dal Signor Hertz del Comitato • France-Palestine • nella quale quest'ultimo propone una riunione ufficiosa, fra i Delegati dei vari Comitati filosionisti, a Ginevra, nei giorni 11 e 12 settembre p. v., per uno scambio di idee circa l'azione comune da svolgere.

L'Onorevole de Stefani ha fatto presente che, da parte sua, egli non avrebbe alcuna difficoltà a partecipare ad una tale riunione, ma che desidera conoscere, prima di far rispondere al Signor Hertz, se l'accettazione dell'invito sia di gradimento del R. Governo.

La Direzione Generale Europa e Levante prega l'E. V. volersi compiacere farle conoscere gli ordini che S. E. il Capo del Governo crederà di impartire in proposito (3).

B. -La lettera è stata restituita al Dott. Lattes, al quale ho personalmente comunicato l'avviso contrario del R. Ministero. ll Dott. Lattes ne informerà l'On. de Stefani. 31/5/28 •.
(l) -T. 1649/257/127, che non si pubblica. (2) -Il documento è privo di data. Si inserisce sotto il 31 maggio, tenendo presente che in quel giorno fu chiusa la questione cui esso si riferisce (cfr. nota seguente). (3) -Annotazione marginale dì pugno di Grandi: c No. G. •. Altra annotazione: c N.
380

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 3086/496. CostantinopoLi, 2 giugno 1928.

La firma del patto italo-turco suggerisce alcune considerazioni -che mi permetto di esporLe -sulla portata pratica di esso e sopratutto sulle conseguenze che da esso derivano sia nel campo internazionale che in quello dei rapporti diretti tra Italia e Turchia.

Nel campo internazionale abbiamo realizzato l'enorme vantaggio per cui l'accordo doveva essere concluso: ossia si è fatto tramontare il disegno d'un patto balcanico: ciò che avrebbe significato preponderanza della Jugoslavia e quindi della Francia nei Balcani e nel vicino Oriente; patto balcanico che trovava ispirazioni e sollecitazioni nel federalismo radiciano, sostenuto, per ovvie ragioni, indirettamente da Mosca. Un patto balcanico sarebbe inevitabilmente sorto se non avessimo legato a noi la Turchia. Il medesimo oltre che una vittoria della politica francese avrebbe significato anche, data la natura dell'intesa e le suggestioni degli occulti ispiratori, il bolscevismo sotto forma d'una ridotta internazionale balcanica, alle frontiere del fascismo.

La Turchia, circondata da molti amici falsi o fittizi, sarebbe stata costretta dal riservo o dalla manifesta freddezza della nostra politica a rimanere avvinta dai legami dell'amicizia russa, ad entrare nell'orbita della politica francese e jugoslava. Ora la nostra amicizia, per quante diffidenze si siano create in passato ha per i chiaroveggenti uomini di Stato turchi maggiore valore che tutte le altre, tanto è vero che il programma futuro della politica estera turca è basato su conclusioni di accordi con Atene, Sofia, Budapest, Durazzo e Madrid -tutti paesi che sono già nell'orbita della politica italiana.

Esiste dunque tra i due governi un'effettiva concomitanza d'interessi e d'orientamento che può dare un valore pratico alla loro collaborazione nel campo internazionale e più particolarmente nel Mediterraneo -tanto è vero che il Temps scrive: il patto itala-turco sconvolge l'equilibrio delle forze sulle sponde di quel mare.

Dal punto di vista delle dirette relazioni itala-turche è indubitato che vantaggi dell'accordo sono molti per ambedue i paesi.

La Turchia s'è liberata dall'incubo della aggressione. Avrà possibilità di dedicare parte degli stanziamenti di bilancio impiegati in spese militari alla ricostruzione interna del paese; per quanto su questo punto sia più che legittima una certa diffidenza dato che a determinare i bisogni della preparazione militare sono quei circoli militari che danno agli avvenimenti politici non una valutazione contingente ma direi quasi storica; si preparano anche per le più remote possibilità ed hanno poi, come in questo paese, situazione di privilegio e dominante per cui non si rassegnano facilmente a diminuzioni o sacrifici di sorta.

Altro grande vantaggio per la Turchia, come ho avuto campo di segnalare in vari miei telegrammi a V. E. è il maggiore equilibrio che essa realizza nella sua azione politica con i vari paesi con i quali è a contatto.

L'incognita italiana la spingeva a premere di più su Mosca mentre ora essa

può accentuare il carattere di indipendenza della sua politica -lungamente e

saggiamente perseguito -verso tutti.

Da parte nostra il vantaggio immediato conseguito nei rapporti con la Turchia è pel momento d'ordine puramente morale ed è rappresentato dalla corrente di stima e d'ammirazione che qui si va ora determinando verso il prestigio dell'Italia (della quale è sempre vivo il ricordo del modo generoso con cui si è comportata durante l'occupazione) e di V. E. Questo nuovo orientamento della opinione pubblica turca determinatosi attraverso una lenta ma sicura metamorfosi delle attitudini e dei ,sentimenti nei nostri riguardi di questi circoli politici deve avere i suoi sviluppi e se ad esso si aggiunge il fatto che non esistono dissidi fra Italia e Turchia -che non ci sono questioni di sovranità in contrasto -salvo quella piuttosto modesta degli isolotti intorno a Castelrosso e quindi ragioni di attrito -si può ritenere che tutte le divergenze che potranno sorgere tra i due governi sia di portata politica che di natura economica etc., potranno essere risolte con effettivo spirito di conciliazione; purchè da parte nostra si dia sempre la sensazione che non intendiamo ingerirei in questioni che tocchino l'eccessiva suscettibilità e lo spirito d'indipendenza di questo paese: ragione questa che ha fatto dare al trattato una forma più ristretta di quanto avesse nel suo testo originale.

Senza peraltro pensare ad una speciale forma di condiscendenza della Turchia verso l'Italia, considerando quello che ci dimostra l'esperienza in materia di applicazione dei patti di amicizia e dei loro pratici sviluppi da parte della Turchia; vediamo: 1°) che le liti con la Persia sono nate per ragioni di frontiera, incursioni di bande etc. eventualità che non possono verificarsi nello sviluppo delle relazioni italo-turche; 2o) che i rapporti con la Russia hanno attraversato periodi di freddezza per una temuta penetrazione del bolscevismo; 3°) che con la Francia vi sono dissensi per questioni di frontiera e per i beni degli scambiati, con la Grecia liti per questioni di beni, di cambio di popolazioni, di indennità; con l'Irak per questioni di frontiera. Il che vuol dire che quando non ci siano contrasti che tocchino interessi interni (come nel caso dei beni siriani

o greci) e quando non ci si irrigidisce in questoni di frontiera come han fatto la Francia e la Grecia ma si è condiscendenti come è avvenuto per l'Irak o quando non si fanno nascere equivoci o dubbi su presunte ambizioni di conquista pacifica o di main mise economica, c'è una sicura possibilità di mantenere con Angora relazioni cordiali e quindi mantenere invariato quell'ordinamento politico che oggi stiamo cercando di determinare. Tutto questo avremmo dovuto tener presente per la questione degl'isolotti di Castelrosso se essa non fosse stata avviata, fin da prima del trattato, su una base di serena soluzione.

Per quanto concerne le questioni che interessano non già i governi ma i gruppi finanziari ed economici ed i singoli italiani che lavorano con questo paese, per quanto concerne insomma le possibilità dell'espansione economica italiana in Turchia, dato che è questo precisamente il campo su cui può nascere la maggior somma di malintesi, è necessario dire in proposito una chiara parola.

Il modo con cui si svilupperanno tali problemi che abbracciano la sostanza dei rapporti dei due paesi legati essenzialmente da interessi economici non è in

dipendenza pura e semplice d'un trattato ma è strettamente connesso allo spirito con cui le questioni stesse verranno affrontate dagli interessati.

Una parte dei sospetti con i quali il funzionarismo ed i ceti commerciali trattavano finora l'elemento italiano scomparirà (e saranno precisamente i sospetti che nascevano dalla incomprensione della politica italiana) e ritroveremo vecchie amicizie e nuova simpatia. Ma l'uomo d'affari turco continuerà a considerare sempre qualunque straniero al lume del proprio interesse personale d'ordine puramente affaristico. Questo vale per noi come per qualunque altro straniero che venga qui per concludere affari.

I nostri industriali, i nostri capitalisti non potranno attendersi un trattamento di favore dai turchi solo perchè abbiamo firmato il trattato. Questo ci crea un ambiente ed un'atmosfera decisamente favorevoli ma siamo noi che dobbiamo recare qui quegli elementi che servono a creare affari: quindi da parte del lavoro, del capitale e dell'iniziativa italiani larga prova di pazienza e di dirittura morale; mostrando ai turchi che vogliamo fare guadagni equi e non venire alla ricerca della fortuna o come si è fatto finora con la mentalità di voler concludere un solo grosso affare e scappare.

Solo dopo una lunga consuetudine di correttezza e di onestà potremo sperare d'avere un trattamento di preferenza. Più che pensare dunque a trovarsi di fronte a speciali improvvise facilitazioni derivanti dalla felice situazione politica determinatasi pel geniale intuito dell'E. V., bisogna lavorare per la conquista d'un nuovo compito quasi più difficile di quello già realizzato. Se lavoreremo senza illusioni senza fretta troveremo un ambiente particolarmente favorevole anche perchè non essendoci impegnati finora economicamente che pochissimo siamo vergini e mondi da tutte le accuse che la Turchia lancia contro quei paesi che l'hanno spesso imbrogliata o ingannata e che continuano a tentarlo.

Vi sono molti turchi che mi hanno sovente dichiarato che desiderano allacciare stretti rapporti con noi non solo perchè credono e fidano nella nostra onestà ma anche perchè vedono la possibilità di sfruttare sempre meglio i favorevoli elementi della nostra vicinanza, rapidità di comunicazioni trasporti etc. oltre che la nostra potente attrezzatura industriale e commerciale.

Occorre dunque che gli uomini d'affari italiani, ora che tutte le condizioni favorevoli concorrono, si decidano a sfruttare le ampie possibilità che loro si schiudono. Creandosi prima una chiara opinione sulla solidità del regime kemalista; formandosi una sicura conoscenza del paese, delle sue molte esigenze e delle sue vaste necessità; proponendosi di studiarlo a fondo, inviando sul posto uomini ben preparati e decisi a dimorarvi senza inutili e dannose impazienze non nutrendosi d'illusioni ma di idee pratiche e di realtà concrete; convincendosi infine che, malgrado il trattato d'amicizia, i turchi acquisteranno sempre da coloro che offriranno a minor prezzo pari merce o concederanno loro credito.

Il patto influirà certo nel senso che ora saranno i turchi stessi che verranno confidenti verso di noi a chiedere la nostra produzione e il nostro concorso -ma occorre che noi ci presentiamo sul mercato con possibilità definite d'ottenere aggiudicazioni e ordinazioni riducendo i prezzi, offrendo merce buona, mettendo in opera infine tutti quei mezzi di natura economica e morale con cui si procede seriamente alla conquista dei mercati.

La preparazione seria da parte nostra dovrà essere integrata da un sistema di ottime rappresentanze e non da un aleatorio e saltuario invio di gente che appena giunta ad Angora si lascia cogliere dallo scetticismo e non ha altro programma che quello di andarsene -o ancor peggio dal sistema fin qui usato qualche volta d'affidare le rappresentanze a gente impreparata o ad orecchianti disposti a millantare credito.

Per parte sua la R. Ambasciata cercherà -come già ha fatto -ma certo ora con maggior larghezza, d'indirizzare verso l'Italia tutti coloro che in questo difficile mondo degli affari turchi s'orientano verso l'Europa per acquisti iniziative economiche etc.

Quanto sopra ho detto è, a mio avviso, la nuda e cruda realtà che occorre guardare freddamente col ben deciso proposito di saperla dominare per poter concretamente trarre dal patto itala-turco tutti i maggiori profitti possibili.

L'E. V. che ha così chiaramente visto la necessità e l'opportunità politica dell'accordo nel quadro degli interessi italiani, saprà certo ottenere che esso si risolva oltre che in un grande successo nel campo internazionale in una sicura garanzia d'espansione della nostra potenza economica nel Mediterraneo Orientale (1).

381

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3486/86. Addis Abeba, 3 giugno 1928, ore 20 (per. ore 21,50).

Mio telegramma n. 57 (2).

In data 31 maggio Governo ha risposto alle nostre note. Dopo aver ringraziato per le cortesi comunicazioni, Governo etiopico si dice pure disposto ricercare in collaborazione colle potenze limitrofe una soluzione questione armi che possa eliminare ogni possibile malinteso. Mancata ratifica dell'Etiopia alla convenzione di Ginevra da attribuirsi non ad ostilità ma ad un • sentimento di delicatezza • verso le altre potenze firmatarie. Tuttavia nelle eventuali conversazioni dovrà escludersi dalla discussione la convenzione di San Germano che il Governo etiopico considera come • definitivamente abrogata • . Governo etiopico esprime quindi parere che eventuale conferenza non debba essere un semplice scambio vedute, ma che possa giungere ad una soluzione pratica e definitiva alla quale Governo etiopico si sottometterà senza riserve. A tale fine, essendo il Governo etiopico principalmente interessato, ritiene indispensabile che la conferenza si tenga in Addis Abeba e che il Ras Tafari stesso proceda

Con t. 3487/308, Costantinopoli 3 giugno, Orsini Baroni, a proposito della imminente firma degli accordi turco-persiani, comunicava: « E questa attività della Turchia, che ministro affari esteri stesso dicevami potersi permettere, perchè ormai amicizia dell'Italia gli dà una base sicura e libertà di movimento, è tale che senza condurre, a mio avviso, a nuovi raggruppamenti degli stati dell'Asia centrale una volta combattuti fra le due influenze russa e inglese, non può non richiamare seria attenzione della Russia e dell'Inghilterra e forse, specie da parte della prima, una certa reazione».

alla sua • installazione ufficiale •. (Ciò che potrebbe anche interpretarsi sotto la sua presidenza). La dichiarazione del Governo etiopico relativa alla convenzione di San Germano mi sembra contraria alla nota dichiarazione fatta al riguardo all'epoca della sua ammissione Società Nazioni. Come previsto, Governo etiopico insiste per tenere conferenza Addis Abeba ciò che continuo ritenere debba escludersi particolarmente ora che il Ras Tafari accampa anche la inverosimile pretesa di dirigerne discussione. Più vi sarà insistenza da parte nostra per la partecipazione dell'Etiopia, e più aumenteranno le sue pretese.

(l) A margine annotazione di Mussolini: « Importante •.

(2) T. 2412/57 del 25 aprile, ore 2: avvenuta trasmissione al Governo etiopico della no.ta collettiva sulla questione della importazione di armi.

382

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. 2888/269. Roma, 4 giugno 1928, ore 24.

Mio telegramma n. 2809/258 (1).

Reggente Governo Eritrea telegrafa: « È giunto 18 corrente ad Assab Agi Ali fratello sceicco Ahmed capo degli Zaranik. Egli ha fatto per incarico suo fratello seguente comunicazione commissario Assab, per questo Governo che riassumo: " Quando ebbe notizia scontro con truppe Imam mio fratello trovavasi Camaran conferire con residente inglese. Una settimana fa fui mandato io a Camaran presso stesso funzionario che mi ha promesso aiuti di cartucce e mi ha dato questa lettera da consegnare governatore Aden per avere aiuti promessi che trasporterò Taif, ma noi non ci fidiamo degli inglesi e preferiamo aiuto del Governo italiano. Se voi ci darete 100 casse cartucce Mauser prenderemo sicuramente Hodeida facendo patto scritto di consegnarla agli italiani dividendo a metà proventi doganali. Se non avremo da voi tali aiuti desidereremo fare tentativo conciliazione con Imam a mezzo del governatore Eritrea desiderando non fare la guerra seguendo consiglio governatore. Dalla risposta che ella mi farà avere da governatore dipenderà la mia andata Aden o ritorno al mio paese per proseguire Massaua. Governatore mi ha detto nell'ultimo colloquio di fargli sapere le nostre intenzioni; ora gli faccio sapere che noi chiediamo da lui aiuto

o la sua mediazione di pace con l'Imam. Mancando questi ci rivolgeremo agli inglesi".

Il commissario aggiunge: • di aver vista la lettera chiusa con ceralacca e sigillo del residente di Camaran, diretta al governatore Aden. Sarò grato se V. E. vorrà significarmi se, come ritengo, risposta da dare al capo degli Zaranik debba ispirarsi a quelle in precedenza date dal governatore Gasparini e se ritenga utile sia segnalato all'Imam il passo dei Zaranik da prospettare soltanto come intercessione per ottenere il perdono dell'Imam a condizioni meno dure •.

Ho dato istruzioni al reggente Governo Eritrea di rispondere al capo dei Zaranik nei sensi in cui aveva in precedenza risposto l'ex-governatore Gasparini e di agire presso l'Imam in senso conciliativo nella vertenza con gli Zaranik. Prego però V. E. di voler portare quanto precede a conoscenza del Foreign Office

allo scopo di dimostrare ancora una volta al Governo inglese come la nostra azione politica nello Jemen si ispiri sempre allo spirito delle conversazioni di Roma e sia sempre diretta a scopi di conciliazione e pacificazione. Ella potrà informare il Foreign Office di quanto è già a conoscenza di V. E. circa le recenti offerte fatte dai capi degli Zaranik all'ex governatore Gasparini per ottenere appoggio nella ribellione contro l'Imam e come esse siano state nettamente respinte.

Per sua riservata e personale norma le aggiungo che lo scopo della conversazione che V. E. ha istruzioni di tenere col Foreign Office è quello di dimostrargli che come noi ci atteniamo sempre allo spirito delle conversazioni di Roma e siamo ben lontani da qualsiasi intenzione di occupazioni territoriali nella penisola arabica così d attendiamo che allo stesso spirito di moderazione e conciliazione si inspiri l'azione del Governo britannico nei confronti dello Jemen.

(l) Cfr. n. 375.

383

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. RR. 1396. Budapest, 4 giugno 1928.

Stamane vidi il conte Bethlen. Trattai tutte le questioni di cui alle due interviste che ebbi l'onore di avere recentemente con V. E. (1). Le dichiarazioni fattemi dal Presidente del Consiglio si possono riassumere come segue;

I. Austria.

Il Conte Bethlen conferì recentemente col dr. Steidle, capo dell'Heimwehr. Finora aveva trattato non direttamente, ma a mezzo del signor Janky (fratello del Generale attualmente comandante dell'esercito ungherese) stabilito a Vienna in servizio d'informazione. Nel colloquio col dr. Steidle -persona capace e seria -il Conte Bethlen disse di • essere entrato in contatto col R. Governo • (senza far per il momento il nome di V. E.) e lo mise al corrente delle buone disposizioni del Governo Nazionale, menzionando che esso sarebbe disposto in massima a fornire un certo quantitativo di armi, munizioni e danaro, purchè la Heimwehr fosse realmente disposta a sua volta • ad agire •. Gli chiese quindi quali erano le sue intenzioni e quale lo stato di preparazione dei suoi uomini. Il dr. Steidle rispose che l'Heimwehr conta oggi 150.000 uomini: si divide in due parti. • Formazioni • locali o stabili e • formazioni di marcia •. Queste seconde abbisognano, sebbene in grado diverso secondo le provincie, di armi e di più accurata organizzazione, che si sta compiendo. Gli uomini sono sufficienti dappertutto. Meglio inquadrati ed organizzati nelle provincie alpine, meno nella Bassa Austria ed a Vienna. Ferve l'organizzazione nei centri industriali e specialmente a Wiener-Neustadt. Del resto il dr. Steidle presentò a questo riguardo un pro-memoria ora nelle mani del signor Hory, in partenza per Roma, che lo farà pervenire all'E. V. (2).

L. KEREKES, Akten zu den geheimen Verbindungen zwischen der Beth!en-Regierung und der osterreichischen Heimwehrbewegung, cit., pp. 309-312.

22 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

Il dr. Steidle confidò al Conte Bethlen d'aver già stretto un accordo segretissimo col Signor Schober, capo della Polizia di Vienna, in forza del quale la polizia aiuterebbe l'Heimwehr ad impadronirsi del potere. Si formerebbe quindi un nuovo Governo con a capo il Signor Schober stesso, il quale promulgherebbe una nuova costituzione ed abolirebbe (almeno temporaneamente) l'attuale semiautonomia della capitale, diminuendone in tutti i modi l'influenza politica, avvantaggiando invece la provincia. Già si sono presi pure accordi col Signor Vaugoin, Ministro austriaco della Difesa Nazionale, che sta riorganizzando silenziosamente l'esercito, già assai rosso, per •averlo in mano». Al momento dell'azione, secondo gli accordi, l'esercito non appoggerebbe direttamente l'Heimwehr, ma starebbe neutrale. Steidle non crede poter • agire a freddo » ma ritiene necessario attendere un'occasione favorevole quale ad esempio disordini, sciopero generale ecc. per poter maggiormente contare sulle simpatie del paese e dell'estero -occasione favorevole che naturalmente procurerebbe, nel limite del possibile, anche di far nascere. Gli accorrerebbero subito 18.000 fucili e relativa abbondante dotazione di cartuccie e mezzo milione di scellini. Altra somma alquanto maggiore ed altre munizioni a movimento iniziato. (I dettagli precisi stanno nel memorandum Steidle). Si mostrò vivamente soddisfatto delle promesse riguardanti le concessioni d'ordine culturale ai Tedeschi dell'Alto Adige -concessione questa importantissima che produrrebbe in Austria la più favorevole delle impressioni e rafforzerebbe sensibilmente il nuovo Governo. Steidle desidera che le trattative e gli accordi abbiano a continuare a svolgersi a Budapest per il tramite del Conte Bethlen e ciò per comprensibili ragioni di opportunità, essendo egli tirolese, e di segretezza. Solo le armi non potrebbero naturalmente che essere consegnate alla frontiera italo-austriaca. Il Conte Bethlen, se V. E. lo crede, inviterebbe nuovamente a Budapest il Signor Steidle per concretare definitivamente gli accordi • in mia presenza ». In tal caso, sempre che l'E. V. lo ritenga opportuno, potrei venire costì per ricevere le istruzioni del caso.

II. Rivendicazioni territoriali ungheresi.

Attualmente le rivendicazioni territoriali alle quali aspira il Conte Bethlen sono rivolte a nord ed a sud. a) A nord nei confronti della Cecoslovacchia: Slovacchia con Presburgo (Bratislavia) secondo le frontiere di anteguerra. Verrebbe poi concessa una larga autonomia alla Slovacchia ed alla Rutenia. b) A sud nei confronti della Jugoslavia: come confine la Drava ed il Danubio, più (a sudovest) il triangolo fra la Drava la Mur e l'attuale linea frontiera ungaro-jugoslava. Nessuna aspirazione sulla Croazia. L'Ungheria non chiede nulla alla Romania con la quale anzi, com'è ben noto a V. E., il Conte Bethlen intende stringere accordi d'ordine politico. Egli crede invece poter mantenere le citate rivendicazioni territoriali contemporaneamente sui due fronti nord e sud nei confronti cioè dei due Stati la cui compagine interna egli ritiene sia più debole.

III. Il Conte Bethlen è perfettamente d'accordo con V. E. sulla opportunità, anzi sulla necessità per l'Ungheria di lavorare e prepararsi in silenzio, senza impazienza e nervosità e chiassose manifestazioni irredentistiche. • Anzi, mi disse, ricevendo recentemente Ward Price capo redattore del Daily Mail -la persona più seria ed autorevole che accompagnava l'On. Harmsworth (il figlio di Lord Rothermere) -lo pregai di far presente al Lord che, se egli voleva realmente giovare all'Ungheria, ritenevo dovesse modificare in due punti la sua azione di propaganda e c10e: l) afferrare la prima occasione prop1z1a per smorzare l'illusione da lui creata in molti che la revisione del trattato di pace possa essere imminente, lasciando intendere invece che la sua propaganda diretta ad illuminare la pubblica opinione europea sulla necessità della revisione per riparare i torti e le ingiustizie commesse ai danni dell'Ungheria fruttificherà a lunga scadenza 2) invece di parlare continuamente di retrocessione all'Ungheria di una striscia di territorio abitato solamente da Magiari lungo l'attuale frontiera, basare la sua azione e la sua campagna sulla necessità che Praga accordi alla Slovacchia ed alla Rutenia un'ampia autonomia. Ciò che Praga non farà mai. Ward Price promise d'interessare alle due richieste Lord Rothermere •.

Scopo di questa seconda richiesta si è che, come dicevo all'E. V. il Conte Bethlen non vorrebbe correre il rischio di vedersi eventualmente offrire da Praga, in buona o cattiva fede, qualche villaggio o striscia di territorio, che egli non potrebbe nè vorrebbe accettare in nessun caso, per non precludersi la strada alla realizzazione di ben più vaste aspirazioni per le vitali necessità del paese.

IV. Prestito.

Il Conte Bethlen confida che V. E. troverà modo, qualunque siano le difficoltà, anche d'ordine finanziario, di concedere il prestito da lui richiesto pura

• necessità vitale • per l'Ungheria e per lo svolgimento del suo programma. Egli attende una risposta non appena possibile.

V. Piloti ungheresi. Attende sempre risposta.

Il Conte Bethlen prega venga data la possibilità a codesto Addetto Militare ungherese di vedere di tanto in tanto non solo il nostro ufficiale col quale abitualmente tratta (il Presidente ne ignorava il nome) ma anche S. E. Balbo e

S. E. Cavallero per rendere più agili e spedite le trattative in corso.

In fine il Presidente accennando ed alla possibilità dell'approvazione da parte del parlamento jugoslavo delle Convenzioni di Nettuno e ad un eventuale sensibile miglioramento dei rapporti italo-jugoslavi, mi richiese se credessi che i rapporti italo-ungheresi ne avrebbero potuto essere influenzati. Naturalmente lo tranquillizzai completamente e non mancai di ripetergli le parole recentemente dettemi da V. E., che egli cioè doveva avere nell'E. V. la più grande, piena e completa fiducia e che la politica del Governo Nazionale fascista era sincera e rettilinea e che non avrebbe subito oscillazioni di sorta nei riguardi dell'Ungheria per ragioni estranee alla politica del Governo Ungherese stesso (1).

(l) -Durini di Monza era stato ricevuto da Mussolini il 23 e il 28 maggio. (2) -Si tratta del promemoria di Steidle, datato Innsbruck 23 maggio 1928, per il Governo italiano e quello ungherese. Testo del promemoria consegnato al Governo ungherese in
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L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, QUARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3521/249. Mosca, 5 giugno 1928, m·e 22,50 (per. ore 23 de~ 6).

Cicerin mi ha parlato del patto di garanzia italo-turco, dicendo che sovieti non avevano che da rallegrarsi per il patto in se stesso, in quanto eliminava pericolo eventuale conflitto, ma non poteva esimersi dal manifestare sue appren

s1oni qualora politica italiana di appoggiare Polonia e Romania, iniziata con viaggio Zalewski, avesse avuto ulteriore sviluppo. In questo caso sovieti non avrebbero potuto mostrarsi indifferenti conseguenze avvicinamento italo-turco nei rapporti turco-sovietici e itala-sovietici. L'ho pregato di precisare che cosa intendeva per appoggio a Polonia Romania. Mi ha detto essere sua impressione che il R. Governo, sottomano incoraggiasse Polonia nel suo atteggiamento ostile ai sovieti, che dopo visita Zalewski, si era recato in Italia noto generale polacco di cui non si ricordava nome (sic). Quanto Romania basta menzionare ratifica protocollo Bessarabia. Questi erano sintomi attività politica che non potevano non preoccupare Mosca. Gli ho risposto esortandolo a non voler cercare oscure trame nella politica italiana. Italia {> grande potenza giovane, attiva, che fa politica aperta, sincera, diretta solo mantenimento pace per facilitare naturale necessaria espansione nostra influenza politica economica.

(l) Annotazione marginale di Mussolini: «Importante •. Durini di Monza sollecitò la risposta di MussoJini circa il prestito, con successiva l. p. diretta a Grandi, del 27 giugno, che non si pubblica.

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L'INCARICATO D'AFFARI A VlENNA, GUGLIELMINETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3613/107. Vienna, 5 giugno 1928 (per. il 9).

Mi viene riferito che nuovo ministro di Francia, conte Clauzel, testè giunto a Vienna (mio telegramma n. 631) (l) sarebbe, analogamente a quanto ministro Austria Parigi avrebbe comunicato Ballhausplatz prima dell'arrivo di quello, fornito istruzioni sensibilmente diverse da quelle suoi ultimi predecessori.

Mentre, infatti, tanto signor de Beaumarchais quanto conte Chambrun avrebbero qui tenuto atteggiamento decisamente ed attivamente contrario annessione Austria alla Germania nonchè mostrato uniformarsi convinzione ripetutamente proclamata questo Governo (mio telegramma per corriere n. 89) (2) essere necessario che Austria si limiti conservare rapporti ugualmente buoni con tutti stati vicini senza entrare in alcun raggruppamento di potenze, atteggiamento prescritto conte Clauzel verterebbe da un lato su principio, • derivato politica Locarno •, essere vigilante ostilità circa • Anschluss • interesse e compito prevalentemente italiano e, in ogni caso, problema nè capitale nè attuale per Francia; dall'altro su opportunità che, sviluppando migliorati suoi rapporti con Cecoslovacchia, Austria finisca con l'avvicinarsi a quest'ultima in una qualche combinazione economica o politica, o, più verosimilmente, politico-economica.

Mentre circa primo due punti suaccennati nuovo ministro Francia avrebbe già intrattenuto Mons. Seipel nel corso due conversazioni tra essi finora avvenute, del secondo egli sarebbesi finora limitato far cenno in via indiretta e confidenziale; tali notizie sarebbero state fornite mio interlocutore -che mi risulta avere frequenti confidenziali contatti tanto con cancelliere quanto con questa legazione Francia -nel primo caso stamane da Seipel, nel secondo ieri da Clauzel.

Informatore ha conchiuso ripetendomi, per verosimile suggerimento cancelliere, noto proclamato punto di vista quest'ultimo non essere annessione questione attualità nè essere conveniente per Austria abbandonare, almeno per ora, suddetto riservato atteggiamento uguale amicizia verso tutti paesi vicini.

Nel mentre mi riservo di controllare, per quanto è appena possibile, precisione e portata informazioni surriferite, onoromi richiamare fin da ora attenzione V. E. su fatto che, per quanto è dato dedurre conversazione mio informatore, tanto Seipel quanto Clauzel, avrebbero in tale circostanza trattato questione annessione per dir così formale e ufficiale, mostrando considerare, l'uno e l'altra, come questione secondaria quella che sembra sostanziale, cioè quella del progressivo avvicinamento e eguagliamento legislativo, regolamentare, economico, culturale, militare due paesi, da anni in atto e oggi più intenso che mai.

(l) -Numero errato. (2) -T. per corriere 2899/89 del 7 maggio: possibilità di avvicinamento tra Vienna e Praga.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AGLI AMBASCIATORI A BRUXELLES, DURAZZO, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, A BERLINO, ALDROVANDI, A WASHINGTON, DE MARTINO, AL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GUGLIELMINETTI, E AL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLIBARONE

T. PER CORRIERE 2946. Roma, 6 giugno 1928, ore 18.

Secondo segnalazioni qui pervenute è stato firmato a Berlino addì 19 aprile in materia unificazione regolamenti trasporti ferroviari accordo che dovrebbe costituire nuovo passo verso creazione unico territorio economico austro-germanico. Ministro austriaco commercio dott. Schuerff dichiarava tempo addietro in quella capitale che si era raggiunto Norimberga accordo per tariffa austrotedesca carboni pur non essendosi potuto ottenere ancora intese per concessione clausola nazione più favorita per tariffe in genere. Tali stipulazioni e tutto il complesso accordi sinora tentati e conclusi in vista di quella Angleichung destinata a preparare praticamente Anschluss non sembrano in realtà conformi se non alla lettera certo allo spirito impegni sottoscritti dall'Austria Ginevra 4 ottobre 1922 in occasione noto prestito ricostruzione. Allora Austria ai termini art. 38 San Germano obbligavasi non alienare sua indipendenza • astenendosi da ogni trattativa e da ogni impegno economico e finanziario di natura tale da compromettere direttamente o indirettamente questa indipendenza ».

Detto impegno non impedisce è vero all'Austria di conservare « sotto riserva delle disposizioni del Trattato di San Germano la sua libertà in materia di tariffe doganali e accordi commerciali o finanziari e in generale per tutto quanto interessa il suo regime economico e le sue relazioni commerciali •; ma resta tuttavia inteso • che essa non potrà menomare la sua indipendenza economica concedendo ad uno stato qualsiasi un regime speciale e dei vantaggi esclusivi di natura tale da minacciare questa indipendenza •.

Occorre dunque apprezzare se e fino a qual punto potenze firmatarie Trattato San Germano e suaccennato protocollo Ginevra possano tollerare da parte austriaca una attività destinata ad eludere gli scopi effettivi delle obbligazioni già solennemente contratte e ciò nei precisi riguardi di quello stato e di quelle eventualità cui per appunto miravano gli accordi suaccennati. Preme in particolar modo conoscere quale possa essere al riguardo punto di vista Governi più interessati tra quelli firmatari atti suddetti tenendo presente attitudine equivoca osservata da Cecoslovacchia in relazione note manovre politico-economiche signor Benès.

Prego RR. ambasciatori Parigi, Londra, Bruxelles trovar modo intrattenere verbalmente sulla questione a titolo personale e non impegnativo quei ministri per gli affari esteri per cercare di sondarne pensiero in proposito.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

(Ed. in VEDOVATO, pp. 81-82)

T. 2947. Roma, 6 giugno 1928, ore 24.

* (Per Colonie). Il R. ministro in Addis Abeba in data 30 maggio scorso ha telegrafato quanto segue:

• l) (Come nel telegramma in arrivo n. 3419/8338 collezione).

2) (Come nel telegramma in arrivo n. 3418/8339 collezione) • (1). Ho risposto : (Per tutti). Suoi telegrammi n. 8338 e 8339. * Per articolo l o V. S. può accet

tare redazione trattato italo-jemenita. Ugualmente può accettare aggiunta all'articolo secondo delle parole • ed a salvaguardare gli interessi dei rispettivi paesi » sebbene non riesca chiaro il loro significato essendo logico che ogni Governo sia tenuto a salvaguardare gli interessi del proprio paese. Approvo scissione articolo terzo in due articoli che porterebbero i numeri 3 e 4. Nel nuovo articolo quarto converrà far menzione oltre che dei commercianti e degli operai italiani anche dei professionisti. Inoltre non è chiaro che cosa significhi la frase • per tutto ciò che potrà loro occorrere » e sarebbe meglio sostituirvi la seguente: • e per tutto ciò che riguarda l'esercizio dei loro commerci, delle loro professioni e del loro lavoro •. Non ho difficoltà ad accettare l'aggiunta delle parole • fino a che questo trattato resterà in vigore » ritenendo che tali parole si riferiscano al trattato franco-etiopico del 10 gennaio 1908 e non l'attuale patto di amicizia italo-etiopico. Per evitare però ogni possibile equivoco occorre che la nostra primitiva redazione sia capovolta e quindi il secondo paragrafo dell'articolo quarto dovrà essere precisamente il seguente:

• -Resta inteso che continueranno ad essere applicate ai sudditi e protetti italiani in Etiopia le disposizioni dell'art. VII del trattato fra l'impero Etiopico e la repubblica francese concluso il 10 gennaio 1908 fino a che quest'ultimo trattato resterà in vigore ». - • -e di risolverli (i conflitti) per mezzo dell'arbitrato senza aver ricorso alla forza delle armi •. Ugualmente ella può accettare la scissione del vecchio articolo quinto. Ed infine anche che il patto abbia la durata di venti anni rinnovabile di anno in anno.

Quanto al preambolo sono realmente eccessivi tutti i cavilli che si fanno costì ed intendo che esso sia mantenuto dando esso in realtà il vero significato al patto che vogliamo conchiudere. Quindi V. S. cercherà di mantenerlo integralmente e solo in definitiva potrà accettare la soppressione delle parole • e volendo facilitare e sviluppare le relazioni economiche fra i due paesi • a condizione che tali parole siano riportate nell'articolo terzo il quale verrebbe quindi in tale caso ad essere modificato come segue: « I due Governi si impegnano a facilitare e sviluppare le relazioni economiche e gli scambi commerciali fra i due paesi •. Mi sembra che in tal modo siamo venuti incontro a tutti i desideri del Ras Tafari ed abbiamo dimostrato ancora una volta le amichevoli e leali intenzioni dell'Italia verso di lui e verso l'Etiopia. Il Ras deve rendersene conto e non avanzare ulteriori domande di modifiche. V. S. dovrà mettere in rilievo presso di lui la convenienza di por fine ad ulteriori quisquilie ispirandosi alla visione dei superiori interessi che hanno determinato la comune volontà di concludere questo patto.

(l) Cfr. nn. 368 e 369.

388

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, E A PARIGI, MANZONI (l)

T. PER CORRIERE 2958. Roma, 7 giugno 1928, o1·e 18.

In data 3 giugno u. s. il R. ministro in Addis Abeba ha telegrafato quanto segue:

« (Come da telegramma Gab. in arrivo n. 3486/86 da Addis Abeba) » (2).

Questo ministero concorda nelle considerazioni del R. ministro ad Addis Abeba, giacchè le dichiarazioni di Ras Tafari dimostrano ancora una volta come

sia giustificato il punto di vista italiano circa l'opportunità di una previa conversazione a tre (Italia, Inghilterra e Francia) e non a quattro con l'Abissinia.

Ad ogni modo, prego V. E. di voler parlare della questione con codesto ministro degli affari esteri e farmene conoscere il pensiero.

(l) -Il tel. venne inviato, per conoscenza, anche al ministro delle colonie, Federzoni. (2) -Cfr. n. 381.
389

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 16/209. Tirana, 8 giugno 1928, ore 0,35 (per. ore 11,10).

Camera dei deputati e senato della repubblica hanno ieri separatamente votato un ordine del giorno a favore di una completa revisione dello statuto ed hanno poi deliberato di riunirsi in • Assemblea Nazionale » per discutere circa la revisione stessa. L'Assemblea si è difatti riunita oggi ed ha subito riconosciuto che essa non aveva sufficiente autorità per sottomettere a revisione l'intero statuto della repubblica. Ha quindi deliberato di consultare il paese mediante la convocazione di una assemblea costituente. Dopo di che i due rami del parlamento hanno deciso la propria dissoluzione.

Si chiude con oggi la prima fase, che era però la più difficile ed è quindi quella decisiva, della trasformazione del regime. Questa fase viene ad essere in anticipo sui progetti che erano stati concordati fra V. E. e Ahmed Zogu. Ma come ho spiegato nei miei telegrammi precedenti, il corso degli eventi ha moltissimo favorito i disegni del presidente della repubblica che naturalmente non poteva lasciarsi sfuggire un'occasione così propizia. Tale anticipo appare tuttavia assai vantaggioso ai fini della politica del R. Governo perchè l'atto solenne oggi compiutosi impedisce ogni ulteriore indecisione o pentimento.

A norma della costituzione H presidente della repubblica deve decretare la convocazione dei comizi al più tardi entro quindici giorni, mentre la riunion"' dell'assemblea costituente deve avvenire al più tardi il sette settembre. Prego

V. E. telegrafarmi d'urgenza se ella creda che io debba consigliare Ahmed Zogu di portare la convocazione al limite più lontano previsto dallo statuto (sette settembre) per avvicinarla alla data del primo ottobre precedentemente fissata, ovvero se si debba lasciare il presidente della repubblica libero di scegliere la data che gli sembrerà più utile per lo svolgimento tecnico delle operazioni elettorali.

390

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3572/183. Bucarest, 8 giugno 1928, ore 9 (per. ore 13,25).

Mio telegramma n. 181.

Indipendente Adverul, in un trafiletto di commento al discorso di V. E. (1), osserva che Governo Bucarest è disorientato per instabilità manifestazioni Governo di Roma, perchè mentre da una parte Capo Governo italiano ha asserito

ineluttabilità revisione trattati di pace, giorni or sono ministro romeno a Roma avrebbe invece avuto da ministero affari esteri italiano formali assicurazioni che l'Italia non desidera modificare detti trattati.

(l) È il discorso pronunciato al Senato il 5 giugno. Testo, in B. MussoLrNr, Opera Omnia, XXIII, pp. 158-192.

391

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO

T. (1). Roma, 8 giugno 1928.

Telegrammi di V. E. nn. 325 (2) e 328 (3).

Debbo far presente a V. E. che non riesce agevole spiegarsi insistenze di Kellogg e di Castle per ottenere un nostro atteggiamento nelle trattative del patto contro la guerra che, se attuato, significherebbe per noi due cose:

l) Assumere in tali trattative una posizione prevalente e dominante.

2) Estraniarci dalle posizioni assunte da quasi tutte le potenze europee.

Quanto alla prima ipotesi, oltre che di fatto il proposto accordo c'interessa in maniera assai relativa, c'è l'esperienza delle condizioni in cui si è venuta a trovare la Francia e delle precisazioni molto importanti che ha dovuto fare l'Inghilterra nella sua risposta del ... (4).

Quanto alla seconda ipotesi è evidente che non ci si potrebbe attendere dall'Italia una risposta che mostrasse di voler ignorare le riserve che gli altri stati hanno fatto e ciò sia perchè tali riserve si riferiscono ad argomenti che c'interessano molto da vicino, sia perchè l'Italia non può evidentemente prescindere dal sistema politico europeo nel cui quadro essa concreta le sue più immediate finalità politiche.

Una risposta italiana di adesione di principio alla proposta Kellogg c'è ed è quella del 4 maggio u. s. pubblicata il 10 (5) nè può influirvi la procedura che, in seguito al noto equivoco inglese, in tale risposta è richiamata ma che per noi era ed è indifferente.

Parmi, anzi, che ai fini elettorali di Kellogg che V. E. conferma, il nostro atteggiamento è quello che maggiormente gli facilita il compito che si è assunto.

Concludendo sembrami evidente che, in ogni modo, di fronte ad una risposta quale è quella inglese del 19 maggio, qualsiasi iniziativa che delle riserve di Chamberlain mostrasse di non tenere tutto il conto dovuto non potrebbe sperare in nessun risultato concreto e non sarebbe destinata ad essere che una vana e sterile affermazione di principio che l'Italia non può e non vuol dare.

marginale di Mussolini: • Niente •·

(l) -Il tel. non risulta spedito. Cfr. infatti la nota successiva. (2) -T. 3412//325, del 31 maggio con cui De Martino riferiva che "Kellogg... mi ha informato di aver ricevuto varie risposte favorevoli a sua proposta per patto rinunzia guerra. Egli mi ha detto che terrebbe moltissimo a che V. E. si dichiarasse concretamente favorevole a sua proposta e pronto a firmare trattato. E crede che tale dichiarazione italiana avrebbe grande influenza su decisioni altri paesi •· Appunto marginale di Grandi: « Sarei d'avviso di non rispondere niente, e lasciare che la cosa vada alla deriva per conto proprio •. Appunto (3) -T. 3456/328 del 2 giugno, che non si pubblica. (4) -Manca: 19 maggio.

(5) Per il testo, cfr. Corriere deUa Sera, 10 maggio 1928.

392

APPUNTO DEL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 8 giugno 1928.

Il ministro d'Austria è venuto il giorno 7 corrente ad informarmi di aver ricevuto dal Cancelliere Seipel il Messaggio di risposta a quello ultimo di

V. E. (1), e a chiedere quando avrebbe potuto essere ricevuto da V. E., per consegnarLene il testo. Poichè la E. V. non era al Ministero, l'ho pregato di ripassare l'indomani mattina.

Stamani ho detto al Signor Egger che V. E. si era assentata per alcuni giorni e che appena ritornato a Roma Le sarebbe stata sottoposta la sua domanda di udienza.

In tale occasione gli ho fatto conoscere che essendo il R. Governo stato informato di inframmettenze avvenute in questi ultimi giorni da parte del Signor Castigliani e di iniziative di quest'ultimo nei riguardi delle relazioni itala-austriache, questo Ministero degli Affari Esteri aveva telegraficamente fatto conoscere al R. Incaricato d'Affari a Vienna che Castigliani è un • venditore di fumo •, e che egli non aveva ricevuto alcun incarico da V. E. (2).

Il Ministro d'Austria mi ha allora, in via del tutto personale e confidenziale mostrato il Messaggio di Seipel che era stato incaricato di consegnare a V. E. Tale Messaggio pur essendo di natura molto moderata e remissiva, conteneva in fine due alinea redatti alquanto infelicemente, nei quali in sostanza si insisteva sulla opportunità di qualche gesto da parte dell'Italia per contribuire a calmare la situazione in Alto Adige.

Il Signor Egger mi ha detto che era al corrente infatti di conversazioni avute dal Cancelliere Seipel col Signor Castigliani (cosa che era del resto menzionata nel dispaccio di istruzioni del Cancelliere accompagnante il Messaggio, documento su cui ho potuto gettare un'occhiata) ma che in seguito a quanto io gli avevo fatto conoscere circa l'inesistenza di incarichi affidati al Castigliani, egli Egger riteneva opportuno di telegrafare al suo Governo informandolo di ciò, e pregandolo • in conseguenza » di autorizzarlo a sopprimere dal testo del Messaggio i due alinea sopramenzionati, facendone solo oggetto di una comunicazione verbale a V. E. (3).

Malgrado ogni mia investigazione non mi è riuscito sapere precisamente perchè nel pensiero almeno di Egger vi fosse una connessione fra la nostra sconfessione dell'attività di Castigliani e la soppressione degli ultimi due alinea del Messaggio. Ma una connessione deve esservi perchè il telegramma inviato oggi d:~ Egger al suo Governo mette appunto la domanda di soppressione degli alinea in

Il Ministro d'Austria quindi rinnova la preghiera di essere ricevuto in udienza da S. E. il Capo del Governo •.

dipendenza della mia comunicazione circa Castigliani. Del resto il Ministro d'Austria, nel corso della conversazione, mi ha detto precisamente che a suo parere Castigliani col suo intervento aveva reso un cattivo servizio all'Austria ed all'Italia.

(l) -Cfr. n. 348, allegato. (2) -Con t. 2919/166, 5 giugno, che non si pubblica. (3) -Cfr. il successivo appunto di Guariglia dell'H giugno: • Il Ministro d'Austria mi ha fatto conoscere che è stato autorizzato a sopprimere dal messaggio di Seipel i due ultimi alinea di cui al mio precedente promemoria.
393

MESSAGGIO DEL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, SEIPEL, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

..... (1).

Le Chancelier Fédéral a pris connaissance avec un grand intéret de la réponse que le Chef du Gouvernement Italien a réservée à son message (2). Il ressent une véritable satisfaction de ce que M. Mussolini a examiné personellement les points de vue sous lesquels les relations austro-italiennes doivent etre envisagées, et que la question de savoir, comment ces relations pourraient s'améliorer a formé l'objet de ses considérations. Il est fort content de pouvoir constater que son désir et ses efforts de rétablir les bons rapports qui avaient existé entre les deux Etats, rencontrent, du còté du Gouvernement Italien les meilleures dispositions.

M. Seipel prend note des remarques que M. Mussolini a faite pour préciser la portée et le contenu de l'interview, publiée par le correspondant romain du Tag de Berlin.

Le Chancelier Fédéral estime qu'une conversation théorique sur la question, si dans le Haut-Adige il existe ou non un problème de minorité avec toutes les conséquences qui en découlent, ne saurait produire aucun résultat pratique. Comme il l'a déjà souligné dans son premier message, il ne lui importe que de préserver les bons rapports si nécessaires entre les deux pays contre les crises périodiques si regrettables.

Le Chancelier Fédéral n'a jamais cessé de considérer cette question comme une affaire intérieure de l'Italie et il est partant de l'avis que les Allemands du Haut-Adige, s'ils croient devoir formuler des récriminations ou des désidérata quelconques, doivent s'adresser à Rome. Les voeux les plus ardents du Chancelier Fédéral seraient accomplis, si le génie et la justice de M. Mussolini réussissaient dans un proche avenir à trouver à cette question une solution équitable.

Si le Chef du Gouvernement Italien en vue d'améliorer les relations politiques austro-italiennes, demande que les personnages responsables d'Innsbruck et de Vienne évitent soigneusement d'entrer dans des questions d'ordre intérieur de l'Etat Italien, et que la campagne antiitalienne et antifasciste ne doit ètre encouragée en Autriche, le Chancelier Fédéral ne peut que souligner que les personnages responsables en Autriche ont toujours pris soin de s'abstenir de s'immiscer dans des problèmes de la politique intérieure de l'Italie et qu'il se garderont aussi dans l'avenir de s'éloigner de cette ligne de conduite. D'autant

moins pourrati-on prétendre que les personnages responsables en Autriche se fussent jamais Iivrés à une agitation antiitalienne ou antifasciste ou qu'ils auraient encouragé une telle agitation. Si des éléments irresponsables s'engagent dans cette voie, le Gouvernement Fédéral, -M. Mussolini en peut etre sùr s'y opposera en tant que les lois autrichiennes le permettent (1).

(l) -Si pubblica qui di seguito all'appunto di Guariglia. Egger fu ricevuto in udienza da Mussolini il 18 giugno. (2) -Cfr. nn. 31,3 e 348.
394

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BERNA, PIGNATTI

T. 3018/143. Roma, 9 giugno 1928, ore 24.

Suo telegramma 146 e 147 (2).

V. S. può dire a Motta che in considerazione dell'importanza che annetto al mantenimento dei buoni rapporti itala-svizzeri, come codesto Governo avrà potuto anche rilevare dal mio recente discorso, acconsento a chiudere l'incidente di Lucerna con le dichiarazioni scritte che egli è disposto a fare e non dando pubblicità alla cosa per due o tre settimane.

Di fronte all'estrema gravità dell'incidente provocato da membri dell'esercito svizzero, questo amichevole contegno del Governo Italiano deve però essere adeguatamente apprezzato costì e servire di remora alle continue lagnanze e recriminazioni svizzere per quegli incidenti di frontiera che spesso si sono verificati negli ultimi tempi e che, scevri di qualsiasi significato politico, sono unicamente dovuti allo zelo a volte eccessivo, ma a volte anche encomiabile degli agenti di frontiera, in ogni modo sempre ispirati dalla preoccupazione di compiere il proprio dovere. Non mi sorprende che a proposito di questi casi che spesso non meriterebbero nemmeno di essere rilevati la stampa svizzera (e non solo quella antifascista) faccia stupidamente del chiasso, ma sono spiacente che codesto Governo non vi dia quella scarsissima importanza che meritano ed è sopratutto perchè mi auguro che la trattazione di questi affari avvenga in avvenire con maggiore serenità e superiorità di spirito da parte della Svizzera che acconsento a chiudere l'incidente di Lucerna che pur tuttavia riveste ben altro carattere di serietà.

Ma appunto perchè ritengo che l'opinione pubblica sia da noi che in Svizzera debba essere convenientemente illuminata sul vero stato delle cose, è mio intendimento di rendere pubblica fra qualche tempo questa nuova prova dello spirito conciliativo del Governo Italiano. Ed il Governo Svizzero dovrebbe esser lieto di poter avvalersene per calmare quella parte del pubblico che in buona o mala fede si presta a creare delle così inutili e meschine difficoltà al cordiale svolgimento dei buoni rapporti fra i nostri due Paesi.

(l) -Lo scambio di messaggi tra Mussolini e Seipel fu oggetto di un comunicato Stefani, del 2 luglio. (2) -Cfr. n. 370.
395

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, A TUTTI I PREFETTI DEL REGNO

(Ed. in VEDOVATO, p. 83)

T. 3009. Roma, 9 giugno 1928, ore 24.

In pendenza trattative con l'Etiopia per firma patto amicizia e data natura delicata tali trattative sarà bene giornali si astengano assolutamente dal parlarne. Prego disporre necessari provvedimenti.

396

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3623/213. Tirana, 9 giugno 1928, ore 23,30 (per. ore 2 del 10).

Ho fatto tradurre a Ahmed Zogu parola per parola quella parte del discorso di V. E. che concerne l'Albania. Presidente della repubblica ne ha riportata una profonda impressione che mi auguro sia durevole. Ha espresso la sua profonda riconoscenza ed ha riaffermato tutta la sua fedeltà all'Italia e a V. E. Per semplice scarico di coscienza e quindi senza diffidenza, mi ha chiesto se le nostre conversazioni con Belgrado avrebbero toccato il problema albanese. Gli ho risposto che per ora a Belgrado si faceva alle barricate. Per quanto non ce ne fosse bisogno potevo in ogni modo confermargli che V. E. nelle sue eventuali conversazioni avrebbe sempre tenuto presente la dichiarazione del 26 aprile 1927 (1).

397

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 1215/485. Durazzo, 10 giugno 1928.

Trasmetto a V. E. copia di un interessante rapporto del R. Addetto Militare (2) che, dopo aver constatato il confortante progresso dell'organizzazione dell'esercito, si intrattiene sulla situazione interna del paese per accennare infine all'accrescersi dell'attività straniera in Albania.

Condivido pienamente il giudizio del Colonnello Pariani circa lo stato di malcontento abbastanza generalizzato che si nota nella Repubblica. Mi preme però aggiungere che tale disagio non è fenomeno apparso oggi: esso regna in Albania da parecchi anni ed è frutto delle passate gravi lotte e delle non buone

condizioni economiche, sebbene queste ultime mostrino segni non dubbi di un accentuato miglioramento con la sola eccezione delle provincie del nord. Non dirò poi cosa nuova affermando che l'attuale regime si appoggia sulla forza dell'Uomo e su di una coalizione di interessi di una ristretta casta, piuttosto che sul consenso del popolo, che può dividersi in due grandi categorie: l'una indifferente al regime e l'altra che lo detesta. Veri e propri seguaci tranne i montanari del Mati, Zogu non ha. In condizioni consimili nessun governo avrebbe potuto durare. E Zogu non avrebbe certamente durato se non avesse avuto il nostro appoggio politico, e sopratutto quello economico.

Devo aggiungere che l'organizzazione dell'esercito sta diventando la spina dorsale del regime. Gli ufficiali, prima incerti del loro futuro, cominciano oggi a vedere serie prospettive di carriera: i soldati prima maltrattati e non pagati, mal vestiti e mal nutriti si accorgono oggi che qualche cosa è cambiata ed in meglio.

Non condivido l'apprezzamento del Colonnello Pariani sull'attività jugoslava in Albania. La mia impressione è anzi del tutto contraria, e cioè che la Jugoslavia agisce ora con minore accanimento e con minore abilità. L'attuale Ministro

S.H.S. ha più volte riconosciuto che la sua opera è ridotta a quella di un • osservatore ». Egli ha ciò riconosciuto con troppa malinconia, perchè le sue parole potessero costituire un'abile • ruse ».

Un punto che rimane per me sempre molto delicato è quello dell'opera di corruzione tra gli ufficiali dell'esercito. Essa esiste, e non dubito che per essa vengano spese forti somme. Ma anche Zogu vigila e non mancheranno provvedimenti esemplari se riusciranno a cogliere qualcuno in fallo.

Per quanto concerne l'attività straniera in genere in Albania, neanche sono d'accordo con il Colonnello Pariani. In questo campo noi stiamo largamente distanziando ogni attività di potenze straniere. In Albania vige e deve vigere la politica della porta aperta, ma di essa siamo specialmente noi a profittarne. Il fenomeno più interessante che ho verificato in questo anno di mia permanenza qui, è che gli italiani hanno finalmente « scoperto » l'esistenza dell'Albania. Accanto alle iniziative dovute al diretto intervento del R. Governo, è nata e sta ogni giorno ingrossando una preziosa corrente di attività privata, in quasi tutti i campi: quello agrario compreso. Non possiamo naturalmente impedire che anche imprese straniere vengano a stabilirsi in Albania. Esse anzi contribuiranno al progresso del paese, progresso che a noi sta a cuore.

Nel 1923 l'attività italiana rispetto a quella straniera stava in Albania nella

proporzione come da uno a tre. Oggi questa proporzione può essere indicata

come da tre a uno.

Sono un po' scettico circa la possibilità di creare in Albania un vero e pro

prio partito italofilo. Mentre non è improbabile che noi riusciremo con opera

paziente a convincere quasi tutti gli albanesi essere loro interesse di vivere nel

l'orbita italiana.

L'opportunità di creare un ben organizzato servizio stampa ha già avuto

la piena sanzione di V. E. che proprio giorni or sono mi ha ordinato di pro

spettarle un completo programma.

In ogni modo, come il Colonnello Pariani riconosce, io nulla trascuro per contrastare lo sviluppo di ogni attività che mi sembri contraria ai nostri interessi.

(l) -Cfr. serie VII, V, n. 169. (2) -Manca.
398

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. RR. 19 (1). Tirana, 11 giugno 19.28, ore 23,45 (per. ore 3 del 12).

Decifri ella stessa.

Ahmed Zogu mi ha detto che per provvedere alla trasformazione del regime ha bisogno di una certa somma di cui una parte subito onde poter far fronte alle spese elettorali ed assicurarsi così una assemblea a lui devota, durevole ed il resto più tardi. Non ha menzionato le cifre, ma credo lo farà dopodomani avendomi pregato di ritornare da lui mercoledì.

399

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. 3055/201. Roma, 12 giugno 1928, ore 24.

Suo telegramma 209 (2). Ritengo che si debba lasciare al signor Ahmed Zogu piena libertà sui tempi per lo svolgimento tecnico delle operazioni elettorali dell'assemblea costituente.

400

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3700/304. Atene, 12 giugno 1928, ore 12,23 (per. ore 2,55 del 13).

Mio telegramma n. 297 (3).

Michalacopoulos, al quale ho accademicamente parlato della prossima partenza del ministro di Serbia, mi ha detto senza esitazione che nulla di nuovo si è verificato fino a questo momento nello stadio dei negoziati greco-jugoslavi per Salonicco. Dovendo il signor Popovitch recarsi in congedo, egli avrebbe chiesto spontaneamente a questo ministro degli affari esteri quali eventuali comunicazioni avesse dovuto fare in proposito verbalmente a Belgrado, e Michalacopoulos gli avrebbe confermato le buone disposizioni greche a trattare facilitazioni di transito commerciale sulle note basi del memoriale consegnato già direttamente a Marinkovich da parecchi mesi. D'altra parte questo mio collega di Romania

(il quale parte giovedì per Bucarest essendo stato chiamato da Titulescu a conferire in occasione imminente riunione della Piccola Intesa) mi ha detto risultargli in modo sicuro che situazione greco-serba è attualmente ancora del tutto stazionaria. Alcuni giornali ateniesi insinuano nuovamente voci di mediazione romena tra Belgrado e Atene. Su questo punto Langa Rascano, il quale pel momento l'ha esclusa, mi ha spontaneamente promesso d'informarmi dello stato effettivo delle cose al suo ritorno da Bucarest previsto per fine giugno.

(l) -Senza numero di prot. particolare. (2) -Cfr. n. 389. (3) -T. 3609/297 del 9 giugno: no.tizia, data dalla stampa greca di opposizione, di ripresa dei nego.ziati greco-jugoslavi per la questione di Salonicco.
401

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2684/305. Atene, 12 giugno 1928, ore 23 (per. ore 3 del 13).

Michalacopoulos mi ha espressamente pregato di esprimere in suo nome all'E. V. i più vivi sinceri ringraziamenti per le dichiarazioni che essa ha voluto fare nel suo discorso al senato nei riguardi della Grecia, assicurandola che tali dichiarazioni sono state accolte col più vivo compiacimento tanto da questo Governo come dall'opinione pubblica ellenica, la quale si va sempre meglio immedesimando della imprescindibile necessità e convenienza di una politica di assoluta cordialità di rapporti con l'Italia. Mi ha quindi altresì pregato di confermarle quanto ha già incaricato Mavrudis di dichiararle circa fiducia che V. E. voglia continuare efficace azione per amichevole componimento questioni grecoturche.

402

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3691/303. Atene, 12 giugno 1928, ore 23 (per. ore 4 del 13).

Mi riferisco ai due telegrammi di S. E. Orsini Baroni n. 311 e 319 in data rispettivamente 4 e 7 corrente (1).

Questo ministero affari esteri è stato nei giorni scorsi effettivamente assai perplesso circa possibilità continuazione trattative con la Turchia, in quanto che, oltre alle notizie pessimistiche riferita da Papas, avevano sopratutto prodotto impressione i passi che questo ministro Turchia fece (in primo luogo presso Venizelos durante la crisi ellenica e poscia anche presso Michalacopoulos) per riportare in campo la richiesta alla Grecia di liquidare il conto dei non scambiabili, versando senz'altro le note 500 mila sterline accantonate. Ciò era stato infatti qui interpretato come l'improvviso ritorno da parte turca al punto di partenza

del difficile negoziato. Ieri però Michalacopoulos e Tsamados mi dissero successivamente entrambi di nutrire nuovamente qualche lieve speranza, avendo Papas riferito che Roussdi bey consentirebbe ad esaminare e possibilmente a fissare con lui sulla carta i punti sui quali si potesse considerare già conseguito un accordo di principio. Attendevano pertanto ansiosamente notizie da Papas circa risultato del colloquio preannunziato in proposito con Roussdi bey. Michalacopoulos mi ha espresso ancora ardente speranza che V. E. voglia esercitare sua amichevole mediazione intesa a facilitare nota soluzione arbitrale; ma io non ho mostrato di assumere alcun impegno per una nostra eventuale azione in tal senso, onde non vincolare comunque la libertà dell'atteggiamento che V. E. giudicasse più opportuno nei riguardi turchi. Incidentalmente aggiungerò, a titolo informativo, che questo ministro Turchia Gevad bey (del quale sono note le origini collegate al vecchio regime turco) ossessionato come è, dalla tema di iwn soddisfare abbastanza Angora, esercita qui in questo ultimissimo periodo una azione di così studiata energia, che mentre essa contrasta in modo invero troppo palese coll'atteggiamento da lui tenuto fino al momento della firma del patto italo-turco, deve certamente andare al di là degli stessi desiderata di Tewfik

Roussdi bey. Comunicato Costantinopoli.

(l) T. 3504/311 e t. 3562/319 sulle trattative greco-turche, che non si pubblicano.

403

L'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3696/252. Madrid, 13 giugno 1928, ore 15 (per. ore 20).

Mio telegramma n. 235 (1).

S. M. il re Alfonso durante ricevimento ufficiale ieri sera a palazzo è stato avvicinato da questo ambasciatore di Francia che gli ha rinnovato pressioni per fare recedere Spagna dal suo attuale fermo atteggiamento nelle sue richieste per Tangeri.

Re Alfonso è ,subito dopo venuto informarmene assicurandomi di aver confermato all'ambasciatore francese impossibilità mutare decisioni.

Egli ha aggiunto che concorde azione italo-spagnuola comincia dare positivi risultati i quali visibilmente già preoccupano sopratutto ambienti francesi. Re Alfonso mi ha a più riprese, anche in precedenti occasioni, espresso sua calda gratitudine per cordiale appoggio che Spagna ha trovato nella nostra delegazione a Parigi (2).

correnti».

Cfr. peraltro il t. 3616/599 di Manzoni, del 7 giugno: • La Spagna non potendo in alcun modo presentare riserve su questioni interessanti particolarmente la Francia e la

23 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

(l) T. 3498/235 del 4 giugno: malcontento della Spagna per l'atteggiamento della Francia nella questione di Tangeri. « Tanto re Alfonso quanto Primo de Rivera mi hanno espressogratitudine per amichevole atteggiamento italiano e speranza che esso rimanga tale, consapevoli entrambi dell'interesse comune di un fronte unico per tenere testa alle smoderate pretese della Francia che sempre più vede di malocchio l'affacciarsi di altre nazioni con

(2) Mussolini aveva comunicato a Manzoni, con t. 2808/457 del 31 maggio: «In considerazione dell'appoggio datoci dalla Spagna, ho promesso quindi a questa ambasciata che avrei dato istruzioni a V. E. di appoggiare nel miglior modo possibile la tesi spagnuola •·

404

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Riassunto in VEDOVATO, pp. 83-84)

T. 3711/92. Addis Abeba, 13 giugno 1928, ore 20,40 (per. ore 21,10).

Mio telegramma n. 90 (1).

Le trattative per il patto amicizia possono dirsi ultimate. Nel preambolo è stata inserita nota frase relativa relazioni economiche. Col pretesto necessità traduzione, l'articolo tre è stato migliorato poichè vi è detto che i due Governi c si impegnano ad ampliare ed a far prosperare il commercio esistente tra i due paesi •. All'articolo 4 non è possibile aggiungere la parola • professionisti • che è intraducibile in amarico, ma poichè vi si parla di • cittadini, protetti e sudditi italiani • mi sembra che abbiamo tutte le garanzie necessarie. È stata fatta l'aggiunta a chiarimento desiderato telegramma di V. E. (2). All'articolo 5 per la difficoltà di traduzione • mezzi pacifici • e per la curiosa redazione che sarebbe risultata con l'aggiunta in fine relativa all'arbitrato e per togliere di mezzo alcune precisazioni infantili relative alle modalità dell'arbitrato che si volevano aggiungere, ho creduto opportuno sostituire redazione analoga all'articolo 4 del trattato italo-romeno del 16 settembre 1926, con l'aggiunta delle parole: c senza aver ricorso alla forza delle armi • già approvate da V. E. Tale articolo mi sembra così assai più favorevole della primitiva redazione e di carattere più limitativo, precisando anche che all'arbitrato si deve ricorrere soltanto dopo esaurite le normali vie diplomatiche. Precisione che con gli abissini non è certamente superflua (3).

Gran Bretagna e intuendo il rischio di non vedere approvato l'accordo con Parigi, che la interessa ed a cui è giunta dopo 14 mesi di faticose trattative, cerca di far pressione sulle altre due grandi Potenze minacciando una rottura completa delle trattative e quindi la non ammissione della partecipazione italiana, conservando lo stato di cose creato con la Convenzione del 1923. Delegazione inglese e francese potrebbero essere da noi indotte manovrare nel senso di stralciare dalle trattative il nostro Accordo che soltanto per causa di tempo è unito a quello spagnuolo; se in tal caso il Governo spagnuolo pur dichiarando di essere con noi solidale e pur parlando con noi di fronte comune per la questione di Tangeri persistesse a non ammettere nessuna modificazione allo Statuto del 1923, agirebbe in realtà esclusivamente contro la sanzione dell'accessione dell'Italia. Fronte comune nel senso spagnuolo significa dunque servirsi del nostro accordo per far pressione sulla Francia e l'Inghilterra per l'approvazione delle richieste spagnuole ». Se l'atteggiamento intransigente della Spagna continuasse,

• ci metterebbe nella penosa situazione di dover premere sull'Inghilterra, che in queste conversazioni è stata sempre cordialmente a nostro lato, e sulla Francia che non ha fatto difficoltà alcuna a nostro riguardo, per ottenere che diano soddisfazione alla Spagna, al solo scopo di far togliere da questa una riserva contro il nostro accordo a cui essa ha sempre dichiarato di essere in tutto favorevole •·

(l) -T. 3637/90 del 10 giugno, che non si pubblica. Un accenno, in VEDOVATo, p. 82. (2) -Cfr. n. 387. (3) -Con t. 3155/68, del 16 giugno, Mussolini comunicava a Cora e, per conoscenza, a Federzoni: c È bene chiarire però che a detto articolo quinto non (dico non) conviene aggiungere secondo paragrafo citato articolo quarto trattato italo-romeno ove è detto che modalità procedura conciliazione ed arbitrato formeranno oggetto di particolare Convenzione da concludersi nel più breve termine •·
405

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3710/193. Bucarest, 13 giugno 1928, ore 21,10 (per. ore 1 del 14).

Mio telegramma n. 173 (1).

Dalle assidue indagini circa vero scopo visita di Titulescu a Belgrado mia attenzione è stata attirata dalla voce di una possibile adesione, anche indiretta, della Grecia alla Piccola Intesa.

Senonchè non ho raccolto alcun reale elemento di conferma. Di positivo vi sarebbe solo ordine dato a ministro di Romania ad Atene di recarsi a Bucarest nei giorni in cui qui avrà luogo Conferenza della Piccola Intesa. Questo ministro di Grecia non avrebbe invece ricevuta fino ad ora dal suo Governo alcuna speciale istruzione nei riguardi della riunione suddetta.

Comunque ho impressione che scopo viaggio di Titulescu a Belgrado debba mettersi in relazione anche con desiderio Inghilterra di patrocinare una intesa greco-jugoslava (mio telegramma per corriere n. 1220) (2).

Ad ogni buon fine segnalo che questo ministro di Grecia ebbe a dirmi che suo paese mentre non ha interesse a legarsi alla Piccola Intesa, che è un sistema di alleanza concernente il centro Europa, potrebbe invece tutto al più assumere verso la Piccola Intesa, dopo il recente patto di amicizia greco-romeno, un atteggiamento analogo tenuto fino ad ora dalla Polonia.

406

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. RR. 21 (3). Tirana, 14 giugno 1928, ore 1,15 (per. ore 7,35).

Per lei solo decifri ella stessa.

Mio telegramma s. n. (4).

Nella ripresa dei contatti circa nostro aiuto danaro per spese elettorali e trasformazione del regime ho condotto la delicata conversazione in modo che richiesta di Zogu non ha potuto superare la cifra di 10 milioni di lire italiane della quale con il consenso di V. E. si era già parlato nel novembre u. s. Di tale somma solo metà dovrà essere versata subito. Ho assicurato il presidente che avrei trasmesso e raccomandato la sua richiesta a V. E. Pregherei V. E. far pervenire opportune istruzioni alla banca d'Albania. Con l'occasione assicuro

V. E. che avrò cura di fare accettare anche questa volta a Zogu valuta albanese.

(l) -T. 3427/173 del 2 giugno, che non si pubblica: notizia della visita a Belgrado di Titulescu. (2) -T. per corriere 3471/1220 del 28 maggio, che riferisce su un articolo di giornale relativo alla politica estera romena. Non c'è nessun accenno all'Inghilterra. (3) -Senza numero di protocollo particolare. (4) -Cfr. n. 398.
407

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 22/219. Tirana, 14 giugno 1928, m·e 1,15 (per. ore 7,35).

Mi è sembrato che l'occasione per ora fosse propizia per indurre il presi· dente della repubblica a voler stipulare senza ulteriori ritardi la convenzione militare che Pariani sta negoziando da tempo. Il presidente della repubblica mi ha detto che aderiva alla mia richiesta e che fra pochi giorni avrebbe consegnato a Pariani le sue controproposte. Sono rimasto d'intesa con il presidente e con Pariani che quest'ultimo non appena ricevute le controproposte albanesi si recherà a Roma per sottoporle al R. ministero della guerra e a codesto ministero degli affari esteri.

408

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1125/535. BerHno, 14 giugno 1928, ore 15,40 (per. ore 19).

Segnalo intervista conte Bethlen pubblicata nel Tag odierno. Prendendo spunto dal recente discorso V. E., Bethlen parla sulla revisione dei trattati per la quale lavora il tempo. Cita simpatie italo inglesi verso Ungheria. Con riferimento poi all'intervista V. E. sul Tag Bethlen ha osservato che politica pacifista e desiderio intesa ad ogni costo non hanno mosso a speciale arrendevolezza stati vincitori. Intervista continua: • Ad una mia domanda Bethlen ha risposto: Credo che amicizia italo tedesca sia anche nell'interesse tedesco. Ma queste amicizie oggi si basano spesso su una certa affinità convinzioni sulle cose dello stato che può più facilmente porre a contatto ci11coli responsabili degli stati in questione. Esiste anche una internazionale della fiducia nazionale e stati per i quali è specialmente sacro il principio patriottico avranno uno per l'altro una speciale comprensione. Relazioni cordiali fra Italia e Ungheria sono sicuramente da attribuire anche a questa circostanza. Secondo me dovrebbe essere assolutamente possibile far progredire rapporti italo tedeschi e a questo scopo si dovrebbe chiudere almeno provvisoriamente ferita del " Sud Tirolo " per tentare più tardi sotto auspici più favorevoli cura definitiva. Germania ha regolato suoi rapporti coll'ovest col trattato Locarno e suoi rapporti con l'est mediante trattati Rapallo e Berlino. Credo che anche questioni Europa centrale meritino maggiore attenzione e penso che Germania dovrebbe prestare speciale attenzione a quei problemi medio europei nei quali oggi è interessata anche l'Italia; nè per Ungheria, nè per Austria, nè per Germania, nè per Italia è tranquillizzante che Piccola Intesa nel cuore nostro continente trovi troppo poco contrappeso diplomatico. Ho chiesto poi al conte Bethlen suo parere circa soluzione questione austro

tedesca. Dalle asserzioni molto prudenti del presidente consiglio ho potuto dedurre che secondo lui idea dello stato unico austro tedesco finirà per attuarsi. Bethlen sembra credere anche che resistenze italiane contro Anschluss potrebbero essere superate in determinate circostanze • (1).

409

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 23/220. Tirana, 14 giugno 1928, ore 20 (per. ore 0,55 del 15).

In questi circoli diplomatici si sono diradati anche ultimi dubbi circa il corso degli avvenimenti politici. Si è generalizzata la previsione che si marcia verso la sistemazione del regno d'Albania.

Fra le rappresentanze straniere meno benevolmente disposte verso Albania, e qualunque possa essere la politica italiana in questo paese, esiste la tendenza a prospettare la dissoluzione delle camere e la convocazione dell'assemblea costituente come atti incostituzionali. Incaricato d'affari di Grecia sostiene che siamo di fronte ad un colpo di stato ed anzi di fronte ad una rivoluzione. Da parte mia non lascio sfuggire occasione per dimostrare la perfetta legalità delle varie deliberazioni della procedura costituzionale. Questa tesi sarebbe opportuno fosse illustrata dai giornali italiani quando fra qualche settimana si comincerà a parlar pubblicamente degli avvenimenti in corso in Albania. È indispensabile infatti reagire contro una tesi che tenderebbe ad impugnare la legalità della trasformazione del regime. Dirigo a codesto ministero degli affari esteri un rapporto cogli opportuni elementi per illustrare la questione dal punto di vista giuridico costituzionale.

410

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GUGLIELMINETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3790/112. Vienna, 14 giugno 1928 (per. il 17).

È venuto a farmi visita dottor Steidle che ha assunto recentemente per turno carica presidente consiglio federale. Nel corso conversazione ha voluto farmi notare come egli sia anche capo Heimwehren austriache domandandomi velatamente se sapessi che R. ministero avesse mostrato interesse per tali organizzazioni. Gli ho fatto comprendere che nulla mi risultava al riguardo.

(l) Annotazione marginale: • Bravo Bethlent 5 in condotta •.

411

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

'1'. 3746/183. Budapest, 15 giugno 1928, ore 16,15 (per. ore 19,30).

Mio telegramma per corriere 1442 (1).

Benchè tanto Bethlen che Walko non me ne abbiano fatto cenno direttamente, pure ebbi la chiara impressione che la loro profonda soddisfazione per dichiarazioni contenute nel recente discorso di V. E. al senato nei riguardi Ungheria, fu in seguito attenuata vivo malcontento mancato intervento nostra rappresentanza Ginevra, in appoggio punto di vista ungherese nella questione optanti. Mi consta in modo assoluto che il barone Sztereny avrebbe voluto fare cenno di tale attitudine di Scialoja in un discorso tenuto ieri alla camera alta. Se ne astenne solo per consiglio Bethlen (2).

412

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. PER CORRIERE 3125. Roma, 15 giugno 1928.

R. incaricato d'affari Vienna in data 5 corrente ha segnalato quanto segue:

• (come nel telegramma n. 3613/107) • (3). Prego V. E. voler discretamente sondare se tali informazioni siano effettivamente esatte.

In caso affermativo interesserebbe naturalmente conoscere se nuova attitudine Francia ed ostentata sua indifferenza dinanzi questione Anschluss costituiscano semplice manovra politica o denotino invece un radicale cambiamento approvato anche dal signor Poincaré nel punto di vista sinora mantenuto dalla Francia di fronte problemi equilibrio Europa centrale.

con Rosso per la risposta (Rosso ha già telegrafato per chiarire a Bucarest) •. Cfr. la seguente minuta di telegramma per Durini di Monza, che non risulta trasmesso:

• Suo telegramma n. 183. Malumore ungherese per nostro atteggiamento Ginevra in questione optanti sembrami ingiustificato.

È tempo che si convincano costi che se Ungheria anche nella questione optanti intende irrigidire ogni sua tattica verso conseguimento immediato propri obiettivi altrettanto non può fare Italia che nella sua responsabilità di grande potenza deve invece inquadrare singole questioni in visione più ampia di contingenze e di possibilità. Con ciò essa non dimentica amica Ungheria e sa anzi di giovarle assai meglio che non farebbe seguendo meno accorta linea di condotta.

Quanto al merito V. S. trarrà ove occorra opportuna norma di linguaggio dal mio telegramma n. 3156 •.

(l) -T. per corriere 3777/1442 del 13 giugno, che non si pubblica: malcontento di Bethlen e Walko per l'atteggiamento del consiglio della S.d.N. in merito alla questione degli optanti. (2) -Annotazione marginale di pugno di Guariglia: • Ma non è esatto. Prego intendersi

(3) Cfr. n. 385.

413

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 3332/543. Costantinopoli, 15 giugno 1928.

Il Ministro di Bulgaria si prepara lasciare Angora per recarsi prossimamente Sofia per prendere precise istruzioni per iniziare trattative concernenti patto di conciliazione e arbitrato, le quali prevede avranno luogo dopo stagione estiva.

Questa notizia se confermata prova come Governo di Sofia continui nella tattica temporeggiatrice per quanto riguarda quel patto che Tewfik Roussdi Bey credeva poter firmare nel corso del Giugno. Il Governo di Sofia pur continuando nel manifestarsi disposto a farlo ritarda adducendo preoccupazione di politica interna.

La realtà è come risulta anche all'Ufficio informazioni dello Stato Maggiore Turco che da Belgrado attivamente si lavora per attrarre Sofia e Atene nella propria sfera. In questi ultimi giorni sono incominciate nei giornali bulgari pubblicazioni ostili alla Turchia. Comitato bulgaro della Tracia ha adottato linea di condotta aggressiva riprendendo affermazione attraverso stampa e discorsi, che Adrianopoli è una città santa per i bulgari, che Bulgaria non potrà mai rinunziare Tracia. D'altra parte da quella, cioè delle Autorità, si nota aumento attività per obbligare turchi della Tracia ad emigrare.

Tutto ciò è attentamente seguito da questi circoli competenti.

414

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, AI MINISTRI A BELGRADO, GALLI, E AD ATENE, ARLOTTA (l)

T. 3154. Roma, 16 giugno 1928, ore 18.

(Per Atene). Suo telegramma n. 304 (2).

(Per tutti). Il R. ministro a Bucarest telegrafa in data 13 corrente:

• (come nel telegramma da Bucarest n. 3710/193 di collezione) • (3).

(Per Atene). Circa rapporti greco-jugoslavi osservo che dichiarazione fatta da Michalacopoulos non esservi cioè nulla di nuovo non sembra tener conto delle avances particolarmente esplicite fatte da Venizelos nelle sue comunicazioni alla stampa delle quali V. S. mi ha inviato per corriere il testo pubblicato dal Messager d'Athènes.

(l) -A Londra e Parigi il telegramma venne inviato per corriere. (2) -Cfr. n. 400. (3) -Cfr. n. 405.
415

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, AI MINISTRI A BELGRADO, GALLI, E A BUCAREST, PREZIOSI (l)

T. 3149. Roma, 16 giugno 1928, ore 24.

(Per Bucarest). Suo telegramma n. 193 (2). (Per tutti). Il R. ministro ad Atene telegrafa in data 12 corrente: • (riprodurre telegramma di collezione n. 3700/304) • (3). (Per Bucarest). Segua la questione che ha particolarmente interesse per noi con la maggiore vigilanza e mi riferisca.

416

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

TELESPR. R. 231473/431. Roma, 16 giugno 1928.

Il R. Ministro al Cairo ha fatto presente ( 4) che la stampa londinese troppo sovente parla di una Potenza che sarebbe intenzionata di stabilirsi in Egitto se la Gran Bretagna volesse o dovesse evacuarlo. Tali notizie trovano larga eco nella stampa e nell'opinione pubblica egiziana, sempre esageratamente suscettibile in tutto quanto tocchi l'indipendenza del Paese, e sono sfruttate abilmente dalla propaganda a noi avversa fra i ribelli alla frontiera cirenaica.

Parrebbe, a questo R. Ministero, che codesto Governo abbia ormai avute sufficienti prove della nostra assoluta e sincera amicizia, e del leale aiuto che noi gli abbiamo sempre prestato, con assoluto disinteresse, nei suoi rapporti con l'Egitto. Sarebbe pertanto opportuno che l'E. V. cogliesse la prima favorevole occasione per far presente al Foreign Office quanto sia ingiustificata una tale campagna di stampa, e quale danno ne possa derivare alla nostra azione coloniale in Libia ed alla delicata situazione della nostra frontiera cirenaico-egiziana.

417

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI

T. 3169. Roma, 17 giugno 1928, ore 18.

Questa ambasciata d'Inghilterra comunica che alla richiesta rivoltagli dall'Imam per una proroga tregua oltre 1° giugno corrente Governo britannico rispose essere disposto tale proroga sino al 17 luglio prossimo purchè Imam a prova sua buona fede si fosse ritirato da Dala non oltre 20 giugno corrente riprendendo in caso contrario sua piena libertà azione a questa ultima data.

Ambasciata informa che Imam ha rifiutato evacuare Dala e che pertanto residenza Aden ha ricevuto ordine lasciare cadere a mezzo aeroplani opportuni avvisi allo spirare suddetto termine: se di essi non fosse tenuto conto, ottenere piena esecuzione condizioni poste da Governo britannico a mezzo azione aerea.

Identiche informazioni sono pervenute dal R. ambasciatore a Londra il quale aggiunge aver letto al Foreign Office un foglio di informazioni dell'Intelligence Service dove si afferma circolare voce che Imam ha intenzione dichiarare guerra santa • con l'aiuto di armi e munizioni che gli sarebbero state promesse dagli italiani •. Anche in relazione al foglio di codesto ministero del 12 corrente,

n. 3519, prego attirare tutta l'attenzione del Governo dell'Eritrea sulla delicata situazione che si verrà a creare allo spirare dell'armistizio per l'incosciente atteggiamento dell'Imam Yahia.

In tali condizioni è evidente l'impossibilità di fornire i noti antiaerei che egli domanda, ma è necessario intensificare sempre più l'azione moderatrice su cui da tempo questo ministero ha insistito e che finora non sembra aver dato apprezzabili risultati, forse anche per la mancanza nello Jemen di nostri agenti dotati delle qualità necessarie per esplicarla.

Vedrà il nuovo governatore dell'Eritrea (l) se non sia il caso di inviare al più presto all'Imam una persona adatta e di assoluta sua fiducia per cercare di fargli comprendere la situazione in cui si sta mettendo di fronte all'Inghilterra che potrebbe finire col paralizzare ogni nostra buona volontà di aiutarlo e sostenerlo.

Allo stesso tempo occorrerà anche studiare i provvedimenti da prendere nel caso di uno scoppio di ostilità fra l'Inghilterra e l'Imam. Io credo che se gli italiani residenti nello Jemen si comporteranno con disciplina ed accorgimento, essi potranno rendere utili servigi in questi momenti delicati e far continuare le operazioni commerciali in ogni eventualità. Per il momento non è da prevedere una dichiarazione di blocco da parte dell'Inghilterra ed in ogni caso le conversazioni di Roma ci darebbero diritto ad essere per lo meno consultati previamente in proposito. Attendo dalla prudente ed insieme efficace azione del nuovo governatore dell'Eritrea che l'Imam sia al più presto ricondotto alla reale visione della situazione e soprattutto dei suoi interessi, mentre occorre naturalmente fare in modo che la sua vantata amicizia per noi non esca diminuita dalla franchezza dei consigli che dovremo dargli. In ogni modo allo stato attuale delle cose bisogna convincersi che la nostra azione più che a Londra si deve esercitare nello Jemen.

(l) -A Parigi. Londra e Costantinopoli il te!. venne inviato per corriere. (2) -Cfr. n. 405. (3) -Cfr. n. 400. (4) -Cfr. n. 374.
418

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. 3166/290. Roma, 17 giugno 1928, ore 24. Secondo notizie qui giunte dall'Asmara Imam allo scadere della tregua non

avrebbe alcuna intenzione sgomberare noti distretti confinari, sicchè è prevedibile che situazione diventerà sempre più delicata, poichè sarebbero ripresi

bombardamenti aerei da parte inglesi e movimenti offensivi Zaranik. Il R. Governo a mezzo dei suoi agenti ha fatto tutto il possibile per dissuadere Imam da questo atteggiamento, ma deve riconoscere che tale azione persuasiva non ha dato i risultati sperati. Che anzi da una parte si fanno circolare voci di una nostra connivenza coll'Imam e dall'altro sembra che questi ci sospetti di volerlo completamente abbandonare lasciando mano libera all'Inghilterra contro di lui. Tutto ciò è falso, ma naturalmente ognuno sfrutta la situazione come meglio gli conviene. Occorre però che codesto Governo sappia non solo che il R. Governo intensifica la sua azione moderatrice verso l'Imam, ma che ha nettamente rifiutato di fargli fornire dei cannoni antiaerei che egli aveva richiesto. Questo rifiuto e l'altro già comunicato a V. E. di prendere in considerazione le profferte dei Zaranik (l) dovrebbe bastare a convincere codesto Governo della nostra leale linea di condotta. Ma più difficile sarà togliere dalla mentalità sospettosa dell'Imam e degli arabi in generale i dubbi sorti circa la nostra connivenza cogli inglesi, ciò che renderà assai più difficile la nostra azione moderatrice. Ad ogni modo per cercare di facilitarla, converrebbe conoscere con precisione fino a qual punto il Governo inglese intende spingere le sue eventuali operazioni contro l'Imam, se cioè esso vuole limitarsi ai bombardamenti aerei oppure procedere anche ad operazioni navali e terrestri anche al di fuori dei distretti confinari occupati dall'Imam. E ciò oltretutto perchè dobbiamo preoccuparci della sorte dei nostri connazionali residenti nello Jemen, i quali potrebbero correre pericolo nel caso che l'Imam per difendersi ricorresse realmente alla proclamazione della guerra santa, lasciando mano libera al fanatismo arabo che si rivolge contro tutti gli stranieri.

Prego esprimersi subito con codesto Governo nel senso di quanto precede e telegrafarmi.

(l) Corrado Zoli, già segretario generale del ministero delle Colonie.

419

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 3167/190. Roma, 17 giugno 1928, ore 24.

II R. ministro ad Atene ha comunicato a V. E. il suo telegramma n. 303 (2) relativo allo stato attuale delle trattative greco-turche che appare assai poco confortante. Ritengo sia sommamente opportuno che Michalacopoulos venga tolto quanto prima possibile dal pericoloso stato di perplessità cui accenna Arlotta. All'acuto senso politico di cui Tewfik Roussdi bey ha dato finora costanti prove non può sfuggire, sopratutto dopo le molteplici dichiarazioni fatte recentemente da Venizelos alla stampa circa le future direttive della politica estera-greca, tutta la convenienza di fermarlo nella linea politica già accettata da Michalacopoulos, senza dargli motivo di sentire l'influenza di altre correnti e di battere in precedenza altre vie che contrastano colla politica concretata a Milano e sopratutto con quella efficiente valorizzazione del fattore turco in Mediterraneo che Tewfik

Roussdi persegue e che noi abbiamo inteso di assicurare partendo dal recente trattato italo-turco.

Non vi è dubbio quindi che il Governo di Angora abbia tutto l'interesse di troncare gli indugi e di porre subito il Governo greco innanzi ai termini precisi e soddisfacenti di un amichevole accordo, già pressochè raggiunto, per le vertenze in discussione, in modo da poterne collegare la consacrazione ufficiale colla stipulazione dei patti politici che ne sono il punto di arrivo finale ed obbligato.

V. E. agisca persuasivamente in tal senso e mi riferisca non appena possibile.

(l) -Cfr. n. 382. (2) -Cfr. n. 402.
420

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3804/200. Bucarest, 18 giugno 1928, ore 21 (per. ore 4,30 del 19).

A semplice titolo informativo segnalo essermi stato riferito che Titulescu avrebbe confidato ad un suo segretario nel suo viaggio di ritorno da Belgrado quanto segue:

l) che egli avrebbe tenuto ad avvertire re Alessandro di non prestar fede a giudizi partigiani sulle direttive e sui sentimenti politici del Capo del Governo italiano, del quale avrebbe esaltato l'alto intelletto e l'acuto senso di responsabilità politica;

2) che egli avrebbe altresl avvertito il re di tutti i pericoli relativi ad una soverchia influenza della Francia nella vita politica jugoslava; 3) che Marinkovich gli avrebbe detto che il popolo jugoslavo ha mostrato in questi ultimi tempi di essere prontissimo ad una guerra contro l'Italia;

4) che all'avvertimento di Titulescu che, in tal caso, la Romania non potrebbe essere alleata della Jugoslavia, Marinkovic avrebbe risposto, benchè sorridendo, che egli avrebbe saputo trovare altri alleati.

421

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3807/201. Buca1·est, 18 giugno 1928, ore 21,15 .(per. ore 4,30 del 19).

Ad ogni buon fine riferisco essere stato informato che stamane sarebbe giunto a Titulescu un importante telegramma da Roma. Giusta mio informatore, codesto ministro di Romania avrebbe riferito che in questi ultimi giorni Bethlen avrebbe segnalato a V. E. opportunità di procedere a qualche rettifica a vantaggio dell'Austria sul confine del Brennero e che V. E. avrebbe opposto a tale suggerimento la più forte e violenta ripulsa.

Mio interlocutore ha aggiunto che predetta notizia sarebbe stata commentata da questo ministro degli affari esteri nel senso che mentre Governo ungherese avrebbe sperato con la sua proposta iniziare un processo di revisione dei trattati di pace sulla base di una eventuale condiscendenza dell'Italia a favore dell'Austria, Governo italiano non potrebbe intanto mancare di inspirare sua politica verso Ungheria, traendo opportuni ammaestramenti dal senso insito nel passo di Bethlen (1).

422

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3808/347. Costantinopoli, 18 giugno 1928, ore 18,40 (per. ore 5 deL 19).

Suo telegramma n. 191 (2).

Contro-proposta turca tende ricondurre negoziato per soluzione questioni pendenti tra Turchia e Grecia a statu quo ante cioè a dire dinanzi a quella com· missione mista che ha funzioni arbitrali e che oggi data la nomina del signor Vicufia come terzo membro neutro e le disposizioni concilianti delle due dele· gazioni può apparire come meglio attrezzata per un lavoro sollecito.

Atteggiamento del ministro degli esteri turco, che in realtà ritorna su concessioni alle quali si era dimostrato disposto, è determinato, nell'incertezza della situazione politico-parlamentare in Atene e di fronte alla tattica del gabinetto di Atene che non si decide a firmare patto italo-greco mentre continua a negoziare con Belgrado, dal desiderio di riprendere posizione all'indietro che aveva ceduto (affrontando ostilità di certi suoi colleghi di gabinetto) quando il cederle gli conveniva, cioè a dire quando prima della crisi greca e del ritorno di Venizelos conformemente all'intesa di Milano la liquidazione delle questioni pendenti con Grecia era condizione principale per firma accordo italo-turco. Oggi dopo successo del patto con Italia di fronte all'inevitabile indisporsi dei suoi colleghi e dell'opinione pubblica turca per il prolungarsi all'infinito delle conversazioni tra i due Governi mentre sempre più manifesta è la volontà di Atene di non cedere sul punto delle 500.000 lire sterline Tewfik Roussdi bey tende porre gabinetto di Atene con le spalle al muro mediante una decisione che Koch mi telegrafa avere carattere definitivo e tale che difficilmente Governo turco ritornerebbe sulla medesima.

Conviene per valutare giustamente questa decisione tener anche presente che da Parigi si è riattivato lavoro per un patto balcanico e per una conferenza fra gli stati balcanici. Conte Chambrun se ne è fatto paladino anche presso ambasciatore di Turchia a Parigi che non ha tardato informarne Angora.

Più che mai opportuno a mio avviso sarà sembrato a Tewfik Roussdi bey di tagliar corto a conversazioni prolungatesi da due mesi senza tangibile risultato e ricondurre questioni dinanzi autorità arbitrale apposta creata.

In tale stato di cose il dar seguito all'appello rivolto da Michalacopoulos al R. ministro in Atene (vedi telegramma n. 303) (l) per una amichevole media·· zione nel senso da lui desiderato potrebbe esporci in questo momento fin a che situazione non è chiarita ad un passo non gradito ad Angora e forse infruttuoso.

Una nostra energica azione mediatrice sarebbe indicata e qui capìta se Grecia avesse firmato o firmasse senz'altro accordo itala-greco. Ma nelle condizioni attuali di giuoco incerto se dir non si vuoi doppio un nostro intervento per appoggiare vaghi desiderii greci sarebbe sentito ad Angora come pressione e probabilmente non condurrebbe a un risultato pratico dati sospetti colà a torto

o a ragione nutriti circa sincerità intenzioni Atene.

Ciò non mi impedirà però di richiamare al mio prossimo incontro alla memoria di Tewfik Roussdi bey la linea direttiva della politica mediterranea da

V. E. riassunta nel telegramma n. 2322 (2); cioè a dire volontà di V. E. che nesso con Turchia e con Grecia non venga spezzato.

(l) -Annotazione marginale di pugno di Guariglia: «Già telegrafato che queste notizie sono infondate». (2) -Sic, ma si tratta probabilmente del n. 190. Cfr. n. 419.
423

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Ed. in VEDOVATO, pp. 83-84)

T. 3814/101. Addis Abeba, 19 giugno 1928, ore 20 (per. ore 22).

*Telegramma di V. E. n. 68 (3) *.

Sta bene per la sostituzione all'art. 4 frase specifica con quella generica • i cittadini, sudditi e protetti •. Il secondo paragrafo dell'art. 5 sarebbe secondo traduzione letterale dall'amarico il seguente: • per la scelta degli arbitri d'accordo vi sarà uno scambio di lettere • cui corrisponderebbe nel testo italiano:

• tra i due Governi di comune accordo saranno scambiate note circa il modo di scegliere gli arbitri •. Cioè paragrafo si riferirebbe soltanto alla scelta ed al numero degli arbitri, senza alcun accenno a convenzioni o precisazioni sui casi da sottomettere all'arbitrato. Ciò unicamente era nel pensiero di Ras Tafari che nel suo ultimo progetto aveva inserito frase: • Gli arbitri saranno due o quattro

-o cinque »; per sopprimere frase infantile ho ritenuto che una sostituzione come la suddetta non comprometterebbe niente. È più che probabile poi che il Governo etiopico non penserà nemmeno più a tale scambio di lettere. Dato che ho potuto eliminare primitivo pericolo redazione etiopica di questo articolo riterrei preferibile non rimetterlo in discussione, * tanto più che suppongo chiarimento odierno sarà ritenuto sufficiente dall'E. V.*
(l) -Cfr. n. 402. (2) -Cfr. n. 321. (3) -Cfr. p. 354, nota 3.
424

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3830/205. Bucarest, 20 giugno 1928, ore 7 (per. ore 17,25).

Titulescu mi ha parlato della sua visita a Belgrado ripetendomi con più cauto linguaggio informazioni già riferite a V. E. con mio telegramma n. 200 (1).

Ho rilevato tuttavia che Titulescu pur dichiarandomi di aver detto a Marinkovich che Romania non potrebbe aiutare Jugoslavia in caso di conflitto italaserbo, ha omesso interamente la risposta che secondo il mio informatore di ieri gli avrebbe dato Marinkovich, e cioè che egli (Marinkovich) avrebbe trovato altrove suoi alleati.

Titulescu mi ha giustificato avvertimento da lui dato a Marinkovich nel modo seguente: 1° che Romania non può avere che vitale interesse di un cordiale riavvicinamento itala-serbo;

2° che un conflitto italo-serbo sarebbe pericolosissimo per la Romania. Infatti in caso di vittoria dell'Italia questa imporrebbe immediatamente il problema ungherese e quello bulgaro; mentre nel caso contrario Jugoslavia solleverebbe intera questione territoriale in questa parte di Europa.

Titulescu mi ha detto essere sicuro che la ratifica delle convenzioni di Nettuno sarà votata a grande maggioranza. Ha aggiunto essere altrettanto sicuro che Italia non cederà sull'Albania.

Infine ho rilevato che Titulescu, sempre dopo avermi fatto dare l'assicurazione del maggior segreto, ha avuto cauti ma imprecisi accenni • a qualcuno che a Belgrado disturba incessantemente le predominanti buone disposizioni verso l'Italia •.

Ho avuto impressione che volesse riferirsi a qualche agente francese. Comunque Titulescu ha attirato mia attenzione sul fatto che mentre re Alessandro aveva la sera prima convenuto con lui sulla necessità di buoni rapporti con l'Italia, il mattino seguente lo aveva invece trovato svogliato ed incerto.

425

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3839/204. Bucarest, 20 giugno 1928, ore 14,50 (per. ore 18,30).

Titulescu mi ha fatto lietissime accoglienze. Dopo aver ricordato tempi in

cui fummo assieme a Londra, egli mi ha intrattenuto per circa due ore insistendo

principalmente sui punti seguenti:

1° che V. E. gli ha prodotto una profondissima impressione;

2o che egli sente per V. E. una così alta stima che qualora sorgesse il problema della revisione trattato del Trianon, non esiterebbe un momento a proporre al suo paese di rimettere questione all'arbitrato dell'E. V.;

3o che la Romania dovrà sempre più considerare l'Italia sullo stesso piano della Francia e dell'Inghilterra;

4° che egli non vuole assolutamente che Romania sia soggetta all'influenza della Francia e che Piccola Intesa sia o appaia sotto la tutela di quella stessa nazione.

Le opinioni di cui al n. l e n. 2 mi sono confermate da altre fonti; delle opinioni di cui al n. 3 e n. 4 Titulescu mi ha voluto rendere vieppiù persuaso, facendomi consultare un voluminoso incartamento contenente i dispacci ufficiali da lui inviati alla reggenza durante sua lunga assenza da Bucarest, almeno una decina di passi riguardanti le più svariate occasioni (suo viaggio a Roma, viaggio di Duca in Italia, questione optanti, contegno stampa romena, ecc.) e tutti nel senso suindicato. Titulescu mi ha infine dichiarato essere stato assai lieto di constatare nel consiglio plenario di stamane che reggenza si era espressa in modo conforme alle direttive di politica estera da lui patrocinate nel carteggio che mi aveva fatto scorrere.

(l) Cfr. n. 420.

426

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3863/546. BerLino, 20 giugno 1928, ore 16,15 (per. ore 19,15j.

Mi riferisco al mio telegramma n. 435 (1).

Klein mi ha detto aver veduto Stresemann ieri per la prima volta dopo suo viaggio in Italia. Stresemann ha promesso che qualunque sia soluzione crisi, politica estera della Germania non muterà. A dire di Klein, però, Stresemann si sarebbe mostrato favorevole alle idee da Klein esposte a V. E.

Klein mi ha domandato se io sapevo quale seguito avesse dato ad esse

V. E. Ho risposto di ignorarlo.

427

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI (2)

TELESPR. RR. 232360/717. Roma, 20 giugno 1928.

Le notizie, fornite col telespresso di codesta R. Legazione n. 4495/955 del 18 maggio scorso (3), sono particolarmente interessanti. Prego, perciò, la S. V. di volerle approfondire, segnalando qualunque eventuale, ulteriore elemento Le venisse a risultare in proposito.

(l) -Cfr. n. 343. (2) -Galli presentò le credenziali il 23 giugno. (3) -Cfr. n. 350.
428

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3905/357. Angora, 21 giugno 1928, ore 13,25 (per. ore 4 del 22).

In conversazione amichevole avuta con ambasciatore U.R.S.S. questi mi ha intrattenuto su negoziati turco-greci in relazione ai loro sviluppi nei riguardi della situazione balcanica e mediterranea. Si è mostrato informato dello stato dei negoziati, mi ha detto posizione di Tewfik Roussdi bey essere alquanto difficile perchè pur rendendosi conto della necessità di sbarazzare al più presto terreno da difficoltà esistenti con Grecia per procedere alla progettata intesa con Atene, egli d'altra parte non può prospettare patto di amicizia se non quando vedrà ben chiaro su tendenze di politica estera di quel Governo meritevoli di essere seguite con particolare prudenza specialmente dopo ritorno di Venizelos sulla scena politica. Tanto più delicata è questa sua posizione in quanto essa si presta alle pressioni ed influenze di correnti interessate che all'interno e dall'estero cercano di esercitarsi su di lui. Ha affermato che a suo avviso una cosa è certa e cioè: che qualunque sia la parte verso la quale la Grecia pensi appoggiarsi, Parigi o Roma essa e suoi amici hanno tutto interesse veder presto combinare accordo greco-turco. A questo interesse può anche collegarsi il desiderio ed il consiglio di una sollecita definizione delle pendenze con la Turchia, manifestati a più riprese in questi giorni a Tewfik Roussdi bey dal ministro di Jugoslavia, facile esponente delle vedute del Quai d'Orsay. (Mi erano già noti questi passi del signor Tadich che la parola del signor Souritz viene pertanto a confermare). In questo stato di cose, ha continuato l'ambasciatore, il ministro degli esteri deve essere venuto nella determinazione di non precipitare gli eventi per lasciare al tempo e alle circostanze il compito di chiarire la situazione. Signor Souritz ha voluto anche aggiungere essere nell'interesse di Mosca di vedere realizzate le intese prospettate a Milano

anzichè affermarsi politica che parallelamente va svolgendo Francia nell'Oriente mediterraneo e augurarsi pertanto che situazione si chiarifichi in quel senso.

Fin qui signor Souritz. Da sue parole parmi potersi dedurre: che vivo desiderio che avrebbe Grecia di intendersi con Turchia non sembra accompagnato da analogo suo vivo desiderio di firmare patto d'amicizia con Italia; e che in tale stato di cose Turchia, che aveva iniziato suoi negoziati con Grecia sotto gli auspici dell'Italia per arrivare alla firma di un patto simultaneo turco-greco e greco-italiano, oltre quello turco-italiano oramai già concluso, preferisce rallentare l'andamento di detti negoziati e attendere.

Trattasi di vedere se mentre sembra intensificarsi lavorio della cancelleria francese nei Balcani e anche ad Angora (ove Francia si sforza con poco risultato per ora, a guadagnarsi molte simpatie perdute) e mentre critica situazione interna della Grecia sembra mettere sempre più al primo piano della scena politica di quel paese la figura di Venizelos, trattasi di vedere, ripeto,

se la tattica dell'attesa possa veramente essere destinata a dare più rac:m:. sviluppo a quel sistema d'intese prospettate a Milano che oggi segna a causa di Atene una battuta d'aspetto.

Stasera alle 19 avrò colloquio con Tewfik Roussdi bey.

429

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 3338/197. Roma, 22 giugno 1928, ore 15.

Quanto V. E. mi espone nel suo telegramma n. 347 (l) sembra possa riassumersi nei due seguenti punti:

1° -Governo turco ritorna completamente sulle decisioni già prese, notificate ad Atene e delle quali Governo greco aveva preso atto, per ciò che concerne definizione delle note vertenze;

2° -Tewfik Roussdi bey riterrebbe, agendo in tal modo, di servire i nostri interessi e di darci una prova di lealtà, visto che la Grecia non si deciderebbe, secondo lui, a firmare il patto coll'Italia.

Circa il primo punto, che concerne più strettamente la politica turca verso la Grecia, quanto V. E. mi telegrafa non arriva a convincermi dell'opportunità di un simile passo indietro, soprattutto in questo momento e proprio perchè il riattivato lavorio francese per un patto balcanico dovrebbe invece stimolare la Turchia, nel suo precipuo interesse, ad attirare la Grecia ed a non offrirle un motivo di più, e determinante, di lasciarsi allettare da simile manovra. In particolare, poi, osservo che un'eventuale definitiva resistenza greca al versamento delle 500 mila sterline troverebbe giustificazione nelle intese corse tra Tewfik Roussdi bey e Papas (telegramma di V. E. n. 244) (2) secondo le quali tale versamento era prospettato come un desiderio del Governo turco, che dal canto suo era pronto a contraccambiare l'accoglimento con alcune facilitazioni, ma non veniva ad infirmare la principale offerta già ferma dell'arbitrato per ambedue le categorie di beni.

Ma è sopratutto sul secondo punto, e cioè in quanto l'argomento tocca la politica italiana nei suoi rapporti con Grecia e Turchia, che è urgente porre bene in chiaro lo stato delle cose con Tewfik Roussdi.

1° -Il Governo greco ha sempre dichiarato che intendeva firmare il patto coll'Italia contemporaneamente a quello colla Turchia, o quanto meno quando questo fosse reso ormai sicuro. Precise dichiarazioni in tal senso sono state rinnovate da Michalacopoulos ad Arlotta dopo la ricostituzione del Gabinetto ellenico, sono state rese di pubblica ragione dalle interviste concesse da Venizelos alla stampa, sono state confermate proprio in questi ultimissimi giorni dal ministro di Grecia a Roma. Non si tratta quindi di invitare la Grecia a firmare senz'altro il patto coll'Italia; si tratta di sollecitare la definizione delle vertenze greco-turche per poter firmare e quello coll'Italia e quello colla Turchia.

24 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

2° -Ciò stante, la linea di condotta che Tewfik Roussdi bey intenderebbe ora di assumere non solo ci porrebbe in condizioni particolarmente delicate ad Atene, avendo noi avallato ed appoggiato colà le offerte a suo tempo fatte dal Governo di Angora, ma rischierebbe di compromettere anche la firma del patto italo-greeo e di spingere la Grecia per altre vie, che non sono conformi agli interessi mediterranei italo-turchi, specialmente poi contrarie agli interessi precipuamente turchi. Non vedo perchè quindi dovrei rallegrarmi del servizio che Tewfik bey vorrebbe renderei col mandare a monte i risultati di un lungo e difficile lavoro di capitale importanza.

È quindi indispensabile ed urgente che V. E. veda di chiarire esattamente questa posizione a Tewfik bey, prima che il suo attuale stato d'animo e le sue prossime vacanze possano compromettere quel risultato complementare ma essenziale del patto italo-turco che mi sono deciso a sottoscrivere isolatamente anche per giovare alla sua situazione parlamentare e fidando nella continuità della sua azione nel senso precedentemente concordato.

Se Tewfik bey ha realmente l'intenzione di porre Atene colle spalle al muro, e porre se stesso in situazione logica ed ineccepibile, ne ha il mezzo, che gli è offerto dallo stesso Governo greco: quello di corrispondere subito e nettamente alla richiesta che gli ha rivolto Papas di riassumere e fissare le intese già intervenute, che sembravano già sufficienti ad assicurare una pronta e soddisfacente soluzione per ambedue le parti.

Prego V. E. di agire e di riferirmi non appena possibile.

(l) -Cfr. n. 422. (2) -Non rinvenuto.
430

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3908/364. Angora, 22 giugno 1928, ore 18,35 (per. ore 3,30 del 23).

Al mio arrivo qui ministro di Grecia mi ha dichiarato essere tuttora senza

istruzioni in seguito comunicazione fatta ad Atene fin da sabato telegrafica

mente della controproposta turca. L'ho trovato come sempre calmo, rassegnato,

pessimista circa intenzioni turche, lento nello spingere ad un sollecito rego

lamento questioni pendenti e portato a dare alla ultima formula turca una

interpretazione più restrittiva di quello che a me ancor prima del colloquio

con Tewfik Roussdi sembrava.

Tewfik Roussdi invece è stato in grado d'illuminarmi sulla base della

corrispondenza telegrafica col ministro di Turchia ad Atene che aveva già

conferito con Michalacopoulos. Tewfik Roussdi bey mi ha letto telegrammi

scambiati in questi giorni con Djevad bey.

Risulta che da tempo si stava parlando fra i due ministri degli esteri

di un incontro e che Tewfik aveva fatto sapere a Michalacopoulos che lo

avrebbe aspettato a Tchechmé vicino a Smirne. Sono passati alcuni giorni

d'attesa della conferma dell'incontro e durante i quali il negoziato pure non

procedeva che con grande pesantezza. Presentata controproposta turca Michalacopoulos ha detto a Djevad bey ritenere oramai inutile incontrarsi con Tewfik Roussdi.

Ho domandato a Tewfik Roussdi perchè mentre si sta negoziando per un accordo sulla base di speciale arbitrato egli avesse presentato proposta che cambiava rotta al negoziato per soluzione questioni pendenti. Egli assicura non aver voluto cambiar rotta ma troncare tergiversazioni e per ciò aveva presentato una proposta la quale in sostanza come stesso Michalacopoulos ha detto a Djevad bey era quanto egli stesso aveva domandato mesi or sono a Tewfik Roussdi. Dato poi arrivo Vicufia, disposizioni concilianti due Governi, egli riteneva e ritiene Commissione mista oramai 9.ttrezzata per compiere sollecitamente lavoro !l'er accelerare il quale egli aveva appunto proposto sottomettere congiuntamente o separatamente al Comitato dei 3 membri neutri tutte questioni. Gli ho osservato che Papas da a questa proposta una portata restrittiva cioè che Comitato degli arbitri avrebbe facoltà risolvere soltanto questioni particolari che sorgessero nel corso dei lavori della C [ammissione] M[ista]. Al che Tewfik Roussdi mi ha detto non essere stato questo nel suo pensiero. Egli invece è d'avviso che al comitato dei membri neutri avrebbe potuto esser affidata dalle due delegazioni soluzione arbitrale di tutte le questioni senza eccezione alcuna siano esse generali o particolari. Egli mi ha dato sua proposta con questa giunta che io mostrerò a Papas.

Tewfik Roussdi bey dopo rifiuto incontro ha fatt0 dire a Michalacopoulos che attenderà qui fino a lunedì, o martedì quella qualsiasi comunicazione volesse fargli pervenire e che poi partirà per Costantinopoli e l'estero. Tewfik Roussdi bey ha poi intenzione dirigere lettera alla commissione mista pregandola porsi senza ritardo al lavoro e usando degli ampii poteri di cui essa dispone di farlo trovare al suo ritorno dinanzi ad un fatto compiuto. Oramai a lui (egli afferma) poco importa come questioni saranno risolte, desidera trovare terreno da queste sbarazzato per potere sviluppare politica concordata Milano.

Non ho mancato di ricordare con termini chiari a Tewfik Roussdi gli impegni presi, volontà ferma di V. E. che nesso tra Roma, Angora, Atene sia mantenuto e di fargli conoscere che V. E. è d'avviso sia conveniente fissare al più presto politica estera Michalacopoulos.

Tewfìk Roussdi bey mi ha incaricato farle pervenire in risposta seguenti testuali parole: • che S. E. Mussolini accordandoci sua alta fiducia e facendoci credito di tempo ci lasci lavorare tranquillamente. Nè noi vogliamo perdere la Grecia, nè la perderemo •.

431

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI

FONOGRAMMA 1696. Roma, 23 giugno 1928, o1·e 10.

Ho preso visione del telegramma del Comandante della R. Nave • Azio • che informa Governatore Eritrea ha chiesto se nave può eseguire • tiri sbarramento •. Mi sembra superfluo rilevare che una eventualità di azione bellica non è da contemplarsi affatto per il momento e che in ogni caso essa non potrebbe aver luogo che ove i nostri connazionali fossero realmente in pericolo per effetto di attacchi deliberati della popolazione o del Governo locale, ciò che allo stato attuale delle cose sembra doversi escludere.

Prego V. E. fare in modo che autorità e connazionali siano portati ad una più serena e calma visione della situazione.

432

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3955/367. Angora, 24 giugno 1928, ore 7,30 (per. ore 15,20).

Cogliendo occasione mia presenza qui ho intrattenuto col dovuto tatto Tewfik Roussdi bey su due possibilità di grandi imprese che si presentano all'industria italiana in Oriente, cioè costruzione di alcune navi da guerra per marina turca e impianto della grande linea aerea che legherà, in seguito ad accordi intervenuti, Angora Teheran Kaboul.

Gli ho fatto rilevare come amicizia italo-turca sancita oramai da patto solenne offre occasione al Governo turco di liberarsi dalla stretta che capitalisti francesi stanno tentando di creare intorno alla nuova Turchia per tutto ciò che riguarda esercito marina e da quella della Junkers in riguardo navigazione aerea per la quale nei tempi passati le è riuscito strappare alla Turchia, allo Afganistan e a Teheran un vero monopolio. Circa alle costruzioni navali ho ricordato che quando fu saldato debito Ansaldo col pagamento 75000 lire sterline ci fu data promessa che cantieri italiani sarebbero stati tenuti particolarmente presenti per nuove costruzioni navali.

Tewfik Roussdi bey mi ha detto che per il momento difficoltà di bilancio impediscono concretare programma nuove costruzioni navali, mi ha assicurato però che al momento opportuno si ricorderà della promessa dataci, come pure saprà fare valere opportunità che data amicizia tra Italia e Turchia e le eventualità cui questa amicizia va incontro nel Mediterraneo nelle due marine regnino non solo ottimi cordiali rapporti tra ufficiali ed equipaggi ma anche una certa uniformità di tipi di navi.

Quanto comunicazioni aeree con Afganistan e Persia egli ha ottenuto nelle trattative con i due Governi che società turco-afgana-persiana che sarà creata sia libera degli impegni che Afganistan e Persia hanno con la Junkers e sia libera quando costituita di prendere accordi finanziari e tecnici per l'esercizio con case di qualsiasi paese.

Data magnifica prova in Oriente dall'Aero Express italiano, [e data] l'opportunità di rimanere indipendenti dalla Franco-Roumaine e dalle società inglesi le case italiane si presentano a priori in una posizione di favore.

433

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3956/369. Angora, 24 giugno 1928, ore 13,50 (per. ore 19).

Telegramma di V. E. n. 3338/197 (1).

Ho dato iersera lettura a Tewfik Roussdi bey con le dovute reticenze del telegramma di V. E. L'ha ascoltato con aria non molto compiacente come di pevsona che non si sente capita. Si è addirittura risentito quando gli ho letto che nuova proposta turca annullava lavoro finora compiuto. Si è risentito perchè in quelle parole vede influenza di inesatte informazioni da parte greca.

Poi rasserenandosi mi ha detto • ora voglio leggerle un telegramma del mio ministro ad Atene dal quale risulta che io conosco meglio che altri mentalità e artefizi di Atene». Nel telegramma è detto che Michalacopoulos ritornando sul rifiuto opposto incontrarsi con Tewfik Roussdi e Tchechmé dichiara esser di,sposto recarvisi al più presto per accordarsi personalmente su una soluzione questioni pendenti. Come base della conversazione Michalacopoulos accetta proposte formulate da Papas nel senso della compensazione dei beni dei non scambiabili affidando all'arbitraggio di un membro neutro (Tewfik Roussdi insisterà sui tre membri neutri) fissazione della somma dovuta per rendite dei medesimi (si tratta delle 500.000 lire sterline delle quali Grecia oramai è disposta a liberare almeno gran parte a favore Turchia). Quanto ai beni degli scambiabili Michalacopoulos propone cercare assieme una procedura più sollecita (Tewfik insisterà che sia la stessa procedura arbitrale come per le rendite dei primi). Lavoro di liquidazione dovrà essere compiuto dentro due mesi.

Nostra conversazione a questo punto è stata interrotta da chiamata al telefono da parte ministro Finanze che è a capo, per questioni con Grecia, della opposizione nel consiglio dei ministri a Tewfik Roussdi bey. Lunga conversazione che ha avuto luogo tra loro in turco non dev'essere stata di soddisfazione per Tewfik Roussdi bey perchè questi poi mi diceva « abbiamo appunto parlato del telegramma di Djevad bey. Mi fanno diventar matto. Le difficoltà che mi si oppongono qui in famiglia sono altrettanto gravi che quelle che trovo in Atene. I miei colleghi traggono poi dalle lungaggini tergiversazioni ateniesi conferma innato sospetto contro Grecia e della convinzione che hanno che questa sta manovrando per ottenere separatamente da Angora, Roma, Belgrado il maggiore utile particolare ».

A questo punto gli ho detto che per ritrovare forza onde procedere contro difficoltà qui e ad Atene gli conviene pensare agli impegni presi a Milano alla obbligazione che egli ha assunto verso V. E. il giorno in cui ha domandato e ottenuto soppressione divisato protocollo unito al patto italo-turco. Gli ho consigliato di mostrarsi fin all'estremo limite consenziente e conciliante verso Michalacopoulos onde evitare di procurare al medesimo pretesto di presentare lui e Governo di Angora come responsabili di un fallimento opera comune iniziata Milano.

Tewfik Roussdi bey mi ha promesso che nell'odierno consiglio dei ministri farà ogni sforzo per indurre colleghi a venire incontro ai desideri di Michalacopoulos, egli personalmente è disposto ritardare di una quindicina di giorni suo congedo per recarsi prima a Tchechmé. Incontro potrebbe aver luogo fine corrente settimana se Michalacopoulos si affretterà a rispondere alle comunicazioni che gli farà pervenire stanotte dopo consiglio dei ministri.

Egli mi ha pregato visitarlo stasera per rimettermi testo comunicazioni suddette che dovranno essere inviate a V. E. con la preghiera appoggiarle presso Michalacopoulos per loro pronta approvazione.

(l) Cfr. n. 429.

434

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3952/370. Angora, 24 giugno 1928, ore 15,30 (per. ore 18,50).

Seguito mio telegramma numero precedente.

Salvo decisioni contrarie odierno consiglio dei ministri Tewfik Roussdi bey per preparare conversazioni a Tchechmé intende inviare a Michalacopoulos due ordini del giorno uno relativo alla soluzione questioni pendenti con la Grecia l'altro per un'effettiva collaborazione politica del gruppo sud-balcanico (Angora, Atene, Sofia) per tutto ciò che riguarda situazione affari Balcani.

Per questioni pendenti tra Turchia e Grecia egli spera fermamente d'intendersi e di firmare con Michalacopoulos una dichiarazione che fisserà modalità regolamento e impegno realizzazione di questo dentro due mesi. Ma rimanderà firma patto turco-greco a quando soluzione questioni pendenti sarà fatto compiuto cioè a due mesi. La dichiarazione che sarà firmata dai due ministri a Tchechmé è a suo avviso quel che è richiesto e desiderato per passare alla firma senz'altro del patto italo-greco. In ogni caso egli ritiene nè prudente nè possibile per Governo di Angora firmare il patto con Grecia prima che questa abbia firmato patto con Italia. Infatti egli agendo altrimenti oltre venir meno dovute considerazioni verso Italia, esporrebbe proprio paese a legarsi con Grecia quando questa rimanesse libera di fronte Italia e ancor peggio legata con Jugoslavia, e a firmare un patto con Atene col pericolo che per un pretesto o l'altro, per un mutamento ministeriale più o meno legittimo mai non venisse poi ratificato. Ciò costituirebbe secondo mentalità grande assemblea turca uno scacco grave per lui e il Governo in seguito al quale egli sarebbe costretto a dimettersi soddisfacendo così i voti di quanti a cominciare dalla Banca ottomana desidererebbero liberarsi dell'incomodo ministro degli esteri.

Con il secondo ordine del giorno Tewfik Roussdi bey intende prendere

posizione se non contro, almeno di fronte Piccola Intesa di cui ultimo comuni

cato dimostra (egli mi diceva) grande oltracotanza offensiva per altri stati. Egli

intende con ciò porre termine agli allettamenti agli intrighi di Belgrado e Bu

carest ora a Atene ora a Sofia. Come Piccola Intesa si inspira a Parigi così rag

gruppamento s'inspirerà a Roma e mediante incontri dei tre ministri degli

esteri e costante scambio di vedute cercherà farsi valere nelle questioni balca

niche e controbilanciare Piccola Intesa.

435

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4058/1514. Bucarest, 24 giugno 1928 (per. H 30).

Mio telegramma n. 225 (1).

La Conferenza della Piccola Intesa si è chiusa avantieri, e ieri Titulescu mi ha pregato ancora una volta di passare da lui.

L'ho trovato in preda ad una viva soddisfazione. A v eva dinanzi i processi verbali della conferenza; e subito me li ha mostrati, facendomi rilevare che il redattore di molteplici documenti, e sovratutto dell'ultimo comunicato, era stato proprio lui; e che pertanto Benès questa volta aveva dovuto interamente rinunziare a far passare la prosa che invariabilmente porta seco, bell'e pronta, ad og111 conferenza. E mi ha indicato questo e quel passaggio, riportando in fondo ogni sua segnalazione ad un sol concetto: che nella conferenza, chiusasi avantieri a Bucarest, non era stata detta parola alcuna che avesse potuto menomamente spiacere all'Italia; e che anzi, per la prima volta, una riunione della Piccola Intesa, lungi dal mostrare condiscendenze verso la Francia, aveva invece tenuto a stabilire di non essere alle dipendenze di alcuna grande potenza, siccome appariva dal comunicato finale, che aveva voluto anzi mettere in luce, in modo chiaro e preciso, quali fossero invece i sentimenti che la Piccola Intesa intrattiene e vuol intrattenere nei riguardi dell'Italia e del suo Duce.

A questo riguardo Titulescu mi ha confidato la protesta rivoltagli da questo ministro di Francia (mio telegramma sopracitato); e quindi ha ricominciato a parlarmi con entusiasmo di V. E. Invero, le sue parole mi sono sembrate di tanto più sincere, di quanto sono consapevole che, fin dal giorno del suo ritorno a Bucarest, egli non ha fatto che parlare di V. E. in ogni circostanza, e con termini così calorosi da destare impressione.

Caduto quindi il discorso sui lavori della conferenza, ho raccolto le informazioni, che qui appresso riassumo e commento:

l) Rapporti itala-jugoslavi. Marinkovich avrebbe sempre mostrato, du:rante e fuori la conferenza, una profonda disposizione ad un riavvicinamento all'Italia. Non solo egli non si sarebbe opposto a che nel comunicato finale venisse fatto il noto accenno di deferenza e d'amicizia nei riguardi dell'Italia, ma d'altra parte non avrebbe neanche esitato a dichiarare che la ratifica delle convenzioni di Nettuno è messa da lui come condizione essenziale per la sua stessa permanenza al potere.

Inoltre, il chiarimento dei rapporti itala-jugoslavi, ed una buona intesa fra i due paesi, si troverebbero in così diretta connessione con i più vitali interessi romeni, che egli Titulescu avrebbe speso e spenderebbe ogni sua opera per patrocinarne l'avveramento.

2) Cecoslovacchia e problema economico centro-europeo. Benès avrebbe dato durante la conferenza le attese spiegazioni sullo scopo del suo viaggio a Berlino (mio telegramma n. 207) (1). Colla sua solita agilità mentale, Benès, in

tale rendiconto, avrebbe però addirittura « capovolto le parti », attribuendo cioè a Schubert i suoi stessi reconditi pensieri.

Secondo Titulescu, Benès avrebbe in realtà tentato di ottenere a Berlino l'appoggio del Reich per la costituzione di quella stessa combinazione economica centro-europea, della quale tante volte ho avuto l'onore d'intrattenere V. E., da Praga, ossia:

a) disinteressamento della Germania, dell'Italia, della Francia e dell'Inghilterra ad usare del giuoco della clausola della Nazione la più favorita, nel caso si avverasse una combinazione economica fra i paesi del Centro-Europa, sulla base di dazi preferenziali;

b) inclusione dell'Ungheria in tale sistema.

Senonchè Titulescu mi ha asserito che Benès, mentre da un lato avrebbe escluso la Romania dalla combinazione progettata avrebbe dall'altro tenuto completamente all'oscuro il Governo di Bucarest dei suoi vari tentativi d'attuazione del programma suddetto, e con l'esclusione suddetta. Ha aggiunto che egli aveva chiesto senz'altro al riguardo spiegazioni a Benès, il quale si sarebbe giustificato adducendo:

a) che egli non aveva mancato di intrattenere Titulescu nel settembre scorso, in Ginevra, della progettata combinazione ma che Titulescu si sarebbe semplicemente • riservato • di dargli una risposta;

b) che comunque potevasi, nell'attuale riunione, stabilire una politica comune.

Titulescu avrebbe opposto che nessuna politica centro europea può farsi al di fuori o della Germania o dell'Italia, e pertanto ogni progetto che non tenesse conto di questa realtà, o che non si proponesse detta scelta, sarebbe destinato a cadere.

Ad ogni modo si era poi finito col redigere il breve comunicato d'ordine economico (che Titulescu si è affrettato a qualificare di anodino), il quale tuttavia preannuncia la nomina • di una delegazione, che perseguirà lo studio della questione tanto sotto il punto di vista dei rapporti reciproci intercedenti fra i tre stati della Piccola Intesa, quanto sotto il punto di vista dei rapporti intercedenti con i paesi specialmente interessati •.

Ho allora chiesto a Titulescu che significato avesse la dichiarazione contenuta nel comunicato finale circa l'ulteriore sviluppo che verrebbe dato in tutti i campi • a quei rapporti assai amichevoli già esistenti fra la Piccola Intesa e l'Austria •.

Titulescu ha risposto che trattavasi d'una delle solite asserzioni generiche; ma non può non rilevarsi che Benès ha comunque vinto il suo punto d'ingraziarsi il più possibile l'Austria e d'assicurarsi allo stesso tempo un nuovo istrumento (quello della costituzione di una speciale delegazione economica della Piccola Intesa) per tener se non altro viva la questione di una combinazione economica centro-europea, che gli sta tanto a cuore.

Ed anzi è mia impressione che detta questione, malgrado le scappatelle politiche di Benès ed i conseguenti, ma così passeggeri, risentimenti dei suoi alleati, vada uscendo di tanto più fuori dal suo impreciso stato primitivo, di quanto maggiormente la confusione degli atteggiamenti e delle dichiarazioni del Benès appalesa la sua febbrile ansia di trovare alfine in taluna delle Grandi Potenze una secondatrice ed una patrocinatrice. Secondo Titulescu, questa volta Berlino, lungi dal promettere un suo appoggio, o la sua rinuncia all'uso della clausola della nazione la più favorita, avrebbe richiesto perentoriamente la partecipazione del Reich alla combinazione, con tutte le sue ovvie conseguenze. Ma Titulescu, se ha lanciato insinuazioni contro il Benès; se ha mostrato preoccupazione per una esclusione della Romania dal progetto; e se infine ha accennato che non v'ha dubbio che l'Italia non potrà non svolgere tutta la sua influenza nel centro Europa • specie dopo il suo ravvicinamento colla Jugoslavia, anche perchè questo ravvicinamento porterebbe Belgrado ad esercitare invece una maggiore sua attività nei Balcani •, non ha invero preso alcuna netta posizione contro il progetto di Benès, che pur gli appare inteso • a far di Praga il centro del mondo •.

3) Balcani. Circa i Balcani Titulescu non mi ha detto al postutto niente di più di quanto io non abbia già riferito telegraficamente a V. E., nei riguardi della Grecia e della Bulgaria.

4) Posizione dell'Italia e della Francia. In tutte le conversazioni che ha avuto meco, Titulescu ha tenuto ad illustrarmi il suo concetto che la Romania dovrà sempre più persuadersi a mettere sullo stesso piede Italia e Francia. Secondo questo ministro degli affari esteri, la Romania deve uscire sopratutto di minorità; ed il suo primo passo per tale ascesa dovrà essere appunto quello di rendere evidente che essa considera alla stessa stregua le due grandi Nazioni latine. Titulescu ha anzi accennato che detta politica è stata invero compresa per lo innanzi dal solo Averescu; ed ha usato varie frasi, che io ho compreso nel senso che egli voglia non solo continuare, ma anche dare un maggiore contenuto alla disposizione politica del vecchio Generale. E come questi, anche Titulescu accenna pure a voler contemporaneamente chiarire la situazione della Romania nei riguardi della Germania. E come Averescu, anche Titulescu ambisce potere dare alla Romania una sua propria situazione nei riguardi dei Balcani, affermando un autonomo atteggiamento romeno una propria attività romena che s'appoggi sull'amicizia greca; una propria influenza che si esplichi infine nel promuovere e coordinare autonome intese balcaniche.

5) Bilancio della Conferenza della Piccola Intesa. Titulescu ha tenuto a farmi vedere l'abbozzo del comunicato finale della conferenza, nel testo redatto da Benès. Egli mi ha segnalato l'asserzione in essa contenuta • che la Piccola Intesa sia un'alleanza permanente e continua •. Ha messo quindi in gran valore il fatto che egli si era opposto e con successo a che la frase fosse mantenuta.

Evidentemente, con questa e con altre osservazioni minori Titulescu si è sforzato farmi comprendere, pur senza precisare, il valore ristretto e relativo, che egli assegna all'alleanza; nonchè il suo fermo proposito di non mettere in alcuna guisa la Piccola Intesa in posizione antagonistica all'Italia, ed anzi la di lui ferma determinazione a che quell'alleanza si trovi in termini armonici con l'Italia.

Non v'ha dubbio che Titulescu, che ha redatto con ogni impegno il comunicato finale della conferenza, e circa il quale si è adoperato incessantemente a far convergere tutta la mia attenzione sul passaggio riguardante l'Italia, esaltandomene il significato e l'importanza, specie nei rispetti della Piccola Intesa, e d'una asserita conseguente dimostrazione di détente verso l'Italia da parte della Jugoslavia, abbia insieme obbedito ad uno spontaneo sentimento ed alla voce d'un reale interesse romeno. Ma invero il bilancio effettivo dell'ultima riunione della Piccola Intesa non può trarsi nè dall'atteggiamento del Titulescu, nè dal tenore del comunicato finale della conferenza.

Detto bilancio può trarsi solo da tutto l'insieme delle manifestazioni qui avvenute. Ed ancora una volta ci si trova innanzi a manifestazioni • compensative •, che possono essere pure definite come • contraddittorie •, qualora si tenga conto del comunicato che ha chiuso i lavori del secondo giorno della conferenza, e che asserisce un atteggiamento solidale e tetragono dell'alleanza ai fini dell'intangibilità del Trattato di Trianon; delle dichiarazioni di Titulescu

(mio telegramma posta n. 338) che non riconosce neppure il valore morale dell'art. 19 del patto della Società delle Nazioni, ed infine della proposta dello stesso Titulescu (mio telegramma n. 208) (l) per un periodico scambio di vedute fra gli stati Maggiori degli eserciti della Piccola Intesa, e forse pure la designazione di un comando unico nella persona di un generale Romeno.

Ancora dunque una volta la Piccola Intesa ha cercato salvare le apparenze con dichiarazioni d'amicizia e di deferenza verso l'Italia. Tuttavia è da osservarsi che, in questa occasione, dette dichiarazioni, per quanto concerne la Romania -o meglio il signor Titulescu -trovano il loro fondamento in una reale maggiore comprensione dell'interesse romeno nei rispetti dell'Italia; per quanto concerne la Jugoslavia -o meglio il signor Marinkovich -nell'interesse di dimostrare un animo sgombro da prevenzioni antitaliane; e per quanto concerne ìa Cecoslovacchia -o meglio il signor Benès -nell'interesse di tenere il più possibile il piede in ogni staffa, e specie in un momento in cui vi son segni di chiarimenti italo-jugoslavi ed itala-francesi.

(l) -T. 3933/225, pari data, che non si pubblica. (2) -T. 3838;'207 del 20 giugno, che non si pubblica.
436

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI

T. (P. R.) 6938/250. Roma, 25 giugno 1928, ore 23.

Suo telegramma 546 (2). Nessun seguito è stato dato nè naturalmente può darsi almeno per il momento alle idee di Klein. Se questi ne riparlerà a V. E. la prego di mantenersi cortesemente riservato (3).

(.3) Cfr. n. 485.
(l) -'I'. 3845/208 del 20 giugno, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 426.
437

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 2118/983. Londra, 25 giugno 1928.

Mio telegramma n. 530 del 13 Giugno u. s.

Ritornando con me sull'argomento, cui si riferisce il mio telegramma suddetto, il Signor Poliakoff mi ha esposto più diffusamente le sue impressioni personali sulle tendenze della politica estera tedesca, quali gli apparvero nei contatti personali avuti durante il suo soggiorno a Berlino.

Poliakoff si espresse con me presso a poco nei seguenti termini:

• Ho avuto l'impressione che i tedeschi, a mezzo di un peculiare processo psicologico, siano riusciti ad eliminare dagli strati superficiali della loro coscienza l'idea della revanche per la sconfitta subita; parlo dei tedeschi in posizione politica responsabile. Ma si tratta di un camouflage che non deve indurre in errore: l'idea della revanche sussiste sempre, ma è deliberatamente conservata nella sub-coscienza per ogni evenienza futura. Ed ho avuto la impressione che essa è diretta soltanto contro due paesi: la Gran Bretagna e l'Italia. Gli italiani sono pur sempre • i grandi traditori • ed i tedeschi non perdoneranno loro finchè non li abbiano in qualche modo puniti. Gli inglesi sono coloro che, agli occhi dei tedeschi responsabili, hanno vinto la guerra e ne hanno tratto i maggiori profitti. I tedeschi si stanno autosuggestionando attualmente con l'idea di dovere amare i francesi, ma essi disprezzano gli italiani ed odiano gli inglesi. Cortesi parole ed atti apparentemente amichevoli non debbono oscurare il fatto essenziale: la Germania odia la Gran Bretagna e vuole una rivincita... un giorno o l'altro. Le numerose conversazioni che ho avuto con tedeschi in posizioni responsabili erano ricolme di complimenti per la Gran Bretagna ed il popolo inglese. Eppure un giornalista esperimentato o un osservatore politico non può a meno di dubitare di tutte queste espressioni di affetto e di rispetto.

Sono convinto che la politica Americana in Europa, voglio ammettere, forse involontariamente, incoraggia i tedeschi a credere che un giorno o l'altro essi potranno raccogliere i benefici del loro appoggio alla parte più conveniente, nel prossimo conflitto economico anglo-americano. L'attitudine dell'Ambasciata degli Stati Uniti a Berlino incoraggia decisamente, per quanto forse inconsciamente, (sono pronto a concedere al Signor Schurman il beneficio del dubbio) le speranze tedesche cui ho accennato. Esiste fra i metodi finanziari americani e quelli inglesi in Germania un profondo contrasto. Quelli inglesi sono, a mio avviso, più sani, ma mancano di una caratteristica dei sistemi americani: i crediti a corta scadenza concessi dalle banche inglesi ai commercianti tedeschi per transazioni puramente commerciali non riescono ad ottenere lo stesso ammontare di influenza politica dei prestiti e dei crediti ipotecari americani. L'influenza politica della diplomazia americana a Berlino cresce in proporzione dell'aumento di potere della finanza americana in Germania. Forse

un giorno questa influenza verrà deliberatamente rivolta contro gli interessi britannici. Certo, tedeschi responsabili sperano di poter riuscire ad affrettare l'avvento di quel giorno.

La mia affermazione che i tedeschi si stiano autosuggestionando di amare la Francia, riesce chiara a chiunque legga la letteratura che si produce oggi in Germania a tal fine. Berlino riconosce che senza la Francia non potrà cambiare la situazione alla sua frontiera orientale; con l'aiuto della Francia spera che qualche cosa almeno riuscirà a fare. Intanto si fondano grandi speranze sul riavvicinamento economico franco-germanico, che si crede debba avere come conseguenza ultima una intesa politica. E a tale proposito si deve rilevare che questo riavvicinamento franco-tedesco, per il quale la diplomazia britannica ha lavorato durante tanti anni, sta ora concretandosi ma non certo nelle forme preconizzate a Londra. Ho sempre pensato che scopo degli sforzi inglesi onde riavvicinare Francia e Germania fosse quello di promuovere la pace in Europa e di conseguenza aumentare la sicurezza britannica. Temo che riavvicinamento presente tenda, al contrario, (se i desideri tedeschi si realizzeranno), alla formazione di un blocco decisamente aggressivo, che si troverà un giorno o l'altro in opposizione agli interessi britannici. Lungi da me il desiderio di accusare i Francesi di voler abbandonare deliberatamente l'Entente con l'Inghilterra o d'indebolire i vincoli che la uniscono ai suoi alleati dell'Europa orientale. Ma le blandizie tedesche, continue e prudenti, cominciano ad avere i loro effetti e, mentre la maggioranza dei francesi potrà continuare a detestare i tedeschi, la politica francese scivolerà a lente tappe ed impercettibilmente entro l'orbita della politica di Berlino. Ho constatato negli ambienti tedeschi un caratteristico fenomeno di cordiale simpatia per i Francesi, che hanno fatto così nobilmente la loro parte nell'Intesa • senza ottenere nulla in cambio •. Forse tutta questa premura dei tedeschi si può spiegare col fatto che essi sanno o credono di sapere che i francesi sono irritati dalla pretesa trascuranza dei loro interessi da parte della Gran Bretagna e dai colpi di spillo che essi riceverebbero sempre dalla diplomazia britannica.

Uno dei dati più interessanti e misteriosi del lavorio tedesco per migliorare i loro rapporti colla Francia consiste nei contatti che alcune personalità direttive della Reichswehr cercano di stabilire con personalità militari francesi. È certo difficile constatare un'azione così delicata, ma circa la sua esistenza non vi è dubbio. L'idea conduttrice di tale azione sarebbe che la Francia repubblicana deve aiutare a fare della Reichswehr una forza veramente democratica come condizione necessaria per il consolidamento della Repubblica in Germania. È divertente l'osservare come un uomo quale Arnold Rechberg, che si dichiara un nemico dei capi della Reichswehr, non ne sia in realtà che uno strumento a questo riguardo • (1).

(l) Annotazione marginale di Mussolini: «Interessantissimo •·

438

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 3293/203. Roma, 26 giugno 1928, ore 24.

Dai telegrammi del R. ambasciatore a Costantinopoli, che le trasmetto a

parte (l) V. S. rileverà che il R. Governo ha fatto quanto era possibile ed oppor

tuno per continuare nel modo più efficace nella linea di condotta adottata verso la

Grecia allo scopo di affrettare il ritmo dei negoziati greco-turchi e premendo

specialmente sopra Angora per eliminare le difficoltà sorte in questi ultimi

giorni. Il R. ambasciatore a Costantinopoli ha avuto anche istruzioni di adope

rarsi a sventare le manovre tendenti a fare accreditare la voce che il Governo

greco tergiversa nei suoi negoziati colla Turchia essendo ancora esitante per la

conclusione del patto italo-greco.

Come V. S. vedrà dai telegrammi di Orsini le nostre insistenze sono giunte perfino al punto di sembrare fastidiose a Tewfik Roussdi bey ma nulla è rimasto intentato allo scopo di far concretare le disposizioni del Governo turco in modo da offrire seria base per una sollecita soluzione.

Questa sarebbe enormemente facilitata dall'incontro dei due ministri degli esteri cui Tewfik Roussdi bey annette reale importanza.

Sta ora a Michalacopoulos di non lasciar cadere l'occasione che gli si offre per regolare utilmente le questioni greco-turche e per chiarire finalmente la vera linea di politica che intende seguire. V. S. si rechi subito da lui e gli parli francamente ed efficacemente nel senso di quanto precede facendogli nettamente comprendere che il R. Governo attende oramai dal Governo greco una chiara conclusione indi:spensabile anche per rendersi conto di quelle che sono le reali intenzioni della Grecia nei riguardi del definitivo assetto da dare alle relazioni italo-greche.

439

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3995/1243. Belgrado, 26 giugno 1928 (per. il 28).

Mio telegramma filo n. 524 (2).

Oggi primo mio incontro con Marinkovich.

Egli afferma sua recisa volontà ricondurre relazioni con Italia al punto in cui le lasciò nel 1924. Ricordato dichiarazioni recenti fatte a Bucarest ha

t. -3953/373, t. 3957/372, del 24 e 25 giugno.

dichiarato volere fare sue parole S. E. capo del Governo, e perciò anche Jugoslavia non potere subordinare sua politica estera alle vicende parlamentari. Egli ritiene del resto che ad eccezione alcune regioni nord dove piccola minoranza teme supposte velleità espansioniste italiane, non esiste sentimento antitaliano in Jugoslavia e si impegna provarlo fra breve. Perciò convenzioni saranno ratificate anzi, a rafforzare portata sua assicurazione, mi ha chiesto fare espressamente rilevare a V. E. che se per ipotesi assurda egli fosse sostituito da altro ministro questi farebbe come lui approvare le convenzioni, tale essendo la naturale linea della politica jugoslava e la • volontà dell'Europa •. Egli non concorda in alcuni punti secondari delle convenzioni, se fosse stato al potere quando si negoziarono ne avrebbe chiesto la modifica, ma oggi esse sono quelle che sono e debbono essere approvate. Lo saranno, egli assicura, intorno al 15 luglio prossimo.

Ciò perchè il ministero eventualmente ricomposto (egli conserverà il suo portafoglio anche perchè • vuole • conservarlo per condurre a fine il suo programma) si ripresenterà alla Scupcina che si riaprirà anche se opposizione croata non vi partecipi. Governo possiede maggioranza, vuole usarla, vuole risolvere tutti i problemi di politica estera in corso (intendo quindi anche il prestito).

Tali dichiarazioni, quasi da me non interrotte, sono state fatte con apparente sincerità e con decisa forza.

Ho risposto che S. E. capo del Governo attendeva con fiducia attuazione suoi propositi, che per quanto era nei miei mezzi avrei cercato cooperarvi, che auguravo si stabilissero rapidamente fra noi due quei personali rapporti di amicizia che mi consentissero dirgli nel modo più schietto ogni più dura verità.

(l) -Due sono pubblicati (nn. 433, 434). Gli altri sono t. 3935/362, t. 3948/376, t. 3951/375, (2) -T. 3964/524 del 26 giugno, che non si pubblica.
440

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 13/247. Tirana, 28 giugno 1928, ore 24 (per. o1·e 3,30 dd 29).

Incaricato d'affari d'Inghilterra, contrariamente a quanto aveva comunicato giorni or sono a presidente della repubblica, lo ha oggi informato che il nuovo titolare della legazione giungerà fra due settimane.

Ahmed Zogu non ha saputo celare qualche preoccupazione nel dover affrontare le eventuali richieste di chiarimenti del rappresentante britannico nei riguardi dello sbocco definitivo della presente crisi costituzionale.

Dalla conversazione seguitane ho potuto tuttavia constatare che Zogu si era ben fitto in mente i concetti da me suggeritigli sul contegno da tenere nei confronti del rappresentante britannico e che si sarebbe strettamente attenuto ad essi nelle sue risposte. Egli quindi si trincererà dietro i diritti sovrani della assemblea costituente, pur non celando che si prepara a sottomettersi alle decisioni della assemblea anche se questa si pronunciasse per il cambiamento di regime. In nessun caso, come primo magistrato della nazione, egli si permetterebbe di esercitare indebita influenza, per orientare in modo diverso la libera espressione della volontà popolare.

441

IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4186/2326. Zagabria, 28 giugno 1928 (per. iL 5 luglio).

Il 24 e il 25 corrente il comitato direttivo del partito federalista ha tenuto a Zagabria una seduta segreta sotto la presidenza dell'on. Trumbic. A seduta finita il dott. Spanic è stato incaricato di abboccarsi coll'on. Pavelich e col prof. Sufflay, entrambi del partito frankiano, per pregarli di far pervenire a questo consolato, che ha con essi relazione pel tramite di un fiduciario, le seguenti informazioni sullo svolgimento della seduta.

Il dott. Trumbic dichiarò che d'ora in poi bisogna andare d'accordo coll'Italia e coll'Ungheria, perchè a Roma si può giungere soltanto attraverso Budapest, ed a Londra attraverso Roma. Recentemente, mentre egli era a Ginevra, aveva cercato di essere ricevuto da Chamberlain, ma non vi riuscì, e gli era stato fatto comprendere che per trattare con Londra bisogna avere il benestare di Roma. Tutti i partiti croati probabilmente cercheranno appoggio in Italia e le anticamere dei ministeri a Roma saranno piene di intermediari politici, più o meno autorizzati. A tal proposito il partito federalista e quello frankiano desiderano far sapere a Roma, che essi sono pronti a dare per mezzo di questo consolato, informazioni sicure sui vari sollecitatori di udienze, e ritengono molto opportuno che da Roma vengano richieste informazioni a Zagabria prima di accordare un'udienza sulla questione croata. I federalisti ritengono che anche molti serbi si rendono oramai conto che la separazione fra serbi e croati è inevitabile, tanto più che, come è noto, i nazionalisti serbi, estremisti, sono addirittura favorevoli alla cosidetta • amputazione • dei nuovi territori ex austro-ungarici. Non è quindi da escludere che anche degli uomini politici serbi cercheranno dei contatti con l'Italia.

Dallo stesso fiduciario mi è stato riferito quanto segue:

• Tutta la stampa croata ha pubblicato recentemente la notizia che Pribicevich è stato convocato a corte ad una udienza, prima dei funerali (1). Sta invece il fatto che il direttorio della coalizione demorurale, per iniziativa di Pribicevich, ha domandato l'udienza. Pribicevich, prima di recarvisi, ha chiesto a Radich che cosa avrebbe dovuto dire al re, da parte sua. Radich, corrugate le ciglia, avrebbe risposto: "Non ho nulla da dire". Avendo Pribicevich insi

stito affinchè almeno gli dicesse qualche cosa per sua norma di condotta personale, Radich avrebbe dichiarato: " Soltanto l'esercito e gli esteri dovranno essere in comune ". Durante l'udienza, però, il re ha semplicemente abbondato in solenni promesse generiche e frasi di deplorazione del delitto e di speranze in un migliore avvenire.

Si nota inoltre nel partito dei contadini un certo malcontento contro Pribicevich, perchè egli ha già cominciato ad atteggiarsi a capo del partito, nella previsione che Radich sia per molto tempo incapace di reggere le redini della coalizione, e lo si critica pel fatto che in un momento, in cui tutti si astengono dall'intraprendere qualsiasi iniziativa in attesa che Radich, guarito, non additi la nuova via da seguire, Pribicevich abbia richiesto l'udienza reale.

Il dott. Macek, vice presidente del partito radiciano, reduce da Belgrado, è andato a trovare il prof. Sufflay, che dovrà prossimamente all'inizio dell'anno scolastico recarsi a Budapest, come professore in quell'università, in Jconformità di quanto riferii nel rapporto del 12 gennaio u. s. n. 1001, e gli ha detto, ad un dipresso, quanto segue: " Noi siamo per la separazione. Per il momento non si fa nulla, finchè Radich è all'ospedale a Belgrado, perchè egli teme di essere soppresso. A Zagabria parlerà. Noi la preghiamo di essere il nostro inviato a Budapest. Noi non oseremmo presentarci dinanzi ai nostri contadini se di nuovo ci intendessimo coi serbi. A un dato segno la preghiamo di metterei subito in relazione coll'Italia ". Suffiay ha assicurato Macek che farà quanto gli è stato richiesto. Infine Macek si è espresso in termini niente affatto riverenti per il re Alessandro, asserendo che a lui erano note tutte le trame della congiura di Punisa Racic, il quale è il migliore amico del cerimoniere di ,corte Jankovic •.

Ho riferito quanto sopra, affinchè l'E. V. abbia tutti gli elementi di giudizio sulla situazione, che è in questo momento ancora confusa e mutevole. È da tener presente, nel valutare le suddette informazioni, che il partito separatista è naturalmente portato ad esagerare le conseguenze degli ultimi avvenimenti.

(l) Allude ai funerali delle vittime dell'attentato consumato. alla Scupcina il 20 giugno, attentato nel quale Radié fu mortalmente ferito.

442

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4013/333/334. Atene, 29 giugno 1928, ore 3,50 (per. ore 6).

Mio telegramma n. 331 (1).

Quantunque Michalacopoulos fosse stamane assai preoccupato per la nuova crisi di gabinetto, ho potuto parlare per circa due ore con lui, analizzando punto per punto le fasi delle trattative greco-turche e ponendogli nella maggior

luce tutta la parte presa dall'Italia perchè esse giungessero alla desiderata conclusione.

E mentre mi asterrò dall'entrare nei dettagli della conversazione concernenti l'ingrata parte che ho dovuto sostenere polemizzando vivacemente nel tentare di fargli convenire che i turchi fossero effettivamente venuti incontro in modo concreto al punto di vista greco, assicuro V. E. che nel parlargli ho cercato di interpretare in ogni loro particolare le direttive datemi col telegramma n. 3293/203 (1).

Michalacopoulos, che io avevo d'altronde già nei giorni scorsi messo al corrente del nuovo viaggio compiuto espressamente ad Angora da quel nostro

R. ambasciatore per farvi sentire d'ordine dell'E. V. la parola esplicita di V. E. nel senso più efficace per il rapido raggiungimento di una soluzione, mi ha dichiarato che si rendeva perfettamente conto dell'insistente attiva e sincera azione che l'E. V. ha fatto svolgere anche dopo la firma del patto italo-turco per favorire il buon esito del negoziato, e mi ha pregato di esprimere a V. E. la sua viva riconoscenza.

Si è difeso però con gran calore dalle accuse di volontaria tergiversazione che (valendomi di ogni opportuno elemento tratto dai vari particolareggiati telegrammi di S. E. Orsini trasmessimi in connessione col telegramma al quale rispondo) gli ho insinuato a diverse riprese, ed ha aggiunto che l'ultimo memorandum fattogli pervenire avant'ieri da Tewfik Roussdi pel tramite di questo ministro di Turchia, lo aveva estremamente scoraggiato sulla possibilità di un'intesa. Tale comunicazione infatti, egli ha osservato amaramente, gli giunge proprio in risposta dello spirito conciliativo dimostrato ancora assai recentemente da lui stesso quando, rinunziando al suo primitivo modo di vedere, aveva fatto sapere di esser disposto ad accogliere la proposta di iniziativa Papas concernente la compensazione dei beni dei non (ripeto non) scambiabili nonchè la pronta determinazione per via di arbitrato del saldo

del conto delle rendite di tali beni. Saldo che la Grecia sarebbe stata disposta ora eventualmente a determinare anche a forfait, e per dare ancora maggior prova di buonvolere, a liberare sulle note 500.000 lire sterline bloccate ed a versare forse anche senza indugio alla Turchia. Ma ciò, purchè a tale atto di pagamento corrispondesse da parte turca per reciprocità, una forma di garanzia consistente nell'applicazione rapida di qualcuna delle clausole degli accordi interessanti la Grecia, quali ad esempio la effettiva cernita degli établis e la levata delle misure restrittive di rappresaglia turca sui beni greci a Costantinopoli. E pei beni degli scambiabili, la determinazione di quella procedura sollecita di arbitrato extra Commissione mista che Michalacopoulos sarebbe stato ben disposto a recarsi a concertare di persona con Roussdi, sempre che ne fosse stato fissato di comune accordo in precedenza il principio da servir di base nella conversazione.

Nelle condizioni attuali invece, mi ha dichiarato Michalacopoulos al quale non ho mancato di rivolgere tutte le più insistenti premure perchè prendesse

25 -Documenti diplcmatici -Serie VII -Vol. VI

nella maggiore considerazione l'opportunità e l'interesse di incontrarsi senza indugio con Tewfik Roussdi, gli sarebbe umanamente impossibile di recarsi a Cesmè, ad un convegno in territorio turco, dal quale sarebbe certo di ritornare, in base alla citata ultima comunicazione di Gevad, senza aver nulla ottenuto. Tale memorandum turco di risposta pretende di fissare infatti senza altro, ha osservato Michalacopoulos, l'obbligo di versare le 500.000 sterline come un minimo per le sole rendite e chiede inoltre, invece di accettare la compensazione transazionale dei beni, la restituzione di speciali categorie di questi nonchè delle eventuali eccedenze, e rimanda semplicemente alle norme previste dai trattati e dagli accordi in corso la soluzione pratica delle altre questioni, rifiutando così la contropartita che Michalacopoulos desiderava per rendere eventualmente accettabile a questa opinione pubblica il possibile pagamento della somma più sopra accennata. Ma più spiacevole ancora, a denotare il vero atteggiamento turco -si è lagnato Michalacopoulos -è qui giunta proprio mentre si esaminava la possibilità dell'incontro di Cesmè, la notizia della lettera diretta il 24 corrente da Roussdi bey alla commissione mista per annunziarle ufficialmente che i negoziati greco-turchi non avendo condotto a risultati, essi venivano sospesi a tempo indeterminato, e per espri-merle in conseguenza la fiducia che la commissione stessa, riprendendo senza altro i propri lavori condurrebbe felicemente a termine quanto affidatole in forza dei trattati.

Vista la materiale impossibilità di convincere Michalacopoulos a recarsi in tempo utile a Cesmè gli ho chiesto come per mia informazione se sarebbe disposto ad incontrare altrove Roussdi. Mi ha risposto che non escludeva tale· possibilità e che una volta sorpassata la spiegabile perplessità che non gli consentiva in conseguenza della crisi odierna di concretare alcun progetto, avrebbe studiato la convenienza di vedersi con Tewfik in qualche località per esempio de~la Svizzera possibilmente prossima a Ginevra e dove l'incontro non fosse pertanto stato troppo appariscente. Ma comunque con poca speranza di riuscita nella intesa, egli ha voluto aggiungere malgrado i miei dinieghi, in primo luogo per la mentalità turca e poi anche perchè l'avvenuto accordo italo-turco (del quale egli peraltro non si lamenta affatto spiegandosi perfettamente le ragioni che ne hanno reso inevitabile la firma) ha secondo lui reso meno maneggevole Angora nei riguardi greci.

Per ciò che concerne l'Italia Michalacopoulos ha risposto a mia precisa domanda dichiarandomi in modo esplicito che nulla assolutamente è mutato circa intendimento dei rapporti più cordiali e più completamente amichevoli.

E pure alludendo incidentalmente alle riserve indispensabili in un periodo di .crisl, egli ha poi specificato che se anche la politica di Milano non ha potuto trovare la sua applicazione col patto simultaneo tripartito, egli continua qualora rimanga al potere, e restar per suo conto fedele alle formule da lui precedentemente dichiarate nel vivo desiderio di chiudere il triangolo con la conclusione sincrona degli altri due patti italo-greco, e turco-greco, sempre che continuandosi l'amichevole mediazione italiana, i turchi dimostrino di voler rendere possibile in un congruo periodo un'intesa.

(l) T. 3980/331 del 27 giugno, che non si pubblica.

(l) Cfr. n. 438.

443

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4033/377. Londra, 29 giugno 1928, ore 20,20 (per. ore 22,30).

Per la prima volta dopo il suo ritorno da Ginevra ho potuto vedere ieri Chamberlain il quale mi ha detto di essere rimasto soddisfatto dei lavori dell'ultima sessione del consiglio per quanto nessun risultato positivo fosse da attendersi nè nella questione degli optanti ungheresi nè in quella dei rapporti lituano-polacchi. Parlandomi del discorso di V. E. al senato mi ha raccontato che V. E. ricevendo Lady Chamberlain le aveva annunciato che pochi giorni dopo avrebbe pronunziato un discorso di cui lui Chamberlain sarebbe stato contento. Mi ha pregato di far conoscere a V. E. che ne è stato infatti molto contento. Unico punto del quale avrebbe preferito V. E. non avesse fatto parola è stato quello circa revisione trattati pace.

444

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 4038/234/235. Bucarest, 30 giugno 1928, ore 2 (per. ore 4,20).

Circa dichiarazioni Seipel nei riguardi progetti economici Europa Centrale, Titulescu mi ha detto che non crede che Marinkovich abbia fatto dichiarazione nella forma attribuitagli dalla Neue Freie Presse.

Mi ha ripetuto al riguardo che Piccola Intesa ha preso unicamente decisione di fare esaminare questione economica Centro Europa da una speciale commissione che dovrà studiare sia i rapporti economici intercedenti fra i membri della Piccola Intesa che quelli fra questi ultimi ed i paesi specialmente interessati.

Ho colto questa occasione per indagare il più possibile reale pensiero Titulescu. Sono quindi in grado di completare nel modo seguente considerazioni sottoposte a V. E. col mio telegramma per corriere n. 1514 (1).

Benès, coll'escludere Romania (mio telegramma n. 207) (2) dal suo piano di collaborazione economica fra Cecoslovacchia, Austria, Jugoslavia ed Ungheria, avrebbe sperato: l) di potersi assicurare partecipazione Ungheria alla combinazione mediante lievi concessioni territoriali; 2) di potere legare definitivamente a sè Jugoslavia, stante natura antitaliana del blocco da lui progettato;

(:!) T. 38;58/207 del 20 giugno, che non si pubblica.

3) di accaparrarsi economicamente l'Austria e favorire così politica di Berthelot e dell'ex Mir;_istro di Francia a Vienna; 4) d'ingraziarsi l'Inghilterra, facendo valere sacrifici territoriali cui Cecoslovacchia si ,sottometterebbe nei riguardi Ungheria per contribuire pace europea; 5) di persuadere Ungheria ad accettare i non lauti compensi da lui offerti • specie in considerazione libertà d'azione che ad essa sarebbe derivata nei riguardi Romania •.

Ora ho riportata impressione che Titulescu, appena in quest'ultimo periodo, avrebbe cercato di distruggere a sua volta piano di Benès: l) coll'ingraziarsi Marinkovich con suo recente viaggio a Belgrado; 2) con sua promessa a Marinkovich di agire da intermediario nelle questioni italo-jugoslave o jugoslave; 3) col lasciare intendere a Marinkovich che in determinati limiti egli non avrebbe contrastato uno sviluppo dell'azione politica jugoslava nei Balcani (mio telegramma n. 206 (l); 4) col patrocinare infine presso Piccola Intesa una maggiore comprensione dell'Italia e della politica italiana. Difatti Titulescu mi ha detto ad un certo punto che • piano economico di Benès sarebbe stato in aperta contraddizione con esistenza stessa Piccola Intesa •. Da ciò, pertanto, può dedursi che surriferita commissione economica sarebbe stata creata non soltanto per togliere al piano di Benès ogni caratteristica personale e partigiana, ma sopratutto perchè i tre Stati potessero esercitare un reciproco attento controllo sulla rispettiva attività nell'importante questione. Per connessione di argomento riferisco infine che profittando di qualche dichiarazione di apprensione di Titulescu, ho portato discorso su rapporti romeno-ungheresi. Titulescu con qualche titubanza ha finito coll'accennarmi che mentre sue proposte per questioni optanti sono definitive • pur tuttavia qualche altro compenso potrebbe trovarsi su altro terreno come ad esempio in facilitazioni di ordine economico •.

(1) Cfr. n. 435.

445

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. (P.R.) 7153/222. Roma, 1 luglio 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 239 (2).

Approvo suo passo verso Ahmed Zogu circa nostri rapporti con Pristina.

A tal riguardo la informo per sua norma e perchè ella ne dia comunicazione

a Zogu che ho dato preciso ordine perchè da oggi in poi non sia corrisposto

aiuto di sorta al Pristina e sia con lui interrotto qualsiasi rapporto. Faccia

presente ad Ahmed Zogu che io non posso assolutamente permettere che alcuno

in Albania od altrove possa dubitare della lealtà del Governo italiano nei ri

guardi del regime di Zogu. Ragion per cui se Pristina, come le ha affermato lo

stesso Zogu, si è reso colpevole di così grave reato nei riguardi del capo di uno stato a noi alleato, non mi è possibile che mettere il Pristina fuori dell'orbita dell'azione italiana, nel modo più secco e reciso. Dica ad Ahmed Zogu che io considero l'alleanza fra i nostri due stati e la amicizia personale tra lui e me come un fatto sul quale non posso permettere interpretazioni equivoche da parte di chicchessia. Se Pristina aveva progettato di attentare alla vita di Zogu, l'Italia non può fare a meno di considerare Pristina come un nemico. Non so in quale altro modo potrei dimostrare a Zogu la lealtà della mia amicizia ed il valore che ad essa sinceramente attribuisco.

(l) -T. 3844/206 del 20 giugno, la cui parte essenziale consiste nell'esposizione del puntodi vista di Titulescu favorevole ad un'intesa greco-jugoslava. (2) -Non rinvenuto.
446

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, E ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. 3408. Roma, 2 luglio 1928, ore 24.

(Per Colonie). Note di V. E. n. 3963 E. M. 4017/4018 del 29 giugno e 1° luglio scorsi. Nel ringraziare V. E. per cortese trasmissione telegrammi governatore Eritrea relativi comunicazione ricevuta da Iman Yahia, prego

V. E. volere portare a conoscenza di S. E. Zoli seguente mio telegramma diretto al R. ambasciatore a Londra:

(Per tutti). Governatore Eritrea telegrafa aver ricevuto da Imam Yahia data ventisette giugno telegramma nel quale Imam espone diffusamente sua tesi di diritto territoriale e religioso, sue intenzioni pacifiche, suo atteggiamento di prudenza e sopportazione, lagnandosi che sua condotta non sia stata apprezzata dagli inglesi che hanno continuato fare incursioni aeree sullo J emen terrorizzando popolazioni uccidendo persone inermi e demolendo case di pacifici abitanti. Dice non essere possibile che Jemen sopporti tutto ciò in silenzio e che rinunzi difendere propria esistenza. Imam aggiunge quindi testualmente: • Voglio sperare che inglesi modifichino questa loro idea e si inducano ad una intesa diretta con noi e senza intermediari né intromissioni. Nonostante nostra indignazione coscienti nostra forza continueremo mantenerci nel nostro contegno ed atteggiamento prudenza. Esponiamo situazione a V. E. :::ome prescrive amicizia intima tra noi e siamo certi che V. E. presterà fede alle nostre dichiarazioni ».

All'infuori categorica affermazione di principio, il telegramma dell'Imam appare molto misurato e molto calmo. Accenno alla speranza di trattative dirette con Inghilterra, rimanendo fermo attuale atteggiamento (consigliatogli dal R. Governo) di semplice resistenza passiva alle incursioni inglesi, sembra possa essere un sintomo di una pacifica disposizione da parte dello Jemen.

Ritengo pertanto opportuno che V. E. porti subito a conoscenza di codesto Governo questa nuova disposizione dello Imam sottolineando che essa è particolarmente dovuta nostra azione moderatrice e consigli prudenza da noi costantemente datigli e suggerendo impressione R. Governo che oggi forse una aperta e diretta trattativa fra Inghilterra e Imam potrebbe condurre a favorevole e pacifica risoluzione attuale conflitto.

Attendo sue urgenti comunicazioni.

447

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4094/391. Costantinopoli, 3 luglio 1928, ore 16,30 (per. ore 21,30).

Tewfik Roussdi bey mi ha ricevuto iersera e lungamente abbiamo parlato dei rapporti turco-greci. Corso degli avvenimenti egli ha osservato ha dato ragione alle sue previsioni sulla situazione in Atene. Nell'attesa dello svolgimento della medesima (sul che non è pessimista) Tewfik Roussdi bey non ha chiuso le conversazioni con quel Governo. Nell'ultimo colloquio avuto con Papas è stato dai due constatato che tanto proposta Papas quanto quella turca sono atte a condurre all'accordo, allora che sarà possibile riprendere conversazioni sia che queste siano state precedute o no da un suo incontro con quegli che sarà ministro degli esteri greco. Tewfìk Roussdi bey oggi come in passato è convinto che Grecia non potrà fare a meno di addivenire con Turchia alla sistemazione questioni pendenti e alla conclusione di un patto. È questione di tempo. Egli è disposto però, qualora Governo romeno continuasse a svolgere azione contraria a quel patto, a dire a Bucarest una parola d'avviso che non riuscirà certo gradita a quel Governo. Egli osserva basterebbe che Turchia invece mantenersi come fa assolutamente imparziale di fronte ai rapporti russoromeni si mostrasse semplicemente benevola verso Russia per immobilizzare Bucarest.

Avendogli io accennato sulla base del telegramma n. 333-334 (l) del R. ministro ad Atene all'effetto prodotto sull'animo di Michalacopoulos dalla sua lettera ai capi delle delegazioni della Commissione Mista Tewfìk Roussdi bey ha rilevato che lettera fu da lui redatta con particolare cura per non urtare in alcun modo Governo greco e fu diretta due giorni dopo che Michalacopoulos avevagli fatto dire essere ormai inutile incontrarsi Tchechmé (V. mio telegramma n. 364 del 22 corrente) (2). Egli mi ha promesso inviarmene copia perchè V. E. possa imparzialmente giudicarla.

Tewfìk Roussdi bey spera molto nei lavori della Commissione Mista; mi ha ripetuto che sarebbe lietissimo se al suo ritorno a Angora questa potesse farlo trovare dinanzi a un fatto compiuto.

CPer Roma). Ho comunicato Atene.

12) Cfr. n. 430.

(l) Cfr. n. 442.

448

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. 3418/556. Roma, 3 luglio 1928, ore 24.

Telegramma di V. E. n. 665/350 (1).

Ultima nota americana, oltre ad allargare nel progetto di trattato numero firmatari iniziali del patto chiamando, in tale qualità, a parteciparvi, non solo Domini ma tutti stati firmatari di Locarno, prevede ed ammette eventualità che possano essere firmatari iniziali del patto anche quegli stati • che siano partecipi dei trattati di neutralità ricordati dalla Francia •.

Ignoro se questo Governo crederà opportuno giovarsi di tale ammessa possibilità nè avremmo obiezioni da sollevare se ciò avvenisse; ma è evidente che in questo caso Italia non potrebbe esimersi dal chiedere che vengano chiamati a firmare inizialmente il patto anche quegli stati con i quali essa ha concluso trattati analoghi a quelli ricordati dalla Francia. Prego sentire al riguardo Quai d'Orsay facendogli presente nostra osservazione e riferirmi.

449

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

T. PER CORRIERE 4163/1303. Belgrado, 3 Luglio 1928 (per. H 6).

Prego V. E. se lo ritiene opportuno sottoporre a S. E. il capo del Governo seguenti dichiarazioni e telegrafarmi eventuali istruzioni.

Mancata approvazione convenzioni ha costituito argomento di cui ci siamo valsi per rifiutare qualsiasi conversazione generale su nostri rapporti con Jugoslavia. Tale nostro atteggiamento ha prodotto evidenti ottimi frutti tanto internazionalmente quanto nei riflessi della politica interna di questo stato giovando a contribuire alla sua disgregazione.

Le convenzioni sono però in tal modo troppo oggi divenute stimolo di lotte interne. Oltre un certo punto ciò potrebbe forse nuocerei nello sviluppo deìla situazione futura. Se effettivamente loro eventuale approvazione senza croati produrrà scissione ancora maggiore e forse anche con:Hitti seri, ciò darà tanta più forza al Governo per dimostrare all'Europa sua volontà pacificazione con noi e domandarci in conseguenza prima del rinnovo del patto di amicizia spiegazioni sulle finalità nostra attività albanese, come senza veli è ripetuto su molta stampa francese (tanto ministro Francia che incaricato affari inglese con molta inopportunità e sgarbata insistenza mi hanno chiesto quali istruzioni avessi p<.:r

tale caso). Nella migliore ipotesi, se non vi sia aperta crisi, Scupcina potrà approvare intorno al 15 corrente convenzioni. Dal 15 al 27 termine è troppo breve per

discussione su Albania poichè anche se da parte nostra sarà sostanzialmente opposto un qualche rifiuto alla richiesta di chiarimenti è ovvio che la nostra negativa finale dovrà essere preceduta a mio giudizio da una serie di atti preliminari che richiederanno vari giorni.

In tal caso potrebbe porsi la necessità di una nuova proroga del termine di denuncia del patto di amicizia ed è anche ovvio che tale richiesta non deve in nessun caso essere fatta da noi.

Aggiungo che l'approvazione delle convenzioni senza croati scatenerà almeno feroci polemiche interne. È chiaro d'altronde che le difficoltà eventuali nelle probabili discussioni albanesi potranno servire di utile mezzo per galvanizzare di nuovo tutto il sentimento jugoslavo, senza eccezione, contro di noi e con l'evidente compiacimento di tutti gli amabili tutori della Jugoslavia.

In questa condizione di cose, tenendo presente che crisi attuale della Jugoslavia ha radici ben profonde, che questione convenzioni è solo un incentivo ed un pretesto, lascio giudicare a V. E. se nel caso in cui la situazione incerta attuale si prolunghi ancora, od addirittura si apra la crisi, e di conseguenza il tempo fra la approvazione delle convenzioni ed il 27 luglio divenga brevissimo, non sarebbe giovevole far sapere in qualche modo a questo Governo che di fronte ad una formale categorica assicu:r;azione che le convenzioni saranno integralmente approvate non appena circostanze interne e parlamentari lo consentano, R. Governo non sarebbe alieno dall'esaminare una domanda del Governo jugoslavo di prorogare ancora termine di denuncia del patto di Roma.

Ciò toglierebbe Italia dal primo piano delle discussioni interne e non la renderebbe più internazionalmente responsabile, come si tenta artificiosamente far credere dalla propaganda di stampa, della dissolvente crisi interna, mentre dovrebbe fare pesare a suo vantaggio la posizione di superiorità che essa ha di fronte al dilaniarsi passionale di questo stato balcanico.

Ciò permetterebbe inoltre lo sviluppo tempestivo della situazione costituzionale albanese che producendosi prima del termine per il rinnovo del patto di amicizia potrebbe determinare nuovo ostile clamore e schiamazzo, o potrebbe invece essere arrestata e difficoltata dal rinnovo del patto. Un maggiore tempo dinanzi a noi può permettere di scegliere con più precisa sensazione il momento per esso più favorevole. Richiamo a tale proposito il mio telegramma odierno

n. 6090/1304.

(l) T. 4010/665/350 del 28 giugno. Ma probabilmente il riferimento è errato perchè il telegramma non concerne l'argomento trattato nel testo.

450

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

R. RR. 3719/595. Costantinopoli, 3 luglio 1928.

Dopo aver passati alcuni giorni a Angora ospite d'Ismet Pascià, l'Ambasciatore di Turchia a Parigi Fethi Bei ha fatto qui ritorno con Ismet Pascià e Tefik Rouchdi Bei. Si tratterrà a Costantinopoli fin verso la metà del mese, raggiun

gendo poi la consorte a Parigi, felice in cor suo di riprendere l'esercizio delle comode sue funzioni diplomatiche lontano da Angora, e dalla vita politica interna di questo paese.

Egli è venuto qui quale • missus dominicus • del Quai d'Orsay. Molto si è adoperato per fare opera di riconciliazione, di chiarimento fra i due Governi, per ricondurre il Gazi, Ismet e Tefik Rouchdi Bei su un terreno d'intesa amichevole cordiale con la Francia. Ma non ha trovato orecchie disposte ad ascoltarlo e dai tre dirigenti della politica turca ha sentito ripetersi lo stesso ritornello • voi parlate bene -le vostre parole son saggie -ma noi [non] abbiamo fiducia nel Governo Francese •.

Ciò mi ha detto confidenzialmente l'Ambasciatore dell'U.R.S.S. per averlo udito dallo stesso Ismet Pascià. Ciò mi ha confermato ieri Tefik Rouchdi Bei mettendomi a giorno d'interessanti particolari che riassumo qui sotto a V. E.

Fethi Bei, stando a quello che in via del tutto personale mi ha detto Tefik Rouchdi Bei, è stato largo di offerte per conto e a nome del Quai d'Orsay: capitali, un seggio semipermanente nel Consiglio della Lega, condiscendenza nelle questioni siriane, esprimendo in cambio il desiderio della conclusione di un patto simile a quello concluso dalla Turchia con l'Italia. Il Governo turco però, considerando questo desiderio fortemente patrocinato da Fethi Bei, ha veduto in esso un duplice scopo:

l) di sondare fin a che punto in realtà Angora si è legata con Roma;

2) di neutralizzare il patto italo-turco per impedire quel che a Parigi si teme: lo sviluppo del medesimo sia nella profondità, sia nell'estensione, a seconda delle circostanze. È per ciò che Tefik Rouchdi Bei, nel:t.e sue conversazioni con il suo Ambasciatore, non avrebbe dato una risposta assolutamente negativa, ma sibbene la istruzione di evitare che l'offerta venisse presentata da parte francese direttamente e formalmente. Egli ha detto a Fethi Bei che, prima di esaminaii,e la possibilità di un patto di amicizia, di neutralità e conciliazione con la Francia vi sono tre ordini d'impedimenti da superare:

l) frontiera siriana e questioni pendenti tra Siria e Turchia;

2) relazioni tra Francia e Turchia;

3) la necessità morale e politica per il Gov.erno di Angora di considerare oramai ogni passo, ogni decisione sulla politic~ estera dal punto di vista degli impegni assunti lealmente sottoscrivendo il patto con l'Italia, patto che è più di un'alleanza perchè non riguarda un'azione, uno scopo prefisso, ma abbraccia tutta la condotta della Turchia nel Mediterraneo, nei Balcani.

Quanto alla Siria Fethi Bei non ha portato proposte precise né per le molte singole questioni pendenti, nè tanto meno per la questione principale quella della frontiera. Per questa, Tefik Rouchdi Bei mi ha detto, il Governo turco non può trattare che sulla base dello statu quo, senza preoccuparsi della linea segnata dal Generale Ernst: cioè a dire, occupando la Turchia il territorio contrastato, essa è disposta a restituirne la parte che non le serve, ma non quella sulla quale corre la ferrovia.

Quanto alle relazioni franco-turche, il regime attuale è stanco delle molte promesse e assicurazioni di calda amicizia cui non rispondono nè la realtà, nè la condotta delle autorità francesi. Le dolci, armoniose parole di pace d'amicizia del Signor Briand non hanno seguito negli ufficii del Quai d'Orsay, dominato dalle direttive del Signor Berthelot, che risentono tuttora delle disposizioni del Signor Clemenceau. La Francia si adatti a vedere la Banca Ottomana ridotta alle condizioni delle altre banche stranier.e tollerate in Turchia, proibisca ai gesuiti ogni propaganda religiosa in Turchia, al partito radicale socialista di tessere reti per mezzo del Signor Bastide a danno del kemalismo, allora troverà la mano turca che stringerà lealmente quella francese.

Quanto al terzo ordine d'impedimenti, Tefik Rouchdi Bei è stato altrettanto esplicito: • Noi concludendo oggi un patto di amicizia con la Francia prima che le conversazioni intavolate a Roma tra il Signor Mussolini e il Signor de Beaumarchais abbiano avuto un termine, diceva Tefik Rouchdi B.ei, correremmo il rischio di spendere venti per guadagnare cinque e di trovarci presi in un groviglio di stipulazioni, che non corrisponde affatto a quel desiderio di chiarezza che ispira l'azione politica del Gazi e del partito del popolo. Vi è poi da tener presente che, secondo il nostro modo di vedere, per la pace d'Europa presenta un pericolo più immediato più certo l'annessione, ambita a Belgrado da alcuni potenti circoli, della Bulgaria alla .Jugoslavia che non lo "Anschluss" dell'Austria alla Germania. Per questo l'interferenza degli interessi di molti potenti fattori della politica dell'Europa Centrale può giocare ad un dato momento per togliergli la possibilità di degenerare in un conflitto armato, invece per noi l'unione dei due Stati Slavi sulle nostre frontiere significherebbe una terribile minaccia che ci costringereb~e a riprendere le armi a nostra difesa. Finchè i rapporti tra Parigi e Belgrado continueranno a svolgersi sulla traccia attuale non possono darci la tranquillità e quella certezza che ci sono necessarie per stringere un patto di amicizia.

Quindi, per ora, la situazione ci consiglia grande riservatezza e massima prudenza. Fethi Bei ha finito per convincersi, ha concluso Tefik Rouchdi Bei, e per dichiararsi disciplinato esecutore delle direttive dategli, d'accordo, da Mustafa Kemal Pascià e da Ismet •.

451.

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. (P. R.) 61/228. Roma, 4 luglio 1928, ore 24.

Nei nostri primi contatti con Zogu si ebbe la possibilità di ottenere ricevuta dei versamenti che gli venivano fatti. Ciò aveva importanza non dal lato amministrativo ma perchè comprometteva Zogu verso di noi in maniera grave. In un secondo tempo queste ricevute ebbero forma indiretta per essere poi abbandonate. Prego ora V.S. di vedere se questa consuetudine non possa essere ripristinata anch~ nella forma indiretta. Non mi nascondo la difficoltà della cosa e lascio V. S. arbitro di esaminare se essa può essere conseguita senza ferire troppo la suscettibilità di Zogu e destare eventuali diffidenze.

(1) n rapporto porta H visto di Mussolini.

452

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A SOFIA, RONCALLI

T. 3476/204. Roma, 5 LugLio 1928, ore 24.

Mi telegrafi accoglienza costà fatta a pubblicazione del Politika di Belgrado, riprodotta largamente da stampa francese e svizzera, circa iniziativa che avrebbe preso Governo bulgaro per la conclusione di un trattato di arbitrato colla Jugoslavia e che cosa le risulti intenda fare eventualmente codesto Governo di fronte impressione destata da pubblicazione stessa.

453

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4118/393. Londra, 5 Luglio 1928, ore 21 (per. ore 2 deL 6).

Secondo notizie di questi circoli giornalistici progettato patto serbo-bulgaro che avrebbe appoggio banchieri della City sarebbe principalmente sostenuto e incoraggiato dalla Francia desiderosa di controbilanciare altre influenze nei Balcani. Cercherò di avere maggiori notizie domani da questo ministro Bulgaria (1).

454

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

L. P. RR.. 235116/691. Roma, 5 LugLio 1928.

Come V. S. ben sa, per suggerimento del Conte Bethlen, si è presa in esame la possibilità di concedere qualche aiuto alle formazioni austriache di difesa sociale, cioè alle cosidette • Heimatwehren », le quali sono poi dirette dal noto Dott. Steidle.

Voglia ora trovar modo, in conversazione con lo stesso Conte Bethlen, di mostrargli confidenzialmente le accluse informazioni avute da fonte riservata, donde risulta che il Dott. Steidle, in una cerimonia tenutasi a Trauenfeld (Bassa Austria) il 10 Aprile (2), ha preso la parola a titolo di introduzione, misurata ma significativa, per una focosa concione del Ministro Federale dell'Agricoltura, Signor Thaler • pro Sud-Tirol •, ispirata ai soliti luoghi comuni che coprono nostalgie di marca pangermanista.

Tale atteggiamento del Dott. Steidle merita di essere notato e sembra consigliare, come lo stesso Conte Bethlen dovrà convenire, qualche diffidenza e prudenza da parte del R. Governo.

(l) -Con successivo t. 4141/397, del 6 luglio, ore 21, Chiaramonte Bordonaro comunicava che c questo ministro di Bulgaria mi ha detto nulla risultargli circa preteso patto di amicizia bulgaro-jugoslavo. Notizia, secondo lui assolutamente infondata e inverosimile, sarebbe stata lanciata dalla stampa francese e non avrebbe trovato credito nei circoli politici seri •· (2) -Sic, ma la cerimonia cui allude Grandi sembra avesse luogo il 10 giugno.
455

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4164/351. Atene, 6 luglio 1928, ore 21,20 (pe1·. ore 23,30).

Stamattina questo nuovo ministro degli affari esteri ha successivamente ricevuto i rappresentanti esteri qui accreditati.

Il signor Carapanos, mentre si è scusato di non avere ancora avuto tempo materiale di approfondire i singoli affari in corso per poterne particolareggiatamente parlare, mi ha con marcata effusione dichiarato:

l) le linee direttive della politica estera ellenica finora seguite e cui il signor Venizelos ha confermato il suo pieno consenso, non subiranno mutamenti per opera del nuovo gabinetto;

2) nei riguardi dell'Italia egli si sforzerà di perseverare in quell'atteggiamento della maggiore cordialità ed amicizia al conseguimento del quale ha con pieno convincimento lavorato fin dall'epoca della sua graditissima missione a Roma;

3) onoratissimo dell'accoglienza riservatagli allora dal capo del Governo italiano ha per lui, per l'Italia e per quanto il regime nazionale ha saputo conseguire la più incondizionata e completa ammirazione;

4) è persuaso di tutta l'utilità per la Grecia dell'amicizia italiana e confida che V. E. vorrà conservargliela in reciprocità bene inteso di quanto la Grecia osserverà nei nostri riguardi;

5) riservandosi di ritornare sull'argomento non appena lo abbia meglio studiato, si augura che i negoziati con la Turchia non abbiano a considerarsi definitivamente troncati, e che l'Italia voglia continuare la sua azione intesa a rendere eventualmente possibile la non facile soluzione;

6) nessun passo innanzi hanno fatto finora verso un pratico IniZIO i negoziati con la Jugoslavia per Salonicco nè vi è pel momento alcun indizio che ciò abbia presto ad avvenire tenuto conto specialmente delle attuali preoccupanti condizioni politiche interne di quello Stato;

7) mi ha pregato di tenermi in regolare contatto con lui non solo per le questioni che possono direttamente interessare i nostri due paesi, ma anche per la continuazione di quell'utile scambio di idee nell'esame di altri problemi internazionali di carattere più generale;

8) mi ha espressamente pregato di rammentarlo devotamente alla E. V. trasmettendole il suo personale deferente e cordiale saluto. Fine delle dichiarazioni.

Riferirò nuovamente dopo aver conferito con Venizelos che conto visitare nei primi giorni della prossima settimana.

456

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. 3496/291. Roma, 6 Luglio 1928, ore 24.

Suo telegramma per corriere n. 6091/1305 (l) del 3 luglio u. s.

Circa eventuale proroga data 27 luglio V. S. non prenda iniziativa di sorta. Qualora però da parte jugoslava fosse fatta formale richiesta in questo senso mi riserbo di esaminare tale proposta non escludendo accoglimento di essa. Però iniziativa deve essere nettamente jugoslava.

457

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 6176/1331. Belgrado, 6 luglio 1928.

Questo incaricato d'Affari di Bulgaria, nel parlarmi dei recenti avvenimenti in questo paese ed in particolar modo dell'eccidio compiuto alla Scupcina dal deputato Rakic, non mi ha nascosto la preoccupazione in cui si trovano i circoli politici Bulgari per le eventuali ripercussioni che la crisi grave interna Jtugoslava potrà avere nei rapporti bulgaro-SHS.

Infatti la calma attualmente esistente sia in Macedonia che nei rapporti fra i due paesi non sembra possa essere rassicurante, e si annunzia anzi foriera di tempesta. Intanto è notorio che in Macedonia (ed anche l'interprete Baldani giunto oggi da Skoplje ha confermato tali voci) la polizia serba continua nei suoi sistemi di barbara persecuzione dei macedoni, e li ha anzi aggravati con delle nuove ed inusitate torture la cui descrizione fa inorridire. Ma vi è un'altra considerazione la cui importanza mi preme di segnalare alla speciale attenzione dell'E. V.

La lotta fra serbi e croati nella fase acuta in cui è giunta lascia comprendere anche ai serbi più pertinaci nella fede per l'idea jugoslava, che difficilmente (per non dire impossibile) potrà essere colmata la distanza che separa le due stirpi. Il programma dei croati appare ormai decisamente orientato verso una riforma costituzionale, che permetta loro di aver parità di diritto con i serbi, di cui negano ogni superiorità, anche quella numerica.

Da questo scaturisce sin d'ora per i serbi la necessità di affrettare quel processo di assimiLazione delle minoranze del sud, che, o per affinità di lingua e di religione (macedoni), o per ignoranza e mancanza di qualsiasi spirito di razza (albanesi) si presentano come più facilmente assimilabili.

È noto infatti che i serbi hanno potuto ottenere un numero di seggi nella Scupcina maggiore di quello assegnato ai croati mediante il trucco di far apparire come serbe le regioni della Vojvodina, Banato, Bosnia-Erzegovina, e Serbia

Meridionale. Di fronte alla attuale levata di scudi dei croati, che si sono apertamente atteggiati a difensori dei popoli non serbi, è naturale che questi circoli serbi raddoppieranno di energia per far scomparire quelle differenziazioni di razza che, specialmente nella Serbia Meridionale, minacciano di farli apparire quali effettivamente sono, cioè una minoranza, e non una maggioranza in seno al Regno SHS.

Ma non si arresterebbe qui l'attività dei serbi, e specialmente dei circoli militari, essi raddoppierebbero in un prossimo avvenire gli sforzi per giungere ad una unione con i bulgari, dei quali si sentono parenti molto più prossimi che non dei croati e sloveni per religione, per razza e per lingua.

Se insomma le vicende della lotta serbo-croata dovessero risolversi in una diminuzione dell'entità e potenza dei serbi nel Regno, questi sarebbero spinti a rifarsi nel sud, riprendendo le fila del programma dei vecchi panserbisti, (di cui Nicola Pascic fu il capo sino a che le circostanze della pace non lo costrinsero ad adottare il programma jugoslavo) ossia un allargamento delle frontiere della Vecchia Serbia verso il Mar Nero per formare un nucleo compatto e preponderante di slavi ortodossi.

Ho creduto opportuno di esporre all'E. V. questo nuovo elemento, che entrerebbe in giuoco per effetto della attuale crisi interna jugoslava nelle relazioni tra questo paese e la Bulgaria per gli eventuali sviluppi avvenire, pur ritenendo che per ora non vi sono ragioni di dover temere un acceleramento nel processo per il raggiungimento del predetto programma massimo panserbista. Basti pensare infatti all'asprezza in cui tuttora permane la questione macedone per escludere qualsiasi prossimo riavvicinamento bulgaro-jugoslavo.

(l) Sic. Ma cfr. n. 449.

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IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA R. 2435. Zagabria, 6 luglio 1928.

Una nuova conseguenza degli avvenimenti nella Scupcina di Belgrado, a quanto mi viene confidenzialmente riferito, è che la regione di Zagorje e di Prigorje in Croazia ha iniziato la resistenza passiva nel pagamento delle imposte, ciò che non avrebbe mancato di produrre preoccupazione nei circoli governativi di Belgrado; tanto più che l'esempio potrà essere seguito dai contadini delle altre regioni della Croazia e della Slavonia.

Queste autorità prefettizie, per ovviare a tale inconveniente hanno convocato a Zagabria i notai dei comuni rurali in singoli gruppi, dando loro istruzioni di influire sulla popolazione affinchè desista da tale atteggiamento. Ma i notai, richiamandosi ai precedenti casi analoghi, specialmente durante la guerra, hanno dimostrato quanto sia per essi pericoloso mettersi contro i contadini e si rifiutano di intervenire in favore del Governo.

I sanguinosi avvenimenti di Belgrado hanno fatto affluire a Radié tutte le simpatie delle masse croate; alcuni dissidenti, come ad esempio quelli capeg

giati dall'ex ministro Nikié, sono tornati nel partito radiciano, e varie perso.. nalità di Zagabria iscritte al partito radicale si sono, come è noto, dimesse dal detto partito. Però da ogni parte giungono a Radié ammonimenti a distaccarsi da Belgrado, perchè una sua diversa condotta sarebbe certo la fine del suo prestigio politico; ed anzi n parroco di Savski Drenovac gli ha fatto sapere, che in tal caso qualche fanatico potrebbe addirittura attentare alla sua vita. A tale stato d'animo sarebbe da ascrivere l'odierno energico rifiuto di Radié di trattare con Aza Stanojevié, ciò che ha indotto questo ultimo a declinare il mandato reale di comporre il Gabinetto.

L'idea separatista, ha fatto in questi ultimi giorni, indubbiamente gran cammino in Zagabria, e si fa sempre più strada quanto più s'avvicina il giorno del ritorno di Radié. Dalle notizie che l'On. Trumbié riceve dalla Dalmazia, pare che anche li tale idea prenda sempre più radice. Egli avrebbe nei circoli più intimi espresso l'idea che sarebbe giunto il momento di pensare alla formazione di un comitato croato, da costituirsi all'estero e che dovrebbe tenersi pronto ad entrare in azione ad un dato cenno.

Benchè la situazione sia tuttora incerta, pure è opinione generale in Zagabria che questa volta dovranno verificarsi dei mutamenti sostanziali, e che i partiti politici chiederanno al riguardo delle serie garanzie, essendo il popolo croato oramai stanco delle continue promesse, che restano regolarmente inadempiute (1).

459

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T.4180/243/244/245. Vienna, 7 lugLio 1928, ore 5 (per. ore 12,15).

Il cancelliere mi ha fatto chiedere se preferivo vederlo stamane o la settimana prossima, dovendo egli assentarsi nel pomeriggio per due giorni. Ho risposto che preferivo visitarlo subito. Sono quindi stato da lui e gli ho parlato cosi .

• Non mi sembra necessario tornare sugli avvenimenti di questi ultimi tempi specie dopo i discorsi del Capo del Governo italiano e lo scambio di messaggi. Ove una osservazione io volessi fare sarebbe che se il discorso di V. E. del febbraio scorso nulla ha mutato nella situazione dell'Alto Adige esso ha invece mutato i rapporti dell'Italia con l'Austria e con danno solo di questa.

Ma se può essere non necessario riparlare del passato, mi sembra necessario parlare dell'avvenire. lo non voglio dubitar·e che nel parlamento viennese simili incidenti non si rinnoveranno da parte degli uomini politici responsabili. Se non che non posso avere la stessa fiducia per i dirigenti di Innsbruck, e in Vienna stessa, per quella parte della stampa che pure rappresenta le idee dei

partiti al Governo. Ella dovrà esaminare se non sarebbe opportuno richiamare come si conviene l'attenzione di tutti questi signori sul vero stato di cose e sulle conseguenze gravi che potrebbero derivare da nuovi turbamenti nelle relazioni fra i due paesi. Se si parte dalla premessa, ammessa da V. E., della grande utilità per l'Austria del mantenimento di buone relazioni con l'Italia, si giunge alla conseguenza della necessità di stabilire che cosa possa turbare tali relazioni. Questo è ora principalmente l'Alto Adige, come pretesto ad agitazioni volte sia direttamente a tentare di mutare la politica del R. Governo in quella provincia sia indirettamente a valersi di questa politica, travisandola, per screditare e vilipendere il Governo fascista di fronte al mondo.

È bene ripetere ancora una volta, perchè sia chiaro a tutti in Austria, che è ferma immutabile volontà dell'Italia e del suo Governo di proseguire inflessibilmente nella ricostituzione del carattere italiano di quella provincia, e che nè discorsi di parlamenti, nè dimostrazioni di folle, nè articoli di giornali potranno ritardare o ancor meno fermare il procedimento in corso. L'Italia considera come suo dovere e suo diritto provvedere a restituire rapidamente il carattere italiano di una provincia, che già ebbe tale carattere, che accoglie un numero di sudditi italiani di razza tedesca più o meno pura il quale, esiguo per sè, è ancor più esiguo quando si metta in rapporto con quello degli italiani di schietta razza in tutto il regno, che forma parte dei confini dello stato, che ha di fronte a sè una delle regioni più intimamente tedesche e più tradizionalmente antitaliane nella quale, manifestata con maggiore o minore franchezza, unica è in tutti la speranza e il proposito della riconquista.

Discorsi dimostrazioni articoli non muteranno in nulla la situazione in

Alto Adige, o meglio la muteranno in quanto faranno accelerare il procedi

mento per la ricostituzione della sua italianità; quello che è avvenuto in questi

ultimi anni di agitazioni da una parte e di provvedimenti dall'altra lo prova.

Ma potrebbero danneggiare irreparabilmente i rapporti dell'Italia con

l'Austria.

Chiusa dopo quasi un secolo di guerra la sua lotta con l'Austria, l'Italia

non chiede che di vivere in pace con essa. Altri stati vincitori hanno serbato

rancori verso i vinti; qualunque austriaco venuto dopo la guerra in Italia, sia

uomo politico o funzionario, sia privato cittadino, può attestare che nessun

risentimento e meno che mai odio esiste più da noi verso uno Stato nel quale

pure, sino a dieci anni fa, tre generazioni di italiani avevano visto il solo nemico

della patria. Ma è bene, per non farsi illusioni, tener presente la reazione che

il discorso di V. E. del febbraio scorso ha destato in tutta Italia. È bene tener

presente quanto rapidi possano essere i mutamenti dell'opinione pubblica specie

nel periodo storico per il quale l'Italia passa. L'attuale Governo italiano è sorto

da una rivoluzione e da una rivoluzione stata opera della stessa generazione

che ha combattuto l'ultima guerra contro l'Austria. Non solo, ma anche questa

rivoluzione della nostra gioventù combattente si è proposta principalmente in

nome dei supremi interessi della nazione ordinata a stato, oltre allo scopo di poli

tica interna del ristabilimento del principio di autorità, quello di politica estera

della riaffermazione del posto che all'Italia spetta nel mondo come grande

potenza vincitrice. La questione del prestigio nazionale, sempre importante per

ogni Governo sorto da una rivoluzione, ha quindi particolare importanza per !'Italia sopratutto quando sorga nei riguardi dello stato vinto dalle generaziom da cui sono tratti gli attuali dirigenti, soprattutto quando riguardi una provincia che il sangue di centinaia di migliaia di combattenti ha riconsacrata italiana per sempre.

L'Italia ha volontà di vivere in buoni rapporti con tutti, ma non intende subordinare questa volontà a quelli che essa considera i suoi ~upremi interessi morali e materiali. Appunto fra questi essa pone la restituzione all'Alto Adige del suo carattere italiano. Per il rispetto verso se stessa, per la sua posizione di grande potenza nel mondo, essa non può ammettere l'infinito perpetuarsi di queste agitazioni nel piccolo stato suo vicino, a volta a volta abili o goffe, melliflue o acri, ma tutte dirette a farla apparire come una perturbatrice dell'ordine e della giustizia internazionali. Essa non può riconoscere ad alcuno stato, e meno che mai all'Austria, il diritto di ingerirsi sia pur solo verbalmente nei suoi affari interni e di tentare di ledere la sua sovranità.

Nè venga a dirsi che discussioni e dichiarazioni limitate solo ad evitare la sparizione della cultura tedesca in quella provincia non sono immissione negli affari interni e lesioni di sovranità. Le parole cultura civiltà valori spirituali sono bandiere che spesso coprono merci variate e specialmente merce politica. Queste agitazioni con apparente contenuto esclusivo di cultura hanno in realtà carattere politico, sia perchè cercando di mantenere la cultura tedesca in Alto Adige tentano di serbare la validità di un preteso titolo a future rivendicazioni politiche, sia perchè mirano a compiere una pressione politica sull'Italia facendole temere la riprovazione e gli interventi del mondo civile che l'Austria vorrebbe commuovere coi suoi lamenti. Ma l'Italia prosegue il suo cammino e nessuno si propone, e se anche si proponesse otterrebbe, di fermarla.

In seguito al penultimo discorso su questo argomento nella camera austriaca, nel quale pure ammettendo i benefici dell'Italia verso l'Austria V. E. parlò fra l'altro della ferita qui lasciata dall'Alto Adige, ella rammenterà che io protestai in termini gravi e che la misi in guardia dalle conseguenze che simili manifestazioni avrebbero potuto addurre nei rapporti fra i due paesi. Gli avvenimenti posteriori hanno confermato a V. E. quanto fondate fossero le mie previsioni. Eguale fondamento hanno le previsioni che oggi le fo di assai più gravi conseguenze ove ciò che spero di cuore non sia, simili incidenti abbiano a rinnovarsi a Innsbruck o a Vienna o altrove. lo confido nella coscienza che V. E. ha dell'alta responsabilità del suo ufficio nei sentimenti di amicizia per la mia patria e di ammirazione per il capo del suo Governo da lei tante volte manifestatimi. Confido anche nella sua situazione in parlamento e in paese, che deriva dall'essere ella il più preclaro personaggio politico austriaco e il più benemerito della pubblica cosa e che la rende il maggior uomo di stato di questi partiti conservatori, quegli che per la sua posizione dentro e fuori la camera può consigliare e persuadere con maggior autorità e miglior esito.

Se messa da parte ogni velleità di occuparsi di un grande stato vicino, che

dalla fine della guerra si era mostrato in ogni occasione amico disposto a fare

per l'Austria tutto quanto gli era possibile vi sarà qui la volontà di migliorare

i rapporti con l'Italia, volontà sostanziale e non formale, volontà nello spirito

e non nella lettera, i favorevoli risultati non potranno mancare. In caso con

trario, occorrerà che l'Austria si prepari a subire le conseguenze che l'inutile

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26 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

buon volere italiano trarrà dal rinnovato malvolere austriaco e che potrebbero andare dalla sostituzione sine die del ministro con un semplice incaricato d'affari fino alla rottura delle relazioni diplomatiche. Non sta a me far presente chi ne sarà danneggiato.

Per concludere ricorderò due idee manifestate dal capo del Governo italiano nel suo ultimo discorso al senato, e cioè che fra due stati vicini non vi può essere che amicizia o inimicizia e che sta all'Austria rendere migliori rapporti con l'Italia.

Ho creduto mio dovere parlare con franchezza a V. E. anche se talvolta essa abbia potuto apparire rude. Ho voluto chiarire, per il caso di nuovi incidenti, a chi ne spetterà la responsabilità e quali conseguenze ne deriveranno. Ma voglio anche sperare che la politica futura dell'Austria troverà infondate le mie preoccupazioni e superflue le mie parole •.

Seipel, che non mi ha mai interrotto, si è limitato dopo la fine del mio discorso a pronunciare qualche frase generica nel senso del suo ultimo messaggio (1), a dire che bisognerà avere i nervi a posto e lasciare calmare la presente agitazione, ad aggiungere alcune parole di vaga speranza. Ha osservato altresì che, stando per partire, si riservava tornare con me altre volte su questo· argomento.

Credo attendesse qualche comunicazione più conciliante contando sull'effetto che avrebbero dovuto fare a V. E. il suo ultimo messaggio e gli attacchi da esso procuratigli nel parlamento e nella stampa. Il suo volto, come di consueto è rimasto impassibile; ma gli ho visto più volte, mentre parlavo, rodersi le unghie, ciò che in lui è quasi sempre segno di • marina torbida •.

(l) Annotazione marginale di pugno di Mussolini: • Interessante •.

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IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4188/247. Vienna, 7 luglio 1928, ore 13,30 (pe1·. ore 16,25).

Ho detto a persona la quale vede quasi giornalmente il cancelliere che l'Italia è stanca oramai di questa sua politica consistente nel dare un colpo al cerchio ed uno alla botte. Bisogna che egli decida quale delle due vie vuoi seguire e se andare d'accordo con noi o con i tirolesi. Se egli crede dover contentare questi e scontentare noi si accomodi pure, ma dovrà subirne le conseguenze. Senonchè mi pare che in tal caso farebbe un calcolo sbagliato dal punto di vista n0n solo della politica internazionale ma anche interna. I tirolesi non si mostreranno mai soddisfatti, e più farà, più gli chiederanno di fare. Il suo discorso della fine di febbraio ha danneggiato i suoi rapporti con l'Italia, ma in che ha giovato a quelli con Innsbruck? I giornali tirolesi lo attaccarono allora e lo attaccano di nuovo ora, e continueranno ad attaccarlo fino a che non servirà loro ben caldo l'Alto Adige sino a Salorno con possibile contorno di Trento e forse anche di Verona. Io non mi occupo di politica interna austriaca e non sto qui

per dare consigli a Seipel, ma se me ne chiedesse gli direi di chiamare i dirigenti tirolesi e di domandare loro che cosa vogliono da lui. Non è possibile conciliare amicizia e inimicizia con noi. Vogliamo l'inimicizia? E in che forma? La guerra se non erro no, almeno per ora. La rottura delle relazioni? E chi ne sarà danneggiato? Il ricorso a Ginevra? E chi lo accoglierà? Prendano pure la responsabilità del potere e si mettano all'opera.

Ad ogni modo ho detto al mio interlocutore doversi Seipel convincere che la nostra pazienza ha raggiunto i limiti della sopportazione e che non è possibile continuare a servire Dio, e con tutto il rispetto per l'ordine sacro, il diavolo.

(l) Cfr. n. 393.

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L'INCARICATO D'AFFARI A SOFIA, RONCALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4184/167. Sofia, 7 luglio 1928, ore 19,30 (per. ore 23,15).

Telegramma di V. E. n. 204 (1).

Pubblicazione del Politica di Belgrado riprodotta anche da giornale greco Prodos non è stata raccolta da questa stampa che a titolo di cronaca e senza commenti ed è stata recisamente smentita dall'Agenzia Telegrafica Bulgara del 3 corrente. Segretario generale di questo ministero affari esteri mi ha dichiarato in proposito che Liapceff e Buroff hanno accettato di smentire notizia solo perchè se ne è voluto occupare in articoli di fondo il Temps organo del Quai d'Orsay, il quale • ha mostrato di desiderare che le cose stessero così • : qualunque più larga smentita o polemica sarebbe stata di troppo per tale canard. Minkoff ha aggiunto confidenzialmente di aver ieri stesso telegrafato al ministro di Bulgaria a Parigi invitandolo a far richiamare il Temps a maggior rispetto della verità. Ha soggiunto di aver ricevuto telegramma chiedente istruzioni a tale riguardo da Radeff: a questi è stata data risposta significante aperta censura per aver chiesto istruzioni su di una questione alla quale egli di sua iniziativa avrebbe dovuto opporre la più recisa smentita. Minkoff ha concluso che due anni fa l'attuale ministro di Jugoslavia a Roma, Rakitch, ebbe a tastare il terreno presso questo Governo per un analogo fatto; fu invitato a non fare in proposito una proposta ufficiale che avrebbe incontrato reciso rifiuto. In questo momento in cui Governo bulgaro ha chiesto a quello turco breve rinvio progettato accordo,

• non sarà certo a Belgrado che verranno offerte simili primizie • (sic) (2).

...Per quanto riguarda il patto turco-bulgaro, il Segretario Generale di questo Ministero degli affari esteri, Minkoff, mi ha ripetuto le dichiarazioni fattemi da Buroff... , attribuendo il ritardo della conclusione al fatto di non volere attirare in questo momento altre diffidenze sulla politica bulgara. Da parte sua, questo ministro di Turchia, Husrew bey, si è espresso con me a tale proposito nei termini più vivaci nei riguardi delle tergiversazioni di Buroff per la firma dell'accordo •·

(l) -Cfr. n. 452. (2) -Cfr. quanto comunicava Roncalli, con t. posta 1629/453, del 12 luglio; c Nei riguardi del patto con la Turchia, Buroff ha dichiarato che il Governo di Angora ha proposto alla Bulgaria di concludere un patto di arbitrato e non aggressione: il Governo bulgaro ha espresso in via di principio il desiderio di rinviare la firma dell'accordo stesso, allo scopo di evitare interpretazioni nel senso di un orientamento partigiano della politica estera bulgara in questo momento...
462

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA

T. 3511/27. Roma, 7 lugLio 1928, ore 24.

Suo telegramma-posta n. 2326 del 28 giugno (1).

Informazioni che V. S. ha comunicato sono importanti sopra tutto tenendo conto della loro fonte. Continui mantenere riservati e stretti contatti e mi tenga al corrente diligentemente di ogni dettaglio di una situazione il cui svolgimento ci interessa assai da vicino. Intanto ella può far sapere ai suoi informatori ove lo creda del caso che sarà tenuta presente offerta da loro comunicata per quanto concerne persone di eventuali sollecitatori di udienze.

463

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A KAUNAS, AMADORI

T. 3512/63. Roma, 7 luglio 1928, ore 24.

Rapporto di V. S. n. 155.

In seguito dichiarazioni codesto presidente del consiglio di che a rapporto su citato Governo francese ha segnalato opportunità di nuove pressioni delle tre potenze presso codesto Governo per invitarlo moderazione e significargli responsabilità che esso si assume con suo atteggiamento intransigente.

Questo ministero si è adoperato per evitare che sia dato al passo carattere di asprezza, ma non può evidentemente rifiutarsi acchè tre ministri d'Italia Francia Gran Bretagna rinnovino separatamente esortazioni di cui sopra.

Prego V. S. esprimersi quindi in tal sens'J con Voldemaras non appena suoi colleghi francese e inglese avranno ricevuto analoghe istruzioni.

464

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. RR. 3508/201. Roma, 7 luglio 1928, ore 24.

Risiede da tempo a Vienna il generale barone Sarcotich von Lovcen, già governatore della Bosnia Erzegovina, croato di tendenze nettamente separatiste e che appunto per tali sue note tendenze si è visto interdetto il ritorno in Croazia. Egli, che è considerato il capo spirituale dei separatisti croati, ha avuto in passato occasione di esprimersi con visitatori italiani in senso di particolare simpatia per l'Italia e per la influenza decisiva che essa sarebbe chiamata ad eser

citare a favore della Croazia qualora il programma che i separatisti caldeggiano

potesse realizzarsi.

Gli avvenimenti in corso in Jugoslavia dovendo essere da noi seguiti colla maggiore e più vigilante attenzione, senza tralasciare la conoscenza di alcuna utile fonte d'informazione e di apprezzamento, in ispecial modo per quanto concerne il movimento croato, prego V. S. di trovare modo opportuno di far prendere contatto nel modo più riservato da persona di sua fiducia col barone Sarcotich per conoscerne il pensiero ed il programma nelle presenti circostanze.

V. S. avrà cura di riferirmi non appena possibile quanto avrà fatto in tal senso (1).

(l) Cfr. n. 441.

465

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 3510. Roma, 7 luglio 1928, ore 24.

Nel corso di una recente conversazione (2) che il R. ambasciatore a Costantinopoli ha avuto con quel ministro degli esteri a proposito dei negoziati in corso fra Angora ed Atene che dovrebbero portare al regolamepto delle note vertenze fra i due Governi ed alla stipulazione di un patto analogo a quello che recentemente la Turchia ha stretto coll'Italia, Tewfik Roussdi bey ha accennato all'azione che il Governo romeno continuerebbe a svolgere per contrastare tale patto greco-turco tanto da indurlo a considerare la convenienza di far sentire a Bucarest, ove risultasse necessario, una chiara parola d'avviso, molto più data l'influenza notevolissima che la Turchia può esercitare sulle relazioni russoromene.

Quanto sopra per opportuna notizia di V. S. ed affinchè ella possa riservatamente indagare e riferirmi effettivo atteggiamento di codesto Governo nei riguardi del progettato patto greco-turco.

466

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. Tirana, 8 luglio 1928.

La ringrazio del Suo cordiale telegramma (3). Mi sono subito adoperato per riprodurre, nell'accluso rapporto, nella maniera più fedele, il contenuto di alcune conversazioni con Ahmet bey Zogu. La cosa non è stata facile perchè esse hanno

avuto un tono assai vago, mentre, riprodotte in un rapporto, assumono una veste precisa ed una fisionomia determinata che non corrispondono alla fluidità della materia e al metodo con cui essa è stata qui trattata. La prego quindi leggere il mio rapporto con la detta riserva.

Sarei molto riconoscente a V. E. se le istruzioni che mi perverranno potessero essere di carattere assai generico, affinchè io non mi trovi in un troppo grande imbarazzo nel doverle applicare nell'eventuale seguito dei miei contatti con Zogu.

Ho affrontato con lui anche la questione del matrimonio. Egli mi ha chiesto un'altra settimana o due di tempo prima di intrattenermene di nuovo. Anche su questa materia io desideravo ottenere qualche direttiva dalla bocca di V. E., e desideravo inoltre porLe qualche quesito che non so come mettere per iscritto.

Poichè Zogu ha preso del tempo, mi auguro che mi potrà in seguito essere consentito di fare una scappata a Roma di un paio di giorni, e mettere V. E. al corrente di tutto.

ALLEGATO.

SOLA A MUSSOLINI

R. ss. s. N. Durazzo, 8 luglio 1928.

Fin dallo scorso Novembre era risultata l'opportunità di ottenere da Zogu una dichiarazione che lo impegnasse durante tutta la durata del suo regno a non seguire una politica in contrasto con quella instaurata dal Patto di sicurezza del 1926 e dal Trattato di Alleanza.

In una delle udienze concessemi da V. E. prima della conclusione del Trattato, Ella ebbe ad osservare che la formula prevista a tale scopo nel Patto di Sicurezza, integrata dalla dichiarazione del 26 Aprile 1927, copriva l'Italia per un periodo di soli cinque anni. Di essi, al momento della trasformazione del regime, ne saranno trascorsi quasi due. In base quindi alle direttive impartitemi ero andato preparando da lungo tempo il Presidente della Repubblica ad una nostra richiesta di garanzie politiche di carattere supplementare che legassero, in maniera definitiva, il nuovo Sovrano alla politica italiana. Zogu a sua volta aveva di tanto in tanto portato il discorso, senza peraltro insistervi, sull'immancabile futuro ingrandimento territoriale dell'Albania, facendomi anche intendere che su tale questione egli aveva per lo passato ottenuto qualche generico affidamento da parte del R. Governo.

Soltanto due settimane or sono il Presidente della Repubblica mi rivolse in

proposito una richiesta precisa chiedendomi la nostra promessa che, se in seguito ad una conflagrazione balcanica si prospettasse per l'Albania la possibilità di un accrescimento territoriale, l'Italia avrebbe concesso tutto il suo appoggio per l'annessione al nuovo Regno dei territori popolati da albanesi. Dinanzi a simile domanda, di incalcolabile portata politica, io non potevo naturalmente far altro che opporre l'assoluta mancanza di istruzioni da parte di V. E., rifiutandomi cioè di entrare in una discussione assai pericolosa.

Ma avendomi il Presidente della Repubblica pregato di procurarmi tali istruzioni, io gli risposi, anche per guadagnar tempo, che non ero in grado di farlo per lettera o per telegramma ma che avrei chiesto a V. E. l'autorizzazione di recarmi a Roma a sollecitare le direttive del R. Governo. Poichè neanche questa tattica dilatoria sembrò scoraggiare il Presidente della Repubblica, io mi studiai di ridurre entro i più stretti limiti la domanda albanese, ma ciò non attraverso una discussione la quale poteva comunque aver l'aria di un negoziato, a cui ero ben deciso di sottrarmi, bensì con il pretesto di chiarire e di fissare il pensiero di Zogu.

Tale opera di chiarimento e di riduzione mi è stata facilitata dal fatto che lo stesso Ahmet, con la prudenza che lo distingue, ha evitato di indicare precisi nomi di località su cui dirigere le mire albanesi, dichiarandomi che si asteneva dal farlo ·sembrandogli preferibile che nel futuro sviluppo degli avvenimenti l'Albania non avesse a trovarsi in concorrenza ed in contrasto con le aspirazioni nazionali del popolo bulgaro, le cui propaggini etniche si spingono, come è noto, sulla frontiera albanese e si infiltrano persino al di qua del confine.

Escluse così le più spinose difficoltà, e cioè quelle di ordine territoriale, feci subito considerare ad Ahmet che non era ormai di moda, in epoca di Società delle Nazioni, di parlare di conflagrazioni, e che mi sarebbe stato meno difficile trasmettere a V. E. l'espressione del di lui pensiero, se egli mi avesse consentito di tradurlo in questa forma: • Nel caso i mali interni della Jugoslavia ne provocassero lo sfasciamento, l'Albania confiderebbe sull'interessamento dell'Italia per ottenere... etc. etc.... •· Non credetti precisare più oltre il pensiero o i desiderata del Presidente della Repubblica riservandomi di studiare più tardi qualche formula capace di !asciarci sempre una certa latitudine di interpretazione.

Ad Ahmet Bey Zogu non dispiacque lo spunto suggeritogli: mi assicurò che esso riproduceva pienamente il suo pensiero e mi autorizzò quindi a trasmetterlo in tale forma a V. E.

Dopo la grave richiesta avanzata da questo Governo si rendeva ormai indispensabile condurre in maniera più precisa il discorso sulle garanzie di carattere politico che il nuovo regime doveva darci. Senza molte perifrasi dichiarai al Presidente che egli avrebbe dovuto dirigere a V. E. una lettera autografa che suonasse giuramento di fedeltà ai Trattati esistenti, impegno di nulla intraprendere senza consultarci, e preciso affidamento di non cercare altrove alleanze o garanzie politiche. Aggiunsi che, a parte tali solenni promesse del Sovrano, io gli chiedevo l'assicurazione che il Governo monarchico e cioè il Ministro degli Esteri, nel dirigere ai Rappresentanti delle Potenze qui accreditate la comunicazione ufficiale circa l'avvenuta trasformazione del regime, avrebbe redatto la Nota indirizzata a questa R. Rappresentanza in forma diversa dalle altre, includendo in essa un esplicito cenno ai trattati esistenti fra l'Italia e l'Albania.

Tale seconda richiesta si è dimostrata tanto più giustificata, in quanto è poi venuto a mia conoscenza che il Presidente e Gemi! Dino avevano pochi giorni prima esaminato, in forma sia pure accademica e giuridica, la questione se il cambiamento di regime non potesse comportare la decadenza dei Trattati precedentemente stipulati. La loro conclusione sembra sia stata conforme al diritto internazionale; ma in ogni modo l'episodio, che al momento della mia richiesta io ignoravo, mi ha confermato nella convinzione della indispensabilità che il primo atto del nuovo regime suoni esplicita, inequivocabile conferma dei Patti da noi conclusi con l'Albania.

Chiusa la digressione, devo subito dire che il Presidente della Repubblica si affrettò a dare la più completa e franca adesione alle mie due richieste, e mi pregò anzi di redigere l:o schema della lettera che egli avrebbe dovuto indirizzare a V. E. e lo schema della nota del Ministro degli Esteri alla R. Rappresentanza d'Italia in Albania. Per quanto fosse desiderabile, da ogni punto di vista, che la prima redazione di tali documenti uscisse dalla mia penna, io opposi tuttavia al Presidente che questo mio intervento nella riproduzione scritta di quel che doveva essere il suo pensiero, poteva rappresentare una adesione, sia pure preliminare, ai concetti contenuti nei documenti stessi mentre io dovevo lasciare la più assoluta libertà al R. Governo di approvare, modificare o respingere qualunque schema fosse a V. E. sottoposto, o sostituirli con altri o persino proporre una procedura del tutto diversa per la traduzione in atto delle garanzie politiche supplementari che noi chiedevamo.

Questa mia riluttanza fondata su riserve così ampie e precise, era tanto più necessaria in quanto il Presidente della Repubblica chiedeva che nel testo del progetto di lettera del Sovrano venisse formulata altresì la domanda albanese circa le aspirazioni irredentistiche.

Avendo il Presidente insistito con vive preghiere onde io accettassi l'incarico della redazione, aderii per intanto solo per quanto concerneva la lettera del Sovrano, rimandando a più tardi la redazione del secondo documento, data l'assoluta incapacità mentale di questi signori di discutere contemporaneamente il testo di due documenti.

Faccio qui seguire il testo della lettera da me preparata, avvertendo che la

scioltezza e la rotondità di certe frasi sono calcolate al fine di coprire l'importanza

politica di taluni impegni, affermazioni o dichiarazioni. La lettera si chiude con

la formula del giuramento sacro albanese, uno dei pochi istituti che ancora conservi

intatto il suo prestigio in questo paese, giuramento al quale nemmeno uomini poli

tici rotti alle vicissitudini delle lotte politiche osano mancare:

• Caro e Grande Amico,

nel momento in cui io salgo sul Trono d'Albania il mio pensiero si rivolge con

profonda gratitudine al Capo del Governo che fin dai primi mesi del 1925 ha voluto

concedere all'Albania ed a me, in nome dell'Italia, un appoggio leale mai più smen

titosi. Gli accordi e i trattati conclusi in questi ultimi anni fra i Governi d'Italia

e d'Albania costituiscono la sanzione legale, a cui io rimarrò fedele, in una realtà

storica la quale accomunando i due popoli che guardano l'Adriatico, li affratella

in uno stesso destino e li avvia ad una comune grandezza. L'alleanza difensiva fra

l'Italia e l'Albania più che opera di due Governi rappresenta l'espressione della

volontà dei due popoli: e quello albanese, con la recente votazione plebiscitaria,

ha inteso appunto consacrare una politica di cui l'alleanza è la più alta espressione.

Solo presso l'Italia l'Albania poteva trovare, con verace disinteresse, la garan

zia della sua indipendenza nazionale, ed io solennemente affermo al Capo del

Governo d'Italia che durante il mio regno in nessun caso io e il mio Governo cer

cheremo altrove alleanze o garanzie politiche le quali non potrebbero essere che

interessate ed anzi contrarie al bene del mio popolo ed agli interessi delle due

Nazioni sorelle.

Il mio Regno nasce appoggiandosi saldamente, come i destini del mio popolo,

alla mano forte dell'Italia che, io sono certo, vorrà sostenere la mia Patria nelle

sue legittime aspirazioni.

Un grande numero di albanesi vive al di là del confine orientale, costituendo in certe regioni la quasi totalità della popolazione. La pace è un bene inestimabile che l'Albania non intende compromettere. lo ed il mio Governo impronteremo perciò i rapporti politici con gli altri paesi alla maggiore correttezza e prudenza, mai tralasciando di consultare l'alleata in tutte le questioni che possano comunque influire sui comuni interessi, nella certezza che altrettanto farà l'Italia.

Ma se i mali, forse insanabili, che travagliano lo stato vicino ne provocassero lo sfasciamento, io confido che l'Albania potrà contare sull'efficace interessamento dell'Italia perché le siano restituiti quei suoi figli.

Questa lettera rappresenta la professione di fede del mio Regno, e nel commetterla nelle mani di V. E., io intendo che essa sia suggellata con il sacro giuramento albanese, la " Bessa " che, salendo al Trono, io pronuncio verso l'Italia e verso V. E. in nome del mio popolo e in nome mio personale •.

La lettera che qui precede, è destinata a rappresentare il pensiero di Ahmet Bey Zogu; per il momento essa rappresenta soltanto il mio pensiero nella forma che a me è parso potesse, senza troppe gravi difficoltà, essere accettata come sua dal Presidente della Repubblica. La lettera non è stata ancora discussa fra me e lui. Essa è stata soltanto tradotta in albanese con il concorso di Gemi! Dino, che non ha finora sollevato sostanziali obbiezioni, tranne una di cui appresso parlerò. Mi risulta che Ahmet Bey Zogu l'ha già letta: egli ne porta il testo costantemente su di sè. Dopo la consegna del testo della lettera abbiamo avuto altri incontri senza che egli alludesse a difficoltà inerenti agli impegni che egli dovrebbe assumere: io da parte mia mi sono astenuto dall'entrare in argomento perchè si era rimasti d'accordo che saremmo passati ad un esame particolareggiato della lettera solo quando, presi gli ordini di V. E., io fossi stato in grado di sottoporgli anche il testo della risposta di V. E.

Come ho dianzi accennato egli sapeva che le richieste territoriali albanesi sarebbero state da me verbalmente prospettate al R. Governo. Da una diecina di giorni io mantengo quindi la trattativa ad un punto morto, che però mi sarà facile superare quando avrò ricevuto la risposta di V. E. al presente rapporto. Se nel frattempo Ahmet Bey Zogu si facesse parte diligente, e si sforzasse di far percorrere un nuovo passo alla trattativa, cercherò di estrarre quanto mi sarà possibile dalle sue buone disposizioni, senza tuttavia assumere da mia parte il minimo impegno.

Nei riguardi dello schema di lettera che precede, io non escludo che in una fase più serrata di trattative essa possa essere oggetto da parte di questi signori di tentativi di capovolgimenti o di distorsioni.

Tenuto conto della assoluta provvisorietà della sua v'este attuale mi preme sottolineare i seguenti punti.

a) L'accenno al nostro aiuto all'Albania fin dai primi mesi del 1925 è stato rilevato dal recente discorso di V. E. L'allusione alle convenzioni economiche circa la Banca e la SVEA non solleverà qui obiezioni, anche per,chè non sarà pienamente compresa.

b) L'accenno alla • votazione plebiscitaria • dovrebbe costituire nella bocca del Sovrano una autorevole dichiarazione del consenso da parte del popolo albanese alla politica di intimità con l'Italia.

c) Non è probabile che la grave limitazione alla autonomia politica albanese potrà passare nella stessa forma che figura nella lettera. È da rilevare poi l'accenno che la ricerca di altre alleanze o garanzie politiche è considerata come contraria agli interessi delle due nazioni alleate e quindi contraria agli interessi dell'Italia.

d) Il capoverso: • Il mio Regno nasce appoggiandosi... • dovrebbe costituire la precisa dichiarazione che l'Italia ha tenuto a battesimo il nuovo Regno.

e) Le legittime aspirazioni dell'Albania sono limitate al « confine orientale • ed alle regioni • ove la quasi totalità della popolazione • è di razza albanese. Si è voluto con ciò escludere eventuali pretese sia sul Montenegro che sull'Epiro greco.

f) Il concetto dell'obbligo di consultarsi con noi in ogni questione che tocchi gli interessi dei due paesi, è stato incastrato, affinchè passasse più facilmente, nella questione del soddisfacimento delle aspirazioni albanesi. La reciprocità dell'obbligo delle consultazioni, data la diversa portata degli interessi dei due paesi, è in gran parte solo apparente.

g) L'eventualità dello sfasciamento della Jugoslavia è stata messa a carico dei suoi mali interni: tale formula non dovrebbe suscitare serie critiche internazionali. nel caso la lettera dovesse diventare di pubblica ragione.

h) Nei riguardi delle aspirazioni irredentistiche l'Italia assume soltanto l'impegno di impiegare il suo efficace interessamento perchè siano restituiti all'Albania

• quei suoi figli •. Tale formula va mterpretata con le restrizioni di cui al punto e) (regioni, oltre il confine orientale ove la quasi totalità della popolazione sia di razza albanese). Ma la detta formula potrebbe persino prestarsi ad una interpretazione del tutto diversa e cioè che il nostro impegno possa limitarsi a far ottenere all'Albania uno scambio o trasporto di popolazioni, secondo i noti esempi recentemente verificatisi nella storia balcanica. È però da esaminare con profonda attenzione se a noi non convenga che l'allusione all'ingrandimento dell'Albania figuri soltanto nella nostra lettera di risposta al Sovrano.

i) Il giuramento di fedeltà verrebbe dato non solo a nome personale del Sovrano, ma anche a nome del suo pop·olo verso l'Italia e verso la persona di V. E.

Tutto quanto precede è per ora costruito sulla sabbia. Manca anzitutto la decisione fondamentale di V. E. sulla opportunità o meno di dare all'Albania gli affidamenti che essa domanda circa le sue aspirazioni nazionali. D'altro canto potrebbe presentarsi una grave difficoltà dovuta al fatto che Gemil Dino, investito dal Presidente della Repubblica dello studio dello schema da me tracciato, si è dimostrato nettamente avverso a che la questione territoriale sia lasciata troppo nel vago. Egli insiste perchè sia fissata almeno una linea di massima circa la futura frontiera, e ciò, a parte tutti i pericoli che la cosa comporta in se stessa, ci farebbe cadere in una discussione senza fine, in cui le questioni di carattere strategico, etnico, linguistico e religioso si intreccierebbero senza speranza di equa soluzione.

Oltre alla questione fondamentale di cui sopra, altre se ne presentano su cui io ho bisogno di conoscere le direttive dell'E. V., principalmente per quanto concerne la procedura da seguire per ottenere le garanzie politiche da noi desiderate, nonchè per quanto riguarda la sostanza delle garanzie stesse.

Ove il documento da me preparato sembrasse a V. E. poter rappresentare il primo punto di una vera e propria trattativa, mi abbisognerebbe conoscere anche il pensiero di V. E. sulla forma e sul contenuto dell'eventuale risposta che da

V. E. si aspetterebbe il futuro Sovrano. Ahmet Bey Zogu domanda che anche tale risposta venga previamente concordata. Egli amerebbe che essa rappresentasse una specie di parafrasi della lettera originale del Sovrano, che resterebbe quindi il documento base della trattativa.

Tutto quanto mi sono permesso di esprimere ha un valore puramente indicativo ed aggiungo anzi che io mi sono lasciato completamente aperte dinanzi a me tutte le vie; ad un semplice cenno di V. E. io potrò sempre instradare le future conversazioni su quella qualunque direttiva che l'E. V. crederà additarmi.

(l) -Auriti fece incontrare l'addetto militare, col. Carlo Vecchiarelli, con il tenente colonnello von Percevié, collaboratore del generale Sarkotié, momentaneamente assente da Vienna. Lo stesso Vecchiarelli ne riferiva con rapp. del 17 luglio, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 447. (3) -Non rinvenuto.
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IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4209/353/354. Atene, 9 luglio 1928, ore 20,35 (per. ore 23,05).

Il signor Venizelos, dopo avermi fatto espressamente chiedere un appuntamento è venuto a vedermi alla R. legazione.

Ha iniziato il lungo colloquio cui egli mostrava chiaramente di tenere a dare impronta marcatamente cordiale, col dirmi che scopo precipuo di tale sua visita era quello di confermare in modo ufficiale subito dopo la propria assunzione al Governo, le dichiarazioni già fattemi amichevolmente nelle svariate circostanze in cui avevamo avuto occasione di conversare dopo il suo ritorno in Grecia, per quanto concerne le sue direttive di politica estera in generale ed in particolare nei riguardi dell'Italia.

Mi ha fatto quindi le seguenti dichiarazioni che mi ha formalmente pregato di trasmettere all'E. V. in suo nome:

1° pur non avendo ancora avuto il piacere e l'onore di conferire personalmente col signor Mussolini tengo ad inviargli subito un mio sincero e assai cordiale saluto nella sua qualità di Capo del Governo di un paese amico già grande, le cui possibilità io non avevo mancato di antivedere, ed i cui altissimi destini dovranno senza dubbio in breve tempo raggiungersi sotto il prodigioso impulso da lui dato alle forze della nazione italiana;

2° ho la maggiore ammirazione per l'opera compiuta dal signor Mussolini, e pur non considerando il fascismo nè opportunamente nè praticamente applicabile in Grecia, trovo che i risultati di ordine e ricostruzione conseguiti dal regime in Italia sono tali da superare ogni aspettativa;

3° considero fermamente il signor Mussolini e l'azione da lui svolta costituire una assai importante forza di pace in Europa;

4° desidero ardentemente che venga una buona volta sfatata la leggenda che io sia attualmente o possa essere stato animato da sentimenti comunque antitaliani. Sono molto lieto e soddisfatto dell'atteggiamento dì benevola aspettativa tenuto a mio riguardo dalla stampa italiana in questa circostanza;

5° è con pieno convincimento che pongo l'Italia allo stesso pienissimo livello delle altre due grandi potenze europee Gran Bretagna e Francia, in primissima linea nella scala degli interessi ellenici, aggiungendosi in favore dell'Italia il fatto della nostra vicinanza che ci fa addirittura confinanti;

6° ho seguito col maggiore interesse e col più pieno consenso lo stabilirsi di rapporti sempre più amichevoli e cordiali tra i due paesi, e mentre esprimo la nostra maggiore soddisfazione per le dichiarazioni che S. E. il capo del Governo italiano ha voluto fare nei riguardi della Grecia in occasione del suo ultimo discorso al senato, è mio vivo desiderio che sotto il mio Governo (sempre che, come spero, i miei bravi concittadini vogliano !asciarmi il modo ed il tempo indispensabili per lavorare fattivamente per loro) tali rapporti possano anche meglio rinsaldarsi con carattere di perfetta amicizia e cordialità. Non nascondo di essere stato guidato anche da questa veduta nell'affidare il portafoglio degli esteri al signor Carapanos i cui sentimenti sinceramente italofili nati dalla sua diretta conoscenza dell'Italia non mi sembrano dubbi;

7° dichiaro nel modo più esplicito che non esistono ormai più aspirazioni politiche o territoriali greche concernenti la Turchia. Desideriamo stabilire con questa rapporti assolutamente pacifici e siamo anche sinceramente desiderosi di giungere al patto politico preconizzato; non possiamo però fare a meno di regolare in qualche modo in precedenza i rapporti economici tuttora pendenti. Ci spiace che i negoziati pei quali l'Italia si era prestata da amichevole mediatrice (del che siamo riconoscenti sperando che essa vorrà continuare anche ulteriormente la sua azione) abbiano dovuto essere interrotti non per colpa nostra e speriamo vivamente che le circostanze ci permettano di riprenderli e condurli a termine secondo equità appena possibile;

8° siamo e desideriamo essere in buoni rapporti oltre che con le grandi potenze anche coi paesi vicini. Colla Jugoslavia dobbiamo risolvere la questione del transito per Salonicco ma colle esplicite riserve che hanno condotto sotto Michalacopoulos all'unanime rigetto delle convenzioni Pangalos. Nessun negoziato è stato riaperto con Belgrado finora a tale proposito nè vi è ancora colà alcun Governo con cui potersi trattare;

9° se come ho fiducia, il presidente della repubblica mi darà modo collo scioglimento della camera di fare con sistema logico (ossia maggioritario) le nuove elezioni, queste indette pel 19 agosto mi permetteranno di partire subito dopo: desidero in tale circostanza recarmi per primo direttamente a Roma a far visita a S. E. Mussolini e sarò altamente onorato se potrò essere ricevuto da lui. Fino a quel momento credo che sarà soprattutto la politica interna che terrà assorbita tutta la mia attività.

Fine delle dichiarazioni.

Ho detto al signor Venizelos, ringraziandolo della sua cortese visita, che prendevo atto delle sue dichiarazioni e che mi sarei affrettato a portarle fedelmente a conoscenza dell'E. V.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

TELESPR. 236091/489. Roma, 10 luglio 1928.

V. E. è a conoscenza delle ripetute violazioni dello statu quo, che in questi ultimi tempi le Autorità Palestinesi, preposte alla tutela dei Luoghi Santi, contrariamente alla lettera ed allo spirito del Mandato, hanno lasciato compiere e compiuto a danno dei Cattolici.

Basterà ricordare il tentativo di impedire a S.A.R. il Principe di Piemonte l'ingresso solenne nella Basilica del S. Sepolcro e negli altri Santuari, mentre, secondo lo statu quo, oltre ai Patriarchi cattolico, greco ed armeno, hanno diritto a tale ingresso solenne i Re ed i Principi ereditari cattolici, russi e greci; gli incidenti avvenuti in quest'anno al Cenacolo il Giovedì Santo, durante la visita di S.A.R., e la Pentecoste, quando non è stato possibile ai Francescani nè di entrare nè di pregarvi, nonostante che avessero previamente informato le Autorità Britanniche della probabilità di opposizione da parte degli Arabi, violandosi così l'uso secolare, che costituisce per il Cenacolo lo statu qua e che dà diritto -da quando ne furono scacciati ed il Cenacolo venne tramutato in moschea -ai Padri Francescani di recarvisi processionalmente due volte all'anno: il Giovedì Santo e la Pentecoste; l'ingiusta sentenza, sui fatti accaduti alla Grotta di Betlemme, che colpendo al tempo stesso i Francescani aggrediti ed i sagrestani greci aggressori, ha sancito quasi, per i non Cattolici, la impunità di turbare la tranquillità di quei Luoghi Sacri e violare la libertà del Culto, che nessuno può limitare o contrastare, nelle precise linee dello statu qua.

Aggiungasi quanto facevo presente a V. E. col telespresso n. 266512/887 del 24 dicembre 1927, relativamente alla gravità della decisione del Governo Britannico di sopportare esso le spese di riparazione della cupola del S. Sepolcro, deferendone la futura ripartizione tra i vari riti alla nota Commissione per i Luoghi Santi, alterando in tal modo apertamente lo statu qua, con una ipoteca finanziaria inglese sopra il più geloso Santuario della Terra Santa.

In tutto questo atteggiamento delle Autorità Britanniche della Palestina, e particolarmente nei riguardi di quest'ultima decisione, sembra potersi vedere -ove si tenga anche presente il precedente dell'assunzione diretta dell'amministrazione della Chiesa greco-ortodossa in Terra Santa -l'intenzione del Governo Inglese di allargare la sua gestione sui Luoghi Santi, per far trovare la famosa Commissione, quando questa venisse costituita, dinanzi a fatti compiuti.

Nei riguardi della Commissione dei Luoghi Santi, V. E. conosce già il punto di vista del R. Governo (mio telegramma n. 1774 del 15 aprile scorso (1), come conosce altresì la linea di condotta del R. Governo di fronte alle questioni dei Luoghi Santi e del Cenacolo, nel senso di continuare per il momento ad astenersi dal sollevarle, sempre quando lo statu quo fosse, come deve essere, pienamente rispettato.

Ma di fronte a queste violazioni che, come è noto, non hanno mancato di provocare la più viva emozione negli ambienti cattolici palestinesi, con larga eco nell'opinione pubblica, non solo italiana ma mondiale, il R. Governo è costretto a richiamare tutta l'attenzione del Governo Britannico prima di sollevare la questione alla Commissione dei Mandati invocando un maggior rispetto degli obblighi derivanti dalla assunzione del Mandato Palestinese.

Prego pertanto V. E. voler amichevolmente intrattenere di quanto precede codesto Governo, facendomi conoscere i risultati delle sue conversazioni in proposito allo scopo di averne norma nel prendere ulteriori decisioni.

(l) Nel telegramma, che non si pubblica, era detto: • ... Tendenza S. Sede che deve essere anche la nostra è che di questa Commissione si cerchi di non parlame più definitivamente seppellendola •.

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IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4234/59. Zagabria, 11 luglio 1928, ore 18,20 (per. ore 22).

Facendo seguito al mio rapporto n. 2483 del 10 corrente Zingarelli ieri sera ha avuto lungo interessante colloquio con Trumbic. Ne invio ampio riassunto con telegramma per corriere (1). Egli ha dichiarato che la situazione dipende unicamente da Radich, il quale ha ora ascendente enorme sulle masse che sono pronte seguire qualunque sarà decisione conciliativa od estrema. Ha aggiunto che le condizioni di salute di Radich non sono ancora completamente rassicuranti. Anche egli come Pavelich, ha espresso opinione che articoli obiettivi stampa italiana sul dissenso serbo-croato farebbero qui ottima impressione, anche se i serbi se ne serviranno per insinuare che l'Italia vuole speculare sul dissenso. Ha infine esposto programma partito federale, parlato dei rapporti coll'Italia e fatto ampie lodi di S. E. Mussolini.

Apprendo da consueto fiduciario che Radich ha pregato sindaco recatosi visitarlo di informare Trumbic che una sua visita gli sarebbe molto gradita. Negli ambienti separatisti si deduce da ciò che Radich abbia intenzione di esaminare possibilità esplicare una qualche azione all'estero. Ho telegrafato quanto precede Belgrado.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 3599/218. Roma, 11 luglio 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 351 (2). Quando V. S. lo riterrà opportuno potrà far sapere al signor Carapanos che ricambio cordialmente il suo saluto che ho particolarmente gradito perchè

conservo il più simpatico ricordo della sua missione a Roma durante la quale egli ha personalmente e molto contribuito a che le relazioni italo-greche divenissero quelle che oggi sono. Le dichiarazioni fattele nell'assumere il dicastero degli esteri acquistano da ciò tanto più valore ed io ne prendo atto con speciale apprezzamento. Ella assicurerà il signor Carapanos che per tradurre in atto le intenzioni manifestate non gli verrà meno la più sincera e fattiva amicizia italiana.

(l) -T. per corrirere 4326/60 del 13 luglio, per. il 16, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 455.
471

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. 3621/206. Roma, 12 luglio 1928, ore 24.

Ho ricevuto i suoi telegrammi nn. 243, 244, 245, 247 (1), 249 (2) ed approvo linguaggio da lei tenuto.

472

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 3624/219. Roma, 12 luglio 1928, ore 24.

Suoi telegrammi nn. 353 e 354 (3).

Le dichiarazioni assai generiche fattele dal signor Venizelos non sembrano offrire elementi sufficienti e concreti per apprezzare le effettive intenzioni colle quali egli inizia nei riguardi italiani questo nuovo periodo della sua attività politica.

Rilevo anzi fra l'altro: }o -che egli ha evitato con cura di accennarle comunque alla stipulazione di un patto italo-greco;

2" -che ha avuto speciale cura invece di marcare che nella scala degli interessi ellenici egli non intende considerare l'Italia separatamente nella trinità delle grandi potenze;

3° -che tutto il compito che egli si prefigge nei riguardi nostri è un • ritorno • alla perfetta amicizia e cordialità.

Ad ogni modo, senza alcuna prevenzione come senza anticipare giudizi, per farmi un concetto esatto delle direttive di Venizelos nei confronti italiani, lo attenderò alla prova dei fatti.

Intanto V. S. ricambi a Venizelos il saluto rivoltomi e gli faccia sapere che sarò lieto di potermi intrattenere con lui in occasione della sua prossima e gradita visita a Roma.

(l) -Cfr. nn. 459, 460. (2) -T. 4191/249 del 9 luglio, che non si pubblica. (3) -Cfr. n. 467.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

(Ed. parzialmente in VEDOVATO, p. 95)

T. 3638/87. Roma, 13 lugLio 1928, ore 24.

Mentre approvo integralmente contenuto telegramma di V. S. n. 117 (1), dato quanto ella mi fa presente ultima parte sua comunicazione, autorizzola procedere senz'altro firma contemporanea patto di amicizia e convenzione stradale.

Sottopongo S. M. il Re concessione relativi pieni poteri che non appena firmati comunicherò telegraficamente alla S. V.

Mi compiaccio per il buon esito delle difficili e laboriose trattative che ella ha condotto con codesto Governo e la ringrazio dell'opera efficace da lei svolta per il raggiungimento di soddisfacenti risultati.

474

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO

T. GAB. (P. R.) 62. Roma, 13 luglio 1928, ore 24.

Risultami che antifascismo vuole sostenere campagna disfattista proposito ultime modificazioni compagine ministeriale italiana. Bisogna reagire contro siffatta campagna esponendo realtà vera che è questa. Disoccupazione diminuita del 50 o 60 per cento. Ottimo raccolto di grano e di altri prodotti agricoli. Tranquillità assoluta nelle città e nelle campagne.

(l) T. 4239/117, dell'H luglio: ultime trattative e richiesta urgente della autorizzazione a firmare il patto, • perché legazioni Francia e Inghilterra cominciano agitarsi ed il Ras Tafari teme pressioni e interferenze e prolungandosi attesa non garantisco più esito favorevole >. (Cfr. VEDOVATO, P. 95).

475

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. RR. 30/269. Tirana, 13 luglio 1928, ore 21,25 (per. ore 18,40 del14).

Per lei solo. Decifri ella stessa.

Ahmed Zogu mi ha rimesso controprogetto del messaggio del sovrano a V. E. Il testo è ricalcato su quello che figura nel mio rapporto segreto dell'8 corrente (1). Alcuni cambiamenti di parole, la modificazione di qualche frase imprimono al messaggio un • tono minore •. Devo però aggiungere che i concetti fondamentali sono stati rispettati. Fra l'altro è rimasta integra la parte del messaggio dalle parole • un grande numero di • fino alle parole • quei suoi figli •. Non ho letto il nuovo testo alla presenza di Ahmed Zogu, ed ho quindi potuto evitare qualunque discussione. Non credo impossibile rialzare il tono del messaggio, ma mi asterrò beninteso da ogni contatto fino a quando non mi siano pervenute le istruzioni di V. E.

476

PROMEMORIA DEL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

[Roma], 13 luglio 1928.

L'Incaricato d'Affari d'Austria mi ha detto che Monsignor Seipel desiderava far conoscere a S. E. il Capo del Governo di essere riuscito a vincere le difficoltà e le critiche cui era stata sottoposta la sua politica verso l'Italia nella Commissione Centrale della Camera dei Deputati (Commissione che si occupa degli Affari Esteri).

I membri di detta Commissione dopo molte discussioni, avevano finito per approvare la linea di condotta di Monsignor Seipel e anche i deputati tirolesi si erano associati.

Ciò, malgrado che Monsignor Seipel, ha marcatamente detto l'Incaricato d'Affari, non abbia ricevuto la lettera personale che S. E. Mussolini aveva ultimamente promesso ad Egger.

Lo stesso Incaricato d'Affari ha infine aggiunto che Monsignor Seipel prega

S. E. il Capo del Governo di voler considerare l'opportunità di mitigare le istruzioni rigorose date ai Prefetti di frontiera specie a quello di Milano nei riguardi dei provvedimenti da adottare contro gli elementi austro-tedeschi, per eliminare ogni possibilità di ripercussioni delle agitazioni alto-atesine.

Mi sono limitato a rispondere che avrei riferito a V. E. quanto precede, ma ho creduto opportuno di non perdere l'occasione di mostrare all'Incaricato di Affari l'accluso telegramma da Innsbruck (2), molto significativo.

(l) -Cfr. n. 466. allegato. (2) -Manca. Ma Guariglia allude al t. 4245, da Innsbruck. 12 luglio: notizia di una dimostrazione anti-italiana.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4294/408. Londra, 14 Luglio 1928, ore 14 (per. ore 18).

Mio telegramma n. 403 (1). Ricevo dal Foreign Office nota in data di ieri in risposta mia comunicazione 5 corrente.

Dopo aver riassunto ultima fase trattative con Imam e prova di condiscendenza data dal Governo britannico nel prolungare due volte tregua, Foreign Office mi informa che residenza Aden ha ricevuto telegrafiche istruzioni di far sapere all'Imam che Governo britannico è sempre desideroso venire ad un accordo con lui, che nessun accordo sarebbe tuttavia accettabile se non tenesse conto degli obblighi del Governo britannico verso le tribù del Protettorato e che Governo britannico è disposto a concedere altra tregua alle stesse condizioni di prima (sgombero città di Dhala come pegno di buona fede). Nota di cui trasmetto copia per corriere aggiunge che una soluzione delle attuali difficoltà su queste basi sarebbe accolta con molta soddisfazione dal Governo britannico.

478

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA

T. 3665/28. Roma, 14 LugLio 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 59 (2).

Desiderio di Trumbic e di Pavelich circa intonazione stampa italiana per il dissidio serbo-croato può essere soddisfatto. Ma occorre che essi le facciano conoscere loro effettivo programma di azione perchè nostra stampa possa tenerne conto nei suoi commenti, programma che contatti Trumbic con Radich debbono cominciare a precisare.

479

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. PER CORRIERE 3664. Roma, 14 LugLio 1928.

V. E. è a conoscenza delle ragioni che nel 1925 indussero Governi italiano, britannico e francese a fissare in Costantinopoli la sede delle rispettive rappresentanze diplomatiche in Turchia, facendo della sede stessa condizione essen

27 -Documenti dipLomatici -Serie VII -Vol. VI

ziale per conservare loro il rango di ambasciate: decisione che venne accolta non senza proteste da parte del Governo turco.

Soppresso a Costantinopoli un ufficio, creatovi in un primo tempo da Governo turco per servire di collegamento fra le ambasciate ed esso (ufficio al quale, peraltro, non venne data altra funzione che quella di puro e semplice organo di trasmissione di corrispondenze) furono i tre Governi indotti, pur autorizzando gite e soste ad Angora con maggior frequenza dei rispettivi ambasciatori, a creare appositi uffici staccati nella capitale per un diretto collegamento fra le ambasciate ed il Governo turco.

La recente conclusione del patto di amicizia italo-turco mi induce a prendere in attenta riconsiderazione la questione della sede della R. ambasciata in Turchia.

Io non ritengo che nei nostri riguardi si possa continuare nella attuale anormale situazione: 1° -anzitutto perchè sono convinto che ad un trasferimento ad Angora si dovrà prima o tardi arrivare, essendo venuto anche lentamente a svuotarsi uno degli argomenti-base per la fissazione della sede di Costantinopoli, quello cioè delle impossibili condizioni pratiche di soggiorno ad Angora per gli ambasciatori delle tre potenze; 2° -perchè un tale trasferimento renderà più agile e più diretta l'azione della R. ambasciata in difesa dei molteplici nostri interessi in Turchia, eliminando l'ufficio di collegamento che non può, per le sue stesse funzioni di intermediario, non provocare un rallentamento nello svolgimento della normale attività diplomatica; 3° -e sopratutto perchè una tale decisione oggi che il patto di amicizia ha valso a dissipare l'atmosfera di malintesi e sospetti che planava ad Angora nei riguardi dell'Italia, non mancherebbe di costituire una nuova prova degli amichevoli nostri intendimenti verso l'attuale regime turco, spianando la via a quella più intensa azione che la rappresentanza in Turchia dovrà svolgere per cercare di concretare, particolarmente nel campo economico e finanziario, quei risultati che dalla conclusione del patto è lecito attendersi.

Per tali ragioni e particolarmente per quest'ultima (che porto alla riservata conoscenza dell'E. V.) mi proporrei di comunicare al Governo turco la decisione del R. Governo di trasferire ad Angora la R. ambasciata. Poichè peraltro un tale trasferimento non è attualmente materialmente possibile, essendo in dipendenza anche della costruzione nella capitale turca di un adatto edificio, per ora esso avverrebbe soltanto formalmente. Angora resterebbe la sede ufficiale dell'ambasciatore, pur risiedendo questi di fatto prevalentemente a Costantinopoli.

Prego V. E. di voler portare questo intendimento del R. Governo a conoscenza del Governo britannico, che non dubito non avrà obbiezioni da sollevare circa una tale decisione, essendo oggi venute completamente a mancare quelle condizioni che tre anni or sono indussero i Governi italiano, britannico e francese ad esprimere il loro concorde avviso favorevole al mantenimento in Costantinopoli delle rispettive rappresentanze diplomatiche. Prego V. E. di volermi far conoscere appena possibile il pensiero del Foreign Office.

(l) -T. 4249/403 del 12 luglio, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 469.
480

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4308/266/267/268/269. Vienna, 15 luglio 1928, ore 5,15 (per. ore 12,10).

Ho avuto stamane colloquio di un'ora col Cancelliere. Seipel mi ha manifestato sua soddisfazione per modo con cui ha potuto liquidare, mediante Commissione principale, incidente italo-austriaco adducendo alcuni degli argomenti che mi aveva fatto comunicare per terza persona e che avevo riferito a V. E. con mio telegramma n. 259 (1). Era anche soddisfatto di avere potuto risolvere difficoltà derivantigli dalla presentazione petizione deputazione tirolese, evitandone fosse pubblicato testo e rinviando risposta in merito (mio telegramma n. 259). Mi ha detto infine che era soddisfatto del modo con cui si era svolta adunata Berg Isel alla quale nessun personaggio responsabile aveva preso parte.

È venuto quindi a parlare due questioni nelle quali desidererebbe appoggio Italia e cioè sia quella relativa al prestito che sarà oggetto riunione 16 corrente commissione delle riparazioni, sia quella relativa disarmo austriaco sulla quale deve pronunciarsi conferenza degli ambasciatori. Egli afferma desiderare appoggio Italia non tanto per favorevole soluzione due questioni in se stesse, quanto per provare a tutti coloro i quali nella stampa e in parlamento lo hanno qui accusato essersi sottomesso all'Italia senza alcun compenso, per quanto un compenso l'Austria lo ha avuto nel ritorno dell'Italia alla benevolenza che essa aveva dimostrato all'Austria sino all'ultimo incidente. D'altra parte, per quanto riguarda disarmo austriaco, non comprende perchè meno arrendevoli dei francesi e inglesi siamo proprio noi che per nostro ordinamento fascistico dobbiamo essere più propensi a permettere che il Governo austriaco abbia mezzi adeguati a difendersi dai suoi nemici interni, i quali provarono anno scorso proprio in questi giorni di che siano capaci. Gli risultava che questo R. addetto militare si dichiarava insoddisfatto azione del Governo austriaco nella questione del disarmo.

Non ho raccolto osservazioni sulla seduta commissione principale e ho cominciato col chiedergli che interpretazioni si dovessero dare a quanto avevano riferito giornali avere egli dichiarato alla deputazione Tirolo che: • Riserveremo tornare sull'argomento in epoca e forma appropriata •. Seipel mi ha risposto che sue parole alla deputazione, pronunciate anteriormente alla seduta Commissione principale, dovevano intendersi nel senso che egli, pur favorevole apparentemente rinvio dichiarazioni alla deputazione, evitava in realtà fargliele. Poche ore dopo infatti doveva avere luogo seduta commissione principale in cui questa avrebbe esaminato suo operato. Se commissione lo avesse approvato, essendo nella commissione rappresentati anche tirolesi, ciò lo esimeva da qualsiasi ulteriore spiegazione alla deputazione del Tirolo presumendosi che i deputati avevano votato per il cancelliere. Se commissione non lo avesse approvato non gli sarebbe rimasto che dare dimissioni.

Preso atto di queste dichiarazioni ho osservato che circa questioni così prestito come disarmo io non avevo istruzioni ed egli poteva rivolgersi per mezzo rappresentante austriaco Roma a R. Governo. Nulla potevo dirgli circa la prima ma quanto alla seconda potevo confermargli avere durante la mia assenza

R. Addetto Militare dichiarato che da molti mesi nella faccenda del disarmo Austria non ha fatto più nulla. Colonnello Vecchiarelli è un tecnico che deve esprimere suo parere su questione tecnica disarmo circa la quale del resto è difficile avere divergenti opinioni trattandosi di situazione di fatto che può essere materialmente accertata. Se considerazioni politiche dovevano avere sopravvento su accertamenti militari ciò andava al di là non solo della sua competenza ma anche della mia.

Seipel si è mostrato assai contrariato della mia risposta. Ha detto che non comprendeva come mai, mentre V. E. aveva anche di recente ripetuto a Egger considerarsi incidente come chiuso, mie parole contrastassero con le assicurazioni dell'E. V.

Gli ho risposto che altra cosa era l'incidente per sè, altra sue conseguenze. Era indubbio che R. Governo considerava finito incidente giacchè mi aveva rimandato Vienna. Ma era anche certo che poichè dopo questi anni della più amichevole politica italiana verso Austria, avevamo come risultato suo discorso febbraio scorso, noi dovevamo ora tenere un atteggiamento di aspettativa e osservazione. Durava ancora incidente e già Ministro d'Agricoltura Thaler ci attaccava in un discorso. Incidente era appena finito e già giornali austriaci cominciavano a mostrare loro sentimenti ostili verso di noi con commenti a nostri comunicati su fine incidente stesso, tre giorni fa pubblicati Bolzano.

Pangermanista Wiener Neueste Nachrichten pubblicava articolo su quale attiravo attenzione di lui (mio telegramma in chiaro N. 2.54). Non volevo stare a discutere sulle considerazioni più o meno storiche contenutevi circa trattative anteriori alla guerra e ... (1). Se lettori periodico erano disposti ingoiare simili falsità non potevo che rallegrarmi per il loro stomaco di struzzo. Non volevo stare anche a rilevare le perle di quella prosa quali • mania fascistica di persecuzione • o • tragicommedia di Bolzano •. Non volevo nemmeno entrare con lui nella discussione ... (l) se egli avesse potuto impedire anzidetti articoli, se questi potessero paragonarsi a quelli del Tevere, dell'Impero ecc. Mi limitavo dirgli dovere noi tener presente la sistemazione crisi attuale e per il futuro quanto dall'articolo stesso risulta e cioè che, [per quanto] il periodico, come anche voleva ammettere, non fosse l'organo ufficiale del partito pangermanista, esso rispecchiava certamente idea designata ... (l) dalla fine e dall'inizio della nostra opera di aiuti verso Austria. Se così parla ... (l) noi un partito ... (l) rappresentante, partecipano alla responsabilità ora, mentre Governo austriaco ci chiede ancora appoggio per prestito e disarmo che linguaggio ... (l) se avrà più di bisogno ... (l) potevamo noi restare indifferenti? poteva non risentirne effetti nostro contegno verso Austria? nè questo bastava. Nella riunione BergIsel si erano viste lettere fuoco parole • fino a Salorno •. Non provava ciò quanto gli avevo altra volta detto, che cioè movimento antitaliano Tirolo parla ipocritamente scopo culturale ma per seguire in realtà scopo politico? E c'era

anche altro, giacchè mi risulta che nella riunione si sarebbe gridato non solo contro Italia, non solo contro V. E., ma anche contro S. M. il Re. Riunione era stata pubblica e ovunque la polizia non ammette ingiurie Sovrani capi Governo e Stati amici. Che aveva fatto polizia tirolese?

Seipel ha detto che tali ingiurie non risultavano dai telegrammi. Gli ho risposto che ciò non provava nulla e chiesto se potevo comunicare a V. E. avermi egli dichiarato che, pur essendo riunione diretta contro l'Italia, non c'era stata ingiuria nè contro essa, nè contro V. E. nè contro Sua Maestà. Seipel, piuttosto sconcertato, ha replicato che se io avevo da fonte privata le notizie, egli le aveva da fonte ufficiale; non doveva prestar fede a quella piuttosto che a questa. Ho osservato a mia volta che la fonte non contava ma quello che contava era se le ingiurie c'erano state o no. Cancelliere si è limitato ripetere che secondo rapporti autorità Tirolo, ingiurie non erano state pronunciate. Quantunque suo cavillo mi confermi che informazioni Ricciardi sono esatte, non ho creduto per il momento insistere sia perchè console generale Innsbruck non le dava come certe, sia perchè ignoro se V. E. voglia andare a fondo questione. Mi sono limitato dirgli che avrei riferito E. V. le spiegazioni. Conversazione è durata ancora poco ed è finita un poco freddamente con sua rinnovata dichiarazione circa ripresa cordiali rapporti. Colloquio benchè svoltosi con grande cortesia di forma, nella quale austriaci sono maestri, e io mi ingegno seguirli, è stato in vari punti e specialmente in quelli su disarmo e su Berg-Isel alquanto aspro. Cancelliere si è mostrato contro suo solito in procinto di perdere calma. Ho promesso ... (l) avremo altro colloquio. Ciò che del resto mi lascia indifferente.

(l) T. 4273/1645/259 del 13 luglio, che non si pubblica, nel quale Auriti riferiva, fra l'altro, di aver detto alla .terza persona • c alcune dure parole sulla situazione con incarico di riferirle a Seipel al quale mi riservo ripeterle io stesso •.

(l) Gruppo indecifrato.

481

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4313/270. Vienna, 15 luglio 1928, ore 15 (per. ore 21,45).

Fiduciario cancelliere è venuto stamane dirmi confidenzialmente che Seipel è rimasto impressionato dal tono della mia conversazione di ieri (2) il quale è in contrasto con le dichiarazioni amichevoli di V. E. Cancelliere ha voluto alla fine del nostro colloquio dare ad esso un andamento più sereno perchè si era preoccupato di qualche mio possibile scatto.

Gli ho risposto che Seipel mostra di non dare importanza a quanto gli ho direttamente detto fin dal primo giorno e indirettamente fatto ripetere in seguito e cioè doversi convincere che il contegno dell'Italia, nei riguardi dell'Austria non è più quale è stato, e inutilmente, per tanti lunghi anni. R. Governo ha voluto considerare chiuso incidente e rlmandarmi ma si mantiene in una posizione di osservazione e riserva. I buoni rapporti non potranno realmente essere ripresi se Seipel crede continuare nel suo giuoco d'altalena che non dovrebbe scontentare nessuno e finisce con lo scontentare tutti.

Aggiungevo che se egli era stato impressionato di quanto gli avevo detto, io ero stato assai malcontento di quanto egli a sua volta mi aveva detto. Non sapevo se si fosse reso conto della gravità ad esempio delle sue parole circa le asserite mie fonti di informazioni private. Per buona norma del cancelliere io non ero in Austria a fare servizi segreti di informazione ma ricevevo le notizie dai RR. consoli. Non avevo ieri voluto attribuire troppa importanza alle sue parole perchè preferivo, essendo questa la prima volta che egli si esprimeva con me in tal modo, attribuirle all'effetto del caldo sui suoi nervi e non dar luogo una settimana dopo il mio arrivo a un nuovo incidente che avrebbe potuto finire in modo più serio del primo. Perciò avevo frenato il primo moto del mio animo. Volevo sperare che quando avessi avuto occasione di un nuovo colloquio con lui egli si sarebbe espresso altrimenti. In caso contrario anche io mi sarei espresso altrimenti e altra sarebbe stata che non ieri la fine della nostra conversazione.

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -Cfr. n. precedente.
482

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. s. 18!/342. Roma, 17 luglio 1928, ore 14.

Decifri ella stessa.

Si rechi immediatamente da Chamberlain e gli comunichi quanto segue.

Era mia intenzione accogliere gentile invito Governo spagnuolo per firma protocollo Tangeri e in tal senso avevo dato qualche affidamento (1), ma sono ora nella condizione di comunicare che non mi è possibile assentarmi per cinque giorni dall'Italia in questo momento e per queste ragioni. Recente modificazione compagine ministeriale e sopratutto sostituzione conte Volpi ha determinato una campagna internazionale a fondo disfattistico che ha già avuto conseguenze spiacevoli nel corso dei cambi. È quindi necessaria mia presenza per avviare lavoro nuovi ministri che ho convocati a consiglio per il 23 e giorni successivi. Un altro fatto che impone mia presenza in Italia nelle prossime settimane è costituito dal ritorno superstiti spedizione polare, attorno alla quale tante polemiche infuriano. Finalmente ultimo ma non ultimo lo stato delle trattative italafrancesi è giunto ad un punto morto per quanto concerne le rettifiche frontiere Tripolitania e statuto italiani della reggenza di Tunisi. Poichè Graham mi ha detto che intervento Chamberlain è subordinato al mio, gli comunichi che probabilità mio intervento sono nella proporzione di due su cento. Un eventuale spostamento di date non modificherebbe mie decisioni. A tal proposito è mio convincimento che non bisogna mai spostare le date prestabilite e che nel caso concreto dopo tante discussioni e negoziazioni la firma degli accordi per Tangeri non può nè deve essere più oltre ritardata. Comunichi a Chamberlain che lo avrei rivisto con grande gioia e che spero di avere una ulteriore occasione propizia per incontrarmi con lui.

(l) Cfr. n. 211.

483

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4342/370. Atene, 17 Lugtio 1928, ore 11,45 (per. ore 14,45).

Telegramma di V. E. n. 3624/219 (1).

Nella profonda convinzione che specie nelle complesse e delicate circostanze attuali di questo paese, soltanto la prova dei fatti debba considerarsi capace di dar piena forza alle parole non avrei coscienziosamente ritenuto possibile nè conveniente formulare subito concrete previsioni circa l'integrale portata delle dichiarazioni di Venizelos nei nostri riguardi. Coi miei telegrammi nn. 353 e 354 (2) ho anzi perciò probabilmente reso in tono alquanto minore il calore di tali dichiarazioni.

Credo ciò non pertanto poter esprimere l'avviso personale che effettivamente Venizelos desideri ora molto di trovare il modo pratico di accattivarsi in maniera speciale le simpatie italiane (pur senza che ciò significhi beninteso un suo intendimento di schierarsi nettamente contro la Francia).

A titolo di semplice chiarimento incidentale intanto permettomi rilevare che il punto 5° dei citati miei telegrammi era inteso a riprodurre il fervore posto da Venizelos nel cercare più specialmente di scagionarsi dall'antico addebito fattogli di aver voluto in passato porre l'Italia in seconda linea in confronto dell'Inghilterra e della Francia. Egli insistette particolarmente nel porre in rilievo come la reciproca nostra vicinanza creasse anzi un motivo di più in favore dell'Italia.

Giudicai opportuno non essere io ad abbordare nel primo colloquio ufficiale la questione della stipulazione di un patto italo-greco, espressamente per non dimostrare premura in proposito da parte nostra, ed anche per studiare l'eventuale possibilità di evitarne lo stretto collegamento colla soluzione delle questioni pendenti tra Grecia e Turchia, di cui come è noto Michalacopoulos aveva fatto in pratica una esplicita condizione.

Ho poi restituito la visita a questo presidente del consiglio, cui ho anche avuto occasione di parlare successivamente, dopo avere convenientemente preparato il terreno col ministro degli affari esteri Carapanos (rimasto assai riconoscente del così lusinghiero telegramma di V. E. n. 3599/218 (3) del quale gli avevo dato infatti lettura con gli opportuni ritocchi del caso).

Ho informato Venizelos che V. E. lo avrebbe volentieri ricevuto a Roma facendogli allo stesso tempo chiaramente intendere stare ora a lui il dimostrare di sapersi meritare l'amicizia italiana.

Venizelos mi ha rinnovato con la sua consueta foga le già note calorose dichiarazioni, e, dicendosi molto onorato e soddisfatto di poter intrattenersi

personalmente con V. E. ha aggiunto testualmente: • Dato l'enorme lavoro che mi incombe in questi primi giorni di Governo e di preparazione elettorale, non ho ancora potuto materialmente completare l'esame della situazione, ma vi dichiaro che desidero ardentemente poter firmare col signor Mussolini in occasione della mia visita a Roma, subito dopo le elezioni che confido mi riusciranno favorevoli, un patto italo-greco. Dopo Roma mi recherò a Parigi e vi assicuro che saprò far comprendere lì le ragioni pienamente legittime delle nostre intime e cordiali relazioni con l'Italia •.

Questo, ripeto, è testualmente quanto mi ha dichiarato finora il capo di questo Governo, il quale mi ha inoltre spontaneamente espresso il desiderio di ritornare meco tra breve sull'argomento.

Oggi sarebbe per me dunque ancora prematuro affermare qualcosa di definitivo. Mi conceda V. E. di continuare nel periodo culminante attuale a seguire dappresso con atteggiamento di riservata sì ma assai vigilante aspettativa lo svolgersi dell'azione di Venizelos anche di fronte alle possibili ingerenze esterne contrarie ai nostri giusti interessi.

Continuerò a mantenere pertanto i dovuti contatti e confido di poter doverosamente fornire all'E. V. prima della annunziata visita gli elementi concreti indispensabili pel giudizio su cui fondare le conversazioni di Roma (1).

c Come ho avuto l'onore di riferire, ho la precisa impressione che Venizelos tenga in modo speciale a riuscire ad eliminare le possibili pregiudiziali che l'opinione pubblica italiana possa avere contro di lui.

Dirò quasi che l'esteriorità delle sue manifestazioni sia forse anche un tantino esuberante, e perciò, pur mantenendomi con lui strettamente in contatto, ho posto qualche riserva nel parlargli, in principio, specialmente della questione del patto, affinché non riportasse l'impressione che si premesse troppo, e perchè si rendesse conto che la fiducia si ispira sopratutto, se non soltanto, colla prova dei fatti. Ho trovato modo di condurre la sua attenzione su questo assioma, quando gli ho comunicato il gradimento di V. E. alla sua richiesta di visitarLa a Rom.a.

Egli allora mi ha ripetuto anche con maggiore insistenza della prima volta, come si prefiggesse in modo speciale d'andar subito a conferir con Lei, partendo di qui dopo le elezioni, e, come ho telegrafato, ha aggiunto col maggior calore, testualmente di c desiderare assai di poter firmare in tale circostanza, con l'E. V. una patto italo-greco >.

Ho giudicato conveniente, come condotta di trattativa, di non chiedergli seduta stante maggiori precisazioni, perché da un lato mi aveva egli espresso il desiderio di tornare a parlarmi dell'argomento dopo un più particolareggiato esame di tutta la situazione balcanicoorientale, e dall'altro lato conviene prima perseverare nell'azione persuasiva iniziata già presso Carapanos, per tentare di far possibilmente comprendere come l'interesse ellenico non abbia necessariamente a collegare -giusta quanto aveva invece decisamente precisato Michalacopoulos, d'accordo col parere dominante sia di questi circoli politici sia dell'opinione pubblica l'eventuale stipulazione di un patto italo-el!enico col previo componimento delle pendenze greco-turche.

Mi son dunque per ora limitato con Venizelos, a riferirmi in proposito, alle dichiarazioni fatte da V. E. al Senato: egli è tornato a ripetere che tali dichiarazioni venivano qui considerate come particolarmente amichevoli e che, pertanto, ne esprimeva la sua perfetta riconoscenza.

Mi son permesso di chiedere all'E. V. -che conosce come sia stato mio studio costante il tentare di controbattere nel modo migliore in questo paese le eccessive ed indebite ingerenze franco-serbe dannose ai nostri giusti interessi -di concedermi che io non formuli ancora previsioni definitive, ma prosegua da vicino, in questo che è certo uno dei periodi culminanti della politica greca, la attenta osservazione dei fatti, accompagnandola beninteso, da tutta l'azione che riesca opportunamente consigliabile ai nostri legittimi fini.

L'ingerenza straniera cui accennavo più sopra, si è senza dubbio manifestata con nuova attività dopo l'avvento del presente gabinetto ellenico al potere, e mentre credo poter ritenere che l'Inghilterra (il cui rappresentante diplomatico in questa capitale, ministro Loraine, è partito da parecchi giorni in regolare congedo) tenga atteggiamento di neutrale aspettativa per ciò che concerne la campagna elettorale, ed assista d'altra parte almeno tacitamente consenziente al lavoro di rinsaldamento dei rapporti italo-greci, mi risulta invece in modo sicuro, a quanto mi ha confidato lo stesso Venizelos che la Francia abbia qui manifestato per bocca del signor Clèment Simon, più o meno concrete preoccupazioni sulle conseguenze balcaniche ed anche più genericamente internazionali, di un simile avvicinamento. Le <!onvulse vicis

(l) -Cfr. n. 472. (2) -Cfr. n. 467. (3) -Cfr. n. 470.

(l) Cfr. anche quanto scriveva Arlotta nel rapp. rr. 3932/541, del 19 luglio, in margine al quale Mussolini ha annotato c Interessante • :

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, E AL CONSOLE AD ADEN, CANERO MEDICI

T. 3719. Roma, 17 Luglio 1928, ore 20.

(Per Colonie e Aden). R. ambasciatore a Londra in data 14 corrente, ha telegrafato quanto segue:

• (come nel telegramma in arrivo n. 4294/408 da Londra) • (1).

(Solo per Colonie). Prego V. E. voler portare urgenza quanto precede a conoscenza governatore Eritrea con istruzioni di continuare agire nel miglior modo presso l'Imam per agevolare soluzione conflitto con Governo britannico.

(Solo per Londra). Telegramma di V. E. n. 408.

(Per Londra e Aden). Il governatore dell'Eritrea ha ricevuto istruzioni continuare agire nel miglior modo presso l'Imam per agevolare soluzione conflitto con Governo britannico.

situdini interne che attraversa attualmente la Jugoslavia hanno determinato una nuova incer

tezza sull'epoca della ripresa dei negoziati concernenti le questioni di transito per Salonicco.

Mi consta per avermelo detto gli stessi Venizelos e Carapanos, e per essermi stato confermato

da questo mio collega rumeno signor Langa Rascano, che in occasione dell'ultima riunione

della Piccola Intesa, Marinkovitch aveva, anche in risposta ad amichevoli approcci di carat

tere mediatore fatti di propria iniziativa dal Titulesco, espresso decisamente il parere che

non convenisse alla Serbia addivenire a tale ripresa se non dopo avere sistemato coll'Italia la

situazione inerente alla ratifica di Nettuno, al rinnovamento del patto ecc. Dopo la assun

zione di questo gabinetto, Carapanos, scrivendo in forma privata a Polychroniades, lo auto

rizzò a far sapere a Belgrado che anche il nuovo governo ateniese sarebbe stato disposto alla

ripresa delle trattative intese alla ricerca di una soluzione equamente conciliativa delle que

stioni di transito. Sopraggiunse la crisi jugoslava e le cose sono, pel momento, al suddetto punto.

Venizelos non mi ha certo manifestato sentimenti comunque ostiLi alla Jugoslavia, né

mi ha nascosto anzi il suo desiderio di vivere con questa in termini di buon vicinato. Non

bo creduto ancora il momento di chiedergli esplicitamente se entri nelle sue vedute la stipu

lazione di un patto politico colla Serbia, perché Carapanos mi ha dichiarato formalmente che

«il n'en a pas été absolument question •. e perché lo stesso Venizelos mi ha più volte

ripetuto che, assai onorato di recarsi per prima cosa a Roma dopo che le elezioni lo abbiano

confermato al potere, non avrà certo occasione né intende di assumere eventuali impegni

internazionali interessanti la politica generale, prima di essersi intrattenuto con V. E. in parti

colare esame di questa. Non abbiamo. però mancato di scambiarci considerazioni, nelle quali

ci siamo trovati perfettamente concordi, circa la pericolosa pressione, latente forse, ma non

per questo meno indiscutibile, che esercitano verso le province orientali della nuova Grecia

le imperialistiche tendenze panserbe.

Venizelos mi ha anche accennato, in tono significativo, che contava molto sull'efficace

contributo italiano per determinare in pratica una stabile situazione di concordia tra Grecia

e Bulgaria.

E nella medesima circostanza Venizelos ha aggiunto, come ho già riferito, che dopo Roma

• dove sperava poter firmare un patto » sarebbe andato a Parigi, e che avrebbe ben saputo far comprendere colà le giustissime ragioni dell'intimità dei rapporti greci col nostro Paese.

Le parole pronunziate e le affermazioni fattemi finora con tanto calore a riguardo dell'Italia, sembrerebbero dover indurre a sperare assai bene circa la sincerità degli intendimenti di Venizelos.

Rimane egli fermo nel proposito di collegare la conclusione di un patto con noi alla

sistemazione delle pendenze turche?

Ha egli forse reconditamente in animo di affacciare richieste comunque connesse con le

sue antiche rivendicazioni dodecanesine? Non me ne ha fatto beneinteso, finora, il più lontano

accenno, che mi autorizzi a supporlo; ma considero buona norma tenersi sempre preparati

e coperti, da ogni lato possibile.

Questi sono i punti principali che dovranno essere chiariti e sui quali mi riservo

accuratamente di riferire in tempo utile, (secondo quanto ebbi l'onore di telegrafare col

N. 370) perché sulla loro conoscenza possa fondarsi un preventivo giudizio circa la natura e portata delle conversazioni di Roma».

(l) Cfr. n. 477.

485

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4358/592. Berlino, 17 Zuglio 1928, ore 21,10 (per. ore 23,35).

Oggi è venuto a vedermi Klein direttore della D[eutsche] A[Zlgemeine] Z[eitung] che parte per qualche settimana in vacanze.

Occorre ricordare che D[eutsche] A[Zlgemeine] Z[eitung] dopo scomparsa TaegZiche Rundschau deve teoricamente considerarsi come unico organo della stampa più vicino Stresemann. Dico teoricamente poichè di fatto organo più simpatizzante sembra attualmente Vossische Zeitung.

Occorre anche ricordare che qualche giornale ha accennato ad intervento ufficioso di • personalità • tra V. E. e Seipel, e che in queste personalità si è voluto riconoscere Klein. Secondo Klein, Seipel stesso avrebbe diffuso queste voci ritenendo ciò gli giovasse per ragioni di politica interna in Austria.

Klein mi ha chiesto con molto interesse che cosa pensasse V. E. del suo progetto per Alto Adige. Ho risposto in conformità alle istruzioni contenute nel telegramma di V. E. n. 250 (1), soggiungendo che ero stato ricevuto da V. E. poco dopo l'atto di omaggio fattole da 500 mutilati nell'Alto Adige.

Parlandosi poi dei rapporti tra Germania e Italia Klein ha notato che la stampa tedesca ha tenuto un contegno moderato in occasione della celebrazione del 12 corrente (mio telegramma n. 586) (2). Io l'ho riconosciuto, osservando però l'acredine di taluni telegrammi da Innsbruck e da Vienna. A tal proposito io rilevavo che tali telegrammi descrivendo il • deserto • nelle vie di Bolzano durante la visita di S. M. il Re concludevano che si era fatta così una festa italiana e non tedesca. Che cosa volevano con tale ingenua conclusione affermare i telegrammi suddetti? Certo, noi avevamo voluto celebrare una festa italiana e non tedesca o austriaca.

Io riconoscevo poi volentieri che così la visita di S. E. Balbo a Berlino, come la mia a Colonia, avevano dato occasione a manifestazioni molto cordiali tra italiani e tedeschi; ma si trattava di manifestazioni personali o di amministrazioni specifiche. La politica estera della Germania aveva avuto, come più recente manifestazione, frase di Breitscheid che • non occorreva affrettarsi a restringere rapporti con Italia e Ungheria • (mio telegramma n. 821).

Klein ha cercato svalutare frase di Breitscheid, e ha ripreso il suo tema della collaborazione itala-tedesca; tanto più opportuna in quanto le recenti dichiarazioni di Poincaré e della stampa governativa francese non lasciano punto sperare in una prossima liberazione dei territori renani.

Ho concordato in linea generale col pensiero di Klein che ulteriore miglioramento rapporti itala-tedeschi non potrebbe che essere giovevole ai due paesi. Gli ho detto che qualche segno positivo non potrebbe però avvenire che nell'autunno, quando Stresemann riassumerà suo ufficio.

Klein ha ripetuto, nella fine del _colloquio, il concetto che a raggiungere tale intento sarebbe necessario un atto diretto di V. E., e che V. E. solamente po

trebbe fare, e cioè una dichiarazione circa Alto Adige che avesse una favorevole ripercussione in Germania.

Ho replicato che la questione dell'Alto Adige, come V. E. ha ripetutamente dichiarato, è questione prettamente interna dell'Italia. Per suoi riflessi all'estero occorrerà, a mio avviso, vedere in primo luogo quale condotta terrà Governo austriaco, in conformità al comunicato annunziante il ritorno del R. ministro a Vienna.

(l) -Cfr. n. 436. (2) -T. 4277/586 del 13 luglio, che non si pubblica.
486

APPUNTO DEL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, PER L'UFFICIO SOCIETA DELLE NAZIONI

Roma, 17 Luglio 1928.

È ovvio che scopo essenziale della nostra azione nella Commissione dei Mandati deve essere quello di creare delle difficoltà alle Potenze Mandatarie od almeno non aiutare quest'ultime a superare quelle che già incontrano.

Per seguire questa linea di condotta non è possibile emettere delle teorie generali, ma occorre che i nostri Rappresentanti si regolino caso per caso.

La politica francese e quella inglese nei riguardi dei mandati sono differenti non solo perchè si applicano a regioni, dove differenti sono le condizioni politiche, ma anche e sopratutto perchè i metodi di esecuzione e gli strumenti di attuazione delle due politiche sono profondamente diversi.

Così mentre l'Inghilterra ritrae notevoli vantaggi dalla sua politica liberale nell'Irak ed in Transgiordania e riesce a meglio affermare la sua influenza politica col rendere in apparenza sempre meno pesante la sua ingerenza nell'Amministrazione locale, la Francia se seguisse in Siria una tale linea di condotta, aiuterebbe invece potentemente il nazionalismo locale e vedrebbe con molta probabilità diminuire piuttosto che aumentare la sua influenza.

Ne consegue che, allo stato attuate delle cose, a noi conviene ostacolare la tendenza inglese a ridurre sempre più la tutela del mandato, ma favorire invece la stessa tendenza liberale in Siria, perchè in quest'ultima regione la situazione sembra tale che una volta allentati i freni le Autorità francesi non saprebbero essere più in grado di controllare ed arginare gli sviluppi del nazionalismo locale.

Theodoli ha quindi in sostanza fatto bene ad agire come egli riferisce in seno alla Commissione dei Mandati, per quanto riguarda l'Inghilterra, ma, come del resto egli stesso riconosce, ha favorito nello stesso tempo gli interessi francesi: e ciò è andato tanto oltre che la Commissione ha presentato al Consiglio la dichiarazione (di cui all'allegato B) (1), che è tutta a vantaggio della Francia, ed in antitesi cogli scopi che noi dobbiamo perseguire.

Credo quindi opportuno che si richiami su quanto precede l'attenzione di Theodoli, perchè egli si renda conto che nella questione si deve cercare di adottare da parte nostra una linea di condotta diversa quando si tratta di paesi a mandato inglese e paesi a mandato francese.

{l) Gli allegati non si pubblicano.

487

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

L. R. P. 4347. Roma, 17 luglio 1928.

Il Ministro Hory, a nome del Conte Bethlen ha trasmesso un progetto di dichiarazione scritta (l) che dovrebbe essere firmato e rilasciato dal noto Steidle, a nome della Heimwehr, pel tramite del Conte Bethlen, al Governo Fascista.

S. E. il Capo del Governo ha accettato il testo della dichiarazione, incaricandomi di informare Hory, che egli era disposto, a dichiarazione firmata, a concedere gli aiuti richiesti e cioè:

l) 1.500.000 di lire italiane da versare per tramite del Conte Bethlen. 2) Una notevole quantità di armi da consegnare alla frontiera italaaustriaca, a tempo dovuto, nelle mani degli inviati di Steidle. Quanto sopra per Sua personale conoscenza e norma di linguaggio col Conte Bethlen.

Ho provveduto intanto ad accreditare a codesta Legazione una prima somma di L. 500.000 da consegnare al Conte Bethlen, al momento opportuno, e dietro autorizzazione telegrafica del Ministero.

Sarà bene che lo Steidle rilasci ricevuta.

P. S. La suddetta somma è stata accreditata al conto corrente della S. V.

Ella vorrà giudicare dell'opportunità di prelevarla in varie riprese anzichè in una sola volta per evitare che la riscossione totale di un importo così cospicuo possa dare all'occhio alle Banche locali.

488

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

L. 1770. Budapest, 17 luglio 1928.

Ancora non mi fu possibile mostrare al conte Bethlen le informazioni riguardanti il noto dr. Steidle, di cui alla lettera riservata di V. E. n. 235116/691 del 5 corrente mese (2) notizie del resto che ricordo di aver lette almeno in parte a suo tempo nella stampa. Il Presidente del Consiglio è già da una decina di

• M. S. [teidle] déclarerait de sa part, que les dirigeants de l'action en cas de succès formeront un gouvernement qui sera prèt à signer une déclaration écrite d'après laquelle la question dont il s'agit [si tratta della questione alto-atesina] ne sera jamais posée par lui ni officiellement ni publiquement et qu'il n'admettra pas que propagande en soit faite. Mais étant donné qu'aucun gouvernement ne pourrait empècher qu'une pareille question soit discutée tout indépendemment du gouvernement au parlement ou dans la prese -selon l'avis du Comte Bethlen -le gouvernement à constituer devrait s'engager à déclarer dans ce cas qu'il considèrerait la question entrant entièrement dans le domaine de la politique intérieure de l'Italie •. Cfr. KEREKES, Akten, cit., p. 317.

giorni nella sua lontana proprietà di Inke ed il signor Walko da. alcune settimane in congedo all'estero! E secondo i propositi espressimi dal Presidente, egli non contava tornare in città che nel prossimo Ottobre. Ad ogni modo il Gabinetto è preavvisato che desidero vedere il conte Bethlen qualora egli avesse a ritornare in questi giorni, come qualche giornale ha preteso.

Non v'ha dubbio che le brevi dichiarazioni del dr. Steidle sono piuttosto compromettenti dal nostro punto di vista, ma dato l'ambiente e la speciale circostanza in cui furono pronunziate, gli sarebbe stato forse difficile non avere un accenno polemico, anche per non perdere di quella popolarità che gli è oggi più che mai necessaria per completare le sue organizzazioni. Ben altra cosa del resto si è di parlare da persona libera ed indipendente, quale egli oggi si considera, che non quando si hanno responsabilità di Governo, come gli accadrebbe certamente domani se il movimento avesse l'esito desiderato. Mi permetto del resto di far rilevare che le dichiarazioni del dr. Steidle sono del 10 aprile scorso e quindi di alcune settimane anterio1·i al colloquio da lui avuto a Budapest col conte Bethlen, nel quale pure non aveva assunto alcun impegno a nostro riguardo. Se V. E. lo consente sarei per esprimere il modesto e subordinato avviso che senza alcun dubbio è necessario usare prudenza e nutrire una ragionevole diffidenza, ma che tuttavia non ci convenga, allo stato delle cose, di lasciar cadere il suggerimento e l'iniziativa del Conte Bethlen. Prima di concretare il nostro eventuale aiuto si potranno ampiamente discutere col dr. Steidle le indispensabili garanzie per noi -che a quanto mi risulta, egli sarebbe disposto ad accordare -precisamente nel colloquio che il Conte Bethlen vorrebbe preparare e di cui alla mia lettera a S. E. il capo del Governo del 4 giugno u. s. (1).

(l) La dichiarazione era del seguente tenore:

(2) Cfr. n. 454.

489

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 31/420. Londra, 18 luglio 1928, ore 21,50 (per. ore 1,40 del 19).

Telegramma di V. E. n. 342 (2).

Ho comunicato a Chamberlain ragioni per le quali V. E. non potrà recarsi Spagna per la firma dell'accordo di Tangeri. Chamberlain mi ha detto che gli rincresce mancata occasione potere incontrarsi con V. E., ma si rende conto delle ragioni di V. E. e spera che V. E. le farà conoscere con eguale franchezza a Primo De Rivera. Chamberlain non ha nessuna voglia di andare in Spagna in questo momento, ma se Primo De Rivera dovesse insistere malgrado assenza di

V. E., e se Briand vi andasse, non potrebbe fare a meno di recarvisi pure. Firma accordo Tangeri non ha importanza tale da richiedere tanta solennità e convegno era stato ideato piuttosto come pretesto incontro politico generale al quale assenza di V. E. toglierà evidentemente principale importanza. Questo ambasciatore di

Francia è venuto stamane a domandarmi notizie sull'argomento quando suddetto telegramma di V. E. non era completamente decifrato. Lo informerò della comunicazione che sono stato incaricato di fare a Chamberlain.

(l) -Cfr. n. 383. (2) -Cfr. n. 482.
490

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO

T. 3754/356. Roma, 19 luglio 1928, ore 23.

Faccia sapere sin da questo momento a Mr. Kellogg che se firma trattato contro guerra dovesse aver luogo a Parigi, io non vi parteciperò.

491

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. s. 20/347. Roma, 19 luglio 1928, ore 24.

Mio gab. 18/342 (1). Decifri ella stessa. V'è un altro motivo che impediscemi assentarmi Italia per sei giorni. 27 luglio scade termine per denuncia trattato italo-jugoslavo.

492

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, E ALL'UFFICIO SOCIETA DELLE NAZIONI

TELESPR. RR. 237881/714 (2). Roma, 19 luglio 1928.

(Per tutti). S. E. il Ministro d'Ungheria, Signor de Hory, ha fatto pervenire a S. E. il Capo del Governo la lettera confidenziale 9 luglio, n. 93 di cui unisco una copia.

D'ordine di S. E. il Capo del Governo, prego la S. V. di voler personalmente e verbalmente assicurare il Conte Bethlen che l'Italia appoggerà a Ginevra la tesi ungherese.

Gradirò un cenno di cortese conferma.

(Solo per Ufficio S. N.). Comunicasi quanto precede a codesto Ufficio per riservata sua informazione e direttiva nonchè per norma, a suo tempo, di S. E. il Senatore Scialoja.

Anche da codesto Ufficio sarà gradito un cenno di ricevuta.

ALLEGATO.

HORY A MUSSOLINI

N. 93 R. Rome, le 9 juiHet 1928.

La décision que le Conseil de la Société des Nations avait prise à l'occasion de sa dernière séance a laissé une fois de plus en s'Ouffrance l'affaire des optants hongrois de Transylvanie.

Mon Gouvernement bien qu'il ressente lui méme profondément la douloureuse surprise que l'opinion publique hongroise avait éprouvée à la suite de cette nouvelle manifestation de l'attitude dilatoire du Conseil, ,est prét à entamer des négociations avec le Gouvernement R'Oumain en vue de régler ce différend à l'amiable.

Mais si ces négociations comme il est à craindre aboutissaient à un résultat négatif, le Gouvernement hongrois est décidé de faire porter l'affaire à l'ordre du jour du Conseil lors de sa prochaine réunion et exigera conformément aux dispositions du Traité de Trianon la nomination du juge suppléant à la place de celui, que le Gouvernement Roumain avait retiré du tribuna! mixte rumainhongrois.

En effet il serait impossible à mon Gouvernement de renoncer à ce droit qui lui est assuré par le traité de paix, par ce méme traité dont la plupart des dispositions ont imposé à la Hongrie des sacrifices presque sans exemple dans l'histoire et qui par contre avait rapporté à la Roumanie d'immenses bénéfices. Car en agissant autrement il assumerait une responsabilité écrasante vis-à-vis de la nation hongroise.

Aussi comme j'ai eu déjà l'honneur de le dire mon Gouvernement est fermement résolu de resaisir prochainement le Conseil de la Société des Nations de cette question et de lui demander que contrairement à sa dernière décision qui pourrait étre méme qualifiée d'affront à l'égard du Gouvernement hongrois, il désigne sans retard le juge à la place de celui qui avait été retiré par la Roumanie.

Mon Gouvernement a du reste la profonde conviction qu'en agissant ainsi il ne protège pas exclusivement les intéréts dont la sauvegarde lui avait été confiée par la nation hongroise, mais aussi la haute idée de l'arbitrage international, pilier principal de tout l'édifice de la Société des Nations dont la solidité est gravement menacée par l'attitude que le Gouvernement roumain et jusqu'à un certain point le Conseil de la Société des Nations meme avaient adoptée en cette affaire.

J'ai reçu l'ordre de mon Gouvernement de porter ce qui précède à la connais

sance de V. E. et de La prier instamment de donner tout l'appui et protection

nécessaire à la cause hongroise pour que cette lutte que mon Gouvernement ne

pourra abandonner sans obtenir satisfaction et qui depuis de longues années enve

nime les relations des deux pays en cause, puisse étre menée à bonne fin par la

Hongrie.

(l) -Cfr. n. 482. (2) -Il telespresso venne inviato all'ufficio Società delle Nazioni col n. 237882/906.
493

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4433/717. Parigi, 19 Luglio 1928 (per. H 22).

Telegramma di V. E. n. 3675/591 (1). A quesito posto dal telegramma di V. E. per corriere n. 3125 (2) credo si possa rispondere escludendo un cambiamento radicale di atteggiamento della

Francia nella questione dell'Anschluss ed ammettendo invece che vi siano sovente delle manovre di azione influenzate dalle personalità del ministro Benès e del segretario generale francese Filippo Berthelot e dalle loro concezioni del programma politico ed economico della Piccola Intesa, ed influenzate pure dai diversi temperamenti personali dei rappresentanti diplomatici in azione.

È pure da tenere presente l'impressione, non del tutto errata del resto e molto generalizzata, che la questione dell'Anschluss interessa l'Italia più della Francia; quella della frontiera orientale germanica la Francia più dell'Italia; e che questa situazione di fatto è realizzata pienamente dalla Germania la quale se ne serve, e se ne servirà, per manovrare nel proprio interesse.

(l) -Si riferisce probabilmente al t. 3673 del 15 luglio, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 412.
494

RELAZIONE DI ITALO ZINGARELLI

Zagabria, 19 luglio 1928.

Annotazioni desunte dalle interviste e conversazioni a Zagabria (Trumbic, Macek, Pavelic, Schloegel, direttore del gruppo di giornali della Jugostampa, Dezman, direttore dell'Obzor, Demetrovic, direttore del Morgenblatt, Prof. Suffiay).

Il sentimento di ribellione ai serbi è ormai generalmente diffuso. Allorchè venni a Zagabria nel febbraio scorso mi era stato impossibile spingere le persone colle quali venni a contatto sulla china delle confidenze antiserbe, incontrai anche difficoltà ad ottenere alla Camera di Commercio dati economici che potessero dare occasione a rilievi avversi alla politica centrale.

Stavolta il coro è stato unanime. Lo stesso direttore del Morgenblatt che ho ragione di credere sia ai servizi della politica belgradese non è riuscito a disgiungere dal suo ottimismo una buona dose di scetticismo sulla leale volontà delle autorità governative di giungere ad un componimento della crisi.

Giornalisti molto serii come lo Schloegel ed il Dezman mi hanno sgranato, sebbene • in via strettamente confidenziale •, tutta la litania delle malefatte della cricca belgradese che si attacca al potere per lucrarvi in mille modi e non intende staccarsene. Il contrasto tra la mentalità bizantina dei serbi e quella occidentale dei croati trova oggi la sua espressione in mille modi.

Si parla di federalismo, ma dietro questa formula legale ammessa alla pubblica discussione traspare chiaramente l'idea del separatismo: lo stesso Trumbic, il Macek, questi esplicitamente, l'altro copertamente me l'han lasciato intendere.

La formula è • via da Belgrado • e mi si è assicurato (Pavelic, Suffiay) che essa è diffusa tra le masse dei preciani come un imperativo categorico. Vi si uniscono, colla stessa decisione dei croati, i serbi ed i maomettani del territorio dell'antica monarchia austro-ungarica.

Malgrado questa unità, dichiarata o larvata, di intenti l'unità politica non credo esista. Macek svaluta i federalisti, questi ed i separatisti mostrano di non avere fiducia in Radic. Notevoli, a tal proposito gli apprezzamenti sfavorevoli di Trumbic.

Mi è stato assicurato ed ho controllato l'esattezza della notizia che il giorno 16 Radic fece invitare Trumbic ad andargli a far visita nella sua villa per giungere cosi ad una manifestazione di unità. Trumbic, convocati in casa propria alcuni dei suoi amici decise di rifiutare. Ignoro il motivo del rifiuto: gli elementi raccolti fanno credere che gli altri capi temono che Radic -sulle condizioni di salute del quale l'ultima parola non è ancor detta (Pavelic, Suffiay, Schloegel) -possa trascinarli in un'avventura, riavvicinandoli a Belgrado, e renderli così invisi alla popolazione croata. Radic, per l'incostanza del suo carattere costituisce oggi l'elemento più enigmatico della situazione e l'enigma è tanto più grave in quanto tutti riconoscono che Radic è quegli che oggi gode del maggior prestigio.

Ho l'impressione che i contadini radiciani non abbiano effettivamente alcun programma di azione immediata. Credo sincero Macek quando afferma che di tattica non si possa ancora parlare e le titubanze notate in Macek rivelano a parer mio l'incertezza di lui verso il suo capo.

È per altro notevole l'analogia, anche formale, del movimento croato con quello dei contadini di Transilvania.

Considerazioni daL punto di vista italiano.

È qui unanime il desiderio di udire in questo momento dall'Italia una parola-di rassicurazione per quanto riguarda le mire territoriali in Dalmazia (tutti gli intervistati) o quanto meno di veder considerata obiettivamente dalla stampa italiana la situazione della Croazia. Oggi che han bisogno di noi, i capi croati assicurano che sui sentimenti di amicizia della popolazione croata -e per la Croazia e Slavonia esclusa la Dalmazia credo sia anche vero -l'Italia può contare. Si teme che l'Italia possa approfittare di un movimento croato per realizzare le sue idee di conquista sulla Dalmazia, ma più ancora si teme che Belgrado possa procedere al distacco della zona appartenente già alla ex monarchia austro-ungarica !asciandola in balia delle rivendicazioni italiane ed ungheresi. Per quanto questa tesi possa sembrare strana a chi tenga presente la fame di territorio che han sempre avuta i serbi, essa è in circolazione. Il Dr. Schloegel al quale chiesi in proposito maggiori dettagli mi disse che dal punto di vista psicologico essa può trovare spiegazione _'1ella incapacità dei serbi di giungere alla soluzione di problemi che sieno troppo complessi per la loro mentalità. Non possono ammansire l'opposizione croata, egli aggiunge, ed impugnano il revolver; non possono tranquillizzare la Croazia e pensano di staccarla. Ma, oltre a ciò, aggiunse lo Schloegel, un esame della ripartizione territoriale dei nuovi impianti dovrebbe far concludere che essa è stata guidata dal criterio che i territori che furono dell'antica monarchia possano un giorno essere staccati dal restante del regno panserbo. Meno male per noi se il distacco significasse la nostra indipendenza, ma esso potrebbe signifìc:=ore il passaggio del nostro territorio ad altre potenze. In ogni modo a Belgrado, concluse, se ne parla.

Che questa non sia una manovra di Belgrado per mettere avanti pericoli e minaccie, non è da escludersi. Rammento che al convegno dei contadini rumeni ad Alba Julia, il 6 maggio scorso, aveva presa sui capi il timore che di una

28 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

sollevazione in Transilvania ed in Bessarabia fossero pronte ad approfittare la Ungheria e la Russia.

Non c'è da credere che il movimento croato possa avere un rapido decorso: vi contribuirà ad accelerarlo la cattiva amministrazione del governo centrale, a ritardarlo qualche dissidio tra capi croati che forse già oggi si è manifestato. In ogni modo, nel generale fermento balcanico è anche questo un elemento che l'Italia deve attentamente vigilare. E sarebbe forse bene tenere contatti, molto indiretti coi capi (come sarebbe bene svolgere analoga azione coi capi zaranisti in Rumania) ed in ogni modo potrebbe giovare in avvenire la parola che fin da oggi la stampa italiana dovrebbe cominciare a pronunciare a favore di una sistemazione jugoslava.

Rilevo la sfiducia che gli elementi intellettuali mostrano verso Radic per aggiungere che di lui non abbiamo da fidarci neanche noi. Russofilo, sposato ad una cecoslovacca, indebolito dalla paura di restar vittima di un nuovo attentato, egli non è oggi capace di sentimenti di sincerità verso popoli non slavi e tanto meno verso l'Italia.

Allo Schloegel, notoriamente massone e sempre pronto a lanciare il suo giornale (Novosti) contro l'Italia parlai della politica francofila della Jugoslavia. Mi rispose che questo è affar dei [Serbi?] mentre i Croati sanno che la Francia è troppo lontana perchè l'amicizia debba andare oltre il sentimentalismo culturale. Anche questa risposta oggi è notevole, date le qualità sopradette dell'interlocutore.

495

L'AMBASCIATORE A TOKIO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4397/111. Tokio, 20 luglio 19.28, ore 13,05 (per. ore 16,50).

Mio telegramma n. 92 (1). Ho avuto stamane con presidente del consiglio lunga conversazione politica nella sua residenza privata.

Tale conversazione era stata preceduta da altre che avevo avuto con personalità politiche, amici ministro, quindi egli era al corrente di quanto andavo ad esporgli.

Dopo aver descritto posizione dell'Italia e del Giappone dal punto di vista interno ed internazionale, ho messo in rilievo interessi delle due nazioni di seguire lo svolgimento degli avvenimenti interni della Russia e perciò la opportunità che vi sarebbe eventualmente agire di concerto in avvenire; ho ripetuto cioè in modo opportuno le idee che ho avuto l'onore svolgere V. E. a Roma.

Presidente del consiglio che ha seguito con vivissimo interesse mia esposizione, mi ha risposto che quantunque amicizia russa presentasse vantaggio per

gli interessi politici giapponesi in Manciuria, pure già da qualche tempo egli si era posto il problema che gli presentavo ed egli aveva pensato risolverlo con un accordo con Stati Uniti Francia e Inghilterra.

Ho richiamato allora attenzione presidente del consiglio intorno difficoltà che sorgerebbero per un accordo a cinque ed egli ne ha convenuto trovando molto preferibile associarsi alla mia idea, tanto più ad essa potrebbero eventualmente aderirvi le altre potenze. Non ho creduto discutere per il momento questo punto. Presidente del consiglio, dopo aver ricordato gli enormi interessi giapponesi nella Manduria (dove sono stabiliti 200.000 giapponesi, milioni controllo (l) Corea ed impegni due miliardi yen) mi ha detto che rifletterà subito sulla nostra conversazione e tra giorni mi farà conoscere suo modo di vedere al riguardo.

La conversazione ha avuto carattere confidenziale privato naturalmente, non impegnativo. Da essa ne ho riportato impressione favorevole.

A meno ordine in contrario da V. E. continuerò quindi sulla linea prefissami cercando portare questo Governo ad una intesa sulla questione russa nella forma che V. E. si compiacerà volere telegrafarmi.

Sarei subordinato avviso impegno reciproco a consultarci ed appoggiarci in linea generale sulla soluzione delle questioni russe chE.> venissero a sorgere, potrebbe servire gli interessi entrambi paesi

(l) T. 4134/92 del 6 luglio, che non si pubblica.

496

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) S. RR. 78/213. Budapest, 20 luglio 1928, orre 15,50 (per. ore 18).

Lettera S. E. Grandi del 5 corrente n. 691 e mia lettera per corriere n. 1770

de:\ 17 corrente (2).

Ieri sera conferii con Bethlen tornato in città per poche ore. Mi confermò

che dichiarazioni dottor Steidle sono anteriori intervista con lui avuta nella

quale Steidle stesso non solo aveva riconosciuto necessità astenersi da qualunque

manifestazione irredentismo per Alto Adige, ma anzi aveva promesso esercitare

azione moderatrice fra suoi amici. Egli si era dichiarato anche pronto a rila

sciare dichiarazione assolutamente impegnativa nostri riguardi in nome nuovo

Governo che sarebbe uscito da movimento. Bethlen aggiunse che prossima

mente avrà nuovo abboccamento segreto con dottor Steidle e che qualora, come

non dubitava, dichiarazione impegnativa che si farà rilasciare sarà giudicata

soddisfacente dall'E. V., egli spera che ella vorrà aiutare sua azione Reichs

wehr (3).

(l) -Decifrazione incerta. (2) -Cfr. nn. 454 e 488. (3) -Sic, anzichè Heimwehr.
497

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4415/586. Belgrado, 20 luglio 1928, ore 15,07 (per. ore 18,35).

Con telegramma stampa n. 584 trasmetto a V. E. importantissime dichiarazioni Marinkovich circa prossimo termine patto amicizia.

A parte che esse possono essere dettate da preoccupazioni politiche personali per chiarire giustificare proprio passato programma ed opposizione recente a progettato Governo neutrale osservo:

1° esse avvengono subito dopo arrivo Rakich, sono quindi probabilmente concordate anche con lui;

2° che corrispondenza Times essendo stata riprodotta da Stefani (mio telegramma n. 572 del 18 corrente) ne ha avuto un valore che altrimenti non sarebbe esistito. Governo S.H.S. sarebbe stato quindi rispetto alla prossima scadenza in situazione assai imbarazzante e dubitosa, che appariva assai sensibile fino a pochi giorni or sono, e che è andata in ogni caso diminuendo dopo ballon d'essai della Politika (mio telegramma n. 534 del 4 luglio);

3° che Marinkovich dimentica che articolo 4 patto di Roma chiede • esplicita • dichiarazione tanto in caso rinnovo che in caso denunzia;

4° di conseguenza prossimo 27 luglio non può essere lasciato passare sotto silenzio ma esige atto positivo di una delle parti. Poichè fu Jugoslavia chiedere prima proroga spetterebbe ad essa parlare per prima;

5° in fatto nulla impedisce anche mancanza qualsiasi dichiarazione. Ma ciò oltre che essere assurdo significherebbe una singolare disinvoltura da parte jugoslava per preparare nuovo terreno per i nuovi negoziati ai quali Marinkovich allude;

6° in mancanza di qualsiasi dichiarazione patto potrebbe perdere immediatamente ogni suo valore. Nostri interessi in Jugoslavia non potrebbero avere situazione peggiore di quella che hanno oggi, ma atmosfera fra due paesi sarebbe estremamente pesante. Anche denunzia prevista dall'articolo svuoterebbe completamente l'efficacia degli ultimi mesi di esistenza di un patto cosi unicamente politico;

7° nuovo patto dovrebbe essere concluso secondo pensiero di Marinkovich e tenendo conto conversazioni e dichiarazioni scambiate sei mesi addietro quando situazione per Jugoslavia fosse netta cioè quando un Governo futuro avesse fatto approvare Nettuno. Ma ciò è soltanto la maggiore questione non la sola. Ne ho dato un sommario quadro a V. E. con mio rapporto n. 1410 del 17 luglio.

Però è evidente che Marinkovich tende fino ad ora a preparare un terreno vantaggioso per Jugoslavia, specialmente per avere la più forte situazione per l'auspicato chiarimento della nostra azione albanese che è spina pungentissima;

8° impressione internazionale di un eventuale silenzio della Jugoslavia al momento prossimo termine parmi tutta a suo svantaggio. Queste le mie ultime immediate impressioni sulle pubbliche dichiarazioni Marinkovich. Nel mio colloquio con lui ieri, nessun accenno è stato fatto di ciò

neanche indiretto. Forse suo riserbo spiegasi perchè ancora non aveva potuto vedere Rakich. Sarò grato a V. E. volermi se lo creda, telegrafare suo pensiero per mia norma ed eventuali istruzioni.

498

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Riassunto in VEDOVATO, pp. 96, 98-99)

T. 4404/122. Addis Abeba, 20 luglio 1928, ore 21 (per. ore 21,45).

Telegramma di V. E. n. 3638/87 (1).

Non ho voluto ringraziare V. E. perchè fino all'ultimo sapevo che con questa gente non si può essere al sicuro da qualche sorpresa. Infatti ecco ciò che è improvvisamente accaduto: come ho riferito con mio telegramma n. 120 (2) si stava procedendo collazionamento due testi. Tale lavoro minuzioso e difficile per qualche nuovo tentativo variare verbale era terminato e la mattina 18 corrente cavaliere Cerulli rimetteva testo definitivo nelle mani ministro affari esteri, il quale lo incaricava comunicarmi che mi sarebbe stato restituito domani per scritturazione testo italiano e che firma avrebbe avuto luogo il 19 corrente. Testo invece non mi fu restituito e nella notte di ieri Ras Tafari inviava legazione suo riduciario per informarmi improvvisa levata scudi del consiglio contro di lui, che per sei ore aveva dovuto sostenere nuova discussione dopo che il tutto era stato approvato. Essere giunto fino al punto minacciare abdicare reggenza se accordi non erano firmati. Consiglio forse in seguito azione agenti ostili pretendeva ora che estensione zona franca non era sufficiente ed aveva proceduto a delle primitive misure basandosi sull'area di questa legazione. Reggente, rendendosi pieno conto gravità situazione in cui verrebbe trovarsi Etiopia se ora non ,concludesse con noi accordo, mi chiedeva se possibile aumentare estensione. Gli ho risposto confermandogli che la situazione internazionale dell'Etiopia diverrebbe certamente insostenibile e che dopo una simile mancanza di parola, nessun Governo avrebbe mai più negoziato col Governo etiopico, cosi che questione etiopica si sarebbe indirizzata verso soluzione ben diversa e rifiutando richiesta comunicare a V. E. cifra ridicola chiesta come estensione zona. Stamane all'alba Ras Tafari mi faceva chiamare e mi esponeva nuovamente situazione chiedendomi un aumento estensione mentre conveniva tutto ciò che avevo detto e che gli ho chiaramente ripetuto, aggiungendo che era inutile continuare discutere con chi non mantiene impegni e che ormai Governo italiano ha in mano prove sulle sue intenzioni amichevoli verso l'Etiopia da mostrare al mondo, mentre Etiopia respinge questa amicizia. Così stando le cose prego V. E. telegrafarmi se intende ritirare la sua proposta o farmi conoscere quelle altre deci

sioni che crederà di prendere. Comunque la decisione di V. E. avrà un grande peso sulle sorti dell'Etiopia e di Ras Tafari, il quale non mi ha nascosto che oggi il suo governo e quello del suo paese sono in mani nostre.

(l) -Cfr. n. 473. (2) -T. (p. r.) 9413/120 del 17 luglio, che non si pubblica.
499

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI

T. GAB. 22/130. Roma, 20 luglio 1928, ore 24.

Miei telegrammi n. 19/127 e 21/129 (1).

Prego V. E. comunicare immediatamente a Primo de Rivera le ragioni per cui non mi è assolutamente possibile accogliere gentile invito Governo spagnuolo per firma protocollo Tangeri, desumendole dai telegrammi da me diretti al R. ambasciatore a Londra. Aggiunga nella forma più amichevole e cordiale l'espressione del mio vivissimo rincrescimento di dover rinunziare al piacere di rivedere Primo de Rivera, e la mia speranza che non tardi a presentarsi una più favorevole occasione.

500

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A SOFIA, RONCALLI

TELESPR. R. 238092/223. Roma, 20 luglio 1928.

Richiamo la maggiore attenzione di V. S. sopra il telegramma-posta della

R. Legazione a Belgrado che le accludo in copia (2).

Nelle attuali circostanze, e negli immediati sviluppi della situazione interna del Regno S.C.S., la questione delle relazioni fra Bulgaria ed Jugoslavia merita di essere seguita colla massima vigilanza quotidiana in tutte le manifestazioni ed i riflessi che l'azione di Belgrado può provocare in codesto Stato, sia da parte dei circoli ufficiali e responsabili sia in quelli d'opinione pubblica e di stampa.

501

IL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO', AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4408/220/112. Alessandria, 21 luglio 1928, ore 15 (per. ore 17).

S. M. il re Fuad mi ha spiegato di essersi deciso al colpo di stato per tentare di eliminare una volta per sempre le lotte politiche interne che paralizzavano il paese e toglievano ogni possibilità di preparare un conveniente accordo con

gli inglesi. S. M. intende in questi tre anni sviluppare culturalmente ed economicamente Egitto. Il sovrano è deciso a prorogare occorrendo termine sospensione costituzione oltre i tre anni fin quando non fosse compiuto completo disgregamento del Wafd. S. M. ritiene che sospensione vita parlamentare indurrà molti politicanti a staccarsi dal Wafd che ormai non potrà più attingere denaro nelle pubbliche casse e sovvenzionare gli uomini del partito. Il re mi ha infine assicurato della completa neutralità degli inglesi i quali lascerebbero il Governo egiziano libero di organizzarsi all'interno purchè siano rispettati noti quattro punti. S. M. ha aggiunto che alto commissario per dare la prova di tale neutralità partirà in questi giorni come di consueto in congedo annuale.

Re Fuad si è mostrato molto grato per l'atteggiamento della nostra stampa e mi ha domandato se V. E. è contenta di vedere che l'Egitto segue le orme dell'Italia fascista.

Ordine pubblico è ovunque perfetto e non desta preoccupazioni.

(l) -Ritrasmissione dei telegrammi di cui ai nn. 482 e 491. Si tratta degli stessi telegrammi menzionati più sotto nel testo. (2) -Si tratta del t. posta 6176/1,331, del 6 luglio, che non si pubblica.
502

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4446/414. Costantinopoli, 21 luglio 1928, ore 22 (per. ore 1,55 del 22).

Mio collega tedesco confidenzialmente mi dice risultargli che Venizelos sotto pressione francese si adopererebbe a spingere quanto più possibile sistemazione questioni pendenti con Turchia per addivenire patto turco-greco prima elezioni 19 agosto. A tal uopo avrebbe offerto al Governo d'Angora versamento immediato 200.000 lire sterline per i beni dei non scambiabili domandando in compenso facilitazione per permanenza greci in Costantinopoli.

Mio collega vede in ciò azione francese intesa diminuire portata patto italaturco cui corollario patto italo-greco sarebbe rinviato alle calende greche e mi assicura che Fethy bey durante sua presenza qui si sarebbe attivamente adoperato a favore della politica del Quai d'Orsay.

Non ho notizia sicura circa voce della nuova proposta, mi informerò qui e sarebbe opportuno che informazioni fossero prese anche a Atene. Ma dato che legazione e ministro di Grecia hanno abbandonato Angora per istallarsi qui fin a ottobre, dato quanto mi assicurò Tewfik Roussdi bey e soprattutto sua assenza non mi sembra possibile che se anche nuova proposta sia stata fatta abbia trovato qui favorevole immediata accoglienza.

Quanto al risultato dell'azione di Fethy bey mi riferisco alla mia corrispondenza passata. Il risultato minimo della medesima è provato anche dal fatto che ambasciatore di Francia arriverà qui senza aver sicurezza che a breve scadenza potrà presentare sue lettere credenziali. Se debbo prestare fede a quel che ieri dicevami capo del protocollo non è nemmeno certo che Gazi si scomodi in settembre per andare a Angora a riceverle.

503

L'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 34/297. Madrid, 21 luglio 1928, ore 20.

Ho fatto immediatamente a Primo De Rivera comunicazione di cui al telegramma di V. E. n. 130 (1). Si è mostrato dolente ma si è reso perfettamente conto delle ragioni che obbligano V. E. declinare invito. Intenzione Primo De Rivera era di trarre motivo da firma protocollo Tangeri, per una riunione dei dirigenti politica estera 4 potenze nella quale si sarebbe conversato di problemi generali Mediterraneo (mio telegramma Gabinetto n. 130 del 24 marzo scorso) (2) ed anche di quel progetto di • lega occidentale antibolscevica • che da tempo è nella mente del dittatore spagnuolo. Luogo della riunione avrebbe dovuto essere Barcellona. Avvenuta la firma del protocollo V. E. avrebbe potuto compiere rapida escursione attraverso Spagna, con tappe a Santander ove risiede ora re Alfonso e con meta finale a Malaga, ove V. E. si sarebbe imbarcata sulla stessa nave che l'avrebbe condotta a Barcellona. Mancando tutto ciò Primo De Rivera conviene non si debba più ritardare firma, la quale potrà aver luogo a Parigi per opera degli ambasciatori e non oltre il 27 corrente. A quella data, a quanto gli consta, scadono i pieni poteri di cui è munito il rappresentante britannico e per il loro rinnovamento occorrerebbe, per corrieri interni, alquanto tempo con la conseguenza di nuovi ritardi.

504

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4440/592. Belgrado, 22 luglio 1928, ore 13 (per. ore 15,50).

Miei telegrammi nn. 578 e 581 (3).

Prego V. E. telegrafarmi se abbia creduto dar seguito al desiderio espressomi da Marinkovich circa comunicato relativo accenni responsabilità serba assassinio Protogheroff apparsi nostra stampa.

Ho con telegramma n. 583 in chiaro trasmesso a V. E. comunicato diramato a mezzo Avala.

(l) -Cfr. n. 499. (2) -T. 1744/130, che non si pubblica. (3) -T. gab. 32/578 e t. 4378/581 del 19 luglio, che non si pubblicano: scambio di chiarimenti con Marinkovié circa le reciproche accuse della stampa in merito all'uccisione del generale Protogerov.
505

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4449/594. Belgrado, 22 luglio 1928, ore 16 (per. ore 20,30).

Trasmetto con telegramma stampa odierno n. 593 continuazione polemica fra Marinkovich e Pribicevich circa necessità approvazione convenzioni Nettuno. Attiro l'attenzione di V. E. su passaggio relativo ad altre cause che potrebbero provocare catastrofe statale in mancanza assetto suoi interessi esteriori. È chiaro che primo movente polemica è politica interna e che asserita urgente necessità ratificare Nettuno è per Marinkovich più forte argomento per opporsi a Gabinetto di lavoro che abbia mandato soltanto fare elezioni e giustificare Governo nuovamente espressione della coalizione democratica radicale con lui stesso agli esteri. Ma è altresì ovvio che egli vorrebbe sbarazzare al più presto il terreno dalle convenzioni di Nettuno in rapporto alle favorevoli ripercussioni per il prestito e per la nuova discussione da iniziare con noi per il nuovo patto di amicizia. È ovvio che quanto più duri l'attuale nostra situazione di creditori tanto più vi è tempo per sempre meglio rafforzare la nostra situazione albanese senza che egli possa avere ragione o motivo o pretesto di chiederci un qualsiasi chiarimento. Intanto poichè sembra fuori discussione sia intenzione della Jugoslavia lasciare passare prossimo ventisette senza fare parola patto Roma, sarò grato a V. E. se vorrà farmi avere qualche istruzione per norma di linguaggio.

506

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. 3819/309. Roma, 23 luglio 1928, ore 24.

A proposito delle preoccupazioni che V. S. mi ha manifestato col suo telegramma n. 586 (1), richiamo la sua attenzione sopra i seguenti elementi di base della situazione, che converrà ella tenga presenti nel corso della sua azione costà:

1° -Nel quadro presente delle relazioni politiche italo-jugoslave, di fronte ad un paese in piena e gravissima crisi interna, tuttora privo di un Governo responsabile, quando ancora non è dato sapere quali saranno gli uomini e le idee che in un prossimo domani ne dirigeranno l'azione, mentre perdura uno stato di agitazione contro gli obblighi assunti verso di noi, e di sistematico disconoscimento degli interessi italiani, l'Italia non verrebbe a trarre un essenziale vantaggio, nei confronti della Jugoslavia, da una proroga del patto di amicizia. È invece la Jugoslavia che, per le complesse ragioni interne ed estere che la S. V. ben conosce, attende da tale proroga la soddisfazione di importanti e diretti interessi;

2o -se, ciò nonostante, mi sono dichiarato pronto ad accogliere favorevolmente una domanda di proroga che mi venisse presentata dal Governo

jugoslavo, ho preso tale decisione precipuamente per corrispondere ad opportunità della politica estera dell'Italia che superano di molto l'ambito delle relazioni colla Jugoslavia. In quest'ordine di idee ho rinunciato non solo ad attendere la ratifica delle convenzioni di Nettuno, ma finanche la risoluzione delle varie questioni di dettaglio tuttora in sospeso la cui definizione avrebbe dovuto essere raggiunta nei sei mesi scorsi dalla prima proroga del termine di denunzia del patto.

Queste favorevoli, generose, larghe disposizioni italiane, nell'interesse della tranquillità generale, oramai note all'estero e che ancora più potranno esserlo, ci pongono in situazione ineccepibile, qualunque sia la decisione della Jugoslavia per la imminente scadenza. E non credo che occorra andare più in là.

Quanto alla tesi annunciata da Marinkovich nelle sue dichiarazioni alla stampa circa l'interpretazione dell'art. 4 del patto, esse sono indubbiamente assai discutibili dal punto di vista giuridico. Egli è del resto, in contraddizione con se stesso dal momento che sei mesi or sono sentì il bisogno di chiederci una esplicita proroga del termine. Ad ogni modo non è detto che tale tesi non possa divenire buona qualora si potesse raggiungere un effettivo e volenteroso accordo fra le due parti interessate.

I prossimi avvenimenti chiariranno ad ogni modo se le dichiarazioni di Marinkovich siano una precisa presa di posizione nella questione della proroga e quali discutibili benefici egli possa eventualmente ripromettersene nella sua assai precaria situazione politica personale.

Quello che non sembra dubbio è che tali benefici saremmo noi stessi ad assicurarli qualora da parte nostra partisse una qualsiasi iniziativa per la proroga. Gli daremmo infatti buon gioco qualora assumessimo noi la parte di offerenti per porre sul tappeto quella • spina pungentissima • per la quale, secondo

V. S. telegrafa, il signor Marinkovich vorrebbe prepararsi un terreno favorevole.

Quanto sopra ho creduto esporre alla S. V. per chiarirle le ragioni per le quali debbo confermarle le istruzioni contenute nel mio telegramma n. 291 del 7 corrente (D.

(l) Cfr. n. 497.

507

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4461/597. Belgrado, 23 Zuglio 1928, ore 20,20 (per. ore 11,20 del 24).

Questo ministro di Francia, parlandomi crisi interna e dichiarazioni Marinkovich circa necessità approvazione convenzioni Nettuno, mi ha detto che circoli militari e governativi di Belgrado sono ogni giorno più preoccupati per lavoro che sta compiendo Italia per armare Albania, e che su tale questione la Jugoslavia intende avere assolutamente delle assicurazioni oltre che spiegazioni. Dalle parole di Dard ho potuto avere altra prova che convenzioni Nettuno sarebbero spinte all'approvazione solamente per poter chiedere all'Italia chiarimenti sull'Albania.

(l) Cfr. n. 456.

508

APPUNTO SULLE TRATTATIVE PER IL PATTO KELLOGG (l)

[23 luglio 1928].

Aprile 23.

Lettera di S. E. Mussolini a S. E. Fletcher nella quale si accusa ricevuta del progetto americano del Trattato plurilaterale di pace con acclusa la copia di tutte le note scambiate fra Stati Uniti e Francia e nella quale si dà assicurazione che il progetto è passato allo studio dei competenti Uffici: nello stesso modo, si dice, che è passato allo studio • la formula che ha suggerito il Governo francese •.

Aprile 24. Lettera di S. E. Grandi all'Incaricato d'Affari di Francia nello stesso senso della precedente.

Aprile 27 o 28. L'Incaricato d'Affari di Francia lascia un appunto scritto a S. E. Grandi dal quale risulta:

a) Governo tedesco ha fatto conoscere a Governo francese l'intenzione rispondere subito alla proposta americana, consentendovi, in linea di principio, nel modo più completo, pure riservando risposta definitiva a dopo l'esame collettivo delle Potenze, suggerito dalla Francia, in merito alla conciliabilità o meno della proposta americana con gli impegni internazionali che già legano le Potenze chiamate al nuovo Trattato.

b) Governo francese sostiene la necessità preliminare esame degli Esperti delle Potenze sulla proposta americana.

Aprile 28. Memorandum lasciato dall'Ambasciatore Inglese a S. E. Grandi.

Aprile 29.

Il Signor Kellogg pronunzia dinanzi alla • American Society of International Law • di Washington un discorso nel quale dà l'interpretazione dei principali articoli del trattato.

Aprile 30.

L'Ambasciatore Inglese rimette una specie di • errata corrige • del primo Memorandum lasciato il 28 aprile. Da tutti e due i predetti Memorandum risulta:

a) Governo tedesco ha fatto la nota comunicazione (di voler rispondere subito e favorevolmente) anche al Gabinetto di Londra fin dal 25 aprile. Chamber1ain, tramite ambasciatore Inglese a Berlino, ha pregato Governo tedesco attendere a rispondere per accordarsi col punto di vista del suo Governo.

b) Governo Inglese è del parere che linguaggio usato articolo l progetto Trattato americano non è compatibile con Locarno e Società Nazioni. Governo tedesco invece è di parere opposto.

c) Notizia confidenziale di Chamberlain per S. E. Mussolini: Chamberlain non ha avuto alcuna discussione con Briand rispetto ai termini ultima risposta francese all'America e che • egli non considera come buono il testo proposto da Briand •.

d) Governo Inglese conclude favorevolmente per la proposta combinazione di un esame preliminare di Esperti e successivamente riunione dei Ministri degli Esteri. (Stessa procedura di Locarno). Ma premette che Chamberlain non potrebbe consentire a proposta francese di una riunione di quattro giuristi con esclusione Giurista americano: ritiene tuttavia che conversazioni separate fra Fromageot (Giurista francese) Gaus (Giurista tedesco) e Ceci! Hurst (Giurista inglese) potrebbero essere utili. Aprile 30.

L'Ambasciata degli Stati Uniti presenta un Memorandum nel quale fa un confronto fra il progetto americano ed il progetto francese. Con tale Memorandum il Governo degli Stati Uniti entra nettamente nel merito della questione e pone in evidenza sei principali considerazioni alle quali il Governo francese darebbe particolare importanza e confuta, una ad una, tutte le dette sei considerazioni francesi.

Maggio l.

Il Ministro degli Affari Esteri d'Italia risponde al Memorandum Inglese con altro Memorandum nel quale si dice • che l'Italia non può non considerare con simpatia il progetto americano •, che accede completamente alla tesi della necessità della riunione preliminare di Esperti, seguita da riunione Ministri Esteri: ma ritiene indispensabile che a riunione Esperti partecipi Esperto Americano. Copia di tale Memorandum viene anche inviata alle Ambasciate di Francia e degli Stati Uniti ed a quelle di Germania (4 maggio), e del Giappone (4 maggio).

Maggio 4.

S. E. il Capo del Governo indirizza una lettera a S. E. Fletcher nella quale, dopo aver posto in rilievo la simpatia dell'Italia per i fini che il progetto Kellogg si propone, e che coincidono con quelli perseguiti dalla politica italiana si dichiara pronto ad aderire alla progettata riunione preliminare di consulenti legali purchè vi partecipino anche gli Stati Uniti.

Di tale lettera è dato notizia alle Ambasciate d'Inghilterra, di Francia, di Germania e del Giappone. Maggio 7.

L'Ambasciatore d'Inghilterra fa conoscere riservatamente che l'Ambasciatore degli Stati Uniti in Londra ha comunicato al Governo Inglese che Kellogg era decisamente contrario alla conferenza dei giuristi e che, di conseguenza, Chamberlain rinunzia al suo primo suggerimento.

Maggio 10. L'Agenzia Stefani comunica ai giornali il testo della lettera 4 maggio di

S. E. il Capo del Governo a S. E. Fletcher.

Maggio 12.

S. E. Graham scrive a S. E. Grandi che il Governo Inglese, dopo attento esame, si è convinto che la proposta americana non è incompatibile con il diritto di autodifesa e con gli obblighi del Patto della Società delle Nazioni e dei trattati di Locarno e che è quindi disposto a firmare il patto accompagnandolo con dichiarazioni supplementari interpretative.

Maggio 22.

Il Governo Americano informa ufficialmente S. E. De Martino di avere diretto una nota ai Governi dei Domini Britannici e dell'India per invitarli a diventare parti contraenti originarie del Trattato.

Maggio 26.

L'Ambasciatore del Giappone ha trasmesso a S. E. Grandi copia della Nota di risposta del suo Governo a quello degli Stati Uniti a proposito del Trattato. Il Giappone è lieto della proposta americana e si dichiara disposto ad entrare in trattative per la stipulazione del trattato.

Maggio 30.

La Legazione di Ungheria presenta un Memorandum confidenziale per attirare l'attenzione del R. Governo sul fatto che l'inclusione della Piccola Intesa tra i firmatari originali del Patto porterebbe un riconoscimento di essa ed un accrescimento morale della sua importanza (1).

Giugno 13.

L'Ambasciatore di Francia presenta un pro-memoria nel quale espone la proposta del Governo Francese di un protocollo interpretativo annesso al trattato. Il Governo Francese, che non vedrebbe invece volentieri tali interpretazioni solo enunciate nel preambolo, apprezzerebbe molto se anche il Governo Italiano insistesse in tale senso presso Washington.

Giugno 23. L'Ambasciata Americana trasmette al R. Governo una Nota nella quale, ripetuto le interpretazioni date dal Signor Kellogg nel discorso dinanzi alla

• American Association of International Law •, viene proposta la nuova formula di trattato contro la guerra, includendo tra i firmatari originari i Domini Britannici e l'India e le Piccole Potenze firmatarie di Locarno (Belgio, Polonia, Cecoslovacchia). Il nuovo patto differisce inoltre dal primo progetto nel preambolo, leggermente ampliato, che contiene un accenno ai trattati preesistenti ed alla risoluzione del patto stesso in seguito a violazione di esso per parte di uno degli Stati firmatari.

Luglio 6.

Il Signor Kellogg ha dichiarato in forma ufficiale a S. E. De Martino che gli Stati Uniti non avranno alcuna obiezione a comprendere eventualmente l'Ungheria e l'Albania, legate all'Italia da particolari trattati di neutralità, tra i firmatari originari del Patto. Luglio 7.

Il Signor Kellogg dichiara a S. E. De Martino di essere deciso a non accettare più nè modificazioni nè aggiunte al testo del trattato da lui proposto.

Luglio 11.

Il Governo Tedesco ha consegnato a S. E. Aldrovandi il testo della risposta da esso inviata il giorno stesso al Governo Americano. Il Governo Tedesco si dichiara disposto a firmare il trattato nella forma proposta e con le interpretazioni datene da Kellogg nella nota del 23 giugno.

Luglio 12.

L'Incaricato di Affari di Francia fa conoscere al R. Governo che il Consiglio dei Ministri Francese si è dichiarato favorevole a rispondere al Governo Americano accettando di firmare il trattato quale esso è e tenendo conto dell'interpretazioni contenute nella nota Kellogg del 23 giugno.

Luglio 14. Il Governo francese comunica la sua risposta all'Ambasciatore degli Stati Uniti in Parigi. Copia di essa viene consegnata anche a questo Ministero.

Luglio 15.

S. E. Mussolini scrive a S. E. Fletcher rispondendo alla Nota Kellogg 23 giugno e precisando il punto di vista dell'Italia come segue:

• Il R. Governo che ha attentamente esaminato l'ultimo progetto di Trattato per l'eliminazione della guerra proposto dagli Stati Uniti, prende atto e concorda nell'interpretazione che del Trattato stesso il Governo degli Stati Uniti d'America dà nella nota del 23 giugno u. s. e con tali premesse si dichiara disposto ad addivenire alla firma di esso •.

(l) Sul carteggio diplomatico del Governo di Washington relativo al Trattato per la rinuncia della guerra, cfr. Foreign Relations of the United States, 1928, I, pp. l segg.; sul carteggio diplomatico del Governo di Londra cfr. (Blue Book) United States, n. l (1928). Correspondence with the United States Ambassador respecting the United States proposal for the renunciation of War; ibid. United States n. 2. Further Correspondence with the Government of the United States of America respecting the United States proposal for the renunciation of War.

(l) Cfr. n. 365.

509

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4475/601. Belgrado, 24 luglio 1928, ore 14,30 (per. ore 19).

Se conviene alla Jugoslavia con antigiuridica interpretazione patto Roma

serbare silenzio su scadenza prevista da articolo 4, sembra a me tale uguale

convenienza non sussistere per noi.

Se mancata approvazione convenzioni Nettuno, pur ledendo temporanea

mente alcuni interessi dalmati, giova ai fini generali della nostra politica con

la Jugoslavia, è da chiedersi se convenga con nostro silenzio [lasciare] credere

sempre più che esse non rappresentino per noi alcun valore concreto.

Se Marinkovich ritiene che ad avvenuta approvazione convenzioni sua

posizione diplomatica sia con noi di parità, e tutto debito S. H. S. pagato, e se

in tale credenza sono anche altri stati (tanto da dover accompagnare con troppo

prematura simpatia discussioni che la Jugoslavia vorrebbe avere con noi sulla

Albania) vi è forse ogni motivo per noi di fissare inequivocabilmente, e verso

la Jugoslavia e nei rispetti della nostra polìtica internazionale, che ben maggiore

è nostro credito, anche se lo si dati soltanto dalla firma del trattato di amicizia.

Inoltre se a noi non conveniva avere in alcun modo apparenza profittare discordie croato-serbe per esacerbarle, dobbiamo però, credo, tenere conto che Nettuno ed Albania non sono termini equipollenti per i due grandi gruppi jugoslavi, poichè se il primo tocca gli uni (croati) la seconda è fondamentale per gli altri (serbi). E qualora ciò possa essere messo in relazione con una nostra pure diversa valutazione di Nettuno di fronte all'Albania, sembrami sia da considerarsi il caso di profittarne per aggravare scissione fra croati e serbi.

Ciò premesso mi permetto subordinatamente sottoporre all'apprezzamento di V. E. la convenienza di una qualsiasi dichiarazione, che, premesse tutte le più ampie solenni frasi convenzionali sulla pace, amicizia e buoni rapporti con tutti popoli della Jugoslavia, stabilisca e chiarisca tutti od alcuno dei punti suindicati.

Tale dichiarazione dovrebbe, sempre a mio subordinato avviso, uscire o il 28 luglio corrente, o quando si vegga chiaramente l'intenzione del nuovo eventuale Governo circa la riapertura o meno della Scupcina, poichè qualora avvenisse prima potrebbe essa servire in qualche modo a vafforzare tesi Marinkovich circa necessità approvazione di Nettuno.

Richiamo mio rapporto n. 1410 del 17 luglio ed i telegrammi nn. 58·6, 594 e 597 (1).

510

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Ed. parzialmente in VEDOVATO, pp. 96-97)

T. 4473/126. Addis Abeba, 24 luglio 1928, ore 13 (per. ore 23,35).

Mi risulta che un agente cui ho alluso con mio telegramma n. 122 (2) sarebbe questo ministro delle finanze testè ritornato da Parigi il quale all'imperatrice e al consiglio della corona, in assenza Ras Tafari, avrebbe fatto insinuazioni pericolose sugli scopi missione Franchetti Dancalia e sul prossimo viaggio esplorazione, aggiungendo che da qualche tempo solamente Italia ottiene ciò che domanda al Governo etiopico. * Trattasi evidentemente argomenti sonanti ricevuti Parigi e ciò conferma mio timore elementi contrari nostri interessi. Ciò spiegherebbe anche improvvisa azione del consiglio della corona cui compo

nenti avevano individualmente dato Ras Tafari loro approvazione noto accordo con l'Italia. Il reggente ha commesso, con deplorevole leggerezza, errore consultare tale assemblea. Ho saputo che il Ras Tafari ha riflettuto sulle durissime mie parole e che si rende conto che dopo avere ultimato negoziato, questa ulteriore richiesta equivale ad un atto brigantaggio addirittura vergognoso, ma in fondo credo tutto ciò scusabile, trattandosi classico espediente orientale e spero che V. E. non vi attribuirà eccessiva importanza. Perciò ho l'impressione che sarebbe ancora possibile una intesa sia che V. E. consenta un aumento estensione zona franca (!asciandomi un margine di manovra) e forse anche se si manterrà nostra proposta primitiva.*

(l) -Cfr. nn. 497, 505 e 507. Con altro t. per corriere 4546/1472 del 24 luglio, Galli comunicava: • Quello che mi sembra sia il punto più interessante della polemica Pribicevich!Vlarinkovich è che, nel mentre il primo dichiara esplicitamente a nome dell'opposizione che non vuole le convenzioni di Nettuno perchè queste ledono gli interessi dei croati, il secondo si limita a trincerarsi nel sostenere la necessità dell'immediata appro.vazione delle convenzioni, dietro i più alti interessi statali. E per quanto l'opposizione faccia per provocarlo a determinare quali siano questi interessi statali, il signor Marinkovich non aggiunge parola. Nè puòevidentemente spiegarsi meglio, perchè se egli cercasse dichiarare che è suo intendimento giungere a una spiegazione circa politica italiana in Albania, offrirebbe il destro all'opposizione di gridare che ancora una volta i serbi intendono calpestare gli interessi croati a loro esclusivo beneficio ». (2) -Cfr. n. 498.
511

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

(Ed. in VEDOVATO, pp. 99-100)

T. 3826/96. Roma, 24 luglio 1928, are 24.

Telegramma di V. S. n. 122 (1). Tutto ben considerato non ritengo che al momento attuale e dato quanto

V. S. mi riferisce circa lo stato d'animo di Ras Tafari sia conveniente mostrare con una eccessiva condiscendenza l'interesse che abbiamo alla firma dei noti accordi.

Ella vorrà pertanto esprimersi col Ras in termini amichevoli ma fermi !asciandogli la netta impressione della molto sfavorevole impressione che quanto è avvenuto ha prodotto sul R. Governo, sopratutto per il fatto della debolezza da lui personalmente dimostrata in questa occasione, ciò che ci rende ass.ai titubanti nel concludere dei patti di così grande importanza con un Governo poco cosciente del suo operato politico e che quindi sembra poco atto a dare le indispensabili garanzie circa la continuità delle proprie direttive.

Ciò premesso, V. S. dirà al Ras che il R. Governo vuole fargli ancora credito nella speranza che egli riesca a trovare. la necessaria energia per attuare ciò che egli ha affermato ritenere essere nell'interesse del suo paese, ma non può naturalmente ritornare sulle offerte già fatte ed accettate personalmente dal Ras Tafari. Io posso soltanto, per facilitare il suo compito dargli a mezzo V. S. il formale affidamento che se in avvenire lo sviluppo degli interessi etiopici nella zona di Assab richiedesse un aumento estensione zona stessa, questo verrebbe preso in considerazone.

Le aggiungo, per sua personale norma, che ella è in definitiva e soltanto se necessario, autorizzata ad inserire convenzione formula generico affidamento in tale senso (2).

(l) -Cfr. n. 498. (2) -Per l'ulteriore negoziato e per il testo degli accordi, firmati il 2 agosto, cfr. VxoovATO, pp. 100-106.
512

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. 3827/311. Roma, 24 luglio 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 592 (1).

Nostra stampa ha riprodotto imparzialmente i telegrammi effettivamente provenienti da Belgrado e da Sofia circa uccisione di Protogheroff. Se in uno dei telegrammi da Sofia si accenna alla ipotesi che autori uccisione fossero serbi, nessuna equivalenza è possibile stabilire fra tale notizia e grossolane e sconcie pubblicazioni di codesta stampa che V. S. stessa mi ha segnalato e commentato e nelle quali si fa perfino menzione del nome del capo del Governo italiano. La cosa appare di tanto più grave, in quanto dimostra che, malgrado le rimostranze da noi a suo tempo fatte, codesti circoli responsabili non intendono cessare dalla indegna, menzognera e tendenziosa campagna che da tempo si conduce costà a proposito nostri rapporti con terroristi macedoni.

Il comunicato dell'Avala, che evidentemente V. S. non deve aver letto prima della sua pubblicazione, può dare un'idea della sottigliezza del signor Marinkovich, ma non può in alcun modo soddisfarei. Se non ho per il momento creduto di insistere sull'argomento, è che ritengo meglio ritornarci, per definire una buona volta per sempre la questione, quando potrò parlare costà con un Governo stabile. Ma mi stupisco come la S. V. possa per intanto insistere sull'accoglimento del desiderio di Marinkovich.

513

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 3828/227. Roma, 24 luglio 1928, ore 24.

Il R. ambasciatore a Costantinopoli telegrafa:

• (come nel telegramma n. 4446/414) » (2).

Nostra stampa d'altra parte riproduce dichiarazioni fatte da Venizelos nel suo discorso a Salonicco circa relazioni itala-greche e conclusione patto di amicizia. Faccia sapere a Venizelos che le ho lette con soddisfazione sopratutto perchè dimostrano la chiarezza e la energia delle direttive colle quali egli pone la questione dei rapporti fra i nostri due paesi. V. S. dal canto suo continui, come ha finora egregiamente fatto, a seguire strettamente l'azione di Venizelos, per poterlo sollecitare per quanto possibile alla realizzazione del patto annunziato.

29 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

(l) -Cfr. n. 504. (2) -Cfr. n. 502.
514

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

TELESPR. SS. 238700/362. Roma, 24 luglio 1928.

Ho letto con molta attenzione il Suo rapporto segretissimo dell'8 luglio (l) col quale V. S. mi prospetta, interamente libera da impegni ed impregiudicata, la questione delle reciproche garanzie che dovrebbero intercedere fra il Governo Italiano e quello Albanese al momento del cambiamento di forma costituzionale dello Stato Albanese.

Ho trovato opportuno che le trattative di V. S. si siano indirizzate verso la creazione di un nuovo vincolo del Regno d'Albania verso l'Italia allo scopo di porre completamente fuori discussione, per quello che riguarda il passato, che i trattati conclusi dalla Repubblica Albanese saranno per sussistere nella loro assoluta interezza; ed allo scopo di conseguire, per quello che riguarda il futuro, un sacro e solenne impegno del Regno di Albania di non cercare deviazione alcuna alla sua politica di fedeltà all'Italia, mediante alleanze nuove o partecipazioni, non concordate, a costellazioni politiche diverse dalla nostra.

Non ho trovato però, nel suo rapporto, un esplicito cenno al carattere segreto

o pubblico che queste garanzie dovrebbero avere.

Dal fatto che nel testo della lettera che Ahmed Zogu dirigerebbe a me verrebbe proposta l'inclusione di un passo relativo alle aspirazioni albanesi sulle popolazioni irredente soggette alla Jugoslavia, debbo intendere che la lettera stessa sia destinata al segreto; e che il carattere pubblico sia naturalmente riservato alla nota che il Ministro degli Affari Esteri dovrebbe dirigere a codesta Legazione in forma diversa da quella destinata alle altre rappresentanze straniere.

Mi sembra che questa parte, che può sembrare formale, sia invece decisiva per determinare il nostro contegno giacchè il valore delle garanzie dipende unicamente dalla loro affermazione in cospetto dei terzi. Lei sa infatti che, da tre anni a questa parte, pur avendo costruito un edificio di interessi imponenti ed anche di vincoli gravi e solenni, ma non pubblici (come il Patto del 23-26 agosto 1925) noi ci siamo sempre adoperati per aggiungere a questi interessi ed a questi vincoli un tessuto di stipulazioni più fredde e misurate e quindi forse meno robuste, le quali però erano destinate a trovare una forza giuridica enormemente maggiore pel fatto della loro pubblicità. Noi ci siamo sforzati in sostanza di trasferire il problema dei rapporti !taio-Albanesi dal terreno di un vincolo di fatto non presentato e forse non presentabile al pubblico e quindi anche contestabile in linea di legittimità, al terreno di una legittima e riconosciuta situazione di cui i terzi hanno dovuto prendere atto. L'efficacia di questa trasformazione sta tutta nella compromissione irrimediabile della politica albanese -fino allora incoercibilmente spregiudicata -e nella possibilità di far valere le nostre ragioni, a viso aperto, in caso di messa in moto dei patti.

La nostra politica non può continuare che su questa linea, anche nelle imminenti circostanze. E cioè: gli impegni solenni che il nuovo Sovrano dovrebbe

assumere verso di noi, mediante la nota lettera, non potrebbero avere valore se non costituissero una documentazione palese. Perciò la lettera dovrebbe essere evidentemente pubblicata; e con la stessa evidenza tutto l'accenno alle rivendicazioni albanesi oltre confine dovrebbe essere stralciato dal testo di essa.

Quale sorte dovrà avere questo accenno alle rivendicazioni albanesi? Il Signor Ahmed Zogu non mancherà, appena la S. V. gli parlerà di stralciare questa parte, di riaprire l'animo ai soliti dubbi sulla effettiva risolutezza dell'Italia a perseguire sino in fondo l'attuale sua politica di appoggio all'Albania contro la Jugoslavia. E perciò, questo punto della trattativa si presenta particolarmente delicato e sensibile.

Per chiarire la situazione reciproca ed evitare gli scogli della suscettibilità e diffidenza di Ahmed Zogu, occorre risalire un po' indietro, sino al Patto Segreto del 23-26 agosto 1925. Non mi risulta in modo assoluto se V. S. abbia la testuale conoscenza di questo patto e perciò credo utile rimetterLe il testo di esso (1). All'art. 5 esso dice: « Se le azioni militari comuni dovessero concludersi col conseguimento di compensi territoriali, l'Italia si impegna a fare ottenere all'Albania territori abitati da popolazioni parlanti in maggioranza l'Albanese ». Questa formula è molto più ampia di quelle che V. S. ha prudentemente studiate per escludere da esse il fattore territoriale, fattore che invece è affrontato con chiarezza e decisione nel Patto Segreto. Questo articolo 5 è, come tutto il resto del Patto Segreto, un impegno sempre vivo; non vi è ragione, per l'Italia, di rinnovarlo, specialmente se la formula di mantenimento in vita di tutti gli accordi conclusi in questi ultimi anni, viene a coprirlo, tanto nel testo della lettera che Zogu sarà per dirigere a me quanto nel testo della risposta che io sarò per

dargli.

Se però il Signor Zogu volesse dare e ricevere una esplicita conferma della

sussistenza degli impegni del Patto Segreto, io non avrei difficoltà a seguirlo;

ma è evidente che ciò dovrebbe essere oggetto di una lettera N. 2, destinata a

rimanere segreta. Questa potrebbe essere una soluzione gradita anche a lui,

dato che egli --a quanto pare -intendeva già mantenere segreta tutta la

lettera N. l nella sua redazione più ampia. Di modo che tutta la novità consi

sterebbe in questo, che per chiarezza ripeto:

l) che la lettera N. l -stralciata la parte che comincia dalle parole:

• Un grande numero di albanesi... » sino alle parole: « siano restituiti quei suoi figli. , -sia resa pubblica;

2) che la parte stralciata sia: a) o omessa come superflua, essendo essa già e più ampiamente contenuta nel Patto Segreto; b) ovvero riportata in una lettera segreta di pura e semplice conferma della validità del Patto Segreto. Preferibile la soluzione a), per non affastellare documenti pericolosi, essendo già abbastanza delicato il segreto sopra uno di essi per sentire il bisogno di raddoppiare i pericoli nel momento in cui il Regno di Albania si affaccerà alla vita internazionale ed affronterà un ambiente di sorpresa e di sospetti, nel quale si intensificheranno in tutti i modi i tentativi di conoscere se e quali segreti .sostegni il nuovo trono si sia procurati in Italia ed a quali condizioni.

Ritengo di averLe esposto cosi m maniera chiara gli obiettivi da raggiungere. Spetterà a Lei ora di svolgere, nel modo che crederà migliore ed in relazione alle peculiarità di codesto ambiente ed alle eventuali reazioni di esso, la tattica più opportuna per manovrare con successo.

È superfluo che io dica che, in tutto il resto del suo rapporto e nelle considerazioni con cui Lei accompagna la presentazione dell'opera sinora svolta Ella mi trova del tutto consenziente e sempre fiducioso nella Sua azione.

Ritengo pure superfluo aggiungere, circa la forma della mia lettera di risposta, che essa sarà, come il Signor Zogu attende, una parafrasi di quella di lui (1).

(l) Cfr. n. 466, allegato.

(l) Per il testo del patto segreto, cfr. più avanti, p. 457, nota 3.

515

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO'

TELESPR. 238662/226. Roma, 24 luglio 1928.

In relazione ai telegrammi della S. V. n. 218 del 19 corrente mese (2) e n. 200 del 21 corrente mese (3), La prego di voler trovar modo di far conoscere a S. M. il Re Fuad che S. E. il Capo del Governo ha seguito con vivo compiacimento l'energica azione svolta dalla Maestà Sua per addivenire allo scioglimento della Camera e del Senato egiziano.

Per S. E. il Capo del Governo è stato motivo di vera soddisfazione il constatare che il Governo egiziano si è ispirato in questa occasione alle direttive dell'Italia Fascista.

S. E. il Capo del Governo è convinto che i provvedimenti adottati da S. M. il Re Fuad avranno risultati felici per lo stabile assetto e il sicuro sviluppo della vita politica ed economica dell'Egitto, la cui prosperità ed il cui benessere stanno profondamente a cuore dell'Italia.

516

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4488/730/395. Parigi, 25 luglio 1928, ore 20,15 (pe1·. ore 22).

Mio telegramma n. 724/389 (4).

Briand si è compiaciuto dell'avvenuta firma accordi di Tangeri. Gli ho genericamente ripetuto motivi pei quali V. E. non credeva ora assentarsi d'Italia. Quando ho accennato al punto morto delle conversazioni italo-francesi, mi ha

• I due allegati sono le due lettere di cui tratta il rapporto di Durazzo dell'8 luglio 28, da cui le stesse furono estratte •. Cfr. p. 408.

detto potevo comunicare a V. E. che aveva inviato oggi istruzioni e Beaumarchais per ripresa conversazioni e che sensazione di V. E. era dovuta solo al forzato ritardo causato dalla sua recente malattia.

(l) Sotto l'indirizzo il documento reca: • Allegati 2 segretissimi •. Una annotazione dice:

(2) -T. 4375/218: « .•• Presidente del consiglio nell'annunziarmi stamane colpo di Stato, mi ha detto Governo egiziano si ispirerà alle direttive di Governo di S. E. Mussolini. Giornale del Cairo suggerisce addirittura nuovo sistema parlamentare corporativo sul tipo nostro •. (3) -Cfr. n. 501. (4) -T. 4468/724/389 del 24 luglio: annuncio della firma degli accordi su Tangeri perl'indcmani mattina.
517

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, ALOISI

T. 3833/86. Rorna, 25 luglio 1928, ore 24.

Telegramma di V. E. n. 111 (1).

Ho preso conoscenza suo interessante colloquio con presidente consiglio giapponese, ma debbo raccomandarle di non spingere le sue conversazioni oltre i limiti di un semplice scambio di idee.

V. E. si renderà conto infatti che mentre gli interessi giapponesi nei riguardi della Russia sono prevalentemente asiatici, quelli italiani sono invece prevalentemente europei e perciò qualsiasi eventuale intesa itala-giapponese dovrebbe per noi anzitutto inquadrarsi nella politica generale europea dell'Italia.

È preferibile quindi che per il momento ella si limiti a sondaggi di carattere esclusivamente personale senza lasciare intendere che tali sondaggi siano determinati da una qualsiasi direttiva politica del R. Governo.

518

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4498/606/607. Belgrado, 25 luglio 1928, ore 20,30 (per. ore 1,25 del 26).

Tornato da congedo è venuto a vedermi questo ministro di Inghilterra signor Kennard il quale dopo frasi abituali benvenuto e ripetendo poi di tanto in tanto nel suo discorso che egli non voleva occuparsi di questioni che non lo riguardavano ma si metteva interamente a mia disposizione, che era spinto da desiderio conciliazione ecc. ecc., mi ha letto due telegrammi di cui il primo in data 20 corrente di codesto ambasciatore di Inghilterra al Foreign Office. In esso era detto che V. E. mi aveva informato essere favorevole ad accordare una proroga termine denuncia patto Roma, semprechè iniziativa fosse nettamente jugoslava e sarebbe stato propenso far pervenire indirettamente tale notizia a questo Governo. Graham aggiungeva essere sua impressione che Governo italiano avrebbe desiderato che tale notizia giungesse al Governo S. H.S. per tramite inglese.

Il secondo telegramma proveniva a lui dal Foreign Office, e, riferendosi alla comunicazione precedente, diceva che seconda parte telegramma Graham non era chiara ma che se da parte mia vi fosse stato desiderio che egli (Kennard) avesse fatto conoscere a questo ministro degli esteri la predetta intenzione del Governo italiano egli poteva prestarvisi.

Ho risposto che nessuna istruzione del genere mi era mai pervenuta da

V. E. quindi qualunque suo passo in tale senso presso Marinkovich sarebbe stato di sola sua iniziativa e senza, alcun accordo con me, Ho aggiunto che al riguardo conoscevo soltanto notizie stampate su questi giornali e su altri esteri.

Kennard mi ha allora detto non avrebbe dato alcun seguito ai suddetti due telegrammi e mi ha poi domandato che sarebbe avvenuto se la data del 27 p. v. fosse lasciata trascorrere senza alcuna iniziativa da alcuna delle due parti.

Ho risposto che conoscevo solo idee espresse da Marinkovich nella stampa, che secondo mio personale avviso articolo 4 prevedeva la denuncia o la conferma non il silenzio. La tesi di Marinkovich sembravami perciò discutibile. Per persuadersene bastava del resto ricordare proroga chiesta sei mesi addietro dalla Jugoslavia.

Kennard ha confermato essere questa tesi Marinkovich ed ha aggiunto che d'altro canto Governo jugoslavo essendo dimissionario gli era difficile prendere iniziative.

Ho replicato che in ogni caso avendo questo Governo preso prima iniziativa doveva evidentemente secondo mia interpretazione prendere nuova iniziativa qualora lo ritenesse opportuno.

Kennard è poi entrato in un altro argomento. Poichè secondo ogni odierna probabilità il nuovo gabinetto sta per formarsi con Koroscez e Marinkovich agli esteri ed è deciso portare subito convenzioni alla Scupcina per approvazione, indubbiamente determinerassi urto interno grave che potrebbe ripercuotersi con i suoi movimenti sulle relazioni fra Italia e Jugoslavia facendole peggiorare. Gli sembrava che Italia doveva preoccuparsi di questo eventuale peggioramento e mi ha chiesto quale fosse pensiero di V. E. circa approvazione convenzioni Nettuno, insinuando in certo qual modo a tal punto che sarebbe stato utile fosse V. E. a preoccuparsene e chiedere perciò che tale approvazione fosse rinviata.

Ho risposto che attitudine V. E. rispetto convenzioni Nettuno era ben nota. Era stata inspirata alla più alta moderazione, alla più grande pazienza ed agli interessi generali del nostro paese. Dalle polemiche di questi giorni risultava essere Marinkovich ad insistere per la pronta approvazione delle convenzioni

• per alti interessi statali • , era perciò lui che doveva se mai preoccuparsi oltrechè delle ripercussioni interne derivanti da forzata approvazione delle convenzioni, sopratutto delle esterne se ve ne fossero state. La Jugoslavia principalmente doveva tenere conto di un eventuale peggioramento delle relazioni con l'Italia. Italia era forte e tranquilla nella sua coscienza di grande ed ordinato paese di fronte a questo travagliato da tanti mali.

Ho aggiunto poi che convenzioni non erano solo nostro credito, ma rimanevano in sospeso quantità altre questioni, mentre stampa continuava sua spiacevole ed offensiva attitudine contro di noi, financo la Pravda sulla quale mi si affermava avere decisa influenza il signor Marinkovich. Convenzioni erano soltanto il credito più appariscente.

Ad un certo momento di questa ultima parte del colloquio ho cercato far capire al signor Kennard che certe sue domande andavano al di là dei limiti di una normale discrezione.

Tenendo conto che Kennard aveva visto ieri Marinkovich e lo avrebbe, per sua stessa dichiarazione, rivisto oggi a mezzogiorno e ricordando i suoi saldi legami con lui, ho avuto impressione che egli in qualche modo abbia voluto: 1°) saggiare il terreno per sapere se istruzioni mi erano state date circa intenzione di V. E. di accordare proroga termine patto Roma; 2°) conoscere quale fosse il pensiero del R. Governo circa interpretazione data da Marinkovich ad art. 4 del patto di Roma; 3o) poichè Marinkovich, con formazione molto probabile nuovo ministero Koroscez, conserverà ministero esteri, preoccupato per sue categoriche affermazioni circa necessità approvazione convenzioni dettate principalmente da desiderio servirsene base per ritornare potere, e ancora più preoccupato per effetti catastrofici che approvazione stessa in assenza croati può avere, può essersi servito di Kennard per prospettare al Governo italiano necessità dare assicurazione circa rinvio approvazione convenzioni. Di tale assicurazione egli potrebbe poi decentemente approfittare per recedere da sua pericolosa posizione, avendo intanto raggiunto fine conservare ministero esteri. Ad ogni modo discorso di Kennard mi è apparso poco chiaro nelle intenzioni e qualche volta tendenzioso. Ragione per cui permettomi pregare V. E. farmi conoscere quale base abbiano informazioni che codesto ambasciatore d'Inghilterra avrebbe inviato al suo Governo circa nostra azione a Belgrado, in questo momento.

(l) Cfr. n. 495.

519

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4588/642. Londra, 25 luglio 1928 (pe1·. il 30).

Telespresso di V. E. n. 3664 per corriere del 14 corrente (1).

Ho parlato a Chamberlain dell'intendimento del R. Governo di trasferire definitivamente ad Angora la sede della R. ambasciata. Chamberlain non ha sollevato obbiezioni ma non si è mostrato disposto, almeno per ora, a seguire il nostro esempio. Mi ha detto che prima di precisare il suo pensiero in proposito aspetta di conferire con l'ambasciatore britannico in Turchia durante il suo pros

simo congedo.

520

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4541/614. Belgrado, 27 luglio 1928, ore 20 (per. ore 22,40).

Notizie da Zagabria indicano Radich assai aggravato. Temerebbesi per sua prossima fine.

Ciò avverandosi tensione con Belgrado estrema, possibilità gravi disordini in Croazia quasi inevitabile.

Più dovrà se mai fissar[si] nostra attenzione successione Radich per direzione movimento croato che è in questo momento di aspetto decisivo e di certa ripercussione su nostri diretti interessi. Se scomparsa Radich potesse determinare fusione definitiva partiti croati ciò dovrebbe rappresentare migliore possibile soluzione per noi nelle odierne condizioni.

Segue rapporto (1).

(l) Cfr. n. 479.

521

IL MINISTRO A, DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. ss. 1487/594. Durazzo, 27 luglio 1928.

Lo scritto di V. E. del 24 Luglio, sotto il n. 362 (2), mi è regolarmente pervenuto l'indomani, per via aerea, insieme con i due documenti segreti che erano ad esso allegati.

Nelle mie conversazioni con Zogu ho sempre avuto cura di non precisare se la lettera che egli doveva dirigere a V. E. sarebbe stata considerata come un documento destinato al pubblico, ovvero come un documento di carattere segreto. Sono tuttavia sicuro che, pur senza un esplicito accenno, il Presidente della Repubblica ha considerato che la lettera da dirigersi a V. E. avrebbe avuto, se non un vero e proprio carattere di segretezza, quello di una • pièce » riservata, non destinata quindi ad essere integralmente ed immediatamente resa di pubblica ragione.

Mi rendo perfettamente conto che la pubblicazione di un documento come quello da me preparato potrebbe scolpire in maniera definitiva, agli occhi del mondo, la natura dei rapporti itala-albanesi. Ma devo subito aggiungere che se io facessi noto ad Ahmet Bey Zogu il nostro desiderio di divulgare la lettera che è qui in preparazione, egli si rifiuterebbe senz'altro di entrare in tale ordine di idee, o quanto meno tenderebbe a spogliare il documento di ogni e qualsiasi significato speciale, !imitandone il contenuto a qualche frase insipida e incolore che non si discosterebbe dal solito riconoscimento « delle relazioni amichevoli così felicemente esistenti tra i nostri due Paesi ».

Dal qui accluso schema di lettera fornitomi da Ahmet Zogu come controproposta al progetto da me sottopostogli, V. E. constaterà quale cura il redattore abbia avuto di smorzare i toni, sopprimendo anche il solenne giuramento di fedeltà che figurava nel primitivo progetto ed evitando persino di pronunziare la parola • fedeltà ,, .

Con mio telegramma n. 269 del 13 Luglio (3) riferivo a V. E. come io non disperavo di rialzare il significato ed il tono della lettera; tale assicurazione io credo essere oggi in grado di ripetere a V. E. in una maniera più precisa.

Riconosco che se la lettera rimarrà segreta, essa, anche se rialzata di tono, non aggiungerà un nuovo vincolo, di riconosciuto carattere internazionale, a quelli che stringono i due Paesi; ma -d'altra parte -è innegabile che noi

avremmo nelle mani una specie di dichiarazione di vassallaggio, fatta dal nuovo Sovrano al Capo del Governo d'Italia. Vincolo dunque di carattere del tutto personale, con l'intrinseca assenza di un preciso significato giuridico internazionale, ma con tutta la forza morale di uno spontaneo atto di omaggio, specialmente significativo da parte del Sovrano di un paese ove la monarchia nasce imperniata sopra un uomo e dove essa conserverà questo carattere di istituzione personale fino a quando la figura dell'uomo non sia stata gradualmente sostituita, nella coscienza nazionale, da quella della • dinastia •.

L'E. V. avrà rilevato che io stesso, nel rapporto segretissimo dell'8 Luglio (1), mi ero posto il problema se non convenisse sopprimere nella lettera del Sovrano albanese ogni allusione che potesse apparire compromettente nei riguardi di altri Stati. Io scrivevo a pagina 9 (2) che era • da esaminare con profonda attenzione se a noi non conveniva che l'allusione all'ingrandimento dell'Albania figurasse soltanto nella nostra lettera di risposta al Sovrano •. Tale suggerimento trovava la sua origine nella considerazione che l'assenza di frasi compromettenti ci avrebbe consentito, presentandosi determinate eventualità, di rendere di pubblica ragione il documento stesso, che diventava quindi un non disprezzabile pegno con cui esercitare, all'occorrenza, opportune pressioni sul nuovo Sovrano.

La proposta di V. E. di stralciare tutta la parte concernente le rivendicazioni albanesi per farne addirittura oggetto di una lettera numero due, mi sembra assai felice; ed è appunto su questa procedura che io mi proporrei di incamminare le prossime conversazioni con Zogu non appena avrò ricevuto da V. E. la Sua definitiva conferma.

La soppressione pura e semplice della parte relativa al soddisfacimento delle aspirazioni albanesi, senza la sua inclusione in una seconda lettera, non credo potrebbe essere proposta a Zogu per i motivi che V. E. ha perfettamente previsti e cioè che noi riapriremmo nel suo animo dubbi che sembrano oggi sopiti circa la nostra reale intenzione di perseguire a fondo una politica di appoggio all'Albania.

È ben vero, secondo V. E. osserva, che gli impegni di carattere territoriale figurano già previsti nella clausola quinta del Patto Segreto del 23-26 Agosto 1925 (3), ed in maniera anzi assai più ampia, chiara e decisa che non nella

l) Ai fini dell'assistenza militare che l'Italia può essere chiamata a dare all'Albania, a richiesta del Governo Albanese, per garantire l'indipendenza e l'integrità territoriale, l'Albania si impegna a mettere sin da ora l'Italia in condizioni di procedere, nei punti che saranno stabiliti di accordo fra i due Governi sui piani dello Stato Maggiore Generale Italiano, a tutti quegli studi, predisposizioni ed impianti che fossero imposti dalle esigenze della

comune difesa.

2) In una azione militare comune l'Esercito Albanese sarà comandato dai rispettivi

Capi sotto la direzione dello Stato Maggiore Italiano [sic].

3) L'Italia si impegna a provvedere nel corso delle operazioni alla integrazione del

mezzi di offesa e di difesa e dei mezzi di resistenza interna e di sussistenza dell'Albania, me

diante quelle somministrazioni che saranno del caso.

4) Qualora l'Italia fosse attaccata da uno Stato Balcanico, l'Albania si impegna a dichia

rare guerra a detto Stato su richiesta dell'Italia.

5) Se le azioni militari comuni dovessero concludersi col conseguimento di compensi

territoriali l'Italia si impegna a fare ottenere all'Albania territori abitati da popolazioni par

:anti in maggioranza l'Albanese. .

6) L'Albania si impegna a non concludere con alcun altro Stato alcun Patto dt Alleanza

o accordo militare pubblico o segreto senza la partecipazione dell'Italia. L'Italia da parte sua

si impegna allo stesso vincolo limitatamente agli accordi che possano riguardare l'Albania. 7) Il presente accordo segreto non potrà essere reso pubblico senza reciproco consenso.

formula da me studiata. Sta però di fatto che Ahmet Bey Zogu, il quale non ha certo dimenticato tali nostri impegni, chiede ora un nostro nuovo affidamento. È difficile scrutarne i motivi. Può darsi che egli abbia temuto, a sua volta, che noi potessimo considerare decadute le pattuizioni strette con il vecchio regime; come può darsi che egli, con la sua sospettosa mentalità orientale, abbia voluto semplicemente rinfrescare il vecchio impegno, pensando così di dargli un rinnovato vigore.

A mio avviso però Ahmet Bey Zogu ha commesso un grave errore tattico.

Come V. E. ben si appone, io non avevo la testuale conoscenza del Patto del 1925 e La ringrazio quindi di avermelo comunicato in tutti i suoi particolari. Giudico fortunato che tale comunicazione non mi sia stata fatta precedentemente, perchè ciò mi ha permesso, da un anno e mezzo a questa parte, di condurre tutte le conversazioni con Zogu in maniera assolutamente spregiudicata, il che forse non avrei potuto fare se avessi avuto la precisa sensazione che le nostre richieste erano almeno parzialmente coperte dal Patto del 1925. Non avrei probabilmente suggerito al R. Addetto Militare, nè proposto a V. E., la conclusione di una convenzione militare a integrazione del trattato di alleanza se avessi in precedenza conosciuto gli articoli 1°, 2°, 3°, 4°, del Patto Segreto, che già regolavano, sebbene in maniera del tutto sommaria, la stessa materia.

Il Patto del 1925 ha rappresentato per me una meravigliosa rivelazione. Esso, insieme con le stipulazioni economiche del 2'5 febbraio di quello stesso anno, ha costituito la base dei successivi sviluppi politici della nostra azione in Albania. Senza la salda maglia del Patto Segreto non saremmo giunti al Patto di Sicurezza del 1926, che è stato a sua volta il trampolino per giungere al Trattato di Alleanza del 1927.

Ciò detto devo tuttavia prospettare a V. E. la mia convinzione che il Patto Segreto sia oramai un documento sorpassato e giuridicamente in via di decadenza, qualunque formula o dichiarazione noi facessimo per mantenerlo in vita.

Essendovi infatti successive pattuizioni le quali regolano gli stessi argomenti, ne consegue che il Patto Segreto, sia in forza del diritto comune che del diritto internazionale, viene a presentare una assoluta carenza di forza giuridica.

La materia dell'Articolo l" del Patto è oggi regolata in maniera molto più ampia e più favorevole per noi dall'Articolo 11° della Convenzione militare. La materia dell'Articolo 3° del Patto, assai gravoso per noi, viene regolata dal Trattato di Alleanza, e da vari articoli della Convenzione Militare. L'Articolo 4° è sostituito dall'Articolo 4" del Trattato di Alleanza, e dall'Articolo l" della Convenzione Militare.

Insomma tutti gli impegni che l'Albania ha assunti verso di noi con il Patto Segreto sono trasferiti in maniera molto più ampia, più precisa, e più legale in altri documenti i quali, o per essere di pubblica ragione, o perchè sono o saranno stipulati con organi responsabili dello Stato Albanese, assumono una forza giuridica di gran lunga soverchiante.

Restano invece ancora scoperte le obbligazioni che l'Italia si è assunte verso l'Albania, cioè quelle che figurano negli articoli 5'0 e 6° del Patto Segreto. È nostro interesse lasciare tali obbligazioni nella loro forma attuale, ovvero ci converrebbe riportarle in un nuovo documento, ma questa volta in forma più

tenue? Ricordo a V. E. che la formula da me studiata nei riguardi delle rivendicazioni albanesi è stata gradita da Ahmet Bey Zogu.

Con lo scambio di lettere numero due, da V. E. suggerito, noi conseguiremmo di regolare anche gli argomenti previsti dagli Articoli 5° e 6° del Patto Segreto, di guisa che tutta intera la materia del patto del 1925 si troverebbe ad essere contemplata in nuovi accordi che, per essere più recenti, comporterebbero ipso jure la completa decadenza del Patto Segreto. Decadenza che sembrami essere a nostro intero profitto perchè mentre gli obblighi albanesi (Articoli 1°, 2°, 3° e 4°) sono stati ampliati e precisati nei nuovi accordi, gli obblighi da noi assunti (Articoli 5° e 6°) ne uscirebbero invece attenuati ed addolciti.

A sostegno dell'opportunità della decadenza del Patto Segreto del 1925 mi è di conforto una sua peculiare deficienza formale. Non intendo alludere al fatto che esso è stato firmato da un organo irresponsabile del Governo Albanese. È evidente infatti che il Patto Segreto, più che un valore legale, era destinato ad avere, come ha infatti avuto, una schiacciante influenza morale. Esso ha rappresentato il primo e gravissimo atto per cui Ahmet Zogu si è irrimediabilmente compromesso nei riguardi della Jugoslavia.

La deficienza cui io alludo è d'altra natura, e cioè: mentre il Governo Albanese ha nelle sue mani un documento a nostra firma in data 26 Agosto 1925 valido «per sè stante •, noi abbiamo invece nelle mani un documento in data 23 Agosto 1925 a firma albanese, il cui valore è subordinato all'esistenza futura dell'altro documento. La lettera depositata presso codesto Dicastero dice infatti nel suo preambolo: « Ho l'onore di prospettare a V. E. qui di seguito le clausole convenute, le quali saranno impegnative ed entreranno in pieno vigore fra le due parti dal momento in cui V. E. si sarà compiaciuta di darmi il Suo benestare '.

Ove quindi il Governo Albanese eccepisse di « non » aver ricevuto la risposta italiana del 26 Agosto, il documento in nostro possesso perderebbe ogni valore impegnativo.

La suesposta sottigliezza giuridica ha soltanto un valore teorico, futuro ed eventuale. Il Patto Segreto del 1925, ha già dato i suoi frutti. Vorrei anzi aggiungere che esso ha dato tutti i suoi frutti, e che nulla quindi ci consiglia, anzi tutto ci sconsiglia, a fare un gesto che tenda a mantenere in vita il Patto Segreto. Non intendo con ciò suggerire che ci convenga dichiararlo decaduto. Zogu nelle sue conversazioni con me non ha mai alluso ad esso. Eguale contegno io ho necessariamente tenuto. Preferirei, salvo contrario avviso di V. E., di evitare anche nell'avvenire ogni riferimento ad esso.

Concludendo: la richiesta di destinare alla pubblicità la lettera del Sovrano al Capo del Governo d'Italia non mi sembra abbia alcuna speranza di essere accolta. Così stando le cose, io domando a V. E. se non convenga accontentarci di una lettera, che non vorrei chiamare segreta, ma che chiamerei riservata, e che avrebbe un significato di « baciamano • del Sovrano d'Albania al Capo del Governo d'Italia. • To kiss hands • è l'espressione usata dagli alti funzionari britannici che si recano a ringraziare il Sovrano dopo la loro nomina, o una loro promozione.

Da tale lettera, secondo la proposta di V. E., io cercherei di fare stralciare la parte concernente le aspirazioni nazionali, perchè formasse oggetto di uno scambio di lettere segrete.

Tanto nel rapporto dell'8 Luglio, quanto nel dispaccio di V. E., è passata in seconda linea la nota che il Governo Albanese dirigerebbe a questa R. Rappresentanza in forma diversa da quella alle altre Rappresentanze Straniere. A me sembra che tale documento, per il suo significato internazionale, è destinato ad assumere un'importanza di gran lunga maggiore della stessa lettera del Sovrano, anche se questa fosse resa di pubblica ragione.

Mi propongo di passare al più presto alla redazione di tale nota e di trasmetterne il testo a V. E., per ottenerne il gradimento.

Nel chiedere venia all'E. V. della lunghezza del mio scritto e nel ringraziarLa con animo devoto delle parole di benevolenza che ha voluto esprimermi, resto in attesa delle Sue istruzioni che sarebbe forse opportuno mi pervenissero per telegramma dato che il tempo stringe (1).

ALLEGATO.

AHMED ZOGU A MUSSOLINI

Caro e Grande Amico,

Nel momento in cui io, per la volontà del mio popolo, salgo sul Trono d'Albania, il mio pensiero si rivolge con riconoscente amicizia al Capo del Governo Alleato che fin dai primi mesi del 1925, ha voluto concedere a me ed al mio Paese, l'appoggio sincero mai più smentitosi. Gli accordi e i trattati conclusi in questi ultimi anni fra i nostri Governi rinsaldano maggiormente i vincoli di tradizionale amicizia esistente fra i due Popoli Adriatici affratellandoli nel campo dei comuni interessi ed a questa politica io rimarrò costante quanto il mio popolo e il mio Governo, nella certezza che altrettanto farà l'Italia.

L'alleanza difensiva fra l'Italia e l'Albania, più che opera di due Governi rappresenta l'espressione della volontà dei due Popoli e quello albanese, con la recente votazione plebiscitaria ha inteso pienamente consacrarla.

L'esperienza del passato ha dimostrato che solo in una stretta collaborazione con l'Italia, l'Albania poteva trovare con verace sincerità l'appoggio leale per salvaguardare i suoi vitali interessi e quindi affermo all'E. V. che durante il mio Regno, in nessun caso io o il mio Governo cercheremo altrove alleanze o garanzie politiche tali da pregiudicare i nostri ottimi rapporti.

Il mio Regno nasce nella fiducia che l'Albania troverà in ogni caso presso l'Italia l'illimitato appoggio dell'Alleata ed io sono certo che in essa, la mia Patria troverà una potente sostenitrice nelle sue legittime aspirazioni.

Un gran numero di albanesi vive al di là del confine orientale, costituendo in certe regioni la quasi totalità della popolazione. La pace è un bene inestimabile che l'Albania non intende compromettere. Io e il mio Governo impronteremo i rapporti politici con gli altri Paesi alla maggiore correttezza e prudenza, mai tralasciando di consultare l'alleata in tutte le questioni che possono comunque influire sui c-omuni interessi, nella certezza che altrettanto farà l'Italia. Ma se i mali, forse insanabili, che travagliano lo Stato vicino ne provocassero lo sfasciamento, io confido che l'Albania potrà contare sull'efficace interessamento dell'Italia perchè le siano restituiti quei suoi figli.

Questa Lettera nei riguardi della nostra grande alleata rappresenta la linea di condotta del mio Regno e nell'indirizzarLa all'E. V., io intendo, caro e Grande Amico, che essa sia suggellata colla più grande lealtà e sincerità.

(l) -Cfr. n. 522. (2) -Cfr. n. 514. (3) -Cfr. n. 475. (l) -Cfr. n. 466. (2) -Cfr. p. 409. (3) -Le clausole del patto segreto, definito " accordo difensivo •, erano le seguenti:

(l) Annotazione marginale di pugno di Mussolini: «D'accordo sulle conclusioni •.

522

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 6818/1500. Belgrado, 27 luglio 1928.

Il movimento croato prende un interesse sempre maggiore e si svolge su una linea che appare ognora più determinata e precisa. Esso è, in altre forme, sotto altri aspetti ed in circostanze diverse, lo stesso fenomeno di ripresa dei popoli vinti dalla guerra. Si precisa sempre meglio, mentre le manifestazioni per l'Anschluss si moltiplicano in modo inquietante.

Che a questo movimento non partecipino sloveni è spiegabile con gli asti personali del prete Koroscez verso i croati, asti ed odi risalenti già al tempo austriaco, e perchè forse da un ulteriore sviluppo del movimento gli sloveni (un milione) temono un probabile maggiore sacrificio dei loro particolari interessi che possono trovare invece una qualche difesa nel giuoco della lotta fra serbi e croati.

Ma la astensione slovena è secondo me riprova ancora maggiore del significato fondamentale del movimento croato.

Se la data odierna segni il principio della fine del suo demagogico capo (certo le notizie del suo aggravarsi precipitarono la formazione del nuovo Gabinetto che malgrado la presidenza slovena è espressione del serbismo accentratore, e forse anche la scadenza odierna del termine previsto dall'art. 4 del Patto di Roma non è estranea alla decisione di formare proprio oggi il Gabinetto, sicchè la riunione dei tre eventi non è senza un comune significato) ci troveremo ben presto in una nuova situazione sulla quale conviene portare tutta la nostra attenzione.

Nel pensiero serbo, e più ancora delle correnti militari il movimento croato ha da essere domato, ove occorra, anche con la forza per far tornare in seno al Regno trino le masse croate che già ne sono idealmente staccate e prima che la questione croata divenga una grande questione centro europea, come il Radich si preparava di fare.

« Il destino non mi lascia lavorare -sono parole che egli avrebbe pronunciato ieri sera -proprio quando i giornali e gli organi del mio partito hanno bisogno di me, perchè era mio compito di richiamare l'attenzione dell'Europa sui fatti di questo Stato, e di interessarla alla questione croata contro la corruzione bizantina di questo Stato ».

Così mentre la sua morte potrebbe lasciare senza guida il contadino croato, e perciò Zagabria è in costernazione, qui si gioisce (non si deplorò sommessamente che Radich non fosse già morto il 20 giugno?) perchè si pensa che senza di lui la massa contadina croata possa agevolmente essere ricondotta nell'orbita del serbismo, cui non può essere indifferente che il tribuno occhieggi, come ha fatto negli ultimi giorni, a possibili intese con Italia e Ungheria.

Un giornale della sera dice: • Se il Duce dei croati trapassa, non sarà difficile aver ragione della massa dei contadini propensa alla pace ed a godersi in pace un'annata di eccezionale raccolto come quella attuale •.

PE-r giudicare la importanza della possibile fine del Radich occorre brevemente fissare gli elementi ultimi che concorsero a fissarne un atteggiamento ben preciso.

Fu sempre chiaro che tutti i tentativi di conciliazione delle due stirpi, serba e croata, dei due mondi (occidentale ed orientale), fossero vani, e come presto

o tardi, soprattutto dopo la morte di Pascich, si dovesse giungere ad uno scatenamento dell'odio derivante dalle profonde divergenze ataviche, culturali e civili dei due fronti interni.

Pascich ebbe una prima vittoria sul Radich colla forza della prigione, una seconda col fascino della conciliazione. Ma Re Alessandro servitosi poi di Radich per abbattere Pascich, esaltò in tal modo il tribuna, reso così dalla esperienza passata e dalla conoscenza ormai acquisita della psicologia serba, tanto più pericoloso.

Successivamente la formazione extra parlamentare, del Gabinetto Vukicevich-Marinkovich del maggio 1927, provocò per naturale reazione l'unione dei croati di Radich con i democratici indipendenti di Pribicevich, ossia dei principali partiti delle province ex austro-ungariche, costituendo così il fronte di oltre Sava. Il distacco fra i due mondi che fino ad allora era stato civile, culturale e religioso si effettuò pertanto anche sul terreno politico.

Da allora le fasi della lotta si sono accentuate segnando un progressivo distacco delle provincie ex austro-ungariche dalla vecchia Serbia e l'eccidio del 20 giugno è un punto risolutivo e determinante.

Puniscia Racich avesse o no mandato (e sarebbe stato conforme ai sistemi

di lotta balcanica) di sopprimere d'un colpo i principali capi dell'opposizione,

certo Radich, alla vista del suo stesso sangue ebbe visione esatta della impossi

bilità materiale di convivenza fra elementi di civiltà tanto disparata.

Le sue parole: • Io con i serbi non voglio più aver da fare •, sono il grido

dell'animo suo di fronte ad una realtà tragica. E da quel momento il suo pen

siero è sempre stato più deciso e chiaro. • Il ricordo della orribile scena di sangue

non può abbandonarmi •, egli ha detto qualche ora dopo essere giunto a Zaga

bria. Il ricordo sanguinoso agisce infatti su di lui in senso deciso per condurlo

a battere definitivamente la via del distacco dai serbi. E fattore nuovo e poten

tissimo per ritenere ora costante l'atteggiamento del Radich è poi quello che per

la prima volta dopo la guerra egli vede raccolto intorno a sè fremente e com

patto tutto il popolo della Croazia, dove pure in passato egli aveva avuto lotte

senza tregua. Finchè egli giunge alla formulazione del nuovo programma: « Noi

cercheremo di farci riconoscere come uno Stato indipendente e per ciò che ri

guarda l'Italia mi presterò a trovare un accomodamento ». Croazia indipendente

ed accomodamento con l'Italia: ecco due concetti che rappresentano il capovol

gimento di tutta la ideologia politica di Radich, che era fino ad ieri: federazione

dei contadini dall'Adriatico al Mar Nero per tenere testa alla prepotenza italiana.

A caratterizzare meglio l'atteggiamento nuovo di Radich verso l'Italia è impressionante l'articolo apparso sull'organo radiciano Narodni Val del 24 corrente dal titolo • Mussolini non vuole la guerra •, riassunto nella rassegna della stampa del R. Consolato Generale di Zagabria dello stesso giorno.

E se anche queste manifestazioni per l'Italia considerate da altro punto di vista rappresentino una manovra per intimidire Belgrado, noi dobbiamo intanto considerarle per quello che ne hanno di più favorevole ai nostri interessi.

Cosicchè l'effetto dell'eccidio alla Scupcina e dell'orientamento nuovo di Radich è che tutte le ex provincie austro-ungariche quindi anche la Vojvodina, il Banato e la Bosnia (meno però la Slovenia), sono decisamente orientate verso Zagabria e contro Belgrado, ed i partiti croati (dei contadini con Radich, il separatista ed il federalista [di] Trumbich ed il democratico indipendente di Pribicevich) si vanno progressivamente raccogliendo in una unica direttiva.

La situazione, come si è andata sviluppando fino ad oggi sotto la minaccia della prossima morte di Radich, si è svolta quindi secondo una linea che è conforme ai nostri interessi. Ecco perchè sembra a me e l'ho poco fa telegrafato a V. E. (1), che se il Capo croato dovesse morire, dobbiamo portare tutta la nostra possibile attenzione su quanto accadrà di poi, e desiderare che la avviata fusione dei tre partiti non si arresti, che il capo od i capi che succederanno a Radich non ne alterino l'ultimo atteggiamento, che lusinghe, minaccie, interventi di forza serbi non riconducano la massa rurale croata al servizio degli interessi di Belgrado.

Se poi il desiderio possa non rimanere sterile ma si abbia invece modo di

uscire dalla posizione di spettatori per agire in una maniera qualsiasi, ciò parmi

non debba lasciarsi sfuggire.

Il pericolo che la massa croata dei contadini possa aLla morte del suo Capo, che la organizzò e guidò per tanti anni, trovarsi sperduta ed alla mercè dei più forti, è preoccupante. I coadiutori più vicini a Stefano Radich, Macek e Predavec, sono animosi e decisamente orientati contro Belgrado. Ma avranno essi l'autorità necessaria per raccogliere la successione del tribuna croato?

Pribicevich ha dato prova di essere violento e decisamente avverso ai serbi

del di qua della Sava. Ma esso è pur tuttavia un serbo e non potrà mai da una

parte dominare i croati, dall'altra dimenticare la sua origine.

Fra i capi dei federalisti e dei separatisti molte sono le figure intellettual

mente eminenti, ma nessuna occupa ancora una posizione tale da poter assumere

senz'altro una posizione di comando. Lo stesso Trumbich è uomo di larga mente,

ma nè sufficientemente deciso, nè munito di qualità che lo possano mettere a

capo di un movimento di tanta importanza.

In questo stato di cose così delicato, la nostra eventuale azione nei riguardi

del movimento croato, può avere un'importanza capitale per nuove eventuali

situazioni sulla nostra frontiera orientale. L'aver finora mantenuto un contegno

di estrema riserva verso la crisi che si sta svolgendo nel vicino Regno è stata

indubbiamente inspirazione di saggezza, poichè ha impedito che fosse messo in

opera l'ormai tradizionale espediente di distogliere l'attenzione del pubblico

jugoslavo dai suoi mali interni per concentrarlo su di una questione di politica

estera.

V. E., col Suo alto discernimento, saprà meglio di me giudicare quale debba essere l'ulteriore contegno del Governo e della stampa d'Italia nelle sue pubbliche manifestazioni nei riguardi dell'importante problema croato.

Ma se un parere mi fosse richiesto, sarei indotto a raccomandare che il problema stesso cominci ad essere lumeggiato nella stampa italiana con articoli che uniscano la profondità dello studio ad acconci accenni di simpatia.

E poichè non può disgiungersi l'idea della Croazia dalla Dalmazia, lascio all'E. V. di giudicare se nel quadro della Sua politica rivolta a vasti orizzonti, non possa essere inquadrata qualche manifestazione, sia pur semplicemente giornalistica, che dia ai croati la necessaria fiducia nel vicino Regno.

Ed oltre i contatti per i quali il R. Console in Zagabria ha già i mezzi di forma e maniera che non destino soverchi sospetti, sono dell'idea che la nostra azione possa e forse debba servirsi di altri modi indiretti e segreti, ed al di fuori di qualsiasi rappresentanza ufficiale. Le istruzioni date alla R. Legazione in Vienna, col telegramma di V. E. n. 3508/201 del 7 corrente (1), inviatomi in copia col telegramma per corriere n. 3587 dell'll corrente, costituiscono già un principio di attuazione di questi contatti. Ma, a mio giudizio, un'opera organica dovrebbe essere condotta non solo all'infuori, ma anche nello stesso territorio SHS forse anche all'insaputa di quella R. Rappresentanza diretta a stabilire numerosi veicoli di contatto e fornita di tutti gli aiuti possibili. E se V. E. lo desideri sono pronto a sottoporre un concreto programma.

Per tendere a quale finalità?

Difficile è precisare e fare ipotesi concrete. Si rischiano costruzioni cerebrali

talvolta in contrasto con la realtà di fatto.

Ma linee generali se ne possono pur vedere.

Stimo anzitutto che il fermento croato, come quello della Vojvodina, Bosnia

ecc. nasca anzitutto da un comune e deciso rimpianto della vecchia dominazione

austriaca. NeUa formazione del Regno trino popolazioni di superiore civiltà di

onesta amministrazione di indipendente ed autonomo governo furono, per libe

rarle da un oppressore del quale erano felicissime e soddisfattissime e per il

quale avevano dato da secoli con entusiasmo il proprio sangue, consegnate ad

un'amministrazione corrotta, a un governo senza onestà alla direzione morale

di un popolo che non ha ideali (se non quelli di espansione nazionalista) nè

moralità (si pensi che in Serbia il procurato aborto non costituisce reato se non

a querela di parte). Il movimento croato tenta perciò di liberarsi da questo giogo

perchè gli è facile il confronto con l'altro recente.

Se quindi il movimento dovesse avviarsi al completo distacco dalla Serbia,

è da tenere presente il gravissimo pericolo di un possibile ricostituirsi di una

unità che si avvicini a quella che la nostra vittoria ha spezzato.

Ciò tanto più in quantochè se vi può essere un nostro interesse ad agire

in qualche modo diretto od indiretto sul movimento croato per contenerlo nelle

nostre finalità ed indirizzarlo conforme i nostri interessi, vi è certo anche un

interesse ungherese. Molte ragioni e sintomi fanno ritenere che questa azione

sia fatta da Budapest. Essa non può tendere che alla ricostituzione della sovra

nità ungherese sulla Croazia nelle forme costituzionali e legislative precedenti.

Sarebbe un primo passo per la minaccia che ho accennato.

Perciò, a mio subordinato giudizio, un nostro appoggio alla rivendicazione

croata non dovrebbe tendere che a mantenerla quanto più a lungo possibile po

tenziale, cioè a far durare quanto più a lungo possibile in seno al Regno SHS

questa agitazione che lo indebolisce e lo impaccia, e lo metterebbe in uno stato

di evidente debolezza in caso di conflitto militare, quando cioè con un atteggia

mento decisivo e determinato e con atti concreti sarebbe non disagevole realiz

zare la completa indipendenza croata.

D'altro lato se il movimento croato ha la nostra simpatia e quella ungherese, è da tenere presente che esso suscita ogni diffidenza e timore nella Piccola Intesa più di tutto in Cecoslovacchia e nella Francia di poi. Il distacco completo della Croazia sarebbe la catastrofe della costruzione di Versailles, catastrofe forse ancora maggiore che la stessa Anschluss.

Per ora questa Legazione di Francia considera con grande scetticismo il movimento separatista croato, ma non vi è dubbio che al momento opportuno essa peserà con tutta la sua autorità per sostenere i serbi nella lotta per il mantenimento della unione a Belgrado.

Quanto alla Cecoslovacchia mi rimetto agli accenni del R. Console a Zagabria circa le influenze che si sarebbero esercitate e si eserciterebbero ancora su· Stefano Radich attraverso la di lui moglie cecoslovacca ed attraverso la vedova del defunto Pavle Radich. Ma la Cecoslovacchia, o per meglio dire il signor Benes, agiscono d'aocordo e anzi per mandato della Francia, che ha tenuto a battesimo questo Stato.

Non diverso contegno per quanto in forma più attenuata, è prevedibile terrebbe l'Inghilterra. Un movimento rivoluzionario e separatista in Croazia metterebbe senza dubbio a repentaglio quella pace Europea cui il Regno unito tiene per la conservazione dei suoi stessi domini, e per quell'equilibrio europeo che oggi conviene all'Inghilterra.

Ma se un dì o l'altro si dovesse arrivare al distacco della Croazia ed alla

formazione di una nuova unità politica, questa dovrebbe per forza di cose appog

giarsi ad una forza esteriore: Italia od Ungheria, od entrambe.

Di fatti l'articolo del Narodni Val già citato parla appunto di relazioni amichevoli della Croazia coll'Italia e coll'Ungheria. La Croazia sente che non potrebbe avere pace se non venisse risolta definitivamente la questione Adriatica, e che questa si aggira strettamente fra due termini ugualmente opposti ed antitetici: o lotta dichiarata o alleanza coll'Italia spinta alle ultime conseguenze. Per questo i separatisti, attraverso il loro capo spirituale, il generale Sarkotich, hanno già considerato l'eventuale formazione di uno Stato federativo Adriatico a larga base, coll'Italia alla testa. Lo stesso Trumbich ha dichiarato al pubblicista Zingarelli (vedi telegramma per corriere n. 2532 inviato in data 13 luglio corrente dal R. Console Generale in Zagabria) (l) che, • uno Stato indipendente si orienterebbe favorevolmente verso l'Italia, e che del resto il patto di Roma del 1918 mirò al riavvicinamento dell'Italia alla Croazia ». Circostanza questa esatta ma. solo in quanto a quel momento le ostilità per la voluta sistemazione adriatica ci venivano dai pochi croati fuorusciti, primo Trumbich, non dai serbi che la Dalmazia quasi ignoravano.

Quanto all'Ungheria basti ricordare gli (già menzionati da Radich) 800 anni in cui Croati ed Ungheresi furono uniti, senza dilungarsi sul fattore economico

30 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

di capitale importanza, che cioè l'Ungheria per giungere all'Adriatico deve attraversare la Croazia.

Stando così le cose, è mio subordinato avviso che l'Italia debba regolare la sua azione esaminando a fondo quali possano essere i suoi interessi in una questione che agitandosi alla sua frontiera la interessa così da vicino. Essa fra le grandi potenze è senza dubbio la più interessata ed essa dovrà e potrà all'occasione far intendere più alta la sua voce. Ho sopra accennato a quelli che mi sembrano i mezzi migliori per favorire il movimento croato, perchè sembrami concetto fondamentale che tutto quello che serva a disgregare e menomare lo Stato jugoslavo debba essere me,'>so in opera. Ma i limiti entro cui questa nostra azione debba svolgersi, e le finalità a cui nel quadro del movimento croato l'Italia debba tendere possono da me essere suggeriti. Decisi solo dalla saggezza di V. E. Certo è che se si potesse giungere, evitando i pericoli di una ricostituzione A. U.-come anche la revisione costituzionale Jugoslava di tipo austriaco (unione personale con esercito Separato e solo in comune politica estera e finanze) che sarebbe la peggiore soluzione per noi -ad una Croazia indipendente ma a noi subordinata politicamente e doganalmente, incarcerata nella sfera del Regno d'Italia, con opportuni accordi, che permettano all'Ungheria libero accesso ai porti adriatici, si segnerebbe la definitiva realizzazione dell'Adriatico « Mare Nostrum •.

Ma una volta l'incendio sviluppatosi in questa parte di Europa, altre combinazioni possono svilupparsi che non siano invero conformi ai nostri vitali interessi. Così l'unione della Croazia e Slovenia in una grande Ungheria saldamente appoggiata alla Germania, o una Croazia e Slovenia indipendenti ed incamerate in una federazione danubiana patrocinata dalla Francia, risuscitando il vecchio dominio degli Absburgo.

Ed è appunto per[chè] il problema sembrami presentarsi con aspetti tanto varii e tanto interessanti per noi, che ho creduto mio dovere intrattenerne lungamente V. E. (1).

(l) Cfr. n. 520.

(l) Cfr. n. 464.

(l) Non si pubblica. Ma cfr. n. 469.

523

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, E AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. 3834. Roma, 28 luglio 1928, ore 24.

(Per Londra). Il R. ministro a Belgrado ha telegrafato in data 25 corrente:

• (come nel telegramma n. 4498/606/607) • (2). Ho risposto quanto segue: (Per tutti). Suoi telegrammi nn. 606 e 607.

Approvo il tenore della risposta che ella ha dato a Kennard. Ho del resto avuto precedenti occasioni di convincermi che lo zelo di codesto ministro d'Inghilterra va sw•sso oltre le stesse intenzioni del Foreign Office. A Graham, per utile chiarimento della posizione italiana nella questione della proroga dei termini del patto di Roma, non ho fatto che ripetere quanto era stato telegrafato alla S. V. (l) e cioè che qualora vi fosse stata un'iniziativa jugoslava l'avrei esaminata e considerata con favorevoli disposizioni. Non so che cosa ambasciatore d'Inghilterra abbia potuto telegrafare a Londra come sua personale opinione. Dato quanto le ho precedentemente telegrafato sull'argomento ella avrà rilevato che non avrei mai potuto ritenere di dover ricorrere ad una specie di mediazione britannica per sollecitare dal Governo S.H.S. una proroga dei termini dell'art. 4.

(Per Londra). Quanto sopra per opportuna eventuale sua norma di linguaggio.

(l) -Annotazione marginale di pugno di Mussolini: « Interessante M.•. Cfr. quanto comu!licava da Zagabria Rochira, con t. 67 del 27 luglio: • Distacco spirituale tra serbi e croati si accentua in conseguenza sempre più; e soJo restano ligi verso il centralismo serbo alcuni circoli e persone legate a Belgrado da rapporti politici o mosse da interessi personali, ciò che si può osservare specialmente negli ambienti di uomini d'affari israeliti ». (2) -Cfr. n. 518.
524

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4566 bis/383. Atene, 28 luglio 1928, ore 20,50 (per. o1·e 24).

Telegramma di V. E. n. 3828/227 (2).

Ho personalmente informato questo presidente del consiglio dei ministri

del compiacimento con cui l'E. V. ha preso conoscenza dei termini nei quali

egli ha posto con la dovuta chiarezza e precisione la questione dei rapporti

itala-greci.

Venizelos visibilmente contento e commosso mi ha pregato con effusione

di ringraziarla assicurandola che nulla avrebbe potuto procurargli nel momento

attuale maggior soddisfazione dell'apprezzamento di V. E. Mi ha quindi anche

chiesto di farle sapere aver egli tenuto in modo particolare a cogliere questa

prima occasione che gli si è presentata col discorso di Salonicco, per confermare

con esplicite dichiarazioni ufficiali fatte in forma universalmente pubblica, le

direttive della sua politica verso l'Italia.

Per ciò che concerne il patto di amicizia, Venizelos ha poi aggiunto la

preghiera di far sapere in suo nome all'E. V. che egli ha inteso colle sue dichia

razioni rispondere pubblicamente a quelle così benevole per la Grecia fatte da

V. E. al senato. Egli mi ha rinnovato l'espressione dell'intendimento di sottoscrivere tale patto con V. E., recandosi a Roma appena possibile dopo le elezioni.

A sua volta il ministro degli affari esteri Carapanos col quale ho d'altra parte ancora a lungo conferito, mi ha confermato la piena soddisfazione di Venizelos e la ferma speranza che il patto venga al più presto firmato.

Per la realizzazione di esso, secondo quanto V. E. ha tanto benevolmente

degnato telegrafarmi, cercherò accompagnare (l) con ogni maggiore attenzione, pienamente vagliando l'altissimo incitamento. Circa relazioni greco-turche che pure continuo attivamente a seguire, rispondo con telegramma a parte (2).

(l) -Cfr. n. 506. (2) -Cfr. n. 51.3.
525

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4583/384. Atene, 29 luglio 1928, ore 20,50 (per. ore 22,55).

In relazione a quanto V. E. mi comunica col suo telegramma n. 3828/227 (3) aver riferito il R. ambasciatore a Costantinopoli, credo poter dedurre dalle indagini opportunamente fatte senza scoprirmi presso Carapanos, il segretario generale Tsamados, presso il ministro di Turchia Gevad bey e presso lo stesso Venizelos, che :

l) Venizelos desidera effettivamente sistemare le cose colla Turchia, sacrificando però naturalmente il meno possibile ed insistendo almeno per ora sulla ricerca di una forma di arbitrato più spicciativa di quella proposta da Roussdi.

2) Questi ambienti governativi hanno notato con soddisfazione la détente determinatasi nell'ultimo periodo in seguito al lavoro ripreso attivamente dalla commissione mista di Costantinopoli sotto l'impulso del nuovo membro neutro testé ivi giunto. Si è qui d'altra parte più tranquilli per la contemporanea partenza in congedo del famigerato generale De Lara, e si spera che il terreno potrà trovarsi così sbarazzato da molta materia secondaria.

3) Non (ripeto non) si considera assolutamente come probabile (per quanto forse lo si desidererebbe) che i negoziati sulle questioni principali possano essere efficacemente ripresi nè tanto meno condotti a termine per la conseguente stipulazione di un patto, prima delle prossime elezioni.

4) La Grecia non (ripeto non) ha fatto l'offerta di pagare più o meno prontamente le 500.000 sterline. Questo ministro di Turchia avendo notato che l'iscrizione di tale somma non sia stata portata tra le spese previste nel bilancio ellenico di quest'anno, ha chiesto per incarico del proprio Governo amichevoli chiarimenti in proposito sia a Venizelos che a Carapanos. Da entrambi Gevad bey ha avuto l'assicurazione che ciò non dovesse comunque interpretarsi nel senso che la Grecia intendesse disconoscere gli obblighi eventualmente derivantile dall'accordo del 1926, con l'aggiunta della dichiarazione che dato che tale somma si trova ufficialmente bloccata presso la commissione finanziaria internazionale, essa potrà essere ove occorra direttamente prelevata sui cespiti di questa, senza necessità di preventiva iscrizione fin da ora in bilancio.

5) Mi ha detto Gevad che ad Angora si sono accolte con vivo compiacimento le recenti esplicite dichiarazioni pacifiche di Venizelos ma che permane colà quella spiegabile generica riserva con cui lo si vuole attendere alla prova dei"

fatti. Venizelos pure d~ndogli per ora soltanto affidamenti generici di spirito conciliante, gli ha raccomandato di incitare Roussdi bey a scrivergli direttamente francamente i suoi desiderata e le sue proposte. Gevad parte in congedo il 5 agosto. Continuerò a seguire attentamente e a riferire.

(l) -Sic. Forse deve leggersi « sollecitare , . o « seguire •. (2) -Cfr. n. seguente. (3) -Cfr. n. 513.
526

L'ONOREVOLE DUDAN AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

L. P. Roma, 30 luglio 1928.

Sentite grazie del tuo cortese e gradito telegramma.

Permettimi di richiamare ancora la tua attenzione sul fatto che tutti i giornali annunciano che la Scupcina di Belgrado dovrà votare prima la riforma agraria • pe1· la Dalmazia • poi le convenzioni di Nettuno (quindi vuotate del loro maggior contenuto per gli Italiani di Dalmazia) (1).

527

IL MINISTRO AL CAIRO, PATERNÒ, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

T. 4616/233/122. Alessandria, 31 luglio 1928, ore 14,30 (per. ore 16,50).

Ho comunicato dispaccio n. 225 (2) di V. E. a S. M. il re Fuad che mi incarica di ringraziare vivamente S. E. il capo del Governo per apprezzamenti espressi sull'azione svolta da Sua Maestà e sui provvedimenti adottati. Sua Maestà ha mostrato profonda gioia per il messaggio e così pure degli auguri inviati che Sua Maestà con gentile pensiero desidera ricambiare all'E. S. nella fausta ricorrenza suo genetliaco. Tutta la situazione è ormai nelle mani del re il quale agisce con animo forte e sicura visione. Governo che è stato informato del messaggio ha esternato sua viva gratitudine per alto significato atteggiamento S. E. Mussolini.

528

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

R. 1969. Budapest, 31 luglio 1928.

Facendo seguito a precedente corrispondenza e da ultimo alla lettera del Conte Durini n. 1863 in data 25 c. m. (3), diretta a V. E., ho l'onore di comunicare che il Dr. Steidle è stato qui sabato 28 c. m. ed ha conferito col Conte

• L'abboccamento col dr. Steidle (che viaggerà con passaporto falso) avrà luogo, proba

bilmente, fra un paio di settimane, in una piccola stazione balneare del Lago Balaton. Che ne è del prestito chiesto dal conte Bethlen? •.

Bethlen. Il Presidente del Consiglio gli ha rimesso il poto progetto di dichiarazione che il Dr. Steidle ha accettato e che è disposto a firmare. Tuttavia egli si è riservato di sottoporre il testo all'esame del Comandante militare della Heimwehr, che dovrebbe anche apporvi la sua firma. Il Conte Bethlen ha accettato ritenendo che ciò costituisca una maggior garanzia ma ha espresso al tempo stesso il desiderio di voler essere minutamente messo al corrente di tutta l'organizzazione.

II Dr. Steidle ha poi informato di aver indetto per il sette ottobre prossimo una riunione della Heimwehr a Wiener Neustadt e che in tale occasione potrà contare su una forza di circa 40.000 uomini. I socialisti dal canto loro, al corrente di tale progetto, hanno indetto analoga riunione nello stesso luogo e per lo stesso giorno. Molto probabilmente i socialisti provocheranno qualche incidente che costituirebbe un motivo plausibile per agire.

Il Dr. Steidle ha infine osservato che occorrerebbe un sollecito riconoscimento del futuro nuovo Governo da parte dell'Italia per ridurre al minimo il malcontento della borghesia austriaca in seguito all'inevitabile panico che si verificherebbe in Borsa e per affrettare una normalìzzazione.

Il direttore della Sezione Politica di questo Ministero degli Esteri, Barone Apor, mi ha consegnato l'acclusa lettera con preghiera di farla recapitare a codesto Incaricato d'Affari di Ungheria. In essa vi è un resoconto particolareggiato del colloquio Bethlen-Steidle (l) che dovrà essere portato a conoscenza di S. E. il Capo del Governo. Sarò pertanto grato all'E. V. se vorrà provvedere a far pervenire la lettera a destinazione.

Per poter opportunamente controllare la dichiarazione firmata dal Dr.

Steidle, che mi verrà a suo tempo consegnata, sarò grato a V. E. se mi vorrà

far pervenire d'urgenza copia del progetto a suo tempo accettato da S. E. Mus

solìni e di cui è menzione nella lettera di V. E. n. 4347 in data 17 luglio diretta

al Conte Durini (2).

(l) -Annotazione marginale: • Conferito in proposito coll'On. Dudan il 3-8-28 •. (2) -Cfr. n. 515, che ha però il n. prot. 226. (3) -Se ne pubblica solo il seguente passo:
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IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4700/138. Vienna, 2 agosto 1928 (peT. il 6).

Il cancelliere mi ha fatto dire in confidenza essersi accorto che nel nostro ultimo colloquio (3) egli non era stato molto gentile verso di me. La persona che me lo ha comunicato ha aggiunto che Seipel mostrava essergli ciò rincresciuto.

(2J Cfr. n. 487.

Ho risposto che effettivamente, per quanto il nostro ultimo colloquio fosse stato meno aspro del penultimo (1), mi ero accorto che il cancelliere aveva perduto un po' il dominio di sè, come quando m'aveva detto, rosso in viso e alquanto concitato nella voce, che si sarebbe riservato, in caso di nuove mie proteste, di far pervenire le sue risposte direttamente a V. E. per mezzo di codesta legazione d'Austria, ciò che di certo non poteva essere considerato come un atto di particolare riguardo per me, oltrechè per lo stesso ministero. Speravo che quando, dopo le sue vacanze, ci saremmo rivisti, i nostri colloqui avrebbero potuto avere un andamento più tranquillo. Bisognava però che il cancelliere si persuadesse che io avrei continuato a dirgli tutto quanto avessi avuto il dovere di dirgli, senza stare a considerare quale impressione ciò avrebbe potuto fargli e quale sua reazione provocare.

(l) -Testo del resoconto, in KEREKES, Akten, cit., pp. 315-316. (3) -Avvenuto il 28 luglio, nel corso del quale Auriti aveva protestato per manifestazioni anti-italiane in Austria. Sul colloquio lo stesso Auriti riferì con t. per corriere 4584/134 del 28 luglio, per. il 30, del quale si pubblica il brano seguente: Seipel si è lamentato • con qualche concitazione acrimonia e amarezza sulla piega che ha assunto la ripresa dei nostri rapporti. Egli sperava che il suo secondo messaggio sarebbe valso a rendere loro la cordialità di prima. Se avesse saputo che le cose dovevano andare a questo modo avrebbe preferito continuare a rimanere senza un ministro d'Italia. Con quel messaggio egli aveva preso alcuni impegni precisi e quegli impegni era deciso a mantenere. Più non poteva chiederglisi -e nel piùintendeva le mie richieste -e non avrebbe mai concesso. Egli notava una grande differenza fra il linguaggio conciliante di V. E., riferitogli telegraficamente da Egger e da questi confermatogli oralmente nel suo recente passaggio da Vienna, e quello intransigente che io gli
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IL CONSOLE GENERALE A SPALATO, CASTAGNETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4686/3073/59. Spalato, 3 agosto 1928, ore 20,45 (per. ore 9,15 del 4).

Ieri si sono presentati a me due giovani jugoslavi di Knin i quali hanno dichiarato volere fuggire dal paese ove vita sta diventando loro impossibile per divergenze politiche con ambienti locali (in particolare con elementi militari serbi) specialmente per simpatia che essi nutrono per l'Italia, ricordando benefici epoca occupazione. Li ho avviati Zara a mezzo piroscafo nazionale, preavvisando prefetto necessità disporre opportuna loro sorveglianza. Oggi si presenta un ufficiale croato di guarnigione Mostar, il quale mi chiede di favorire sua fuga Italia, affermandosi deciso troncare carriera pur di metter fine insostenibili vessazioni elementi militari serbi e mi ha annunziato che a Mostar circa altri quindici, tra ufficiali e sottufficiali, desiderano imitarlo.

Prego V. E. telegrafare d'urgenza istruzioni. Telegrafato Belgrado.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO (2)

TELESPR. R. 240710/875. Roma, 4 agosto 1928.

Mi riferisco al rapporto 16 luglio n. 2381/1119, per rimettere a V. E. in via riservata, l'acclusa copia (3) di un memorandum ungherese col quale richiedonsi i nostri buoni uffici per indurre Sir A. Chamberlain a chiarire in senso

andavo tenendo nei miei colloqui in nome del R. Governo, e si chiedeva se non dovesse d'ora innanzi, quando io fossi tornato da lui con altre proteste, limitarsi ad ascoltarmi riservandosi di far pervenire la sua risposta direttamente a V. E. per mezzo del rappresentante austriaco in Roma. Dal modo come si andava effettuando questa ripresa di rapporti egli traeva presagi poco lieti per l'avvenire che gli si presentava oscuro: la politica austriaca avrebbe potuto orientarsi altrimenti ».

meno « drastico » la portata delle recenti sue dichiarazioni alla Camera dei

Lords.

Prego la E. V. di voler trovar modo e momento opportuno per condurre

il discorso con Sir A. Chamberlain sull'argomento e limitarsi allora a doman

dargli quale senso debba esattamente darsi alle Sue dichiarazioni. Non sembra

infatti difficile che, per una comprensibile inclinazione personale a sbarazzarsi

della spinosa vertenza e anche per motivi di tattica, egli abbia usato ad arte

una formula destinata a lasciare una impressione più assoluta di quella che non

sia lecito trarre con sicurezza dalle parole dell'oratore e soprattutto dalle esi

genze pratiche della situazione.

Rimango in attesa di cortesi comunicazioni non appena possibile e gradirò

al contempo il testo preciso delle dichiarazioni di Sir A. Chamberlain, anche ai

Comuni (addì 2 luglio).

(l) -Cfr. n. 480. (2) -Il telespresso venne inviato, per conoscenza, al ministro a Belgrado (n. 240711/742) e all'Ufficio Società delle Nazioni (n. 240712/995). (3) -Manca.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. 4034/376. Roma, 5 agosto 1928, ore 24.

Telegramma V. E. n. 642 (1).

Nostra comunicazione circa trasferimento sede ambasciata Angora fu fatta codesto Governo a titolo cortesia dato che or sono tre anni fu deciso di comune accordo mantenere ancora sede Costantinopoli ma R. Governo non ha ragione nè tanto meno di richiedere rsic] che sua attuale decisione trasferimento sia imitata da Governo britannico. Quanto precede solo per chiarimento e conoscenza personale di V. E.

533

IL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4834/273. Praga, 5 agosto 1928 (pe1·. il 10).

Mio telegramma per corriere del 22 luglio u. s. n. 225.

Nulla fino ad oggi risulta essersi concretato a Karlsbad.

Stresemann non ha potuto esimersi, per imprescindibile dovere verso il capo dello stato sul cui territorio egli presentemente soggiorna, dallo scambiare visite con Masaryk che si è a bella posta trasferito colà proprio in questo momento per creargli un tale dovere, ma non ha visto Benès nè uomini politici di alcun'altra nazione.

Naturalmente Masaryk, le cui idee coincidono perfettamente con quelle del suo prediletto ministro degli esteri, avrà abbordato con Stresemann il pro

blema centrale della collaborazione tra i paesi danubiani, preparando l'adden

tellato per l'azione che Benès stesso si propone di svolgere in occasione della

sua prossima andata a Parigi per la firma del patto Kellogg. Per chi conosce

Benès non vi può essere infatti dubbio che egli si accinga a sfruttare ampia

mente la rara occasione dell'incontro simultaneo con i dirigenti la politica estera

delle principali potenze per effettuare qualche tentativo in grande stile di varare

i suoi piani.

Secondo le ultime indiscrezioni a me pervenute e le ultime allusioni a me fatte da più di una fonte, la piattaforma di essi consiste sempre nello stabilimento di un regime di dazi preferenziali fra la Piccola Intesa, la Polonia, l'Ungheria e l'Austria. In cambio dell'accesso all'unione progettata, l'Ungheria otterrebbe il pieno rispetto culturale delle sue minoranze, la cui esistenza in territorio straniero cesserebbe automaticamente di essere oggetto di misure repressive, mentre Polonia ed Austria si vedrebbero garantite contro ogni attacco od assorbimento da parte della Germania. Sull'acquiescenza della Germania si farebbe poi assegnamento offrendole un'intesa in blocco con tutti gli stati minori formanti parte della nuova costellazione, che le assicurerebbe, ipso facto, senza rischi di conflitti e senza perdita di tempo in trattative singole, quegli sbocchi che la sua produzione reclama in tutta l'Europa orientale. La Francia sarebbe pronta a premere sulla Germania per l'accettazione di un siffatto programma i cui effettivi vantaggi e vincoli economici dovrebbero far passare in seconda linea e gradualmente svuotare di pratica importanza le rivendicazioni nazionaliste del corridoio, dei Sudeti e dell'Anschluss. Nessuna difficoltà è prevista da parte dell'Inghilterra e dell'America, ambedue interessate alla pacificazione definitiva del continente europeo. Quanto all'Italia, infine, si nutre l'illusione di convincerla che la formazione della lega doganale in parola, pur esigendo la rinunzia da parte sua, come da quella altre grandi potenze, al trattamento della nazione più favorita, la ricompenserebbe ad usura con l'allontanamento del pericolo dell'unità austro-germanica e l'assicurazione di un più normale traffico dei porti di Trieste e di Fiume.

Sebbene non mi abbia fatto alcun accenno al riguardo, ho l'impressione che Benès cercherà di intrattenere su quanto precede chi rappresenterà V. E. a Parigi il 27 corrente.

(l) Cfr. n. 519.

534

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 4733/636. Belgrado, 6 agosto 1928, ore 17,20 (per. ore 21,15).

Richiamo telegramma n. 429 in data 4 corrente (l) del R. console Spalato a V. E. Aggiungo essermi contemporaneamente arrivato altro telegramma R. vice console Sebenico che parla di sedicente fiduciario partito croato che chiede

(l} Non rinvenuto. Ma cfr. n. 530.

fissarsi Zara. Ho risposto a Castagnetti ed a Lanzetta con telegramma n. 6925 che invio anche a V. E. e mi riservo telegrafare quanto potrà risultarmi sulle persone indicatemi da R. vice console Sebenico. Mi pare però si ponga, fino da ora, concreto problema circa linea di condotta da seguire verso possibili gruppi di fuorusciti croati che potrebbero formarsi da noi ed aumentare in relazione al divenire più grave pericolo della lotta in Croazia. Subordinatamente all'esame più scrupoloso e diffidente delle domande di fuorusciti ed alle condizioni da porsi per il loro soggiorno in Italia, non si dovrebbe lasciare sfuggire alla nostra influenza l'azione che dall'estero questi fuorusciti dovessero svolgere. È da ritenersi con fondamento che il Governo ungherese, considerando con favore simile attività, cercherebbe volgerla ai suoi fini. Richiamo a tale riguardo quanto ho avuto l'onore di esporre a V. E. segnatamente in fine del mio rapporto n. 6911/ 1530 del 3 corrente (l) e prego telegrafarmi eventuali istruzioni da comunicarsi quando del caso a Spalato e Sebenico.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E A WASHINGTON, DE MARTINO

T. 4039. Roma, 6 agosto 1928, ore 23.

Come è noto a V. E. l'articolo 4 del patto di amicizia itala-jugoslavo, firmato a Roma il 27 gennaio 1924, è del tenore seguente: • La durata della presente convenzione sarà di cinque anni e potrà essere denunciata o rinnovata un anno prima della sua scadenza •.

All'approssimarsi del 27 gennaio scorso, e quindi dell'anno precedente la

scadenza del patto, il ministro degli esteri S.H.S. signor Marinkovich, ebbe ad

interpellare il Governo italiano circa i suoi intendimenti a proposito della

futura sorte del patto, dichiarando in pari tempo che il Governo S.H.S., per

parte sua, avrebbe vivamente desiderato che venisse rinnovato (2).

In seguito al passo compiuto da Belgrado, che metteva in azione l'articolo 4

del patto di Roma, fu convenuto fra i due Governi e consacrato in un apposito

protocollo, sottoscritto a Belgrado il 25 gennaio scorso, di prorogare al 28 luglio

1928 il termine di cui al citato articolo 4. Ciò per dare al Governo S.H.S. il

tempo necessario a tradurre in atto la sua offerta di procedere, a prova delle

sue affermate intenzioni nei riguardi delle relazioni con l'Italia, ad una ami

chevole e soddisfacente definizione delle varie vertenze da tempo in sospeso e

connesse con obblighi assunti in precedenza e non soddisfatti dalla Jugoslavia

nei nostri confronti, la cui osservanza era tuttavia necessario presupposto dei rapporti di amicizia che si erano voluti instaurare col patto del 1924.

I sei mesi di proroga avrebbero dovuto inoltre servire a dar modo al Governo di Belgrado di disporre popolazioni, stampa, opinione pubblica della Jugoslavia in senso più adeguato all'amicizia che trattavasi di riconfermare.

A dimostrare, se ce ne fosse bisogno, quale sia stata la lealtà piena e generosa del Governo italiano verso la Jugoslavia in tale occasione, sarebbe sufficiente citare una sola prova: che il R. Governo, affinchè non si potesse menomamente dubitare dell'effettivo e sincero suo desiderio di facilitare l'azione del Governo di Belgrado per una sistemazione amichevole delle relazioni fra i due paesi, si astenne, nella circostanza, dal chiedere alla Jugoslavia la ratifica delle convenzioni di Nettuno, lasciando all'iniziativa del Governo jugoslavo ogni decisione circa il momento di soddisfare un così importante obbligo assunto verso di noi.

Stimo inutile ricapitolare le circostanze che hanno dimostrato come il credito féltto al Governo S.H.S. non sia stato, nei nostri riguardi, produttivo degli effetti che eravamo in diritto di attenderci. La campagna di sconcia ed aggressiva italofobia condotta da tutta la stampa jugoslava, anche da quella in più diretto contatto coi circoli politici responsabili, e che non ha mai cessato un momento, nè dimostra menomamente di voler cessare, è ovunque nota. Tale campagna ha portato i suoi frutti, fra l'altro, nelle violente dimostrazioni e nelle selvagge aggressioni e distruzioni contro consolati, istituti, persone e beni italiani che hanno avuto luogo recentemente in Jugoslavia e che sono di pubblica ragione.

Quanto all'esame delle vertenze da tempo in sofferenza e che il Governo jugoslavo si era impegnato a risolvere nel frattempo, esso si è trascinato stentatamente finora senza risultati complessivamente apprezzabili. Continua, intanto, a dispetto dei trattati vigenti fra i due stati, una metodica opera delle autorità jugoslave, e non della sola Dalmazia, contro ogni diritto od interesse di collettività o di privati italiani.

Ciò malgrado, nell'imminenza dello scadere del semestre di proroga, nella consapevolezza dell'alta missione pacificatrice affidata all'Italia, unica grande potenza confinante cogli agitati Balcani, pur essendo da quasi un mese la Jugoslavia senza Governo e scossa da gravissime lotte interne, di imprevedibili sviluppi anche esterni, allo scopo anzi di contribuire a diminuire le preoccupazioni ed a facilitare l'opera di coloro che si adoperano per rendere meno acuto e pericoloso tale stato di cose, ho fatto sapere al R. ministro a Belgrado che il Governo italiano, qualora da Belgrado fosse venuta una richiesta di ulteriore proroga del termine di rinnovo del patto di amicizia, era pronto a prenderla in favorevole considerazione (1). Di tali intendimenti ho avuto occasione di intrattenere questo ambasciatore d'Inghilterra e mi consta che, per il tramite del Foreign Office, . il ministro d'Inghilterra a Belgrado ne è stato informato (2). La stampa belgra

(2J Cfr. n. 523.

dese stessa, del resto, si è ripetutamente dimostrata a conoscenza di queste favorevoli disposizioni italiane.

Senonchè -ed anche questo è stato reso di pubblica ragione dai giornali il ministro degli affari esteri S.H.S. Marinkovich ha ritenuto meglio, in questi ultimi giorni, di formulare, con dirette dichiarazioni alla stampa, una singolare tesi: che si poteva anche prescindere da una ulteriore proroga del termine di rinnovo, visto che ad ogni modo il patto di Roma rimaneva ancora in vita fino al 27 gennaio del prossimo anno.

Sta in fatto che fino ad oggi, a scadenza del termine avvenuta, nessun passo è stato fatto da Belgrado per la proroga dello stesso.

Stimo inutile di discutere qui la tesi del dottor Marinkovich, che si pone in contraddizione con se stesso dimenticando di aver egli preso l'iniziativa di sollevare nel gennaio scorso la questione della formale proroga dell'articolo 4 del patto.

Quello che preme invece di documentare è la chiara, longanime, ineccepibile posizione italiana nella questione.

Quanto sopra per conoscenza personale di V. E. e per eventuale norma di linguaggio con codesto Governo e per utile ed opportuna direttiva negli eventuali contatti con codesti ambienti politici e con codesta stampa.

(l) -Non si pubblica. Ma cfr. p. 484, nota l. (2) -Cfr. serie VII, V, n. 672.

(l) Cfr. n. 456.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, E AL CONSOLE GENERALE A SPALATO, CASTAGNETTI

T. 4080. Roma, 7 agosto 1928, ore 24.

(Per Belgrado). A telegramma del R. console a Spalato n. 3073/59 (l) ho risposto quanto segue: (Per tutti). Suo telegramma n. 3073/59. Non ho difficoltà che elementi che

V. S. mi segnala trovino rifugio in Italia. Occorre peraltro: 1° che loro precedenti e loro sentimenti siano accertati in modo da eliminare ogni sospetto; 2° che azione R. consolato sia prudentissima e tale da evitare compromissioni dirette; 3° che nostre autorità del luogo di destino siano telegraficamente prevenute per opportune misure sorveglianza.

Nei casi di dubbio sulla buona fede di elementi croati ella potrà anche utilmente interpellare per il tramite della R. legazione a Belgrado il suo collega di Zagabria.

(l) Cfr. n. 530.

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IL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, BOLZON, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4768. Roma, 8 agosto 1928.

Trascrivo all'E. V. qui di seguito una lettera di S. E. Zoli con la quale questi mi comunica un telegramma pervenutogli dal reggente il Governo dell'Eritrea e la risposta da lui data.

• -A seguito del mio foglio n. 40 viaggio rr. del 27 luglio u. s., comunico alla E. V. per doverosa conoscenza che il segretario generale reggente il Governo dell'Eritrea mi ha telegrafato: • -Medici, dopo aver fatto al residente comunicazioni ordinate da V. E., telegrafa quanto segue:

"N. 815. Residente prega far pervenire a S. E. Governatore Eritrea vivissimi ringraziamenti per le giuste considerazioni prospettate e aggiunge che egli condivide pienamente parere S. E. ritenere inefficace un passo presso l'Imam Yahia in forma generica come quello cui si riferisce telegramma n. 791. Residente si è riservato darmi una risposta dopo di avere riflettuto sulle considerazioni esposte ed esaminata situazione presente. Nel frattempo egli prega di non fare nessun passo presso l'Imam Yahia che possa essere interpretato come segno di debolezza degli inglesi. Nella conversazione di questa mattina residente mi ha detto che dapprima era contrario compiere un passo verso l'Imam perchè preoccupavasi potesse essere considerato dall'Imam Yahia atto debolezza, ma che aveva in seguito dovuto formulare la richiesta per le pressioni del Foreign Office. Mi ha detto inoltre che aspetta conoscere quale risultato avrà una lettera scritta da lui allo Imam Yahia. Mi ha dichiarato essere soddisfatto occupazione Dhala finora indisturbata. Ritiene posizione Imam Yahia molto vacillante per antagonismo diventato più forte in questo momento fra sciafeiti e zeiditi ".

Prego V. E. farmi conoscere se non ravvisi opportuno far sapere per conto nostro all'Imam che siamo a conoscenza dell'invio di una lettera del nuovo residente di Aden facendogli cautamente apparire questo passo britannico dovuto nostra incessante azione amichevole suo favore e consigliargli non lasciare cadere l'occasione per ripresa trattative durante le quali noi potremo essergli utili se egli deciderà tenerci informati loro svolgimento ».

Ho così risposto al segretario generale del Governo dell'Eritrea:

• l) Pregola telegrafare Medici che ringrazio residente britannico della comunicazione; che naturalmente non farò alcun passo a Sanaa se non richiesto dal residente stesso, R. Governo non avendo alcun altro interesse nella questione all'infuori quello procedere parallelamente Inghilterra per una politica tranquillità ed equilibrio nella penisola araba; che resto pertanto in attesa notizie esito trattative dirette che auguromi favorevole.

2) Pregola telegrafare contempo Dubbiosi avvertendolo riservatamente dell'invio lettera del residente britannico allo Imam, raccomandandogli di non fare capire allo Imam che egli è a conoscenza dell'invio lettera, ma invitandolo fare tutto possibile per sapere quale sarà tenore risposta Imam.

3) V. S. comprende bene come non sia affatto nel nostro interesse che trattative anglo-yemenite approdino, specialmente se dirette; epperò non, ripeto non, concordo nella opportunità passo diretto da Lei proposto in calce suo telegramma cui rispondo , (1).

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4811/199. Sofia, 8 agosto 1928, o1·e 20,40 (per. oTe 9,50 del 9).

In lunga conversazione avuta oggi con Buroff questi mi ha confermato che trattative fra gruppo Zankoff e attuale gabinetto hanno principalmente scopo mantenere in vita • Intesa democratica », il che equivale a consolidare l'unione di tutto il paese tanto più necessaria in questi momenti in cui altri stati balcanici (Jugoslavia, Romania e anche Grecia) sono turbati da forti dissensi e gravi problemi interni. Buroff che funge da principale intermediario fra Liapceff e Zan

Questa forma di nostro intervento chiesto per la prima volta da inglesi non potrebbe evidentemente essere [presentatol all'Imam come mediazione ma si risolverebbe esclusivamente in una pressione a tutto favore degli inglesi. Ciò avrebbe potuto anche essere accetto all'Imam prima che ostilità avessero. inizio come segno nostra disinteressata premura per risparmiargli pericoli e danni conflitto armato, ma ora gli darebbe impressione invito adattarsi rapidamente fatto compiuto e subire imposizioni suoi avversari.

Considerazioni precedenti si fondano su mia impressione circa situazione già manifestata con telegramma n. 975 diretto ministero e comunicato V. E. È bensì vero che inglesi

hanno visione ottimistica situazione e aperto interesse rapida soluzione conflitto dopo primi

obiettivi raggiunti, ma pensiero e intendimento Imam appaiono ben diversi. Infatti egli si è gettato in questa avventura non senza aver considerato possibilità sfavorevoli che erano però bilanciate nelle sue previsioni da fiducia su naturali difese e risorse territorio che consentirono in passato resistenza mai domata in guerriglie sfibranti per avversari. Ora poi egli sa bene che difficilmente inglesi si indurrebbero impiegare imponenti forze terrestri che soltanto potrebbero. avere decisivamente ragione sua resistenza dato che bombardamenti aerei si sono dimostrati di scarsa efficacia ed anche rassicurato dalla evidente cura inglesi evitare ostilità contro località costiere. Recente sua risposta intransigente alla petizione di pace da molto tempo segretamente promossa come mezzo dilatorio è conferma tali intendimenti.

In tale situazione trasmissione invito britannico sarebbe molto probabilmente destinata cadere nel vuoto. Sembrami pertanto che potremmo aderire alla richiesta residente Aden nell'unico caso. che esso ci facesse preventivamente note condizioni che Governo inglese sarebbe disposto fare all'Imam e qualora esse avessero carattere vere transazioni tra opposti punti di vista britannico e jemenita in modo che noi potessimo presentare cosa all'Imam con carattere di passo amichevole per entrambe le parti e non con quello di un puro e semplice invito a lui di sottomettersi alle condizioni del vincitore •.

Zoli rispondeva, il 25 luglio: « ... in ogni caso io sono disposto a fare presso Imam passo richiestomi in via conciliativa, perchè precisamente in questo senso R. Governo ed io intendiamo spirito conversazioni Roma : nel senso cioè che nostra influenza politica e morale nello Jemen debba essere un elemento di garanzia nell'equilibrio della penisola arabica e quindi favorevole e non mai contrastante agli interessi britannici». Tuttavia, • quanto alle osservazioni fatte dalla S. V. esse sono indubbiamente assennatissime; ma V. S. comprenderà agevolmente come noi non possiamo atteggiarci di fronte agli inglesi a tutori dell'Imam nè possiamo proporci come mediatori tanto più che ignoriamo precisamente quale effetto avrebbe presso Imam una nostra eventuale mediazione, nè d'altra parte possiamo senza destare gravi sospetti rifiutarci di fare passo richiestoci dagli inglesi. Le faccio inoltre osservare che soltanto la richiesta fattaci dal residente Aden costituisce per noi un non trascurabile successo politico, in quanto è prova fiducia verso di noi ed insieme implicito riconoscimento nostra influenza politica e morale nello Jemen •·

koff mi ha spontaneamente e sinceramente dichiarato che uno dei principali argomenti che formano oggetto delle trattative è quello della necessità che il Governo bulgaro rendendosi conto della mutata situazione nella politica interna bulgara dopo assassinio Protogheroff che ha indubbiamente sconnesso compattezza organizzazioni macedoni, proceda ad una serie di provvedimenti miranti a far rientrare le organizzazioni macedoni oggi illegalmente costituite nel novero di quelle agenti liberamente con autorizzazione e sotto controllo Governo bulgaro.

Dato questo criterio (su cui come sul resto della conversazione con Buroff riferirò con rapporto) sembrami che un passo diplomatico collettivo come quello preannunciatomi ieri da questo ministro d'Inghilterra tendente a chiedere al Governo bulgaro scioglimento ufficiale della O.R.M.I. sarebbe quanto mai inopportuno sia perchè giungerebbe dopo più di un mese di distanza dal delitto, sia perchè colpirebbe fortemente amor proprio Governo bulgaro per intervento straniero in fatto puramente interno, sia infine perchè misure sopra accennate che Governo bulgaro intende prendere di propria iniziativa potrebbero sembrare imposte dalla volontà delle Grandi Potenze.

Ciò in linea generale. Per quanto riguarda specialmente Italia mia partecipazione passo franco-inglese produrrebbe certamente penosa impressione Liapceff e suo Governo e turberebbe anche spirito nostri amici della O.R.M.I. che difficilmente comprenderebbero ragioni della nostra solidarietà con Francia, Inghilterra notoriamente agenti contro O.R.M.I. soprattutto per compiacere Belgrado.

Attendo ad ogni modo istruzioni di V. E.

(l) Il reggente il Governo dell'Eritrea, Mutinelli. aveva trasmesso a Zoli, a Genova, un telegramma il 23 luglio, nel quale osservava: "Residente britannico [di Aden l in sostanza sol!ecita nostri buoni uffici perchè Imam si induca chiedere pace in base prime fasi conflitto con inglesi...

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4808/648. Bled, 9 agosto 1928, m·e 18 (per. ore 21).

Morte Radich desta profonda impressione. Croazia gli prepara per dome

nica funerali di glorificazione; morte segna punto fondamentale nei rapporti

serbo-croati e nello svolgimento crisi statale. Non sembra azzardato ritenere

che la prolungata crisi parlamentare prima e poi la apparente indifferenza di

Belgrado di fronte all'assemblea secessionista di Zagabria ed ai violenti propositi

verbali croati, siano state volute per attendere tale momento, di inevitabile

momentanea indecisione nelle file croate e probabili competizioni per succes

sione Radich, onde agire fortemente al fine troncare movimento prima che esso

prenda aspetti decisivi e si organizzi con probabilità di qualche utile successo.

Comunque anche Belgrado inizia adesso maniera forte per ridurre alla sua

volontà croati ed ottenere un qualche risultato; movimento è espressione di una

profonda realtà non di capricci e velleità personali e passionali e perciò que

stione croata resterà pur sempre una delle ragioni di maggiore debolezza della

vita unitaria S.H.S.

Ma poichè serbi agiranno probabilmente con violenza balcanica, ciò potrà determinare reazione alla quale potenze non potranno restare indifferenti, specie se confinanti.

Inoltre resistenza croata è evidentemente in relazione oltre che con sua

propria forza e con l'organizzazione che sembra già abbia concrete diramazioni

estere, anche con eventuali aiuti esterni che per quanto mi si assicura sono

cercati.

Per eventuale sviluppo azione che V. E. credesse decidere e per possibili miei subordinati suggerimenti mi potrebbe essere utile conoscere risultato approcci Vienna di cui telegramma di V. E. per corriere n. 3587 dell'H luglio scorso (1).

540

IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 4798/82. Zagabria, 9 agosto 1928, ore 17,30 (per. ore 23).

Finora comitato della coalizione croata non ha fatto nulla di concreto ed ha perduto il tempo in consuete conferenze, in beghe fra gli ambiziosi, in congetture sull'avvenire. Del resto situazione era dominata dall'ansia circa sorte Radich.

Prossimamente avrò un colloquio con persona bene informata, incaricata comunicarmi programma azione per il quale sarà probabilmente opportuno che io venga Roma urgenza conferire. Prego autorizzarmi telegraficamente sin da ora venire costà pochi giorni, se il risultato colloquio lo richieda.

Ho telegrafato quanto precede R. legazione.

541

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS

T. RR. 4099/213. Roma, 9 agosto 1928, ore 24.

Richiamo tutta l'attenzione di codesta legazione sui recenti avvenimenti in Croazia e sulla situazione che si va determinando colà. Occorre che V. S. segua con la massima diligenza le ripercussioni che senza dubbio tali avvenimenti hanno in Ungheria e raccolga riservatamente tutte le notizie che ella potrà procurarsi in codesti centri croati, Budapest essendo in questi riguardi un osservatorio politico di grande importanza. Se le accorreranno fondi per organizzare

serviziO informativo, prego trasmettere proposte. A parte ciò V. S. vorrà al p1u presto intrattenere confidenzialmente codesto Governo sugli avvenimenti croati allo scopo di conoscerne pensiero e previsioni e stabilire contatti opportuni in vista dei possibili sviluppi di una situazione politica che interessa ugualmente Italia e Ungheria. V. S. potrà aggiungere che il R. Governo riterrebbe utile a tale scopo un attivo scambio delle informazioni che pervenissero a Roma ed a Budapest.

(l) Col quale veniva ritrasmesso il te!. di cui al n. 464.

542

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4813/409. Atene, 9 agosto 1928, ore 20,50 (per. ore 3,05 deL 10).

Ho avuto stamane un assai interessante colloquio con questo presidente del consiglio testè ritornato dal suo giro elettorale in Epiro. Venizelos mi ha formalmente dichiarato (autorizzandomi bene inteso esplicitamente a trasmettere tali dichiarazioni all'E. V.) quanto segue:

l) pur non potendo oggi ancora precisare il giorno in cui gli riuscirà materialmente di allontanarsi da questa capitale, sempre che secondo quanto egli si augura, le prossime elezioni avranno per lui esito favorevole, conta compiere il progettato viaggio al più presto possibile, recandosi per primo a Roma. Si riserva pertanto prendere ulteriori accordi subito dopo le elezioni per stabilire la data in cui convenga alla E. V. riceverlo;

2) egli considera la sempre più perfetta cordialità ed intimità delle relazioni con l'Italia come fondamentale per la politica estera della Grecia; 3) desidera aver l'onore di concludere e sottoscrivere con V. E. il patto italo--greco in occasione della suddetta visita;

4) desidera, per quanto lo riguarda e salvo consenso dell'E. V., che il patto sia redatto in modo da avere il contenuto più largo possibile sulle basi del principio enunciato al punto secondo del presente telegramma, compatibilmente con l'altro principio (già del resto riconosciuto di comune accordo) che il patto medesimo non abbia a poter essere interpretato come comunque rivolto contro terzi. Venizelos mi ha lasciato chiaramente intendere di non dubitare del favorevole atteggiamento britannico, aggiungendo che, dopo tutto, anche la Francia dovrà finire per convincersi;

5) egli ha dato incarico al signor Carapanos (atteso qui di ritorno da Janina per domenica o lunedì) di preparargli per la settimana prossima una relazione comparativa dei testi dei recenti patti, italo-turco (che io ho già del resto sommariamente esaminato stamane con lo stesso Venizelos), greco-romeno, ecc. allo scopo preciso di studiare il testo concreto da sottoporre per mio tramite all'esame ed eventuale approvazione o modifiche dell'E. V.

Fine delle dichiarazioni, che Venizelos mi ha fatte con tono di vivo calore, e mi sembra anche con sincera determinazione di intendimento.

31 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

Continuerò ad assistere con tutto 1l dovuto interesse: sarei intanto ben grato ove codesto R. ministero potesse farmi pervenire col corriere aereo in partenza da Brindisi mercoledì mattina 15 agosto, il testo ufficiale del recente patto italo-turco con preambolo e protocollo annesso, possibilmente in tre o quattro copie.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. PER CORRIERE 4095. Roma, 9 agosto 1928.

Rispondo al suo rappocrto n. 1487/594 (l).

Sono perfettamente d'accordo con V. S. nelle conclusioni. Mi rendo infatti

conto di quanto ella mi espone circa la difficoltà, se non la impossibilità, di avere

la lettera n. l in forma pubblica. D'altra parte persisto nel ritenere che COI).venga

in ogni caso stralciare, da questa lettera, l'argomento di cui alla lettera n. 2.

Infatti la lettera n. l se non deve in massima essere pubbHcata deve tuttavia

essere pubblicabile; in altri termini essa, per non essere inutile deve essere un

documento il cui contenuto non vieti a noi stessi l'eventualità di una divulgazione

nel ,caso che occorresse.

Per avere questo requisito esso non deve evidentemente sfiorare la que

stione della liberazione degli albanesi fuori confine. Da qui la necessità di dare

vita a due lettere separate.

Vediamo ora quali probabilità di riuscita abbia questa separazione. Io credo che anche stabilendo di fare della lettera n. l un documento riservato, il signor Ahmed Zogu opporrà difficoltà alla separazione. La ragione di questa mia sup· posizione sta in questo: che il signor Ahmed Zogu voglia strapparci le dichiarazioni anti-jugoslave facendone un corpo unico ed inscindibile di una lettera unica, al solo e preciso scopo di impedire a noi di valerci in qualsiasi momento delle dichiarazioni e delle promesse che egli ci rilascia, e di rendere quindi non solo giuridicamente ma anche politicamente inefficaci le dichiarazioni e le promesse stesse.

Se questo mio sospetto non è mal fondato la S. V. dovrà trovare forti difficoltà ad ottenere la separazione delle lettere. In questa evenienza forse è meglio lasciar cadere questa idea dello scambio di lettere piuttosto che farle sboccare nella profonda oscurità di un cassetto segreto senza possibilità di poterle mai portare alla luce del sole per cavarne un effetto qualsiasi. Resterebbe sempre in tal caso, la nota che il Governo albanese dirigerebbe a codesta legazione in forma diversa da quella alle altre rappresentanze straniere, documento di cui ella giustamente pone in rilievo il significato e l'importanza. Del resto quello che noi andiamo cercando è: l) una questione di sostanza rappresentata dal consolidamento in Albania di un regime che ci garantisca lo sviluppo delle nostre posizioni ed allontani i pericoli di turbamenti e complicazioni di altrui

imposizioni; 2) una questione di forma rappresentata dalla dimostrazione di fronte ai terzi che il nuovo trono nasce all'ombra della bandiera italiana. Questi due effetti non hanno bisogno di alcuna lettera per manifestarsi: tutto il mondo sa e vedrà che il trono albanese sarà una creazione italiana senza che il signor Ahmed Zogu lo proclami... in una lettera segreta.

Ammettiamo invece che la separazione delle due lettere possa avvenire. In questo caso, resta inteso il diverso grado di segretezza che esse debbono avere in relazione al loro contenuto; la lettera n. 1 deve essere non pubblica ma -ripeto -pubblicabile in una futura evenienza; la lettera n. 2 deve essere nè pubblica nè pubblicabile.

Esaminiamole ora una per una.

Sono d'accordo con lei che Ahmed Zogu, accettando la separazione delle due lettere cercherà di fare della prima di esse una lettera banale. V. S. ne vuoi fare una lettera di • baciamano • qualora non riesca ad ottenere di meglio. Evidentemente ella ,cercherà di conseguire le dichiarazioni più serie possibili. Quale sarà poi il grado di banalità da una parte e di serietà dall'altra che finirà col venir fuori e dove si fermerà la lancetta di questa bilancia che oscilla fra le due volontà e fra le due forze di manovra, lo dirà il corso delle sue conversazioni per le quali mi affido a lei.

In quanto al contenuto della seconda lettera, è giusto che V. S. -dato che il contenuto del patto del 1925 figura ignorato tra V. S. ed il signor Ahmed Zogu -non debba parlare di una conferma di detto patto. Ciò a prescindere dal valore di esso dopo che ne è stata tratta fuori tutta la parte buona consacrandola in successive stipulazioni giuridicamente più solide. Perciò la formula della lettera n. 2 priva di qualsiasi richiamo ad impegni analoghi preesistenti, potrebbe essere quella ormai concordata da lei.

(l) Cfr. n. 521.

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IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4839/298. Vienna, 10 agosto 1928, ore 1,10 (per. ore 3,30).

Ministro affari esteri Turchia ha desiderato parlarmi questo pomeriggio. Mi ha pregato comunicare V. E. che partirà lunedì per Budapest dove è sollecitato recarsi. Non sono ancora fissati tutti i punti accordo turco-ungherese da stipularsi ed egli vuole discuterne colà proponendo testo analogo quello italoturco. Potrebbe darsi che firma avvenisse durante sua permanenza Budapest. In caso contrario sarebbe rinviata soltanto di qualche settimana.

Anche da Sofia gli sono venute sollecitazioni andarvi ed egli si propone

recarvisi dopo Budapest purchè crisi ministeriale bulgara sia risolta per epoca

in cui dovrebbe giungervi. Altrimenti mancherebbe ragione sua visita non

potendo egli discutere con un ministro esteri uscente. Del resto tanto se Buroff

rimane esteri quanto se passa finanze ed è sostituito agli esteri da un altro

rimarrà immutato attuale aspetto politico Gabinetto. Ministero bulgaro ha già

preso decisioni non solo circa conclusione accordo ma anche circa sua redazione che sarà analoga a quella itala-turca. Perciò anche qualora egli dovesse astenersi dal recarsi Sofia conclusione questo accordo non potrebbe neppure essa tardare.

Rou3sdi bey prevede che quando i due accordi saranno stati stipulati e notizia sarà stata pubblicata, giornali Piccola Intesa con Temps alla testa si agiteranno assai e lo accuseranno fare politica voluta da V. E. Egli non se ne preoccupa ed è disposto offrire agli stati Piccola Intesa conclusione accordi analoghi quello italo-turco ch'essi non potrebbero accettare essendo reciprocamente legati dall'alleanza.

Ministro ha aggiunto che di tutto ciò non ha parlato qui con nessuno e che anzi non ha visto chicchessia. Ha persino rinunciato cura Karlsbad che pure gli era stata consigliata dai medici per evitare che sua presenza Cecoslovacchia potesse offrire anche soltanto pretesto a Benès sfruttarla per fini sua politica. Ha perciò preferito andarsene Semmering e restarvi fino questi giorni. Solo nella visita da lui fatta a Seipel ha creduto dovere di cortesia per ospitalità qui accordatagli accennargli possibilità sue fermate Budapest e Sofia senza però indicargliene ragioni.

Roussdi bey ha poi parlato in generale della situazione Europa centrale e orientale manifestandosi ostile a Piccola Intesa e a politica che essa persegue e che non potrà raggiungere suoi scopi nè verso Austria nè verso Balcani.

Ministro affari esteri ha ripetutamente esaltato azione chiaroveggente V. E. che ha sventato macchinazioni Piccola Intesa e condotto a cosi amichevoli rapporti con Turchia. Ha parlato con grande ammirazione V. E. e pregatomi esprimerle sensi suo ossequio. Mi ha anche pregato far pervenire analoghi sensi a

S. E. Grandi.

Per desiderio Roussdi colloquio è avvenuto presente questo ministro Turchia in un caffè del Prater.

545

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 4861/653. BeLgrado, 10 agosto 1928, ore 13 (per. ore 14,55).

Questo ministro Ungheria è partito da qui ieri sera per Budapest, via Vienna per non destare sospetti. Governo ungherese è molto impressionato da avvenimenti Croazia e ritiene possano portare con qualche rapidità ad avvenimenti di concreta importanza nel quadro della politica dell'Europa centrale. Ministro Ungheria è però del parere che per il momento v.on siano imminenti fatti decisivi. Richiamandosi pagina 15 del mio rapporto del 3 (1), vedrà V. E. se non sia il caso che Durini faccia riservatissimi cauti sondaggi presso il Governo ungherese a tale proposito.

(l l Galli allude al seguente u·1sso del rapp. 6911/1530 del 3 agosto: « Tengasi presenteche... l'Ungheria non si tiene in disparte. Essa certo svolge un'azione, e vuole essere pronta a rivendicare un diritto di priorità e di sovranità, che la ricondurrebbe sulla via dell'antico. possesso, e le aprirebbe il mare. Nella peggiore ipotesi tale diritto ha da essere rivendicato d'accordo con noi. Giudichi V. E. se uno stretto e riservatissimo contatto con Budapest su questo punto non giovi fino da ora •·

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L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4862/222 (1). Budapest, 10 agosto 1928, ore 23,35 (per. ore 3,30 dell'Il).

Telegramma V. E. 4099/213 (2).

Direttore generale affari politici ministero affari esteri mi ha detto ciò che sento ripetere da vari giorni cioè che il Governo ungherese non crede immischiarsi nella questione croata sia perchè non ritiene situazione ancora mutata, sia perchè non vorrebbe pregiudicare eventuale sviluppo corrente separatista qualora azione ungherese fosse conosciuta. Barone Apor si è mantenuto molto riservato pur mostrando di non nutrire molta preoccupazione per gli avvenimenti nello stato limitrofo. Capo ufficio stampa mi ha detto che, secondo le notizie da Zagabria, è stata intensificata vigilanza frontiera ungherese e bulgara per tema contrabbando armi e rafforzati posti. Circoli politici croati si sarebbero lamentati attitudine giornali ungheresi (mio telegramma posta 834) donde nuove istruzioni da lui date alla stampa per maggior interessamento (mio telegramma 221). Mi risulta che agente... (3) ha preso qui contatti con dirigenti « lega revisione trattati di pace • e che dopo riunione segreta è stato deciso invio fiduciario in Croazia. Professore Suffiay Baston (telespresso ministeriale 37 del 24 gennaio scorso) per suggerimento di Partocek (4) vice presidente partito agrario croato, avrebbe detto al console ungherese a Zagabria che unico legame che tiene unita Croazia alla Serbia è timore dell'Italia; [che] contegno riservato stampa italiana è stato apprezzato ma che [delle] assicurazioni da parte nostri giornali nel senso che Croazia nulla tema e che non si hanno da parte nostra mire territoriali potrebbero giovare a fare cadere diffidenze aiutando idee separatiste. Domani mi incontrerò con ministro affari esteri. e sto riservatamente prendendo contatti con informatori per mezzo interposta persona.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. 4146/227. Roma, 11 agosto 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 199 (5).

Il Governo britannico, appoggiando l'analoga proposta che gli è stata fatta dal Governo jugoslavo ha effettivamente chiesto al R. Governo, con memorandum che questa ambasciata inglese ha rimesso il 3 corrente, di associarsi ad un passo

collettivo da compiere presso il Governo bulgaro in terminl energici per invitarlo a prendere misure di rigore contro l'organizzazione macedone.

Nel memorandum britannico si aggiunge che a Belgrado si considera il momento specialmente adatto per una energica azione che scuota inattività del Governo di Liapceff. Secondo le informazioni jugoslave oltre alla nota scissione prodottasi nella organizzazione rivoluzionaria macedone, gioverebbe allo sperato risultato il fatto che codesto ministro della guerra, principale sostegno dei macedoni presso il Governo bulgal·o, sarebbe in fuga.

Al memorandum britannico è stato risposto che le informazioni jugoslave non coincidono con quanto risulta al R. Governo dalle notizie che V. S. gli ha fornito circa l'effettiva buona volontà che codesto Governo si accinge a tradurre in atto con gli accorgimenti imposti dalla sua difficile posizione e che ciò stante il procedere ad un formale ed energico passo collettivo in questo momento può pregiudicare la situazione complessiva occasionando conseguenze e responsabilità che non è il caso di assumere. A parere del R. Governo soltanto con una metodica amichevole confidenziale assistenza al Governo bulgaro è possibile porlo in condizioni da poterne sperare l'opera di pacificazione interna ed estera desiderata.

Le invio per corriere testi del memorandum inglese e della nostra risposta negativa (1).

La informo che del passo inglese è stato fatto cenno, in via del tutto confidenziale, a questo ministro di Bulgaria al momento della sua partenza in congedo per Sofia, ove deve trovarsi attualmente.

Da quanto mi risulta è assai probabile che, anche colla nostra astensione, il passo anglo-francese venga compiuto ugualmente a Sofia nei primi giorni dell'entrante settimana. È ovvio peraltro, che in simili condizioni esso perderà notevolmente della sua gravità. La S. V. voglia farlo rimarcare, in via confidenzialissima, a Liapceff ed agli esponenti macedoni sicuri, come nuova ed importante prova della fattiva amicizia e comprensione italiana per gli interessi della Bulgaria.

(l) -Lo stesso tel. è conservato nella raccolta di gabinetto col numero di protocollo generale 44. (2) -Cfr. n. 541. (3) -Gruppo indecifrato: del partito separatista croato? (4) -Sic, ma si tratta con ogni probabilità di Macek. (5) -Cfr. n. 538.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VARSAVIA, MAIONI

T. 4147/118. Roma, 11 agosto 1928, ore 24.

Telegramma di V. S. n. 4787/138 del 9 agosto 1928 (2).

Questo ministro Polonia è venuto oggi a parlarmi dell'eventualità di un

passo delle potenze a Varsavia, su iniziativa tedesca, analogo a quello fatto a

Kaunas relativo all'attuale conflitto lituano-polacco e chiedermi quale sarebbe

stato atteggiamento R. Governo se una simile proposta venisse formulata. Ho

risposto che R. Governo non si sarebbe associato a tale passo ed avrebbe lasciata

cadere eventuale proposta.

(l) -Non si pubblicano, in quanto riassunti nel testo. (2) -Non si pubblica.
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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4848/203. Sofia, 11 agosto 1928, ore 21 (per. ore 4,25 deL 12).

Questo ministro d'Inghilterra e questo incaricato di affari di Francia hanno fatto successivamente presso Buroff passo di cui al mio telegramma n. 199 del1'8 corrente (1). Sperling mi ha detto avere sostanzialmente nel lungo colloquio avuto con Buroff riaffermato concetto Foreign Office ritenere giunto momento opportuno per Governo· bulgaro porre radicalmente fine attività O.R.M.I. mediante provvedimenti da prendersi tanto Sofia quanto Macedonia bulgara nei riguardi dirigenti O.R.M.I., ed inoltre regolare questione generale Macedonia d'accordo con Jugoslavia. Sperling mi ha aggiunto non aver avuto istruzioni fare minaccie ma di aver fatto intendere a Buroff che Chamberlain sarebbe molto agacé se questione O.R.M.I. non fosse ora liquidata: in caso negativo, non essendo ancora firmato il prestito, decisivo appoggio finora dato al riguardo dallo stesso Chamberlain cesserebbe di • aver ragione d'essere •. Buroff ha risposto che Governo bulgaro era già entrato di sua iniziativa nello stesso ordine d'idee ed aveva anzi già disposto opportune misure Macedonia bulgara mediante invio di forze; riteneva però preferibile agire prima fuori di Sofia per colpire la fonte delle azioni terroristiche; Buroff ha aggiunto essere stato ricevuto giorni fa da re Boris il quale gli aveva espresso opportunità regolare questione O.R.M.I. Questo incaricato d'affari di Francia mi ha detto aver fatto a Buroff analoghe dichiarazioni ricordandogli fra altro impegno preso da Governo bulgaro all'atto discussione prestito; anche a lui Buroff ha espresso fermo proposito por fine azione illegale O.R.M.I. possibilmente senza spargimento sangue ma energicamente.

Sperling ed Elie hanno preso reciproco formale impegno segreto assoluto passo compiuto tanto nei riguardi stampa che tutti colleghi me solo eccettuato, per non dare impressione azione Governo bulgaro avvenga per pressione potenze; qualora però Governo bulgaro per parte sua ritenesse preferibile rendere pubblica la cosa, era libero di farlo.

Giornali oggi recano comunicato ufficiale annunciante soltanto visita a Buroff del ministro d'Inghilterra e dell'incaricato d'affari di Francia senza alcun dettaglio.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 45/224. Budapest, 12 agosto 1928, ore 1 (per. ore 2,30).

Mio telegramma 222 (2).

Da fonte fiduciaria mi viene confermato che trovansi qui tre croati (mio telegmmma 222) che sono in rapporti con Ivo Frank (mio rapporto 1723/544

del 2 luglio 1927) (l) e che stamane hanno partecipato ad una riunione della

• Lega per la revisione trattati pace •. Ministero affari esteri ne sarebbe stato informato e questa sera un corriere speciale sarebbe partito per recare a Bethlen resoconto riunione. Mi riservo controllare notizia ed accertare se questo Governo svolga una qualsiasi azione tenendomene all'oscuro. Rilevo che stampa, dopo interessamento giorni scorsi (mio telegramma 839 del 10 corrente), si astiene oggi da qualsiasi commento. Riterrei molto utile poter disporre di una piccola somma per compensare informatori che manterrebbero contatti con mia persona di fiducia. Sarebbero sufficienti 5000 lire italiane di cui renderei conto di volta in volta all'E. V. con regolare ricevuta (2).

(l) -Cfr. n. 538. (2) -Cfr. n. 546.
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IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 43/308. Durazzo, 13 agosto 1928, ore 0,35 (per. ore 5,10).

In un colloquio avuto ieri con ministro d'Inghilterra, Ahmed Zogu ha condotto conversazione secondo suggerimento da me datogli (mio telegramma 221) (3). Ahmed Zogu gli ha poi domandato quale contegno avrebbe tenuto Inghilterra nella eventualià assemblea avesse deciso creazione del regno. Ministro d'Inghilterra ha replicato che, pur considerando 1a trasformazione come un fatto puramente interno contro cui la Gran Bretagna non aveva nulla da eccepire, tuttavia riconoscimento nuovo regime sarebbe stato ispirato dal contegno degli altri stati vicini, più direttamente interessati. La risposta non ha pienamente soddisfatto Ahmed Zogu, che non ha mancato di osserva~e che in altre occasioni Inghilterra aveva dimostrato eccezionale sollecitudine a favore Albania. Ministro d'Inghilterra si è mostrato desideroso di conoscere se Italia approvava il cambiamento del regime. Ahmed Zogu ha risposto che l'Italia si asteneva dall'interessarsi alla vita politica interna albanese, ma che considerava con senso benevolo tutto quanto A,lbania faceva per il proprio bene. Tale colloquio mi è stato cosi riferito da Ahmed Zogu e riconfermato oggi da ministro d'Inghilterra, che è venuto a vedermi per controllare a sua volta quanto Ahmed Zogu gli aveva detto. Al ministro inglese ho chiarito che noi vedremmo con estremo favore creazione regno che assicura a questo paese stabilità e continuità politica. Ministro d'Inghilterra considera la trasformazione logica e naturale: ma ritiene che Albania dovrebbe prevenire il suo vicino orientale affinchè la cosa non provochi in Jugoslavia una qualche reazione. Ho dimostrato al mio collega d'Inghilterra che qualunque passo albanese a Belgrado avrebbe l'aria di una domanda di consenso, il che non era certo il caso, specie in un momento in cui mentre Albania si incamminava verso rafforzamento definitivo sua com

pagine interna, lo stato vicino invece precipitava di crisi in crisi. Salvo però tali generiche riserve, egli vede con molta tranquillità la situazione interna albanese e sembra trovarsi sotto lo chm·me della personalità di Ahmed Zogu, che gli ha prodotto profonda impressione e gli ha ispirato grande simpatia.

(l) -Cfr. serie VII, V, n. 313. (2) -Annotazione marginale di pugno di Mussolini: • Si •. (3) -Non rinvenuto.
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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4877/204. Sofia, 14 agosto 1928, ore 18,30 (per. ore 21,40).

Mio telegramma n. 203 (1).

Nonostante nessun comunicato ufficiale sia stato diramato da questo Governo, stampa bulgara, esclusi soltanto giornali più vicini Governo, commenta aspramente passo anglo-francese qualificandolo di inammissibile ingerenza affari interni della Bulgaria il cui Governo è solo giudice modo migliore risolvere questioni inerenti ad esso. Giornali unanimi rilevano nel modo più favorevole astensione Italia dal passo anglo-francese riconoscendovi manifestazione recisa amicizia dell'Italia verso Bulgaria. Telegrafo in chiaro testo principali articoli.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 4224/246. Roma, 14 agosto 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 409 (2). Le invio per corriere aereo indicato quattro copie trattato italo-turco e protocollo annesso.

È peraltro il caso di tener presente che modificazioni apportate nel preambolo e nel testo al primitivo progetto di trattato (3), redatto quando ancora si sperava in una firma simultanea della Grecia, hanno loro ragion d'essere nell'opportunità riconosciuta, quando tale speranza ebbe a tramontare, di tener conto di alcune circostanze e suscettibilità fatte presenti da parte turca. Il progetto di patto italo-greco che si sta costà attualmente studiando, data la diversità delle circostanze, potrebbe ora anche prescindere dalla formula del trattato italaturco per corrispondere più adeguatamente alle intenzioni manifestatele da Venizelos e che condivido pienamente.

Mi tenga ad ogni modo al corrente dello sviluppo delle conversazioni che dia potrà avere in proposito con Carapanos, anche perchè possa al momento opportuno, nello stesso interesse greco, informare il Governo turco della prossima firma del trattato.

(l) -Cfr. n. 549. (2) -Cfr. n. 542. (3) -Cfr. n. 134.
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4882/661. Belgrado, 14 agosto 1928, ore 20 (per. ore 0,30 del15).

Nella discussione per approvazione Nettuno atteggiamento Sciumenkovich è stato coraggioso e appariva deciso giungere voto. Egli è rimasto impassibile di fronte ingiurie anche plateali della opposizione. Anche verso V. E. è stato lanciato da opposizione epiteto offensivo che provocò tumulto protesta maggioranza e richiamo all'ordine dell'interruttore da parte del presidente. Inoltre dopo seduta, funzionario del ministero esteri che vi assisteva espresse a Barbarich, pure presente, suo rincrescimento e rammarico generale per tale offesa e pregò dire corrispondenti italiani non rilevare parola che era stata deplorata.

Non mancherò tuttavia farne cenno a Sciumenkovich nel colloquio che avrò

con lui o nel pomeriggio o domani.

Votazione convenzioni chiude periodo di grande importanza nelle nostre relazioni Jugoslavia e per esse patto di Roma ha proprio nel suo finire il completamento atteso per quattro anni. Esse rappresentano inoltre un trionfo della politica di V. E. se anche oggi formalmente infirmate dalla mancanza dei croati e se appunto per questa mancanza possano trovare gravissime difficoltà di applicazione. Il che, quando ci convenga, potrà essere argomento a nostro vantaggio. Richiamo mio telegramma da Bled n. 657 (1).

Le conversazioni e le discussioni che ora si apriranno con questo Governo

ci diranno se siano esatte le ipotesi finora avanzate sui fini che esso si propone

raggiungere con l'approvazione delle convenzioni voluta anche a costo di un

serio e maggiore motivo di inasprimento dei rapporti con i croati.

Mi sembra pure utile mettere in rilievo che minaccia della votazione del

progetto di legge sulla riforma agraria in Dalmazia fatta più e più volte fino

all'ultimo momento non ha avuto luogo. A trattenere il Governo dallo svuotare

del suo contenuto una delle maggiori convenzioni hanno certo valso le riserve

di V. E. di cui al telegramma di V. E. del 18 giugno (2) e che stimai utile ripetere

con telegramma n. 622 del 30 luglio (3).

c Ho già riferito a V. E. circa le intenzioni che hanno spinto questo Governo, ed in particolar modo il Signor Marinkovich a presentare e fare approvare dalla Skupcina le Convenzioni di Nettuno. Credo ad ogni modo opportuno di ripeterle, pur dichiarando che non tutte le ragioni stesse appaiono chiare, perdendosi esse nella torbida mentalità slava, di cui il Marinkovich è certamente uno dei più genuini esemplari.

In primo luogo, e questo ho già numerose volte accennato, Marinkovich vuole mettersi in istato di uguaglianza giuridica e politica, di fronte all'Italia, assolvendo agli obblighi inter

(l) -T. (p. r.). 10656/657 del 12 agosto: annuncio dell'inizio della discussione delle CO;:lvenzioni di Nettuno per l'indomani. (2) -T. 3168/265, del 17 giugno, ore 24, che non si pubblica. (3) -T. 4604/622, che non si pubblica. Cfr. anche quanto comunicava Galli con rapp. r: 7355/1640, del 16 agosto:
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IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

TELESPR. 242484/610 (1). Roma, 14 agosto 1928.

Accludo, per opportuna notizia, copia di un memorandum in data 3 corrente, rimesso da quest'ambasciata d'Inghilterra, e copia della risposta che, in data 11 successivo, è stata consegnata all'Ambasciata stessa (2), circa la proposta di un passo collettivo da compiere presso il Governo Bulgaro per invitarlo, in termini energici, a prendere misure di rigore contro l'Organizzazione Rivoluzionaria macedone.

È il caso di rilevare, unicamente per la storia della questione:

l o -che il passo anglo-francese veniva compiuto a Sofia, prima che la risposta nostra al memorandum britannico venisse rimessa all'Ambasciata britannica. L'Incaricato d'Affari d'Inghilterra, anzi, nel pomeriggio del 10 corrente, ebbe a fare, verbalmente, la comunicazione seguente a questo Ministero:

• Il Governo britannico annetterebbe speciale importanza a che il Governo Italiano si associasse al passo che i Ministri d'Inghilterra e di Francia, a Sofia, faranno nei primi giorni della settimana entrante presso il Governo bulgaro perchè questo prenda le misure necessarie contro l'Organizzazione rivoluzionaria macedone, di cui al memorandum rimesso dall'Ambasciata Britannica. Il Governo britannico ritiene che tale passo non potrebbe avere tutta la sua efficacia che se il Governo Italiano vi si associa. D'altra parte, ritiene che, in ogni caso, tale passo non potrebbe essere ancora ritardato, data l'urgenza di approfittare dello stato presente di crisi interna della O.R.M.I. »;

2° -che, mentre al punto 4 del memorandum britannico si dice che il Governo britannico non intende suggerire interventi nelle intese bulgarojugoslave, da quanto risulta dal telegramma n. 203, in data 11 corrente (3), del

R. Ministro a Sofia, quel Ministro inglese avrebbe fatto precise premure perchè la questione generale macedone venisse regolata d'accordo colla Jugoslavia.

nazionali da lunga tempo giacenti, e sperando così di avere anche l'aiuto o la benevola attitudine di altre grandi potenze per le eventuali trattative che si propone di aprire per il rinnovo del patto di Roma, trattative che tutto lascia supporre dovrebbero tendere soprattutto a chiarire la posizione dell'Italia in Albania.

In secondo luogo, le Canvenzioni di Nettuno, urtando il sentimento ed i supposti interessi dei Croati, dovrebbero aver l'effetto di acuire l'odio croato contro l'Italla, il che rientra soprattutto nei piani di questo Stato Maggiore e di questi circoli palitici.

Questi e quelli sentono senza dubbio il grave pericolo che potrebbe scaturire da una intesa sia pure sentimentale fra Croati ed Italia, e vogliono come primo rimedio all'eventuale affermarsi e dilagare della questione craata mettere una barriera di odio crescente fra i due popoli confinanti. È la stessa preaccupazione che ha in parte determinato la scelta di Koroscez, sloveno, a capo del Governo.

Quindi Marinkovich col togliere di mezzo le Convenzioni spera: da una parte di giungere alla sicurezza sulla frontiera Albanese, dall'altra all'erezione di una muraglia crescente di odio sulla nostra frontiera orientale.

Le Convenzioni di Nettuno rappresentano poi una delle condizioni per !'emir.eione del grande prestito a Londra, prestito che va ad inquadrare le due azioni precedenti, sempre rivolte ai danni dell'Italia, soprattutto perchè diretto ad aumentare in ogni possibile modo la potenzialità militare dello Stato S.H.S. •·

(l) -Con questo numero il telespresso venne inviato a Londra. A Parigi venne invece inviato col n. 242485/374 e a Sofia col n. 242486/244. (2) -Cfr. n. 547. (3) -Cfr. n. 549.
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L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4900/444. Angora, 15 agosto 1928, ore 21 (per. ore 2,55 del 16).

Telegramma di V. E. n. 244 (1).

Questo ministro delle finanze ha espresso desiderio conoscere se finanza italiana intende fare a Governo turco prestito destinato a costituire insieme con il capitale turco banca di stato, o partecipare semplicemente alla costituzione di essa in concorrenza al capitale straniero.

Ministro preferirebbe primo caso perchè sarebbe allora stato turco garante e non banca ed ,alla costituzione di quest'ultima parteciperebbero solo capitali italiano e turco, mentre nel secondo caso dovrebbe lasciarsi libero concorso altro capitale estero.

Circa garanzie ha detto: • Se intendete fare un prestito allo stato, dovrete chiedere voi stessi le garanzie che vorrete, perchè non saprei in qual modo contentarvi. Siamo disposti offrirvi il massimo di garanzia, escludendo bene inteso quelle che interessano esercizio nostra sovranità di stato. Intendiamo ispirarvi più grande fiducia possibile. Se accettate primo caso, sono pronto dirvi somma necessaria, che potremmo impiegare in parte per costruzioni ferrovie, idroelettriche ed altri lavori ed in questo caso comunicherei il nostro tasso interesse, ammortizzamento e durata prestito che preferirei lunga, ma prima desidero conoscere in quale delle due forme finanza -italiana intende partecipare •.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4906/228/138. Budapest, 16 agosto 1928, ore 22,25 (per. ore 2,45 del 17).

Ministro affari esteri turco è qui giunto martedì sera.

Ieri fu ricevuto da Walko e dal reggente. Oggi seguì lunghissima conversazione di tre ore Bethlen-Walko-Tewfik. È stata constatata perfetta concordanza vedute nella politica estera specialmente per quanto concerne sgretolamento Piccola Intesa e interesse ad opporsi allo slavismo. È stata trattata questione patto nelle linee generali. Si è rimasti d'accordo che Governo ungherese invierà ad Angora progetto che sarà firmato • a momento opportuno •. È stato pubblicato laconico comunicato ufficiale che dà l'annunzio breve riunione nella quale • sono state toccate questioni politiche di attualità •.

Al ministero esteri si è soddisfattissimi del colloquio.

Domani vedrò Walko per altri maggiori dettagli. Tewfik parte sabato.

(l) T. 4033/244 del 5 agosto, che non si pubblica: richiesta di precisazioni in merito al prestito domandato dalla Turchia.

558

IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 49/89. Zagabria, 17 agosto 1928, ore 13,20 (per. ore 16,35).

Riferiscomi mio teleg,ramma n. 56.

Apprendo che Gustavo Percez è tornato da Vienna con un patto firmato da

una personalità di Vienna in cui è promesso appoggio Italia ad un movimento

rivoluzionario in Croazia. Partito separatista che non gli ha dato alcun incarico,

come già riferito suddetto telegramma, è alquanto sorpreso ed al tempo stesso

preoccupato, temendo che egli con un'azione individuale provochi qualche inci

dente grave che, in questo momento almeno, non è nel programma e nuocerebbe

alla causa separatista.

Ho telegrafato quanto precede Bled.

559

IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4912/90. Zagabria, 17 agosto 1928, ore 13,20 (per. ore 16,35).

Ratifica convenzioni Nettuno non ha qui provocato incidenti contro Italia.

Stampa locale protesta vivamente contro convenzioni e ne profitta per inveire

contro Belgrado. Popolazione accolto notizia senza ostilità verso Italia sapendo

che l'Italia non ha fatto pressioni per la ratifica. Su questo atteggiamento hanno ·certamente influito capi coalizione di cui è chiara tendenza conservare attitudine amichevole verso Italia. Ho telegrafato quanto precede R. legazione.

560

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

T. GAB. S. P. 229 (1). Budapest, 17 agosto 1928, ore 23,30 (per. ore 0,45 det 18).

Decifri ella stessa. Mia lettera confidenziale del 19 luglio (2).

Ministro affari esteri mi ha fatto consegnare stamane nota dichiarazione

firmata dal dottor Steidle che è concepita nei seguenti termini: « In caso riu

scita azione che si sta preparando, sottoscritto dichiara formare Governo che

dia promessa scritta che questione Alto Adige non solo non sarà trattata uffi

cialmente, ma non sarà consentito sia portata in discussioni pubbliche e tanto

meno fatta oggetto speciale propaganda. Poichè Governo crede necessario impe

dire che detta questione venga portata dal gruppo indipendente nel dibattito

parlamentare o sulla stampa, in questo caso egli si impegna che il Governo

dichiarerà che questione è affare interno italiano •. Firmato Steidle.

Alla dichiarazione non è apposta alcuna data. Trasmetto testo col prossimo corriere. Barone Apor mi ha chiesto consegna cifra convenuta. Ho risposto di avere a disposizione 500.000 lire italiane che gli avrei consegnato non appena ricevuta autorizzazione telegrafica di codesto ministero. Mi ha replicato che cifra è ben superiore. Ho domandato a mia volta se si trattasse un milione e mezzo lire italiane (dico un milione e mezzo di lire italiane) (lettera di V. E.

n. 4347 del 17 luglio scorso) (l) e mi ha risposto che cifra convenuta in scellini austriaci (dico scellini) dovrebbe essere [un milione] 600.000 [lire italiane]. A scanso di equivoci, barone Apor prega V. E. di accogliere (?) cifra esatta che è contenuta nel memoriale consegnato a suo tempo da codesto ministro Ungheria (2). Sarò grato a V. E. se vorrà fornirmi elementi per discussione e autorizzazione per relativo versamento. Mi permetto propovre che differenza fra 500 mila e cifra totale mi sia eventualmente inviata col corriere per mezzo chèque al [portatore?] pagabile su Vienna o meglio Budapest. In tal modo ritengo che riscossione darebbe meno nell'occhio (3).

(l) -Il documento non è stato inserito nella raccolta dei telegrammi. (2) -Non rinvenuta.
561

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO DELLE FINANZE, MOSCONI

T. 4267. Roma, 18 agosto 1928, ore 21.

Telegramma questo ministero n. 3946 (4).

La R. ambasciata in Angora ha telegrafato in data 15 corrente quanto segue:

• (come nel telegramma di collezione n. 4900/444 da Angora) » (5).

Questo R. ministero riterrebbe conveniente in linea di massima dal punto di vista politico un intervento del capitale italiano in Turchia e quindi che siano seriamente esaminate le proposte fatte dal ministro delle finanze turco, ma prima di dar affidamento in tal senso a quel Governo desidererebbe conoscere il pensiero dell'E. V. sulla possibilità ed opportunità di un nostro intervento finanziario in quello stato della importanza di quello che ci viene sollecitato.

562

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4937/672. Bled, 18 agosto 1928, ore 20,50 (per. ore 2,50 del19).

Sciumenkovich essendo partito per recarsi trovare Marinkovich e non tornando che domani oppure lunedì, ho presentato a ministero affari esteri nuova nota verbale relativa incidenti Sebenico (6).

Riassunti i fatti ho constatato che folla può agire contro istituti persone italiane senza intervento protettivo efficace della polizia, che autorità non curano neanche dare una pronta dimostrazione di rammarico, che ciò dà luogo a riflessioni sfavorevoli da parte opinione pubblica data contemporaneità manifestazioni amichevoli alla Scupcina, e nello insistere sulle domande fatte a proposito incidenti Spalato, ho domandato inchiesta per stabilire responsabilità tardivo intervento autorità e loro punizione, indennizzo per danni, arresto e punizione colpevoli.

Credo opportuno far rilevare che è legittimo qualche sospetto che incidenti Spalato e Sebenico possano essere favoriti per creare difficoltà fra noi e croati impedendo proseguire di quella nuova disposizione di animi che si va ora creando. Ne trovo riprova nel telegramma di Rochira n. 90 del 17 agosto corrente (1).

Perciò, a mio subordinato avviso, non ci conviene nelle proteste andare oltre il limite strettamente necessario alla difesa della nostra dignità e degli interessi materialmente colpiti. In corrispondenza di ciò sembrami sarebbe opportuno contenere nostra stampa ed a maggiore ragione evitare qualsiasi controdimostrazione di nostra generosa gioventù.

(l) -Cfr. n. 487. (2) -Cfr. p. 337, nota 2. (3) -Sull'argomento cfr. anche KEREKES, Akten, cit., p. 317 (4) -Del 30 luglio, che non si pubblica. (5) -Cfr. n. 556. (6) -Il 14 agosto c'era stata a Spalato una dimostrazione contro il console d'Italia. n 16 agosto c'era stata a Sebenlco una dimostrazione contro le convenzioni di Nettuno.
563

NOTA VERBALE PER L'AMBASCIATA INGLESE A ROMA (2)

Roma, 18 agosto 1928.

1°) Il R. Ministero degli Affari Esteri ha l'onore di accusare ricevuta del promemoria n. 24/46/28 in data 19 luglio u. s. (3), con il quale l'Ambasciata di S. M. Britannica esponeva il pensiero del Governo Britannico circa la proposta abissina che la Conferenza per il traffico delle armi in Etiopia fosse tenuta ad Addis Abeba.

2°) Quanto ai punti 2 e 3 del citato promemoria, il R. Governo concorda

circa la procedura di risposta alla nota abissina, e cioè che tale risposta debba

essere fatta mediante una nota collettiva. Secondo il R. Governo, i motivi che

potrebbero essere addotti per respingere la proposta abissina, dovrebbero essere

tali da impedire ulteriori insistenze da parte di Ras Tafari: e pertanto il R.

Governo ritiene che si debba sopratutto insistere sulla parte contenuta nel

punto 3° citato, sull'impossibilità cioè, da parte delle tre Potenze, di inviare i

loro esperti ad Addis Abeba per una Conferenza che, necessariamente dovrà

protrarsi a lungo. Il R. Governo inoltre non può nascondere che, dato lo scopo

stesso della Conferenza, la riunione di essa ad Addis Abeba, pare ad esso asso

lutamente da escludere. Scopo infatti principale di tale riunione è quello di

stabilire le condizioni per l'applicazione della Convenzione di Ginevra nei con

fronti dello Stato etiopico, che, pur essendo Stato Sovrano alla pari con le altre

Parti contraenti, tuttavia all'atto della sua ammissione alla Società delle Na

zioni, ha fatto la nota dichiarazione di accettazione della Convenzione di San

Germano, e si è imposto esso medesimo limitazioni (art. 28 Convenzione di Ginevra) che Io obbligano a sottoporre all'approvazione uno speciale regolamento ed a conformarsi alle altre norme della Convenzione stessa. Non parrebbe quindi possibile dare la presidenza di una tale Conferenza al rappresentante di quello Stato a cui appunto si domanda di adempiere a tali speciali obblighi contratti.

3o) Quanto alle considerazioni svolte nei punti 4° e 5,o del citato promemoria, il R. Governo è dolente di non poter concordare in quanto espone l'Ambasciata di S. M. Britannica, circa l'opportunità di tenere le riunioni a Ginevra, o di delegare un rappresentante della Società delle Nazioni a prender parte ai lavori. Il R. Governo, a questo proposito, si richiama a quanto ha già più volte esposto in materia, e cioè che la questione del controllo del traffico delle armi in Etiopia, ha un principale e speciale interesse per la Gran Bretagna e l'Italia, Potenze a cui specialmente deve stare a cuore il mantenimento dell'ordine in quella parte dell'Africa perchè più potrebbero essere danneggiate dalla mancanza di un'efficace regolamentazione del commercio delle armi, e per la Francia che è in possesso della principale via attraverso cui tale commercio si effettua. Le dette tre Potenze pertanto sono, a giudizio del R. Governo, le sole, oltre l'Etiopia, interessate nella questione: ed una riunione a tre, all'infuori di Ginevra, sarebbe, secondo il punto di vista del R. Governo, la sola adatta a raggiungere quei risultati pratici che l'identità di vedute e lo spirito di collaborazione delle tre Potenze, lasciano sperare.

4°) Il R. Governo, inoltre, desidera attirare l'attenzione del Governo di S. M. Britannica sul punto della nota di risposta del Governo abissino in cui si afferma che la Convenzione di San Germano è, per esso, considerata decaduta. Il R. Governo ritiene che, nella nota collettiva di risposta delle tre Potenze, sia opportuno far rilevare che, fino a che la Convenzione di Ginevra non sia divenut::t applicabile per il consenso delle tre Potenze interessate e dell'Abissinia, e per l'avvenuto adempimento degli obblighi assunti da quest'ultima e sanciti nel citato art. 28, la dichiarazione dell'Etiopia fatta all'atto della sua ammissione nella Società delle Nazioni, deve avere piena ed intera efficacia. Le disposizioni infatti dell'art. 10 della Convenzione di San Germano, dovrebbero essere considerate tuttora in vigore, quando fosse possibile realizzare la preventiva intesa tra le Potenze limitrofe.

Il R. Ministero degli Affari Esteri, sarebbe pertanto grato al Governo di

S. M. Britannica se volesse fare ad esso conoscere se concorda con il punto di vista del R.-Governo.

(l) -Cfr. n. 559. (2) -Il documento fu redatto dall'ufficio V Europa e Levante. (3) -Non si pubblica.
564

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T.GAB.RR.s.52/673. Bled, 19 agosto 1928, ore 13,10 (per. ore 19,35).

Rochira giungerà costà domani mattina. Informerà V. E. dei contatti avuti, fornirà elementi di giudizio, darà dettagli sugli intenti della coalizione demorurale. V. E. sa come ritenga indispensabile dare ogni possibile aiuto alla cor

rente separatista la quale, se serbi continuano a fidare su rimedi di forza, è destinata raccogliere maggiori consensi. Ed ove non si giunga soluzione estrema (che non sembra in ogni caso prossima) ci conviene tenere quanto più viva questa fiamma che può inquietare Belgrado e che specialmente rispetto all'estero, può continuare a dare la sensazione esatta delle cattive fondamenta sulle quali questo stato riposa. Ed oggi questa è la sola via da tentare a nostro vantaggio. Ma per la responsabilità che mi incombe da questo posto, mi fo lecito attirare tutta l'alta attenzione di V. E. sui mezzi, metodi e persone chiamate ad attuare tale programma. Credo possibile una nostra azione che non comprometta le autorità diplomatiche e consolari in Jugoslavia ed altrove, ed eviti prove della azione del R. Governo. Ma se in qualche involontaria leggerezza si dovesse incorrere, occorrerebbe prevederne le conseguenze dannosissime ad ogni possibile effetto. Ciò avevo accennato anche in precedenti comunicazioni. Diversi ed imprecisati sentori (vedere anche telegramma da Zagabria n. 89) (l) mi autorizzano a raccomandare ancora una volta ogni possibile prudenza e cautela (non conservo copia del presente telegramma).

565

APPUNTO PER IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

Roma, 20 agosto 1928.

L'Incaricato d'Affari di Ungheria riferendosi a conversazione avuta con V. E. nella quale era stata prospettata l'opportunità che i Governi italiano e ungherese procedano d'accordo nei confronti della crisi jugoslava è venuto ad informare che il Governo ungherese ha dato istruzioni al suo Ministro di tenersi in stretto contatto col R. Ministro a Belgrado.

L'Incaricato d'Affari ha aggiunto che il Governo ungherese prega pertanto il R. Governo di voler impartire analoghe istruzioni al Comm. Galli (2).

566

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. 4286/356. Roma, ... agosto 1928 (3).

Suo telegramma n. 672 (4). Sono d'accordo con V. S. circa i limiti nei quali conviene contenere nostre proteste per incidenti in Dalmazia. Nostra stampa si è limitata sobrie pubblicazioni di cronaca avvenimenti. Nostra gioventù disciplinatissima si è astenuta del tutto da reazioni e proteste.

32 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

Ciò non toglie che siamo in diritto di attenderci che codesto Governo cerchi di assicurare una volta per sempre l'ordine in Dalmazia in modo da prevenire troppo frequenti incidenti del genere suscettibili di aggravare stati d'animo non desiderabili per i rapporti fra i due paesi.

(l) -Cfr. n. 558. (2) -Le istruzioni furono impartite con t. r. 4348/362 del 23 agosto. (3) -Si inserisce sotto il 20 agosto, tenendo conto del numero di protocollo. (4) -Cfr. n. 562. ·
567

PROMEMORIA DEL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA

Roma, 21 agosto 1928.

Prima di partire da Zagabria (l) ho avuto un colloquio con P.[aveHé].

Egli ha cominciato col dirmi che i serbi fanno una ostinata propaganda

in Dalmazia e nel litorale croato contro l'Italia spargendo la voce che essa miri

alla conquista della Dalmazia; all'uopo sfruttano le varie notizie che qui giun

gono su varie manifestazioni pro Dalmazia che hanno avuto luogo in questi

ultimi tempi in Italia o gli articoli di alcuni giornali italiani. Ha quindi ripetuto

ciò che già ha fatto sapere in altre occasioni, e cioè che sarebbe opportuno che,

mediante articoli di autorevoli giornali (che verrebbero riprodotti in Zagabria)

s\ desse da parte nostra assicurazione che l'Italia non ha mire di conquista sulla

Dalmazia.

Gli ho chiesto a quali condizioni la coalizione sarebbe disposta a tornare

a Belgrado.

Mi ha risposto: • Solo a condizione che si accetti l'indipendenza della Croazia

con la semplice "unione personale" del Re. In ciò oggi sono d'accordo i capi

del partito separatista, federalista e radiciano. Tale del resto è il programma

lasciato da Radic al suo partito, come risulta dalla nota intervista comparsa sulla

Reichpost. Radic se fosse ancora in vita avrebbe forse potuto modificare tali

condizioni e con la sua autorità farsi seguire dai contadini in una via più conci

liativa; ma i capi attuali se cedessero a Belgrado, si esautorerebbero completa

mente di fronte alle masse •.

Gli ho fatto osservare che Pribicevic ha smentito il brano della sua inter

vista pubblicata sulla Neue Freie Presse in cui si diceva che la coalizione aveva

per programma lo Stato federativo; ed ha dichiarato che la coalizione combatte

per • l'eguaglianza di diritti • delle varie regioni dello Stato S. C. S. senza pre

cisare ancora se vuole la semplice autonomia o la confederazione. Gli ho chiesto

quindi se Pribicevic sia in disaccordo con gli altri membri della coalizione.

Mi ha risposto che Pribicevic deve essere molto cauto nelle sue dichiarazioni, perchè il Governo sta facendo fare dai papas una campagna contro di lui tra i suoi elettori che sono in maggioranza ortodossi, come lui, e che tale campagna gli sta facendo perdere alquanto terreno. Ma in realtà egli è disposto ad andare più avanti di quello che dice pubblicamente; è incerto tuttavia fino a qual punto.

Quanto alle idee di Trumbic, mi ha detto che egli in cuor suo è già orientato verso il separatismo, se pure pubblicamente parla solo di federalismo. Mi

ha citato una sua frase: • In tempi normali siamo federalisti; in caso di conflagrazione siamo per " via da Belgrado " (los von Belgrad) •. Anche il Macek, che pubblicamente parla di un programma federativo, è oggi in realtà tornato alle sue antiche idee separatiste.

Gli ho infine chiesto su quali elementi confidano per la riuscita della loro causa, e quale azione intendano esplicare a tal fine.

Mi ha risposto. Anzitutto contiamo sull'entusiasmo del popolo per una Croazia indipendente. Noi sappiamo di aver dietro di noi tutto il popolo pur non nascondendoci che i capitalisti la massoneria e i corruzionisti, sono in favore dell'unità dello Stato.

Inoltre calcoliamo sugli errori della politica dei serbi che già tanti ne hanno commessi non venendo incontro ai desideri dei croati e spingendo così le cose fino al punto attuale. Ormai è troppo tardi per fare delle semplici concessioni; e se vorranno usare la maniera forte, otterranno l'effetto contrario a quello che si attendono. Infine vogliamo creare un'atmosfera di simpatia all'estero per la nostra causa.

Un vero programma d'azione si è appena concordato. È da considerare che durante la malattia di Radic il suo partito non poteva nulla decidere, giacchè era abituato ad approvare senza discutere quanto Radic diceva. Poi è sopraggiunta la morte. Sono seguiti i funerali. Ora si comincia a discutere sul da fare. Del resto non è facile decidere. Un'azione violenta causerebbe un inutile spargimento di sangue. Anche il mancato pagamento delle imposte da parte dei contribuenti iniziatosi spontaneamente in molti villaggi non può essere elevato a sistema, poichè noi stessi ne risentiremmo il danno sia perchè ci verrebbero a mancare i contributi provinciali e comunali, sia perchè gran parte del danaro riscosso in Croazia viene speso nella stessa Croazia per gli uffici e gli impiegati che sono croati, mentre il Governo di Belgrado incassa direttamente tutti i proventi delle dogane. Non è neanche facile costituire Comitati di propaganda all'estero perchè occorre servirsi di persone sicure e capaci, e queste sono necessarie per l'azione all'interno. Infine non sappiamo esattamente quali sono le intenzioni delle grandi Potenze a nostro riguardo. Sappiamo che l'Italia (come anche l'Ungheria) vede con simpatia la nostra causa; ma quali sono le vere sue intenzioni su questo Stato, fino a che punto è disposta ad aiutarci politicamente, diplomaticamente? È evidente che la risposta a queste domande influirebbe pure sui nostri metodi di lotta e su tutta la nostra azione.

Come è noto oltre un Comitato direttivo di 9 membri è stato istituito un

Comitato esecutivo di 25 membri nominato nella seduta del 3 agosto allo scopo

di organizzare l'opposizione contro lo Stato e dì riunire le forze nazionali pel

trionfo dell'idea croata.

Vi sono cinque sezioni:

La la Organizzazione e amministrazione. Ha il compito di organizzare il

boicottaggio, il servizio informazioni, se sarà il caso l'astensione dal pagamento

delle imposte, assicurare l'unità di indirizzo, prepararsi ad assumere il servizio

di polizia.

La za Stampa locale (affinchè abbia atteggiamento antiserbo) ed estera

(affinchè riceva informazioni obiettive, e si mostri favorevole alla causa croata).

La 3a Soccorso giuridico e sociale. Dovrà organizzare dei tribunali arbitrali per dirimere le liti, cosicchè vengano a mancare allo Stato i proventi delle tasse giudiziarie; ed organizzare l'opportuno aiuto a coloro che soffriranno pel nuovo stato di cose.

La 4a Economica e finanziaria. Deve organizzare i ceti economici contro lo Stato affinchè non vi trovi appoggio, e raccogliere i mezzi necessari alla lotta. La 5• Culturale. Ha il compito di organizzare tutte le diverse associazioni

(specialmente i sokol croati) affinchè cooperino nella lotta.

Mi ha inoltre parlato dell'" amputazione •. Nella prima udienza che Pribicevic ebbe col Re questi gli disse: « Se è necessario, ritirerò le truppe dalla Croazia •. Al che Pribicevic rispose : « Sono dei traditori quelli che vi danno questo consiglio •. Pare che in questi giorni i Ministri abbiano tenuto un'udienza (senza Korosec) sull'argomento.

Il P.[avelié] ritiene che molti uomini politici serbi, piuttosto che giungere al federalismo, preferiranno l'amputazione ossia abbandonare molti dei nuovi territori. Certo nei giornali si parla molto di ciò. Sarebbe opportuno l'appoggio diplomatico dell'Italia in favore dell'amputazione. Sorgerebbe naturalmente la questione dei confini (anche, del resto, nel caso del federalismo). La Croazia vuole avere l'intera Croazia e Slavonia, la Dalmazia fino a Cattaro, l'Erzegovina, una parte della Bosnia (fino al fiume Bosnia, mentre i serbi parlano del fiume Vrbas).

Ha concluso rilevando come sia interesse dell'Italia la formazione di una Croazia indipendente, per sè stante. Occorre tener presente che il tempo lavora per l'unità dello Stato S. C. S.; le nuove generazioni educate nelle attuali scuole con libri di testo intonati alla grandezza del popolo serbo, avranno probabilmente una mentalità diversa da quella dell'attuale generazione. È evidente che una piccola Croazia sia per l'Italia una vicina ben più desiderabile di una Jugoslavia unita (anche nella forma federativa) che oggi conta oltre 12 milioni di abitanti e che fra 30 anni ne avrà 25 milioni.

Il P.[avelié] ha anche accennato al fatto che presentemente alcuni elementi del partito sono in contatto con elementi italiani che hanno modo di far giungere la loro voce alle alte sfere romane.

A tal proposito mi ha detto che, se venissi interrogato al riguardo, posso riferire di essere a conoscenza della cosa.

(l) Cfr. nn. 540, 564.

568

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5070/1553. Bled, 21 agosto 1928 (per. il 26).

Come è noto a V. E. l'annunzio dell'approvazione delle convenzioni di Nettuno, ha vivamente irritato i circoli politici della Croazia e della Dalmazia. In Dalmazia, che secondo gli oppositori sarebbe la regione più sacrificata dall'applicazione delle convenzioni stesse, non si sono avute solo manifestazioni

contrarie di stampa e di ordini del giorno, ma, come è noto si è sceso a dimostrazioni pubbliche, che, da notizie avute, potrebbero ripetersi da un momento all'altro. In Croazia l'agitazione si è per ora limitata ad una violenta campagna di stampa, la quale però qualora non venga prontamente frenata potrebbe convertirsi in concreta irrimediabile ostilità verso il nostro paese, delle cui conseguenze politiche ed economiche non è possibile non preoccuparci.

Difatti i giornali croati di questi giorni sono giunti fino al punto di prospettare la possibilità di impedire l'applicazione delle convenzioni di Nettuno con mezzi che essi chiamano pacifici, come ad esempio: impedire in tutti i modi che gli italiani acquistino beni immobili in Dalmazia; impedirvi l'impiego di operai italiani; imporre fortissimi aggravi comunali su tutti i prodotti fabbricati da imprese italiane in modo da impedirne la vendita, favorendo la concorrenza dei mercati produttori stranieri; ed infine boicottare in genere gli italiani. (Vedi giornale Jutarni List di Zagabria del 20 corrente).

Se si considera il fatto che i croati nella loro lotta contro il serbismo stanno dimostrando di volersi seriamente organizzare non sarebbe da meravigliare se essi passassero dalle parole ai fatti prendendo delle misure di reale ostilità contro l'Italia.

Circa questo profondo movimento dei croati dalmati nei riguardi delle convenzioni di Nettuno sono evidenti due considerazioni:

1°) I serbi avrebbero tutto da guadagnare nella loro lotta contro i croati per il mantenimento dell'unità e centralizzazione statale dal fatto che i rapporti fra Italia e Croazia siano cattivi. E ciò per le ragioni già più volte accennate di carattere politico e militare.

2°) L'eccitamento dei croati verso le convenzioni di Nettuno manca, per la più gran parte, ed in maniera evidente, di qualsiasi fondamento economico e politico. È ovvio che non vi è da parte italiana nessun progetto di acquisto di terreni che costituisca un pericoloso programma politico, nè uno di invasione di mano d'opera. Come sarebbe anche legalmente e praticamente impossibile colpire le ditte italiane con tasse superiori a quelle fissate per le ditte nazionali. Si tratta di spauracchi, di critiche, di minacce che nessuno spirito serbo croato può fare se non con fini prevalenti di politica interna.

Ma se da un verso non dobbiamo offrire a Belgrado argomento per tentare di polarizzare il sentimento jugoslavo in controversie di politica estera, non è neanche ammissibile che per perseguire un possibile accordo con croati sia lecito !asciarci insultare, creare uno stato d'animo dal quale poi le folle eccitate trascendono a vie di fatto contro persone e beni italiani, accreditare leggendari nostri propositi di assorbimento e di invasione, quando purtroppo la realtà può proprio essere il contrario. E perciò non appena vedrò Sciumenkovich, attirerò la sua attenzione su questa campagna di stampa estremamente pericolosa e dannosa, ma senza compiere quegli atti formali di protesta e di messa in mora che poi sfruttati da Belgrado sono utilizzati per creare nuove e più pronte reazioni.

Mi sembra chiaro, d'altro canto, che se fossero possibili opportuni riservati contatti con la coalizione croata (siccome già accennato), dovrebbe anche essere agevole far comprendere ai dirigenti che l'Italia, pure esigendo dal Governo di Belgrado la ratifica e l'applicazione delle convenzioni di Nettuno, è ben !ungi dal volere di tali convenzioni farsi arma di conquista economica e politica della Dalmazia, ma vuole con esse soltanto tutelare le sue legittime e normali attività; ed essere perciò interesse croato influire con ogni mezzo sulla stampa per non offrire al serbismo nuova arma per la sua lotta interna eontro di essi.

Vedrà V. E. se e quale seguito sia possibile dare a tale suggerimento. Dal canto mio non mancherò di informare di quanto Sciumenkovich potrà rispondermi in proposito.

569

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1663/654. Durazzo, 21 agosto 1928.

Trasmetto a V. E. testo della lettera n. l concordata oggi in via di massima con Zogu. Egli si è riservato però farmi pervenire entro domani domanda di qualche leggera variante che mi affretterò a portare a conoscenza di V. E. (l):

• Caro e Grande Amico,

nel momento in cui il popolo albanese mi proclama Re il mio pensiero si rivolge con riconoscenza ed amicizia al Capo del Governo Alleato che fin dai primi mesi del 1925 ha voluto concedere a me ed al mio Paese, in nome dell'Italia, un appoggio sincero mai più smentitosi.

Gli accordi ed i Trattati conclusi in questi ultimi anni fra i nostri Governi

costituiscono un vincolo indissolubile fra i due popoli che guardano l'Adriatico

affratellandoli nel campo dei comuni interessi: a questa politica insieme col mio

popolo e col mio Governo io rimarrò fedele.

L'Alleanza difensiva fra l'Italia e l'Albania rappresenta l'espressione delle

volontà delle due Nazioni; e quella albanese con la recente votazione unanime

ha inteso pienamente consacrare la politica da me finora seguita.

L'esperienza del passato ha dimostrato che solo in una stretta collaborazione

con l'Italia l'Albania poteva trovare, con verace disinteresse, un appoggio leale

a salvaguardia dei suoi sommi interessi ed io prendo quindi il solenne impegno

che durante il mio Regno, in nessun caso, io o il mio Gove11no, cercheremo presso

altri Paesi alleanze e garanzie politiche o militari in contrasto con il Trattato

d'Alleanza firmato a Tirana il 22 Novembre 1927, e senza previa consultazione

con la nostra Grande Alleata.

Il mio Regno si appoggia saldamente alla Nazione Alleata: ed io confido

che l'Albania troverà in ogni caso presso l'Italia la potente sostenitrice delle

sue legittime aspirazioni.

La pace è un bene inestimabile che l'Albania non intende compromettere. Io e il mio Governo impronteremo quindi i rapporti politici con tutti gli altri Paesi alla maggiore correttezza e prudenza, mai tralasciando di consultare

l'Alleata nelle questioni che possano comunque influire sui comuni interessi,

nella certezza che altrettanto farà l'Italia.

Questa sarà l'immutabile linea di condotta politica del mio Regno: ed io

intendo suggellarla con il sacro giuramento albanese la "Bessa" che offro,

anche in nome del mio Popolo, alla Nazione Alleata verso la quale l'Albania

si sente indissolubilmente legata, e che rinnovo alla Persona di V. E. •.

(l) La lettera, senza varianti, ebbe poi la data 2 settembre (cfr. p. 529, nota 1).

570

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1665/655. Durazzo, 21 agosto 1928.

Nel definire con Ahmet bey Zogu il testo della lettera n. 2 ho creduto opportuno limitare il testo stesso alla sola parte concernente le aspirazioni albanesi ed ho quindi trasferito alla lettera n. l le frasi concernenti la collaborazione politica fra Italia e Albania. Per quanto io mi sia così distaccato dalle istruzioni letterali di cui al telespresso 24 luglio n. 362 (l) sono sicuro tuttavia avere interpretato il pensiero di V. E. quale risulta da tutto lo scambio di corrispondenza avuto con l'E. V. in argomento.

Qui di seguito riporto il testo della lettera n. 2 già definitivamente approvato da Ahmet bey Zogu:

• Signor Primo Ministro,

un gran numero di albanesi vive al di là del confine orientale costituendo in certe regioni la quasi totalità della popolazione. Se i mali, forse insanabili, che travagliano lo Stato vicino ne provocassero lo_ sfasciamento, io confido che l'Albania potrà contare sull'efficace interessamento dell'Italia, perchè le siano restituiti qwei suoi figli.

Accolga, Signor Primo Ministro, la riconferma dei miei sentimenti di immutabile amicizia • (2). Il testo della risposta di V. E. è stato concordato come segue con Zogu, fatta salva approvazione dell'E. V.:

• Maestà Vostra Maestà mi ha diretto in data ... la seguente lettera (segue il testo della lettera di cui sopra).

Assicuro la Maestà Vostra che verificandosi l'eventualità sopra considerata, l'Italia non mancherà di offrire all'Albania tutto il Suo efficace interessamento affinchè siano realizzate le aspirazioni Nazionali da V. E. precisate.

Prego la Maestà Vostra di volere accogliere i sentimenti della mia immutabile amicizia • (3).

(l) -Cfr. n. 514. (2) -La lettera ebbe la data 2 settembre (cfr. p. 529, nota 1). (3) -La lettera ebbe la data 3 settembre (cfr. p. 529, nota 1).
571

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4981/423. Atene, 22 agosto 1928, ore 0,30 (per. ore 4,50).

Ho felicitato Venizelos per la grande prova di fiducia che gli ha dato domenica la larga maggioranza del popolo ellenico. Mi ha dichiarato che la sua felicità pel risultato ottenuto sarà completa se oltre alla ricostruzione interna della Grecia egli riuscirà durante il suo Governo a stabilire con l'Italia quelle relazioni di effettiva cordialità ed intima collaborazione che sono una delle basi più desiderabili della sua politica estera. Ha aggiunto che l'opera e la responsabilità immani che gravano ormai sulle sue spalle gli impediscono di recarsi ad effettuare la proposta cura annuale in Francia e che pertanto non si recherà neanche all'assemblea di Ginevra, dove andrà invece a capo della delegazione ellenica, questo ministro affari esteri Carapanos. I giornali della capitale hanno infatti annunziato fin da ieri tale impossibilità pel presidente del consiglio di abbandonare in questo momento il paese. Pur tuttavia, mi ha dichiarato con fervore il Venizelos, fermamente desideroso di porre senza indugio in atto quanto già manifestato ripetutamente nei nostri colloqui, ha già lavorato, fin dalle prime ore susseguenti alla giornata veramente campale di domenica, alla redazione di un progetto di patto italo-greco. Mi ha dichiarato che questo mi sarà comunicato domani mercoledì, perchè io lo sottoponga all'esame ed alle eventuali osservazioni e modifiche di V. E. Ha aggiunto che non appena sia raggiunto l'accordo in proposito, egli si allontanerebbe, sia pure per pochissimi giorni, da Atene espressamente per recarsi a Roma a firmare con V. E., cui tiene in modo tutto particolare a fare visita personalmente. Stimo superfluo aggiungere che vedo quotidianamente più volte Carapanos il quale ha lavorato con molto zelo nel nostro riesame. Domani riferirò circa progetto in questione la cui redazione sto seguendo tenendo di mira per quanto è possibile le direttive del telegramma di V. E. n. 4224/246 (l) avendo beninteso cura di non impegnarmi in modo da vincolare comunque la piena libertà di giudizio dell'E. V. ail riguardo.

Non nascondo in questo momento all'E. V. che mi consta essersi lavorato da più parti negli ultimi giorni intorno a Venizelos per intiepidirne il fervore nei riguardi del nostro patto insinuandogli che in occasione del noto recente passo a Sofia ci eravamo inimicati Francia e Inghilterra, e cercando di convincerlo a rimandare a dicembre il suo viaggio e l'eventuale conclusione del trattato con l'Italia. Venizelos per contro mi ha oggi dichiarato che egli desidera che il patto sia la base di una intesa più intima e stretta tra i due paesi

• i quali hanno tanti interessi in comune, se non nella politica europea, perchè io ho bene il senso della proporzione, certamente in quella balcanica e nel Mediterraneo orientale •.

Sono sicuro che giungerebbe estremamente gradita a Venizelos una parola di felicitazione che, pur senza urtare i sentimenti di altri partiti locali, V. E. credesse fargli pervenire sia direttamente sia eventualmente per mio tramite per la fiducia dimostratagli dal suo paese.

(l) Cfr. n. 553.

572

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 4335/249. Roma, 22 agosto 1928, ore 24.

Al momento che sarà opportuno, ora che trionfo elettorale Venizelos è avvenuto, V. E. gli dirà che perchè io creda a suoi sentimenti di amicizia per l'Italia reiteratamente ed enfaticamente espressi, egli dovrà firmare il protocollo cioè patto formale consacrante questa amicizia (1).

573

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 58/328. Durazzo, 22 ·agosto 1928, ore 23,15 (per. ore 4 del 23).

Nel preparare lo schema della risposta italiana alla lettera numero uno (2), ho avuto cura che il tono di essa fosse piuttosto misurato e freddo, mentre sono riuscito ad imprimere alla lettera del sovrano un tono molto più caloroso. V. E. rileverà poi che nella lettera di Ahmed Zogu esiste un generico accenno alle aspirazioni albanesi. Esso però non è affatto vincolante nella risposta di V. E. Non vi sarà qlfindi ostacolo alla pubblicazione dei due messaggi. Aggiungo anzi che per assicurare fin da ora al R. Governo una specie di diritto implicito alla detta pubblicazione, ho inserito nello schema di risposta la seguente frase che sebbene trasparentissima, non è stata rilevata: • il riconoscimento della M. V. dei vantaggi derivanti all'Albania dal nostro disinteressato appoggio, riuscirà sommamente gradito al popolo italiano •.

574

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, AI MINISTRI AD ATENE, ARLOTTA, A BELGRADO, GALLI, A BUCAREST, PREZIOSI, E A SOFIA, PIACENTINI (3)

T. 4350. Roma, 23 agosto 1928, ore 5.

(Per tutti meno Parigi e Londra). Ho telegrafato a Londra e Parigi quanto segue: (Per tutti). Di fronte al persistere dei maggiori organi di codesta stampa nei commenti inesatti e tendenziosi circa atteggiamento del R. Governo in occasione

recente passo anglo-francese a Sofia, riassumo i seguenti incontrovertibili dati di fatto:

Il memorandum col quale il Governo britannico, sulla base di notizie e suggerimenti del Governo S. H. S., il quale indicava le circostanze come particolarmente propizie, ha proposto al R. Governo di associarsi ad un passo da compiersi in termini energici presso il Governo bulgaro per invitarlo a prendere misure di rigore contro l'organizzazione rivoluzionaria macedone, reca la data del 3 corrente.

L'incaricato d'affari britannico è venuto nel pomeriggio del giorno 10 corrente a sollecitare presso questo ministero la risposta del R. Governo aggiungendo che era intenzione dei Governi britannico e francese di non ritardare il progettato passo oltre i primi giorni della prossima settimana.

Il giorno successivo il memorandum di risposta italiano era rimesso a quest'ambasciata britannica.

Il passo anglo-francese aveva peraltro già avuto luogo il giorno 10 corrente.

Colla sua risposta dell'll agosto (l) il Governo italiano ha inteso, collo spirito di sincera collaborazione che lo ha costantemente animato in ogni consimile occasione, di sottoporre all'urgente esame del Governo britannico le notizie risultantigli, colle considerazioni conseguenti, a proposito dell'argomento prospettato, per un utile e preventivo scambio di idee. In ispecial modo ha creduto dover richiamare l'attenzione del Governo britannico:

1°) sulla convenienza di non assumere la responsabilità con pressioni particolarmente energiche e clamorose, che avrebbero potuto essere interpretate in Bulgaria come un'intromissione straniera in una questione colà considerata di ordine interno e delicatissimo, di indebolire la situazione del Gabinetto di Sofia, nel momento stesso in cui esso risultava disposto ad agire per ovviare ai pericoli dell'agitazione rivoluzionaria macedone, ponendo così il Governo bulgaro in condizione di poter invocare l'azione delle potenze come giustificazione di una sua eventuale futura inattività nella questione macedone;

2°) sulla probabilità che il passo progettato potesse, fra altri risultati non conformi alle intenzioni delle potenze, giungere a quello di riunire le due frazioni dell'organizzazione macedone rivoluzionaria di fronte al comune pericolo;

3o) sulla opportunità, quindi, se si voleva realmente porre il Governo bulgaro sulla via di un'efficace opera di normalizzazione della situazione interna ed estera del paese, di continuare -come dal canto suo il R. ministro a Sofia ha fatto e continuerà a fare -in un'azione quotidiana e metodica di assistenza, incoraggiamento e consiglio presso il Governo stesso, indubbiamente più utile di passi del genere di quello proposto suscettibili di agitare l'opinione pubblica bulgara.

Tenuto conto di questi dati di fatto, stimo inutile rilevare quanto sia assurdo,

commentando, come fa il Times, l'atteggiamento italiano nella questione, il vo

lervi scorgere una conseguenza della preoccupazione italiana di favorire un

vicino incomodo della Jugoslavia, quasi che la politica estera di una grande

potenza come l'Italia potesse gravitare esclusivamente sulle sue relazioni colla

Jugoslavia. È altrettanto assurdo il supporre che l'Italia non abbia interesse anche maggiore delle altre potenze ad una normalizzazione pacifica delle situazioni acute dei Balcani coi quali essa ha così prevalenti rapporti politici ed economici, creati dalla sua stessa posizione geografica. Ed è appunto per questo motivo, chiaro a qualunque osservatore obiettivo, che l'Italia persegue un pa. cifico equilibrio dei vari fattori balcanici e ritiene che qualunque azione che possa, in questo momento, deprimerne anche solo moralmente qualcuno, comprometta tali finalità che essa ha in comune colle altre potenze.

Quanto sopra ho creduto chiarire a V. E. per opportuna norma di linguaggio presso codesto Governo e perchè, qualora ciò dovesse risultare assolutamente consigliabile, ella possa valersi, in quanto conveniente delle considerazioni esposte per ristabilire l'esattezza delle cose anche presso codesta stampa.

Quanto alle dichiarazioni attribuite al R. ministro a Sofia a proposito dell'atteggiamento dell'Italia, esse non possono evidentemente essere esatte, visto che lo stesso ministro è stato telegraficamente messo al corrente del tenore della risposta da noi data al memorandum inglese del 3 corrente.

(Per tutti meno Londra e Parigi). Ella vorrà da quanto sopra trarre norma qualora occorresse anche costà correggere inesatti apprezzamenti della linea di condotta tenuta dall'Italia nella questione, tralasciando naturalmente le precisioni indicate in principio del presente telegramma circa la corrispondenza corsa col Governo britannico.

(l) -La minuta è di pugno di Mussolini. (2) -Cfr. n. 598, allegato. (3) -I telegrammi diretti a Berlino, Londra e Parigi sono stati trasmessi per corriere.

(l) La risposta non è stata pubblicata, in quanto riassunta in questo documento.

575

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. 4339/358. Roma, 23 agosto 1928, ore 18.

Suo telegramma n. 683 (1).

Approvo quanto V. S. ha fatto in seguito risposta preliminare giuntale da codesto ministro degli esteri per incidenti Spalato e Sebenico, alla quale non ritengo il caso ella debba subito replicare.

576

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA 27/291. Roma, 23 agosto 1928, ore 14.

Suoi rapporti del 21 agosto per corriere speciale (2).

Non sono alieno dall'approvare i progetti di lettere sottopostimi, anche con l'intestazione preferita da Zogu, ove il contenuto della nota verbale che codesto ministero esteri dirigerà alla legazione e di cui non conosco il tenore sia conforme ai criteri che qui sotto espongo.

Infatti, delle lettere stesse, la seconda interessa unicamente l'Albania, e ambedue sono poi destinate, pur con diverso grado di segretezza, a ,rimanere materia di archivio, a meno di gravi avvenimenti internazionali. Ossia esse verrebbero ad essere utilizzabili solo quando tali documenti sono, di solito, superati dagli avvenimenti. Ciò vuoi dire che l'unico documento che veramente legherà a noi il nuovo regno, con quel tanto di pubblicità che è necessaria ai fini della nostra posizione in Albania di fronte ai terzi, sarà la nota verbale.

È quindi indispensabile che quest'ultima assuma un contenuto ed una importanza tale da conferirle veramente quel significato internazionale a cui ella accennava nel suo rapporto n. 594 (1). Naturalmente la semplice dichiarazione della validità dei trattati, anche se in forma più calda e diffusa dell'ordinario, sarebbe del tutto insufficiente.

Occorre insomma che gran parte della lettera n. l sia riprodotta seppure in forma più burocratica, nella nota; e che dal suo tenore emani l'impressione che il nuovo trono sorge per la grazia dell'Italia. Naturalmente la nostra nota verbale di risposta si informerebbe agli stessi criteri.

Ignoro se di tale necessità siano ben persuasi costì. V. S. se già il testo della nota non è stato redatto a norma di quanto sopra, lo faccia immediatamente presente, e dichiari pure che la nota costituisce parte integrale dei documenti in discussione e quindi da essa dipende l'approvazione di quelli che mi ha già inviati.

Non nasconda a Zogu che già si affacciano all'orizzonte difficoltà immediate per il suo riconoscimento da parte di varie potenze, e, inoltre, pericolose intenzioni da parte di altre di approfittare della sua elevazione a sovrano per riportare davanti al consesso internazionale la questione albanese nella sua costituzione interna in riferimento alla situazione dei Balcani. Se l'Italia dovrà battersi per lui con successo occorire che egli riponga, in un certo senso, pubblicamente, la causa sua e del suo regime in mano all'unico avvocato su cui può contare, l'Italia. La nota verbale deve essere quindi redatta tenendo presente questa realtà.

L'urgenza degli avvenimenti impedirà probabilmente che ella possa sotto

porla al mio benestare. In questo caso l'autorizzo giungere in mio nome a defi

nitiva conclusione dopo che ella avrà fatto tutti gli sforzi possibili per l'accogli

mento del massimo delle nostre richieste.

(l) -T. 4985/683 del 21 agosto, che non si pubblica: risposta jugoslava alla protesta italiana per gli incidenti di Spalato e Sebenico. (2) -Cfr. nn. 569, 570.
577

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, KOCH (2)

T. 4351. Roma, 23 agosto 1928, ore 24.

V.S. è indubbiamente al corrente della difficile situazione recentemente venutasi a creare a Sofia per effetto del passo che i Governi ing,Iese e francese hanno compiuto presso il Governo bulgaro circa la questione dei macedoni ed al quale il Governo italiano non ha creduto di associarsi.

In tale condizione di cose, ritengo che sarebbe di grande giovamento ad un consolidamento della situazione politica in Bulgaria, ed in senso conforme ai comuni interessi della Turchia e dell'Italia, che in questo momento si potesse procedere senz'altro alla stipulazione del noto patto turco-bulgaro.

Pregola parlare in tal senso ed in mio nome della cosa a Tewfik Roussdi bey stimolandolo a rompere gli indugi. Mi telegrafi risultato suoi passi.

(l) -Cfr. n. 521. (2) -Il telegramma venne inviato, per conoscenza, al ministro a Sofia.
578

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 64/329. Durazzo, 24 agosto 1928, ore 13,55 (per. ore 15,50).

Comunico a V. E. programma prossimo avvenimento quale è stato oggi fissato. Domani sabato 25 prima riunione assemblea a cui Ahmed bey Zogu non interverrà.

Domenica e lunedì verifica dei mandati. Mercoledì 29 verrà nominata una commissione membri assemblea per proposta revisione statuto. Sabato 1° settembre commissione proporrà assemblea creazione regno. Assemblea acclamerà Zogu re e invierà una sua delegazione al sovrano che accetterà la corona e si presenterà lo stesso giorno (sabato 1° settembre) alla assemblea costituente per prestare giuramento.

Seguiranno tre giorni di festa dopo di che assemblea riprenderà suoi lavori per formulare e approvare gli altri articoli della nuova costituzione.

579

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI

T. 4357/330. Roma, 24 agosto 1928, ore 24.

Suo telegramma stampa n. 646.

Prego V. E. telegrafarmi impressione costà prodotta da telegramma diretto

a Loebe da attuale capo partito contadini croati ed in genere tenermi al cor

rente del pensiero di codesti circoli nei riguardi movimento croato.

580

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 4359/253. Roma, 24 agosto 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 423 (1). Faccia al signor Venizelos le mie felicitazioni per la affermazione fiducia che egli ha ottenuto sul suo nome nelle recenti elezioni dal popolo greco, che

gli conferisce il potere di operare efficacemente per quella valorizzazione e consolidamento della situazione mediterranea e balcanica della Grecia che è punto essenziale di coincidenza degli interessi dei nostri paesi. Gli dica che ho apprezzato che egli abbia voluto fornirmene la prova migliore col disporsi a sottoscrivere subito il patto italo-greco.

Esaminerò rapidamente lo schema propostomi e mi auguro che fra pochi giorni possa avere il piacere di avere con Venizelos personali contatti che ritengo segneranno per i due paesi una data assai importante.

(l) Cfr. n. 571.

581

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

T. GAB. S. P. 61/238. Budapest, 24 agosto 1928, ore 8.

Decifri ella stessa.

Telegramma di V. E. gab. 222 (1).

Messo in chiaro tanto con Walko quanto con Apor che somma stabilita fu un milione 500 mila lire italiane ma che tuttavia R. Governo verserà complessivamente un milione seicento ventimila lire italiane.

Circa modo pagamento abbiamo convenuto che differenza un milione 120 mila sia versata al mio conto corrente. Io emetterò chèque per analogo importo a favore di questo ministero affari esteri, tenuto presente come se si trattasse di normale pagamento di stato a stato, ritirando regolare ricevuta che trasmetterò all'E. V.

Prego V. E. disporre per il versamento in questione ed autorizzarmi telegraficamente consegnare importo totale.

Su mia richiesta barone Apor mi ha detto che non è stato mai parlato con Steidle circa rilascio relativa ricevuta. Ho fatto rilevare che detto documento, fra l'altro, è tanto più necessario in quanto ci mette in condizioni di • tener più facilmente in mano Steidle per l'adempimento impegni assunti •. Apor ha convenuto e si interesserà di conseguenza. Prego V. E. telegrafarmi precise istruzioni anche a questo riguardo.

582

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE RR. 90/155. Belgrado, 24 agosto 1928 (per. il 2 settembre).

II dott. Mantero, corrispondente del Giornale d'Italia ha avuto con Trumbic un interessante colloquio privatissimo seguito alla intervista per il giornale.

Ne ho avuto ampia relazione e ne estraggo per V. E. i punti più importanti.

Si conferma il desiderio croato di tagliar corto con la Serbia, la volontà di indipendenza. Si esclude la possibilità di ripresa di rapporti normali con Belgrado. Se i capi accedessero a collaborazione non sarebbero più seguiti dalle masse. Occorre anzitutto che Belgrado si persuada della necessità di aderire alla richiesta di autonomia e poi potranno essere condotte trattative.

Ha smentito vi siano state finora udienze del re a Pribicevich. Sono state su di lui esercitate pressioni da parte di persone legate ai circoli di corte, ma senza risultato. E nei riguardi del pericolo che Pribicevich, in quanto serbo, potesse o prima o poi assumere atteggiamento indipendente e contrastante con la direzione della coalizione ha affermato che i dissensi sono desiderati da Belgrado ma non esistono, sono soltanto effettivi nella tattica che Pribicevich vorrebbe adottare. Ma egli accetterebbe di tutto cuore il fatto compiuto di una Croazia indipendente. Anche la differenza di religione non sarebbe causa di separazione. I serbi della Croazia sotto l'Austria hanno seguito le stesse scuole che i croati ed hanno avuto la stessa educazione.

Trumbic ha definito Koroscec un opportunista che sta a galla con tutti i gabinetti, ma su Belgrado gli sloveni hanno la stessa opinione che i croati. Essi sono più utilitari, e data la differenza linguistica, si difendono dalla serbizzazione meglio dei croati. I democratici indipendenti hanno fra gli sloveni vecchi aderenti, anche a Lubiana. Solo le campagne sono interamente dominate e dirette dal clero.

La riunione di Lubiana è una punta della coalizione demorurale, nel campo di Koroscec. Dopo Lubiana 1a coalizione si riunirà a Sarajevo e così via.

Circa il prestito interno ha dichiarato che le banche croate resisteranno fino al massimo possibile per non concederlo a Belgrado che deve affrontare una situazione che, sempre secondo Trumbic, al l o settembre sarà gravissima poichè non vi sarebbero fondi per pagare i funzionari.

Circa le spese militari ha affermato che tutto è trascurato a Belgrado a favore di esse. Le scuole elementari sono ridotte in Croazia del 25 % sull'ante guerra, il personale della giustizia difetta, l'amministrazione è impoverita e trascurata.

• La crisi, ha detto Trumbic, data la forza militare e politica dei serbi, potrà essere ancora lunga, ma dovrà risolversi come noi vogliamo perchè ~a Jugoslavia non potrà continuare nel sistema delle sue spese militari. L'esercito rappresenta non soltanto la forza armata, ma il militarismo serbo. Il militarismo in Serbia è una tradizione, in Croazia no, l'esercito non si considera in Serbia soltanto come il mezzo che dovrebbe servire alla sicurezza della frontiera. Il militarismo rappresenta quasi uno stato nello stato ed influisce sulle condizioni politiche del paese, sostenendo l'egemonia serba •.

Sulle convenzioni di Nettuno ha detto che la Dalmazia esclusivamente vi è interessata; che il popolo ne teme le conseguenze economiche, che i capi debbono essere cauti per non diventare impopolari.

• Però abbiamo dato ordini precisi affinchè i croati non si abbandonino a manifestazioni contro di esse • (N. B. il dott. Macek ha fatto al dott. Mantero uguali dichiarazioni a tale proposito).

Trumbic ha confermato la sua convinzione di possibili buoni rapporti fra croati ed italiani, gli interessi della Croazia gravitando tutti verso l'Adriatico, e nulla avendo in comune con la Serbia.

Ha ricordato avere per sei anni fatto delle avances senza essere capito dai nostri uomini politici. Egli non era stato mai compreso perchè non poteva scendere del tutto [sic]. Ha poi avuto accenti nostalgici per il nostro paese, per Roma, dove non può ora andare.

Ha spiegato gli attacchi di certa stampa croata alla Italia col fatto che vi sono in essa investiti capitali ed interessi serbi, e l'atteggiamento di Pribicevich, ostile all'Italia, col fatto che egli è massone.

Tali dichiarazioni sono notevoli se anche ripetano in parte quelle trasmesse già precedentemente per mezzo del R. console generale a Zagabria. Nuovi ed importanti i punti relativi all'esercito ed alla crisi finanziaria.

Circa il suo sentimento italofilo e le sue passate avances mi sia lecito rammentare i rapporti personali che ebbi con Trumbic nei primi mesi del 1915. Essi seguivano ad una missione segretissima che dal barone Sonnino mi era stata affidata nel gennaio di quell'anno e che avevo compiuto a Trieste presso quei capi sloveni (Gregorin, Ribarz, Mandic, ecc.). Fui da essi stessi messo in rapporto col Trumbic profugo a Roma. Parlammo infinite volte dell'entrata in guerra dell'Italia, del futuro assetto adriatico. Il pensiero di Trumbic coincideva in parte con quello degli sloveni di Trieste: per il trionfo della grande causa dello slavismo, per la vittoria della Russia era necessario l'intervento italiano. Questo però sacrificava i particolari disegni sloveni e croati sull'Istria e Trieste. Ma per il trionfo slavo erano disposti a sacrificarli, purchè fossero loro assicurate libertà culturali e religiose. Per la parte territoriale Trumbic non volle fare mai con me alcuna ammissione anche minima, neppur sul programma del 1866 che era pur limitato. Però il punto che era quasi un ritornello nei discorsi con Trumbic era questo: con l'Austria aizzante alla lotta contro gli italiani, in Dalmazia la lingua nostra si era conservata integra. Egli stesso in casa sua parlava italiano e, per così dire, pensava croatamente ma in italiano. Sua ferma previsione e sua ambizione era che l'italiano fosse la lingua di cultura del nuovo stato che si sarebbe formato e sostituisse in tutta la Croazia la cultura germanica. L'Italia doveva essere, nel suo pensiero, quasi la seconda patria della nuova formazione croata. Su questo suo sentimento generico non ebbi mai alcun dubbio, solo i limiti territoriali da lui ammessi per la Venezia Giulia furono impossibili a precisare. Del resto egli è, almeno in parte, l'autore principale delle memorie presentate dai S.C.S. alla conferenza della pace dove si affermava che, dall'Iudrio essi avrebbero difeso albero per albero, casolare per casolare. Trumbic mi apparve sempre uomo di forte idealità, di ferma volontà, tenacissimo nella difesa

di ogni suo minimo interesse nazionale ma di scarsa attitudine alla azione. Certo

era mia convinzione che a quel momento lo si sarebbe potuto vincolare prima

che egli fosse preso interamente nell'orbita serba. Non è qui il caso di indagare

quelli ,che a me sembrarono allora errori, incomprensioni e di chi.

(l) T. gab. 25/222 del 21 agosto, che non si pubblica: chiarimenti sulla somma da versare al Governo ungherese in favore di Steidle.

583

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5061/55. Costantinopoli, 25 agosto 1928, ore 21 (per. ore 23).

Telegramma V. E. n. 259 (1).

Nel colloquio che solo questa sera ho potuto avere con Tewfik Roussdi non ho mancato di svolgere punto di vista di V. E. circa opportunità procedere senza indugio firma patto turco-bulgaro.

Ministro affari esteri ha riconosciuto opportunità in parola e mi ha promesso: 1° che darà immediate istruzioni incaricato d'affari di Turchia a Sofia di mettersi in contatto con ministro degli affari esteri per entrare in trattative; 2° che darà immediato ordine ministro di Turchia, qui in congedo, di

rientrare in sede. Ha aggiunto che dato pieno accordo di massima, firma patto dovrebbe essere questione di giorni.

Mi ha detto di pregare V. E. di portare a conoscenza R. ministro a Sofia quanto precede, invitandolo seguire trattative, lieto condividere in tale questione punto di vista di V. E.

584

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. S.N. Roma, 25 agosto 1928, ore 24.

Decifri da sè e distrugga dopo ricevuto.

Da conversazioni avute con Tomalesky (2) si è avuta impressione che crisi attuale organizzazione macedone sia effettivamente grave. Le invio per corriere pro-memoria conversazione. Tomalesky ha richiesto 2 milioni di lire come prestito da restituire non appena sarà possibile onde sopperire momentaneamente spese organizzazione. Si è fatta riserva (3) di dargli su questo prestito una risposta definitiva entro 5 giorni. Desidererei conoscere suo avviso in proposito prima che gli sia data una risposta affermativa o negativa.

Non appena possibile desidererei inoltre aver per corriere dettagliate informazioni sopra crisi comitato macedone, sue impressioni e previsioni (4).

33 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

(l) -Allude evidentemente al n. 577. (2) -Una prima minuta del tel. diceva: • Stamani ho conferito a lungo con Tomalesky ,., !n realtà il colloquio ebbe luogo il 24 agosto (cfr. il promemoria di cui al n. 587). (3) -• Mi sono riservato • (prima minuta del tel.). (4) -Prima di recarsi a Roma, Tomalewski aveva avuto a Sofia due colloqui con Piacentini, il 6 e il 12 agosto.
585

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. 4386/241. Roma, 25 agosto 1928, ore 24.

Prego V. E. inviarmi testo esatto intervista Buroff nonchè impressioni prodotte costà atteggiamento Italia per suo rifiuto aderire passo franco-inglese. Da quanto traspare intervista Buroff nostro gesto d'amicizia non sembra essere stato apprezzato come meritava.

586

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5040/433. Atene, 25 agosto 1928, ore 23,50 .(per. ore 1,35 del 26).

Permettomi ringraziare vivamente l'E. V. pel telegramma n. 4359/253 (l} giuntomi ora e che mi riuscirà anche opportunissimo per controbattere possibile interferenza di cui al mio telegramma di stamane n. 430 (2).

Darò personalmente comunicazione del suo contenuto al signor Venizelos il quale recandosi oggi e domani in campagna per week end mi ha dato appuntamento per lunedì mattina.

Ho intanto già provveduto a fare accenno verbale della cosa al capo dell'ufficio politico del ministero esteri Melas, il quale è rimasto entusiasta.

587

PROMEMORIA DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

RISERVATO. Roma, 25 agosto 1928.

Ho avuto ieri un lungo colloquio con il signor Tomalewski, membro supplente del Comitato Rivoluzionario macedone e incaricato dei rapporti con l'estero del Comitato stesso.

La conversazione si è svolta su argomenti del più alto interesse che Ti riassumo per sommi capi:

Crisi nel comitato macedone. Alla mia domanda circa le ragioni dell'assassinio del Generale Protogeroff e dell'uscita del Capo dei Comitagi, Ivan Mihailoff dal Comitato stesso, il signor Tomalewski mi ha risposto nei seguenti termini:

• A Voi che mi conoscete da qualche anno, che so buon amico della causa macedone, posso dire l'intera verità; posso dire anche che sono venuto in Italia per informare i miei amici italiani e sopratutto il Governo del signor Mussolini, della reale situazione attuale, perchè dovendo ritornare laggiù in piena lotta è

assai probabile che non ci si riveda mai più. Ho creduto quindi mio dovere di fare questo atto di lealtà verso gli amici italiani sapendo di servire la causa macedone, perchè soltanto con l'aiuto degli Italiani la Macedonia potrà finalmente conquistare un giorno la sua indipendenza.

Mi sento rosso di vergogna innanzi a Voi per quello che è avvenuto fra i dirigenti del Comitato macedone. Proprio nel momento in cui tutte le forze macedoni dovevano essere pronte per venire scagliate approfittando di un eventuale e quasi certo aggravamento della situazione del nostro nemico, un atroce destino ha voluto che si determinasse uno degli episodi più delittuosi che si potesse immaginare a danno della nostra causa.

Ivan Mihailoff dominato da una folle ambizione e da una volontà inesprimibile di potere, ha fatto uccidere come un cane nel centro di Sofia il vecchio e valoroso Protogeroff che aveva dato quarant'anni della sua vita alla organizzazione rivoluzionaria, che era una delle più belle figure del movimento nazionale macedone e uno dei più vecchi ufficiali dell'esercito bulgaro.

I precedenti dell'atroce delitto che ha sollevato l'opinione pubblica macedone e bulgara sono i seguenti:

In seno al Comitato dei Tre supremi dirigenti del movimento di cui facevano parte Mihailoff e Protogeroff e durante una seduta alla quale assistettero anche i tre membri supplenti, fra i quali io (Tomalewski) si determinò un dissenso con Mihailoff. Il motivo di tale dissenso riguardava l'applicazione di un articolo del Regolamento della organizzazione, il quale impone ai tre membri del Comitato Supremo di risiedere permanentemente o almeno gran parte dell'anno nella Macedonia soggetta al giogo serbo. Il nostro criterio rivoluzionario è quello di determinare il movimento e di organizzare la rivolta nell'interno della Macedonia fra le masse soggette alla gendarmeria serba. È questo un criterio rivoluzionario che è nelle tradizioni della nostra organizzazione e al quale noi vogliamo rimanere fedeli. Mihailoff invece sosteneva che la rivolta della Macedonia doveva essere organizzata nelle provincie della Macedonia bulgara; per poter così attrezzare meglio le bande dei Comitagi e procedere al momento opportuno alla invasione.

Mihailoff era l'unico dei tre membri del Comitato Supremo che non avesse mai risieduto nella Macedonia serba dal giorno in cui era stato eletto all'alta carica. E non vi aveva risieduto neppure prima.

Il Generale Protogeroff in quella seduta fu il più accanito sostenitore della

antica tradizione rivoluzionaria macedone fatta di pericolo e di tragedia pur

di rincarare con la presenza dei Capi le popolazioni macedoni soggette.

Mihailoff rimase solo a sostenere la sua tesi e alla fine si decise di deferire

la decisione definitiva al Congresso dei 45 Rappresentanti di tutti i distretti

macedoni. Il Congresso venne infatti convocato per il 10 agosto. Dinanzi al

Congresso le due tesi sarebbero state vagliate. La decisione avrebbe dovuto tro

vare tutti disciplinati. Mihailoff accettò questa determinazione, ma fece una

lunga questione sul numero dei delegati da convocare. Egli sosteneva se ne

dovessero convocare soltanto 25 anzichè 40 (1), ma alla fine anche questa que

stione fu risolta.

II 3 luglio il Generale Protogeroff scriveva una lettera a Mihailoff che giusta gli accordi presi dal Comitato, il Congresso era convocato per il 10 agosto. II giorno 5 il Generale riceveva la risposta in cui Mihailoff in termini assai cordiali acconsentiva completamente. Il giorno 7 il Generale Protogeroff era ucciso dai sicari di Mihailoff.

Dinanzi a questo fatto profondamente ingiusto e immorale, io stesso (Tomalewski) che ero intimo amico di Mihailoff quando speravo che la sua ambizione potesse fare di lui un capo pronto a ogni sacrificio, sentii un così profondo ribrezzo che ora sono il suo più grande avversario. Egli ha infranto non soltanto lo statuto dell'organizzazione rivoluzionaria, ma ha offeso il nostro senso morale e il nostro senso di giustizia. Noi rivoluzionari macedoni non abbiamo paura del sangue e molti sono stati e saranno i nostri giustiziati, ma un grande spirito di giustizia e di morale ha sempre governato i nostri atti. Mihailoff ha rotto questa tradizione. Soltanto un pazzo divorato dall'ambizione poteva fare questo gesto che ha colpito il cuore della Macedonia.

Noi del Comitato rivoluzionario, dopo aver invitato Mihailoff a scolparsi dinanzi al Congresso e ad accettare la eventuale sentenza, lo abbiamo messo al bando. Egli è molto impopolare dopo il suo gesto folle e non ha intorno a sè se non qualche gruppo di giovani della Macedonia bulgara e cioè giovani generosi ma che non sono mai stati e che non hanno mai operato nell'inferno della Macedonia serba. Si tratta quindi di gruppi di giovani che si fanno delle illusioni sia sul loro capo sia sulle possibilità di una loro azione. Essi hanno partecipato al movimento macedone là dove è meno rischioso e cioè in Bulgaria e quindi non sono attrezzati spiritualmente per il sacrificio. Soltanto alcuni elementi della regione di Uskub (Skoplie) si sono dichiarati per Mihailoff. Ma la loro illusione sarà di breve durata.

Io ritengo che Mihailoff o scomparirà presto dalla scena o finirà nel ridicolo.

In ogni modo egli ora non si occupa che di intrighi contro il Comitato rivolu

zionario invece di fare qualche cosa nella Macedonia serba. Egli, nello stesso

giorno dell'uccisione del Generale Protogeroff è riuscito a mettere la mano su

una forte somma in oro che era conservata nella casa di uno dei nostri più fidi

amici, un grosso commerciante di Sofia.

L'intrigo del generale Volkoff. Noi abbiamo le prove che Mihailoff ha avuto

l'appoggio del Generale Volkoff, Ministro della Guerra bulgaro.

Il Generale Volkoff è detestato nell'esercito bulgaro perchè lo si ritiene

coinvolto in affari assai sudici di fornitul'e, ecc. ed egli aveva cercato da molti

mesi di avere l'appoggio del Comitato rivoluzionario promettendo aiuti da parte

militare. Con l'appoggio del Comitato macedone egli avrebbe impaurito gli altri

membri del Gabinetto e soprattutto la élite militare a lui contraria. II Comitato

rifiutò tale appoggio. Oggi abbiamo le prove che Mihailoff si era invece accor

dato segretamente con lui.

Il signor Volkoff ha avuto sempre una avversione decisa per il Generale

Protogeroff in seguito a un incidente che scoppiò fra loro due molti anni fa

quando erano ancora capitani.

Sono personalmente convinto che il Generale Volkoff è corresponsabile della

uccisione del Generale Protogeroff. Egli ha dato l'appoggio a Mihailoff dell'au

torità militare del distretto di Petric dove Mihailoff risiede attualmente con i suoi.

Le notizie che ho ricevuto stamane con una lettera di mio fratello da Sofia, accertano però che il Generale Volkoff ha già abbandonato Mihailoff perchè si è accorto dell'enorme errore commesso e vorebbe salvarsi, ma la sua posizione nel Ministero è insostenibile e sarà sostituito.

Senza l'appoggio del Ministro della Guerra la meteora Mihailoff sarà di ancor più breve durata. Siatene certi.

La crisi del Comitato è indubbiamente grave sopratutto perchè ha gettato un grande discredito sull'organizzazione in tutti i paesi europei e specialmente in Bulgaria. Ma noi faremo di tutto per sollevarlo presto. Vi sono tentativi per una riconciliazione con Mihailoff e noi siamo disposti a trattare a condizione che Mihailoff compaia davanti al Congresso e sia pronto a sopportare tutte le conseguenze del suo atto. Posso dirVi con quasi certezza che Mihailoff non accetterà mai questa condizione.

Programma immediato. Il nostro programma è già tracciato e si compendia

in una parola: Azione.

Ed è per questo che io vengo a chiedere il Vostro aiuto.

I due membri superstiti del Comitato Supremo e altri quattro fra i nostri migliori e coraggiosi compagni andranno a portare la parola di fede in mezzo ai Macedoni soggetti e prenderanno nel distretto di Monastir tutte le disposizioni perchè se l'ora della rivolta dovesse suonare tutto sia disposto. Noi abbiamo assolutamente bisogno che questi sei dirigenti del movimento possano introdursi in Macedonia attraverso l'Albania. Chiedo a Voi che facilitiate nel modo che riterrete più opportuno il loro viaggio da Brindisi a Coritza senza che le Autorità albanesi sappiano nulla. Il loro ritorno non è previsto e quindi non abbiamo bisogno che predisponiate nulla per tale eventualità.

In questo modo e cioè coll'avvicinarsi sempre più ai nostri fratelli soggetti, supereremo la crisi del Comitato provocata da Mihailoff •.

Macedonia e Bulgaria. Ho chiesto a Tomalewski quale fosse l'atteggiamento del Governo bulgaro a loro riguardo ed egli ha risposto che non aveva nessuna fiducia più nè in Liapceff nè negli altri membri del Gabinetto. La nota della Francia e dell'Inghilterra ha molto impressionato il Governo bulgaro.

Movimento autonomista in Croazia. Ho chiesto a Tomalewski quale fosse la sua opinione sul movimento autonomista croato e quali potessero essere a suo avviso gli sviluppi della situazione attuale dopo la morte di Radic. Egli mi ha risposto che la morte di Radic ha costituito una grave perdita per tutti i nemici della Jugoslavia, poichè Radic era la maggior forza disgregratrice del Regno S.H.S.

Tomalewski non ha alcuna stima dello spirito rivoluzionario degli attuali dirigenti croati e neppure in Macek. Egli ritiene Pribicevic un volgare politicante che diventerà il migliore servitore della Serbia appena sarà chiamato a una carica governativa importante. Tomalewski ritiene che il giorno in cui i· Serbi invieranno un paio di divisioni in Croazia non si parlerà più per un pezzo di movimento autonomista e i Croati staranno sotto il bastone serbo. I Serbi però non invieranno le divisioni se non il giorno in cui saranno convinti di un pericolo mortale. Di qui la necessità di organizzare immediatamente qualche cosa nel senso rivoluzionario aiutando gli scarsi elementi a disposizione in Croazia.

Nei giorni dell'eventuale azione, secondo Tomalewski, bisognerà però far penetrare in Croazia gran numero di agenti provocatori, che il Comitato macedeno potrebbe fornire, per sostenere la piccola frazione croata che avrà il coraggio di proclamare l'autonomia.

Tomalewski è d'avviso che due soli sono gli elementi capaci di fare qualche cosa di serio in pro' della Croazia: il Generale croato Sarkiotic ex Governatore austriaco della Bosnia-Erzegovina e ufficiale autorevolissimo in tutta la Croazia che risiede attualmente a Vienna ma specialmente egli indica come uomo di eccezionali virtù di condottiero e rivoluzionario il Colonnello croato dell'ex esercito austro-ungarico S. Duic che abita a Graz e che è uno dei più autorevoli membri della Stranka Prava.

Ho chiesto al mio interlocutore quali potevano essere secondo lui le basi per un eventuale accordo italo-croato ed egli mi ha risposto che se l'Italia garantisse alla Croazia autonoma le città della costa dalmata e una maggiore libertà d'azione nel porto di Fiume l'ostilità croata verso l'Italia scomparirebbe.

A questo punto egli mi ha confidato che un messo del partito agrario croato si era recato nei giorni scorsi a Sofia a parlare con lui per un accordo fra Macedoni e Croati sulla base di una comune linea di condotta nell'interesse delle due nazionalità.

Il Comitato macedone a mezzo di Tomalewski ha risposto al messo croato di essere a completa disposizione purchè da parte dei Croati si dimostri una risolutezza di azione che nel passato è completamente mancata. A questo proposito Tomalewski mi ha raccontato un episodio dello scorso anno quando egli era in accordo con Radic. A Zagabria si tenne nello scorso anno un congresso di ufficiali. Il Comitato macedone deliberò di effettuare un attentato durante il Congresso a mezzo di bombe di gas asfissiante e su richiesta dei Croati venne affidato ad essi l'incarico di gettare-le bombe nella sala del Congresso. L'attentato non ebbe luogo perchè i Croati all'ultimo momento ebbero paura di effettuarlo.

Tomalewski nel raccontarmi l'episodio del mancato attentato ebbe espressioni molto dure verso i Croati e mi ripetè che unica persona veramente capace di organizzare qualche cosa di serio sia per il suo coraggio personale sia per il suo prestigio, è il Colonnello Duic già citato.

Ho chiesto a Tomalewski quale è il suo programma personale per i prossimi giorni ed egli mi ha detto che intendeva rimanere in Italia quanto fosse sufficiente per ben organizzare il passaggio dei sei dirigenti macedoni attraverso l'Albania.

Egli partirà quindi per Vienna e Graz per trovarsi con il Generale Sarkotic e col Colonnello Duic. In accordo con quest'ultimo avrebbe intenzione di recarsi a Zagabria per rendersi conto sul posto della reale efficienza del movimento croato.

Alla mia domanda di quali fossero le intenzioni del Comitato nei riguardi

della Macedonia greca, il Tomalewski ha dichiarato che per ora il Comitato

vuoi lasciare da parte questa questione. • Salonicco capitale della Macedonia,

ha detto, è un sogno lontano •.

A questo punto Tomalewski mi ha confidato che oltre il bisogno di armi

(moschetti, pistole Beretta, carabine, bombe a mano, una discreta quantità di

esplosivi e qualche buona mitragliatrice) -che gli avevano promesso gli sarebbero state concesse immediatamente -il Comitato Rivoluzionario Macedone si trova nell'incresciosa necessità di domandare un prestito di due milioni di lire italiane per sopperire ai bisogni immediati dell'azione. Tomalewski si mostrava visibilmente imbarazzato nell'avanzare questa domanda, dicendomi con una certa fierezza che egli non è • un albanese •, che il C.R.M. non ha mai chiesto denari a nessuno e senza la tragedia Protogeroff ed il furto della cassa da parte di Mihailof], egli avrebbe evitato ben volentieri questa domanda anche ad un amico provato della causa Macedone come il Governo fascista. Alla mia domanda se questi denari gli accorressero subito egli mi ha risposto che un milione gli occorrerebbe subito, ma che non dispera di evitare di chiederci il versamento del secondo milione, cosi come si impegna di restituire L'uno e l'altro nel minore tempo possibile.

Gli ho detto che non potevo dargli su questo punto una risposta immediata e che fra una settimana circa ritornasse da me.

Ho voluto guadagnare questo tempo per riferirti ed avere da Te istruzioni.

Ho anche telegrafato al nostro Ministro a Sofia, col quale il Tomalewski è in contatto, per avere possibilmente ulteriori informazioni. Non abbiamo ancora elementi sicuri per giudicare se vincerà la frazione Mihailoff, o il vecchio Comitato Macedone. Tomalewski mi ha espresso la ferma speranza di una riconciliazione, il che sarebbe meglio per tutti. In questo senso gli ho parlato chiaro: l'Italia vede e segue con simpatia l'azione svolta dall'O.R.M. per l'indipendenza della gente macedone, ha aiutato ed aiuterà questa azione, ma non intende entrare nelle divisioni interne della O.R.M.

Ma poichè Tomalewski ed i suoi amici mostrano di essere decisi a fare sul serio, e fare ent1"0 i confini della Macedonia serba, ho fatto venire telegraficamente a Roma il nostro Console di Valona, e stiamo concertando il piano per far passare in Jugoslavia (via Brindisi-Coritza) i 'capi della O.R.M., i quali debbono eseguire alcune azioni determinate, una delle quali assai importante a Monastir, di cui Tomalewski mi ha comunicato i dettagli. Inoltre saranno portate (di nascosto degli albanesi) in un villaggio presso Coritza le armi necessarie, e sarà costituito là un piccolo deposito. Il nostro Console a Valona curerà tanto il segreto passaggio dei capi macedoni come il concentramento delle armi e degli esplosivi che ho pensato bene di far ritirare dai nostri depositi di Saseno, anzichè da quelli di Bari.

(l) -Cfr. n. 580. (2) -T. 5039/430 del 25 agosto, che non si pubblica: preoccupazione per un eventuale atteggiamento francofilo di Nicola Politis, ministro di Grecia a Parigi.

(l) Sic, mentre sopra è scritto 45.

588

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5088/434. Atene, 26 agosto 1928, ore 20,30 (per. ore 22,20).

Sciogliendo riserva fatta in principio della pagina 9 del mio telespresso

n. 4594/464 in data 22 agosto, trasmetto qui appresso formula oggi propostami dall'ufficio politico di questo ministero degli affari esteri per essere aggiunta in francese all'articolo 5° (ripeto quinto) (l) del progetto di trattato.

• Tuttavia gli impegni degli alinea precedenti del presente articolo non si applicano alle divergenze riferentisi allo statuto territoriale (ripeto statuto territoriale) delle alte parti contraenti •.

Data la troppa vastità ed elasticità della materia che dovrebbe rientrare sotto la rubrica della • sovranità • secondo i dettami tuttora non sufficientemente determinati del • diritto internazionale •, questo ministero degli affari esteri persiste nel non trovare soddisfacente la formola adottata nel nostro recente trattato colla Turchia.

Quella più sopra riportata, propostaci nell'intento di eliminare ogni sospetto che la Grecia possa avere anche lontanamente in animo di valersi del presente

. accordo per sollevare un'eventuale procedura arbitrale circa il Dodecanneso, mentre risponderebbe senza dubbio vantaggiosamente a tale scopo, presenterebbe forse per contro l'inconveniente di una specie di tacito riconoscimento dell'esistenza di una qualsiasi divergenza territoriale dodecannesina da risolversi in separata sede.

Ho preso in esame anche la possibilità di ricorrere alla formula adottata all'articolo 2° del nostro trattato con l'Ungheria circa esclusione di divergenze derivanti da fatti anteriori, ma può d'altra parte convenirci il non precluderei la possibilità di un eventuale ricorso alla conciliazione per questioni tuttora pendenti come Libici di Creta, risarcimento danni guerra, indennità a nostri piroscafi, beni immobili espropriati ecc.

In tali condizioni di cose, e tenuto conto anche che salvo nel caso del trattato colla Turchia sembrami non aver noi mai inserito la clausola della • sovranità •, mi permetterei sottoporre all'esame dell'E. V. (pel caso non si ritenga accettabile l'attuale proposta greca), se non potesse eventualmente convenire di tralasciare anche nel patto colla Grecia ogni esplicita menzione di questioni connesse colla sovranità.

589

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 4397/254. Roma, 26 agosto 1928, ore 24.

Ho riportato da una prima lettura del progetto di patto italo-greco (2) un'impressione complessiva favorevole, tale da farmi ritenere che sarà facile e rapido il raggiungere l'accordo su eventuali modificazioni di secondaria importanza, in modo da poterlo sottoscrivere molto prossimamente.

Sarà opportuno che la S. V. informi subito di quanto sopra il signor Venizelos allo scopo di entrare senz'altro nella fase concreta di una conclusione, ad evitare possibili resipiscenze od indugi per effetto di pressioni contrarie.

Pur riservandomi un ulteriore più approfondito esame del documento, le comunico intanto le seguenti osservazioni per la trattazione n:!lativa al perfezionamento del testo propostoci:

1o il preambolo; può essere da noi accolto integralmente, unica variante che sembra essenziale è quella della soppressione al comma 4° delle parole

• tutte • e • mai • per avvicinarsi alla realtà, soprattutto se da parte greca si tiene all'inclusione di una formula che salvaguardi le questioni inerenti alla sovranità (l);

2° nessuna difficoltà a che patto e procedura conciliazione siano riuniti in un corpo unico come nel progetto greco; 3<> nell'art. l (2) riterrei preferibile, perchè più preciso, accenno ai trattati di pace di cui ambedue gli stati sono firmatari;

4° non credo necessaria inclusione articolo riproducente il 1° del trattato italo-turco, visto che concetto è implicito negli impegni positivi che vengono stipulati con la Grecia;

5° nell'ordine di idee di Venizelos, che il patto italo-greco appaia non contenere alcuna punta contro terzi stati, sembrami discutibile utilità inclusione art. 3° (3), introdotto nei patti con la Jugoslavia e con la Romania per ragioni contingenti che non sembrano esistere nei riguardi della Grecia. Ad ogni modo prego V. S. chiarirmi ragioni per le quali costà si terrebbe a tale stipulazione e mi riservo esaminare colla benevola attenzione;

6° preferisco che per la nomina del presidente di cui all'art. 8 (4) sia adottata come in tutti gli analoghi trattati da noi stipulati la procedura prevista dalla convenzione dell'Aja del 1907;

7° sono fermamente d'avviso che convenga sopprimere del tutto articolo 26 (5) il cui concetto è già chiaramente affermato nel preambolo, e che nella formulazione proposta appare superfluo ed assurdo.

Mi telegrafi non appena possibile, indicandomi soprattutto quali sono le idee concrete di Venizelos circa firma del patto.

sans jamais avo.ir recours à la force».

(,3) L'articolo 3o nel progetto greco diceva: • Au cas où la sécurité et les intérets d'une des Hautes Parties Contractantes seraient menacés par suite d'incursions violentes provenant du dehors, l'autre partie s'engage à lui preter son appui politique et diplomatique, dans le but de faire disparaitre la cause de ces menaces •.

(l) -Col quale i due Governi si impegnavano a sottomettere alla procedura della conciliazione le questioni non risolte con le vie diplomatiche ordinarie. (2) -Il testo definitivo del trattato di amicizia, di conciliazione e di regolamento giudiziario, in Trattati e Convenzioni, XXXVIII, 1928, pp. 480-488.

(l) Il comma 4° del preambolo nel progetto greco diceva: « considérant que la fidèle observation des procédures pacifiques permet d'arriver au règlement de tous les différends,

(2) L'articolo 1° nel progetto greco diceva: « Les deux Hautes Parties Contractantes s'engagent réciproquement à se préter leur appui mutue! et leur collaboration cordiale pour le maintien de l'ordre ètabli par les Traités de Paix, ainsi que pour le respect et l'exécution des obligations stipulées dans les dits Traités •.

(4) -Le disposizioni per la nomina del presidente, contenute nell'articolo 8° del progetto greco erano del seguente tenore: Les Hautes Parties Contractantes « désigneront, d'un commun accord, le président qui ne devra ni etre ressortissant des Hautes Parties Contractantes, n!fi avoir sa résidence habituelle sur leurs territoires, ni se trouver à leurs services. Si la nomination du président n'intervient pas dans le délai prévu à l'article précédent, ou en cas de remplacement, dans les trois mois à compter de la vacance au siège, il sera désigné, à défaut d'entente entre les parties, et à la requete de l'une d'entre elles, par le Président de la Confédération Helvétique, s'il y consent •. (5) -L'articolo 26° nel progetto greco diceva: « L.e présent Pacte, conforme au Pacte de la Société des Nations, ne pourra etre interprété, comme restreignant la mission de celle-c• de prendre à tout moment, et nonobstant toute procédure de conciliation et d'arbitrage, les mesures propres à sauvegarder efficacement la p a ix du monde •.
590

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 72/348. Tirana, 26 agosto 1928, ore 20,30 (per. ore 3,40 del 27).

Seguito al mio telegramma n. 343 (1).

La mia opposizione ad ogni contatto fra Tirana e Belgrado sulla questione del regime obbediva alla preoccupazione che Zogu, spinto da Gemil Dino potesse, nel dare preavviso a Belgrado, andare troppo oltre ed avere l'aria di avere chiesto un consenso. L'attività spiegata dal ministro d'Inghilterra aveva a sua volta l'onesto obiettivo di togliere alla .Jugoslavia ogni motivo di opposizione alla nuova situazione creatasi in Albania sotto il pretesto di essere stata colta di sorpresa ed anzi essere stata tenuta all'oscuro. Se la conversazione fra Zogu e i rappresentanti jugoslavi si è svolta veramente come mi è stato riferito, tanto io quanto il ministro d'Inghilterra potremmo ritenerci soddisfatti. Dati tuttavia questi contatti fra i due Governi, ho 'creduto dover assumere un atteggiamento un poco diverso sulla questione del titolo ufficiale del sovrano. Ho quindi dichiarato a Zogu con molta fermezza che se la suggestione inglese era stata avanzata per spontanea e diretta iniziativa del Foreign Offi.ce, noi non avevamo nessuna obiezione a che Zogu desse comunque una prova del suo buon volere. Gli ho fatto rilevare che il titolo di re d'Italia non ha influito sul cammino che la storia aveva additato alla nostra monarchia ed al popolo italiano. Se peraltro il titolo di re d'Albania venisse imposto come una condizione sine qua non per il riconoscimento da parte inglese, francese e jugoslava, se cioè il sovrano si fosse trovato dinanzi a un vero e proprio ricatto, io dovevo in tal caso fargli presente come la sua acquiescenza veniva ad assumere un significato rinunciatario. Zogu ha escluso nella maniera più recisa l'esistenza di qualunque accenno nelle parole del ministro d'Inghilterra che potesse dare corpo a un simile sospetto. Egli anzi ha tenuto a domandarmi se l'Italia avrebbe esitato a riconoscere il titolo di re degli albanesi. Ho risposto che Italia non avrebbe avuto un minuto di esitazione. Farò conoscere a V. E. le definitive decisioni di Zogu.

591

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5094/436. Atene, 27 agosto 1928, ore 21,30 (per. ore 3 del 28).

Mio telegramma n. 433 {2). Ho dato stamane lettura a questo presidente del consiglio dei ministri del telegramma di V. E. n. 4359/253 (3).

Venizelos ha preso conoscenza con visibile emozione della comunicazione che ella mi ha incaricato di fargli, e mi ha pregato di trasmettere a V. E. i suoi più caldi e sinceri ringraziamenti per le così cortesi felicitazioni personali e soprattutto per le così importanti manifestazioni di cordiale fiducia verso questo paese, che gli tornano tanto più gradite • in quanto vengono dall'eminente capo del Governo della grande potenza vicina, cui sarò felice di ripetere personalmente tra pochi giorni a Roma quanto apprezzata e corrisposta sia dalla Grecia la sua preziosa amicizia •.

Mi riservo con altri telegrammi a parte riferire sulla lunga particolareggiata conversazione che ho poi avuta con Venizelos in merito alle considerazioni svolte nel telegramma n. 4397/254 di V. E. (l) circa il noto progetto di testo del patto. Dirò intanto fin d'ora che ho già pienamente accertato che si potrà facilmente raggiungere su tutti i punti un terreno accettabile di intesa. Proseguirò tra oggi e domani le relative trattative di dettaglio col segretario generale del ministero esteri e riferirò.

La riapertura della camera greca essendo improrogabilmente fissata pel l 7 settembre, Venizelos mi ha in un primo momento accennato alla necessità di rimandare a dopo tale data il suo viaggio. Poi, dopo un nuovo più accurato esame di tutte le circostanze (avendogli io lasciato anche intravedere l'eventualità che V. E. dovesse allontanarsi da Roma) mi è riuscito portarlo al seguente programma che sottopongo ufficialmente in suo nome alla convenienza ed alla approvazione di V. E.:

Giorno 6 settembre partenza col piroscafo dei servizi marittimi direttamente per Napoli; Pomeriggio del sabato 8 settembre arrivo a Napoli e proseguimento per Roma colla direttissima; Giorni 9, 10 ed 11 settembre permanenza a Roma per la visita all'E. V. ~ conseguente firma del patto. Collo stesso piroscafo accompagnerei io stesso Venizelos approfittando (epidemia di • dengue • permettendo) della mia partenza in congedo.

Pregherei l'E. V. telegrafarmi con cortese urgenza se approva quanto sopra, permettendomi sottoporre alla sua benevola considerazione opportunità per quanto possibile di non rimettere in discussione questo programma con Venizelos il quale è molto attorniato da gente interessata (sia pure senza secondi fini) a non farlo allontanare da Atene.

Venizelos, dopo la firma del patto partirebbe la sera dell'li settembre per Parigi (dove attualmente si trova sua moglie presso la madre ammalata) fermandosi in quella capitale non più di 48 ore e ritornando quindi rapidamente in Grecia per ferrovia onde trovarsi Atene pel 17.

Non ho creduto conveniente spingere Venizelos ad affrettare maggiormente la data della sua partenza da Atene, in primo luogo perchè egli mi ha fatto comprendere non desiderare di mostrare che si allontana proprio nel momento in cui maggiormente infierisce qui l'epidemia, e poi anche perchè mi è parso forse preferibile non lasciare troppa latitudine di tempo ai contatti personali colle varie interferenze europee subito dopo il patto con l'Italia.

(l) -Non rinvenuto. Ma si tratta forse del t. gab. r. 62/333, del 24 agosto, con cui Sola riferiva che Zogu non attribuiva c troppa importanza • al silenzio di Belgrado circa il riconoscimento del nuovo regime albanese, c sentendosi spalleggiato da noi : perchè è proprio su mio consiglio che egli si decise a non far pervenire alcun cenno a Sciumenkovich, nonostante le precise suggestioni dategli da questo ministro di Inghilterra ». (2) -Cfr. n. 586. (3) -Cfr. n. 580.

(l) Cfr. n. 589.

592

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5122/440. Atene, 28 agosto 1928, ore 14,20 (per. ore 18).

Mi riferisco all'ultimo periodo del telegramma di V. E. n. 4224/246 in data 14 corrente (l) nonchè al mio telegramma n. 414 (2).

Ho trovato modo, in relazione alle notizie stampa di cui è oggetto l'altro mio telegramma n. 430 del 25 agosto (3), di accennare genericamente e col dovuto tatto al signor Venizelos a possibili interferenze non del tutto favorevoli alle nostre trattative, e pertanto all'opportunità di segnare nell'interesse stesso della Grecia, con una specie di punto fermo il terreno già conseguito nel negoziato in corso.

Venizelos, che si trovava anche sotto l'ottima impressione prodottagli dalla comunicazione da me fattagli del telegramma di V. E. n. 4539/253 (4), mi ha dichiarato che, convinto dell'opportunità di troncare ormai ogni indugio, aveva dato istruzioni ai ministri ellenici a Londra, Parigi e Belgrado di portare verbalmente quei Governi a conoscenza della sua decisione (a piena conferma delle pubbliche dichiarazioni fatte a Salonicco in risposta al discorso di V. E. al senato) di procedere prossimamente alla firma del patto coll'Italia, informandoli del pari che dell'essere egli Venizelos pronto, per la parte che lo concerne, a tale stipulazione, aveva già fatto formale dichiarazione all'E. V., attendendone soltanto il definitivo beneplacito.

Per ciò che concerne la Turchia, Venizelos ha risposto alla mia richiesta dichiarandomi eh non solo nulla ha in contrario, ma che sarà assai riconoscente all'E. V. se ella vorrà compiacersi disporre che Angora venga opportunamente informata.

593

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

T. RR. 5156/228. Sofia, 28 agosto 1928, ore 12 (per. ore 22 ).

Per lei solo decifri ella stessa.

È difficilissimo per non dire impossibile rispondere oggi in modo preciso al quesito rivoltomi da V. E. (5). Stessi capi dei due partiti macedoni non potrebbero

in coscienza dichiarare in modo serio e positivo, e non con semplici affermazioni enfatiche dettate da reciproca ostilità, quale piega prenderanno avvenimenti, quale partito prenderà sopravvento, se sarà possibile conciliazione ovvero se dissidio è insanabile, ecc. Prova di questa confusione di idee e di questa mancanza di un giudizio concreto ed esatto sulla situazione presente e futura è data dal fatto che i capi di ambedue i partiti cantano vittoria e proclamano se stessi soli autentici rappresentanti della organizzazione. Come ho comunicato a V. E. col mio telegramma 217 (l) unica cosa che sembra sicura (come del resto lo stesso T.[omalewski] ha riconosciuto) è che Mihailoff predomina oggi in Macedonia bulgara. Quanto a Macedonia serba, T. [omalewski] afferma essere interamente fedele partito che va sotto nome Protogheroff, mentre Mihailoff afferma avere già seri sintomi provanti contrario.

In realtà ripeto nessuna affermazione seria può farsi in proposito perchè origine dissidio è di data troppo recente e popolazione Macedonia serba non ha ancora avuto possibilità manifestare sue tendenze. Attitudine maggioranza popolazione sembra anzi essere per ora di penosa attesa e di timorosa astensione da troppo marcate manifestazioni pro o contro.

Ciò premesso per doveroso rispetto della verità, esprimo parere esclusivamente mio personale, non fondato su fatti o informazioni nuove ma soltanto sulla mia conoscenza della questione, che crisi provocata da uccisione Protogheroff sia bensì grave nei riguardi interni della organizzazione rivoluzionaria e dei suoi dirigenti, ma non, ripeto non, sia destinata avere profonda duratura ripercussione su quella che può definirsi essenza storica morale politica della questione macedone nè sul valore di essa come elemento continuamente perturbatore del regno S.H.S. e quindi come elemento da tenersi in debito conto dall'Italia come si è fatto da un anno in qua.

Circa erogazione prestito chiesto da T.[omalewski] è evidente che dato quanto sopra esposto circa attuale indefinibile valutazione della forza dei due partiti, nostro cospicuo aiuto porterebbe grande rinforzo al partito Protogheroff che se riuscisse affermare suo predominio sicuro sulla Macedonia serba che è quella che a noi maggiormente interessa, riimprimerebbe alla questione macedone un corso prevalentemente unico, compatto e (sarebbe almeno da presumere) concorde con le nostre direttive e le nostre necessità di •carattere politico o altro.

Sarei dunque d'avviso di invitare T.[omalewski] a precisare per quanto può scopi cui destinerebbe • prestito • e giustificare sue speranze raggiungere scopi stessi. Che se ingente somma dovesse servire soltanto per alimentare guerra civile tra i due partiti, allora esiterei molto concedere tanto aiuto e aspetterei perlomeno qualche tempo onde seguire andamento questione.

Invierò non appena possibile dettagliato rapporto circa crisi macedone con miei commenti e previsioni (2).

(l) -Cfr. n. 553. (2) -T. 4920/414 del 17 agosto, che non si pubblica: conferma da parte di Carapanos delle dichiarazioni di Venizelos di cui al n. 542. (3) -Cfr. p. 514, nota 2.

(4) Cfr. n. 580.

(5) Cfr. n. 584.

(l) -T. r. 5036/217 del 24 agosto, che non si pubblica. (2) -È il rapp. s. p. per Mussolini 27731702, del 15 ottobre 1928, che non verrà pubblicato.
594

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 4434/259. Roma, 28 agosto 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 434 (1).

Condivido suo parere essere preferibile prescindere del tutto nel patto italo-greco da esplicita eccezione delle questioni connesse alla sovranità, molto più che fra l'altro accenno ai trattati dei quali i due stati sono firmatari è contenuto nell'art. l o del patto.

595

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5116/443. Atene, 28 agosto 1928, ore 21,15 .(per. ore 1,05 del 29).

Mi riferisco al punto 7° del telegramma di V. E. n. 4397/254 (2). Ho potuto condurre Venizelos a riconoscere assurdità della redazione dell'articolo 26 del progetto.

Siccome egli tiene ciò non pertanto a mostrare di avere menzionato in un modo qualunque la S.d.N. anche nel corpo del trattato, oltre che a garanzia nel preambolo, pregherei V. E. compiacersi telegrafarmi se ella accetterebbe .invece del suddetto art. 26, un articolo presso a poco del seguente tenore da inserire tra gli articoli 27 e 28:

• Il presente trattato concluso nel quadro della S.d.N. verrà in conformità dell'art. 18 del patto di questa, registrato alla S.d.N. dopo di essere stato ratificato •.

In caso contrario prego V. E. indicarmi altra formula conveniente da suggerirsi.

596

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5136 bis/444. Atene, 28 agosto 1928, ore 21,15 (per. ore 2 del 29).

Mi riferisco al punto 5° del telegramma di V. E. n. 4397/254 (2).

Riesaminando meco (in forma d'altronde perfettamente amichevole) l'arti

colo 3° (ripeto 3°) del progetto rimesso a V. E., Venizelos mi ha confermato di

avere seguito il criterio di riprodurre gli analoghi articoli del patto italo-jugo

slavo, confessandomi che anche per una certa soddisfazione di fronte a questa

opinione pubblica, terrebbe a mostrare di non avere ottenuto dall'Italia meno

della Serbia.

\~) Cfr. n. 589.

Gli ho nuovamente enumerate tutte le note ragioni contingenti anche per il nostro trattato colla Romania.

Egli mi ha pregato di dichiarare formalmente all'E. V. che tali ragioni non esistono nel caso della Grecia per nulla, nè verso la Turchia (che egli è convinto non perseguire oramai più una politica di espansione territoriale verso occidente), nè verso la Bulgaria colla quale le relazioni si vanno fortunatamente migliorando nè verso l'Albania amica dell'Italia e della Grecia.

Mi ha pregato altresì di aggiungere confidenzialmente, ma francamente, che tale articolo potrebbe servirgli soltanto eventualmente nei confronti della Jugoslavia che gravita verso Salonicco. Tiene molto, egli ha detto, a conservare l'antica buona amicizia con la Serbia, ma una garanzia in più può sempre di molto giovare.

Ho allora richiamata la sua attenzione sul suo stesso concetto della nessuna punta verso terzi, ed egli ha finito col proporre di sopprimere la frase • in conseguenza di incursioni violente provenienti dall'esterno •, sostituendola coll'altra: c malgrado il suo atteggiamento pacifico •. Le parole testuali con cui Venizelos si è espresso a tale proposito, e che io ho notato in sua presenza, ISOno le seguenti: c Se si omette l'art. 3° è certo che il patto diverrebbe agli occhi di tutti anche più inoffensivo ma dall'altra parte se lo si mantiene, credo che tale articolo risponderebbe al mio desiderio di fare un passo più innanzi sulla via dell'avvicinamento dei due paesi. Se pertanto ciò risponde anche al punto di vista del signor Mussolini, sarebbe forse meglio di mantenerlo, colla variante ora suggerita ed intesa ad eliminare ogni eventuale suscettibilità di terzi •.

Mi permetto esprimere il subordinato avviso che l'articolo 3° così modificato si potrebbe in definitiva da noi forse accettare, cercando per altro allora di ottenere la soppressione della parola • interessi • che mi sembra generalizzare in modo troppo ampio ed indeterminato i possibili impegni derivantine.

Ritornerò sull'argomento con Venizelos e col segretario generale degli affari esteri per vedere di ottenere la soppressione completa dell'articolo in discussione, e prego intanto V. E., per averne una certa latitudine di manovra, telegrafarmi con cortese urgenza se in caso di necessità possa eventualmente fissare questi punti sulle basi più sopra indicate.

(l) Cfr. n. 588.

597

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 75/343. Tirana.. 29 agosto 1928, ore 18,10 (per. ore 22).

Mio telegramma n. 339 (1). Ho veduto Zogu. Ministro di Inghilterra parlandogli a titolo strettamente personale gli ha effettivamente consigliato di assumere il titolo di re di Albania.

Tutti i membri del gabinetto e Gemil Dino con esso, lo urgono nello stesso senso. Zogu riluttante, perchè comprende che la scelta del titolo di • re degli albanesi • potrebbe apparire agli occhi degli intellettuali e dei nazionalisti in genere, una giustificazione del cambiamento di regime. Ministro britannico nonostante insuccesso dei suoi primi tentativi per ottenere che Zogu prevenisse Belgrado del prossimo cambiamento di regime, deve aver compiuto in tal senso nuovi passi. Sta di fatto che incaricato d'affari jugoslavo si è recato ieri dal presidente. Zogu nel parlarmi del colloquio ha tenuto a precisare che incaricato d'affari aveva sollecitato una udienza intrattenendolo lungamente affari di minor conto. Solo quando stava per prender congedo incaricato d'affari aveva chiesto se era vero che Albania si preparava a modificare il suo regime. Zogu aveva risposto che effettivamente tale sembrava la volontà popolo, ma che ogni decisione spettava all'assemblea costituente. Zogu avrebbe risposto che anche nella eventualità della creazione della monarchia i rapporti fra Albania e Jugoslavia sarebbero rimasti immutati. Incaricato d'affari nel ringraziare avrebbe a sua volta dichiarato ritenere che Governo S. H. S. non avrebbe avuto nulla da obiettare, a che Zogu [avrebbe risposto] che di dò era sicuro, dato che quanto stava accadendo in Albania concel'neva esclusivamente gli affari interni di questo paese..

(l) T. gab. 65/339 del 25 agosto, ore 23,50, per. ore 8,40 del 26 che non si pubblica perché dà una prima notizia di quanto contenuto nel presente telegramma .

598

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

N. 5281. Roma, 30 agosto 1928.

Ho il pregio di trasmetterLe qui uniti gli originali delle lettere di risposta

N. l e N. 2 (l) del Capo del Governo alle lettere N. l e N. 2 che il Capo di codesto Stato gli dirige alla stessa data.

Conforme quanto da Lei richiesto, la lettera N. l è in doppio originale, colle due diverse intestazioni. Ella troverà anche un secondo originale della lettera N. 2, dove all'appellativo • Vostra Eccellenza • al penultimo alinea, è stato sostituito • Maestà Vostra • e che si invia ad ogni buon fine.

Accludo anche alcune buste.

ALLEGATO.

MUSSOLINI AD AHMED ZOGU

Maestà e Caro Amico,

Nel salire sul Trono d'Albania Vostra Maestà ha voluto dirigere il suo primo pensiero alla Nazione Alleata ed al Capo del Suo Governo che fin dai primi mesi del 1925 hanno dato alla persona di Vostra Maestà ed all'Albania un appoggio sincero mai più smentitosi. Io La ringrazio di aver ricordato gli Accordi ed i Trattati che sono stati conclusi in questi ultimi anni tra i due Governi e che costituì

scono la solida base su cui hanno poggiato e su cui poggeranno in avvenire i rapporti politici fra i due Paesi. Il popolo italiano dall'altra sponda dell'Adriatico ha teso la mano con gesto fraterno al popolo albanese stringendo con esso una Alleanza difensiva che è l'espressione della comunanza di interessi e della volontà delle due Nazioni.

All'impegno assunto dal Sovrano d'Albania, anche in nome del Suo Governo, di non cercare presso altri Paesi alleanze e garanzie politiche o militari in contrasto col Trattato di Alleanza firmato a Tirana il 22 Novembre 1927 e senza previa consultazione con l'Italia, io rispondo a nome del Governo Italiano con eguale impegno per tutti quegli accordi che possono influire sui nostri rapporti con l'Albania.

Il riconoscimento della Maestà Vostra dei vantaggi derivati all'Albania dal nostro disinteressato appoggio, riuscirà sommamente gradito al popolo italiano che vede nella creazione del nuovo Regno un passo decisivo verso il rafforzamento interno e la prosperità del Paese Alleato.

Le pacifiche direttive della politica del Governo di Vostra Maestà verso gli altri Paesi sono vivamente apprezzate dal Governo Italiano; ed il proposito di consultarsi con esso in tutte le questioni che possono comunque influire sui comuni interessi, trova piena rispondenza presso il Governo d'Italia che farà altrettanto.

Sono profondamente commosso dal gesto spontaneo di Vostra Maestà che ha voluto suggellare anche a nome del Suo popol'O la politica che il nuovo Regno seguirà verso l'Italia con il sacro giuramento Nazionale che io ricambio con pari fede.

Prego la Maesta Vostra di voler accogliere i sentimenti della mia immutabile amicizia (1).

(l) Non si pubblica la seconda lettera, per il cui testo cfr. n. 570.

599

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5148/449. Atene, 30 agosto 1928 (per. H 31).

Mio telegramma n. 443 del 28 agosto (2).

Nell'accurato esame fatto ieri col segretario generale ed attuale reggente ad interim di questo ministero degli affari esteri, signor Tsamadòs, di una formula da sostituire opportunamente al noto articolo 26 del progetto ellenico del patto, gli ho fatto cenno di quella da me proposta al termine del citato telegramma n. 443, beninteso aggiungendo che si trattava di una semplice mia iniziativa per venire incontro ai desiderata espressimi da Venizelos, e sotto esplicita riserva dell'approvazione dell'E. V.

Il signor Tsamadòs, dal canto suo, pur manifestamente intento a facilitare la ricerca di un terreno d'intesa su questo punto, mi ha espresso l'avviso che

Con telespr. segretissimo s. n., in data Durazzo, 5 settembre 1928. Sola, nel trasmettere gli originali delle due lettere di Zogu a Mussolini, della nota di Vrioni del 1° settembre per Sola, dell'altra nota di Vrioni del 1° settembre per i rappresentanti esteri a Tirana, comunicava di aver prescelto, fra i due testi della lettera n. l di Mussolini, quello con l'intestazione c Maestà e Caro Amico •; e proseguiva: «Ho attribuito alle lettere numero uno e numero due la data del 2 settembre affinchè non rimanesse alcun dubbio circa la qualità del firmatario •, acclamato Re il 1° settembre. «Alle due risposte di V. E. ho attribuito la data del 3 settembre affinchè rimanesse fuor di dubbio che esse rappresentavano la replica ad un atto spontaneo e precedente del Sovrano d'Albania •·

34 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

la formula da me posta innanzi non rispondesse sufficientemente al punto di vista di questo presidente del consiglio, desideroso, come accennavo già nel mio più volte citato telegramma n. 443, di includere nel corpo del trattato, più che altro a scopo eli opinione pubblica sia interna che internazionale, una qualche esplicita affermazione che dimostrasse come la • cooperazione politica ed economica • tra Italia e Grecia, solennemente consacrata nel preambolo, non fosse da interpretarsi in senso • antisocietario •.

Attraverso una serie di formule derivanti a gradi da quella primitiva dell'art. 26 -e che avevano tutte il difetto di riferirsi alla • missione • della Lega delle Nazioni; alle • misure • da prendersi eventualmente da questa o, quanto meno all' • azione • in generale di essa, tutta roba da rimanere preferibilmente estranea al trattato -il signor Tsamadòs ha finito col dirmi che il massimo che si sentiva di poter fare, sempre nel vivo desiderio di avvicinarsi al nostro punto di vista, era di proporre al presidente del consiglio di sostituire l'art. 26 del progetto, con la seguente formula:

• -Art. 26 (nuovo). • -Rien dans le présent traité ne pourra etre interprété ou appliqué de manière à porter atteinte aux droits et obligations des hautes parties contractantes en vertu du pacte de la Société des Nations.

Io non ho accettato nemmeno tale formula, mantenendomi, per tattica di negoziato, fermo sui paraggi di quella esposta col mio telegramma n. 443.

Tsamadòs, intanto, il quale si è recato espressamente da Venizelos (che sta da due giorni in campagna vicino Atene) onde sottoporgli la cosa, mi scrive in punto, con lettera privata, che il presidente mi prega d'insistere cortesemente in suo nome presso l'E. V., per l'accettazione della formula qui sopra trascritta.

Mi permetto esprimere il subordinato avviso, che cercando di ottenere se possibile l'incorporazione della formula stessa in un unico articolo con la menzione della registrazione del trattato a Ginevra, in modo che la clausola interpretativa in discussione, anzichè sotto l'aspetto appariscente di apposito articolo separato, sia espressa quasi incidentalmente, presso a poco, ad esempio, come qui appresso:

• Le présent traité, dont l'interprétation ou l'application ne porteront pas atteinte aux droits et obligations des Hautes Parties Contractantes en vertu du pacte de la Société des Nations, sera communiqué, pour l'enregistrement, à la Société des Nations conformément à l'art. 18 du pacte •, potremmo senza inconvenienti accettarla. Mi riferisco, a tale proposito, anche al nostro trattato di conciliazione colla Lituania, del 17 settembre 1927, il quale, all'art. 22, contiene una analoga clausola redatta in forma pure più esplicita ed ampia di quella ora propostaci.

Non escludo d'altra parte che in cambio di tale nostra concessione, possa riuscirmi, col volenteroso appoggio di Tsamadòs, a condurre più avanti Venizelos verso la soppressione dell'art. 3° del progetto, di cui al punto 5° del telegramma di V. E. n. 4397/254 in data 2.6 corrente (1).

Mi permetto pertanto pregare l'E. V. compiacersi possibilmente urgenziarmi notizia delle sue decisioni in merito, anche perchè, da alcuni sintomi di nervo

sismo che cominciano qui a manifestarsi presso i vari rappresentanti esteri in agguato, stimerei proprio opportuno e conveniente chiudere definitivamente il negoziato al più presto possibile (1).

(l) La lettera fu datata 3 settembre.

(2) Cfr. n. 595.

(l) Cfr. n. 589.

600

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5286/1585. Bled, 30 agosto 1928 (per. il 4 settembre).

Come è a conoscenza di V. E. in seguito ad azione esplicata da questa

R. legazione nel 1926, questo Governo riconoscendo il carattere criminale dell'associazione nazionalista Oriuna di Lubiana, procedette al suo scioglimento. L'appiglio principale che dette luogo all'intervento di questa legazione fu il fatto che venne provato essere gli autori della grassazione effettuata in quell'anno alla stazione di Prestrane (in cui trovarono la morte un milite ed una guardia di finanza italiani) degli affiliati alla sezione della Oriuna di Lubiana, che giustificarono con scopi patriottici tale attività criminale.

Si dovette però quasi subito constatare che il provvedimento di cui sopra non aveva trovato pratica applicazione e che la predetta sezione dell'Oriuna continuava ad esistere di fatto ed aveva anzi raddoppiato il suo programma di preparazioni criminali contro l'Italia.

La propaganda incessante, l'incitamento all'odio contro di noi svolta dal settimanale Oriuna di Lubiana (il quale seguitò le sue pubblicazioni nonostante il decreto di ,scioglimento) ed i rapporti informativi del R. console generale in Lubiana, stanno appunto a provare che la predetta società seguitò non tanto occultamente ad esistere e ad agire, e che almeno alcune fra le autorità S. H. S. la sostenevano.

Anche ultimamente l'uccisione avvenuta in condizioni misteriose sulla nostra

frontiera del milite Cervenik fa sospettare una nuova manifestazione della pre

detta associazione criminale. Del pari dicasi dell'assassinio Cogoi a Gorizia,

dell'incendio dell'asilo • Italia Redenta • a Stolie, della grassazione Krainz

presso Postumia, di altri incendi di scuole della lega nazionale, di minacce ai

cosidetti rinnegati, ecc.

Questa legazione non mancò a suo tempo di far rilevare al Governo S. H. S. quanto fino allora era accaduto. Da ultimo il cav. Petrucci, nel colloquio avuto col signor Sciumenkovich il 20 aprile scorso (telegramma n. 338) pose di nuovo in termini chiari la questione dell'attività dell'Oriuna di Lubiana.

Ho creduto opportuno di esporre quanto precede sembrandomi che non sia forse fuori luogo tenere presente le gesta dell'Oriuna sul nostro territorio in relazione al passo anglo-francese compiuto a Sofia ultimamente contro l'attività

della organizzazione rivoluzionaria macedone sul territorio S. H. S. Difatti, per quanto trattisi di due organizzazioni di ben diversa portata, non vi è dubbio che una certa analogia esiste nella loro attività e nelle supposte ragioni che la determinano.

Se i Governi francese ed inglese hanno creduto di intervenire presso il Governo bulgaro per chiedere la soppressione dell'organizzazione rivoluzionaria macedone per l'attività che essa svolgeva sul territorio S. H. S., accompagnando tale passo da una campagna di stampa che, dimenticando le sofferenze macedoni sotto il regime serbo, mette in cattiva luce l'organizzazione stessa, sembrami che si possa preparare l'indiscutibile materiale di prova (da fornirsi dalle nostre autorità giudiziarie e politiche) che giustifichi un nuovo fermo nostro passo, e convenga mettere in opportuna luce nella stampa estera l'attività criminale dell'Oriuna che si svolge sotto gli occhi compiacenti di Belgrado.

Resto in attesa delle istruzioni e delle direttive che V. E. vorrà darmi al riguardo.

(l) Mussolini rispose: c Tenuto conto delle considerazioni che V. S. mi espone, non ho difficoltà accettare formula che ella mi propone per articolo 26 del trattato • (t. 4502/272 dell'l settembre, ore 24).

601

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

L. RR. 2230. Budapest, 30 agosto 1928.

Con riferimento al mio Telegramma n. 239 del 25 c. m. ho l'onore di qui unita trasmettere all'E. V. la dichiarazione (l) a firma del Barone Apor, nonchè un progetto rimessomi, in data odierna, dallo stesso Barone Apor, e proveniente dal Dott. S.[teidle] concernente il trasporto e la consegna del noto materiale.

P. S. -Trasmetterò la ricevuta del Dr. S.[teidle] non appena mi sarà rimessa.

ALLEGATO.

24 agosto 1928.

Degli oggetti di armamento assegnati verrebbero per primi adoperati quelli destinati all'Austria Inferiore ed ai settori orientali dell'Austria, vale a dire: 5000 fucili con 1.000.000 di cartucce e 40 mitragliatrici. (Qualora fossero disponibili nastri da mitragliatrici da 100 o da 250 colpi, si prega d'inviarne 4, vuoti, per ogni arma, non trovand"Osene più in Austria e quei pochissimi delle vecchie dotazioni, che ancora si potrebbero scovare, [essendo] in pessime condizioni e quasi inservibili).

L'ex Tenente Colonnello di Stato Maggiore Jaromir Diakow, dotato in misura rilevante delle qualità necessarie, è stato incaricato di condurre a termine i trasporti. Gli è stat'O permesso di procacciarsi aiuto dai Signori del Governo del

• Land • della Stiria o della Carinzia. I trasporti dovrebbero esser inviati per Villacco con destinazione in Rumenia ad una ditta metallurgica (ferro o acciaio) esistente o no.

Il primo trasporto dovrebbe tenersi pronto a passare per Villacco il 20.9.1928. L'ultimo d"Ovrebbe passare la frontiera il 4.10.1928. Si prega di comunicare con chi possa mettersi in rapporto il Signor Tenente Colonnello Diakow per stabilire le modalità tecniche, quali il caricamento, ecc.

(l) Manca.

602

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. (P. R.) s. 71/251. Roma, 31 agosto 1928, ore 18.

Suo 228 (1). Decifri da sè. In attesa chiarimenti situazione è stata sospesa ogni decisione circa sussidio richiesto da nota persona la quale è stata di ciò informata.

603

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 85/373. Tirana, 31 agosto 1928, ore 13,35 (per. ore 19).

Incaricato d'affari jugoslavo ha compiuto un passo presso questo ministro affari esteri al quale ha fatto conoscere che se Zogu sarà proclamato re degli albanesi ciò costituiFebbe un ostacolo al riconoscimento del nuovo regime da parte del Governo di Belgrado e secondo egli ha insinuato, anche da parte di talune grandi potenze. Ministro Vrioni ha risposto che egli non si rende conto del fondamento del passo jugoslavo, aggiungendo che la decisione circa il titolo ufficiale del sovrano competeva alla assemblea costituente che si sarebbe pronunciata domani.

In tutti gli ambienti politici ed anche tra la folla si è già formata la convinzione che Zogu debba intitolarsi re degli albanesi. Un passo indietro sembra ora tardivo, e se compiuto potrebbe pregiudicare nella coscienza popolare quel poco di prestigio che Zogu è riuscito a rafforzare. Anche se fosse, da parte mia lascio che gli avvenimenti seguano il loro corso, non potendo impegnarmi a fondo su una questione che comunque risolta, potrebbe far ricadere su R. Governo una certa responsabilità.

604

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI (2)

T. GAB. (P. R.) RR. P. 72/370. Roma, 31 agosto 1928, ore 21.

Mi consta che dirigenti movimento croato Zagabria non si disporranno a mantenere utili contatti con noi fino a tanto che non potranno avere discreti ma personali rapporti con persona che possa dar loro serio affidamento di essere

tramite efficace del loro pensiero. Essi diffidano, nell'attuale delicatissima e tuttavia incerta fase della loro azione -come noi stessi abbiamo, del resto, motivo di diffidare -dell'attività frammentaria ed irresponsabile di centri molteplici posti fuori dei confini.

Per quanto ci concerne si sta provvedendo a che la questione venga efficacemente ed opportunamente seguita fuori dei confini jugoslavi. Ritengo però assolutamente indispensabile che entro tali confini la trattazione conclusiva venga accentrata in un punto unico, in mofio che all'unicità di direzione della nostra azione, che qui verrà decisa secondo lo sviluppo delle circostanze e delle esigenze della nostra politica generale, corrisponda costà un punto sicuro di riferimento d'informazione e di controllo. Mi rendo conto delle ovvie obiezioni di V. S. ma tutto considerato ritengo preferibile che tale accentramento abbia luogo per mezzo del R. console generale a Zagabria. Ciò permetterà a codesta

R. legazione di disinteressarsi apparentemente dell'argomento per poter proseguire nella sua azione essenziale a Belgrado senza pericolose interferenze di altra attività. È evidente che la posizione della R. legazione è di ben altra delicatezza ed importanza, in qualunque eventuale circostanza, di quella del nostro rappresentante consolare a Zagabria.

Rochira avrà del resto istruzioni di comunicare direttamente con questo ministero per le informazioni di dettaglio, di ridurre la corrispondenza importante al minimo possibile, recandosi, quando occorre, a riferire di persona tanto qui che alla S. V. in modo da tenerla al corrente delle linee principali dell'azione che andrà svolgendo in base alle istruzioni che di volta in volta gli verranno da me impartite e per le quali sarà tenuto il maggior conto delle segnalazioni che perverranno dalla S. V. degli sviluppi della situazione politica a Belgrado.

Intanto poichè Rochira verrà prossimamente a Bled, prego dargli comunicazione del presente telegramma.

(l) -Cfr. n. 593. (2) -Galli si trovava a Bled.
605

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS

T. 4480/233. Roma, 31 agosto 1928, ore 21.

Questo incaricato d'affari d'Ungheria è venuto ad informare ministero che Governo ungherese desidera uniformarsi alla condotta dell'Italia per quanto riguarda riconoscimento Ahmed Zogu a re di Albania.

Gli ho fatto rispondere che apprezzavo questa cortese comunicazione e che ritenevo assai utile per gli interessi dell'amica ed alleata Albania che riconoscimento da parte Ungheria avvenisse, come avverrà da parte Italia, immediatamente dopo cambiamento di regime.

V. S. voglia riconfermare quanto precede a codesto Governo.

606

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 4477. Roma, 31 agosto 1928, ore 24.

Informi subito Tewfik Russdi bey che Venizelos mi ha fatto sottoporre un progetto di trattato di amicizia neutralità conciliazione e regolamento giudiziario dichiarandosi pronto a firmarlo subito.

Sto esaminando il progetto (che include in un corpo unico le stipulazioni di neutralità analoghe a quelle contenute negli altri trattati del genere conclusi dall'Italia e le norme procedurali relative alla stipulazione (l) ed all'arbitrato sul tipo del trattato italo-svizzero) che in linea generale può essere favorevolmente considerato e appare suscettibile di un rapido accordo. Ritengo quindi di poterlo sottoscrivere nella prima decade del prossimo settembre.

Ella potrà aggiungere a Tewfik Russdi che lo stesso Venizelos mi ha fatto sapere di tenere a che egli sia al corrente della prossima conclusione del patto coll'Italia.

La firma del patto italo-greco, al quale spero seguirà il più sollecitamente possibile quella del patto greco-turco, rappresenterà la felice realizzazione delle direttive politiche concordate con Tewfik Russdi fin dai colloqui di Milano e sono quindi sicuro che egli accoglierà la notizia con soddisfazione e coglierà occasione per affrettare, dal canto suo, il patto colla Bulgaria.

607

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 4478/267. Roma, 31 agosto 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 444 (2).

Variante proposta da Venizelos per l'art. 3° del patto mi sembra suscettibile di destare presso terzi stati preoccupazioni anche maggiori della formula orig,inaria, in quanto si viene a sostituire al caso limitato di " minacce provocate da incursioni • quello generico di • minacce • non provocate da atteggiamento pacifico della Grecia. In considerazione di ciò, e tenendo conto soprattutto delle ragioni per le quali Venizelos tiene specialmente alla garanzia costituita dall'art. 3° -delle quali prendo atto -non ho difficoltà che il detto articolo rimanga immutato. Non ritengo neppure il caso di chiedere la soppressione della parola « interessi », visto che l'espressione generica può offrire giuoco d'interpretazione ed in ogni caso giovare anche a noi per interessi territorialmente contigui alla Grecia.

(l) -Sic, ma probabilmente deve leggersi anzichè • stipulazione , <conciliazione •. (2) -Cfr. n. 596.
608

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E A WASHINGTON, DE MARTINO

T. 4481. Roma, 31 agosto 1928, ore 24.

Prego V. E. reearsi: [per Washington] codesto ministero esteri; [per Parigi] Quai d'Orsay; [per Londra] Foreign Office, ed informarlo da parte nostra ad ogni buon fine che Governo albanese avendo presentito R. Governo circa riconoscimento monarchia albanese, quando questa venisse proclamata dall'assemblea nazionale, R. Governo ha deciso di riconoscere nuovo sovrano appena informato dell'elezione.

R. Governo intende marcare coll'immediato riconoscimento, suo rispetto assoluto libertà Albania darsi quegli ordinamenti interni ch'essa ritiene confacenti sua natura e suoi destini ed insieme intende dar nuova prova sua amicizia particolarmente cordiale per lo stato amico ed alleato.

È inoltre sua opinione che un rapido riconoscimento del nuovo monarca valga, colla più pronta sistemazione del nuovo regno nell'assetto internazionale, ad evitare uno di quei periodi, se pur brevi, di transizione che, specie nei Balcani, non sono mai privi di qualche pericolo.

609

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5265/1592. Bled, 31 agosto 1928 (per. il 4 settembre).

Annunciato compromesso franco-inglese circa armamenti navali ha sollevato nella stampa S. H. S. pochi e sobri commenti. Nessun cenno sulle rivelazioni sul supposto patto segreto militare-politico fra le due potenze. In altri momenti ciò avrebbe potuto dar luogo ad aperta campagna di stampa contro di noi.

È da ritenersi che il riserbo sia dovuto a ordini del signor Marinkovich, poichè tale atteggiamento rientra in linea da lui voluta nei nostri riguardi per poter ottenere favore simpatie appoggi delle grandi potenze, sia per le conversazioni che si apriranno presto con noi per il nuovo patto di amicizia, sia per l'indispensabile prestito.

Ma l'avvenimento, che può essere sintomo di più generale intesa e collaborazione franco-britannica, ha destato grande soddisfazione in questi circoli politici, tanto più che di essa si è ritenuto trovare nuova conferma nel passo comune delle due potenze a Sofia. Legittima perciò la speranza che tale collaborazione continui nei Balcani poichè tenderà al consolidamento economico e politico dello stato S. H. S.

Se tali sono i sentimenti e le speranze di Belgrado, una costante comune linea di condotta delle due grandi potenze in Balcania, queste per loro conto seguono con minuta attenzione e quasi con apprensione lo svolgersi della crisi croata che se dovesse passare dallo stato potenziale attuale ad uno dinamico, metterebbe in sè grave pericolo l'assetto dell'Europa centrale che esse troverebbero subito ragione di concorde azione diplomatica per assicurare la odierna situazione territoriale.

Occorre quindi seguire con ogni cura gli ulteriori sviluppi di tale collaborazione che potrebbe risolversi oggi, in una neutralizzazione delle finalità politiche italiane nei Balcani, e potrebbe anche essere domani in opposizione netta. Rilevo a tale proposito la notizia di una missione in addietro svolta dal signor Sciumenkovich a Londra per creare una identità di vedute con quel Governo per la questione albanese.

Va intanto in ogni caso rilevato che nel mentre la Francia aveva finora seguito in Jugoslavia una politica di intesa militare e politica per portare la Jugoslavia al massimo della sua efficienza e per potersene ad ogni evenienza servire sia contro la ripresa tedesca, sia contro la nostra nuova forza di espansione, l'Inghilterra si era limitata ad una politica di pace e di osservazione, limitandosi alla penetrazione economica. È dopo il novembre 1926 che l'Inghilterra è entrata in una nuova via appoggiando gli armamenti marittimi jugoslavi, e giungendo fino a patrocinare sul suo mercato finanziario i negoziati per il grande prestito di 50 milioni di sterline. Tale possibile prestito suscitò a Parigi meraviglia e mal celato dispetto. Ma se la collaborazione franco-inglese prendesse anche in questo campo un aspetto più concreto per valorizzare sempre più la Jugoslavia in ogni campo (armamenti, prestito, messa in valore delle risorse idriche, minerali ecc.) e poterne controllare sempre meglio l'attività politica nei Balcani, è chiaro che l'effetto potrebbe essere per noi perniciosissimo perchè tenderebbe a sopprimere tutti gli elementi di perturbazione e di debolezza interna di questo stato, soffocando principalmente con i potenti mezzi a sua disposizione la causa croata che potrebbe giungere a disgregarlo, e ci farebbe trovare di fronte per ogni più semplice discussione, un più pronto e solido avversario.

Questi pensieri ho creduto utile esporre a V. E. soprattutto tenendo presente quanto ho telegrafato ieri con n. 709 (1). Il signor Marinkovich va a Ginevra coll'evidente scopo di provare la sua ferma e buona volontà di stretti rapporti con noi. Ha fatto ratificare le convenzioni di Nettuno, ci ha dato piena ampia soddisfazione per incidenti di Sebenico. Egli ha voluto e vuoi fare ogni sforzo per dimostrare essere lui a volere con noi cordiale amicizia; se a tale meta egli non possa giungere non sia sua la colpa, ma nostra. Tale è il chiaro intento. Per raggiungerlo cercherà adatto terreno nella più stretta intesa franco-inglese e con le conversazioni che avrà nei prossimi giorni a Ginevra. Tanto è sempre più

indispensabile perciò seguirne colà i movimenti, cercare di conoscere i risultati delle sue conversazioni.

(l) T. 5180/709 del 30 agosto, che non si pubblica: dichiarazioni di Marinkovié a Galli di voler migliorare le relazioni italo-jugoslave.

610

IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5300/98. Zagabria, 31 agosto 1928 (per. il 5 settembre).

Con riferimento mio telegramma n. 97 (l) trascrivo seguente notizia pervenutami circa passo presso Lega Nazioni:

• Tutti i partiti croati hanno deliberato di portare questione croata dinanzi Lega Nazioni. Pribicevic sarà invitato a parteciparvi. Se rifiuta la collaborazione, la rappresentanza dei croati farà da sè. Le relative conclusioni saranno redatte prima del 5 settembre.

La via per sottoporre il caso alla Lega Nazioni è data dal trattato internazionale delle minoranze nei suoi primi 12 articoli, i quali non trattano delle minoranze ma dell'assetto dello Stato S. C. S. riguardo alle regioni appartenenti all'ex monarchia a. u.

In base a tali articoli anche alla nazione croata dovrebbe essere garantita la libertà e protetta la vita di ogni singolo individuo. L'eccidio alla Scupcina lede direttamente tale trattato internazionale. Lega Nazioni deve sorvegliare l'osservanza del surriferito trattato internazionale. Essa è competente a risolvere le vertenze insorte nei limiti degli articoli succitati.

È da osservare specialmente che la rappresentanza nazionale croata non si richiama al trattato delle minoranze, ma semplicemente ai primi dodici articoli. Detti articoli servono in realtà alla rappresentanza soltanto affinchè il suo scritto il quale tratta la questione croata dal lato giuridico, possa raggiungere la Lega delle Nazioni»,

Pavelié mi ha espresso desiderio che Governo italiano trovi modo che tale documento, quando giungerà Ginevra, non venga sepolto negli archivi ma sia ad esso data nel miglior modo pubblicità.

611

ACCORDI MILITARI PER L'APPLICAZIONE DEL TRATTATO D'ALLEANZA TRA L'ITALIA E L'ALBANIA

Tirana, 31 agosto 1928.

S. M. Vittorio Emanuele III, Re d'Italia, da una parte e S. E. Amet Zogu, Presidente della Repubblica Albanese dall'altra parte, hanno rispettivamente nominato i loro plenipotenziari.

Per l'Italia:

S. E. il signor Ugo Sola, inviato straordinario e Ministro plenipotenziario di S. M. il Re d'Italia in Albania, Gran Cordone dell'Ordine di Scanderbeg, Cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, ecc.

Il Colonnello Alberto Pariani, addetto Militare di S. M. il Re d'Italia in Albania, Gran Cordone dell'Ordine di Scanderbeg, Cavaliere dell'Ordine Militare di Savoia, ecc.

Per l'Albania :

S. E. il signor Ilias bey Vrioni, Ministro degli Affari Esteri, Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia, Gran Cordone dell'Ordine di Scanderbeg, ecc.

Il Colonnello Gemal Aranitasi, Comandante delle Forze Armate, Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia, Grande Ufficiale dell'Ordine di Scanderbeg, ecc.

i quali, dopo avere scambiato i loro pieni poteri ed averli trovati in debita forma, hanno stabilito quanto segue:

Articolo l

Qualora uno dei due Stati alleati in virtù del Patto difensivo firmato a Tirana il 22 Novembre 1927 fosse aggredito da terzi, l'altro, a richiesta del primo, dovrà considerarsi in guerra con gli Stati aggressori.

Articolo 2

Le parti contraenti dovranno in tal caso tendere all'annientamento del comune nemico, con unità di indirizzo e di sforzi.

Articolo 3

In caso di guerra funzionerà un unico Comando in Capo delle Forze alleate italo-albanesi. Tale Comando sarà costituito in pieno accordo fra i Capi Supremi degli Stati alleati.

Articolo 4

Il Comando in Capo delle Forze alleate mobilitato avrà i seguenti compiti:

a) fissare il giorno e le modalità di inizio delle ostilità;

b) fissare la distribuzione delle Forze nei vari scacchieri delle operazioni;

c). fissare gli scopi strategici da raggiungere, i mezzi bellici da impiegare e la relativa organizzazione; d) fissare le eventuali sospensioni d'armi, previo consenso dei due Capi Supremi di Stato; e) fissare le modalità di cessazione delle ostilità.

Articolo 5

In tempo di guerra, Comandante in Capo delle Forze alleate mobilitate sarà il Comandante in Capo delle Forze Armate italiane. Tale Comandante sarà nominato come previsto dall'articolo 3 e disporrà anche di uno Stato Maggiore albanese.

Articolo 6

Le forze alleate operanti nello scacchiere italiano saranno agli ordini del Comandante Supremo italiano e quelle operanti sul territorio dello scacchiere albanese saranno agli ordini del Comandante Supremo albanese.

Articolo 7

In tempo di pace, i Comandi delle forze armate italiano e albanese si terranno strettamente collegati per mezzo dei rispettivi Addetti Militari.

Articolo 8

Entro l'anno 1928 il R. Governo Italiano, a richiesta del Capo Supremo

dello Stato Albanese, vorrà mettere a Sua disposizione un alto Ufficiale quale

Consigliere Militare della Sua alta persona.

Il R. Governo Italiano, nelle medesime condizioni, vorrà mettere a disposizione del Capo Supremo dello Stato Albanese il necessario numero di ufficiali di Stato Maggiore, i quali compiranno l'opera che verrà loro affidata dal Capo Supremo dello Stato Albanese.

Si avranno così in Albania due distinti gruppi di ufficiali italiani: a) Ufficiali-dello Stato Maggiore, addetti direttamente all'Alta persona del Capo dello Stato; b) Ufficiali organizzatori della categoria già esistente.

Gli Ufficiali dello Stato Maggiore (gruppo a) saranno assunti per un periodo di anni sette, tacitamente rinnovabile, quelli organizzatori (gruppo b) rimarranno in servizio per il tempo previsto nei rispettivi contratti.

L'allegato N. l tratta dei compiti che verranno affidati ai predetti ufficiali.

Articolo 9

Gli ufficiali stranieri che potessero occorrere all'Esercito Albanese a partire dalla data di questa convenzione saranno presi esclusivamente dall'Esercito Italiano.

Gli ufficiali stranieri, non italiani, attualmente in servizio nell'Esen;ito Albanese potranno essere mantenuti in servizio per li tempo che il Governo albanese riterrà opportuno.

Articolo 10

Le forze regolari che lo Stato Albanese deve organizzare per il caso di guerra, nel termine di 5 anni a partire dalla data di questa convenzione, debbono ascendere a 60.000 uomini.

L'organizzazione sarà fatta allo scopo di poter completare e costituire, all'atto dell'entrata in guerra, tre Divisioni, con i mezzi atti a farle vivere e combattere.

La prima Divisione (permanente) costituita come da aUegato N. 2, sarà completata all'atto della mobilitazione. La sua forza approssimativa sarà di

12.000 uomini.

La seconda (semipermanente), rappresentata in tempo di pace dai quadri (comandanti di plotone esclusi) e da qualche elemento di truppa, sarà anch'essa completata all'atto della mobilitazione.

La terza (di riserva) sarà costituita durante la mobilitazione, ·con elementi tratti, nella massima parte, dalla forza in congedo.

Articolo 11

Le organizzazioni territoriali e costiere, gli impianti aeronautici, nonchè i depositi di materiale bellico che fin dal tempo di pace i Capi Supremi degli Stati Alleati giudicassero utili sul territorio albanese per essere usati in guerra, saranno approntati dal Governo Albanese con i mezzi e sotto la direzione di tecnici italiani che esso Governo richiederà al R. Governo italiano.

Detti lavori, a mano a mano che verranno ultimati, saranno passati in consegna al Governo albanese. Le spese derivanti dalle organizzazioni costiere ad uso esclusivo di guerra, in ogni caso, saranno a completo carico del R. Governo Italiano.

Articolo 12

II calcolo dei mezzi bellici e finanziari, nonchè delle vettovaglie e dei materiali sanitari occorrenti allo Stato Albanese per la sua entrata in guerra, sarà fatto dal Capo Supremo dello Stato Albanese, in pieno accordo con l'alto Ufficiale Italiano previsto dall'Art. 8.

Articolo 13

Tutto il materiale destinato alla organizzazione delle truppe albanesi verrà rimborsato al R. Governo Italiano a norma di speciali convenzioni.

Articolo 14

Le spese derivanti dalla mobilitazione e dall'impiego in guerra degli eserciti alleati saranno a completo carico dei rispettivi Governi.

Articolo 15

Il presente accordo è destinato a facilitare l'applicazione del Trattato di Alleanza tra Italia ed Albania, firmato a Tirana il 22 Novembre 192,7, ne avrà perciò la durata ed ogni sua dubbia interpretazione sarà risolta riportandosi allo spirito del Trattato.

Articolo 16

La presente convenzione è redatta in due testi: Italiano e Albanese, entrambi validi.

Essa entra in vigore nello stesso giorno della sua firma.

ALLEGATO J.

POSIZIONE, DOVERI, DIRITTI E COMPITI DEGLI UFFICIALI ITALIANI MESSI AL SERVIZIO DELLO STATO ALBANESE

Tirana, 31 agosto 1928.

0 ) Doveri e diritti di carattere generale.

a) Tutti gli Ufficiali italiani richiesti dal Governo albanese saranno assunti in servizio col grado immediatamente superiore a quello da essi rivestito in Italia.

b) Indosseranno l'uniforme dell'Esercito Albanese.

c) Gli assegni loro spettanti (pensione esclusa) saranno a carico del Governo Albanese che li corrisponderà al R. Governo Italiano a norma di speciale convenzione.

d) Dovranno rispetto ed obbedienza alle leggi ed alle autorità albanesi.

e) Dedicheranno tutta la loro attività al supremo interesse dell'Armata e deHo Stato Albanese.

f) Nel caso dì guerra previsto dall'Art. l o della convenzione, se chiamati a combattere dal Capo Supremo dello Stato Albanese, gareggeranno in valore e spirito di abnegazione coi camerati albanesi.

2") Posizione e compiti dell'alto UfficiaLe ItaLiano a disposizione del Capo Supremo dello Stato Albanese.

a) Sarà alla diretta dipendenza del Capo Supremo dello Stato Albanese.

b) Dovrà dare il suo parere su tutte le quìstioni riguardanti:

-L'organizzazione, l'addestramento, la mobilitazione e l'impiego delle Forze Armate albanesi. -L'organizzazione a difesa del territorio albanese. -L'approvvigionamento, il rifornimento e l'impiego dei mezzi di ogni genere.

occorrenti per la guerra allo Stato Albanese. -I lavori di qualsiasi specie che possano avere un interesse militare, specie quelli da farsi nelle zone di confine.

c) Assumerà, in caso di guerra, la funzione di Capo di Stato Maggiore del Comandante Supremo delle Forze Armate Albanesi.

3°) Gli Ufficiali dello Stato Maggiore dipenderanno direttamente dal Capo Supremo dello Stato Albanese.

4°) Gli Ufficiali organizzatori dipenderanno dal Comando delle Forze Armate Albanesi.

5°) I compiti particolari degli ufficiali di Stato Maggiore e degli organizzatori saranno fissati in apposito regolamento che verrà decretato dal Capo dello Stato Albanese, sentito il parere dell'alto Ufficiale italiano.

ALLEGATO Il

DIVISIONE ALBANESE

Tirana, 31 agosto 1928.

COMANDO

3 battaglioni di fanteria 3 batterie

1° GRUPPO

l compagnia genio Z. M.

l sezione genio R. T.

3 battaglioni di fanteria 3 batterie

2° GRUPPO

l compagnia genio Z. M. TRUPPE l sezione genio R. T.

3 battaglioni di fanteria 3 batterie 3" GRUPPO ll compagnia genio Z. M. l sezione genio R. T.

l compagnia genio Z. M. l sezione genio R. T.

Una sezione di Sanità SERVIZI Una sezione Sussistenza Un autogruppo

(l) T. rr. 5169/97. che non si pubblica: notizia dell'imminente trasmissione di una lettera di Pavelié per Grandi e della decisione presa dai partiti croati di portare la questione croata dinanzi alla Società delle Nazioni.

612

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 88/379. Tirana, 1 settembre 1928, ore 21 (per. o1·e 13 del 2).

Prima di essere ricevuto dal sovrano, ho eseguito col ministro affari esteri, lo scambio di note ufficiali (l) per riconoscimento nuovo regime. Testo nota albanese corrisponde esattamente a quella già comunicata a V. E. Ne trasmetto di nuovo il testo e quello della mia risposta. Detti documenti non sono di carat

tere segreto e potranno quindi da R. Governo essere divulgati. Eseguirò domani

o dopo domani scambio di lettere n. 1 e n. 2. Riservomi conferire con questo ministro affari esteri.

(l) Cfr. n. 613. Il testo della nota albanese fu terminato di concordare tra Sola e il Gabinetto di Tirana il 30 agosto (t. gab. 84/359 di Sola del 30 agosto, ore 20,50).

613

IL MINISTRO DEGLI ESTERI ALBANESE, VRIONI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA (l)

Tirana, l settembre 1928.

L'Assemblée Nationale ayant constaté l'insuffisance de la Charte Constitutionnelle de l'Etat, s'était prononcée en sa séance plénière du 7 Juin dernier en faveur de sa propre dissolution invitant le Gouvernement à procéder dans les délais nécessaires à l'élection et à la convocation d'une Assemblée Constituante en vue de la révision du Statut.

L'Assemblée Constituante qui émane de la volonté de la Nation vient de se prononcer à l'unanimité en faveur de l'établissement du régime monarchique en Albanie et a offert à la date d'aujourd'hui la Couronne au Chef de l'Etat, qui en l'acceptant a preté serment devant l'Assemblée assumant le titre de Zog I Roi des Albanais par la volonté de la Nation.

Le Gouvernement Royal considère la précieuse amitié de la Nation Alliée comme un élément fondamenta! de la longue période de tranquillité dont l'Albanie a heuresement joui et sans laquelle le peuple albanais n'aurait pu marcher vers sa prospérité. Le Gouvernement Royal confie vivement qu'à l'avenir aussi la Nation Albanaise pourra compter sur l'appui désintéressé du Gouvernement Allié. Les accords et les traités qui ont été conclus pendant les dernières années entre l'ltalie et l'Aibanie trouveront toujours ce Gouvernement pret à !es respecter avec l'esprit le plus loyal.

L'établissement en Albanie du régime monarchique resserre davantage les liens qui déjà unissaient les deux pays et assure la continuité d'une politique dont l'Alliance a été la plus complète expression. L'Albanie restera toujours profondément fidèle à cette intime entente politique qui a donné jusqu'ici des resultats si utiles à la paix et à l'ordre dans les Balkans. Dans cet esprit le Gouvernement Albanais ne manquera jamais de consulter son Alliée en tout ce qui pourrait toucher Ieurs communs intérets et de procéder d'accord avec le Gouvernement Allié spécialement dans toutes les questions affectant la situation balkanique (2).

(l) -Il documento fu pubblicato il 3 settembre. (2) -In pari data Vrioni mandò una nota ai rappresentanti stranieri accreditati a Tirana per comunicare l'assunzione al trono di Zogu. « En portant ce qui précède, d'ordre de mon Auguste Souverain, à la connaissance de V. E., j'ai l'honneur de Vous donner toute assurance que le Gouvernement de Sa Majesté est soucieux de développer !es bonnes relations si heureuseme·nt existantes entre nos deux Pays, et qu'il observera dans la lettre et dans l'esprit !es Traités qui ont été signés avec les autres Etats sous la République. D'ailleurs tous Ies efforts du Gouvernement Royal auront le but de faire du nouveau Royaume un facteur de p a ix dans Ies Balkans •.
614

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5227l 464. Angora, 3 settembre 1928, ore 0,30 (per. ore 6).

Telegramma di V. E. n. 266 (1). Tewfik Roussdi bey si è dimostrato molto soddisfatto nell'apprendere prossima firma patto italo-grf":co e si è altamente compiaciuto dell'abile politica di

V. E. che è riuscita a vincere dubbiezze del Governo di Atene.

Ho potuto facilmente rilevare a Tewfik Roussdi che con la conclusione di questo accordo vengono a cadere le preoccupazioni da lui tante volte manifestatemi circa la malsicura politica greca nei riguardi dell'Italia, preoccupazioni che lo mettevano nella condizione, secondo quanto egli in passato mi aveva affermato, di dover ritardare comunque la conclusione del patto con la Grecia fino a quando questa non avesse mostrato di voler realmente concludere anche con Roma e le direttive di Milano non avessero così da parte di Atene un sicuro sviluppo. Egli avrebbe ormai potuto --ho aggiunto -entrare tranquillamente in trattative definitive col Governo di Atene che, consolidatosi aH'interno e riaffermate ora in modo concreto nei riguardi dell'Italia le vedute politiche progettate a Milano, non avrebbe dovuto dar motivo ad ulteriori indugi.

In risposta Tewfik Roussdi bey mi ha ricordato suo passo presso l'incaricato d'affari di Grecia (mio telegramma n. 458) (2) destinato appunto ad entrare sollecitamente in trattative e mi ha informato che signor Venizelos, presumibilmente in risposta a quel suo passo e in connessione con proposta ora fatta a Roma, gli ha annunziato l'invio di una sua lettera già affidata per l'inoltro all'incaricato d'affari turco in Atene. Mi ha promesso di farmene conoscere il contenuto. Ritiene trattarsi appunto di proposte per la soluzione delle questioni in sospeso e per negoziati relativi al trattato d'amicizia. Si è dichiarato sicuro che, dato il buon volere che sembra manifestare Venizelos, essi potranno essere su tutto prontamente d'accordo.

615

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5250/466. Angora, 3 settemb1·e 1928, ore 14,10 (per. ore 16).

In occasione scambio ratifiche trattato di commercio turco-bulgaro, signor Buroff ha diretto a questo ministro degli affari esteri un telegramma che Tewfik Roussdi bey ha desiderato pormi in luce come segno della buona amicizia esi

35 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

stente fra i due Governi, che verrà prossimamente consacrata da firma patto. Gli ho ricordato in proposito le esplicite assicurazioni da lui datemi giorni or sono, informandolo che le ho portate subito a .conoscenza dell'E. V. (mio telegramma n. 455) (l) ed ho preso nuovo spunto dal passo di Venizelos a Roma di cui gli avevo dato allora notizia (mio telegramma n. 464) (2) per rilevargli ancora una volta l'opportunità di procedere senza indugio allo svolgimento del programma di patti balcanici quale egli ha dimostrato di carezzare e che ha avuto come felice punto di partenza la conclusione dell'accordo italo-turco. L'ho pregato di espormi il suo franco pensiero sulle intenzioni del Governo di Sofia quanto alla firma del patto. Mi ha risposto confermando dapprima sue precedenti assicurazioni circa le istruzioni impartite ministro turco in Bulgaria (che è di recente tornato a Sofia) di adoperarsi per concludere rapidamente accordo; ha aggiunto che trattative non potranno efficacemente svolgersi che al ritorno di Buroff da Ginevra, quindi nella seconda metà mese corrente; ha ripetuto che Governo di Sofia è ugualmente altrettanto desideroso che quello turco di stipulare al più presto l'accordo e fermo e deciso a marciare nella via delle vedute itala-turche nei Balcani; esso è però preoccupato delle pressioni che dall'esterno mirano ad intralciare esecuzione di questo programma. • Bisogna che salviamo le apparenze », gli avrebbe detto Buroff, preoccupato particolarmente della ripercussione che atteggiamenti troppo netti in politica estera potrebbero avere sulla conclusione del prestito. Di qui le timidezze ed incertezze di quel ministro affari esteri che • parla a noi nell'orecchio -sono parole di Tewfik -perchè non ascoltino gli altri». Ho soggiunto che firma del patto turco-bulgaro varrà appunto a consolidare la situazione di quel Governo ed a dissipare quelle esitazioni che costituiscono facile campo alle speculazioni esterne. Mi ha detto condividere pienamente e lavorare in tale intento, aggiungendo che conta moltissimo nell'opera che nello stesso senso non mancheranno di svolgere a Ginevra sull'animo di Buroff il senatore di Scialoja e il marchese Paulucci de' Calboli in pari tempo che il signor Walko, col quale è anche d'intesa al

riguardo.

(l) -Allude evidentemente al n. 606. (2) -T. 5244/458 del 28 agosto, che non si pubblica.
616

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 91/389. Tirana, 3 settembre 1928, ore 13 (per. ore 18).

Circa eventuale divulgazione da parte Governo italiano del documento n. 3, informo V. E. che ne ho già fatto un cenno a questo ministro affari esteri che nulla ha obiettato. Tuttavia mi propongo per ora di non insistere sull'argomento, sia per non provocare riserve, sia perchè gradirei conoscere in quale forma V. E. intenderebbe eventualmente divulgare il contenuto del documento suddetto, e ciò per essere in grado di renderne edotto Governo albanese.

(l) -T. 5061/455 del 25 agosto, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 614.
617

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5241/387. Tirana, 3 settembre 1928, ore 9,35 (per. ore 18,15).

Si sta pronunciando negli ambienti ostili alla nostra politica, ed è da credere sia stata già diffusa nei circoli diplomatici, la diceria che Zogu abbia scelto il titolo di re degli albanesi in seguito a pressione da parte del R. Governo. Sto reagendo nel modo più idoneo alla delicatezza dell'argomento. La decisione di Zogu è dipesa dal fatto di aver egli compreso che il titolo prescelto avrebbe accresciuto suo prestigio nel paese e suscitato, fra l'apatia tradizionale di questa razza, qualche movimento di interesse e di consenso. Devo aggiungere però che se ministro d'Inghilterra non avesse sollevato la questione e se incaricato d'affari jugoslavo non fosse venuto di rincalzo, Zogu, che non aveva mai riflettuto alla scelta del titolo, avrebbe certamente assunto quello di re d'Albania più corrispondente alla tradizione storica.

618

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5269/722. Bled, 3 settemb1·e 1928, ore 22,10 (per. ore 2,30 del 4).

Assunzione titolo re • degli albanesi » da parte Ahmed Zogu è stata appresa

da ambienti Belgrado con vivo disappunto. Stylla per ordine del suo Governo

comunicò ufficialmente avvenuta proclamazione. Ministro aggiunto si limitò ascol

tarlo freddamente chiudendosi nel più assoluto riserbo. Giornali odierni annun

ziano che ministro S.H.S. a Tirana ottenuto proroga suo congedo • per ragioni

salute • non ritornerà alla sua sede • ancora per parecchio tempo •. Lo sostituirà

il consigliere a Tirana quale incaricato d'affari.

Stylla fece visita anche a Kennard il quale si espresse con lui criticando

apertamente titolo assunto da Ahmed Zogu • malgrado diverso consiglio dato

da Francia e Inghilterra • allo scopo di ménager le suscettibilità di Belgrado.

619

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5255/496. Londra, 3 settembre 192'8, ore 21,10 (per. ore 4,45 del 4).

Telegramma di V. E. n. 4481/403 (1). Ho informato Lindsay delle ragioni che hanno spinto R. Governo procedere immediato riconoscimento nuovo sovrano Albania. Lindsay ne ha preso atto in

formandomi da parte sua che il Governo britannico non ha intenzione di fare difficoltà al cambiamento di regime e al riconoscimento nuovo sovrano Albania, ma che riconoscimento ufficiale, anche per la solita necessità di consultare Domini ed ottenere benestare del re, prenderà qualche tempo. Lindsay ha aggiunto che Governo britannico aveva fatto consigliare Ahmed Zogu di assumere titolo di re Albania, anzichè quello di re degli albanesi ed avrebbe preferito che il suo consiglio fosse stato seguito. A parte questo non mi pare che proclamazione monarchia in Albania abbia qui una qualsiasi ripercussione. Tutto dipenderà secondo me dall'atteggiamento che verso il nuovo regno e il nuovo sovrano assumeranno Jugoslavia e Francia. Times pubblica stamane corrispondenze non simpatiche da Tirana e da Belgrado.

(l) Cfr. n. 608.

620

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 4553/279. Roma, 4 settembre 1928, ore 14,30.

Suo n. 465 (1). Se causa malattia prevedesi rinvio viaggio Venizelos autorizzo V. S. firmare senz'altro patto in Atene. Nel qual caso manderò immediatamente pieni poteri. Ritengo che ogni ritardo potrebbe provocare complicazioni (2).

621

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 34/315. Roma, 4 settembre 1928, ore 20.

Suo telegramma 389 (3).

Documento n. 3 cioè scambio di note fra S. V. e ministro Vrioni era stato già dato alla stampa ieri sera quando è giunto suo telegramma 389. Pubblicazione immediata è stata disposta in base alle intese precedenti colla S. V. per cui dette note dovevano costituire per l'appunto il documento destinato a marcare di fronte ai terzi posizione speciale nuovo regime albanese di fronte all'Italia e in base per ultimo al suo telegramma n. 379 ( 4) con cui ella confermava facoltà di pubblicazione, ed al fatto che V. S. lo trasmise in chiaro.

(l) -T. 5252/465 del 3 settembre: notizia della malattia di Venizelos e richiesta di istruzioni. (2) -La minuta è di pugno di Musso!ini. (3) -Cfr. n. 616. (4) -Cfr. n. 612.
622

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5279/393. Tirana, 4 settembre 1928, 01·e 18 (per. ore l dd 5).

Ministro d'Inghilterra ritiene che il titolo scelto da Zogu forse ritarderà il riconoscimento inglese e quello di altre potenze. Gli ho risposto che non sapevo comprendere ciò, il significato politico e giuridico del titolo prescelto era stato completamente falsato: veniva cioè ad esso attribuita intenzione irredentistica, non si teneva conto che origine storica di un simile titolo si ricollegava ai concetti democratici, per i quali la maggior parte delle monarchie ripete oramai i suoi diritti non dalla consacrazione divina, bensì dalla volontà del popolo. Ho fatto rilevare al mio collega che tanto l'Inghilterra quanto gli altri paesi finiranno tutti per riconoscere il nuovo sovrano. Ogni ritardo non avrebbe quindi giovato alla tesi, ma avrebbe anzi sempre più attribuito al titolo prescelto dall'assemblea costituente un significato irredentistico, facendo cioè il giuoco dei pochi scalmanati che anche qui non mancano. Ho detto inoltre al ministro d'Inghilterra che Italia aveva mantenuto una posizione di stretta neutralità, trattandosi di questione che non ci interessava e a cui non attribuivamo molta importanza, come nessuna importanza vi aveva mai attribuita Zogu. Non era anzi improbabile che la scelta del titolo re degli albanesi fosse stata una conseguenza diretta del passo britannico e di quello jugoslavo. Ministro d'Inghilterra si è affrettato dirmi, preoccupatissimo, che egli non aveva affatto compiuto un vero e proprio passo, ma che aveva appena accennato alla questione con Zogu a titolo confidenziale e strettamente personale. Attraverso gli inviati straordinari ho orientato nei giorni scorsi la stampa italiana e sto ora orientando quella albanese sul significato che si debba attribuire al titolo del nuovo sovrano.

623

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA

T. 4570. Roma, 5 settembre 1928, ore 24.

Stampa greca annunzia colloquio Politis-Marinkovich costà avvenuto il l" corrente e conversazione Politis-Marinkovich-Carapanos che dovrebbe aver luogo nella corrente settimana per regolare questioni pendenti greco-jugoslave.

Valendosi cordialità relazioni che Carapanos ha manifestato intenzione mantenere con nostra delegazione, prego V. E. seguire per quanto possibile dette conversazioni che presentano nell'attuale fase dei nostri rapporti coi due stati particolare importanza.

624

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5297/476/158. Atene, 5 settembre 1928, ore 22 (pe1·. ore 0,25 del 6).

Mio telegramma n. 473 (1).

Ho potuto oggi vedere Tsamadòs in via guarigione.

Abbiamo dettagliatamente collazionato tutto il testo del trattato al quale è

stato confermato il pieno accordo.

Ho ottenuto che nel titolo non sia menzionata la « neutralità , (telegramma di V. E. n. 272) (2). Tale titolo sarà quindi il seguente: " Trattato di amicizia conciliazione e regolamento giudiziario tra il regno d'Italia e la repubblica ellenica"·

Tsamadòs ha però insistito perchè la menzionata • neutralità " restasse inalterata nel comma sesto del preambolo, nonostante io gli avessi fatto osservare essere evidentemente sufficiente l'art. 2 alla consacrazione di tale clausola.

Per ciò che concerne l'art. 3, sembra che gli argomenti da me precedentemente svolti per attenerne la soppressione siano riusciti qui così convincenti, che ora le parti si sarebbero quasi invertite, giacchè adesso è la Grecia a preferire che tale articolo non figuri più nel testo definitivo. Se potrò par.larne direttamente con Venizelos, cercherò (sempre che mi sarà possibile farlo senza che rechi pregiudizio), ancora di condurlo al mantenimento, ma stamane di fronte alle manifeste titubanze di Tsamadòs, non ho stimato conveniente di insistere più di quanto ho fatto, acciocchè nulla potesse infirmare la constatazione del raggiunto accordo.

Col corriere aereo di domani mattima invio testo definitivo concordato.

Intanto oggi Tsamadòs mi ha informato che secondo ogni possibilità apertura

camera deputati (prevista come è noto pel 17 corrente), dovrà essere ritardata

a causa attuale epidemia il che, ha egli osservato, permetterebbe a Venizelos di

recarsi a Roma appena sarà ristabilito. E per la pronta guarigione di Venizelos

è vero il caso formulare oggi voti, sotto tutti i punti di vista.

625

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5312/244. Sofia, 5 settembre 1928, ore 21 (per. ore 4,15 del 6).

Liapceff ha presentato oggi al Sobranje dimissioni ministero. Motivo ufficiale addotto da Liapceff nel suo breve discorso alla Camera nel quale ha difeso opera suo Governo, è stato questo: che essendo da tempo vacante posto ministro ferrovie a causa dimissioni ministro Ghiorghieff, egli Liapceff aveva deciso dare

a S. M. opportunità prendere contatto con tutti i capi delle varie tendenze politiche bulgare onde scegliere persone di sua fiducia per nuovo Governo. Realtà è invece ben diversa. Tra Buroff e Zankoff da una parte e Generale Volkoff dall'altra, con in mezzo Liapceff esitante e smarrito come mai si rammenta sia stato nella sua ormai lunga ,carriera politica, si è svolta in queste ultime settimane una lotta accanita aspra personale che Liapceff ha tentato invano di appianare onde evitare caduta gabinetto. Zankoff e Buroff impegnati notoriamente con Parigi Belgrado a svolgere politica franco-serba massonica antimacedone hanno portato un attacco a fondo contro generale Volkoff commettendo strani errori, per uomini certamente intelligenti ed esperti, nella valutazione della situazione politica e militare del ministro della guerra da loro giudicato un uomo finito. Resistenza di Volkoff è stata invece mirabile per dignità e sicurezza di se stesso, tanto che stesso re Boris ha finito per dare al ministro della guerra pubbliche manifestazioni di stima e considerazione. Buroff che ieri mattina affermava con leggerezza in pubblico « di essersi imposto e di essere riuscito a far cacciare Volkoff non solo dal ministero ma anche dall'esercito », appariva oggi alla camera, mentre Liapceff annunciava dimissioni, in preda forte abbattimento nervosismo. Opinione prevalente in questi circoli politici diplomatici è che Zankoff Buroff abbiano per ora perso la partita e che incarico nuovo ministero verrà dato re Boris nuovamente a Liapceff ma con orientazione verso altri gruppi politici esclusi quindi i narodniak (conservatori) di Buroff. Non è però da escludere che Governo venga affidato ad un uomo nuovo che potrebbe essere Rachko Magiaroff capo della maggioranza che ha sinora sostenuto Liapceff. Nomina presidente Magiaroff ed eventuale entrata gabinetto deputato Smiloff direttore del N esavissimost ,capo dei liberali costituirebbero completa vittoria Italia in Bulgaria, così come vittoria Buroff Zankoff avrebbe costituito vittoria franco-serba. Se i!ncadco verrà nuovamente dato a Liapceff senza Buroff già la situazione sarà per noi migliorata poichè anche in questi giorni in numerosi colloqui palesi e segreti ho avuto occasione di confermarmi nell'opinione della tendenza nettamente italiana del presidente del consiglio oggi caduto. Ma suo carattere esitante sua mania conciliatrice e potenti intrighi cui non mancherebbero ricorrere Zankoff e Buroff paralizzerebbero ogni proficua intenzione di Liapceff in senso troppo marcatamente italofilo. È anche da osservare a questo proposito che se Liapceff è antifrancese è invece da anni marcatamente anglofilo: di qui impressione prodotta in lui da ultimo passo inglese.

Conclusione e previsioni anche approssimativamente attendibili non è oggi possibile fare. Situazione è confusa sia perchè determinata da intrighi personali sia perchè influenzata da potenze estere. Sicuro di compiere mio dovere verso interessi italiani e di interpretare istruzioni verbali di V. E. ho personalmente diretto (pur senza mai ,gcoprirmi) energica battaglia contro Buroff sia a mezzo stampa che con quotidiani colloqui con Liapceff Volkoff deputati giornalisti uomini poEtici entoumge reale. Lotta per eliminazione Buroff vita politica bulgara pare oggi ben avviata; ma previsioni sicure, ripeto, non possono farsi e quest'uomo che oggi appare un caduto potrebbe domani rialzarsi. Terrò informata V. E. svolgimento crisi mentre mi sarebbero di utile norma giudizio e istruzioni di V. E. intorno all'attiva parte di questa legazione nella presente crisi politica interna bulgara.

(l) -T. 5271/473 del 4 settembre. che non si pubblica. (2) -T. 4502/272 dell'l settembre, che non si pubblica.
626

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E AL VICE SEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCIDE'CALBOLIBARONE

T. PER CORRIERE 4568. Roma, 5 settembre 1928.

Richiamo attenzione di V. E., per l'importanza dell'argomento che va da noi costà attentamente seguito, sul seguente telegramma per corriere del R. ministro a Belgrado:

• (come nel telegramma n. 5265/1592) , (1).

627

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. 46001732. Roma, 6 settembre 1928, o1·e 24.

Il R. ministro a Belgrado telegrafa che deve trovarsi Parigi il noto generale Pera Zivkovich comandante della guardia reale jugoslava e capo della Mano Bianca. Scopo della sua venuta costà sarebbe quello di preparare terreno per una sua eventuale ascesa al potere. Sembra che nessuna decisione definitiva circa attuale crisi politica in Jugoslavia verrebbe presa a Belgrado prima del nitorno del detto generale che è atteso con impazienza.

Prego V. E. indagare per quanto possibile fondamento segnalazione tenendomi al corrente risultato indagini.

628

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5383/171. Vienna, 6 settembre 1928 (per. il 10).

Mazzotti mi prega di comunicare quanto segue:

• Secondo gli informatori bulgari, la crisi al Governo bulgaro apertasi colle nuove dimissioni del presidente del consiglio Liapceff, sarebbe stata determinata dall'atteggiamento apertamente ostile del ministro degli affari esteri Buroff, verso la O.R.M.I.

Si dice che il comitato rivoluzionario della O.R.M.I. abbia decretata la morte sia di Buroff, sia di Zankoff, il presidente delle Sobranje, quali fautori dell'avvicinamento serbo-bulgaro voluto dalla Francia e Inghilterra.

La cns1 non avrebbe origine, come si è detto, dal passo fatto dalla Francia e Inghilterra per ottenere lo scioglimento della organizzazione rivoluzionaria macedone, ma bensì dal dissidio esistente nella O.R.M.I. e cioè, perchè, mentre i partigiani di Mihailoff, il gruppo maggiore e meglio organizzato, appoggiano il ministro della guerra generale Volkoff e Liapceff, i partigiani dell'ucciso generale Protogheroff, appoggiano il ministro Buroff e Zankoff.

Per risolvere la crisi si attendeva il ritorno da Roma di Tomalevskj -affermazione dei bulgari -recatosi colà per fare conoscere la vera situazione interna della O.R.M.I. e ottenere che l'Italia si facesse intermediaria per comporre il dissidio dell'organizzazione macedone. Ma a quanto si dice, Roma avrebbe dato una risposta negativa che sarebbe stata interpretata di appoggio alla frazione Mihajloff. Cosicchè Liapceff e Volkoff, sentendosi protetti da Roma, abbiano aperto la crisi del Governo anche perchè sicuri dell'appoggio del re per sbarazzarsi di Buroff , .

(l) Cfr. n. 609.

629

L'AMBASCIATORE A TOKIO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5391/179/180/181. Tokio, 7 settembre 1928, ore 13,05 (per. o1·e 14,35).

Secondo le istruzioni telegramma di V. E. n. 87 (1), ho continuato con Tanaka scambio d'idee !imitandolo sondaggio carattere esclusivamente personale. Ho condotto conversazioni in modo chiarificare terreno e lasciare ogni possibilità a V. E. per relazioni future.

Ometto trasmettere sentimenti profonda gratitudine espressi da Tanaka il quale mi ha detto avere discusso tale questione anche con imperatore, e riassumo risultati ottenuti su vari punti trattati:

l o -Constatata similitudine dati politici ed economici Italia e Giappone, se ne è dedotto che loro cooperazione è naturale e che ad essa si dovrebbe ricorrere man mano che questioni speciali sorgessero.

2° -Pur ritenendo Russia sovieti in condizioni molto precarie, un cambiamento di regime non è immediato nè si può prevedere in quale epoca avverrà.

3° -Se è prematura ora una intesa in modo assoluto, Tanaka sarebbe propenso accordarsi fin da ora con l'Italia contro la propaganda comunista della terza internazionale e mi ha chiesto esprimergli mie idee personali in proposito e sottoporgli se possibile un piano.

4° -Giappone non è attualmente in grado esprimere opinione definitiva circa revisione mandato ex colonie tedesche.

Nel corso della conversazione Tanaka mi ha accennato alla Cina a proposito delle questioni sulle quali si potrebbe addivenire ad un'intesa ed io naturalmente ho evitato seguirlo su quel terreno.

Le tendenze e dichiarazioni del presidente del consiglio di cui al punto 3° e 4° sono degne di rilievo. Egli ha evidentemente esaminato la questione della Russia sotto il duplice aspetto della tradizionale politica russa czarista e quella transitoria del regime bolscevico.

Pertanto, per arginare le mire espansioniste della Russia nella Manciuria e Mongolia, egli non vuole prendere impegni, forse perchè già ne ha, oppure perchè si riserva eventualmente di concludere (vedi mio rapporto n. 563/239 del 14 u. s., spedito mezzo piroscafo nazionale Lloyd Triestino). Mentre per far fronte propaganda comunista, che è vero e proprio pericolo per il Giappone, perchè la Manciuria confina con la Corea, il ministro degli affari esteri Tanaka non solo studia tutta una grande opera legislativa atta a estirpare nelle masse idea sovversiva sotto forma progetto di legge chiamato: • controllo del pensiero » ma è anche propenso di venire ad un accordo con noi.

Mi riservo riferire sui rapporti con la Russia, ma intanto, affinchè V. E. possa esaminare convenienza o meno che si risponda alle domande di cui al terzo punto, mi permetto prospettare:

1° -che la Manciuria è il fulcro dell'attuale politica estera giapponese; 2° -che perciò Governo giapponese vi difenderà suoi interessi ad ogni costo; 3° -perchè perdendo Manciuria, Giappone retrocederebbe dal rango di grande potenza;

4° -che soltanto questi principi decidono dell'azione del Governo giapponese nella sua politica cinese. Dopo aver fissato questa linea mi sono arrestato per dar modo all'E. V. di giudicare sulle varie possibilità che ci sono aperte.

(l) Sic, ma probabilmente deve Jeggersi 86 (cfr. n. 517).

630

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 53441731. Belgrado, 7 settembre 1928, ore 14,30 (per. ore 16,45).

Da rassegna stampa V. E. rileverà che atteggiamento stampa S.H.S. relativamente corretto prima cambiamento regime in Albania diviene di più in più violento giungendo fino attacchi personali estremamente grossolani contro Ahmed Zogu. Ciò è in ragione della irritazione suscitata da titolo assunto.

A Stylla risulterebbe che Kennard si agiterebbe molto per suo conto ed intrigherebbe in ogni possibile modo per influenzare questa opinione in senso ostile nuovo regime albanese.

Stylla ritiene pure che Jugoslavia attende riconoscimento inglese e francese prima di decidere propria linea condotta. Da colloquio con questo segretario americano egli crede che riconoscimento Stati Uniti non dovrebbe farsi troppo attendere perchè secondo ammissione stesso segretario, ministro americano Tirana pure essendo italofobo nutrirebbe molte simpatie per albanesi.

631

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 4640/287. Roma, 7 settembre 1928, ore 24.

Seguito mio telegramma n. 4604 (1).

Pur confermando a V. S. che preferisco firma trattato itala-greco abbia lw:>go a Roma resta inteso peraltro che ella ad ogni buon fine e non appena possibile procederà intanto alla parafatura dell'atto ad eliminare eventuali sorprese.

632

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. PER CORRIERE 4636. Roma, 7 settembre 1928.

Suo telegramma n. 1585 (2).

Ritengo utilissimo che venga dato seguito alla sua proposta di raccogliere fin d'ora un preciso e conclusivo materiale di prova dell'attività criminosa dell'Orjuna alla nostra frontiera, in modo da poterne disporre al momento opportuno sia nei confronti del Governo S.H.S. sia e soprattutto per illuminare la opinione degli altri Governi e della stampa straniera. In tale ordine di idee vengono date alle nostre autorità di polizia istruzioni di preparare, per quanto le riguarda, tale materiale. Dal canto suo codesta R. legazione dovrà disporre, nel frattempo, perchè vengano sistematicamente riassunti gli elementi già in suo possesso, in aggiunta ed a controllo di quelli che le verranno comunicati non appena pervenuti dalle predette nostre autorità.

633

IL MINISTRO A BERNA, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. GAB. 4336/1036. Berna, 7 settembre 1928.

In relazione al telegramma in chiaro di questa R. legazione, n. 255 del 6 corrente, invio qui unito il testo francese del manifesto del partito socialista svizzero (3), al quale ho alluso nel telegramma surriferito.

Il manifesto è inteso a sfruttare l'affare Rossi a beneficio del partito socialista per le non lontane elezioni politiche generali per il consiglio nazionale. I socialisti sfogano nel proclama il loro odio contro il fascismo, che temono, e vorrebbero spingere l'onorevole Motta, il consiglio federale e i partiti borghesi alla repressione delle nostre pacifiche organizzazioni fasciste nella Svizzera.

Credo che convenga per il momento tacere, ma ritengo che sarebbe errore continuare a tacere per troppo tempo.

L'azione intimidatrice intrapresa dai socialisti finirebbe, alla lunga, per avere qualche dannosa ripercussione fra i nostri Fasci, dove si annida qualche pecora.

Spero che V. E. mi darà presto l'autorizzazione di contrattaccare. Cogli Svizzeri bisogna saper mostrare, all'uopo, anche arroganza, se l'arroganza loro si fa troppo insolente e sproporzionata ai fatti. Se al can-can dei giornali ticinesi faranno troppo clamoroso coro giornali di altri cantoni, che vanno per la maggiore, sarà, a mio avviso, giunto il momento di sgonfiare anche questo pallone.

(l) -T. 4604/285 del 6 settembre, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 600. (3) -Non si pubblica.
634

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCIDE' CALBOLIBARONE

T. PER CORRIERE R. 4659. Roma, 8 settembre 1928, ore 18.

Comunico seguente telegramma per corriere in data 31 agosto scorso, del

R. console generale a Zagabria: " (come telegramma n. 5300/98) • (1).

Prego V. E. tenersi al corrente dell'accoglienza che verrà costà fatta al ricorso dei croati. È nostro interesse che il desiderio di Pavelic venga soddisfatto e che la questione richiami attenzione opinione pubblica internazionale. Azione riservata e prudente di codesta delegazione dovrà essere indirizzata in tal senso.

635

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5389/401. Tirana, 8 settembre 1928, ore 20,40 (per. 01·e 23,30).

Ho fatto sapere al sovrano che egli doveva interpretare l'immediato riconoscimento ungherese come frutto di nostro intervento a Budapest. Pregherei V. E. farmi conoscere se R. Governo abbia contribuito a determinare l'atteggiamento greco (2), onde io possa valorizzare nostra attività diplomatica presso il sovrano. Si notava qui nei giorni scorsi un acuto interesse circa attitudine degli altri

Governi. lo mi sono adoperato per svalutare, con tutti i mezzi, importanza degli ulteriori riconoscimenti e mi sembra che interesse sopra accennato vada sempre più trasformandosi in un senso di curiosità, e perdendo ogni carattere di apprensione.

(l) -Cfr. n. 610. (2) -Con t. 4657/325 del 9 settembre, Grandi rispose affermativamente.
636

L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, QUARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5494/408. Mosca, 8 settembre 1928 (per. il15).

Litvinoff mi ha chiesto che cosa ne pensasse il Governo italiano del patto Kellogg. Gli ho risposto che non avevo nè elementi nè istruzioni per dargli una r,isposta al riguardo: come mia opinione per,sonale gli ho detto che il Governo italiano, la cui politica era essenzialmente una politica di pace, aveva voluto darne evidentemente una prova di più sottoscrivendo il patto; che probabilmente si sarebbe .limitato a seguire con attenzione lo svolgimento e l'attuazione pratica del patto sopratutto per evitare che esso venisse sfruttato a danno dei nostri interessi.

Egli mi ha detto di avere seguito con attenzione quanto la stampa italiana aveva pubblicato al riguardo e che il punto di vista del Governo sovietico aveva molti punti di contatto colla posizione assunta dalla stampa italiana. Il Governo sovietico non si faceva molte illusioni sull'efficacia effettiva del patto, ma ritiene possa trattarsi di un principio importante, in quanto che per esso i Governi avevano assunto degli impegni morali verso la loro opinione pubblica, con la quale avrebbero dovuto in seguito, fare i conti. Personalmente aveva insistito presso il suo Governo per l'accettazione del patto prima di tutto perchè riteneva che il suo Governo doveva dare questa nuova prova di sincere intenzioni pacifiche e poi, principalmente perchè a suo avviso il patto Kellogg segna la fine della Lega delle Nazioni, di un centro di intrighi e di macchinazioni contro l'U.R.S.S. Egli ritiene che il patto Kellogg sia incompatibile con le sanzioni previste dallo statuto della Società delle Nazioni, sanzioni che, da un momento all'altro potevano essere rivolte contro la Russia.

Mi ha detto ancora di non essere ancora certo che il patto sarà ratificato

dalle potenze firmatarie: nutre molti dubbi sopratutto sulla sua accettazione da

parte dell'America, visto che la ratifica dovrà aver luogo dopo le nuove elezioni.

Ritiene anche che, da parte polacca, si farà tutto il possibile per almeno riman

darne la ratifica: la politica della Polonia, guidata da un uomo con poteri ditta

toriali, una eccessiva opinione di se stesso e, per di più, malandato in salute e

circondato da una clique militare aggressiva, è una politica basata sulla speranza

di essere incaricata dalla Lega delle Nazioni di sanzioni contro l'U.R.S.S. Per essa

quindi, il patto Kellogg, che in un certo modo equivarrebbe ad un patto di non

aggressione fra i due stati, sarebbe la fine di tutte le avventure progettate.

637

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. 4688/329. Roma, 10 settembre 1928, ore 24.

Informi codesto Governo che azione Governo italiano intesa ottenere al più presto riconoscimento Governi esteri nuovo regime continua attivamente. Come ho già telegrafato Governi Atene, Budapest, Angora assicurato riconoscimento.

Ho telegrafato oggi stesso a Madrid, Washington e paesi America Latina perchè riconoscimento non abbia a tardare. Rinnovo azione già iniziata a Budapest, Berna, Praga, Sofia, ecc. La terrò informata dell'esito di questi passi come pure di quanto potrà risultare dall'atteggiamento delle grandi potenze presso le quali ho già provveduto svolgere opportuna e tempestiva azione.

638

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. 4689/330. Roma, 10 settembre 1928, ore 24.

Governo italiano e Governo greco si sono trovati d'accordo concludere patto amicizia e collaborazione analogo accordi conclusi dall'Italia con Turchia, Ungheria, ecc. Trattato sarà firmato prossimamente. V. S. si rechi da re Zogu per comunicargli notizia che per ora ha carattere riservato, ma che io desidero fargli avere personalmente prima che ad ogni altro. Sottolinei questa nuova dimostrazione mia costante leale amicizia verso di lui e suo paese.

639

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR.5767/2503. Parigi, 10 settembre 1928.

A telegrammi-corriere nn. 2946 (l) e 4145 (2) dei passati 6 Giugno e 11 Agosto. Il ritardo a rispondere è dipeso dalla non facilità, in periodo di vacanze e di viaggi, di conversazioni con personalità responsabili.

Il risultato delle conversazioni avute è che non è facile precisare il punto di delimitazione tra l'esercizio normale da parte dell'Austria della sua indipendenza, e l'obbligo di questa indipendenza conservare integra. L'Angleichung può essere lecito in sè: ma indubbiamente può preparare, può facilitare l'Anscluss: ma tra l'uno e l'altro vi è un distacco che non consente di affermare che il primo è fatto pel secondo. In queste condizioni e poichè i fautori dell'Anschluss tengono viva la fiamma che nel programma loro dovrebbe crogiuolare Angleichung con Anschluss non vi è che fare altrettanto in senso contrario: non lasciar passare cioè nessun atto di Angleichung o di attività propagandatrice Anschlussiana senza muovere a Vienna, e se del caso anche a Berlino, quelle osservazioni, quei rilievi che i fatti giustificano.

Il signor Berthelot mi ha detto che per le manifestazioni che vi furono a Vienna col pretesto del centenario Schubertiano, gli agenti diplomatici a Vienna

ed a Berlino fecero verbali rilievi ai due Ministri degli Esteri, rilevando le conseguenze che tali fatti potevano legittimare nella azione delle Potenze quando si discutan richieste o desiderata germanici od austriaci.

Quanto al problema dell'Anschluss in sè, V. E. ha rilevato certamente che di esso si è trattato nei colloqui parigini del signor Stresemann col signor Briand e col signor Poincaré, con atteggiamenti Francesi decisamente contrari. Il problema stesso è oggi dominato da quello della ·evacuazione renana e sarà probabilmente indebolito dalla rigidità di applicazione del Trattato di pace, colla quale la questione della evacuazione sarà trattata. A Parigi si osserva che i Governi più interessati contro l'Anschluss sono l'Italia, la Cecoslovacchia. Il signor Benès ha detto, od almeno non ha smentito che gli si faccia dire che « l'Anschluss è la guerra , : il signor Berthelot mi ha detto: • ce n'est pas la guerre mais ce serait une situation de guerre, et la France certes, ne pourrait pas le tolérer •. Dell'Anschluss si è molto occupata, come il R. Ministero avrà constatato, la stampa Francese di questi ultimi mesi. Non si crede, generalmente, che sia un evento di prossima attuazione, ma piuttosto un bandierone di propaganda ~litica e panetnica e di pressione, di preparazione per la soluzione di altri problemi. Ma tuttavia non si intende lasciar scherzare troppo col fuoco; e con avvertimenti ai due Governi in causa, con articoli di stampa si pongono in rilievo tutti i fatti e tutti gli argomenti politici ed economici che sono contro l'Anschluss nel bene inteso interesse o dell'austriaco o del tedesco del Nord, oltre che della pace europea.

Quanto alle soluzioni di ordine economico Centro europeo, una personalità ben informata si è espressa meco, e non astante il suo Governo sia di tendenza favorevole alla soluzione, nel senso che gli .interessi singoli degli interessati sono troppo divergenti o contradicenti per non doversi quotare la soluzione tra quelle di scarsissima probabilità di realizzazione pratica.

(l) -Cfr. n. 386. (2) -Dell'Il agosto col quale veniva ritrasmesso il t. per corriere 4750175, Bruxelles, 2 agosto, relativo al punto di vista del Governo belga in merito al problema dell'Anschluss.
640

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 5768/2504. Parigi, 10 settembre 1928.

Telegramma per corriere di V. E. n. 4568 (l).

L'argomento del telegramma al quale rispondo è effettivamente importante, ma sorpassa il limite della penisola balcanica. Va seguito, e lo seguo attentamente, mettendo molta cura nello studio analitico dei fatti, perchè se l'analisi non basa su fatti precisi ma piuttosto su impressioni, su voci, la sintesi facilmente se ne va per una via errata.

Le recise dichiarazioni di Lord Cushendum e del Signor Leygues escludono il supposto patto segreto di carattere politico-militare che si vuol dedurre dal compromesso navale anglo-francese. L'indirizzo generale della politica Britan

il) Cfr. n. 626.

nica lo esclude parimenti: così come invece l'indirizzo generale della politica francese non lo esclude. Ma sarebbe altrettanto errato il negare che il compromesso prova, e sopra tutto dà la pubblica sensazione, che l'intesa tra Parigi e Londra è in aumento di intensità e di realtà pratica. Gli indirizzi generali della politica estera tanto Britannica che Francese portano a ciò. La lotta storica Franco-Britannica pel predominio mondiale e coloniale voltò pagina tra il 1898 ed il 1904: ossia tra Fashoda e gli accordi generali politici anglo-francesi del 1904. La rivalità mondiale tra le due Potenze è dal 1904 cessata: la Francia ha dovuto rinunciarvi: tra il 1904 ed il 1919 la rivalità divenne anglo-tedesca per morire a Scapaflow: dopo tende a divenire e potrà divenire anglo-americana: ma la Francia non è più in grado di rivaleggiamenti mondiali; la Gran Bretagna non può più stare nello splendido isolamento; e l'interesse di entrambe è avvicinarsi e tenersi vicine per la pace europea. Se nel dopo guerra immediato l'Entente si rallentò, lo si deve attribuire al movimento francese di dominare militarmente in Europa per sicurezza propria, e profittando della prostrazione temporanea tedesca. Oggi la prostrazione tedesca è superata; oggi la Germania si rialza; oggi la Germania si avvicina a riprendere la sua interezza di azione e di libertà di azione politica e la Francia, messi in disparte i progetti di superdominio militare europeo, cerca sicurezza e tranquillità nell'avvicinamento alla Inghilterra e nelle propagande pacifiche, e l'Inghilterra segue e sviluppa il suo programma di equilibrio europeo da svolgersi sui fulcri principali della Intesa colla Francia e dell'esclusione di alleanze.

L'equilibrio europeo ha per l'Inghilterra come principale scopo la sua sicurezza nei Mari del Nord e della Manica; immediatamente dopo la sicurezza nel Mediterraneo. Non vi è da sorprendersi se, tranquillizzata nel settore Nord l'Inghilterra è più attiva in quello Mediterraneo, equilibrando situazioni di rivalità Franco-Italiane nella penisola Iberica od in quella Balcanica. Questo gioco di equilibramento è tanto più attivo in quanto sono più o meno buone le relazioni tra Italia e Francia: ma noi Italiani dobbiamo tenere sempre presente il fatto che la Francia è fattore assai maggiore del nostro negli interessi politici Britannici e che la politica inglese non è di sentimento ma di realtà e di interessi.

Per quel che concerne i Balcani, vi sono segnali in questi ultimi mesi di un maggiore interessamento Britannico, anche di finanza, per la Jugoslavia. A parte il fatto che nella penisola balcanica il lavorio politico Italiano si è intensificato e quello francese ha fatto altrettanto, e che per conseguenza quello Britannico ha dovuto esso pure divenire più attivo: a parte il fatto che per Londra il gioco di equilibrio Britannico tra le due Potenze in rivalità di superdominio balcanico sta svolgendosi e prende corpo a seconda delle circostanze e degli apprezzamenti che di esse fanno gli Agenti Britannici locali e che ne fa il Foreign Office, vi è un fatto ,speciale da mettere in rilievo, quello cioè che la Finanza Britannica non si è rafforzata dopo la guerra come forza attiva di espansione internazionale, perchè la situazione economica interna, gli impegni Imperiali, la rivalità con l'America, non lo hanno consentito: e che, invece, la finanza francese sta, da due anni a questa parte, preparandosi, se gli eventi interni od esterni non ostacoleranno o non impediranno, non solo alla sistemazione delle faccende interne ma anche a grande espansione, a grande influenza all'estero, specialmente nell'Europa Balcanica, nell'Europa Centro Orientale, nel Levante.

Più che dominio politico, e senza alcuna fondamentale idea di predominio imperiale, la Francia mira a uno sviluppo economico finanziario. L'Inghilterra invece, per ragioni interne ed estere e per ragioni di consolidamento imperiale non è e non può essere, in fase di espansionismo ma in fase di assetto e di consolidamento. La massa di oro metallico che nel 1927-1928 la Banca di Francia si è accaparrata ed ha in gran parte già depositato nelle sue casseforti, la sistemazione monetaria interna operata, da un lato a base oro effettivo e dall'altro con una concomitante larghissima circolazione fiduciaria che consente il buon mercato del denaro, il basso interesse di sconto, l'attiva spinta agli affari, il relativamente e comparativamente non alto prezzo della vita, permettono alla Francia di intravedere entro un periodo di tempo non lungo la possibilità di un largo sviluppo di programma finanziario estero Francese che faccia di Parigi la grande Banca dell'Europa Centrale ed Orientale. Londra non può non sentirlo e non preoccuparsene e possibilmente non trascura di prendere fin d'ora piede, oggi che ancora può farlo, su qualche punto centrale come è la Jugoslavia.

Vi è pure da riflettere che la Jugoslavia è il grande centro Slavo del Sud e che l'Inghilterra non può non avere una politica Slava e non può essere indifferente alle simpatie degli Slavi del Sud nella sua rivalità politica Orientale ed Asiatica cogli Slavi del Nord, coi quali la Germania del dopo guerra ha iniziato una azione politica che alla Gran Bretagna non può essere indifferente.

Queste considerazioni sono, credo, da tenersi presenti nell'analisi della situazione Balcanica di cui si occupa il telegramma-corriere al quale rispondo. Possono servire per la sintesi dell'azione diplomatica e politica nostra a tutela ed a sviluppo degli interessi nostri, e per lo sviluppo coi vicini d'Oriente di queLle relazioni di normale convivenza ed amicizia che interessi politici ed economici sembrano suggerire e che tanto più appariscentemente si intravedono quando, capovolgendo la medaglia, si consideri e si valuti il vincolamento di azione, il restringimento di campo di attività, che relazioni tese con quei vicini comportano.

641

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA

T. GAB. RR. 35/36. Roma, 11 settembre 1928, ore 10.

Decifri ella stessa.

Risulterebbe che, per mezzo del dr. Lorkovic e del signor Percec, direttore del giornale Hrvatsko Pravo, Trumbic e Macek avrebbero fatto esprimere loro preoccupazione perchè altre persone, oltre la S. V., avrebbero mostrato desiderio di entrare con loro in trattative poLitiche, facendosi forti del nome del capo del Governo italiano, e specificando financo rivendicazioni italiane in Adriatico. Tali persone, di cui non è stato fatto il nome, sarebbero: una a Zagabria e due a Vienna, dove avrebbero insistito perchè il barone Sarkotic si recasse a conferire con un fiduciario del Governo italiano.

36 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

La prego di far sapere all'onorevole Pavelic, perchè possa mettere al corrente i suoi predetti colleghi, che nessuno è assolutamente autorizzato a parlare responsabilmente con loro in nome del Governo italiano, all'infuori della

S. V., che trattasi evidentemente di iniziative individuali, da non tenersi in alcun conto, e che ad ogni buon fine darò ordini di far cessare tutte le volte che mi verranno indicati i nomi delle persone che le assumono.

642

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. RR. 36. Roma, 11 settembre 1928, ore 24.

V. E. è da lungo tempo al corrente dell'atteggiamento che il ministro britannico a Belgrado va tenendo in senso nettamente contrario agli interessi italiani. Un incoraggiamento come quello che costantemente riceve il Governo jugoslavo a persistere in una politica di antagonismo all'Italia non potrebbe partire da fonte più pericolosa, per l'autorità e la potenza del paese che rappresenta, che quella del ministro britannico.

Il Governo italiano non ha mai mancato di fare prevalere, di fronte alle notizie sistematiche che glii pervengono sull'azione del signor Kennard, il suo senso di serenità, ben conoscendo che l'opera personale di un uomo disgraziatamente mosso da concezioni tutte proprie, non debba farsi risalire sino al Governo britannico, le cui prove di buona amicizia e di costante obiettività sono troppo al di sopra di questi periferici deviamenti di uomini non sempre atti a dominare il proprio impulso.

È grave pensare che un Governo eccessivo e privo di autocontrollo come quello di Belgrado, che si dibatte per giunta in crisi non certo capace di accrescere il suo senso di misura, possa essere influenzato da un agente così autorevole come il ministro britannico senza poter distinguere fin dove questa influenza promani dal Governo di Londra e da dovi incominci invece quella personale dell'uomo.

Io credo che una situazione di questo genere non possa essere ulteriormente taciuta a codesto Governo senza incorrere nell'addebito di avergli sottratto un elemento di peso nella valutazione della non facile situazione che esiste a Belgrado.

Trattasi però evidentemente di un passo molto delicato che V. E. potrebbe iniziare sondando il terreno, per conoscere se realmente costà si abbia coscienza dell'azione sistematicamente odiosa per l'Italia del signor Kennard. In caso affermativo non sarà difficile far capire che noi non possiamo astenerci dal portare a conoscenza del Governo britannico che riteniamo personalmente quest'uomo come una delle cause dell'inasprimento della questione italiana a Belgrado lasciando a codesto Governo, nel suo altissimo senso di serenità, di apprezzare questa situazione una volta resagli nota.

643

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 4709. Roma, 11 settemb1·e 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 482 (1).

Sarebbe utile che V. E. inducesse codesto ministro degli affari esteri a provocare fin da ora consenso del Gazi al riconoscimento nuovo regno di Albania giacchè il riconoscimento di codesto Governo oltre ad essere un atto di amichevole disposizione verso l'Italia e verso l'Albania sarebbe di sicuro effetto nel vincere le esitazioni di qualche Governo ed abbreviare un periodo di transizione che può, se prolungato, alimentare inconsulti atteggiamenti di ambienti interessati a creare difficoltà.

La prego di tenermi informato dell'esito dei suoi passi.

644

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. 4710/265. Roma, 11 settembre 1928, ore 24.

Faccio assegnamento sopra sua diligenza affinchè appena possibile sia dato

corso da codesto Governo al riconoscimento del regno di Zogu.

Il fatto che un Governo così ben disposto come quello bulgaro tenga so

speso -pur a causa della crisi di gabinetto -un atto che tutti si attendevano

immediato dà agio ad altri Governi più tiepidi di portare anch'essi in lungo

la cosa creando uno stato d'incertezza indubbiamente nocivo.

Prego tenermi informato.

645

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5439/414. Tirana, 11 settembre 1928, ore 19, 45 (per. ore 2 del 12).

Telegramma di V. E. n. 330 (2).

Il sovrano ha apprezzato il gesto di V. E. che, in armonia con la stretta

colllaborazione politica esistente fra i due Governi, ha voluto cortesemente

annunziare la prossima firma del patto di amicizia fra l'Italia e la Grecia. Egli

ha giustamente osservato che il riavvicinamento italo-greco rafforza la situazione

dell'Albania. Nel pomeriggio di oggi il re ha mandato da me il suo ministro

degli affari esteri per esternarmi nuovamente la sua riconoscenza. Mi sono valso della notizia deUa imminenza firma del patto itala-greco per riconfermare presso il sovrano e presso ministro degli affari esteri che riconoscimento del nuovo regime da parte del Governo ellenico è dovuto anche all'influenza politica dell'Italia la cui voce ha assunto ad Atene una particolare autorità.

(l) -T. 5433/482, dell'8 settembre: atteggiamento ostile al nuovo regime albanese della stampa turca. (2) -Cfr. n. 638.
646

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 100/271. Sofia, 12 settembre 1928, ore 12 (per. ore 15,30).

Per lei solo.

Liapceff mi ha dichiarato che qualiunque sia per essere soluzione attuale crisi ministeriale permarrà ben più grave crisi nazionale bulgara determinata da sempre crescente pressione concessioni serbe tendenti con ogni mezzo a raggiungere unione Bulgaria alla Serbia. Per salvare Bulgaria e per garantirle quella indipendenza che è necessaria al suo compito storico politico nei Balcani, concordante con finalità della politica dell'Italia, è necessario concludere matrimonio re Boris con principessa Giovanna.

Avendo io rammentato a Liapceff ciò che gli avevo esposto appena tornato da Roma cioè significativi miei colloqui con le Loro Maestà il re e regina d'Italia e dichiarazioni di V. E. circa appoggio che ella avrebbe dato al re Boris ove questi avesse mostrato maggior decisione di propositi, Liapceff mi ha risposto di avere tutto riferito al re il quale pur sempre fermo nel suo sentimento verso 1a nostra principessa e sempre vivamente desideroso di poter combinare matrimonio, eccepiva tuttavia suo profondo insuperabile scrupolo di coscienza nei riguardi religiosi. Pretesa dei figli maschi tutti ortodossi è ormai abbandonata da questo clero che si attiene alla costituzione imponente ortodossia solo per primogenito trono. Re Boris vorrebbe almeno una. assicurazione del Vaticano che avvenuto matrimonio, nato erede e battezzato rito ortodosso, papa non procederà misure punitive religiose. In tal caso matrimonio potrebbe avere luogo. Il presente telegramma continua.

647

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. P. 101/272. Sofia, 12 settemb1·e 1928, ore 16 (per. ore 17).

Decifri ella stessa. Il presente telegramma fa seguito a quellio col n. precedente. Ho parlato della cosa con monsignor Roncalli. Da complesso tortuoso e ampio della conversazione ho creduto rilevare questo concetto: • Papa e Sacro

collegio, pur amando molto re Boris e comprendendo sua situazione, sono dolenti non poter concedere permesso battezzare rito ortodosso erede Bulgaria se tale permesso venisse richiesto in antecedenza. Se però matrimonio si effettuasse, Santo Padre, in virtù dei poteri a ]lui direttamente provenienti da Dio, in caso di pubblico bene (nel caso attuale il bene d'Italia e quello della Bulgaria oltre il vantaggio presenza di una regina cattolica in paese ortodosso) potrebbe lasciare correre (sic) e non prendere quelle misure che sarebbero normalmente prescritte ». Se così stessero realmente le cose (ciò che potrebbe essere meglio accertato in Italia ove travasi attualmente monsignor Roncalli) forse si potrebbe arrivare ad una soluzione atta a conciliare le difficoltà Vaticano e gli scrupoli di re Boris.

Liapceff mi ha raccomandato nei termini più calorosi e direi quasi più ansiosi di prospettare a V. E. enorme importanza della questione per Bulgaria e per Italia nonchè sua urgenza.

Come ho sopra accennato attività ostile franco-serba diviene sempre più minacciosa ed uno dei suoi scopi essenziali è liquidazione dinastia Coburgo considerata come principale ostacolo fusione serbo-bulgara. Liapceff afferma perciò che occorre agire con massima urgenza e decisione. Raccomanda ancora una volta tener estranea questione duchessa d'Aosta che ha personalmente attivamente Lavorato in Vaticano in favore sua nipote, sorella duchessa delle Puglie, ma senza successo. Popolo e Governo bulgaro e stesso re comprendono matrimonio essere ormai divenuto necessità improrogabile per salvezza Bulgaria: donde colloquio surriferito, che Liapceff mi ha pregato trasmettere subito a V. E.

Il presente telegramma [continua] col n. di protocollo successivo (1).

648

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO

T. 4720/423. Roma, 12 settembre 192,8, ore 24.

Riferimento telegramma n. 4481/416 (2).

Prego V. E. sentir discretamente da codesto Governo quali siano sue intenzioni circa riconoscimento del nuovo regno di Albania. V. E. non nasconderà che il riconoscimento americano, col grande prestigio che circonda ogni atto internazionale di codesto Governo specie nel campo delle serene relazioni tra i popoli, sarebbe di esempio efficace per una rapida chiusura di questa fase di transizione.

Esso avrebbe poi anche ripercussione negli ambienti ove i fuorusciti albanesi cercano di soffiare giacchè è notoria la importanza dei circoli albanesi in

America i quali non potrebbero che rimettersi alla linea di codesto Governo una volta adottata. Anche sotto questo punto di vista il R. Governo vorrebbe sperare perciò che l'atteggiamento americano potesse essere presto e favorevolmente palesato. Prego tenermi informato.

(l) -T. galJ. p. 103/273, pari data: pressioni del deputato Rachko Magiarov, capo della maggioranza, m favore del matrimonio di re Boris con la principessa Giovanna. (2) -Cfr. n. 608.
649

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA

T. GAB. RR. 37/37. Roma, 12 sttembTe 1928, oTe 24.

Decifri Ella stessa.

Per il tramite della R. legazione a Vienna segnalato che il generale Sarkotic sarebbe stato incaricato dalla coalizione di Zagabria, in particolare da Macek e Pavelic, di trattare della questione croata con noi, recandosi eventualmente di persona a Roma accompagnato da persone di sua fiducia per incontrarsi qui con un fiduciario responsabile del Governo italiano. All'uopo Sarkotic domanderebbe particolari misure affinchè non figuri sul suo passaporto il visto italiano. Si chiede risposta sollecita.

Prego V. S. sentire a proposito di quanto sopra Pavelic per opportuna nostra norma telegrafandomi appena possibile.

650

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. RR. 4742/293. Roma, 13 settembTe 1928, ore 24.

Qualora V. S. debba tornare con Venizelos sull'argomento dell'inclusione

del primitivo art. 3 nel testo del patto italo-greco, ella potrebbe, se le circo

stanze le sembrassero favorevoli, prospettargli una soluzione che per molti

riguardi appare anche più conveniente ad ambedue le parti.

Venizelos ebbe a pregarla di farmi confidenzialmente sapere -suo tele

gramma n. 444 (l) -che egli teneva all'art. 3 soltanto per la garanzia che

esso gli rappresentava nei riguardi della gravitazione jugoslava verso Salonicco.

Con ciò Venizelos ha mostrato di vedere esattamente un punto importantissimo

di coincidenza degli interessi italiani e greci e di rendersi conto come solamente

sull'appoggio italiano egli potrebbe eventualmente fare un effettivo assegna

mento per la difesa dalle ambizioni jugoslave delle posizioni elleniche in Egeo

che all'Italia importa per ragioni politiche ed economiche non vengano poste in pericolo.

Le trattative avviate da Venizelos con Belgrado per Salonicco, anche se potranno sul momento condurre a favorevole risultato, non possono certamente illuderlo sull'avvenire. La questione è evidentemente destinata a rimanere tuttavia grave di minacce latenti. In questa condizione di cose, se Venizelos ritenesse, ciò malgrado, più conveniente ai fini della presente fase della sua politica generale, di rinunciare all'inclusione dell'art. 3 in un trattato destinato ad essere reso di pubblica ragione, sarei disposto ad accordargli la desiderata garanzia politica e diplomatica, contemporaneamente alla firma del patto, con un atto a parte -ad esempio mediante uno scambio di lettere -destinato a rimanere del tutto confidenziale, nel quale potrebbero essere riassunti, quasi a commento politico della convenzione pubblica, i rispettivi punti di vista nella questione, che, per quanto concerne l'Italia, si precisano nell'interesse precipuo al rispetto pieno ed intero ed alla valorizzazione crescente della sovranità greca quale è risultata dai trattati di pace.

Alla S. V. non sfuggirà l'importanza che un simile accordo, anche se per ora segreto, potrebbe costituire per noi, per darci modo efficace di esercitare ad Atene una opportuna influenza nelle questioni concernenti Salonicco, nei riguardi dei nostri molteplici interessi in quel punto.

Mi telegrafi non appena possibile se ella ritenga, nel complesso delle circostanze, di poter agire nel senso prospettato presso Venizelos prima che egli giunga a Roma.

(l) Cfr. n. 596.

651

IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 105/102. Zagabria, 14 settembre 1928, ore 21,40 (per. ore 24).

Telegramma di V. E. n. 37/37 (1).

Tredici corrente ho comunicato Pavelich il contenuto citato telegramma. Egli mi ha detto che generale Sarkotich aveva fatto sapere a Macek ed a lui che da parte italiana gli si era fatto comprendere che sarebbe stato opportuno un suo viaggio in Italia per conferire sulla questione croata. Il generale Sarkotich aveva risposto che volentieri si sarebbe recato in Italia se avesse avuto da Macek e da Pavelich pieni poteri. Pavelich per conto suo non li ha dati, lasciando a Macek di fare quanto credeva. Macek ha cercato di annodare relazioni con l'Italia ed ignorava miei rapporti con Pavelich, si mostrò disposto dare poteri Sark1otich, ma in realtà non glieli ha dati. Preme~so ciò, Pavelich mi ha detto che a suo avviso viaggio Sarkotich non nuocerebbe, trattandosi di un grande patriota croato, ma non è prudente, tanto più che potrebbe nascere l'inconveniente che egli si impegni a qualche cosa che vada oltre le intenzioni

del partito, che in tale caso dovrebbe sconfessarlo: mentre trattative dirette in Zagabria eliminano tale eventuale inconveniente. Inoltre viaggio a Roma di Sarkotich non passerebbe certo inosservato al Governo jugoslavo. Osservo per parte mia che dal rapporto della R. legazione in Vienna, cortesemente comunicato con telespresso n. 105 dell'li corrente, si desume che effettivamente è sorta in Vienna idea viaggio Sarkotich, che a ciò sembra sia stato incoraggiato dal suo interlocutore, il quale dice di " aver abilmente posto il discorso sul terreno».

(l) Cfr. n. 649.

652

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5604/1784. Belgrado, 14 settembre 1928 (pe1·. il 21).

Fatto saliente degli ultimi giorni è l'appello al re perchè intervenga a comporre la crisi di stato. È da rilevare che mentre subito dopo l'eccidio del 20 giugno fu fortemente sentita influenza reale (fu il re a chiedere il 7 luglio a Pribicevic .!'.impegno a non volere il distacco del nesso statale) ed essa si mantenne sensibile fino alla morte di Radic, di poi è sembrato come se il re Alessandro si fosse messo in disparte, quasi indifferente. E non vi fu quell'incontro con Pribicevic a Bled reiteratamente annunciato come il fatto che avrebbe iniziato le trattative per il componimento della crisi.

Ora gli appelli si fanno di più in più frequenti partono da Belgrado ma

trovano eco anche a Zagabria. La situazione è fra sovrano e popolo, dicono

Macek e Pribicevic. Il sovrano abbia • mani libere » dice Pribicevic con evi

dente allusione alla camarilla di corte che lo chiude, alla « Mano bianca • che

ne controlla i movimenti, all'alto comando militare che vuole una sua propria

politica e con Pera Zivkovic non si arresta dal ricercare il pieno potere.

In attesa dell'intervento sovrano, la situazione resta stazionaria. I croati

continuano le loro manifestazioni di intransigenza verbale, e pur non chiarendo

le loro complete finalità programmatiche ripetono negl'i ultimi giorni di non

volere uscire dai limiti dello stato. Vi è quindi un concetto limite che segna

già di per sè una direzione.

Belgrado dopo ondeggiamenti e voci contraddittorie ha per ora messo in

disparte la maniera forte, ma la crisi del partito radicale si avvia alla solu

zione Vukicevic, quindi alla prevalenza della concezione centralista serba che

anche i democratici appoggiano.

Ed a far prevalere l'intervento sovrano si afferma cercherebbe presto a

Zagabria i primi contatti il deputato Trifkovich ex presidente della Scupcina.

Ma se Zagabria reclama per un qualsiasi inizio di trattative ii previo sciogli

mento della Scupcina e nuove libere elezioni (in evidente contrasto col con

cetto centralizzatore serbo e gli interessi elettorali radicali e democratici) essa

non ha saputo finora compiere un còncreto atto che dimostri di quale decisa

forza disponga (oltre le affermazioni verbali) per sapere fino a qual punto e come, essa possa resistere a quella di Belgrado. Del rifiuto al pagamento delle tasse non si parla dopo roboanti minacce dei primi giorni; ed il convegno demorurale che si prepara a Sussak e dovrebbe superare quello di Alba Julia non sembra ancora destinato a produrre la impressione che i promotori si ripromettono.

Perciò a meno di impreveduti avvenimenti o di mutamento impreveduto degli spiriti, la missione Trifkovich sembra destinata ad insuccesso, e l'intervento sovrano a non avverarsi, almeno in quelle condizioni di libertà che i preciani augurano pubblicamente. La situazione presente può quindi prolungarsi ancora settimane e settimane e più in là. Il che del resto sembra a me, come sembrò fino dal principio, la situazione più conveniente; il distacco croato o serbiano (difficoltà di reaLizzazioni interne ed internazionali a parte) e la formazione statale indipendente potendo celare pericoli e produrre conseguenze di portata oggi non calcolabile, ed il raggiungimento di qualsiasi forma autonomistica potendo costituire sicuro e definitivo rafforzarsi della Jugoslavia ed all'interno e per la sua politica balcanica.

Il prolungarsi della situazione, l'allontanarsi perciò di un momento critico che esiga l'accorrere di tutte le forze statali al salvamento, permette intanto a Belgrado di cercare di assestare la sua situazione internazionale.

La politica estera S. H. S. è appoggiata da un esercito il quale, sacrificato l'equilibrio del bilancio, e compromessa l'economia generale del paese, coordina la sua azione ai suggerimenti che con costanti contatti gli vengono dallo stato maggiore francese.

Essa si basa sulla Piccola Intesa, sulla alleanza con la Francia, e nelle ultime ,settimane si è valsa di una coincidenza di linee con la politica inglese che le ha offerto insperato appoggio a Sofia e a Tirana.

Nei rapporti nuovi con l'Inghilterra questo ministro Kennard porta una sua acre animosità contro di noi e spiega uno zelo che minaccia persino di divenire ridicolo. Ma in ogni caso essi differiscono sostanzialmente da quelli francesi. I rapporti con la Francia si fondano su motivi permanenti e non facilmente mutabili, quelli con l'Inghilterra su ragioni transitorie. Soprattutto su quanto la crisi croata determina oggi in atto e minaccia per domani in potenza. Perciò per poco che il pericolo di uno smembramento dello stato S.H.S. si al:lontani, noi vedremo subito la linea della politica inglese divergere da quella francese e tornare più vicina ai nostri interessi. Se quindi abbiamo oggi motivo di preoccuparci di tale coincidenza, non ne abbiamo per temerla in modo permanente in questo settore.

Vero è che intanto di ciò la Jugoslavia si giova. Ed infatti lo svolgersi della crisi bulgara è bensì seguìto con moderazione dalla stampa (vi fa eccezione la Pravda di ieri sera che V. E. vedrà nella rassegna e che non tace maligne insinuazioni contro la politica italiana), ma con vera apprensione dai circoli politici. Per poco che la soluzione della crisi sia difforme da quanto si spera e che secondo tale speranza, dovrebbe troncare per sempre ogni attività del comitato macedone, la disillusione sarà forte specie perchè si toccherà con mano, che neanche Francia ed Inghilterra unite sono onnipossenti e l'aculeo macedone massimo ostacolo all'auspicato riavvicinamento, continua fitto ad inceppare liberi movimenti.

Nei riguardi albanesi le notizie raccolte negli ultimi giorni farebbero credere in una prossima decisione di riconoscimento. Certo la mossa greca indebolisce la resistenza di Belgrado, ed ora il telegramma del presidente degli Stati Uniti è altra decisione imbarazzante. Ma deve ritenersi che l'ostacolo al riconoscimento non sia già il titolo di re degli albanesi assunto da re Zogu. L'irredentismo degli albanesi del Kossovese e del Dibrano non sarà minore se Zogu si chiami semplicemente re di Albania, ma esso sarà soltanto in rapporto all'aiuto che verrà da Tirana, alla compressione che Belgrado eserciterà sempre più feroce. L'ostacolo viene dalla sostanza del riconoscimento. Riconoscere re Zogu vuol dire poco o molto riconoscere tutta l'azione ed il sostegno nostro che hanno condotto le cose albanesi al punto di oggi, vuol dire indebolire la posizione che la Jugoslavia intende sostenere per discutere con noi del nuovo patto di amicizia. Questo è il vero punto da superare. Se sarà superato non sarà, secondo me, senza sospetto che dovremo seguire gli affari interni albanesi e dovremo domandarci quali affidamenti Belgrado avrà cercato a Tirana non meno che a Londra e Parigi.

I facili incontri di Ginevra hanno permesso a Marinkovich di cercare nuovi approcci con Atene. La realtà corrisponde al facile ottimismo che si è qui subito diffuso e che ha trovato eco entusiastica neUa stampa? Occorre o che Atene rinunci a difendere le sue prerogative sovrane per il transito, o che Belgrado metta totalmente in disparte i vantaggi accordati da Pangalos. Giungere al punto centrale di compromesso e di comune convivenza, non sembra così rapido ed agevole come si è strombazzato. Ma anche ammesso che per salvare le apparenze si arrivi ad un accordo su Salonicco e magari anche ad un patto di amicizia, le conclusioni potranno avere poco consistente valore formale, ed essere una di quelle tante consacrazioni contrattuali dalle quali le diplomazie odierne non sanno sottrarsi, ma che hanno ben scarso significato fondamentale. Intanto non è da trascurare che questa stampa ha appena accennato al riconoscimento del nuovo regime albanese fatto dalla Grecia, che non ha riportato le critiche dei giornali greci sull'atteggiamento jugoslavo, che tenta fin d'ora di togliere valore ed importanza all'annunziato patto di amicizia fra Grecia e noi.

I facil!i contatti sono per certo serviti a Marinkovich anche per assicurarsi favore per quelle che saranno le prossime discussioni con l'Italia. Approvato Nettuno, soddisfatta completamente l'Italia per gli incidenti dalmati, Marinkovich sente rafforzato il suo puro animo di grande statista internazionale e si crede fortemente autorizzato a cercare consensi ed appoggi. Due ore di colloquio con Briand è uno dei pochi ma più sicuri significativi sintomi. Ne vedremo certo tra breve i risultati. Intanto la stampa di opposizione e Pribicevich non gli risparmiano il ridicolo (1).

• Ovvio che diplomazia francese ed inglese si preoccupino di uno stato di cose che un nulla può precipitare quando si pensi alla catastrofica situazione economica, alle difficoltà di politica estera, agli altri irredentismi ed autonomismi che possono agevolmente suscitarsi per poco che preciani accennino ad ottenere un qualche risultato.

Sembra perciò possa affermarsi che tutta odierna azione balcanica che riunisce Francia ed anche Inghilterra in una linea non confc,rme nostri interessi (passo comune a Sofia, asserita azione inglese a Ginevra presso delegazione greca per questione Salonicco, non celato malumore di entrambi per cambiamento regime albanese) sia tutta in dipendenza della necessità di evitare il dissaldarsi di questo stato ».

(l) Cfr. anche quanto aveva comunicate. lo stesso Galli con t. 5460!733 dell'8 settembre:

653

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. 4771/242. Roma, 15 settembre 1928, ore 24.

Prego V. S. informare codesto Governo in via strettamente confidenziale che il R. Governo e il Governo ellenico si sono accordati per la conclusione di un patto di amicizia collaborazione e regolamento giudiziario.

V. S. potrà mettere in opportuno rilievo tale comunicazione come prova del leale ed amichevole atteggiamento del R. Governo verso il Governo di Ungheria.

654

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. 4772/422. Roma, 15 settembre 1928, ore 24.

Prego V. E. portare a conoscenza codesto Governo che il R. Governo e il Governo ellenico si sono messi d'accordo per stipulare un trattato di amicizia, collaborazione e regolamento giudiziario. Notizia ha per ora carattere confidenziale.

655

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. GAB. RR. 40/280. Roma, 15 settembre 1928, ore 24.

Decifri eLla stessa.

Dirigenti coalizione croata di Zagabria hanno fatto esprimere preoccupazioni loro e del generale Sarkotic per il fatto che recentemente a quest'ultimo si sarebbero presentate a Vienna due persone che dichiarandosi autorizzate a trattative politiche in nome del capo del Governo italiano, avrebbero invitato il predetto generale ad un colloquio in territorio estero con un fiduciario del Governo italiano, iniziando senz'altro negoziati su pretese rivendicazioni territoriali italiane in Adriatico. Il Sarkotic avrebbe preso tempo per rispondere ed avrebbe intanto ·consultato Zagabria.

La prego di richiamare ad ogni buon fine sopra tale segnalazione attenzione di Mazzotti. Contatti con Sarkotic costà debbono rimanere fino a nuovi e precisi ordini unicamente informativi all'infuori di qualsiasi pressione o trattativa di dettaglio del tutto fuori luogo. Il Sarkotic sa ormai che qualsiasi comunicazione concreta egli vog1ia farci pervenire ne ha sicuro mezzo sia pel tramite di codesta legazione che per quello di Zagabria.

656

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5522/497. Atene, 15 settembre 1928, ore 24 (per. ore 3,50 del 16).

L'interessante tentativo di cui è oggetto il telegramma V. E. n. 4742/293 (l) non può essere da me effettuato che personalmente presso Venizelos giacchè Tsamadòs il quale, giusto quanto ho riferito col mio telegramma n. 476 e col mio telespresso n. 4834/663 rispettivamente in data 5 e 6 settembre, era già molto restio al ripristino dell'articolo terzo, si è ora (avendo io fatto qualche nuovo approccio in tal senso) mostrato nettamente contrario alla sua inclusione. Data la delicatezza, complessità ed alto interesse dell'argomento quale ora si prospetta in base al citato telegramma di V. E., non mi conviene pertanto comunque pregiudicarlo abbordandolo in tali condizioni con Tsamadòs. Anzi, avendomi quest'ultimo parlato ieri sera di procedere alla parafatura del testo concordato, ho stimato ,conveniente dichiarargli che ero pronto ad effettuarla. Non è facile spiegare questo atteggiamento di ferma per quanto cortese, resistenza di Tsamadòs, ma certamente esso dev'essere posto in relazione cogli sforzi già attivissimi, intensificatisi ancora negli ultimi giorni, sia da Parigi che da Ginevra (e che sono intervenuti dopo la mia conversazione da me riferita col telegramma n. 444 del 28 agosto) (2) per cercare di convincere il Governo greco dello spirito concilliante che Briand starebbe inculcando a Belgrado per la soluzione della questione di Salonicco. Parlerò dunque direttamente a Venizelos, ma non posso precisare il momento perchè dovrò cogliere le circostanze in cui posso farlo più liberamente ed opportunamente. E siccome per effetto della eccessiva fatica procurata dalle visite di membri del Governo per affari di stato, Venizelos ha avuto una lieve ripresa di febbre in seguito alla qual~ gli è stato ordinato rigoroso riposo, è probabile che tale opportunità non mi si presenti se non a bordo durante tragitto che io ho fatto in modo che si scegliesse via Napoli anzichè Brindisi espressamente per strappare ai medici il permesso di partenza in quanto è meno stancante.

Le direttive di cui al citato telegramma di V. E. n. 293 offrono orizzonte molto più vastu ed applicate potrebbero riuscire davvero di altissimo interesse per noi, facendoci conseguire una posizione di primo ordine in tutto questo settore. Farò dunque tutto il possibile valendomi beninteso con la necessaria cautela, di tutti argomenti opportuni, per tentare di pervenire alla loro anche parziale realizzazione, ma non posso nascondere l'impressione che, malgrado il suo probabile intimo desiderio di seguirei, Venizelos si lasci trattenere dalla tema di compromettersi troppo agli occhi franco inglesi e ginevrini, legandosi a noi con un atto speciale (lettere od altri documenti) sia pure confidenziali. Intanto devo far presente ad ogni buon fine che Me1as mi ha riferito confidenzialmente esser rimasti qui abbastanza impressionati, subito dopo la sensazione di recente prodotta dal nostro atteggiamento (per quanto pienamente giustificato) di fronte al passo franco inglese a Sofia, dal fatto che nella nostra stampa, la questione della Macedonia greca (alla quale si annette da questa opinione pub

blica altissima importanza) sia stata trattata in senso nettamente anti greco. Così, mi faceva rilevare Melas, nel Lavoro di Genova del 23 agosto; così neL Mezzogiorno di Napoli pure del 23 agosto; così anche in un recente numero di Roma Fascista. Naturalmente l'argomento della stabilizzazione della Macedonia greca nel quadro delle attuali trattative sarà tra quelli da portare a sostegno della nostra tesi parlando con Venizelos. Ed ora, dopo invocato l'aiuto celeste perchè consenta finalmente la partenza senza ulteriore attacco " dengue •, devo soltanto segnalare un incremento di subdola campagna dei giornali realisti di più ac.canita opposizione, i quali al solo scopo di creare difficoltà a Venizelos (rimasto come è noto correttissimo in tutta questa faccenda) pubblicano sarcasticamente, parlando del patto italo-greco, che egli si è assicurato dall'Italia affidamento circa il regime scuole confessionali degli ortodossi nel Dodecanneso.

(l) -Cfr. n. 650. (2) -Cfr. n. 596.
657

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5531/498. Atene, 16 settembre 1928, ore 13,30 (per. ore 18).

Mio telegramma n. 497 di ieri (1).

Giornale venizelista Elefteron Vima constata in articolo di fondo, non senza una certa preoccupazione, come analog,amente al punto di vista di recente sostenuto dall'on. Polverelli nel Popolo d'Italia, si sia determinata nella stampa italiana una corrente tendente a risollevare una questione macedone contrastante coi diritti sanciti alla Grecia dai trattati in vigore. Resta inteso che salvo ordini telegrafici urgenti in contrario che V. E. giudicasse necessario impartirmi mi varrò opportunamente degli approcci previsti nel senso indicatomi col telegramma riservatissimo di V. E. n. 4742/293 (2), per tranquillizzare Venizelos su questo punto assai delicato della politica balcanica.

658

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A BUENOS AIRES, MARTIN FRANKLIN, A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A MADRID, MEDICI, A MOSCA, CERRUTI, A PARIGI, MANZONI, A RIO DE JANEIRO, ATTOLICO, A WASHINGTON, DE MARTINO, AI MINISTRI AD ATENE, ARLOTTA, A BERNA, PIGNATTI, A VARSAVIA, MAIONI, A VIENNA, AURITI, E AL CONSOLE GENERALE A MONACO DI BAVIERA, SUMMONTE

T. GAB. PER CORRIERE RR. 41. Roma, 17 settembre 1928, ore 18.

Da distruggere dopo presane conoscenza dandone assicurazione.

Ella avrà indubbiamente seguito attraverso le informazioni della stampa la gravissima crisi interna prodottasi in Jugoslavia all'indomani dei recenti sanguinosi avvenimenti alla Skupcina.

La tragedia della Skupcina non è stata che l'occasione determinante di una situazione che andava maturandosi da anni, da quando cioè la formazione postbellica del regno S.C.S. ha stretto in uno stato unitario popoli di storia, di civiltà e di interessi diversi e distanti, col predominio di uno solo di essi. Il conflitto tra il popolo croato, occidentale, ricco di antica civiltà e di prosperità materiale, e quello serbo balcanico e orientato a Levante, era fatale.

La questione croata, la questione cioè della difesa della esistenza e dell'indipendenza del popolo croato, è stata posta, oramai, in forme pacifiche e legali, ma in termini precisi ed inequivocabili, innanzi all'opinione pubblica mondiale. Essa è stata, anzi, dallia coalizione che da Zagabria dirige il movimento croato, già impostata innanzi ai circoli responsabili della politica internazionale, colle due proteste recentemente dirette tanto alla conferenza interparlamentare ultimamente tenutasi a Berlino, quanto alla presente assemblea della Società delle Nazioni, per denegare alle due delegazioni jugoslave il diritto di rappresentare il popolo croato. Consta, del resto, che i croati intendono proseguire ulteriormente, anche sotto altre forme, la loro azione di protesta contro Belgrado presso la Società delle Nazioni.

In tale condizione di cose chiunque abbia veramente a cuore gli interessi della pace deve preoccuparsi di una situazione che appare giornalmente più tesa e grave di incognite anche perchè favorisce le manovre sporadicamente già in atto di agenti sovversivi e che presenta d'altra parte assai scarse probabilità e convenienze di essere risolta con soluzioni di momentaneo compromesso che non diano soddisfazione alle aspirazioni di indipendenza dei croati.

Il Governo italiano segue, da parte sua, la situazione con vigile senso di responsabilità. Esso deve, naturalmente, riservarsi, per il momento in cui lo crederà opportuno e necessario, ed a favore della sola soluzione che appare, oltre che rispondente a giustizia, la sola veramente atta ad eliminare pericolose situazioni avvenire, quella del riconoscimento dei diritti della Croazia.

Il Governo italiano è sospinto, del resto -ed è su questo punto che, per

intanto, credo utile richiamare subito la sua attenzione -dal sentimento una

nime dell'opinione pubblica in Italia. Il generoso popolo italiano ha dimenticato,

in questo momento, di fronte all'appello che gli giunge da Zagabria, ogni diver

genza passata e presente che, artatamente, ha potuto essere fomentata per porlo

in conflitto coi croati, per ricordare soltanto come la sua attuale incrollabile

forza politica trovi l!e sue prime radici nel lungo martirio sofferto per la difesa

e la ricostruzione della sua unità etnica e statale, e per sentirsi solidale con un

popolo che, attualmente, a contatto con terre italiane recentemente restituite

con lungo sacrificio di sangue alla patria, lotta per la stessa vittoria che gli

italiani hanno raggiunto malgrado ogni più dura pressione ed oppressione, contro

l'indifferenza o l'avversione altrui.

Quanto sopra è bene ella tenga presente perchè, venendo in discorso costà

l'argomento della presente situazione croata, abbia norma di questa tendenza

dell'opinione italiana per disporre, in modo accorto, coloro che realmente si

preoccupano di allontanare i pericoli della pace e di rispettare le giuste aspira

zioni dei popoli civili, a comprendere ed a favorire l'a causa per la quale si

muove compatta tutta la Croazia.

(l) -Cfr. n. 656. (2) -Cfr. n. 650.
659

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 55421760. BeLgrado, 17 settemb1·e 1928, ore 20,50 (pe1·. ore 23,55).

Riconoscimento nuovo regime Albania per il quale furono ieri sera telegrafate istruzioni a incaricato affari S.H.S. a Tirana implica ammissione azione italiana che ha condotto a questo nuovo stato di cose. E perciò discussione che Jugoslavia vorrà avere con noi a proposito Albania sarà per questo punto compromessa.

Circostanza che questo riconoscimento abbia luogo prima di quello inglese e francese e dopo che ministro Inghilterra aveva gridato con comico sdegno per titolo assunto da re Zogu non è neanche priva significato e forse non è fuori di luogo pensare a segreti contrasti (l) tra Zogu e Marinkovic.

Tutto ciò quindi non deve !asciarci senza fissare ogni nostra sospettosa attenzione su quanto può avvenire in Al!bania e sulle ripercussioni di carattere mternazionale che S.H.S. d'accordo con Inghilterra e Francia potrebbero trarne per portare questione albanese a Ginevra.

Importante articolo di Balugcich sulla PoHtika che trasmetto per corriere e che marca la libertà di ordine e la indipendenza di re Zogu di fronte a noi mi sembra meriti essere rilevato attentamente.

660

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. 4776/345. Roma, 17 settembre 1928, ore 24.

Ritengo che il riconoscimento americano (2) aprirà la serie dei riconoscimenti degli altri Governi finora indugiatisi in esitazioni e consultazioni reciproche. Quest'altra tappa del consolidamento de.tla nostra azione in Albania può considerarsi quindi ·Compiuta. Debbo esprimere a lei il mio compiacimento per l'opera abile e sicura spiegata e per quest'altro servizio reso alla causa della nostra affermazione balcanica.

(l) -Sic, ma deve probabiìmente leggersi «contatti». (2) -Sul riconoscimento americano del regno d'Albania, cfr. Foreign Re!ations of the United States, 1928, I, pp. 845-852.
661

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. SS. SUE MANI. Tirana, l 7 settembre 19 2 8.

Ringrazio vivamente V. E. per aver voluto, con telegramma n. 311 del 1° Settembre (l) approvare il mio operato circa la firma della convenzione miliitare fra Italia e Albania.

Mi onoro di rimettere qui acclusi i testi originali, in lingua italiana ed in lingua albanese, della convenzione stessa, firmata in Tirana il 31 Agosto u. s. (2) da me e dal Colonnello Pariani, come Plenipotenziari italiani, e dal Ministro degli Affari Esteri e dal Colonnello Aranitas, Capo delle Forze Armate, come Plenipotenziari albanesi. Unisco altresì l'originale dei pieni poteri concessi da

S. E. il Presidente della RepubbLica ai Rappresentanti dell'Albania. Tale secondo documento porta la firma di Ahmet Zogu, e la controfirma di S. E. Ilias Vrioni, Ministro degli Affari Esteri.

I Plenipotenziari Albanesi sostenevano la tesi, non infondata, che i loro pieni poteri dovessero soltanto esserci esibiti, e non già consegnati. Ho fatto invece trionfare la tesi che il documento dovesse essermi consegnato. Questo Governo ha naturalmente chiesto che anche io esibissi e consegnassi i nostri pieni poteri: ma ho trovato modo di non dare corso alla richiesta.

Devo chiarire che avendo il Colonnello Pariani condotto tutte le trattative per la conclusione della convenzione, io avevo lasciato a lui la cura di concordare anche le modalità della firma. Solo all'ultimo momento il Governo Albanese eccepì al Colonnello Pariani l'impossibilità per il Presidente della Repubblica di firmare la convenzione e mi propose di delegare la firma al Ministro degli Affari Esteri e al Comandante delle Forze Armate. Si imponeva una decisione immediata ed io giudicai convenisse accettare il punto di vista albanese, integrandolo con la richiesta dei pieni poteri.

Confermo a V. E. quanto feci presente col mio telegramma del 31 Agosto

n. 374 (3) e cioè che la procedura adottata è del tutto conforme alla costituzione vigente al 31 Agosto. Un eventuaLe rinvio della formalità della firma ci avrebbe esposto al pericolo di dover accontanterci di un documento non formalmente valido, visto ·Che l'indomani, 1° settembre, l'Assemblea Costituente avrebbe dato i suoi primi colpi di piccone alla vecchia costituzione mentre era assai incerto quando la nuova • Charta • sarebbe entrata in vigore (pare fra due mesi).

Data la forma più solenne assunta dalla stipulazione dello strumento militare italio-albanese avrebbe potuto nascere • a posteriori • il dubbio che esso fosse soggetto a ratifica Parlamentare. Ho evitato tale inconveniente facendo aggiungere all'Articolo 16° dell'accordo la dichiarazione che esso • entra in vigore nello stesso giorno della sua firma •.

Mi corre l'obbligo di segnalare a V. E. le benemerenze acquistatesi dal

R. Addetto Militare Colonnelllo Pariani che non solo ha provveduto al disegno

generale della convenzione ma si è assunto il non facile compito di negoziarne

le singole clausole con il Presidente della Repubblica.

La Convenzione regola l'organizzazione militare albanese in tempo di pace

e sancisce la portata, nonchè la esplicazione della mutua collabor·azione itala

albanese in tempo di guerra.

Per quanto riguarda l'organizzazione dell'Esercito Albanese il Colonnello

Pariani aveva in un primo tempo ideato e proposto al R. Ministero della Guerra

l'invio in Albania di una missione militare italiana, incaricata dell'alta organiz

zazione dell'esercito albanese. Per ragioni che feci a V. E. presenti con motivato

rapporto io mi dichiarai contrario all'invio di tale missione. Il Colonnello Pariani

ha finito per sposare il mio punto di vista e difatti con la convenzione in parola

egli ha commesso la suprema organizzazione militare albanese ad un alto Con

sigliere del Capo dello Stato, coadiuvato da un gruppo di nostri ufficiaLi, che

vengono tutti assunti in servizio per un periodo di sette anni, nell'esercito alba

nese (vedi articolo 8 ed allegato n. 1).

Sembrandomi che uno dei principali obiettivi da raggiungere fosse quello di assicurarci, in tempo di guerra, la libera disponibilità delle coste albanesi e del suo territorio ho suggerito al Colonnello Pariani di precisare all'Articolo 4° che al Comando in Capo delle Forze Alleate è commesso altresì il compito di fissare: • i mezzi bellici da impiegare e la relativa organizzazione •. La formula da me suggerita non contiene alcun accenno territoriale, ·che invece è implicito. Essa è passata completamente inosservata ai negoziatori albanesi ed è stata quindi accolta nel testo definitivo de11la convenzione.

Il progetto che era stato sottoposto a V. E. non conteneva un cenno circa la durata della convenzione. Pokhè all'Articolo 8° era espresso il termine di sette anni ho creduto, ad evitare ogni dubbia interpretazione, di fare introdurre all'Articolo 15 l'espressa dichiarazione che la Convenzione Militare avrà la stessa durata del trattato di Alleanza. Il Colonnello Pariani ha sempre gradito il concorso che ho potuto dargli in questa materia che essendo di natura squisitamente tecnica sfuggiva alla diretta competenza del Capo della Missione diplomatica. Nella ideazione generale della convenzione così come nel condurre il non facile negoziato, il Colonnello Pariani ha dato nuove chiare prove della sua alta capacità, e dell'ascendente ·che egli ha saputo guadagnarsi in questi ambienti. Mi permetto proporre a V. E. che gli sia diretto un segno di gradimento del R. Governo per l'opera da lui prestata.

(l) -T. gab..33/311, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 611. (3) -T. gab. s. 86/374, che non si pubblica.
662

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. S. SUE MANI. Tirana, 17 settembre 1928.

Trasmetto a V. E. copia di un documentato rapporto in data 8 Settembre (1), che il R. Addetto Militare dirige al Ministero della Guerra e con il quale egli avanza importantissime proposte circa l'ordinamento de.ll'alto Comando albanese.

(l} Non si pubblica.

37 -Documenti dipLomatici -Serie VII -Vol. VI

La questione dell'Alto Comando sorse durante le trattative per il Trattato di Alleanza difensiva. Avendo Zogu preteso inserire nel Trattato una clausola in forza della quale il Comando in Capo delle truppe interalleate in Albania veniva affidato al Comandante Supremo delle truppe albanesi, io, fatta riserva dell'approvazione di V. E., sostenni che si poteva ammettere la richiesta albanese a condizione che la nostra concessione fosse solo fittizia, e cioè per il pubblico, mentre in pratica il comando effettivo delle truppe alleate avrebbe dovuto spettare all'Italia. Nell'impossibilità di precisare tale concetto nel testo del trattato, chiesi che fra i due governi si procedesse anche alla conclusione di una convenzione militare a integrazione del Trattato, nella quale oltre a precisare il punto suddetto si sarebbe contemplata anche tutta la materia concernente la organizzazione in tempo di pace dell'esercito albanese, e si sarebbe inoltre provveduto a stabilire tutte le misure necessarie per la collaborazione fra i due eserciti in caso di ostilità.

Il Presidente della Repubblica accettò la mia proposta, e subito dopo la firma del Trattato di Alleanza, il Colonnello Pariani venne da V. E. autorizzato a negoziare la Convenzione Militare, finalmente stipulata il 31 Agosto u. s. (1).

La questione dell'Alto Comando in tempo di guerra è stata assai brillantemente risoluta con la convenzione suddetta. Non meno complessa si presentava però la questione dell'organizzazione dell'Alto Comando albanese in tempo di pace. Ascendono oramai a oltre un centinaio gli ufficiali italiani che, in qualità di organizzatori, prestano servizio nell'esercito albanese, vestendone l'uniforme.

Sebbene tra il detto personale militare figurino vari ufficiali superiori, è tuttavia finora mancato nella scala delle gerarchie un ,capo cui fosse commessa la responsabilità della complessa organizzazione, e che avesse inoltre i poteri necessari per controllare, nel seno stesso dell'esercito aJibanese, lo sviluppo del nostro programma e per segnare di questo, con opportune direttive, le successive tappe.

È ben vero che il Colonnello Pariani ha supplito di persona a questa deficienza, impartendo le direttive necessarie, e correndo ai ripari tutte le volte che il nostro programma incontrava improvvise resistenze. Egli ha inoltre accortamente orientato il Presidente della Repubblica, oggi Sovrano d'Albania, verso le mete da raggiungere. Ma tale sua attività ha avuto necessariamente un carattere del tutto confidenziale e segreto, data la veste di R. Addetto Militare, che egli qui ricopre.

Nel corso delle trattative per la convenzione Militare il Colonnello Pariani è riuscito a risolvere anche il problema dell'alto Comando in tempo di pace, ottenendo che il Capo dello Stato prendesse accanto a sé come Alto Consigliere Militare un Colonnello dello Stato Maggiore Italiano, coadiuvato da un gruppo di ufficiali dello ,stesso corpo. Tutti i predetti ufficiali passerebbero al servizio dell'esercito albanese e ne vestirebbero tutti l'uniforme. La soluzione studiata dal Colonnello Pariani mi sembra assai felice. Essa evita infatti tutti gli inconvenienti cui avrebbe dato luogo la creazione presso l'esercito albanese di una missione militare italiana, secondo la proposta che in un primo tempo aveva avanzato lo stesso Addetto Militare.

Con il rapporto che ora il Colonnello Pariani dirige al Ministero della Guerra egli avanza alcune proposte le quali integrano e completano la soluzione contemplata nella convenzione militare. Il Colonnello Pariani ha anzi redatto un vero e proprio regolamento che affida i supremi poteri direttivi ad una segreteria miliitare composta dall'anzidetto gruppo di ufficiali dello Stato Maggiore Italiano. In base a tale congegno passa nelle mani del Colonnello di Stato Maggiore Italiano, capo della segreteria militare, tutta l'organizzazione dell'esercito albanese. Detto ufficiale diventerebbe il collaboratore più intimo deL Sovrano da cui ripeterebbe autorità e poteri su tutte le gerarchie militari albanesi. D'altra parte nella Segreteria militare resterebbe accentrato tutto il lavoro concernente gli studi dell'organizzazione militare sia per il tempo di pace che per il tempo di guerra, sicchè la segreteria stessa diventerebbe un vero e proprio gabinetto di stato maggiore.

La più grave difficoltà che tuttavia si presenta per l'attuazione del programma studiato dal Colonnello Pariani è quella della scelta dell'ufficiale Superiore da mettere a Capo della Segreteria Militare. Qualunque fossero le doti dell'ufficiale a ciò prescelto, egli solo dopo molto tempo riuscirebbe forse ad accattivarsi le simpatie del Sovrano, e ad impadronirsi di tutta la complessa organizzazione Militare, che il Colonnello Pariani ha qui trovato appena in embrione, che in un anno e mezzo di intenso lavoro egli ha portato all'efficienza attuale. Devo poi aggiungere che per quanto grandi fossero lo spirito, le attitudini e la volontà di mutua collaborazione fra il detto Capo della segreteria militare ed il R. Addetto Militare sarebbe inevitabile il sorgere di un dualismo, o per lo meno il pronunciarsi di un conflitto di attribuzioni o di tendenze, non per certo favorevole allo sviluppo della nostra azione in Albania.

Tale difficoltà può essere a mio avviso eliminata in un sol modo: togliendo

al R. Addetto Militare ogni suo special!e compito circa la organizzazione del

l'esercito albanese, e concentrando tutte le facoltà relative a detto compito nelle

mani dell'Alto consigliere del Sovrano, Capo della sua Segreteria militare. Ag

giungo poi in modo esplicito che il R. Governo dovrebbe chiedere al Colonnello

Pariani il sacrifido di lasciare la sua attuale carica per andare ad assumere

quella di capo della segreteria del Sovrano.

A me risulta che il Colonnello Pariani, con il quale ho discusso la materia,

prova una indicibile riluttanza all'idea di vestire la uniforme albanese. Ma io

sono sicuro che il suo spirito di sacrificio finirebbe per prevalere, ove il R. Go

verno gli chiedesse di completare un'opera cui egli si è dedicato con tanto fervore,

riuscendo in maniera brillante là dove la maggiore parte dei suoi colleghi

avrebbe certamente fallito al compito. Il Colonnello Pariani infatti oltre a pre

clare doti militari, possiede qualità di carattere del tutto personali che hanno

contribuito a renderlo particolarmente accetto al Sovrano, sul quale ha conqui

stato un grande ascendente, e che gli hanno assicurato una speciale situazione

di prestigio negli ambienti militari albanesi.

Sarebbe certamente assai spiacevole se le resistenze del Colonnello Pariani

non potessero esser vinte e se noi dovessimo esporci alla gravissima alea di chia

mare al posto di consigliere militare del Sovrano qualcuno che, non per difetto

di virtù militari ma per una disgraziata incapacità di adattamento alle peculia

rità dell'ambiente, non riuscisse a conquistare quella autorità, stima e considerazione che il Pariani già possiede e che costituiscono un prezioso elemento che sarebbe per lo meno incauto non continuare a ,sfruttare a vantaggio della nostra situazione in Albania.

È probabile che il Colonnello Pariani, se mai dovesse accettare la carica suddetta, vorrebbe forse mettere alcune precise condizioni concernenti sia lo sviluppo del programma militare in Albania, sia i mezzi di cui egli dovrebbe disporre.

Io sono sicuro che il Colonnello Pariani troverebbe presso la persona del Ministro degli Esteri comprensione ed appoggio.

Con il passaggio del Colonnello Pariani nelle file dell'esercito albanese dovrebbe a mio avviso essere ridotto a semplici mansioni di carattere amministrativo e contabile, per il numeroso personale qui esistente, l'ufficio del R. Addetto Militare, che finora ha esercitato opera che investendo tutta l'organizzazione dell'esercito albanese doveva necessariamente sfuggire in parte alla diretta dipendenza dal Capo della Missione diplomatica. Non giudico opportuna la soppressione del posto, per ovvie ragioni; l'ufficio dovrebbe a mio avviso essere d'ora innanzi affidato ad un ufficiale di grado non troppo elevato.

Con l'organizzazione da me prospettata in questo rapporto dovrebbero tuttavia anche essere chiaramente precisate le mansioni del Capo della Segreteria sia per quanto riguarda gli studi sulla situazione • Politico Militare • sia circa il suo intervento nel consiglio dei Ministri albanese quando questo trattasse di questioni • Politico Militari •, punti dei quali è cenno ai capoversi terzo e quinto dell'accluso rapporto del Colonnello Pariani. La storia dimostra quanto fatale sia ogni interferenza dell'elemento militare nel campo politico e viceversa. L'Italia ha di ciò fatto dolorosa esperienza.

La presenza del Colonnello Pariani a Capo della Segreteria costituirebbe anche a tali effetti una completa garanzia. Da un anno e mezzo noi collaboriamo con assoluta unità di direttive. Tuttavia è bene che venga chiaramente determinato il campo delle competenze perchè gli uomini si alternano e la capacità di mutua ,comprensione può far difetto qualunque siano le doti di chi sarà destinato a succederei.

Su questo argomento io mi riserverei, a richiesta di V. E., di sottomettere alcune proposte concrete dirette a delimitare in maniera per quanto possibile precisa la sfera d'azione delle Autorità Italiane in Albania.

(l) Cfr. n. 611.

663

IL MINISTRO A BERNA, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5562/283. Berna, 18 settembre 1928, ore 13,05 (per. ore 17,10).

Il presente telegramma fa seguito a quello avente il numero di protocollo precedente (1). Mi sono doluto aspramente, ripeto aspramente, col signor Schultes per l'atteggiamento assunto dipartimento politico in questa circostanza e gli ho do

mandato se dovevo dedurne che le relazioni di reciproca amicizia fra la legazione e il consiglio federale fossero cessate. Presidente della confederazione mi ha dato le più ampie formali calorose assicurazioni al riguardo e mi ha detto che il comunicato in questione non era del consiglio federale, però non ha potuto escludere che emanasse dal dipartimento federale giustizia e polizia. Ho rammentato al presidente che V. E. si è prestato con spirito largamente volenteroso a risolvere incidenti gravi, come ad esempio quello dei soldati svizzeri che hanno cantato a Lucerna canzoni offensive per l'Italia e la sua bandiera. Longanimità italiana era stata compensata con un linquaggio stampa della maggiore sconvenienza inteso a gonfiare sulla base notizie false o insussistenti, affare Rossi ed ora autorità federale favorisce per di più colla propalazione di notizie sensazionali tale stato d'animo. Sapevo benissimo che questa eccitazione antifascista e antitaliana ttveva una base elettorale, ma io dovevo attirare attenzione del consiglio federale sul pericolo di prestarsi qualunque sia manovra intesa prendere di mira un paese amico. V. E. sa che in parecchie occasioni ho invocato benevolenza dell'E. V. per il componimento di incidenti con la Svizzera. Sono del parere che sia giunto il momento di cambiare tattica nell'interesse superiore della difesa nostra organizzazione fascista in questo paese. Social-comunisti sono riusciti a terrorizzare partiti borghesi, preoccupati quest'ultimi di perdere loro posizione nelle prossime elezioni. Affare Rossi rappresenta una insperata fortuna per la campagna elettorale social-comunista. Su di esso si è innestato affare Vezzari. Ho descritto da tempo questo losco figuro a codesto ministero affari esteri, proponendo anche un provvedimento che non ha avuto luogo e che se applicato avrebbe messo Vezzari fuori questione. Se V. E. giudicherà possibile ed opportuno si tenga ora un linguaggio fermo ondata anti-fascista sovversiva svizzera sarà ben presto infranta.

Il 23 corrente inaugurerò teatro a Soletta e se circostanze del momento me lo consentiranno terrò ai camerati colà adunati un linguaggio ultra fascista facendo pubblicare discorso.

(l) T. 5559/282, pari data: risentimento di Pignatti contro le autorità svizzere perchè queste hanno definito in un comunicato ufficiale « agenti della polizia italiana • i due funzionari Vezzari e Compagni, accusati di spionaggio.

664

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 4811/303. Roma, 18 settembre 1928, ore 22.

Suo telegramma n. 498 (1).

Accenni contrastanti con interessi greci che V. S. mi segnala in recenti pubblicazioni della stampa ital,iana sull'argomento generale della questione macedone sono evidentemente dovuti ad inesatta conoscenza di tutti i termini del problema in relazione sopratutto alle direttive attuali della nostra politica verso la Grecia. Ella può ad ogni modo tranquillizzare Venizelos su questo punto tenendo presente punto di vista che le ho riassunto nel mio telegramma riservatissimo n. 4742/293 (2).

(]) Cfr. n. 657.

(2) Cfr. n. 650.

665

IL MINISTRO A BERNA, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5563/285. Berna, 18 settembre 1928, ore 20,25 (per. ore 22,50).

Miei telegrammi 282 e 283 (1).

In una seduta ieri al Gran Consiglio a Bellinzona, capo dipartimento polizia cantonale ha fatto lunga dichiarazione diramata stamane alla stampa, sull'inchiesta in corso riguardo affare Vezzari e Compagni. Egli ha detto fra l'altro:

• È accertato che esiste se non una vera organizzazione, almeno degli agenti di spionaggio aventi rapporti segreti con personaggi ufficiali benché secondari in Svizzera e in Italia •.

Ho rinnovato protesta al dipartimento politico perché ne informi presidente. Ho detto che non sono disposto tollerare che buon nome dei funzionari italiani posti a mia dipendenza sia trascinato nel fango. Non essere conforme tradizionali relazioni cordiali e amicizia esistente fra i nostri paesi di dare in pasto a un pubblico eccitato notizie sensazionali che hanno conseguenze nefaste. Se Governo federale avesse ragione di dolersi azioni spionaggio da funzionari italiani, esso dovrebbe per correttezza discutere il caso con me, prima di far;,ne oggetto pubblicità. Mi è stato risposto che il caso essendo in mano alla polizia, il dipartimento politico non poteva intervenire. Il presente telegramma continua.

666

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BERNA, PIGNATTI

T. 4815/221. Roma, 18 settembre 1928, ore 23.

La notizia che il consiglio federale ha approvato il testo di una nota diplomatica relativa all'arresto del fuoruscito Rossi, nota ·Che la legazione svizzera rimetterà a Roma, è grave. Tanto più dopo lo scatenarsi di una campagna giornalistica contro il fascismo e l'Italia che non ha precedenti.

E grave pure è l'avvenuta espulsione di due sudditi italiani domiciliati in Svizzera, con motivazione ufficiale offensiva per l'autorità di polizia italiana e pel R. Governo.

La nota svizzera non mi è ancora pervenuta e mi riservo quindi di decidere in merito e di inviarle istruzioni quando ne sarò venuto a conoscenza.

Ma V. S. se non l'ha già fatto, vorrà fin d'ora fare fermamente intendere a codesto Governo, che H R. Governo considera inammissibile l'intervento svizzero nell'arresto di un cittadino italiano su territorio italiano ad opera di agenti italiani e che un atteggiamento consimile non può essere tollerato nè dal Governo fascista nè dalla pubblica opinione italiana.

(l) Cfr. n. 663 e nota allo stesso.

667

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5600/504. Atene, 18 settembre 1928, ore 21,15 (per. ore 23,40).

Mio telegramma n. 497 del 15 corrente (1).

Nella mia lunga ed assai amichevole conversazione di stamane con Venizelos (durante la quale abbiamo esaminato con reciproca cordialità e franchezza gli interessi comuni dei due paesi in tutta questa zona) ho abbordato nelle forme opportune l'argomento di cui al telegramma di V. E. n. 293 del 13 corrente settembre (2).

Venizelos, mi ha ascoltato colla maggiore attenzione, ha confermato pienamente il suo desiderio di stabilire rapporti veramente intimi coll'Italia, ma, pure apprezzando al loro giusto valore i vantaggi della nuova soluzione cui gli avevo accennato, mi ha confessato di sentirsi alquanto perplesso sulila adozione del sistema deHo scambio di note aggiuntive. Giacchè, ha osservato, dovendosi necessariamente in tal caso considerare tali documenti segreti, (a meno di non redigerli in modo che per non farli apparire come contenenti punte contro terzi, essi risultino praticamente di troppo tenue contenuto) egli si troverebbe imbarazzato qualora venisse posto da parte francese o ginevrina o altra, di fronte ad un eventuale categorico quesito inteso a conoscere esplicitamente se il patto attuale non fosse accompagnato da altri accordi scritti la cui portata, appunto perchè non resi pubhlici, verrebbe ingigantita, ed a questo, egli • non è ancora (sic) preparato •.

Ripeto che tutto ciò è stato detto nel tono più cordiale e sotto forma di semplice amichevole scambio di idee. Non ho giudicato pel momento opportuno insistere, riservandomi di ritornare, durante il tragitto verso Roma, se me ne si presenterà l'occasione favorevole.

Intanto basandomi sulle considerazioni svolte nel telegramma di V. E.

n. 4478/267 del 31 agosto (3) ho allora portato Venizelos sul ripristino dell'articolo 3°, la cui correzione figurava integralmente nel primitivo progetto da me rimesso alla E. V. come allegato primo al mio telespresso n. 4594/246 del 22 agosto (antecedente alle proposte di modificazione menzionate nel mio telegramma 444) (4) ed ho potuto ottenere da lui l'opzione (ripeto opzione) affinchè sia lasciato alla scelta dell'E. V. l'inclusione o meno di tale articolo nel testo definitivo del trattato in corso di stampa costi a Roma.

Esprimo riservatamente il subordinato avviso che sarebbe opportuno far preparare due testi originali stampati, uno contenente il primitivo articolo 3° (nel quale caso si dovrà beninteso variare analogamente la numerazione degli articoli successivi, nonchè la menzione di esso fatta all'articolo 4 dell'allegato 59 telespresso n. 663) e l'altro senza tale articolo 3°, per tenerli entrambi pronti al nostro arrivo a Roma, e serv1rsene a seconda delle decisioni di V. E., nonchè eventualmente delle mie possibili ulteriori conversazioni a bordo.

(l) -Cfr. n. 656. (2) -Cfr. n. 650. (3) -Cfr. n. 607. (4) -Cfr. n. 596.
668

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BERNA, PIGNATTI

T. 4816/222. Roma, 18 settembre 1928.

Seguito telegramma 4815 (1).

Per sua notizia e per opportuna norma nei suoi passi costì è stato sequestrato stasera giornale Impero il quale rispondendo vivacemente agli attacchi della stampa svizzera circa arresto Rossi accennava questione irredentistica Canton Ticino. Sequestro avvenuto due ore prima che legazione svizzera segnalasse palazzo Chigi detta pubblicazione. Tutto ciò per dimostrare che Governo fascista ha una linea di condotta ferma e serena anche di fronte gazzarra antifascista stampa svizzera e atteggiamento non amichevole Governo federale, ma quanto sopra non deve dare costì l'impressione che Governo fascista è disposto tollerare modo di procedere autorità svizzere, modo di procedere che potrebbe determinare ripercussioni gravi nelle relazioni fra i due paesi.

669

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5548/521. Londra, 18 settembre 1928, ore 20,50 (per. ore 0,20 del19).

Telegramma di V. E. n. 4607 per corriere (2) e telegramma di V. E. n. 420.

A persona di fiducia da me incaricata è stato detto ieri al Foreign Office che non vi è nessun dubbio circa riconoscimento re d'Albania da parte Gran Bretagna e che ritardo è dovuto a formalità burocratiche.

Mia impressione personale è che ritardo sia anche voluto per non dimostrare con eccessiva premura che il cambiamento di regime in Albania sia stato accolto con entusiasmo da questo Governo.

L'intesa con Parigi e Belgrado a questo proposito mi sembra evidente e credo a noi non convenga insistere per un più sollecHo riconoscimento per non avvalorare impressione già generalmente diffusa che Albania sia un protettorato italiano e ·che regime monarchico sia stato imposto ed organizzato dall'Italia per suoi fini politici propri.

Sentimento prevalente nei riguardi dell'Albania e dei rapporti italo-albanesi è di diffidenza che soltanto i fatti varranno col tempo a dissipare.

(1) -Cfr. n. 666. (2) -Del 7 settembre, con le seguenti istruzioni: «È importante che l'E. V. procuri di tenersi, per quanto possibile, informato circa le intese che passerebbero fra Londra, Parigi e Belgrado concernenti il riconoscimento di Re Zogu e l'Albania in genere>,
670

IL MINISTRO A BERNA, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5564/286. Berna, 18 settembre 1928, ore 20,35 (per. ore 0,30 del 19).

Seguito precedente telegramma (1).

Risposto che quanto addebiti contro funzionari italiani regolarmente presentati al dipartimento politico, la cosa riguarda il dipartimento politico, non la polizia. Ho già confermato che non mi sarei prestato a consentire una speculazione elettorale a spese dell'Italia e ho messo seriamente in guardia il mio interlocutore sulle gravi conseguenze che potevano derivare da una persistenza dell'inamichevole atteggiamento assunto dal Governo federale in questa occasione. Non so quali siano intenzioni dell'E. V. e come ·sarà accolta dall'E. V. nota che presenterà costà la legazione di Svizzera. Io mi vedo costretto a tenere qui linguaggio ultra energico, pur mantenendomi nei dovuti limiti, per arginare l'ondata di anti-fascismo scatenata dall'affare Rossi e in seguito al fatto che ha determinato espulsione Vezzari. Ho letto or ora con sincero compiacimento un vivace articolo del Corriere della Sera per l'affare Rossi. Da parte mia non vedrei inconveniente a che, se V. E. lo trova opportuno, la stampa contro-attaccasse ormai su tutta linea. Ho detto, ieri sera al presidente della confederazione che mi ha ascoltato attonito, che la frontiera del Ticino rappresenta un pericolo per la vita dell'E. V.; che nel Ticino ·Si annidano numerosi anti-fascisti. D'altra parte polizia del Cantone, quasi interamente ligia ai socialisti non dando alcuna garanzia converrebbe al Governo italiano chiudere addirittura quella frontiera. Se giornali italiani tenessero linguaggio analogo, il R. Governo non sarebbe in alcun modo impegnato e la boria dei giornali svizzeri calerebbe certamente di tono.

671

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5716/2223. Bucarest, 18 settembre 1928 (per. il 25).

La progrediente comprensione del fascismo e dell'importanza internazionale dell'Italia d'oggi, da parte dei liberali romeni, ha preso una forma concreta nella recente intervista del signor Bratianu al Messaggero.

Inoltre, il voto espresso dal Bratianu, e cioè che la Romania possa seguire l'esempio dell'Italia fascista, appare particolarmente importante, stante le origini massoniche e la pratica demagogica del partito liberale romeno. E tale rilievo è stato pure fatto da qual,che giornale romeno (mio telegramma n. 311), che ha espresso pure la speranza che il signor Bratianu, lasciando il potere e

ridiventando capo del partito, possa restar fermo nel suo benchè tardivo riconoscimento delle benemerenze del fascismo e della forza dell'Italia.

Ma v'ha di più. Parlando meco ieri di detta intervista, il ministro degli affari esteri si è mostrato assai compiaciuto delle dichiarazioni del signor Bratianu, insistendo sulla necessità d'una stretta unione fra le due nazioni.

Devo aggiungere che se attiro l'attenzione di V. E. su taLi gesti e dichiarazioni, gli è che nei sei mesi di mia missione in Romania ho riscontrato, sia pure fra titubanze contraddizioni e ripieghi, qualche corrspondenza fra le opinioni ora finalmente espresse da Bratianu e talune misure di fatto, da parte del Governo liberale romeno, nei nostri riguardi. Segnalo il linguaggio meno violento e meno irresponsabile di questa stampa; l'atteggiamento romeno nell'ultima riunione della P,iccola Intesa in Bucarest, circa l'Italia; la sollecitudine del Governo romeno in pubbliche manifestazioni di simpatia per tristi e lieti avvenimenti italiani, e specie la sua reazione contro le indegne ·insinuazioni circa la spedizione del generale Nobile; la favorevole soluzione raggiunta nelle maggiori questioni pendenti da tanti anni fra l'Italia e la Romania; H probabile nostro accaparramento della costruzione di tutto il naviglio di guerra romeno; il buon inizio nelle forniture di motori ed apparecchi aerei, finora monopolizzate dalla Francia; gli importanti ordinativi di nostre locomotive e vagoni ferroviari, ecc.

Ora, anche se il Governo del signor Bratianu dovesse presto cadere, quanto precede lascerebbe sempre sperare che il partito liberale romeno possa serbare verso di noi un atteggiamento meno scorretto che non nel passato. In ogni modo, nel caso prospettato, io m'industrierò a mantenere sempre vivi i miei contatti con i dirigenti di esso.

(l) Cfr. n. 665.

672

IL MINISTRO A BERNA, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 5587/293. Berna, 20 settembre 1928, ore 13,15 (per. ore 14,47).

Mio telegramma n. 288 (1).

In occasione delle interpellanze sul caso Rossi e quello Vezzari, che avverranno prossimamente, è più che probabile che interpehlanti ·socialisti usino un linguaggio offensivo per il R. Governo e per le autorità italiane. Prego V. E. farmi sapere se crede opportuno che .io dichiari fin da ora al Governo federale che il R. Governo non potrebbe tollerare manifestazioni offensive per il R. Governo e la nazione italiana, che si verificassero all'assemblea nazionale, o se piuttosto V. E. crede preferibile che il mio eventuale intervento avvenga immediatamente dopo.

(l) T. 5561/288 del 18 settembre, che non si pubblica.

673

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5628/711. Berlino, 20 settembre 1928, ore 2.1,58 (per. ore 23,55).

Telegramma di V. E. per corriere n. 4746 (1).

A proposito conversazioni che avrebbe avuto deputato bulgaro Magiaroff a Berlino circa rapporti franco-serbo-bulgari e presunti consigli che avrebbe rkevuto a tal riguardo da Stresemann e da Schubert, mi è stato categoricamente assicurato, da questo ministero degli affari esteri, che Magiaroff non ha veduto, come egli afferma, Stresemann.

674

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BERNA, PIGNATTI

T. 4848/227. Roma, 21 settembre 1928, ore 2.

Suo 293 (2).

Suo intervento è certamente più utile prima che dopo discussione interpellanza. Si regoli in questo senso. Continui tenere linguaggio forte tenuto egregiamente fin'ora e che riscuote la piena approvazione del Governo fascista.

675

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BERNA, PIGNATTI

T. 4849/228. Roma, 21 settembre 1928, ore 13.

Approvo pienamente quanto V. E. ha fatto.

La informo per sua notizia che questo incaricato affari Svizzera ha presentato ieri nota, cui testo ella conosce. R. Governo riservasi rispondere con calma essendo attualmente occupato in questioni di ben maggiore importanza.

Intanto, concordando con avviso espresso da V. E., ho disposto che ·stampa italiana risponda ad attacchi 'Svizzeri contrattaccando vigorosamente.

Schubert profcndo conoscitore questioni balcaniche ha dato a Magiaroff stessi consigli •.

(l) Che ritrasmetteva il t. 5461/274, Sofia, 12 settembre, del quale si pubblica solo il brano seguente: « Nel colloquio scorsa notte onorevole Rachko Magiaroff mi ha comunicato che durante suo recente soggiorno Berlino egli ha visitato in forma sirettamente confidenziale Stresemann e von Schubert. Stresemann ha consigliato alla Bulgaria resistere con ogni mezzo alle pressioni franco-serbe tendenti a far concludere patti con Jugoslavia. Ha raccomandato prudenza e pazienza.

(2) Cfr. n. 672.

676

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE RR. 111/776. Londra, 22 settembre 1928 (per. il 30).

Telegramma di V. E. gab. r. 36 del 12 corrente (1).

Le osservazioni di V. E. sull'attività perniciosa del ministro britannico a Belgrado sono giustissime e già da tempo, conoscendo i sentimenti del signor Kennard, non ho mancato occasione alcuna di farne allusione nelle mie conversazioni. Molto più apertamente e con le stesse considerazioni esposte nel telegramma di V. E. cui ho l'onore di rispondere, ne ho parlato pochi giorni fa come di mia iniziativa, con persona che ha frequenti contatti col Foreign Office e che sono sicuro riferirà le mie parole. Questa persona, che già conosceva le tendenze più antitaliane che serbofile del signor Kennard, mi ha detto di non credere che al Foreign Office si rendano conto del pericolo che costituisce la sua presenza a Belgrado in qualità di rappresentante britannico. Dovrò quindi, per quanto difficile e delicato sia il compito, finire per aprire loro gli occhi, e lo farò alla prima opportuna occasione.

Per caso ho saputo in questi giorni che un maestro di casa italiano, certo Gino (ignoro il cognome) che era stato al servizio del signor Kennard durante la sua permanenza a Roma, e ·che era poi rimasto col suo successore signor Wingfield, ha recentemente lasciato i Wingfield per tornare al servizio del signor Kennard a Belgrado.

677

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5825/722. Tirana, 22 settembre 1928 (per. il 30).

I timori espressi dal R. ministro a Belgrado e di cui a1 telegramma di V. E.

n. 4866/358 (2), non mi sembrano trovare conferma nell'esame dei fatti. Escludo ogni e qualsiasi contatto fra Belgrado e Tirana circa questione del riconoscimento. È chiaro invece che vi è ,stata un'attiva consultazione fra Londra, Parigi e Belgrado, dei cui risultati sono stati forse tenuti al corrente !i Governi di Praga e Bucarest. Prima che Zogu avesse accettato il titolo di re degli albanesi era stato deciso dalle tre canceUerie suddette l'immediato riconoscimento. II titolo assunto dal re ha costituito invece il fatto nuovo che ha provocato una sospensiva e forse anche l'esame della possibilità di portare sul terreno di Ginevra

tutta la questione albanese. La rapidità e decisione della nostra azione, l'immediato riconoscimento greco, seguito da quello americano, hanno sconcertato i

• tre • e capovolto nuovamente la situazione, indccendolii ad accettare il fatto compiuto. La precedenza del riconoscimento jugoslavo è una naturale conseguenza

ed è stata senza dubbio decisa di comune accordo fra i tre onde evitare alla Jugoslavia lo scacco di sembrare traseinata a rimorchio dall'Inghilterra e dalla Francia.

Non è certo oggi, dopo l'universale riconoscimento del nuovo regime, che si può temere un tentativo di portare la questione albanese a Ginevra. In quanto ad una spiegazione fra Roma e Beligrado circa l'Albania, essa è senza dubbio desiderata dal Governo jugoslavo. Sta a vedere se V. E. è disposta a scendere su questo terreno e se poi la Jugoslavia si faccia veramente serie illusioni di riuscirei.

Nel telegramma del ministro Galli è contenuta però una osservazione che merita esser tenuta nel massimo conto. Effettivamente a Belgrado è stata messa in giro una voce, che ora va diffondendosi ed acquistando credito, che l'Italia con la sua politica albanese si troverà un giorno ad • avere lavorato a beneficio della Jugoslavia •. Per ora si dovrebbe dire che proprio la Jugoslavia nel dicembre 1924, mandando Zogu in Albania, ha lavorato per l'Italia. Sta di fatto però che a Belgrado si spera sempre di poter un giorno approfittare di un malinteso fra Roma e Tirana per riportare di un colpo la politica albanese nell'orbita serba. Sulla possibilità di un voltafaccia di Zogu io ho spesso intrattenuto V. E. ed è anzi questa preoccupazione che mi ha spinto a dedicare un'opera instancabile alla eliminazione dei contrasti con la banca e con la Svea. I più gravi ostacoli sono oggi spazzati via. I nostri rapporti con Zogu hanno raggiunto una intimità che oltre ad essere sincera, è affettuosa. Nel paese vanno cadendo le ultime diffidenze verso la nostra azione. Tutti i rami dell'amministrazione albanese vengono volontariamente, anzi con entusiasmo, aperti alla nostra penetrazione ed attività. La vittoria sulle cancellerie europee per la questione del titolo trova rispondenza nel popolo albanese e costituisce pretesto ad antichi oppositori per convertirsi al nuovo regime. La nostra preponderanza è qui accettata da tutti come una realtà e da molti come un fatto benefico.

La speranza che a Belgrado si nutre di un voltafaccia di Zogu è dopo tutto utile cosa per noi, ,specialmente se essa varrà a togliere ,impulso nei campi in cui i serbi sono maestri, l'incursione armata, il complotto, l'assassinio. Se la Jugoslavia soprassiede ad azioni del genere c'è da aspettarsi un riavvicinamento fra Tirana e Belgrado che Zogu non respingerà e che, se mantenuto in determinati limiti, a noi non converrà di ostacolare. Per ora il tempo lavora per noi. Ogni giorno che passa ci assicura nuove posizioni. Oltre a ciò nei rapporti fra Albania e Jugoslavia va scavandosi per fenomeno naturale, che illustrerò in un mio rapporto, un abisso sempre più profondo. Se qualche ponticello sarà gettato fra i due cigli del fosso, bisognerà lasciar fare.

La felice situazione odierna delle relazioni italo-albanesi non ci esime però dal vigilare, dal diffidare e dall'evitare soprattutto ogni causa di conflitto con Zogu e con il suo Governo.

(l) -Cfr. n. 642. (2) -Con cui veniva ritrasmesso il n. 659.
678

IL VICE SEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5670/104. Ginevra, 23 settembre 1928, ore 13,15 (per. ore 18).

Da parte delegazione jugoslava mi è stata prospettata opportunità di un incontro con V. E. del ministro degli affari esteri Marinkovich. Dato il sensibile miglioramento nelle relazioni itala-jugoslave dovuto principalmente alla politica ferma ed amichevole del Marinkovich, questi si domanda se non sia venuto il momento per avere uno scambio di idee con V. E. onde rinsaldare ancora di più i rapporti con V. E. e tra i due paesi.

Se V. E. fosse dello stesso parere, mi si assicura che il Marinkovich sarebbe disposto, appena egli potrà partire da Parigi, di venirle fare v~sita a Roma od in qualsiasi altra città che V. E. preferisse. In caso affermativo la visita potrebbe aver luogo fra una diecina di giorni.

Le sarei grato di volermi telegrafare d'urgenza il pensiero di V. E., mettendomi in grado di dare una risposta non più tardi di martedì prossimo 25 corrente.

679

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GRECO, VENIZELOS

[Roma], 23 settembre 1928.

Dopo i soliti preamboli, mi ha testualmente detto:

• Sono lieto di trovarmi in Italia e in questa occasione, per dimostrare che la mia fama di italofobo è completamente immeritata. Ne ho dato prova anche in altri tempi, quando su semplice richiesta del Governo Italiano di allora, impedii che le truppe greche occupassero Valona e poi quando accettai per le frontiere dell'Epiro, quelle stabilite dalla Conferenza di Firenze. Oggi io penso che la Grecia debba continuare la sua politica di amicizia colle due grandi Potenze Inghilterra e Francia che ne hanno aiutato la formaz,ione statale durante il secolo scorso, ma debba anche fare una politica di amicizia con la nuova grande potenza mondiale che è l'Italia.

MussoLINI. Il Governo e il popolo italiano apprezzano al giusto segno, il valore del vostro viagg,io e della conclusione del Trattato. Con esso, non solo si definiscono i rapporti fra Turchia e Grecia, ma si stabilizzano tutti i rapporti fra le Potenze del Mediterraneo Orientale. I patti bilaterali turco-italiano, grecoitaliano (e greco-turco ,così mi ha interrotto Venizelos) sono alla base di questa nuova situazione politica.

Qui ho prospettato le necessità che inducono l'Italia a fare una politica di amicizia e di pace; amicizia che specie nei rapporti fra Grecia e Italia, potrà scendere dai protocolli diplomatioi alla coscienza nazionale delle popolazioni ed essere feconda di risultati in tutti i campi. Un mio accenno al tripartito così come fu prospettato a Milano da Micalacopulos, non è stato ripreso da Venizelos.

VENIZELos. Permettete ora che vi passi in rassegna la nostra situazione nei confronti degli Stati· confinanti colla Grecia. Ritengo prossima la conclusione di un accordo colla Turchia. Il fatto compiuto della evacuazione e dello scambio delle popolazioni è irrevocabile. L'ho dichiarato anche nei comizi elettorali. Pensare a un ritorno, è assurdo. Del resto gli • scambiati • hanno costituito un utile apporto di energie alla Gvecia la quale ha dimostrato nella circostanza la sua capacità di organizzazione. L'accordo colla Turchia eviterà anche una specie di • covsa navale • fra i due paesi. Buoni sono i nostri rapporti colla Bulgaria colla quale siamo disposti a stringere un accordo pol!itico e commerciale che permetta alla Bulgaria di utilizzare il porto di Salonicco alle stesse condizioni che saranno fatte alla Jugoslavia. Ottimi sono i nostri rapporti colla Romania, dalla quale niente ci divide. I 60 mila kutzo-valacchi, non interessano la Romania e del resto la Grecia li rispetta. Ottimi del pari sono i nostri rapporti coll'Albania, anche per il fatto che Grecia ed Albania sono gli unici paesi non slavi della Balcania occidentale. D'origine albanese sono parecchi dei nostri uomini politici a cominciare da Conduriotis che parJJava albanese colla madre. Abbiamo accettato lealmente i confini determinati a Firenze. Ho voluto riconoscere immediatamente la nuova Monarchia albanese anche perchè sapevo che ciò vi ha gradito. Vengo agli S. H. S. Io sono un sincero amico dei serbi, coi quali ho condotto tre guerre fortunate, ma ho respinto le loro sollecitazioni per un progetto di trattato di alleanza. Amicizia, sì, aLleanza no. Poichè l'alleanza potrebbe parere diretta contro quaLcuno (Albania, Bulgaria) mentre la Grecia ha bisogno di vivere in pace con tutti. Quanto al porto di Salonicco sono pronto a dare tutte le facilitazioni d'ordine portuale e ferroviario ai serbi, purchè siano rispettati i diritti della sovranità greca. Non posso ammettere talune richieste dei serbi, che volevano perfino una loro capitaneria marittima. Del resto, il traffico S. H. S. rappresenta ti.l 4 % del totale del traffico del Porto. Io ho incoraggiato Venizelos a persistere in questo atteggiamento e ho trovato modo di aggiungere che speravo una chiarificazione dei nostri rapporti con Belgrado. Tuttavia una discesa dei serbi a Salonicco non potrebbe lasciare indifferente l'Italia.

Il colloquio ha avuto termine. Il Venizelos è un uomo che è ancora dotato di energia vitale. La sua ideazione è precisa, il suo gestire è vivace. Il suo pan-ellenismo è tramontato. Egli ha detto che per 50 anni almeno la popolazione della Grecia può vivere ne.l!l'attuale territorio.

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APPENDICI

38 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

APPENDICE I

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione al 1° marzo 1928)

AFGANISTAN

Kabul -CECCHI Gino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RoTINI Ambrogio, segretario; PENNACCHIO Luigi, interprete.

ALBANIA

Durazzo -SoLA Ugo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoRTESE Paolo, segretario; WIEL Ferdinando, segretario; CATTANI Attilio, addetto; PARIANI Alberto, colonnello di fanteria, addetto militare; DANISCA Pietro, interprete.

ARGENTINA

Buenos Aires -MARTIN FRANKLIN conte Alberto, ambasciatore; GAZZERA Giuseppe, consigliere; LoMBARDI Mario, segretario; DE ANGELIS Giulio, capitano di fregata, addetto navale.

AUSTRIA

Vienna -AURITI Giacinto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GUGLIELMINETTI Giuseppe, segretario; BALDONI Corrado, segretario; VECCHIARELLI Carlo, colonnello, addetto militare ed aereonautico; DI NoLA Carlo, addetto commerciale.

BELGIO

Bruxelles -DURAZZO marchese Carlo, ambasciatore; CHIARAMONTE BORDONARO Gabriele, consigliere; ToMMAso Giuseppe, segretario; PICCIO Pier Ruggero, generale, addetto aereonautico (residente a Parigi); CAMPIONI Inigo, capitano di fregata, addetto navale (residente a Parigi); NASI Guglielmo, colonnello, addetto militare (residente a Parigi).

BOLIVIA

La Paz -CAFIERO Ugo, incaricato d'affari.

BRASILE

Rio de Janeiro -ATTOLICo Bernardo, ambasciatore; FRANSONI Francesco, consigliere; MAGISTRATI Massimo, segretario; PEREGO Alberto, addetto; MANCINI Tommaso, addetto commerciale.

BULGARIA

Sofia -PIACENTINI Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RoNCALLI, dei conti di Montorio, Guido, segretario; CAPECE GALEOTA Giuseppe, segretario; CALEFFI Camillo, colonnello, addetto militare ed aereonautico; MARONI Paolo; capitano di fregata, addeto navale (residente a Costantinopoli).

CECOSLOVACCHIA

Praga -PREZIOSI Gabriele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CARISSIMO Agostino, segretario; BERGAMASCHI Bernardo, segretario; PENNAROLI Marco, maggiore, addetto militare; BENEDETTI Gian Paolo, reggente la delegazione commerciale.

CILE

Santiago -GARBAsso Carlo, ambasciatore; DE ANGELIS Giulio, capitano di fregata, addetto navale (residente a Buenos Aires).

CINA

Pechino -VARÈ Daniele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CIANO Galeazzo, segretario; Ros Giuseppe, console interprete; DI RENZO Marco, interprete; MENGARINI Paolo, tenente di vascello, addetto navale.

COLOMBIA

Bogotà -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; TELESIO, dei duchi di Toritto, Giuseppe, segretario.

COSTARICA

UMILTÀ Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Panama).

CUBA

Avana -VIVALDI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

DANIMARCA

Copenaghen -VIOLA Guido, conte di Campalto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CITTADINI Pier Adolfo, segretario; QuENTIN Francesco, capitano di fregata, addetto navale (residente a Stoccolma); FIER Giulio, tenente colonnello, addetto aereonautico (residente a Berlino); Luzi Renato, addetto commerciale.

DANZICA

Danzica -MARIANI Alessandro, console generale.

EGITTO

Cairo -PATERNÒ di Manchi di Bilici, marchese Gaetano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ToNI Piero, segretario; ALESSANDRINI Adolfo, segretario; DI MICELI Vitale Guido, interprete; FocARILE Angelo, reggente la delegazione commerciale; SoLA Giorgio, interprete.

EQUATORE

Quito -TosTI, dei duchi di Valminuta, conte Mauro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

.ESTONIA

Tallinn (Reval) -VIGANOTTI GIUsTI conte Gianfranco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MoNAco Adriano, segretario.

ETIOPIA

Addis Abeba -CoRA Giuliano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PoRTA Mario, segretario; CERULLI Enrico, consigliere coloniale; BERTOLANI Secondo, ufficiale coloniale; SoURIN TcHAKRIAN, interprete.

FINLANDIA

Helsingfors -PAGLIANo conte Emilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CAPRANICA DEL GRILLO marchese Giuliano, segretario; QUENTIN Francesco, capitano di fregata, addetto navale (residente a Stoccolma).

FRANCIA

Parigi -MANZONI conte Gaetano, ambasciatore; BoscARELLI Raffaele, consigliere; Rocco Guido, consigliere; CoRTINI Claudio, segretario; SALLIER DE LA TouR CoRIO duca Paolo, segretario; PICCIO Pier Ruggero, generale, addetto aereonautico; NASI Guglielmo, colonnello, addetto militare; CAMPIONI Inigo, capitano di fregata, addetto navale; CaLETTI Silvio, consigliere di emigrazione; BALLERINI Elisio, consigliere commerciale.

GERMANIA

Berlino -ALDROVANDI MARESCOTTI Luigi, conte di Viano, ambasciatore; DE LIETO Casimiro, consigliere; BERTELÈ Tommaso, segretario; GARBACCIO Livio, segretario; PANSA Camillo, segretario; Rossr Camillo, colonnello, addetto militare; MoNrco Umberto, capitano di fregata, addetto navale; FrER Giulio, tenente colonnello, addetto aeronautico; RICCIARDI Adelchi, consigliere commerciale.

GIAPPONE

Tokio -ALOISI barone Pompeo, ambasciatore; WEILL ScHOTT Leone, consigliere; MELKAY Almo, interprete; VANZINI Filippo, capitano di fregata, addetto navale, militare ed aereonautico.

GRAN BRETAGNA

Londra -CHIARAMONTE BORDONARO Antonio, ambasciatore; ROGERI, dei conti di Villanova, Delfino, consigliere; RovAsENDA DI RovASENDA, dei conti, Vittorio, segretario; CROLLA Guido, segretario; PRUNAS Renato, segretario; STRANEO Carlo Alberto, segretario; PELLICCIA Giuseppe, addetto speciale; DE FACCI NEGRATI Gaetano, con funzioni di addetto; VERDUZIO Rodolfo, generale, addetto aereonautico; FARINA Ferdinando, capitano di vascello, addetto navale; CoPPI Americo, tenente colonnello, addetto militare; CEccATO Giovanni Battista, consigliere comunale.

GRECIA

Atene -ARLOTTA Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE ANGELIS Mariano, segretario; Dr STEFANO Mario, segretario; TRIONFI Luigi, tenente colonnello, addetto militare; CoRAGGIO Carlo Alberto, capitano di fregata, addetto navale ed aereonautico; DE SANTO Demetrio, interprete col titolo di segretario.

GUATEMALA

Guatemala -MACARIO Nicola, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

HAITI

VrvALDI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente all'Avana).

HEGIAZ

Gedda -CESANA Gino, reggente il consolato.

HONDURAS

MACARIO Nicola, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala).

LETTONIA

Riga -STRANIERI Augusto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PERSICO Giovanni, segretario.

LIBERIA Monrovia -CASSEL Nathaniel H. B., console.

LIECHTENSTEIN BIANCHI Vittorio, console generale (residente a Zurigo).

LITUANIA Kaunas -AMADORI Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARINI Vittorio, segretario; Rossi Camillo, colonnello, addetto militar~> (residente a Berlino). LUSSEMBURGO Lussemburgo -MoNZANI Riccardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario. MAROCCO Tangeri -BAsTIANINI Giuseppe, agente diplomatico; LAREDO Abramo, interprete col titolo di segretario; BERRINO Felicissimo, interprete.

MESOPOTAMIA (Irak) Bagdad -AGOSTINI Bruno, console.

MESSICO Messico -MACCHIORO VIVALBA Gino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario. MONACO (Principato) Monaco -BroNDELLI Giuseppe, console.

NICARAGUA

MAcARio Nicola, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala). NORVEGIA

OsLo -SENNI, dei conti, Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DI GIURA, dei baroni, Giovanni, segretario; QuENTIN Francesco, capitano di fregata, addetto navale (residente a Stoccolma); FIER Giulio, tenente colonnello, addetto aereonautico (residente a Berlino).

PAESI BASSI

Aja -BARBARO conte Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BoNARELLI, dei conti, Vittorio Emanuele, segretario; FIER Giulio, tenente colonnello, addetto aereonautico (residente a Berlino); MaNICO Umberto, capitano di fregata, addetto navale (residente a Berlino).

PALESTINA

Gerusalemme -PEDRAZZI Orazio, console generale.

PANAMA

Panama -UMILTÀ Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PARAGUAY

Assunzione -DANEO Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PERSIA

Teheran -DE FACENDIS Domenico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FRANCHETTI Lamberto, segretario; DI MoNTEFORTE Giuliano, interprete; BERNARDI Alessandro, interprete.

PERU'

Lima -BEVERINI Giovanni Battista, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

POLONIA

Varsavia -MAJONI Cesare, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SAPUPPO Giuseppe, consigliere; MENZINGER DI PREUSSENTHAL Enrico, segretario; RoATTA Mario, colonnello, addetto militare, navale ed aereonautico; CoRvi Antonio Menotti, addetto commerciale; ANGLE Romano, interprete.

PORTOGALLO

Lisbona -GALLI Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BucEVICH Antonio, segretario; VALERIO Alessandro, tenente colonnello, addetto militare (residente a Madrid); LoNGO Ulisse, maggiore, addetto aereonautico (residente a Madrid); GABETTI Giovanni Battista, capitano di vascello, addetto navale (residente a Madrid).

REPUBBLICA DOMINICANA

VIVALDI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente all'Avana).

ROMANIA

Bucarest -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LEQUIO Francesco, segretario; DELLA PoRTA Francesco, segretario; MERCALLI Luigi colonnello, addetto militare; CATTANEo Carlo, capitano di fregata, addetto navale; DE MARTINo Giuseppe, addetto commerciale; RoccHr Cesare, archivista interprete.

SALVADOR

MACARIO Nicola, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala). SAN MARINO

San Marino -GoRI Giuseppe, console.

SERBI, CROATI E SLOVENI (regno dei)

Belgrado -BoDRERO Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PETRUCCI Luigi, consigliere; ScAMMACCA Michele, segretario; BARBARICH conte Alberto, segretario; VISCONTI PRASCA Sebastiano, tenente colonnello, addetto militare ed aereonautico; CATTANEO Carlo, capitano di fregata, addetto navale (residente a Bucarest); PIETRABISSA Francesco, addetto commerciale; DE SARNO SAN GIORGIO Dionisio, segretario interprete; ScELDIA Antonio, interprete.

SIAM

Bangkok -DE Rossi Girolamo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Bovo Goffredo, console onorario, interprete.

SIRIA Damasco -SPERANZA Vincenzo, console interprete; DuMMAR Antonio, interprete.

SPAGNA

Madrid -MEDICI, dei marchesi del Vascello, Giuseppe, ambasciatore; DE PEPPO Ottavio, consigliere; BELLARDI RICCI Alberto, segretario; MALASPINA, dei marchesi di Carbonara e di Volpedo, Folchetto, segretario; GABETTI Giovanni Battista, capitano di vasceÌ.lo, addetto navale; VALERIO Alessandro, tenente colonnello, addetto militare; LONGO Ulisse, maggiore, addetto aereonautico; MARIANI Erminio, addetto commerciale; CANALE Edoardo, cancelliere interprete.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -DE MARTINo Giacomo, ambasciatore; MARCHETTI, dei conti di San Martino e Muriaglio, Alberto, segretario; VrTETTI Leonardo, segretario; MAsCIA Luciano, segretario; MAccHI di CELLERE, dei conti, Pio, vice console; VILLA Augusto, generale, addetto militare; LArs Alberto, capitano di fregata, addetto navale; ScARONI Silvio, capitano, addetto aereonautico; ANGELONE Romolo, addetto commerciale.

SVEZIA

Stoccolma -CoLONNA, dei principi, don Ascanio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Rossr LoNGHI, dei marchesi, Alberto, segretario; FrER Giulio, tenente colonnello, addetto aereonautico (residente a Berlino); QuENTIN Francesco, capitano di fregata, addetto navale.

SVIZZERA

Berna -PrGNATTI MoRANO DI CusTOZA conte Bonifacio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MODICA, dei baroni di San Giovanni, Giovanni, consigliere; CAssrNrs Angiolo, segretario; Prccro Pier Ruggero, generale, addetto aereonautico (residente a Parigi); PENTIMALLI Natale, tenente colonnello, addetto militare.

TURCHIA

Costantinopoli -0RSINI BARONI Luca, ambasciatore; KocH Ottaviano Armando, consigliere (residente ad Angora); BovA ScoPPA Renato, segretario; GALLI Guido, console col titolo di consigliere di legazione onorario; RuLLI Guglielmo, segretario; Muzr FALCONI, dei baroni, Filippo, segretario; FoNTANA Franco, console con funzioni di addetto commerciale; MAFFIOLI Edgardo, interprete; CAPIZZI Manlio, maggiore, addetto militare; MARONI Paolo, capitano di fregata, addetto navale; Missm Oscar, vice console; PoDESTÀ Giuseppe, interprete col titolo di segretario di legazione onorario.

UNGHERIA

Budapest -DuRINI DI MoNZA conte Ercole, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE AsTIS Giovanni, segretario; OxiLIA Giovanni Battista, tenente colonnello, addetto militare ed aereonautico; Dr NoLA Carlo, addetto commerciale (residente a Vienna); Dr FRANCO Oscarre, cancelliere interprete.

UNIONE DELLE REPUBBLICHE SOVIETTISTE SOCIALISTE

Mosca -CERRUTI Vittorio, ambasciatore; NEGRI, dei conti, Vittorio, consigliere; QUARONI Pietro, segretario; CoPPINI Maurilio. vice console; BERGERA Carlo, colonnello, addetto militare; CuGIA Francesco, capitano di fregata, addetto navale ed aereonautico; HREGLICH Guido, interprete.

URUGUAY

Montevideo -BERNARDI Tem1stocle Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; KELLNER Gino Lodovico, segretario; DE ANGELis Giulio, capitano di fregata, addetto navale (residente a Buenos Aires).

VENEZUELA

Caracas -CAVICCHIONI Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

(Situazione al lo marzo 1928)

MINISTRO

MussoLINI S. E. Benito, deputato al Parlamento.

SEGRETARIO PARTICOLARE

CHIAVOLINI Alessandro.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO

GRANDI S. E. Dino, deputato al Parlamento.

GABINETTO DEL MINISTRO

Affari confidenziali -Ricerche e studi in relazione al lavoro del Ministro -Rapporti con la stampa e le agenzie telegrafiche -Relazioni del Ministro col Parlamento e col Corpo diplomatico -Udienze -Tribuna Diplomatica.

CAPO DI GABINETTO

MAMELI Francesco Giorgio, primo segretario di legazione di 1a classe.

Segretari: Bossi Carlo, console di la classe; OTTAVIANI Luigi, console di 2« classe; GrusTINIANI, dei marchesi, Raimondo, addetto consolare; DEL BALZO, dei duchi di Presenzano, Giulio, addetto consolare.

Direttore delL'Archivio di Gabinetto: FossATI Oreste.

UFFICIO COORDINAMENTO E SEGRETERIA

Capo ufficio: GHIGI Pellegrino, console di 2a classe.

Segretari: NoNIS Alberto, console di 3a classe; JANNELLI Pasquale Simone, vice console di l" classe; MANGANELLA Diego, addetto consolare.

UFFICIO STORICO-DIPLOMATICO

Raccolta e compilazione di materiale storico sopra questioni di politica estera d'interesse pratico contemporaneo a complemento e illustrazione dei documenti ufficiali -Raccolta, custodia e aggiornamento di collezioni cartografiche e studi geografici -Diario storico del Ministero Classificazione e diramazione degli atti diplomatici -Libri verdi -Raccolta, coordinamento e valorizzazione sistematica di tutti gli elementi tratti dal carteggio delle Regie Rappresentanze all'estero e da ogni altra fonte -Studi e preparazione di carattere politico ed economico.

Capo ufficio: J ACOMONI Francesco, console di 211 classe, reggente.

Segretari: CoRTESE Luigi, console di 3" classe; CuTURI Antonio, vice console di la classe.

Servizio geografico: ADEMOLLo Umberto, generale di divisione; CoBALTI Camillo, tenente colonnello.

UFFICIO STAMPA

Rivista della stampa estera e della stampa italiana nei. riguardi della politica estera -Informazioni a giornali od agenzie italiane ed estere Traduzioni,

Direttore: CAPAsso ToRRE Giovanni, conte delle Pàstene, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2" classe.

Segretari: CICCONARDI Vincenzo, consigliere di legazione; CAFFARELLI, dei duchi, Filippo, primo segretario di legazione di 111 classe; CIPPico, dei conti, Tristram Alvise, addetto consolare; STAFFETTI, dei conti, Pier Carlo, addetto consolare.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI GENERALI

Di1·ettm·e generale: SANDICCHI Pasquale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 111 classe.

UFFICIO DEL PERSONALE

Personale di ogni categoTia dipendente dal Ministero (eccetto il personale delle scuole italiane all'estero e quello di servizio) -Uffici diplomatici e consolari all'estero: loro istituzione e soppressione -Addetti militari, navali, aereonautici e commerciali e loro uffici -Servizio d'ispezione agli uffici all'estero -Questioni di ordinamento del Ministero e delle caTTiere dipendenti -Commissioni di avanzamento -Consiglio del Ministero -ConcoTSi -Ammissioni -Annunzi e bollettini del per

sonate -Atti pubblici -PersonaLe e uffici diplomatici e consolari esteri in Italia -Bollettini di detto personaLe -Rapporti informativi sut personale -MatricoLa generaLe -DiscipLina del personale subalterno del Ministero -Legalizzazione di atti -Corrispondenza e contabilità relativa -Passapo1·ti diplomatici ed ordinari.

Capo ufficio: DE STEFANI Pietro, consigliere di legazione.

Segretari: CANTONI MARCA, dei conti, Antonio, primo segretario di legazione di la classe; TURCATO Ugo Guglielmo, vice console di la classe; CoNTI Mario, addetto consolare; EMILIANI Luigi, primo commissario consolare.

UFFICIO DEL CERIMONIALE

Regole del cerimoniale -Lettere reali -Credenziali -Lettere di richiamo Pieni poteri -Privilegi ed immunità degli agenti diplomatici e consolari -Franchigie in materia doganale ai Regi agenti all'estero e agli agenti stranieri in Italia -Massimario -Visite e passaggi di Capi di Stato, Principi e autorità estere -Decorazioni nazionali ed estere

Libretti e richieste ferroviarie per il personale.

Capo ufficio: CAVRIANI, dei marchesi, Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Segretari: Bocci Giunio, console di la classe; TALAMO ATENOLFI Giuseppe, marchese di Castelnuovo, primo segretario di legazione di la classe; CAPOMAZZA Benedetto, addetto consolare.

UFFICIO TRATTATI ED ATTI

Redazione formale dei Trattati e degli Accordi internazionali in genere Atti relativi aLla loro efficacia: ratifiche, adesioni, denunce; leggi e decreti di approvazione e di esecuzione di essi -Registrazione degli atti internazionali presso la Società delle Nazioni -Raccolta e pubblicazione deHe convenzioni internazionali -Redazione formale dei provvedimenti legislativi e governativi concernenti il Ministero degli affari esteri; relazione al Consiglio dei Ministri; presentazione al Parlamento Nazionale dei disegni di legge riguardanti lo stesso Dicastero e relative pratiche ulteriori -Esame dei disegni di legge e degli schemi di atti di Governo su proposta di altri Dicasteri in quanto possano avere attinenza con quello degli affari esteri.

Capo ufficio: BERTANZI Paolo, console generale di 2~ classe.

Segretari: SILENZI Renato, primo segretario di legazione di 1a classe; ZAMBONI Guelfo, vice console di la classe; BaRGA Guido, vice console di la classe.

UFFICIO C.A.S.E.

Esame delle proposte di costruzione, acquisto, arredamento delle Regie Rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero -Esecuzione delle decisioni della Commissione per le costruzioni, acquisti, arredamenti ed affitti delle Regie Sedi all'estero (C.A.S.E.) -Forniture e rinnovi delle dotazioni tipo -Vigilanza ed esecuzione del Regolamento per l'uso dei mobili ed immobili patrimoniali dello Stato ad uso delle Regie Rappresentanze all'estero -Segreteria della Commissione C.A.S.E.

Capo ufficio: GEISSER CELESIA DI VEGLIASCO Andrea, primo segretario di legazione di la classe.

Segretari: CALISSE Alberto, console di 3a classe; CoNFALONIERI Giuseppe Vitaliano, vice console di 1a classe.

Servizio tecnico: Dr FAUSTO Florestano, .ingegnere architetto, esperto tecnico; BussELLI Giuseppe, disegnatore principale del Real Corpo del Genio Civile.

UFFICIO PUBBLICAZIONI E RACCOLTE AMMINISTRATIVE

Raccolta dei decreti organici -Coordinamento di leggi e regolamenti Testi unici -Raccolta delle circolari e degli ordini di servizio -Bollettini vari -Annuario diplomatico.

Capo ufficio: ToscANI Angelo, console generale di la classe.

UFFICIO AMMINISTRATIVO

Disegni di legge d'indole finanziaria e amministrativa -Decreti relativi a stipendi -Assegni ed indennità varie al personale del Ministero e carriere dipendenti -Interpretazione deLla tariffa consolare. Amministrazione di varii fondi ospitalieri, di beneficenza e di sussidi a vedove ed orfani di fu,nzionari del Ministero -Spese per commissioni di esami, missioni ed inca1·ichi, contributi ad istituzioni diverse -Liquidazione di pensioni -Gestione dei fondi per l'acquisto, costruzione ed arredamento di sedi per le Regie Rappresentanze all'estero -Gestione della Concessione italiana di Tientsin. Gestione dei fondi pe1· gli stabiLi e locali ad uso dell'Amministrazione centrale; manutenzione ordinaria e straordinaria, assicurazioni, arredamento -Inventari rendiconti, conservazione e manutenzione del materiale mobile dell'A.mministrazione centrale -Sorveglianza, disciplina e servizio del personale subalterno di ruolo e non di ruolo Tipografia riservata, operai, materiale, stampati e rilegature di registri per uffici -Spese d'ufficio, riscaldamento, illuminazione, vetture, cancelleria -Spese eventuali -Richieste al Provveditorato generale Acquisti diversi -Contratti, contabilità relativa -Feste, ricevimenti -Forniture, disposizioni interne e relative spese -Corredi per i Regi Uffici alL'estero, bandiere e stemmi, sigilli e ritratti delle Loro Maestà, contratti, ordinazioni e contabilità relative -Magazzino carta, oggetti cancelleria e stampati e contabilità relativa -Carteggio relativo ai predetti servizi. Custodia valori -Ritiro ed assunzione in carico e successive spedizioni dei valori ed effetti scaduti nelle successioni dei connazionali all'estero o rimessi al Ministero per altre cause e contabilità relativa Decorazioni nazionali, acquisto, consegna e contabilità -Servizio delle anticipazioni e relativi rendiconti -Preparazione e distribuzione stipendi ed indennità fisse e compensi varii al personale del Ministero -Riscossioni e pagamenti varii.

Capo ufficio: RINVERSI Romolo, capo divisione dei commissari consolari.

Segretari: BoNAVINO Arturo, AaosTEO Cesare, capi sezione dei commissari consolari; LIVINALI Alessandro, commissario consolare capo; BoNTEMPS Aldo, primo commissario consolare; VELONÀ Antonino, GRILLO Remigio, commissari consolari; GuASONI Uberto, vice commissario consolare.

Addetto alla Direzione Generale degli Affari Generali: TALVACCHIA Giovanni, vice questore.

BIBLIOTECA

Conservazione ed incremento delle pubblicazioni; proposte per acquisto di libri e periodici -Scambio di pubblicazioni con altri Ministeri od Istituti italiani ed esteri -Cataloghi, schedari -Raccolta sistematica della Legislazione straniera per ciò che può concernere Le relazioni internazionali e L'Amministrazione degli affari esteri -Forniture di pubblicazioni ufficiali a corredo di Regi Uffici diplomatici e consolari.

Bibliotecario: PrRONE Raffaele.

TIPOGRAFIA RISERVATA

Stampa e rilegatura degli atti riservati delle Conferenze internazionali -Trattati, convenzioni, protocolli e accordi stipulati dall'Italia Cifrari -Relazioni e verbali del Consiglio del Contenzioso Diplomatico -Libri verdi, questionari, pubblicazioni e documenti diplomatici di carattere segreto.

Direttore: BERNI Fedele.

DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI COMMERCIALI E PRIVATI D'EUROPA E LEVANTE

Diretto1·e generale: GuARIGLIA Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

UFFICIO I

Belgio-Francia-Germania-Gran Bretagna-Lussemburgo-Monaco Olanda -Portogallo -Spagna -Svizzera

Capo ufficio: PITTALIS Francesco, console generale di 2a classe.

Segretari: DE PAOLIS Pietro, console di 3a classe; RoBERTI conte Guerino, addetto consolare.

UFFICIO II

Danimarca -Norvegia -Polonia -Stati Baltici -Svezia -Unione delle Repubbliche Soviettiste Socialiste

Capo ufficio: DIANA, dei marchesi, Pasquale, primo segretario di legazione di 11 classe, reggente.

Segretario: CASARDI Aubrey, addetto consolare.

UFFICIO III

Austria -Cecoslovacchia -Romania -Ungheria

Capo ufficio: DE MARSANICH Alberto, console generale di 2a classe.

Segretari: BALSAMO Giovanni, consigliere di legazione; AMBROSETTI Gino, vice console di 1a classe; SACERDOTI, dei conti di Carrobio, Renzo, addetto consolare.

UFFICIO IV

Bulgaria -Grecia -Regno dei Serbi, Croati e Sloveni

Capo ufficio: INDELLI Mario, consigliere di legazione.

Segretari: AssERETo Tommaso, primo segretario di legazione di la classe; CosMELLI Giuseppe, console di 2a classe; D'AcuNzo Benedetto, vice console di la classe.

UFFICIO IV A (l)

Albania

Capo ufficio: MELI LUPI DI SoRAGNA marchese Antonio, consigliere di legazione. Segretario: N. N.

UFFICIO V

Africa mediterranea -Assir -Hegiaz -Etiopia -Mesopotamia -Palestina -Siria -Transgiordania -Turchia -Yemen -Affari concernenti la Colonia Eritrea, la Somalia e il Benadir

Capo ufficio : Tuozzr Alberto, console generale di 2a classe.

Segretari: DE CIUTIIs DI SANTA PATRIZIA Filippo, console di 3a classe; DANEO Silvio, GRANDE Ettore Guglielmo, addetti consolari.

UFFICIO VI

Affari privati nei suddetti paesi (Rogatorie -Estradizioni -Atti giudiziari -Atti di stato civile -Pensionati -Ricerche nell'interesse di cittadini italiani -Successioni di cittadini italiani)

Capo ufficio: N. N. Segretario: DE SrMONE Paolo, addetto consolare.

DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COMMERCIALI E PRIVATI DI AFRICA, AMERICA, ASIA E AUSTRALIA

Direttore generale: ARoNE, dei baroni di Valentino, Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

UFFICIO I

America del nord ed Australia

Capo ufficio: PASETTI Vittorio, primo segretario di legazione di la classe.

Segretario: MELLINI PoNCE DE LEON Alberto, addetto consolare.

UFFICIO II

America latina

Capo ufficio: GuAZZONE DI PASSALACQUA conte Pietro Alfredo, primo segretario di legazione di l a classe.

Segretari: SoARDI Carlo Andrea, BRIGIDI Giuseppe, addetti consolari.

(l) L'ufficio era alle dipendenze del ministro Vincenzo Lojacono.

39 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI

UFFICIO III

Asia ed Africa (salvo la regione attinente aLla Direzione generale Europa e Levante)

Capo ufficio: N. N.

Segretario: NARDI Luigi, console di 3a classe.

UFFICIO IV

Affari privati in America del nord ed in Australia (Rogatorie -Estradizioni -Atti giudiziari -Atti di stato civile -Pensionati -Ricerche neLl'interesse di cittadini italiani -Successioni di cittadini italiani)

Capo ufficio: MARIANI Luigi, primo segretario di legazione di l a classe.

Segretario: SPALAZZI Giorgio, vice console di la classe.

UFFICIO V

Affari privati in America latina, Asia e Africa non mediterranea (Rogatorie -Estradizioni -Atti giudiziari -Atti di stato civile -Pensionati -Ricerche nell'interesse di cittadini italiani -Successioni di cittadini italiani)

Capo ufficio: ARMAo Ermanno, console di l" classe.

Segretari: Rrccro Luigi, vice console di l" classe; SAFFI Giorgio, conte p2.latino e patrizio di Forlì, addetto consolare.

UFFICIO SOCIETA NAZIONI

Lavori preparatori delle Sessioni deLl'Assemblea del Consiglio deLla Società delle Nazioni, deLla Conferenza internazionale del Lavoro e deLle diverse conferenze e riunioni attinenti alla Società delle Nazioni e all'Ufficio Internazionale del Lavoro -Rapporti col Segretariato della

S. N., con l'U.I.L. e cogli organismi da essi dipendenti e coLlaterali Delegati, consiglieri tecnici ed esperti -Coordinamento dell'attività delle Delegazioni e dei Delegati italiani -Coordinamento dei dati tecnici forniti dalle Amministrazioni dello Stato, in relazione ai singoli problemi -CoLlegamento fra gli organi della Società delle Nazioni e gli altri Enti internazionali con le varie Amministrazioni dello Stato Ordinamento e custodia degli atti e documenti relativi -Questioni dipendenti dall'applicazione dei trattati di pace, in quanto non siano di competenza specifica degli Uffici politici -Istituto internazionale di cooperazione intellettuale -Istituto internazionale per la unificazione

del Diritto privato -Congressi e Conferenze in genere -Corte permanente di giustizia internazionale -Corte permanente d'arbitrato -Istituti inte1·nazionali in genere.

Capo ufficio: Rosso Augusto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Segretari: BuTI Gino, VINCI GIGLIUCCI conte Luigi Orazio, consiglieri di legazione; PERRONE, dei conti di S. Martino, Ettore, CAPRANICA DEL GRILLO marchese Giuliano, BERlO Alberto, consoli di 2a classe; RoMANO Guido, MrGONE Bartolomeo, consoli di ga classe; ScoLA CAMERINI barone Giovanni, addetto consolare.

UFFICIO GIURIDICO

Consulente generale: SciALOJA S. E. Vittorio, senatore del Regno, ministro di Stato, professore di diritto romano nella Regia Università di Roma.

Segretario generale: GIANNINI Amedeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario onorario con rango di la classe, consigliere di Stato, incaricato di storia dei trattati e di diritto aereonautico nella Regia Università di Roma.

Consulenti: PILOTTI Massimo, consigliere di Cassazione; PERASSI Tommaso, professore ordinario di diritto internazionale nella facoltà di scienze economiche e commerciali di Roma; MoNTAGNA Raffaele, referendario al Consiglio di Stato, con titolo onorario di consigliere di legazione.

Segretari: LA TERZA Pierluigi, console di ga classe; AssETTATI Augusto, addetto consolare.

UFFICIO DI POLITICA ECONOMICA

Segreteria della Commissione interministeriale per l'azione economica all'estero -Collegamento in materia economico-commerciale fra le Direzioni generali Europa e Levante, di Africa, America, Asia ed Australia ed i Ministeri tecnici competenti.

Capo ufficio: CIANCARELLI Bonifacio Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 1a classe.

Segretari: CASTELLANI Vittorio, FERRETTI Raffaele, addetti consolari.

DIREZIONE GENERALE DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO

Direttore generale: LoJACONO Vincenzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di l a classe.

SEGRETARIATO

Capo del Segretariato: CoTTAFAVI Francesco, console della M.V.S.N., ispettore centrale dell'emigrazione.

UFFICIO SORVEGLIANTI DELL'EMIGRAZIONE

Servizio di vigilanza negli uffici dipendenti -Disciplina del personale di sorveglianza.

Capo ufficio: CosTANTINI Icilio, capitano dei CC. RR., comandato.

UFFICIO SEGRETERIA

Revisione della corrispondenza in arrivo e in partenza -Firma del Direttore generale -Servizio dell'archivio generale e riservato, della copia, della spedizione e del magazzino -Servizio telefonico e dei camminatori.

Capo ufficio: PATRIZI DI RIPACANDIDA Ernesto, vice consigliere dell'emigrazione.

Segretario: N. N.

UFFICIO DEL PERSONALE E DEGLI AFFARI AMMINISTRATIVI

Personale di ruolo e straordinario -Concorsi -Nomine -Promozioni Collocamenti a riposo -Contratti d'impiego -Rapporti informativi sul personale -Matricola del personale di ruolo e straordinario -Elenchi del personale -Concessione di compensi straordinari -Congedi -Brevi licenze -Permessi -Libretti e richieste fe1-roviarie per il personale Pareri in materia d'impiego di spese -Contenzioso amministrativo -Stipulazione di contratti -Controllo di lavori -Rapporti con la Corte dei Conti -Preparazione, registrazione, trascrizione e conservazione dei decreti d'impiego di spesa -Collegamento con la Ragioneria -Carico e scarico di lavori di terzi -Liquidazioni.

Capo ufficio: FIORI Romeo, direttore capo divisione.

Segretari: MoNTESI Giuseppe, direttore capo divisione; MANCA Elio, primo segretario.

UFFICIO STAMPA E PUBBLICAZIONI

Redazione del Bollettino e di pubblicazioni utili agli emigranti -Edizioni -Rapporti con le tipografie -Revisione della stampa italiana ed estera e segnalazione di notizie di speciale interesse per la Direzione generale -Direzione della Biblioteca.

Capo ufficio: MAsi Corrado, vice consigliere dell'emigrazione.

Segretario: CoRSI Fernando.

UFFICIO LEGISLAZIONE E CONSULENZA GIURIDICA

Studi preparatori di legislazione interna e di convenzioni internazionali di emigrazione, lavoro e stabilimento -Questioni relative alla condizione giuridica degli Italiani in paesi esteri -Raccolta di legislazione comparata.

Consulente giuridico: PERASSI Tommaso, professore ordinario di diritto internazionale nella Facoltà di scienze economiche e commerciali di Roma. Segretario: Bosco Giacinto, vice segretario.

SERVIZIO I

Tutela e assistenza degli emigranti in Patria e durante il viaggio.

Capo servizio: GIANNINI Torquato Carlo, consigliere dell'emigrazione di l a classe.

UFFICIO I

Trasporto degli emigranti -Compagnie di navigazione -Disciplina degli espatrii -Assistenza degli emigranti -Tutela igienico-sanitaria degli emigranti nei porti e a bordo -Statistiche dei movimenti dell'emigrazione -Delegati provinciali dell'emigrazione.

Capo ufficio: LAMPERTICo Gaetano, vice consigliere dell'emigrazione. Segretario: CANNONE Nicolò, segretario.

UFFICIO II

Tutela giurisdizionale degli emigranti -Decisioni e transazioni -Appelli -Rappresentanza innanzi alla Commissione centrale dell'emigrazione -Repressione dell'emigrazione clandestina -Accertamento dei reati di truffa o falso a danno di emigranti -Affari relativi ai passaporti per emigranti.

Capo ufficio: VAGNETTI Leonida, vice consigliere dell'emigrazione. Segretario: GRANDINETTI Eugenio, primo segretario.

UFFICIO SANITARIO

Capo ufficio: PRisco Achille, colonnello medico della R. Marina, comandato.

ISPETTORATO CENTRALE

Capo ufficio: RisOLDI Giuseppe Arturo, ispettore di ragioneria.

SERVIZIO II

Tutela ed assistenza dei cittadini all'estero -Collettività italiane nei

paesi stranieri.

Capo servizio: VINCI Adolfo, consigliere dell'emigrazione di la classe.

UFFICIO I

Arruolamenti di lavoratori per l'estero -Inchiesta continuativa sulle condizioni del mercato del lavoro all'estero -Colonizzazione.

Capo ufficio: FAGO CASTALDO Amedeo, vice consigliere dell'emigrazione.

Segretari: MARCIANÒ Oreste Aurelio, vice consigliere dell'emigrazione; VAcCHELLI Alessandro, FLAMINI Pietro, vice segretari.

UFFICIO II

Rilevazione statistica degli italiani all'estero -Collettività italiane all'estero, materiale informativo -Iniziative per intensificare e rinsaldare i rapporti fra le collettività italiane all'estero e la Madre Patria Dopo lavoro all'estero.

Capo ufficio: GENco Bernardo Attilio, vice consigliere dell'emigrazione.

Segretario: N. N.

SERVIZIO III

Tutela degli affari privati degli italiani all'estero -Assicurazioni operaie all'estero e tutela legale -Danni di guerra all'estero -Assistenza ai cittadini italiani per arruolamento nell'esercito americano durante la guerra europea -Ricerche nell'interesse di cittadini italiani -Atti giudiziari e di stato civile -Ricupero di depositi nell'interesse di cittadini italiani-Ricupero di somme dovute all'Erario per spese di rimpatri.

Capo servizio: RANDACCio Ignazio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di Ia classe.

UFFICIO I

Affari privati degli italiani residenti in paesi europei.

Capo ufficio: RABBY Ezio, vice consigliere dell'emigrazione.

Segretario: CARUZZI Ciro, primo segretario.

UFFICIO II

Capo ufficio: N. N.

UFFICIO AGGREGATO

Affari relativi all'emigrazione intellettuale.

Capo ufficio: Rossi Egisto, vice commissario generale onorario dell'emigrazione.

UFFICIO PASSAPORTI

Visti consolari per l'entrata di stranieri nel Regno -Accordi internazionali sul regime dei visti.

Capo ufficio: N. N.

Segretari: CosTA SANSEVERINo Francesco, principe di Sant'Agata, MoscA Bernardo, consoli di 2a classe; SPINELLI Pier Pasquale, addetto consolare.

UFFICIO DI PROPAGANDA ALL'ESTERO

Propaganda dell'Italia e del Regime all'estero (meno la propaganda a mezzo stampa) e tutte le trattazioni relative allo spirito delle Comunità italiane all'estero ed alla politica del Regime verso di esse.

Capo ufficio: DE Rossi DEL LroN NERO Pier Filippo, consigliere di legazione.

Segretari: NATALI Umberto, console di 2a classe; TALIANI Pio, console di 2" classe; ToRELLA Raimondo, addetto consolare; CHASTEL Roberto, tenente di cavalleria.

DIREZIONE GENERALE DELLE SCUOLE ITALIANE ALL'ESTERO

Direttore generale : TRABALZA Ciro, direttore generale del Ministero della pubblica istruzione, libero docente di letteratura italiana nella Regia Università di Roma.

UFFICIO DIRETTIVO

Provvedimenti legislativi e regolamenti -Decreti -Disposizioni interministeriali -Manifestazioni relative alla diffusione della cuUura italiana all'estero -Corsi di lingua italiana nelle scuole straniere -Istituti italiani di cuUura all'estero -Scambi intellettuali e missioni -Scuole medie governative -Personale direttivo e insegnante -Concorsi -Nomine e trasferimenti -Supplenze, congedi e aspettative -Servizio

ispettivo per le scuole medie -Esame delle relazioni trimestrali, dei programmi didattici e degli orari -Libri di testo -Scuole primarie governative -Personale direttivo e insegnante -Giardini d'infanzia -Concorsi -Nomine e trasferimenti, supplenze, congedi e aspettative Servizio ispettivo per le scuole primarie -Esame delle relazioni trimestrali e finali, dei calendari scolastici, dei programmi didattici, degli orari -Libri di testo -Pareggiamento delle scuole italiane all'estero -Scuole coloniali e private -Sussidi ordinari e straordinari per il loro incremento -Statistiche scolastiche -Annuario delle scuole italiane all'estero -Legislazione straniera e pubblicazioni relative Edifici scolastici -Materiale scolastico -Borse di studio -Archivio delle scuole italiane all'estero -Registrazione -Matricole e fascicoli personali -Ordinativi e fatture del materiale scolastico.

Capo ufficio : SARTORI Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di la classe.

Segretari: ToRTORA BRAYDA Camillo, conte di Policastro, ALLIEVI Antonio, primi segretari di legazione di la classe.

SERVIZIO CIFRA, CORRISPONDENZA ED ARCHIVI

Capo servizio: SILVESTRI Ugo, console generale di la classe.

CIFRA

Corrispondenza telegrafica e ordinaria in cifra -Compilazione e distribuzione dei cifrari.

Capo ufficio: FossATI Oreste, direttore dell'archivio storico.

Segretari: BERARDis Vincenzo, primo segretario di legazione di la classe; ToRNIELLI DI CRESTVOLANT, dei conti, Carlo Cesare, NoBILI VITELLESCHI, dei marchesi, Pietro, CANNICCI Achille Angelo, consoli di 2~ classe.

ARCHIVIO STORICO

Conservazione ed incremento delle collezioni manoscritte del Ministero e dei Regi uffici alL'estero -Conservazione degli originali degli atti internazionali -Conservazione delle carte riversate dagli archivi del Ministero e dai Regi Uffici alL'estero -Ricerche e studi su materie storiche e questioni internazionali per incarico del Ministero -Inventari, schedari e rubriche.

Capo ufficio: FossATI Oreste.

ARCHIVIO E CORRISPONDENZA

Organizzazione e sorvegLianza degLi archivi -Registrazione e sunto della corrispondenza in arrivo e in partenza -ControLLo deL carteggio degli Uffici in relazione alLa corrispondenza in arrivo -Archivi correnti e archivi di deposito -Spedizione della corrispondenza -Servizio dei corrieri.

Capo ufficio: PERVAN Edoardo, console di la classe.

Segretario: N. N.

RAGIONERIA CENTRALE

Direttore capo di ragioneria: F 4No Alberto.

DIVISIONE I

(Alla diretta dipendenza del direttore capo di ragioneria)

Stato di previsione, variazioni, consuntivo -Tenuta degli impegni e scritture relative, registrazione di mandati -Agenti di riscossione e contabiLità reLative -Conti giudiziali -Conto corrente infruttifero con iL Tesoro dello Stato -GiornaLe della contabilità extra biLancio Accettazione delle tratte emesse dai Regi Agenti alL'estero -Conto con iL Portafoglio dello Stato -Conti correnti coi Regi Agenti all'estero e servizi reLativi -Partitario dei depositi per successiorti, atti e diversi Richieste vagLia deL Tesoro e postali -Contabilità dei valori -Liquidazione ed approvazione delle contabilità dei Regi Uffici diplomatici e consolari -Servizio cambiario reLativo -Liquidazione dei conti delle società di navigazione per il rimpatrio dei nazionaLi indigeni -Emissione dei mandati relativi -Rendiconti delLe spese relative alla assistenza militare, smobilitazione ecc. -Servizio dei cambi -Competenze al personale -Riscontro sugLi atti amministrativi deLl'ufficio ammini

strativo ed emissione dei mandati relativi.

Capo sezione: DE SANTIS Paolo.

Segretari: CAsoNI Enrico, MOLA Odoardo, MoNTUORI Pietro, consiglieri; SERRA Francesco, AsBOLLI Attilio, BLAIS Manlio, PRISCO Armando, primi segretari; CoNTI Roberto, segretario; Lo SARDo Domenico, VoLPE Mario, ANGELICI Ruggero, vice segretari; URBANI FALLANI Delia, ragioniere.

DIVISIONE II

Riscontro degli atti amministrativi e servizio cambiario per le scuole italiane all'estero -Locali scolastici demaniali all'estero -Monte pensioni dei maestri elementari -Scritture generali e speciali -Contabilità scolastiche mensili e varie (riscontro e liquidazione delle spese, scritture e corrispondenza relativa) -Emissione dei mandati di pagamento Materiale scolastico -Gestioni speciali e relative scritture.

Direttore capo divisione: FIORETTI Vittorio.

Capo sezione: N. N.

Segretari: SuGLIANI Augusto, consigliere; ZAFARANA Gino, TURA Michele, primi segretari; ANTINUCCI Umberto, segretario.

DIVISIONE III

Accertamento, riscossione e versamento delle entrate disposte dalla legge e regolamento sull'emigrazione -Scritture generali e speciali Servizio delle marche da bollo da applicarsi sui passaporti, sugli atti di arruolamento e sulle richieste ferroviarie per i viaggi dei connazionali rimpatrianti -Liquidazione delle competenze ai RR. Commissari imbarcati in servizio di emigrazione e rimborso delle somme da parte dei vettori -Tenuta degli impegni, emissione e registrazione dei mandati di pagamento per le spese relative ai servizi dell'emigrazione Servizio cambiario e conto con il Portafoglio dello Stato -Legislazione ed approvazione di contabilità per le spese medesime -Fondo pensioni per gli impiegati del soppresso Commissariato generale dell'emigrazione -Stralcio delle contabilità di guerra -Inventari.

Direttore capo divisione: CIOTTI Remigio.

Capo sezione: N. N.

Segretari: MoscHETTINI Armando, PAZZAGLIA Gino, segretari capi; BLANDI Silvio, RENGANESCHI Vittorio, primi segretari; PIRODDI Mario, RoTA Armando, vice segretari.

COMMISSIONE TECNICO-AMMINISTRATIVA-ARTISTICA PER LA SISTEMAZIONE E L'ARREDAMENTO DELLE SEDI DELLE REGIE RAPPRESENTANZE ALL'ESTERO E DEL PALAZZO CHIGI

PRESIDENTE

CAETANI S. E. Gelasio, dei duchi di Sermoneta, ambasciatore.

VICE PRESIDENTE

N. N.

MEMBRI

LoJACONO Vincenzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di la classe, direttore generale degli italiani all'estero; SANDICCHI Pasquale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di ta classe, consigliere di Stato, direttore generale degli affari generali; ARONE, dei baroni di Valentino, Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe, direttore generale degli affari politici, commerciali e privati di Africa, America, Asia e Australia; GUARIGLIA Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2·a classe, direttore generale degli affari politici, commerciali e privati d'Europa e Levante; PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE marchese Giacomo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2" classe, sotto segretario generale della Società delle Nazioni; CoLASANTI Arduino, direttore generale delle Belle Arti; BARTOLINI Domenico, provveditore generale dello Stato; TRABALZA Ciro, direttore generale del Ministero della Pubblica Istruzione, direttore generale delle scuole italiane all'estero.

Segreteria: GEISSER CELESIA DI VEGLIASCO Andrea, primo segretario di legazione di l a classe, segretario; CALISSE Alberto, console di 3a classe, segretario aggiunto.

Consiglieri tecnici: MoNTAGNA Raffaele, referendario al Consiglio di Stato, con titolo onorario di consigliere di legazione; RINVERSI Romolo, capo divisione nel ruolo del commissari consolari; DI FAUSTo ing. arch. Florestano, esperto tecnico.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

PRESIDENTE

MussoLINI S. E. Benito, Ministro degli Affari Esteri.

VICE PRESIDENTE

SciALOJA S. E. Vittorio, Senatore del Regno, ministro di Stato, professore di diritto romano nella Regia Università di Roma.

CONSIGLIERI

BARONE Domenico, Consigliere di Stato; BARZILAI Salvatore, Senatore del Regno; BoNIN LoNGARE S. E. conte Lelio, Ministro di Stato, Ambasciatore, Senatore del Regno; CAVAGLIERI Arrigo, Professore di Diritto nella Regia Università di Napoli; CAVAZZONI Stefano, Deputato al Parlamento; CoNTARINI

S. E. Salvatore, Ministro di Stato, Ambasciatore, Senatore del Regno, Consigliere di Stato; CusANI CoNFALONIERI S. E. marchese Girolamo, Ambasciatore; D'AGoSTINO S. E. marchese Ernesto, Presidente di Sezione del Consiglio di Stato; D'AMELIO S. E. Mariano, Senatore del Regno, Presidente della Corte di Cassazione; DE MICHELis S. E. Giuseppe, Ambasciatore; DIENA Giulio, Professore di Diritto della Regia Università di Pavia; FEDOZZI Prospero, Professore di Diritto nella Regia Università di Genova; GEMMA Scipione, Professore di Diritto nella Regia Università di Bologna; IMPERIALI DI FRANCAVILLA S. E. marchese Guglielmo, Ambasciatore, Senatore del Regno; LANZA DI ScALEA S. E. principe Pietro, Ministro di Stato, Deputato al Parlamento; PAULUCCI DE' CALBOLI S. E. marchese Raniero, Ambasciatore, Senatore del Regno; PERLA S. E. conte Raffaele, Presidente del Consiglio di Stato, Senatore del Regno; PILOTTI Massimo, Consigliere di Cassazione; RoLANDI RICCI S. E. Vittorio, Senatore del Regno, Ambasciatore onorario; RoMANo Santi, Professore di Diritto nella Regia Università di Milano; SALANDRA S. E. Antonio, Deputato al Parlamento, Professore di Diritto della Regia Università di Roma; SALVAGO RAGGI S. E. marchese Giuseppe, Ambasciatore, Senatore del Regno; SoLMI Arrigo, Deputato al Parlamento, Professore di Diritto nella Regia Università di Pavia; VALVASSORI PERONI Angelo, Senatore del Regno.

SEGRETARIO GENERALE

GIANNINI Amedeo, Consigliere di Stato, Inviato straordinario e ministro plenìpotenziario onorario con rango di la classe.

SEGRETARIO AGGIUNTO

N. N.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione al lo marzo 1928)

Afganistan: MoHAMMED Ali, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GHAUS Ghulam, lo segretario; HAKIM Abdul, 2° segretario.

Albania: DINO Djémil, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DERVISHI Ferid, lo segretario; KARAZI Hamid, 2o segretario; Koçi Atlante, addetto; LIBOHOVA Ekrem, tenente colonnello, addetto militare.

Argentina: PEREZ Fernando, ambasciatore; LEGUIZAMÒN PoNDAL Honorio, consigliere; VIALE PAZ Manuel A., 1° segretario; AsTENGO Oscar Oneto, 2° segretario; FABLET Julian, capitano di vascello, addetto navale; GRAS Martin, tenente colonnello, addetto militare e aereonautico; BREBBIA Carlo, addetto commerciale.

Austria: EGGER M6LLwALD Lothar, v o n, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FREUDENTHAL Karl, consigliere; JoRDA Iwo, consigliere aulico; ATTEMS Maximilian, 2° segretario.

Belgio: FAILLE DE LEVERGHEM Georges, conte de la, ambasciatore; LECLERCQ Louis, consigliere; DE ScHOUTHEETE DE TERVARENT G., 1° segretario.

Bolivia: N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CAMPERO Fernando, lo segretario; RoMERo OvANDo Alberto, colonnello, addetto militare.

BrasiLe: DE TEFFÈ Oscar, ambasciatore; DA FoNsEcA HERMES Joao Saveriano junior, 1° segretario; Dos GuiMARAES BASTOS Arthur, 2° segretario; DE MoRAES Joiio Carvalho, 2° segretario; Do REGO BARRos Sebastiao, tenente colonnello, addetto militare; DE OLIVEIRA SAMPAIO Mario, capitano di corvetta, addetto navale; DE CAMPOS Deoclecio, addetto commerciale (assente); SPARANO Luiz, addetto commerciale ad interim.

Bulgaria: RADEFF Georgy P., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; STOILOFF Stoil C., consigliere; SAMARDJIEFF Alexandre, 1° segretario; DAPHINOFF Dimitri M., segretario.

Cecoslovacchia: MASTNY Vojtech, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CERMACK Milos, consigliere; LAICHTER Ivan, addetto; KuNES Vaclav, tenente colonnello, addetto militare ed aereonautico; KuNDRAT Miroslav, addetto commerciale.

CHe: VILLEGAS Enrique, ambasciatore; LABRA CARVAJAL Armando, consigliere: PRADO y VALDES Julio, segretario; RIESCO RIVAS Luis J., 2° segretario; DIAZ Hector, capitano di fregata, addetto navale; lNIGUEZ Pedro, consigliere commerciale onorario.

Cina: CHU Chao-Hsin, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SHu Tonshy, 1° segretario; TcHou Yin, 2<> segretario; KIN Chumpè T., 3<> segretario; CHANG Chia-Yung, addetto.

Colombia: GoMEZ RESTREGo Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; HERRERA Luciano, consigliere.

Cuba: IZQUIERDo y 0RIKUELE J osé Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FORCADE y JoRRIN Alfonso, consigliere; FERRER y ARIAS Raimundo, capitano, addetto militare; DE AGRAMONTE Ignacio junior, addetto.

Danimarca: DE ScAVENIUS Harald, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PouLsEN Herman, segretario.

Egitto: SADIK Henein pascià, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RAHIN Mohamed Kamil Abdul, addetto.

Equatore: N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PENA-HERRERA Luis, segretario, incaricato d'affari ad interim; BuRBANO Guillermo, addetto militare (assente); EsTRADA Victor Emilio, addetto commerciale (assente).

Estonia: ToFER Karl, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; YANSON David, l o segretario.

Finlandia: THESLEFF Rolf, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; HARKONEN Halvar, segretario onorario; HYNNINEN Emil, addetto.

Francia: BEAUMARCHAIS Maurice, de, ambasciatore; RoGER Jean, consigliere; DAMPIERRE Robert, visconte de, 1° segretario; GuERIN Hubert, 2o segretario; PICCIONI Marcel, 3o segretario; BEAUVERGER Edmond, barone de, addetto; LANGLOIS Louis, tenente colonnello, addetto militare; DEBENEY Victor, capitano, addetto militare aggiunto; VrGoRoux D'ARVIEU Henri, barone, capitano di fregata, addetto navale; DE LAROSIÈRE Robert, tenente di vascello, addetto navale aggiunto; SANGUINETTI J., addetto commerciale.

Germania: NEURATH Konstantin, barone von, ambasciatore; N6LDEKE Wilhelm, 1° segretario; MEY Siegfried, 2° segretario; KREUTZWALD Reiner, segretario; FREUDENBERG Adolf, segretario; MARSCHALL VON BIEBERSTEIN Heinrich Victor, addetto; HEYDEN-RYNSCH Bernard Otto, addetto; STROHEKER Heinrich, consigliere di commercio; BussE Walter, addetto per l'agricoltura.

Giappone: MATSUDA Michikazu, ambasciatore; OKAMOTo Takezo, consigliere; KASHIMA Morinosuke, 3° segretario; MACHIDA Jyoji, 3o segretario; INNOUYE Seiichi, segretario interprete; KASAI Heijuro, colonnello, addetto militare; KAsUYA Soichi, capitano di fregata, addetto navale.

Gran Bretagna: GRAHAM Ronald William, sir, ambasciatore; WINGFIELD Charles, consigliere; DoNALDSON RAWLINS Evelyn Charles, consigliere per gli affari commerciali; WIGGIN A. F. M., l<> segretario; HowARD Douglas Frederick, 2P segretario; MoNTAGU PoLLOCK William Horace, 3° segretario; CARPENTER

H. C. A. segretario per gli affari commerciali; MAC CLURE W. K., addetto stampa; CREEK H. D., addetto onorario; SAUNDERS W. E. P., capitano, addetto onorario; NATION J. J. H., colonnello, addetto militare; BuRKE Charles Dominick, capitano, addetto navale; FLETCHER J. V., comandante, addetto aereonautico.

Grecia: MAVROUDIS Nicolas, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CAPSALIS Dimitri, 1° segretario.

Guatemala: MATos José, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIRou Ramiro, segretario.

Haiti: LAFONTANT Georges T., incaricato d'affari ad interim.

Lettonia: SEJA Pèters, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BERENDS Karlis, segretario.

Lituania: CARNECKIS Valdemaras, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; STANEIKA Adalberto, 1° segretario.

Messico: PuiG CASAURANc Carlos, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; AcosTA Alfonso, 1° segretario; DE NEGRI Manuel, 1° segretario; CANEDO GERARD Alessandro, addetto; BADILLO Miguel, maggiore, addetto militare; PRIETO Salvador, addetto commerciale; BALLESTEROS Juan, addetto.

Monaco: N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Nicaragua: CHAMONO Emiliano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CABRERA Pedro, segretario.

Norvegia: lRGENS J ohannes, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VANGENSTEN Ove C. L., 1° segretario; lRGENS Carl Marcus Francis, addetto.

Paesi Bassi: VAN DER GoEs Jonkheer A., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SCHULLER TOT PEURSUM C. H. J., segretario di la classe; VAN RIJN J. J., addetto commerciale.

Panama: BuRGOS Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PATTERSON Guillermo junior, segretario; ARIAS Carlos E., addetto.

Paraguay: ...

Persia: ABOLGHACEM Amid Khan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PouREVALY Abd-Ghassem Khan, 1° segretario; MEDHAT Mohsen Khan, segretario.

Perù: GoNZALEs OLAECHEA Vietar, incaricato d'affari; LIZARZABUM Francisco, 2o segretario; LANATA CouDY Luis, addetto onorario; SoYER Y CAVERO Salvador, addetto onorario; HouGE Enrique, capitano di fregata, addetto navale.

Polonia: KNOLL Roman, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE RoMER Thaddé, consigliere; TOMASZEWSKI Jerzy, gerente della sezione consolare della legazione; CHALUPCZYNSKI Miecislav, 1° segretario; SIEMIRADZKI Lev Ladislav, segretario; MICHALOWSKI Jozef, addetto onorario; MIKULSKI Boleslav, consigliere commerciale.

Portogallo: TRINIDADE CoELHO Enrique, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; AVELLAR TELLES Gastao, de, 2° segretario; VASCONCELLOS NoGUEIRA Octavio Botelho, de, 3° segretario.

Repubblica Dominicana: EsTRELLA DRENA Rafael, inviato straordinario e mimstro plenipotenziario (residente a Parigi); FRANCo Tulio Franco, 1° segretario (residente a Parigi).

Romania: LAHOVARY Alexandru, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; JuREsco Demetre D., 1° segretario; VLADEsco N. M., 2o segretario; SOLACOLO Theodore, capo dell'ufficio stampa; SKELETTI Michele, colonnello, addetto militare, navale ed aereonautico; PoRN Eugenio, professore, consigliere commerciale.

Salvador: GuERRERO Gustavo J., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Serbi, Croati e Sloveni (Regno dei): RAKié Milan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PouRié Bojidar, consigliere; YAKOVLJEVIé Vojislav, 2° segretario; AVAKOUMOVIé Alexander, 2° segretario; RISTié Miodrag, addetto; KoTNIK Cyrille, addetto onorario; ZAICié Bozider, addetto stampa; TASSié Dragoljoub, generale, addetto militare.

Siam: SARBAKICH PRIJA Phya, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BAHIDDHA NuKARA Luang, 2° segretario; MAITNIAKS Luang Saman, 3° segretario.

Spagna: Mu:Noz Y MENZANO Cipriano, conte de la Vifiaza, ambasciatore; GARCIA CoNDE Pedro, consigliere; GALLOSTRA Y CoELHO DE PoRTUGAL José, segretario; CALLOSA DE ENsARRIA, conte di Serramagna, barone de, addetto; SANCHEZ MAZAS Rafael, addetto per i rapporti culturali ed economici; GANDARA Y PLAZAOLA José, marchese de la Gandara, addetto onorario; SERT José Maria, addetto onorario (assente); CARRASCo Manuel, addetto onorario; YEBES, conte de, addetto onorario; MARTINEZ DE CAMPOS Y SERRANO Carlos, conte de Llovera, maggiore addetto militare ed aereonautico per l'esercito; MILLE Mateo, capitano di corvetta, addetto navale ed aereonautico per la marina.

Stati Uniti d'America: PRATHER FLETCHER Henry, ambasciatore; RoBBINS Warren D., consigliere; TITTMANN Harold H., 2° segretario; DANIELS Thomas L., 2° segretario; TODD Forde Anderson, capitano di vascello, addetto navale; RICHARDSON Robert C. junior, maggiore, addetto militare; LoVELL George E. junior, maggiore, ·addetto militare aggiunto per l'aviazione; SHIPP William E., maggiore, addetto militare aggiunto; GAWN James Orville, capitano di fregata, addetto navale aggiunto (residente a Londra); Wooo Ralph F., luogotenente comandante, addetto navale aggiunto per l'aviazione; ATKINS Arthur K., comandante, addetto navale aggiunto (residente a Londra); BEARDALL John R., luogotenente comandante, addetto navale aggiunto (residente a Londra); MAc LEAN Henry C., addetto commerciale; OsaoRNE A. A., addetto commerciale aggiunto.

Svezia: N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PousETTE Sven Harald, 1° segretario, incaricato d'affari ad interim; BILT Carl, barone de, consigliere onorario.

Svizzera: WAGNIÈRE Georges, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SoNNENBERG Theoring, von, consigliere; VIELI Pierre, 1° segretario; BAVIER Karl Edvard, von, 1° segretario.

Turchia: SUAD bey, ambasciatore; VAssFI bey Hassan, consigliere, SAIB bey Suleyman, 1° segretario; EMIN bey Chakir, 3° segretario; RIFAAT bey, tenente colonnello, addetto militare, navale ed aereonautico; HussEIN Mustafà bey, comandante, addetto militare aggiunto.

Ungheria: HoRY Andras, de, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; HEDRY Istvàn, de, consigliere; VéiRNLE Jovan, segretario; ScHINDLER Janos, tenente colonnello, addetto militare; KEMECHEY Laszlo, de, addetto stampa.

Unione delle Repubbliche Soviettiste Socialiste: KAMENEV Lev B., ambasciatore; GLEBov-AvxLov Nicolae, consigliere; RuBININ Evghenij, 1° segretario; RIGUINE Aristarco, 2° segretario; MusYCA Teodosio, addetto; PEVSNER Samuele, addetto stampa; YANSON Kiril, generale di brigata, addetto militare; RuBINSTEIN Lev, rappresentante commerciale aggiunto.

Uruguay: PoNs Diego, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GRUNWALDT CUESTAS Federique, 1° segretario; POZZILLI Arturo, addetto.

Venezuela: PARRA-PEREZ Caraè:ciolo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CAsAs BRICENO J. M., 1° segretario; CENTENO VALLENILLA Pedro, addetto.

40 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VI